ASTRONOMIA studia la posizione, il moto e la struttura degli astri TRACCE di STORIA IV secolo a.C. PLATONE pone il problema di quale modello geocentrico possa rendere ragione dei moti celesti derivandoli da combinazioni di moti circolari con velocità uniforme. EUDOSSO introduce un modello di sfere omocentriche, ERACLIDE crea un ponte verso la teoria eliocentrica facendo ruotare i due pianeti interni attorno al Sole e tutti attorno alla Terra. III secolo a.C. ARISTARCO suggerisce una soluzione eliocentrica, idea ignorata e criticata perché ritenuta in contraddizione con le osservazioni quotidiane. II secolo. TOLOMEO raccoglie e sistematizza le conoscenze precedenti creando un sistema geocentrico che fornisce buone previsioni e diventa il cardine della conoscenza fino al XVI secolo. XVI-XVII secolo. COPERNICO propone un modello eliocentrico secondo cui la Terra non è al centro dell’Universo, ma solo dell’orbita lunare (AS1). TYCHO BRAHE esegue e registra osservazioni accurate sulla posizione di stelle e pianeti (AS2). KEPLERO abbandona il principio del moto circolare a favore di quello ellittico. GALILEO utilizzando i metodi della “Scienza nova” con il cannocchiale (AS3) osserva macchie solari, crateri lunari, satelliti di Giove e fasi di Venere. CASSINI effettua studi su Saturno e scopre i suoi satelliti. NEWTON dimostra la legge di gravitazione universale. XVIII secolo. HERSCHEL scopre Urano, cataloga le stelle e ipotizza per l’Universo una forma schiacciata. XIX secolo. Viene scoperto Nettuno. Apparecchi fotografici completi di eliostati (AS4) fissano l’immagine delle traiettorie degli astri, lo spettroscopio (AS5) consente di determinarne temperatura e struttura chimica. XX secolo. È scoperto Plutone, con l’analisi delle righe spettrali si misura la velocità degli astri e con le onde radio si identificano pulsar e quasar. Sono formulate teorie sulla creazione dell’Universo, dal big bang alle stringhe. Inizia la conquista dello spazio, dal primo satellite allo sbarco sulla Luna, all’indagine fotografica effettuata dai satelliti in viaggio ai confini del sistema solare. BIOGRAFIA di un’IDEA: IL MOTO DEI CORPI CELESTI TOLOMEO Le osservazioni antiche e personali sul moto nei cieli consentono di trovare le cose che appaiono evidenti e inconfutabili e le dimostrazioni geometriche permettono di dedurre nuove conseguenze. COPERNICO La disposizione dei cerchi celesti deve essere più razionale, ben accetta alla mente, così da consentire la deduzione di ogni variazione apparente e i movimenti uniformi attorno al centro. La struttura dell’Universo è articolata su sfere concentriche che si muovono di moto circolare. Le stelle sono posizionate sulla sfera più esterna; procedendo verso l’interno si trovano le sfere di Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna e, al centro, la Terra. Il Sole non è posto in posizione centrale ed è in moto. La Terra è di forma sferica, immobile, posizionata come centro geometrico dei cieli e con dimensioni paragonabili a un punto rispetto alla sfera delle stelle. I corpi celesti si muovono di moto circolare all’interno di una sfera che contiene se stessa e tutte le altre. La sfera delle stelle è la più esterna ed è immobile. Andando verso il centro troviamo Saturno, Giove, Marte, Terra con la Luna, Venere, Mercurio e Sole. Il Sole è posto nel centro, immobile. La Terra è sferica, posizionata nella quarta sfera, dotata di più moti che le consentono di compiere una rivoluzione di un anno attorno al Sole e una rotazione su se stessa in un giorno. La posizione dei pianeti per essere determinata con buona approssimazione ha bisogno di alcuni artifici geometrici. La Terra in posizione non perfettamente centrale (eccentrico) consente di spiegare l’irregolarità della durata delle stagioni. I pianeti in moto su un piccolo cerchio (epiciclo) il cui centro si muove su un’altra circonferenza forniscono la rappresentazione dell’apparente inversione di rotta dei corpi erranti e la loro diversa