1 LA COMUNICAZIONE NELL’UOMO E TRA GLI UOMINI NELL’ERA DI INTERNET Marco Somalvico Progetto di Intelligenza Artificiale e Robotica Dipartimento di Elettronica e Informazione Politecnico di Milano 1. INTRODUZIONE Questo lavoro si propone di inquadrare la nozione di comunicazione alla luce della mutazione antropologica che l’avvento delle tecnologie dell’ingegneria dell’informazione e della robotica comportano nei confronti dell’uomo. Precisamente, lo scopo di questo lavoro è quello di trattare la comunicazione artificiale cioè la comunicazione che l’uomo svolge, o con se stesso o con un altro uomo, quando, almeno uno dei due comunicatori è la macchina, che viene concepita come espressione della mente dell’uomo. La macchina, che è sede di questa comunicazione artificiale, cioè di questa comunicazione mediata, sempre svolta dall’uomo, è quella particolare macchina che viene chiamata macchina dell’informazione, sia l’elaboratore, cioè la macchina che elabora l’informazione, sia il robot (che si potrebbe chiamare interelaboratore), cioè la macchina che elabora l’informazione e che interagisce con l’ambiente esterno all’uomo. La macchina non è mai un soggetto autonomo, ma è sempre un oggetto che l’uomo fa, ed al quale l’uomo fa fare una certa funzione. 2 In particolare, la macchina dell’informazione esplica la funzione di emulare, sia pur parzialmente e rozzamente, l’uomo che svolge, limitatamente alla sola modalità raziocinante ed escludendo la modalità inventiva, attività intellettive (se è un elaboratore) e attività intellettive ed interattive con l’ambiente (se è un robot ovvero interelaboratore). Questa considerazione porta, dunque, alla fondamentale constatazione che la comunicazione artificiale tra l’uomo e la macchina dell’informazione è sempre una comunicazione nella quale i due comunicatori sono sempre degli uomini, coincidenti o distinti, a seconda dell’identità dell’uomo che la macchina dell’informazione emula. Come ci insegna la scienza moderna, secondo l’innovativa impostazione di Galileo Galilei e di Francesco Bacone, l’uomo, quando svolge il ruolo particolarmente fondamentale di scienziato (dunque si tratta, in questo caso, di taluni uomini di preclaro impegno), contempla un fenomeno della realtà e lo conosce mediante un processo gnoseologico complesso, che lo porta a formulare un modello del fenomeno ed a derivare le leggi che interpretano le proprietà del modello. Verrà richiamato che ogni macchina può essere considerata come un modello di un fenomeno della realtà e che, inoltre, la macchina dell’informazione può essere considerata come un modello del fenomeno della realtà, osservabile nell’uomo, che è il fenomeno dell’intelligere (elaboratore) e dell’interintelligere (interelaboratore o robot) razionalmente e che, inoltre, la macchina dell’informazione, svolge la funzione emulativa richiamata, compiendo delle operazioni su un operando, chiamato informazione, che è, a sua volta, un modello di un qualunque fenomeno della realtà. Queste considerazioni permettono di affermare, dunque, che la comunicazione artificiale si coniuga con la comunicazione scientifica, data la corrispondenza esistente tra informazione, operando della macchina dell’informazione, e modello, inserito nel percorso scientifico fenomeno – modello – legge, e permettono di coniugare l’uomo moderno, coinvolto sempre più con la comunicazione artificiale, con lo scienziato, coinvolto con il metodo scientifico di Galilei e di Bacone. Inoltre, questa constatazione avvalora la posizione, di grande valenza culturale, che pone l’uomo di fronte all’esigenza di considerare le scienze umane e le scienze naturali in un quadro unitario, superando la dicotomia che nel passato recente, non in quello remoto, si tendeva ad adottare in 3 un’innaturale separazione tra le due scienze, entrambe espressione del conoscere che l’uomo formula quando è posto di fronte alla realtà, sia quella naturale, sia quella artificiale. Verrà mostrato come questo processo gnoseologico del percorso fenomeno – modello - legge rappresenta una premessa alla comprensione della mutazione antropologica dell’uomo, indotta dall’avvento dell’ingegneria dell’informazione. In tale ottica apparirà quindi rilevante l’importanza da attribuire alla trattazione della tematica comunicazione, non limitandosi solo alla trattazione della comunicazione naturale, cioè la comunicazione tra uomini che non coinvolge la macchina, ma ampliandola anche alla trattazione della comunicazione artificiale. Questa trattazione va pertanto illustrata alla luce della mutazione antropologica richiamata prima e, pertanto, richiede di coinvolgere, nell’illustrazione che seguirà, nozioni di natura filosofica, da un lato, e di natura scientifica, da un altro lato, sottolineando quindi l’utilità di un approccio moderno ed unitario alla cultura che coniuga le scienze umane con le scienze naturali. In particolare si chiarirà come l’uomo, inteso come ente unitario fonte di pensiero inventivo e di pensiero raziocinante, inteso cioè come soggetto uomo – mente, possa essere antropologicamente considerato attivo nelle attività pensanti, e quindi anche in quelle comunicative, che vengono svolte in due poli (o siti): 1. il polo uomo – corpo, cioè il corpo nel quale il pensiero, sia inventivo, sia raziocinante, si svolge in modo immediato (dal latino, in medio); 2. il polo uomo – macchina, cioè la macchina fatta e fatta fare dall’uomo nella quale il pensiero, solo raziocinante (limitatamente, oggi, ad una sola parte, ma in futuro, secondo una strategica prospettazione epistemologica, abbracciante tutto il pensiero raziocinante), si svolge in modo mediato (dal latino, cum medio, cioè utilizzando uno strumento, vale dire la macchina). Alla luce di queste considerazioni, l’uomo, cioè il soggetto uomo – mente, è un ente bipolare, articolato nel polo uomo – corpo e nel polo uomo – macchina, che esplica due tipologie distinte di comunicazione. 4 1. La prima comunicazione, denominata comunicazione nell’uomo, è la comunicazione intrapersonale, cioè la comunicazione intrabipolare, che coinvolge l’interazione tra i due poli, il polo uomo – corpo e il polo uomo – macchina sotto l’unitaria guida del soggetto uomo – mente: è come se l’uomo, unico come soggetto, guidato dalla propria mente, fosse Amleto che, fittiziamente interrogando, con la propria voce emessa nel proprio corpo il cranio, il giullare Yorick, diventato un essere inanimato, come un robot, svolgesse un dialogo Amleto - Yorick, mentre in realtà svolge un monologo tra se, polo uomo – corpo, e se, polo uomo – macchina. 2. La seconda comunicazione, denominata comunicazione tra gli uomini, è la comunicazione interpersonale, cioè la comunicazione interbipolare, che coinvolge l’interazione tra gli uomini, intesi come diversi soggetti bipolari, che a sua volta si distingue in: 2.1. comunicazione in presenza, quando il polo uomo – corpo di un primo uomo bipolare comunica con il polo uomo – corpo di un secondo uomo bipolare; 2.2. comunicazione in assenza, quando il polo uomo – corpo di un primo uomo bipolare comunica con il polo uomo – macchina di un secondo uomo bipolare, quando il polo uomo – macchina di un primo uomo bipolare comunica con il polo uomo – corpo di un secondo uomo bipolare, quando il polo uomo – macchina di un primo uomo bipolare comunica con il polo uomo – macchina di un secondo uomo bipolare Si può osservare, dunque, che la tipologia di interazione del caso 2.1 è il solo caso che prevede una comunicazione tra uomo e uomo, esplicata nell’interazione diretta tra il polo uomo – corpo di ciascuno dei due uomini comunicanti: perciò si può chiamare questa comunicazione, presente in un’unica tipologia di interazione, come comunicazione naturale di un uomo con un uomo. Si può osservare, inoltre, che, sia la tipologia di interazione del caso 1, sia le tre tipologie di interazione del sottocaso 2.2, prevedono una comunicazione tra uomo e uomo, esplicata in modo indiretto, o nello stesso uomo (caso 1), o tra due uomini diversi (sottocaso 2.1), ma sempre coinvolgendo, in queste quattro tipologie di interazioni, l’impiego del polo uomo – macchina, una volta, nelle prime tre tipologie, e due volte nella quarta tipologia: perciò, come già introdotto in precedenza, si può chiamare questa comunicazione, presente in quattro ulteriori tipologie di 5 interazione, come comunicazione artificiale, distinguendola dalla comunicazione naturale, presente in un’unica tipologia di interazione. E’ peraltro bene distinguere, quando si considera la comunicazione artificiale, di due sottocasi, ben distinti, nei quali essa si manifesta, e cioè: 1. la comunicazione artificiale in linguaggio naturale, cioè la comunicazione che si esplica quando la macchina dell’informazione opera su il suo operando, cioè sull’informazione, che, come detto sopra è un modello, quando questo modello adotta, come formalismo, il linguaggio naturale, ad esempio l’Italiano (si ricorda che ogni modello è l’espressione di una determinata forma che adotta un determinato formalismo); 2. la comunicazione artificiale in linguaggio artificiale, cioè la comunicazione che si esplica quando la macchina dell’informazione opera sull’informazione, cioè su un modello che adotta, come formalismo, un linguaggio formale, ad esempio un linguaggio di programmazione come Java. Si osservi che non vi è dubbio che la comunicazione artificiale in linguaggio artificiale sia diversa dalla comunicazione naturale. Infatti la comunicazione artificiale in linguaggio naturale non cessa di essere basata sullo scambio di un messaggio comunicativo che, anche se è espresso in linguaggio naturale, non per questo si esime dall’essere informazione, cioè modello di un fenomeno della realtà, cioè operando sottoposto all’operazione artificiale svolta dalla macchine dell’informazione. Quindi, da un lato, un uomo, quando riceve un messaggio in linguaggio naturale a lui comunicato da un altro uomo, cioè quando è coinvolto in una comunicazione naturale, riflette su tale messaggio, così come un lettore può riflettere su una poesia. Invece, da un altro lato, una macchina dell’informazione, quando riceve un messaggio in linguaggio naturale a lui comunicato da un uomo, che ha inteso con ciò sottoporre un operando – modello – informazione, tale macchina dell’informazione è coinvolta in una comunicazione artificiale in linguaggio naturale, e, di conseguenza esegue un’operazione artificiale che inizia con l’estrarre, dal 6 messaggio in linguaggio naturale, il contenuto operativo, l’operando, sul quale svolgere l’attività consona con l’operazione. Naturalmente, quando la macchina comunica all’uomo un messaggio in linguaggio artificiale, che è un modello, l’uomo può, sia utilizzare tale messaggio per proseguire un’attività intellettiva che rimane nel campo della realtà di tipo artificiale, al cui campo appartiene il modello, sia può utilizzare la propria intelligenza per ritornare al campo della realtà di tipo naturale, al cui campo appartengono i fenomeni dai quali i modelli, gli artefatti e le operazioni artificiali delle macchine trovano la loro origine, per responsabilità e volontà dell’uomo. Infine, quando la macchina comunica ad un uomo un messaggio in linguaggio naturale, che, trattandosi di comunicazione artificiale in linguaggio naturale, è pur sempre un modello, con rispetto all’attività artificiale svolta dalla macchina, l’uomo che riceve questo messaggio in linguaggio naturale può considerarlo, ponendosi nell’ottica della macchina come un modello, oppure, può considerarlo come un messaggio in linguaggio naturale ricevuto da un altro