Si trova aggettivale Sempre concordato con un sostantivo (mai nome proprio), in posizione attributiva (prevalentemente) o predicativa rispetto all’articolo. sostantivato Non concordato con un sostantivo: corrisponde ad un participio attributivo con il sostantivo sottointeso. In genere, ma non sempre, è preceduto da articolo. congiunto Concordato con un sostantivo (anche nome proprio) o pronome (anche sottinteso, specie se personale di prima e seconda persona) e non preceduto da articolo (a meno che l’articolo non funga da pronome personale: ὁ μέν…, ὁ δέ…) predicativo Concordato con il soggetto o il complemento oggetto (anche con il genitivo nel caso di ἀκούω) e non preceduto da articolo. In genere è legato a verbi precisi che indicano sentimento (verba affectuum), modi di agire, inizio, continuazione o fine, modi di essere, percezione fisica o psichica, annuncio. Genitivo Concordato ad un soggetto in genitivo, per lo assoluto più esplicito, ma non necessariamente distinto da quello della reggente. Non è preceduto da articolo (a meno che non sia pronome personale) Accusativo Si trova all’accusativo neutro singolare in assoluto formule standard PARTICIPIO Si traduce con Subordinata relativa determinativa (cioè non separata da virgola, perché limita l’estensione del sostantivo) esplicita o implicita (participio). Pronome dimostrativo (o sostantivo generico “gli uomini” “le cose”) + subordinata relativa determinativa esplicita o implicita. Se manca l’articolo si può esprimere l’indeterminazione con un antecedente indefinito o generico (uno che, persone che…, cose che…) Corrisponde ad una subordinata avverbiale implicita (causale, temporale, concessiva, avversativa, condizionale e, per il participio futuro, finale) esplicita o implicita. Si può esprimere con il gerundio (preceduto da pur se ha senso concessivo) solo se il participio è riferito al soggetto: altrimenti si può ricorrere ad una relativa accessoria – cioè separata da virgola – collocata subito dopo il soggetto. Si traduce in genere con una dichiarativa o un infinito (anche preceduto da preposizione) o anche con un participio, a seconda delle esigenze del verbo italiano. Nel caso di τυγχάνω (mi trovo a…), ϕθάνω (prevengo) e λανθάνω (sfuggo) il verbo reggente si può tradurre con una locuzione avverbiale (per caso, per primo, di nascosto), trasferendo il significato del participio al verbo reggente. Assume praticamente tutti i significati del participio congiunto (escluso finale) e si può tradurre con una subordinata avverbiale esplicita o implicita. Se si vuole usare il gerundio o il participio occorre posticipare il soggetto rispetto al verbo, a meno che non coincida con quello della reggente. In genere ha valore concessivo o causale. Si può tradurre in forma esplitica o implicita ( gerundio preceduto da “pur” se concessiva)