luminosità. L’introduzione di un eccentrico simmetrico rispetto alla Terra (equante) permette di spiegare le ulteriori variazioni di ampiezza e durata del moto retrogrado di Marte. I moti celesti devono essere conformi alla teoria di Platone sui moti circolari uniformi e poiché con gli equanti il pianeta non si muove di moto uniforme né rispetto al Sole, né attorno al centro del suo epiciclo questo sistema non è accettabile. Possono essere utilizzati, invece, in numero notevole, epicicli ed eccentrici. La rotazione dei pianeti avviene in tempi diversi che aumentano all’aumentare della distanza dal Sole: Saturno compie una rivoluzione in trenta anni, Giove in dodici, Marte in due, la Terra in uno, Venere in nove mesi, Mercurio in ottanta giorni. Il modello geocentrico fornisce previsioni accurate sulla posizione degli astri, spiega perché le stelle fisse non si spostano durante l’anno, è conforme all’osservazione diretta degli oggetti celesti, è adeguato ai concetti aristotelici di moto e luogo naturale nonché alla rassicurante idea dell’immobilità della Terra. Permangono incongruenze rispetto alla realtà fisica dell’Universo, come l’utilizzo di epicicli talmente grandi da far raddoppiare le dimensioni della Luna nell’arco di un mese. Il modello eliocentrico consente di determinare il periodo del moto dei pianeti attorno al Sole, la loro distanza da esso e le dimensioni dell’orbita in relazione a quella terrestre, la distanza di ciascun pianeta dal Sole. Il Sole al centro, immobile, illumina ogni cosa e genera un’ammirevole simmetria dell’Universo, un legame di armonia nel moto e nella grandezza delle sfere. Le distanze planetarie assumono un valore fisico reale e determinano orbite separate dal vuoto o riempite con fluidi invisibili. Se ci si occupa solamente di come appaiono i moti delle stelle altre teorie potrebbero essere plausibili e altrettanto soddisfacenti. Ma l’ipotesi che la Terra sia in rotazione da ovest a est è assurda perché in tal caso nuvole, uccelli e tutte le cose presenti nell’aria si muoverebbero verso ovest o almeno resterebbero indietro. Anche il mancato spostamento delle stelle concorre a rendere assurda la teoria, poiché comporterebbe l’esistenza di uno spazio troppo esteso. L’idea del Sole al centro dell’Universo appare quasi impossibile da accettare perché completamente contraria al modo comune di ragionare. Occorre capire che uccelli e nuvole non restano indietro a causa del moto di rotazione terrestre perché l’atmosfera è trascinata solidamente dalla Terra e che non si osserva lo spostamento annuale delle stelle fisse perché la distanza fra la Terra e il Sole è un nulla se confrontata con le dimensioni della sfera delle stelle fisse. ASTRONOMIA OGGETTI e STRUMENTI AS1 TELLURIO Strumento che serve per mostrare i moti di rivoluzione e rotazione della terra e della luna. Manca tutta la parte che raffigurava il sole. Rimane un globo che rappresenta la terra; un braccio, che parte dal centro AS2 ELIOSTATO DI SILBERMANN del congegno, porta all’estremità libera un piccolo globo che riproduce la luna, che può essere fatta girare per mezzo di un ingranaggio. Si vedono così formarsi le fasi, le eclissi lunari e solari. Nelle esperienze di ottica dell’Ottocento, poiché non erano disponibili sorgenti di luce artificiale intense, veniva utilizzata la luce solare. Il modo più semplice per ottenere un fascio di luce in laboratorio era quello di introdurla con un portaluce, apparecchio formato da un cilindro, munito di uno specchio girevole, che veniva applicato alla imposta della finestra. Questo strumento era scomodo perché bisognava continuamente correggere la posizione dello specchio, affinché la luce solare lo colpisse. L’eliostato risolse il problema; infatti era dotato di un meccanismo ad orologeria che spostava automaticamente lo specchio, in modo da avere l’illuminazione per tutto il giorno. Lo strumento è munito alla base di una livella a bolla d’aria. Per un corretto funzionamento l’apparecchio