uomo e, quindi comportarsi come se si trovasse di fronte ad una comunicazione naturale (si pensi, ad esempio, al caso in cui un uomo A memorizza un messaggio in linguaggio naturale in una macchina B che, successivamente, lo fornisce ad un uomo C). Appare dunque rilevante osservare che la comunicazione artificiale che, secondo quanto è stato esposto sopra, è presente in ben quattro tipologie di interazione comunicativa, mentre la comunicazione naturale è presente in una sola tipologia di interazione comunicativa, occupa un ruolo rilevante nell’assetto antropologico dell’uomo moderno. L’uomo moderno, pertanto, utilizza spesso, come messaggio comunicativo con se stesso e con gli altri uomini, l’informazione, operando della macchina dell’informazione, che è un modello di un fenomeno della realtà, e, quindi è portato ad essere sempre più vicino, direttamente od indirettamente, all’adozione del metodo scientifico, che è appunto il metodo gnoseologico che è centrato sull’adozione della nozione di modello, rispetto al quale l’informazione non è altro che un caso particolare, benchè importantissimo. Alcune ulteriori considerazioni, permetteranno, inoltre, di ulteriormente inquadrare il ruolo ed i limiti della comunicazione, sempre incentrata nell’ambito dell’ingegneria dell’informazione, e sempre ancorata con la più complessa tra le macchine dell’informazione, vale dire il robot, al fine di 7 esaminare le condizioni che regolano il confronto tra la comunicazione in ambito reale e la comunicazione in ambito virtuale. Infine si inquadrerà, con le considerazioni finali, i limiti teorici, formalmente descritti in modo matematico, che delineano l’ampiezza del ruolo del polo uomo – macchina nei confronti dei modelli, interpretativi della realtà, che l’uomo ha fornito a tale polo in modo alternativo all’impiego del polo uomo – corpo. 2. INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE E MACCHINA DELL’INFORMAZIONE Vediamo di inquadrare, innanzitutto, il termine ingegneria dell’informazione in modo semplice ma preciso. Come è noto una disciplina è una strutturata ed armoniosa presentazione di un complesso di verità, che costituiscono una parte ben individuata della cultura umana, e che vengono presentate, descritte ed illustrate con il fine di aiutare l’uomo al discere, cioè all’apprendere, al comprendere, al padroneggiare tali verità. In particolare, l’ingegneria è una tipica disciplina sperimentale che si occupa della concezione, progettazione, realizzazione ed applicazione di macchine. L’ingegneria dell’informazione si occupa della concezione, progettazione, realizzazione ed applicazione di particolari macchine, che si possono chiamare, macchine dell’informazione. Per un primo esame della natura dell’ingegneria dell’informazione, esame che, più avanti sarà ripreso ed ampliato, è utile, pertanto, collocare la nozione di macchina dell’informazione all’interno della nozione più generale di macchina. E’ quindi opportuno presentare, nel seguito, una semplice ma significativa tassonomia della nozione di macchina, che è viene fondata sulla nozione di modello di un fenomeno della realtà. La nozione di modello è molto importante è verrà ripresa, in modo approfondito, nelle successive Sezioni. 8 Si ricorda che una macchina è intesa come un artefatto, cioè un’entità, fatta dall’uomo ad arte, che reifica (cioè descrive mediante un’entità materiale, una cosa (in Latino, res)) un modello di un fenomeno della realtà. Ebbene, a seconda della sede in cui l’uomo osserva il fenomeno della realtà, il cui modello viene reificato da una macchina, distinguiamo tra i seguenti tre tipi di macchine. 1) Macchine, ovvero le macchine che reificano i modelli dei fenomeni esterni all’uomo, che l’uomo osserva al di fuori del proprio corpo, in quella parte della realtà, cioè, che si può chiamare come l’ambiente esterno all’uomo, che l’uomo osserva. Le macchine possono anche essere chiamate macchine dell’ambiente, e ciascuna macchina appare essere un emulatore dell’ambiente esterno all’uomo (ovviamente limitatamente a quel fenomeno dell’ambiente il cui modello è reificato nella macchina dell’ambiente). 2) Antropomacchine, ovvero le macchine che reificano i fenomeni interni all’uomo, che l’uomo osserva all’interno del proprio corpo. Le antropomacchine possono anche essere chiamate macchine dell’uomo, e ciascuna antropomacchina appare essere un emulatore del corpo dell’uomo (ovviamente limitatamente a quel fenomeno del corpo dell’uomo il cui modello è reificato nella macchina dell’uomo). Ebbene, a seconda della similarità o della dissimilarità della natura del fenomeno interno all’uomo, che è reificato nella macchina dell’uomo, con la natura del fenomeno esterno all’uomo, reificato nella macchina dell’ambiente, distinguiamo tra i seguenti due sottotipi di antropomacchine. a) Biomacchine, ovvero le antropomacchine che reificano i fenomeni interni all’uomo, limitatamente ai fenomeni la cui natura è simile alla natura dei fenomeni esterni all’uomo e, quindi, non è esclusiva dei fenomeni che si osservano all’interno dell’uomo. 9 Si pensi, ad esempio, ai fenomeni inerenti l’azione del cuore che spinge il sangue nelle arterie e nelle vene, che sono fenomeni simili ai fenomeni di una pompa che spinge l’acqua nei tubi. b) Metamacchine, ovvero le antropomacchine che reificano i fenomeni interni all’uomo, limitatamente ai fenomeni la cui natura non è simile alla natura dei fenomeni esterni all’uomo, e, quindi, è esclusiva dei fenomeni che si osservano all’interno dell’uomo. Questi fenomeni sono, sia i fenomeni dell’intelligenza, limitatamente all’intelligenza raziocinante, che l’uomo esplica all’interno del proprio corpo, anzi del proprio cervello, sia i fenomeni dell’interazione (guidata dall’intelligenza), che l’uomo esplica mediante l’interazione tra il proprio corpo e l’ambiente esterno all’uomo. Le metamacchine sono anche chiamate macchine dell’informazione, e ciascuna metamacchina è, dunque, un rozzo emulatore di un uomo: (a) sia nel caso in cui ci si riferisca a quei fenomeni che appartengono alla sfera dei fenomeni intellettivi raziocinanti interni all’uomo: l’elaboratore è un esempio tipico di questa prima tipologia di macchina dell’informazione, (b) sia nel caso in cui ci si riferisca a quei fenomeni che appartengono alla sfera congiunta dei fenomeni intellettivi raziocinanti interni all’uomo e dei fenomeni interattivi che l’uomo manifesta nei confronti dell’ambiente esterno all’uomo (si può parlare di fenomeni interintellettivi (intellettivi ed interattivi) raziocinanti dell’uomo: il robot è un esempio tipico di questa seconda tipologia di macchina dell’informazione. 3) Agenzie, chiamate anche sistemi a molti agenti, ovvero le macchine che reificano i fenomeni interni agli uomini, che l’uomo osserva in un gruppo di uomini, ovvero in un sistema di uomini. Le agenzie possono anche essere chiamate macchine della cooperazione, e ciascuna agenzia appare essere un emulatore di un gruppo di uomini. 10 Le agenzie sono chiamate anche sistemi a molti agenti, proprio perché un agente indica una metamacchina, cioè una macchina dell’informazione, che è, come già detto, un rozzo emulatore di ciascuno degli uomini che appartengono al sistema di uomini. Quindi si può concludere che un’agenzia è un sistema di macchine dell’informazione cooperanti tra di loro. 3. MODELLI TRA FORMALISMI E FORME La conoscenza della realtà, da non identificare con la realtà, poiché tale conoscenza svela (letteralmente, toglie il velo) solo ad alcune delle verità che si conoscono della realtà, ci presenta, in modo intrecciato e cooperante, il ruolo dei modelli intesi come conoscenza dei fenomeni della realtà. Il modello è dunque la manifestazione, resa esplicita ad ogni uomo, di ciò che un particolare uomo, l’inventore del modello, conosce del fenomeno che avviene nella realtà, cioè, in altri termini, il modello è espressione di una parte del tutto, cioè di ciò che l’uomo ha mostrato esplicitamente con il modello, realizzando l’opera di svelare quella parte della natura del fenomeno di cui il modello rappresenta la conoscenza del fenomeno. Si ricorda che un modello di un fenomeno è, fondamentalmente, un’espressione del pensiero dell’uomo, e viene formulato dall’intreccio tra le due seguenti entità: 1. formalismo, che in semiologia è chiamato significante, inteso come lo strumento che l’uomo adotta per plasmare, con esso, il modello del fenomeno; 2. forma, che in semiologia è chiamato significato, intesa come l’espressione della parte del fenomeno che con il modello viene svelata. L’uomo, quando vuole conoscere un fenomeno ed esprimere tale conoscenza tramite un modello, effettua la selezione di un formalismo con il quale plasma una forma in modo da ottenere il modello. 11 Si ricorda, infatti che ogni modello è ottenuto tramite una scelta di un formalismo e tramite la realizzazione in esso di una forma. E’ interessante notare che vari sono i criteri che l’uomo addotta per scegliere il formalismo in cui plasmare quella forma che esprime il modello, cioè ciò che l’uomo ha svelato del fenomeno della realtà, conoscendolo secondo ciò che il modello presenta. Un primo criterio che l’uomo adotta nel selezionare il formalismo è quello di essere, durante l’espressione creativa dello sforzo di abduzione, lo strumento che appare il più adatto ed il più semplice nel facilitare ed accompagnare l’uomo nell’attività di abduzione, attività che, per la sua inerente difficoltà, non deve essere ulteriormente aggravata, anzi deve essere opportunamente facilitata, dall’adozione del formalismo più snello. Come si è già visto in precedenza, la nozione di modello assume ulteriore importanza quando si considera il ruolo delle macchine, poiché, come già osservato, le macchine rappresentano esse stesse un tipo di modello di un fenomeno della realtà. Infatti, talvolta, il modello di un fenomeno viene espresso costruendo una macchina, nella quale l’architettura della macchina rappresenta la forma del modello, mentre i componenti artificiali, che servono per costruire l’architettura, rappresentano il formalismo nel quale la forma viene plasmata, ovvero l’architettura viene costruita. Si noti che questa importante considerazione porta ad affermare che una macchina, essendo l’espressione del modello di un fenomeno della realtà, ha un comportamento che tende a replicare il fenomeno della realtà ma, dato che ogni modello svela solo in parte il fenomeno della realtà, si dirà che la macchina non simula il fenomeno, ma si dirà, solamente, che la macchina emula il fenomeno. E’ evidente che la concezione di una macchina, come modalità di descrizione del modello del fenomeno che la macchina emula, configura un secondo criterio di selezione del formalismo, che è dunque quello di facilitare la concezione di un architettura di una macchina e la costruzione e realizzazione della macchina stessa. Infine, come abbiamo visto in precedenza, esistono della macchine, chiamate macchine dell’informazione. 