Azione - Settimanale di Migros Ticino Mozart avvelenato da Salieri

Mozart avvelenato da Salieri? Un
falso storico
Ricostruiti gli ultimi istanti di vita del grande compositore
/ 27.02.2017
di Timoteo Morresi
Miti o leggende riguardanti personaggi universalmente noti impiegano molto tempo prima di morire.
Sono ad esempio ancora tanti i luoghi comuni e le fantasticherie che aleggiano intorno agli ultimi
anni, alla morte e alla sepoltura di Mozart, scomparso nel 1791 a 35 anni. Geneviève Geffray,
sovrintendente della Bibliotheca Mozartiana della Fondazione internazionale Mozarteum a
Salisburgo dal 1973 al 2011 e curatrice dell’edizione integrale in francese della Corrispondenza
della famiglia Mozart, in un lungo articolo*) apparso in gennaio sulla rivista «Diapason» fa
chiarezza, riassumendo il risultato di ricerche svolte negli ultimi anni sugli episodi più romanzati
della vita dell’artista.
Cominciamo dalla tesi secondo cui Antonio Salieri – compositore e didatta italiano vissuto a Vienna
al tempo di Mozart – lo avrebbe avvelenato: avanzata nell’Ottocento da Puškin, sostenuta da Peter
Shaffer nel dramma teatrale e fatta propria nel celebre film Amadeus (1984) di Miloš Forman, si è
confermata priva di fondamento. Senza dubbio tra i due compositori c’era rivalità: Salieri rivestiva
un posto ufficiale di compositore alla corte asburgica, Mozart era un musicista indipendente e
certamente era più popolare. Ma la superiorità di Mozart non sconvolse Salieri più di quanto la
posizione di Salieri non preoccupasse Mozart.
Le cause della morte del compositore del Flauto magico sono altrove. Un documento, pubblicato nel
1991 dallo storico viennese Walther Brauneis, scoperto negli Archivi della Corte absburgica, proietta
nuova luce sulle difficoltà finanziarie di Mozart nei suoi ultimi tre anni di esistenza. Dal giugno 1788
si conoscono una ventina di richieste di denaro scritte dal musicista al suo amico massone Johann
Michael Puchberg, per più di 4000 fiorini. Puchberg gli fece prestiti per un totale di 1415 fiorini,
circa due volte il salario annuale del compositore. Il tenore di vita di Mozart non spiegherebbe da
solo i suoi problemi materiali, sembra plausibile l’ipotesi che avesse contratto dei debiti di gioco ma
al riguardo non si hanno prove certe. Nel documento si dice che Mozart sarebbe stato condannato a
rimborsare 1435 fiorini al principe Karl Lichnovsky (che l’aveva accompagnato alla corte di Prussia),
altrimenti i suoi beni sarebbero stati confiscati e i suoi compensi per la metà trattenuti; in più, 24
fiorini di spese giudiziarie.
Un mese prima di morire, Mozart si trovava praticamente sul lastrico. L’assenza di prospettive per
venirne a capo potrebbe essere all’origine della «malinconia» e delle «idee oscure» che, secondo sua
moglie Costanza, lo assalivano di continuo. Il 20 novembre 1791 Mozart fu costretto a letto e curato
dal Dr. Thomas Franz Closset e dal Dr. Matthias von Sallaba. Depressione? Oppure uno stato
depressivo che aggravava un’altra debolezza fisiologica? Nel resoconto sulle ultime fasi di vita di
Mozart, annotate nel 1825, la cognata Sophie Haibel scrive di «difficoltà a muoversi a causa di
tumefazioni», segni indubbiamente di edemi, dovuti forse a una poliartrite, che indussero una morte
rapida: lo sostenne il Dr. Alfred Briellmann nel 1992 in un articolo sulle malattie del compositore.
Mozart spirò la notte del 5 dicembre 1791. Il certificato di morte fece stato di una «febbre miliare»,
un’espressione generica usata per descrivere un’infezione letale. Costanza fu travolta dal dolore al
punto che furono gli amici ad occuparsi delle esequie. Il 6 dicembre, alle 15, la salma di Mozart
venne deposta nella cappella del Crocifisso, al lato sud dell’esterno della Cattedrale di Santo
Stefano. Venne ordinato un funerale di terza classe, usuale per i membri della media borghesia a cui
Mozart apparteneva. Dopo la cerimonia, al calare della notte o nelle prime ore del mattino, un carro
funebre trainato da due cavalli passò a ritirare le spoglie e le condusse al cimitero di Saint-Marx
perché fossero sepolte in una «tomba comunitaria semplice» (non in una fossa comune, come dice la
leggenda!) in modo conforme alle disposizioni in vigore all’epoca a Vienna. Non si usava che gli
amici e la famiglia accompagnassero il feretro al cimitero, che si trovava a circa quattro chilometri
dalle porte della capitale, e il tragitto si doveva fare di notte per paura di epidemie.
Anche l’episodio della tempesta di neve che avrebbe accompagnato il viaggio al cimitero fa parte
della leggenda. Il conte Karl von Zinzendorf (1739-1813), importante uomo di Stato della corte
asburgica, scrisse quel giorno nel suo diario: «Tempo mite. Avuta nebbia frequente». Il 10 dicembre
si celebrò una messa da requiem nella chiesa di San Michele vicino alla Hofburg; è possibile che
fossero stati eseguiti in quell’occasione degli estratti del Requiem. Il giorno dopo Costanza si rivolse
all’imperatore Leopoldo II per chiedergli di aiutarla finanziariamente. Ottenne una pensione annuale
di 266 fiorini, gliela accordò Francesco II, successore di Leopoldo II, deceduto il 1. marzo 1792. Si sa
che il beneficio non fu sufficiente a garantirle un avvenire, per non dire di quello dei suoi due figli
rimasti.
Con grande dispiacere oggi dei musicologi, il 28 dicembre Costanza iniziò le trattative con gli editori
al fine di trarre guadagno dalla vendita delle composizioni del defunto marito. Accordi che, firmati,
ebbero purtroppo come conseguenza la dispersione del suo lascito.
Nota
* Geffray Geneviève, 1791: la dernière année de Mozart, Diapason n. 653, gennaio 2017, pp. 20-29.