deve essere inclinato in modo che l’asse dell’orologio giaccia nel piano del meridiano e che formi con l’orizzontale un angolo pari alla latitudine del luogo. Le regolazioni devono essere modificate solo al cambio di stagione. SFERA ARMILLARE Sembra che fin dai tempi di Eratostene, nel III secolo a.C. fosse usata dai filosofi naturali della scuola di Alessandria una rappresentazione della sfera celeste chiamata sfera armillare. Il nome dello strumento deriva dal latino armilla che significa anello. Era infatti costituita da cerchi metallici graduati, rappresentanti l’equatore, l’eclittica e alcuni meridiani e paralleli. Questo insieme di anelli era sostenuto da un cerchio fisso rappresentante l’orizzonte dell’osservatore che poteva essere adattato alla lati- AS3 AS4 tudine e longitudine del luogo. Al centro della sfera venivano rappresentati la terra o, in altri modelli il sole, la luna, i pianeti. Mettendo opportunamente in posizione i corpi all’interno della sfera e gli anelli, si potevano risolvere problemi di astronomia e determinare le coordinate degli astri sulla sfera celeste. L’uso dello strumento era essenzialmente didattico ed esplicativo a causa della scarsa precisione. CANNOCCHIALE Nell’occhio umano le dimensioni dell’immagine che si forma sulla retina sono direttamente proporzionali all’altezza dell’oggetto ed inversamente proporzionali alla distanza dall’osservatore. Un corpo posto quindi a grandissima distanza dall’osservatore, come potrebbe essere un corpo celeste, viene visto sotto un angolo molto piccolo e quindi si forma sulla retina una immagine puntiforme. Per aumentare l’angolo di visuale si usano strumenti come cannocchiali e telescopi. La differenza sostanziale tra questi due sistemi ottici è dovuta al fatto che nei cannocchiali l’obiettivo è una lente, mentre nei telescopi è costituito da uno specchio parabolico concavo. Il cannocchiale è il risultato della com- binazione di due lenti che si trovano all’estremità di un tubo: una è posta in prossimità dell’occhio (oculare) ed è formata da una lente biconcava divergente, mentre l’altra si trova all’estremità opposta del tubo (obiettivo) ed è costituita da una lente biconvessa convergente. I raggi luminosi provenienti dall’oggetto, attraversando l’obiettivo, vengono da questo fatti convergere, ma prima di incontrarsi per formare l’immagine reale incidono sull’oculare divergente che dà all’oggetto una immagine virtuale ingrandita e diritta. Con questo dispositivo, che segnò l’inizio dell’astronomia moderna, Galileo fu in grado di effettuare le prime osservazioni, scoprendo le macchie solari, i satelliti di Giove e le fasi di Venere. AS5 SPETTROMETRO È uno strumento utilizzato per determinare la misura della lunghezza d’onda di una radiazione luminosa; sull’oggetto è inciso il nome del costruttore J. Duboscq Parigi. Gli spettrometri a prisma sono strumenti atti ad analizzare la luce, ossia a mostrare quali sono le componenti monocromatiche (cioè di lunghezza d’onda definita) di cui la luce è composta. Attraverso l’uso di un prisma, la luce viene scomposta nel suo spettro, e si possono così osservare le singole componenti attraverso un cannocchiale. È costituito da una base sulla quale poggiano: un collimatore, un cannocchiale astronomico e un proiettore. Il collimato- re, formato da una sottile fenditura di ampiezza regolabile e posta nel piano focale di una lente convergente, rende paralleli i raggi da inviare al prisma collocato nella parte centrale dello strumento. I raggi che emergono dal prisma vengono osservati attraverso il cannocchiale. Il proiettore ha il compito di inviare al cannocchiale l’immagine di una scala graduata in modo che si sovrapponga allo spettro. Con l’analisi spettroscopica, esaminando gli spettri delle luci emesse dai corpi celesti, si è potuto avere nozioni certe sulla natura fisica e chimica di molti di essi. Lo strumento può essere anche usato per misurare gli indici di rifrazione dei materiali trasparenti.