12 E’ interessante, ora, osservare che le macchine dell’informazione, quando sono intese come operatori, svolgono delle operazioni su degli operandi che sono, essi stessi, dei modelli di fenomeni della realtà. Questi operandi delle macchine dell’informazione sono chiamati, per l’appunto, informazione. L’informazione è quindi il nome che viene adottato per individuare quella categoria di modelli di fenomeni della realtà che hanno la caratteristica comune di potere assumere la veste di operandi sottoponibili a delle operazioni che su di essi sono svolte da una macchina, che, per l’appunto, è chiamata macchina dell’informazione. Inoltre, è bene sottolinearlo nuovamente, la macchina dell’informazione, oltre che operare sull’informazione, cioè su modelli di fenomeni della realtà, è essa stessa il modello di un fenomeno della realtà, ricordando che ogni macchina è la reificazione di un modello di un fenomeno della realtà. Questo fenomeno della realtà, il cui modello è rappresentato dall’architettura della macchina della realtà, è il fenomeno dell’intelligenza e dell’interazione raziocinante che si manifesta nell’uomo e che l’uomo osserva in se stesso. La macchina dell’informazione è dunque l’emulatore, parziale e rozzo, dell’uomo che pensa sui modelli di fenomeni della realtà che egli ha inventato in precedenza, ed è per questo motivo che viene chiamata metamacchina, proprio perché è una macchina che opera su modelli, tra i quali si considera ogni macchina, intesa come reificazione di un modello. Pertanto un terzo criterio con il quale l’uomo seleziona il formalismo per descrivere, tramite l’appropriata forma, il modello di un fenomeno della realtà, consiste nel potere utilizzare facilmente una macchina dell’informazione, quando i modelli devono essere espressi mediante formalismi che siano adeguati a destinare i modelli ad essere dei messaggi, scambiati con la macchina dell’informazione, in modo che possano assumere la loro veste di operandi, cioè quando questi modelli, divenuti messaggi contenenti operandi, costituiscono l’informazione sulla quale la macchina dell’informazione deve svolgere la sua funzionalità operativa. 13 In questo caso, dunque, i formalismi devono servire a facilitare la comunicazione tra l’uomo alla macchina, comunicazione che serve per introdurre, sotto forma di messaggio scambiato tra l’uomo e la macchina dell’informazione, l’informazione, cioè l’operando sulla quale la macchina deve svolgere la sua funzione di operatore. Si osservi, peraltro, che la selezione del formalismo più adeguato per soddisfare il primo, il secondo, oppure il terzo criterio, è un formalismo che, normalmente, cambia al cambiare dei predetti tre casi. Si osservi, inoltre, che, nel primo e terzo caso, è identico il fenomeno della realtà che viene modellizzato, nonché il modello che viene espresso adottando il primo ed il terzo criterio, sopra descritti. Si potranno allora distinguere vari approcci alla modellizzazione dei fenomeni, che corrispondono alla selezione di diversi formalismi, nel procedimento che si svolge articolato nell’adozione, prima del primo criterio e poi del terzo criterio, precedentemente descritti. Cioè, quando si considera la macchina dell’informazione, occorre necessariamente distinguere, in particolare, tra il formalismo con il quale l’uomo formula il modello di un determinato fenomeno della realtà (primo criterio), ed il criterio con il quale l’uomo comunica con la macchina dell’informazione, riformulando tale modello (terzo criterio), scambiandolo sotto forma di messaggio, come operando, cioè come informazione. In ingegneria dell’informazione, ed, in particolare, in robotica, il nome di linguaggio formale ovvero di linguaggio artificiale viene adottato come sinonimo di formalismo e viene utilizzato per individuare il formalismo che l’uomo adotta per esprimere rigorosamente: 1. sia il modello che l’uomo formula quando, in base al primo criterio sopra illustrato, rappresenta la propria conoscenza di un fenomeno della realtà, ed, in questo caso, il linguaggio formale viene chiamato linguaggio concettuale; 2. sia il messaggio che l’uomo formula quando, in base al terzo criterio sopra illustrato, comunica alla macchina dell’informazione il modello, reso informazione, cioè operando 14 della macchina dell’informazione, ed, in questo caso, il linguaggio formale viene chiamato linguaggio logico. Di regola, perciò, come detto prima, l’uomo procede alla selezione di due formalismi che, di regola, sono distinti tra loro. I formalismi adottati comunemente nel primo e nel secondo caso sono tratti dai seguenti diversi settori: 1. matematica, quali: a. aritmetica, b. analisi infinitesimale, c. algebra lineare, d. algebra astratta, e. matematica discreta; 2. logica, quali: a. logica delle proposizioni, b. logica dei predicati, c. logica modale; 3. grafica. Esamineremo, come esempio, il caso, tipico dell’intelligenza artificiale, nel quale l’elaboratore ed il robot deve svolgere, come operazione, l’inferenza sulla conoscenza. 15 Il linguaggio formale è chiamato, in questo caso, linguaggio di rappresentazione della conoscenza, e l’informazione è chiamata, in questo caso, conoscenza. Il primo formalismo, chiamato in generale, come detto, linguaggio concettuale, nel caso in cui si procede alla rappresentazione della conoscenza, viene denominato linguaggio di concettualizzazione algebrica e impiega, come formalismo, l’algebra astratta. Il secondo formalismo, chiamato in generale, come detto, linguaggio logico, nel caso in cui si procede alla rappresentazione della conoscenza, viene denominato linguaggio di rappresentazione logica e impiega, come formalismo, la logica dei predicati. 4. SISTEMI FORMALI, SINTASSI E SEMANTICA I linguaggi formali, oltre che essere essi stessi dei formalismi, cioè degli strumenti, sono, a loro volta, oggetto di una loro formalizzazione. In altri termini, se i linguaggi formali sono considerati come fini, vengono denominati sistemi formali, e sono oggetto, anch’essi, di una descrizione formale, più precisamente metaformale, che utilizza come metaformalismo, l’algebra astratta. Questa trattazione metaformale è trattata nella disciplina, denominata linguistica computazionale, che è stata sviluppata in base alla fondamentale opera pionieristica di Noam Chomsky, dello MIT, di Cambridge, Massachusetts, Stati Uniti, inventore della nozione di linguaggio formale e di grammatica formale. Un altro pioniere della linguistica computazionale è Roberto Busa S. J., della Pontificia Università Gregoriana di Roma e dell’Università Cattolica di Milano, che è internazionalmente noto come tra i primi che hanno formalizzato i modelli di complessi fenomeni, inerenti le modalità di impiego, da parte dell’uomo, del linguaggio naturale, in particolare il latino, quando l’uomo si esprime mediante opere testuali complesse, in particolare di natura teologica e filosofica, come nell’intera opera di San Tommaso d’Aquino. 16 L’originalità di Busa è stata quella di definire questi complessi modelli, adottando la modalità modellistica rappresentata dall’informazione, cioè da un operando dell’elaboratore e, di conseguenza, ideandone i relativi algoritmi di elaborazione dell’informazione: questo complesso risultato di modellistica, cioè l’informazione linguistica, e di algoritmica, cioè gli algoritmi di elaborazione dell’informazione linguistica, costituiscono un nucleo emblematico della disciplina linguistica computazionale. Il risultato della concezione innovativa di Busa, tanto teoretica, quanto sperimentale, è cristallizzato nella monumentale opera, considerata come pietra di fondazione della nascente linguistica computazionale, denominata Index Tomisticus, prodotto principale della vita scientifica di Busa, vero scienziato che unisce le scienze umane con le scienze naturali. Un altro contributo, di notevole importanza concettuale alla linguistica computazionale, orientata all’elaborazione dei testi in linguaggio naturale, è dovuto a Graziella Tonfoni, dell’Università di Bologna, e della George Washington University di Washington, District of Columbia, Stati Uniti. Il contributo di Tonfoni consiste nella presentazione di un’originale metodologia denominata metodologia CPP – TRS, che è stata diffusa ed adottata come standard a livello internazionale, mediante la quale la comunicazione artificiale in linguaggio naturale tra uomo e macchina dell’informazione, viene espressa da messaggi comunicativi formulati con testi in linguaggio naturale che vengono estesi, arricchendo i testi con l’introduzione di simboli testuali artificiali e di oggetti testuali artificiali, in modo da modellizzare le intenzioni cognitive con le quali l’uomo esprime il messaggio comunicativo in linguaggio naturale. Si pensi quando, nel diverso caso della comunicazione naturale, ovviamente in linguaggio naturale, l’uomo arricchisce il contenuto del messaggio comunicativo aggiungendo, all’atto linguistico naturale, costituito da testi orali o scritti in linguaggio naturale, degli ulteriori atti perilinguistici quali quelli rappresentati dalla prosodia, mimica e dalla gestualità, che fanno trasparire l’intenzione cognitiva che l’uomo assume nell’atto complesso del comunicare. E’ opportuno di seguito richiamare brevemente, descrivendo gli elementi essenziali di natura sintattica che lo costituiscono, un sistema formale, secondo l’impostazione di Chomsky. 17 Un sistema formale è costituito da un alfabeto, da un dizionario, da un linguaggio e da una grammatica. In particolare si introducono le seguenti definizioni: = 1, 2, … , n è un insieme finito di simboli denominato alfabeto; *= 1, 2, … , n , … è l’insieme, i cui elementi i, denominati stringhe, sono tutte le possibili sequenze finite di simboli i , denominato dizionario; o: (*)2 * è l’operazione binaria, definita su *, che consiste nel fare corrispondere a due stringhe 1 * e 2 * una nuova stringa *, dove = 1 o 2 è ottenuta con l’aggiunta, in coda alla sequenza dei simboli di 1, della sequenza dei simboli di 2, denominata concatenazione; M = (*, o) è il monoide formato dal dizionario * e dalla concatenazione o, è denominato monoide libero definito su ; L * è un sottoinsieme del dizionario *, denominato linguaggio, e i suoi elementi L L, sono denominati parole. Un linguaggio LVT (dove si è sostituito il simbolo con il simbolo VT) secondo l’approccio proposto da Chomsky, può essere definito con una struttura algebrica particolare GLVT denominata grammatica o grammatica formale del linguaggio LVT. Una grammatica GLVT è dunque un modello che descrive, come sistema formale, un linguaggio formale, ed è basata sull’adozione di un alfabeto VT e di un insieme P di relazioni binarie tra sequenze di simboli che permettono di definire la generazione di tutte e sole le parole LVT di un linguaggio LVT. Più precisamente, una grammatica formale, viene definita come: 18 GLVT = (VN, VT, S, P), dove: VN è un insieme finito di simboli, denominato alfabeto dei simboli non terminali, VT è un insieme finito di simboli, denominato alfabeto dei simboli terminali, S VN è un simbolo non terminale, denominato radice o assioma della grammatica, P è un insieme finito, denominato insieme delle regole di produzione, e dove un suo elemento p, definito come p = (VN VT)* (VN VT)*, è denominato regola di produzione. Il linguaggio LVT, derivato dalla grammatica GLVT, è l'insieme di tutte le sequenze di simboli terminali LVT (VT)* che appartengono alle foglie di un albero sintattico, cioè di un albero radicato la cui radice è S e che è tale che ogni suo sottoalbero corrisponde a una singola regola di produzione p. Una regola di produzione p è anche denominata regola di trascrizione, poiché, all’inizio, S viene trascritto con una sequenza LVNVT (VN VT)* di simboli non terminali e terminali, e poiché, in seguito, una sequenza ’LVNVT di simboli non terminali e terminali viene trascritta con un’altra sequenza ’’LVNVT di simboli non terminali e terminali, e così via, finchè non si perviene ad una sequenza complessiva nLVT di soli simboli terminali. Le diverse grammatiche GLVT, corrispondenti ai diversi linguaggi LVT, sono classificate in quattro categorie: 1. grammatiche di tipo 3, ovvero grammatiche a stati finiti GLVTSF, che generano un linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa a stati finiti ASF; 2. grammatiche di tipo 2, ovvero grammatiche libere da contesto GLVTLC, che generano un linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa con memoria interna a pila AMP; 19 3. grammatiche di tipo 1, ovvero grammatiche dipendenti da contesto GLVTDC, che generano un linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa con memoria esterna limitata AML; 4. grammatiche di tipo 0, ovvero grammatiche dipendenti da struttura GLVTDS, che generano un linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa con memoria esterna illimitata AMI, chiamata anche Macchina di Turing MT. Si ricorda che i normali linguaggi di programmazione, tipici dell’informatica, e i normali linguaggi di pianificazione, tipici della robotica, che si adottano quando l’uomo comunica un algoritmo all’elaboratore od al robot, sono generati da casi particolari di grammatiche di tipo 2, ovvero da casi particolari di grammatiche libere da contesto GLVTLCC. Si ricorda, invece, che i linguaggi di rappresentazione logica della conoscenza, tipici dell’intelligenza artificiale, che si adottano quando l’uomo comunica una base di conoscenza, cioè gli assiomi di una teoria logica del vero assiomatizzata, all’elaboratore od al robot, sono generati da casi particolari di grammatiche di tipo 0, ovvero grammatiche dipendenti da struttura GDS, ovvero Macchine di Turing. E’ noto che la Macchina di Turing è il modello formale che illustra, nel più generale grado di generalità, l’efficacia che l’elaboratore ed il robot offrono nel risolvereproblemi formali mediante effettiva computazione. Pertanto ne consegue che l’attività di rappresentazione della conoscenza, che si incardina sull’impiego dei linguaggi di rappresentazione della conoscenza, consiste nel più generale ed efficace impiego, dell’elaboratore e del robot, che l’uomo può svolgere. Si noti che la particolare attività di modellizzazione, che porta alla formalizzazione dell’informazione si può considerare alla luce di tre distinte caratteristiche rispetto alle quali il modello inventato, operando della macchina, cioè l’informazione, deve essere considerato. La prima caratteristica concerne la sintassi, cioè la specificazione della struttura con la quale il modello, cioè l’informazione, viene formalizzato. 20 Più precisamente la sintassi esprime la natura di legalità della forma, costitutiva del modello, che, nel nostro caso, corrisponde alla legalità della sequenza di simboli che, tra le tante stringhe possibili, individua una parola del linguaggio formale. La trattazione sintattica è stata brevemente presentata, secondo l’approccio di Chomsky, all’inizio di questa Sezione. La seconda caratteristica concerne la semantica, cioè la specificazione del significato che individua il ruolo svolto dal modello. Una brevissima presentazione della semantica viene presentata nel seguito. La terza caratteristica concerne la pragmatica, cioè la specificazione del fine che l’uomo si propone di perseguire mediante le operazioni che egli ha determinato che la macchina debba svolgere sull’informazione, cioè sull’operando, che è stato destinato dall’uomo a subire tali operazioni. Esistono due approcci alla descrizione della semantica associata ad un sistema formale, il primo denominato approccio denotazionale ed il secondo denominato approccio operazionale. Secondo l’approccio denotazionale, si costruisce una prima forma sintattica s, cioè una sequenza finita di simboli, che rappresenta l’espressione sintattica, scritta nel primo sistema formale S, di un componente dell’informazione che si vuole esprimere. La semantica si associa al sistema formale S quando esiste una seconda forma sintattica s’, espressa in un secondo sistema formale S’, tale che la seconda sequenza di simboli può essere costruita sulla base della prima sequenza s (cioè dalla sua denotazione intesa come una ben precisata sequenza di simboli), e quando nel sistema formale S’ sia già stata assegnata in precedenza una semantica, cioè un significato, alla seconda sequenza s’, significato che, in base all’approccio denotazionale, viene associato anche alla prima sequenza s. Cioè, la seconda sequenza s’, costruita partendo da s, ha assegnato, all’interno del secondo sistema formale S’, un determinato significato e questo significato viene anche assegnato alla prima sequenza s come il suo significato all’interno del primo sistema formale S. 21 Pertanto il significato di s in S viene importato dal significato di s’ in S’. Secondo l’approccio operazionale, si costruisce un’espressione formale, appartenente ad un sistema formale che individua, sulla base di una determinata sintassi, un linguaggio formale costituito da un insieme di parole. L’espressione formale è corretta, dal punto di vista sintattico, quando essa è rappresentata da una sequenza legale di simboli che è pertanto denominata parola del linguaggio formale. Scelto un linguaggio formale, per associare una semantica, cioè un significato alle parole del linguaggio, occorre costruire una macchina che si comporti come l’interprete di questo linguaggio formale, vale dire che svolga delle operazioni che sono il significato associato alle parole del linguaggio formale. Ciò significa che la macchina compie un’operazione prevista dall’uomo, che ha costruito la macchina, quando la macchina riceve in ingresso, come operando, l’espressione formale, cioè la parola, che così esprime l’operando sul quale la macchina, come operatore, svolge, in modo corretto, l’operazione prevista dall’uomo in modo corretto. 5. REALE, NATURALE E ARTIFICIALE Passiamo ora ad esaminare, con delle considerazioni di natura filosofica, la nozione di modello e la sua relazione con la nozione di fenomeno. Queste considerazioni richiedono, perché siano bilanciate in un quadro unitario, che vengano articolate nelle quattro seguenti sottodiscipline della filosofia: 1) ontologia (O), ovvero filosofia dell’essere; 2) gnoseologia (G), ovvero filosofia del conoscere; 3) epistemologia (E), ovvero filosofia del ricercare scientifico; 22 4) antropologia (A), ovvero filosofia del vivere dell’uomo. Queste quattro sottodiscipline filosofiche, che sono individuate con la sigla OGEA, ottenuta dalle loro iniziali, sono indicate nella Fig. 1. T O G A E Figura. 1. Schema delle quattro sottodiscipline filosofiche. Nelle seguito di questa Sezione e, anche, nelle Sezioni successive, verranno illustrate, in modo sintetico, le considerazioni inerenti le quattro sottodiscipline filosofiche OGEA. Nella Fig. 1 è introdotta, inoltre, una quinta disciplina, non propriamente filosofica, e cioe la: 5) teologia (T), ovvero la disciplina che studia i vari problemi connessi con la concezione di Dio. La teologia T, nella Fig. 1, è posta su una direzione ortogonale al piano che contiene la sigla OGEA, per indicare che, da un lato, le considerazioni filosofiche, che seguono, concernono un piano di considerazioni che non è coinvolto e non è necessariamente legato con le considerazioni teologiche (ed infatti, nel seguito, non verranno presentate considerazioni teologiche), e che, da un altro lato, le considerazioni teologiche, nella loro ortogonalità alle considerazioni filosofiche, si possono innestare sulle stesse considerazioni OGEA, ovvero, si può osservare che la teologia non 23 nasce sulle rovine della ragione. La prima serie di considerazioni filosofiche, ciè quelle concernenti l’ontologia, sono illustrate appoggiandosi al seguente diagramma pentacerchico dell’ontologia O (vedi seguente Fig. 2). REALE, NATURALE E ARTIFICIALE REALE NATURALE UOMO + AMBIENTE ARTIFICIALE MACCHINA Figura 2. Diagramma pentacerchico dell’ontologia O. Come viene illustrato sinteticamente, nel diagramma di Fig. 2, è utile ricordare che il reale è concepito come costituito dall’unione del naturale (che comprende l’uomo e l’ambiente esterno all’uomo) con l’artificiale (che comprende gli artefatti, cioè, in altre parole, le entità che l’uomo ha realizzato, utilizzando dei componenti, sia presenti nel naturale, sia già presenti nell’artificiale, per comporli in un composito, l’artefatto, secondo un’architettura concepita ispirandosi ad un disegno artistico). La seconda serie di considerazioni filosofiche, ciè quelle concernenti la gnoseologia, sono illustrate appoggiandosi al seguente diagramma tripolare della gnoseologia E (vedi Fig. 3). FENOMENO, MODELLO E LEGGE PARADIGMA EMPIRICO INDUTTIVO E DEDUTTIVO (GALILEO GALILEI) MODELLO 24 {REALE} {CONOSCENZA DEL REALE} Figura 3. Diagramma tripolare della gnoseologia G. Il diagramma tripolare gnoseologico illustra, innanzitutto, la fondamentale distinzione tra fenomeno e modello, distinzione che è oggetto di un’ampia serie di considerazioni che sono state proposte da Galileo Galilei con il nome di paradigma empirico induttivo e deduttivo. Si noti che il fisico utilizza il modello di un fenomeno al fine di derivarne, mediante un’attività inferenziale, sia deduttiva, sia induttiva, una legge che permetta di caratterizzare proprietà del fenomeno e che permetta di prevedere anche nuovi fenomeni. Secondo il paradigma empirico galileiano, infatti, appare chiaro che le attività gnoseologiche poste in essere da un fisico, possono essere articolate nel modo seguente. 1. Passaggio dal mondo della realtà (fenomeno) al mondo della conoscenza della realtà (modello). Questo passaggio, che in fisica viene chiamato modellizzazione, in gnoseologia viene chiamato abduzione. 25 2. Passaggio all’interno della conoscenza della realtà (dal modello alla legge). Questo passaggio, che in fisica viene chiamato derivazione, in gnoseologia viene chiamato inferenza e viene distinto nelle due forme cooperanti dell’induzione e della deduzione. 3. Passaggio dal mondo della cognizione della realtà (legge) al mondo della realtà (fenomeno). Questo passaggio, che in fisica viene chiamato aspettazione, in gnoseologia viene chiamato adduzione. Le attività dell’abduzione e dell’adduzione, possono essere chiamate con il termine complessivo di afferenza. Le attività di induzione e di deduzione, come detto, possono essere chiamate con il termine complessivo di inferenza. Infine l’afferenza e l’inferenza costituiscono il complesso delle attività dell’uomo che viene chiamato intelligenza. Anche il filosofo Henry Bergson propone, sempre nell’ambito della gnoseologia, di considerare l’intelligenza dell’uomo come articolata in due forme. La prima forma è l’intelligenza dell’homo creator, ovvero è l’intelligenza creativa, che corrisponde all’afferenza e che individua il tipo di intelligenza che l’uomo esplica quando osserva, nel mondo della realtà, un fenomeno e inventa, nel mondo della conoscenza della realtà, un modello. La seconda forma è l’intelligenza dell’homo faber, ovvero è l’intelligenza fabbricativa, che corrisponde all’inferenza e che individua il tipo di intelligenza che l’uomo esplica quando considera, nel mondo della conoscenza della realtà, un modello e costruisce, nel mondo della conoscenza della realtà, una legge. Si noti, peraltro, che mentre l’afferenza, cioè l’insieme dell’abduzione e dell’adduzione, sono esclusive dell’attività dell’uomo, l’inferenza, cioè l’insieme dell’induzione e della deduzione, può 26 essere oggetto, o solo dell’uomo, o solo della macchina, o della collaborazione interattiva dell’uomo con la macchina. Si osservi inoltre che oltre le attività di afferenza (abduzione e adduzione) ed inferenza (induzione e deduzione) e adduzione, esiste un’ulteriore attività, di livello superiore, anch’essa appartenente all’intelligenza creativa e, dunque, sempre esclusiva dell’uomo. Questa attività è denominata critica e consiste nella capacità dell’uomo di rivedere e di modificare un precedente ciclo di abduzione, inferenza, induzione e deduzione, adduzione, in un successivo ciclo, analogo ma migliorativo rispetto al precedente ciclo. Il miglioramento, di tipo evolutivo, consiste in una migliore conoscenza della realtà che si esplica in una più perfezionata e mirata abduzione e, di conseguenza, in una più efficace induzione e deduzione, con conclusiva più soddisfacente adduzione. L’abduzione è, senz’altro un’ aspetto centrale del paradigma empirico galileiano, in quanto, insieme all’adduzione, costituisce ciò che possiamo chiamare un metafenomeno, vale a dire un fenomeno della realtà, osservabile dall’uomo nell’uomo stesso, che è inerente al complesso di fenomeni che riguardano il conoscere la realtà da parte dell’uomo, e che ha a che fare con ogni fenomeno della realtà nel senso che, nel caso dell’abduzione, primo tipo di metafenomeno, si parte dal fenomeno della realtà che viene conosciuto e si perviene al modello di tale fenomeno della realtà, mentre nel caso dell’adduzione, secondo tipo di metafenomeno, si parte dalla legge, inferita dal modello del fenomeno della realtà, e si perviene ad un nuovo fenomeno della realtà. Nella Fig. 4 si ritiene utile approfondire la nozione di adduzione, mostrando che tale metafenomeno che parte da un fenomeno della realtà e che perviene ad un suo modello, può essere visto, secondo l’insegnamento tomistico e neotomistico, come la composizione di due metafenomeni: 1. il primo metafenomeno è l’arte (in Greco, techne), mediante il quale l’uomo osserva il fenomeno (in Greco, phainomenon) e concepisce, interiormente alla propria coscienza un’idea (in Greco, idea), che è la conoscenza che l’uomo ha del fenomeno, conoscenza che è, peraltro, di esclusiva pertinenza dell’uomo stesso che ha conosciuto il fenomeno, senza che tale conoscenza interiore sia ancora stata manifestata al suo esterno; 27 2. il secondo metafenomeno è la creazione (in Greco, poiesis), mediante il quale l’uomo propone all’esterno, in modo che sia osservabile dagli altri uomini, la propria idea del fenomeno per renderla manifesta agli altri uomini sotto la forma esteriore di una visione (in Greco, eidos) esteriore del fenomeno, cioè di una conoscenza del fenomeno che è accessibile ad ogni altro uomo e che viene comunemente chiamata modello del fenomeno. FENOMENO, IDEA, VISIONE ABDUZIONE ARTE CREAZIONE TEKHNE POIESIS FENOMENO IDEA VISIONE PHAINOMENON IDEA EIDOS Figura 4. Abduzione come composizione di arte e creazione. Esaminando, con attenzione, l’abduzione, si osserva che l’uomo, quando conosce un fenomeno del reale, può proporre la propria conoscenza del fenomeno, oltre che con varie modalità individuali, come, ad esempio, mediante una poesia, anche con la modalità denominata modello, adottando il già richiamato paradigma empirico galileiano. E’ bene osservare che il modello, secondo il paradigma empirico galileiano, è basata sulle proprietà di: 1. finitezza: la quantità di conoscenza descritta dal modello è finita, a differenza della poesia che può attivare illimitate personali interpretazioni nel lettore; 2. oggettività: il significato che si dà alla descrizione della conoscenza espressa nel modello è unico, non esistendo ambiguità o polivalenza nell’interpretazione del linguaggio con il quale il modello viene formulato, il che non avviene nel caso di una conoscenza descritta in una 28 poesia od anche in un brano di prosa basato su un’individuale adozione del linguaggio descrittivo; 3. replicabilità: l’effetto che si ha della conoscenza acquisita, apprendendo il modello, permette di effettuare una replica della sperimentazione del fenomeno che porta alle stesse conclusioni (da parte dell’uomo, secondo replicante, colui che ha appreso il modello) che erano state formulate, la prima volta (da parte dell’uomo, primo proponente, colui che, conoscendo sperimentalmente il fenomeno, ne ha formulato il modello). I modelli dei fenomeni, che costituiscono, insieme alle leggi derivate dai modelli, la manifestazione scientifica della conoscenza umana della realtà, sono peraltro: 1. espressioni esatte, cioè perfette, nella loro rappresentazione del fenomeno che si manifesta all’osservazione dell’uomo; 2. raffigurazioni parziali, cioè imperfette, degli elementi ontologicamente costitutivi del fenomeno che l’uomo contempla; 3. momenti innovabili, cioè perfettibili, della cultura scientifica umana che avvicenda a vecchie modellizzazioni più imperfette di uno stesso fenomeno nuove modellizzazioni meno imperfette di tale fenomeno. Si osservi, infine, che nel paradigma empirico galileiano son implicitamente presenti due importanti dualità. La prima dualità riguarda la realtà, basti pensare, infatti, che la conoscenza della realtà, che è causata nell’uomo dalla percezione del fenomeno della realtà, e che è quindi l’effetto del fenomeno della realtà, non deve essere, né confusa, né identificata con la causa e, pertanto, il fenomeno della realtà va inteso come una prima entità, che si può chiamare realtà 1 che è diversa, anche se correlata, con la conoscenza del fenomeno, che è una seconda entità, che si può chiamare realtà 2. La seconda dualità riguarda l’uomo, basti pensare, infatti, che l’uomo, che è il soggetto che esplica le attività gnoseologiche descritte nel paradigma empirico galileiano, e che si può chiamare uomo 1, quando dunque è inteso come soggetto del conoscere, è diverso dall’uomo, sede di fenomeni che 29 vengono conosciuti, che è parte della realtà, anzi della natura, e che si può chiamare uomo 2, quando è inteso come oggetto del conoscere. 6. INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE, INFORMATICA E ROBOTICA E’ opportuno, a questo punto inquadrare in modo più approfondito, introducendo delle considerazioni di natura epistemologica, la nozione di ingegneria dell’informazione che è stata già brevemente introdotta in precedenza. Nella Sezione 2 si è detto dunque che ogni macchina reifica un modello di un fenomeno del reale, nel senso che una macchina è un caso particolare di artefatto, che contiene, nella propria architettura, la descrizione di un modello di un fenomeno della realtà. Si pensi ad esempio ad un motore che, con la sua architettura di artefatto, reifica il fenomeno della forza, ad esempio esercitata dal vento su una balla di paglia che viene fatta incessantemente rotolare su un campo: ebbene la meccanica è la disciplina che si occupa della concezione, progettazione, realizzazione ed applicazione, tra le altre, di quelle particolari macchine che sono i motori. Si pensi, oppure, ad un refrigeratore (frigorifero) che, con la sua architettura di artefatto, reifica il fenomeno del freddo, ad esempio esercitato dall’aria gelida che sui pendii delle montagne alte solidifica i laghetti tramutandoli, almeno in uno spesso strato superficiale dell’acqua, in una spessa crosta di ghiaccio. Ebbene la termotecnica è la disciplina che si occupa della concezione, progettazione, realizzazione ed applicazione, tra le altre, di quelle particolari macchine che sono i refrigeratori. L’ingegneria dell’informazione, peraltro, a differenza della meccanica, si occupa di macchine dell’informazione, cioè di quelle macchine che sono intese come operatori artificiali che svolgono delle operazioni su un operando denominato informazione. Così come un motore è quell’operatore artificiale che opera producendo la forza, che è l’operando, così come un refrigeratore è quell’operatore artificiale che opera producendo il freddo, che è l’operando, la macchina dell’informazione è quell’operatore artificiale che svolge una determinata 30 operazione accettando in ingresso, come operando, l’informazione da modificare sulla quale la macchina dell’informazione effettua, al proprio interno, un’operazione, per poi fornire in uscita come operando l’informazione modificata sulla quale tale operazione è stata effettuata. Nella Sezione 3 si è detto che l’uomo è, da un lato il soggetto che inventa i modelli, ed anche, da un altro lato, il soggetto che inventa le macchine, che sono modelli descritti tramite l’architettura della macchina, intesa come artefatto. Si è anche osservato che tali attività, intese come fenomeni della realtà, sono osservate dall’uomo nel momento in cui l’uomo osserva in se stesso tali fenomeni. Si noti, inoltre, che la conoscenza, formulata dall’uomo, di tali attività ovvero di tali fenomeni dell’uomo, può dunque consistere nella formulazione di modelli che, oltre che rappresentare la conoscenza galileiana di tali attività, possono portare, attraverso la loro reificazione in macchine dell’informazione, alla concezione di artefatti capaci di effettuare tali attività sotto forma di operazioni. Queste attività che l’uomo esplica sui modelli inventati sono le attività della trasformazione, dell’elaborazione (con l’interazione), della regolazione e della comunicazione. L’ingegneria dell’informazione è basata sull’impiego di macchine dell’informazione che sono la reificazione del modello del fenomeno della realtà che l’uomo osserva in se stesso, conoscendolo come modello, quando si autopercepisce nell’atto di trasformare, elaborare, regolare e comunicare i modelli che egli ha precedentemente inventato. Le quattro branche dell’ingegneria dell’informazione, che riguardano le quattro categorie di operazioni svolte sui modelli indicate, cioè la trasformazione, l’elaborazione, la regolazione e la comunicazione, sono, rispettivamente, l’elettronica, l’informatica (con la robotica), l’automatica, le telecomunicazioni (sineddoche che adombra il termine, peraltro non utilizzato, comunicatica) (vedi Fig. 5). 31 TRASFORMAZIONE (ELETTRONICA) INFORMAZIONE ELABORAZIONE COMUNICAZIONE (INFORMATICA) (TELECOMUNICAZIONI) INTERELABORAZIONE (ROBOTICA) REGOLAZIONE (AUTOMATICA) Figura 5. Elettronica, informatica, robotica, automatica e telecomunicazioni. Per esaminare, in modo generale, la natura dell’informatica, e della collegata disciplina, la robotica, intese some discipline appartenenti all’ingegneria dell’informazione, introduciamo la terza serie di considerazioni filosofiche, ciè quelle concernenti l’epistemologia, che vengono illustrate appoggiandosi al seguente diagramma tripolare della gnoseologia G (vedi Fig. 6). UOMO, AMBIENTE E MACCHINA UOMO AMBIENTE 32 Figura 6. Diagramma tripolare dell’epistemologia E. Si noti che l’interazione tra Uomo e Ambiente è illustrata, nel diagramma tripolare epistemologico, con delle freccie grigie, per indicare che tale interazione è quella parte della realtà che è sede di quei fenomeni che, essendo inerenti alla mutua influenza tra uomo e ambiente, sono fenomeni naturali così come sono fenomeni naturali quelli che sono inerenti, separatamente, sia all’uomo, sia all’ambiente (si dirà, sinteticamente, che tali freccie grigie rappresentano una parte della realtà 1, illustrata nella precedente Sezione 5). Si noti, inoltre, che le due interazioni, la prima tra Macchina e Uomo e la seconda tra Macchina e Ambiente sono illustrate, nel diagramma tripolare epistemologico, con delle freccie nere, per indicare che tali due interazioni condividono, come ogni altra funzione della macchina, l’inerenza con la cognizione della realtà considerata ben distinta dalla realtà e, quindi, tali due interazioni sono compiutamente coincidenti con quei modelli, parte del più ampio modello che caratterizza la macchina, che fromalizzano i fenomeni dell’interagire della macchina con l’uomo e con l’ambiente (si dirà, sinteticamente, che tali freccie nere rappresentano una parte della realtà 2, illustrata nella precedente Sezione 5). Si noti, infine, che nel diagramma tripolare epistemologico, si è mostrata la macchina individuando, nell’interazione tra Macchina e Ambiente, una coppia di interazioni: la prima, che rappresenta l’interazione di entrata nella macchina, è caratterizzata dalla presenza di sensori, la seconda, che rappresenta l’interazione di uscita dalla macchina, è caratterizzata dalla presenza di attuatori. 33 La distinzione tra elaboratore, cioè la macchina dell’informatica, e robot, cioè la macchina della robotica, dipende dalla presenza o meno di sensori ed attuatori, poiché l’elaboratore è la macchina priva di sensori e attuatori, mentre il robot è la macchina dotata o solo di sensori (robot bianco), o solo di attuatori (robot nero), o di sensori e di attuatori (robot blu) (vedi Fig. 7). ELABORATORE E ROBOT ATTUATORI ELABORATORE SENSORI NO NO (ELABORAZIONE) ROBOT (TIPI) (INTERELABORAZIONE) NERO NO SI BLU SI SI BIANCO SI NO {INTERELABORATORE} Figura 7. Elaboratore e robot. Perciò con l’informatica l’uomo concepisce la realizzazione di una macchina, l’elaboratore, che simula, rozzamente, talune facoltà dell’intelligenza dell’uomo che riflette sul reale, e che, inoltre, risolve dei problemi causati da tale riflessione. Pertanto, l’uomo (primo polo), progettando l’elaboratore (terzo polo), sostituisce se stesso con l’elaboratore nell’intelligere (senza coinvolgere l’interagire con l’ambiente) (secondo polo). Quindi l’informatica si inquadra dicendo che è quella disciplina moderna, appartenente all’ingegneria dell’informazione, che riguarda le attività svolte da quella macchina dell’informazione, denominata elaboratore, che è dedicata a svolgere sull’informazione l’attività funzionale di elaborazione (si ricorda che l’informazione (che è un tipo di modello) è l’operando, mentre l’elaboratore (che è un tipo di macchina) è l’operatore). Inoltre con la robotica l’uomo concepisce la realizzazione di una macchina, il robot (l’interelaboratore), che simula, rozzamente, sia talune facoltà dell’intelligenza dell’uomo che riflette sul reale, sia talune facoltà dell’interazione dell’uomo che agisce e percepisce (cioè che 34 interagisce) nel reale, e che, inoltre, risolve dei problemi causati da tale riflessione e da tali azione e percezione. Pertanto l’uomo (primo polo), progettando il robot (l’interelaboratore) (terzo polo), sostituisce se stesso con il robot nell’intelligere e nell’interagire con l’ambiente (secondo polo). Quindi la robotica si inquadra dicendo che è quella disciplina moderna (normalmente intesa come associata all’informatica), appartenente all’ingegneria dell’informazione, che riguarda le attività svolte da quella macchina dell’informazione, denominata robot (termine che adombra il termine, peraltro non utilizzato, interelaboratore), che è dedicata a svolgere sull’informazione l’attività funzionale di elaborazione e interazione (cioè di interelaborazione (si ricorda, ancora, che l’informazione (che è un tipo di modello) è l’operando, mentre il robot (che è un tipo di macchina) è l’operatore). Si ricorda che il termine robot è proposto in una commedia degli anni trenta dello scrittore boemo Karel Capek, dal titolo, “Rosum Universal Robot”, dove il personaggio Rosum (il cui nome deriva dal verbo ceco “rosumit” che significa pensare) è colui che pensa e comanda (il padrone), mentre il personaggio Robot (il cui nome deriva dal verbo ceco “rabotat” che significa lavorare) è colui che opera e ubbidisce (lo schiavo). Rosum e Robot sono dunque i personaggi emblematici della cooperazione tra pensiero e azione. Si ricorda, peraltro, che il nome robot, fu proposto a Karel Capek dal fratello Joseph Capek, scultore, e si precisa che il verbo “rabotat”, lavorare, così come il sostantivo “rabota”, lavoro, vengono dalla radice “raba”, che significa, schiavo. Si noti, inoltre, che, mentre la problematica dell’interazione della macchina con l’ambiente è di rilevanza solo per la robotica, la problematica dell’interazione della macchina con l’uomo è di profonda importanza, non solo nell’ambito dell’informatica, ma anche nell’ambito della robotica. Il motivo di ciò dipende dal fatto che l’informatica è legata alla macchina elaboratore, e che la robotica è legata alla macchina robot (la macchina che ha la capacità di interagire con l’ambiente), e che, infine, ogni macchina (elaboratore e robot) è dotata della capacità di interagire con l’uomo. 35 Potrebbe apparire, da queste due definizioni, che la robotica contenga l’informatica, il che è vero (vedi Fig. 8). INFORMATICA E ROBOTICA PERCEZIONE ATTRAVERSO I SENSORI ELABORAZIONE ATTRAVERSO L’ELABORATORE PRODUZIONE ATTRAVERSO GLI ATTUATORI INFORMATICA ROBOTICA Figura 8. Informatica e robotica. Peraltro, di regola, in informatica si studiano solo quelle attività di elaborazione dell’informazione, che non prevedono dunque una concomitante attività di interazione della macchina (l’elaboratore, per il quale tali attività di interazione non sono pertinenti) con l’ambiente. Invece, di regola, in robotica si studiano solo quelle attività di elaborazione dell’informazione che prevedono dunque una concomitante attività di interazione della macchina (il robot, per il quale tali attività sono pertinenti) con l’ambiente, ed, inoltre, in robotica si studiano le attività di interazione della macchina (il robot) con l’ambiente. Pertanto, di regola, la robotica viene considerata non come una disciplina contenente l’informatica come sua sottodisciplina, ma come una disciplina, distinta dall’informatica. Inoltre, in linea di principio, tutte le attività di elaborazione dell’informazione, che nell’ambito dell’informatica sono considerate come disponibili all’elaboratore, possono, nell’ambito della robotica, essere considerate come disponibili al robot in modo integrato con le altre attività di interazione con l’ambiente, peculiari della robotica. 36 Per meglio illustrare, ancora una volta, la differenza tra l’elaboratore ed il robot, entrambe macchine dell’informazione, è opportuno considerare la macchina dell’informazione, come strutturata nelle sue due componenti materiali (in Inglese, hardware HW) e logicali (in Inglese, software SW) come illustrato in Fig. 9. SW CMU CMA HW UOMO AMBIENTE Figura 9. Comunicazione macchina – uomo e comunicazione macchina – ambiente. Questa macchina è dotata di due tipologie di comunicazioni che coinvolgono le due seguenti entità distinte dalla macchina stessa. 1. L’uomo (comunicazione macchina – uomo CMU): questa comunicazione non può mai essere assente poichè, sia direttamente, nel caso in cui la macchina sia dotata sempre di un interefaccia uomo – macchina, sia indirettamente, nel caso in cui la macchina, chiamata macchina autonoma, non sia dotata di tale interfaccia uomo – macchina. Ciò non contravviene la considerazione che l’uomo fa e fa fare alla macchina, poichè, in questo secondo caso, il fare e il far fare sono stati concentrati all’inizio nella progettazione, costruzione e programmazione della macchina. La macchina, successivamente svolge autonomamente, senza alcun ulteriore intervento dell’uomo, una determinata funzione, anche molto complessa ed articolata, che rappresenta il far fare che l’uomo ha determinato insieme al fare, nella fase iniziale. Dunque, ogni macchina, sia un elaboratore, sia un robot (o interelaboratore) è dotato dell 37 CMU. 2. L’ambiente (comunicazione macchina – ambiente CMA): questa comunicazione è assente, come si è visto in precedenza, quando la macchina è un elaboratore, mentre è presente, quando la macchina è un robot. In tal caso, l’interfaccia ambiente – macchina è rappresentata dai sensori, in ingresso nella macchina, e dagli attuatori, in uscita dalla macchina. Le due macchine elaboratore e robot, vanno, spesso, viste integrate con le due macchine delle telecomunicazioni, telefono e televisore, all’interno di quella disciplina, che è una transdisciplina a cavallo dell’informatica e delle telecomunicazioni, che è la telematica. Elaboratore e robot, con telefono e televisore, sono al servizio dell’uomo nell’agevolarlo nelle attività: 1. sia di intelligenza (attività di un uomo seduto in poltrona che pensa), che è rozzamente emulata dall’elaboratore, 2. sia di intelligenza e di interazione con l’ambiente esterno all’uomo (attività di un uomo che si muove nel suo ambiente, che percepisce dei fenomeni, che pensa e che produce dei fenomeni), che è rozzamente emulata dal robot (interelaboratore), 3. sia di comunicazione, quest’ultima, a sua volta, distinta in comunicazione in presenza, quando gli uomini, che comunicano tra di loro, sono vicini tra di loro con i loro corpi, e in comunicazione in assenza, quando gli uomini, che comunicano tra di loro, sono lontani tra di loro, che è svolta dal telefono e dal televisore. Non solo, si può anche, utilizzando la telematica, prospettare tutti i servizi tipici dell’elaborare e dell’interelaborare, ma tali attività possono essere svolte teleutilizzando elaboratori e robot, non necessariamente presenti accanto all’uomo che li utilizza, ma collegati, mediante una rete di elaboratori e di robot, ad un elaboratore, anche modesto, che l’uomo ha a disposizione accanto a se, purchè tale semplice elaboratore dell’utente sia collegato nella rete con gli altri elaboratori e robot. 38 Non c’è dubbio che tali attività sono estremamente utili perchè potenziano, promuovendola, la capacità inventiva dell’uomo. Ed inventare nuove modalità di espressione delle verità è uno strumento di intensificazione dell’efficacia con la quale l’uomo irradia nella società il suo personale contributo alla storia della cultura umana. 7. UOMO BIPOLARE E MUTAZIONE ANTROPOLOGICA Occorre sapere cogliere, da parte di ogni uomo, la novità della dimensione antropologica, che si può, senza esagerare, concepire come una vera e propria mutazione antropologica, che viene indotta dal fatto che l’uomo può servirsi dell’elaboratore e del robot per aumentare la propria efficacia cognitiva e comunicativa. Questo scenario è della massima importanza se viene inquadrato alla luce L’uomo, infatti: 1. non solo utilizza l’elaboratore ed il robot come strumenti di intensificazione dell’efficace irradiazione del pensiero e dell’azione umana, nei confronti dell’intera società, 2. ma sa anche adattarsi alla mutazione antropologica, sia dell’uomo, sia, quindi, della complessiva società umana, che viene indotta dall’impiego dell’elaboratore e del robot che inducono un notevole potenziamento ed efficacia al pensiero ed all’azione dell’uomo. Ciò richiede, sempre a livello strumentale, un’attenta riconfigurazione, nella forma di prospettazione, dei contenuti del pensiero e dell’azione umana che rimangono peraltro immutati dal punto di vista strategico e teleologico. Vediamo, pertanto, di presentare, sinteticamente, il quadro di riferimento di questa mutazione antropologica, che viene incardinata intorno alla nozione di bipolo informatico e robotico, centrato sulla nozione di polo uomo – corpo e di polo uomo – macchina. 39 Questo quadro consiste in una visione che considera la società degli uomini, chiamata società dell’informazione, come basata, sull’impiego delle macchine dell’informazione, quali gli elaboratori ed i robot. Nella società dell’informazione gli uomini e le macchine sono sempre più integrati in una fruttuosa sinergia che è tanto più efficace, quanto più spinta sono la comunicazione artificiale, basata sulle tipologie comunicative tra uomo e macchina che, in base ai progressi scientifici dell’ingegneria dell’informazione e della robotica, in generale, e dell’intelligenza artificiale, in particolare, sono sempre più destinate a presentare anche nuove modalità nella comunicazione dell’uomo con se e con gli altri uomini. Infatti ogni uomo, inteso come individuo, si basa sempre più, nel suo operare intellettualmente ed interattivamente, invece che sull’impiego immediato del proprio polo uomo – corpo, sull’impiego mediato del polo uomo - macchina, nel quale l’uomo delega alcune attività operative. Si noti che i termini immediatamente e mediatamente si riferiscono all’assenza, il primo, ed alla presenza, il secondo, di un medium, cioè di un mezzo o strumento artificiale, che sia o non sia utilizzato, al posto del corpo, come strumento per esercitare una certa funzione dell’intelligenza. Si noti anche che il termine polo uomo - macchina è indicato per porre l’accento sul fatto che la macchina, non solo non è un soggetto, ma, inoltre, anche quando viene correttamente intesa come un polo od un sito, essa è fatta dall’uomo ed è fatta fare dall’uomo. Quindi l’uomo unitario si presenta sotto l’aspetto di un bipolo informatico e robotico che associa all’uomo unitario, cioè all’uomo inteso come soggetto uomo - mente, due distinti siti o poli, un primo costituito dal polo uomo - corpo, ed un secondo costituito dal polo uomo - macchina. Questa concezione porta alla nozione di uomo bipolare che richiede una serie di considerazioni filosofiche, concernenti l’antropologia, che vengono illustrate appoggiandosi al seguente diagramma tripolare dell’antropologia gnoseologia A (vedi Fig. 10). UOMO BIPOLARE SOGGETTO UOMO - MENTE 40 Figura 10. Diagramma bipolare dell’antropologia A. Si faccia attenzione che qui la dizione, quasi provocatoria, uomo - macchina, dizione che individua la macchina, cioè l’elaboratore e il robot, si propone di accentuare volutamente il fatto che la macchina non opera autonomamente, ma opera all’interno dei modelli progettuali che l’uomo, progettista della macchina (l’uomo che fa la macchina), ha inventato ed ha determinato. La macchina dunque opera secondo le funzionalità che l’uomo, artefice dell’attività effettuata dalla macchina (l’uomo che fa fare alla macchina) ha intenzionalmente causato. Si richiama cioè l’attenzione sulla profonda implicazione della frase: l’uomo fa la macchina e fa fare alla macchina. Si noti come in tale bipolo informatico e robotico, l’uomo e la macchina (l’elaboratore e il robot) si ripartiscono tra di loro le attività dell’intelligenza nel modo seguente: 1. l’attività dell’intelligenza creativa viene esclusivamente svolta nel polo uomo - corpo; 2. l’attività dell’intelligenza fabbricativa viene svolta in modo distribuito, sia nel polo uomo corpo, sia nel polo uomo - macchina, ma con tendenza ad uno spostamento sempre più 41 massiccio dal polo uomo - corpo al polo uomo - macchina. Si noti come in una società di uomini bipolari esistano due tipi di comunicazione che coinvolgono l’uomo (vedi Fig. 11). COMUNICAZIONE INTRABIPOLARE E COMUNICAZIONI INTERBIPOLARI Figura 11. Diagramma bipolare dell’antropologia A. Da un lato si ha la comunicazione intrabipolare, cioè la comunicazione, all’interno di ogni singolo uomo bipolare, tra il polo uomo - corpo ed il polo uomo - macchina. Si faccia attenzione, dunque, come le moderne metodologie dell’interazione uomo - macchina, multimediali ed ipertestuali, si incastonano perfettamente nell’incrementare la flessibilità, la scorrevolezza, la variabilità, la complessità e la potenzialità dell’interazione intrabipolare. Da un altro lato si ha la comunicazione interbipolare, cioè la comunicazione tra un uomo bipolare ed un altro uomo bipolare. La comunicazione interbipolare, cioè la comunicazione di un uomo bipolare con un altro uomo 42 bipolare, configura quindi quattro possibili comunicazioni uomo – uomo. La prima comunicazione è un esempio della comunicazione in presenza e consiste nella seguente comunicazione: 1. comunicazione tra il polo uomo - corpo di un uomo ed il polo uomo - corpo di un altro uomo. E’ quindi necessario che i due uomini che comunicano tra di loro siano fisicamente nello stesso luogo e nello stesso tempo. Le altre tre comunicazioni sono tre esempi della comunicazione in assenza e consistono nelle seguenti comunicazioni: 1. comunicazione tra il polo uomo - corpo di un uomo ed il polo uomo - macchina di un altro uomo; 2. comunicazione tra il polo uomo - macchina di un uomo ed il polo uomo - corpo di un altro uomo; 3. comunicazione tra il polo uomo - macchina di un uomo ed il polo uomo - macchina di un altro uomo. La strutturazione bipolare delle unitarie attività intellettive ed interattive del singolo individuo unitario bipolare, in una società di bipoli informatici e robotici, rappresenta un’opportunità sempre più crescente che l’uomo ha. Egli infatti può concentrarsi (all’interno del proprio polo uomo - corpo) sulle più nobili attività intellettive ed interattive di tipo inventivo e creativo (le attività intuitive), mentre sempre più l’uomo, liberandosene direttamente, può far fare (all’interno del proprio polo uomo - macchina) (quindi le fa sempre l’uomo, ma indirettamente) le meno nobili attività intellettive ed interattive di tipo fabbricativo ed inferenziale (le attività raziocinanti). Si noti che le attività intellettive ed interattive di tipo inventivo e creativo sono considerate più 43 nobili rispetto alle attività intellettive ed interattive di tipo fabbricativo ed inferenziale, in quanto queste ultime non sono esclusive delle attività che l’uomo svolge nel polo uomo - corpo, in quanto esse possono essere delegate al polo uomo - macchina, cioè possono essere meccanizzate. Concentrarsi sempre più sull’inventiva e sulla creatività è dunque una liberazione ed elevazione dell’uomo verso le alte attività del conoscere se stessi e di conoscere l’ambiente, del riproporsi i problemi più complessi e più fondamentali, del muovere verso una duplice unitarietà culturale. Queste considerazioni permettono di presentare un doppia unità culturale dell’uomo. 1. Una prima unità culturale dell’uomo dipende infatti dall’osservare che il vero (teoria) ed il buono (prassi) tendono a convergere l’uno verso l’altro. A tale proposito si può osservare che esiste una forte sinergia tra l’attività filosofica (l’amore per le verità cercate dall’uomo) e l’attività tecnica (l’amore per la costruzione degli artefatti utili all’uomo), convergenza che l’uomo, inteso come bipolo informatico e robotico, tende a promuovere. Infatti, la concezione migliore di modelli, che identifica una più elevata capacità filosofica dell’uomo nel conoscere la realtà, si ripercuote anche in una più elevata capacità tecnica che l’uomo possede poiché, dal momento che è in grado di inventare dei modelli migliori, egli è in grado di fornire all’elaboratore ed al robot dell’informazione di qualità migliore. Si ricorda, cioè, che l’informazione è l’ operando che l’uomo fornisce agli elaboratori ed ai robot e che, di conseguenza, con migliori modelli, cioè con migliore informazione, aumenta la qualità con la quale l’uomo è in grado di “far fare” alle macchine una determinata funzione, che rappresenta, quindi, un miglioramento dell’attività tecnica. Simmetricamente una maggiore efficacia tecnica nel concepire ed utilizzare le macchine, quali gli elaboratori ed i robot, porta ad una maggiore delegabilità in queste macchine delle attività di tipo fabbricativo ed inferenziale. Infatti, tali attività vengono sempre di più fatte fare nel polo uomo - macchina e, quindi, si può così liberare il polo uomo - corpo da queste meno nobili attività fabbricative, per 44 poterlo, di conseguenza, occupare sempre di più nell’attività inventiva e creativa dell’uomo, in modo da proiettarlo più efficacemente verso l’attività filosofica. 2. Una seconda unitarietà culturale dell’uomo dipende inoltre dall’osservare che il vero (teoria) ed il buono (prassi), da un lato, tendono a convergere verso il bello (estetica), da un altro lato. Si può infatti osservare che i modelli più efficaci, che promuovono contemporaneamente, per quanto detto in precedenza, tanto il migliore vero, quanto il migliore buono, sono quelli che si presentano come dotati di un maggiore grado di universalità. Ebbene, seguendo l’insegnamento di De Sanctis, l’universalità è la caratteristica di quei modelli che raggiungono il massimo livello di fruibilità ed accettabilità. E’ questa la proprietà che caratterizza il bello, poiché l’uomo, quando concepisce un risultato di valore artistico, offre agli altri uomini un’opera che, pur essendo la conquista di un singolo individuo, reca con se, al massimo livello, la valenza di universalità, nel senso che l’opera è in grado di porsi all’attenzione di tutti gli altri individui come un valore riconosciuto, apprezzato ed utilizzato. Quindi la mutazione antropologica proposta dalla concezione dell’uomo unitario bipolare prospetta una forte convergenza tra le scienze umane (filosofia ed arte) e le scienze naturali (scienza e tecnica) in quanto: 1. il migliore progetto ed il migliore impegno scientifico dell’uomo, centrato sulla macchina (polo uomo - macchina), ispirati a criteri scientifici, esaltano le capacità scientifiche dell’uomo (polo uomo - corpo); 2. il migliore impegno umanistico dell’uomo (polo uomo - corpo) esalta l’ottimalità della sua sinergia con la cooperante attività della macchina (polo uomo - macchina) e, di fatto, promuove, in modo mediato ed indiretto, una serie di compiti che, anche se apparentemente e morfologicamente appaiono come scientifici, in realtà ed in modo più approfondito sono essenzialmente umanistici. 45 E’ questo il quadro di riferimento che ci permette di affermare che l’uomo, inteso come bipolo informatico e robotico, è già ora e diventerà sempre più in futuro, un’argilla più unitaria e più duttile agli effetti di una vita intesa ad affermare i valori della spiritualità che si connaturano con un animo creativo e che sono protesi alla scoperta delle risposte più profonde alle domande fondamentali, circa la natura del proprio essere e del proprio fine, domande che l’uomo sarà sempre più spinto a domandarsi per trovare nel segreto della propria coscienza le giuste risposte. 8. COMUNICARE MODELLI: DAI NUMERI O SEGNALI AI SIMBOLI O PROBLEMI Nell’incessante prospettazione dei vari modelli con i quali, secondo l’insegnamento di Talete, di Newton e di Galileo, la storia dell’inventiva umana ha saputo, prima contemplare e poi conoscere i fenomeni, l’uomo ha plasticamente plasmato le varie forme ricavate dalla creativa manipolazione dei più svariati formalismi di cui si è dotato, ed ha, in tal modo, svelato parzialmente il fenomeno mediante lo strumento conoscitivo del modello. I numeri ed i simboli sono, nella loro varia natura, sinergicamente intrecciati nel fornire formalismi, talvolta alternativi, talvolta integrati, ma sempre complementari, che si prestano alla scultorea teleologia dell’uomo che, inventando il modello, di un fenomeno, gli assegna il compito, analogico ed emulativo, di rappresentare con la forma inventata il fenomeno contemplato, nell’ambito di uno strumento, il modello, nella cui natura e nella cui funzione si intrecciano i tre aspetti del “per facere” sopra richiamati, cioè il perfetto, l’imperfetto ed il perfettibile. E’ interessante pertanto soffermarci sulla stretta e fondamentale sinergia che esiste tra i numeri e i simboli e che può essere metaforicamente rappresentata da un viaggio che si può compiere dai numeri ai simboli oppure dai simboli ai numeri. Questa metafora prospetta quindi i seguenti due viaggi: 1. il viaggio dai numeri ai simboli che è inteso come percorso di tipo ascendente per quanto attiene al livello di astrazione con il quale la forma del modello rappresenta la realtà del fenomeno; 2. il viaggio dai simboli ai numeri che è inteso come percorso di tipo discendente rispetto al 46 predetto livello di astrazione. Nella metafora del viaggio è facile dunque osservare che il viaggiatore rappresenta il modello, ad esempio un modello che, alla partenza all’inizio del viaggio, viene espresso in numeri, che durante il viaggio si trasforma, che all’arrivo alla fine del viaggio, viene espresso in simboli. La metafora del viaggio descrive dunque una trasformazione tra formalismi, che pur implicando un cambiamento, non altera la parte del fenomeno della realtà che viene conosciuta dall’uomo e che viene svelata sotto forma di quella tipologia di pensiero dell’uomo che è il modello. Il viaggio dunque, pur cambiando formalismi, e, di conseguenza, forme, dalla partenza all’arrivo, non cambia quanto del fenomeno della realtà è stato svelato nel modello, poiché il modello di partenza ed il modello di arrivo, pur essendo espressi con formalismi diversi e con conseguenti forme diverse, sono modelli equivalenti l’uno con l’altro. Il primo viaggio, dai numeri ai simboli, è incardinato intorno ad un primo tipo di modello, il segnale, che è un tipo di modello che viene ampiamente adottato e studiato nelle due discipline scientifiche dell’ingegneria dell’informazione e della robotica. Questo primo tipo di modello è rilevante nel presentare la sinergia che parte dalla rappresentazione numerica e che perviene alla rappresentazione simbolica del reale. Il segnale è un tipo di modello che è rivolto alla conoscenza scientifica di una prima fondamentale classe di fenomeni della natura, cioè tanto i fenomeni appartenenti all’ambiente esterno all’uomo, quanto i fenomeni appartenenti all’uomo, cioè al suo corpo, ma di natura simile ai fenomeni appartenenti all’ambiente esterno all’uomo. Il segnale coinvolge, nel suo importantissimo ruolo occupato all’interno della moderna ingegneria dell’informazione, tanto i componenti artificiali, che percepiscono i segnali, cioè i sensori, quanto le macchine artificiali, cioè i robot, che ospitano, come componenti della propria architettura interna, i sensori. Lo studio in ingegneria dell’informazione e in robotica del segnale rappresenta un esempio molto chiaro del viaggio dai numeri ai simboli. 47 Infatti i robot utilizzano i propri sensori per percepire i segnali. I segnali rappresentano, secondo modelli scelti dall’uomo, i fenomeni del mondo esterno al robot. Più precisamente, i segnali sono costituiti da numeri che rappresentano i parametri dei modelli dei fenomeni che i sensori percepiscono. Pertanto un sensore, che percepisce un determinato fenomeno, misura i valori numerici dei parametri che caratterizzano il modello, scelto dall’uomo, del fenomeno percepito dal sensore. Lo schema del modello del fenomeno è definito dall’architettura interna del sensore, mentre i parametri che completano lo schema del modello, facendole diventare il modello di un fenomeno particolarizzato nel tempo e nello spazio, sono misurati dal sensore, e la variazione nel tempo e nello spazio del valore di ciascuno dei parametri del modello viene denominata segnale. Dopo la percezione del segnale, tramite i propri sensori, il robot procede alla successiva attività di trasformazione segnale simbolo, mediante la quale alla rappresentazione numerica si sostituisce la rappresentazione simbolica del modello del fenomeno. La nuova rappresentazione simbolica permette al robot di utilizzare le tecniche della logica matematica. Il robot infatti è in grado di operare su espressioni simboliche iniziali (denominate formule ben formate iniziali o assiomi) per costruire artificialmente una catena deduttiva, attivando un processo algoritmico, denominato algoritmo inferenziale, che porta a formulare una nuova espressione simbolica finale (denominata formula ben formata finale o teorema). Questa nuova espressione simbolica finale si ottiene alla fine dell’applicazione di una sequenza finita di inferenze elementari, espresse tramite dei semplici meccanismi denominati regole di inferenza. Ad esempio, il passaggio dalle due affermazioni Socrate è un uomo e tutti gli uomini sono mortali, all’affermazione Socrate è mortale, è un esempio di applicazione di quella notissima regola di 48 inferenza che in logica è denominata modus ponens. Pertanto si dice, brevemente, che il robot è sede di un’attività di ragionamento artificiale di natura deduttiva mediante la quale è in grado di autopianificare una serie di azioni che gli permettono di partire da una situazione iniziale (rappresentata dagli assiomi), e di pervenire ad una situazione finale (rappresentata dal teorema). E’ questo, dunque, il primo tipo di viaggio, quello dai numeri ai simboli, che è incardinato ad un primo tipo di modello, il segnale, che è alla base della possibilità per un robot di percepire numericamente un fenomeno, tanto dell’ambiente esterno all’uomo, quanto dell’uomo, cioè del suo corpo, onde utilizzare, tale percezione, per costruire l’autopianificazione, di natura simbolica, delle attività che sono la conseguenza del segnale. Il secondo tipo di viaggio, quello dai simboli ai numeri, è incardinato intorno ad un secondo tipo di modello, il problema, che è anch’esso un tipo di modello che viene ampiamente adottato e studiato nella disciplina, detta intelligenza artificiale, che appartiene all’ingegneria dell’informazione, e che una disciplina che ha forti interazioni con la matematica., in particolare l’algebra astratta e la matematica discreta, e con la logica, in particolare la logica dei predicati e la logica modale. Questo secondo tipo di modello, cioè il problema, è rilevante nel presentare la sinergia che parte dalla rappresentazione simbolica e che perviene alla rappresentazione numerica del reale. Il problema è un tipo di modello che è rivolto alla conoscenza scientifica di una seconda fondamentale classe di fenomeni della natura, cioè quelli appartenenti alla fenomenologia esclusivamente interna all’uomo e di natura esclusivamente tipica dell’uomo, ovvero i fenomeni intellettivi. Il problema coinvolge, nel suo importantissimo ruolo occupato all’interno della moderna ingegneria dell’informazione, tanto i componenti artificiali che svolgono il processo di elaborazione, cioè le unità centrali degli elaboratori e le unità di governo dei robot, quanto le macchine artificiali, cioè gli elaboratori e i robot, che, in quanto complessi sistemi compositi, ospitano, come componenti della propria architettura interna, le unità centrali. L’attività di elaborazione della risoluzione di problemi, comporta l’adozione di particolari metodi di 49 impiego dei simboli, che si basano sui paradigmi di rappresentazione della conoscenza, cioè su particolare metodologie mediante le quali si costruiscono quei particolari modelli simbolici che sono denominati rappresentazioni dei problemi. Una volta che ad un problema sia stata associata una corrispondente rappresentazione simbolica, l’elaboratore ed il robot sono in grado di attivare, mediante l’esecuzione di algoritmi di ragionamento e di apprendimento, quel composito ed articolato processo artificiale che è denominato risoluzione automatica dei problemi. Il risultato offerto dai sistemi di risoluzione automatica dei problemi consiste nella costruzione dell’algoritmo risolvente del problema sottoposto all’attività risolutoria esercitata dal sistema di risoluzione del problema. In questo modo, l’elaboratore ed il robot, prima costruiscono l’algoritmo risolvente il problema e dopo eseguono l’algoritmo risolvente in modo da ottenere la soluzione del problema. La risoluzione del problema, cioè la costruzione dell’algoritmo risolvente il problema, svolta inizialmente, è dunque un’attività di elaborazione che si svolge all’interno del mondo dei simboli, poiché comporta, come detto, l’elaborazione di quel modello simbolico che è la rappresentazione del problema. L’esecuzione dell’algoritmo risolvente il problema, svolta successivamente, è invece un’attività di elaborazione che si svolge all’interno del mondo dei numeri, perchè comporta la determinazione di risultati numerici, in quanto la natura della soluzione del problema viene espressa, di regola, mediante l’impiego dei numeri. E’ questo, dunque, il secondo tipo di viaggio, quello dai simboli ai numeri, che è alla base della possibilità per un elaboratore di rappresentare simbolicamente un problema, di costruirne il suo algoritmo risolvente e, dopo avere eseguito tale algoritmo, di potere eseguire l’algoritmo risolvente, di natura numerica, del problema stesso. 9. COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE 50 La comunicazione artificiale, illustrata nelle precedenti Sezioni, presenta un’ulteriore tipologia comunicativa, di grande rilevanza concettuale e tecnica, quando venga coniugata con la nozione di realtà virtuale. Questa coniugazione è illustrata nelle seguenti Fig. 12.a, 12.b, 12.c, 12.d, 12.e, 12.f che illustrano, via via, l’evoluzione del diagramma epistemologico E nel diagramma della comunicazione artificiale dell’uomo con la realtà virtuale. COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE A UOMO AMBIENTE (SENSORI) ATTUATORI SENSORI (ATTUATORI) MACCHINA Figura 12.a. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (a). COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE B AMBIENTE AMBIENT E 51 Figura 12.b. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (b). COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE C UOMO (ATTUATORI) (SENSORI) MACCHINA ELABORATORE AMBIENTE EMULATO Figura 12.c. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (c). COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE D 52 Figura 12.d. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (d). COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE E .. Figura 12.e. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (e). UOMO CONTEM PLATOR E COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE F II. ELABORATORE II II . 53 Figura 12.f. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (f). 11. CONCLUSIONI In questo lavoro abbiamo presentato i diversi scenari culturali moderni che permettono di inquadrare l’origine, la natura, l’articolazione e le prospettive dell’ingegneria dell’informazione, all’interno delle scienze dell’uomo e delle scienze della natura, ancorando la trattazione intorno alle nozioni di Macchina, Metamacchina ed Agenzia. Nella trattazione abbiamo posto l’accento sull'uomo per presentare una concezione antropologica, denominata bipolo informatico e robotico, utile ad avvalorare una moderna visione unitaria dell’uomo e della sua esistenza, influenzata dall’avvento della società dell’informazione, cioè della società costituita da uomini che si servono di macchine virtuose quali sono l’elaboratore ed il robot. Abbiamo quindi illustrato, in modo sintetico, la nozione di ingegneria dell’informazione che rappresenta la disciplina più significativa per sopportare le argomentazioni, tanto epistemologiche, quanto gnoseologiche, che illustrano la natura funzionale del bipolo informatico e robotico. BIBLIOGRAFIA [Amigoni 1998a] 54 Amigoni, F., Schiaffonati, V. and Somalvico, M. (1998). Dynamic agencies and creativity (extended abstract). Proceedings of the International Congress on “Discovery and Creativity”, Gent, Belgium, May 14 - 16 1998, pp. 26 - 27. [Amigoni 1998b] Amigoni, F., Somalvico, M. (1998). 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