Capitolo 12 Definizioni fondamentali 12.1 Considerazioni introduttive I plasmi sono fluidi le cui particelle costituenti sono cariche elettricamente. Il termine plasma fu coniato da Tonks e Langmuir nel 1929, in un articolo sul Physical Review relativo allo studio delle scariche elettriche ad arco nei gas rarefatti, per indicare uno stato della materia formato da molecole e atomi neutri e da una frazione di elettroni liberi e ioni pesanti sufficiente a creare effetti di carica spaziale. Tonks e Langmuir notarono che ”... quando gli elettroni oscillano, gli ioni positivi si comportano come una gelatina rigida”, e probabilmente videro un’analogia con il comportamento delle componenti del sangue, in cui corpuscoli oscillano nel plasma del sangue. Lo stato di plasma si forma spontaneamente nei fluidi in equilibrio termodinamico a temperatura sufficientemente elevata in cui il grado di ionizzazione x di un dato livello atomico è definito dalla legge di Saha: 3/2 x2 (2πme ) = x−1 h3 5/2 (kB T ) pgas µ χ exp − kB T ¶ (12.1) dove χ è il potenziale di ionizzazione del livello. Ovviamente nei plasmi caldi, ad esempio nel caso degli interni stellari, la ionizzazione è completa per tutti i livelli atomici; nel gas interstellare freddo invece soltanto alcuni livelli sono ionizzati. Anche per sistemi fuori dall’equilibrio la ionizzazione si può realizzare ogni qualvolta esistano agenti eccitatori, ad esempio fotoni o flussi di particelle, con energie ≥ 10−2 eV, corrispondenti alle minime energie di ionizzazione. È questo, ad esempio, il caso delle regioni HII ionizzate dai fotoni ultravioletti di una stella calda in esse immersa. La formazione dello stato di plasma può essere interpretata in base al concetto di transizione di fase, anche se non si tratta di una transizione nel senso usuale della termodinamica, in quanto non avviene in modo discontinuo, ma graduale al crescere della temperatura, o in generale progressivo al verificarsi delle condizioni che favoriscono la ionizzazione della materia. In tale accezione, 167 168 CAPITOLO 12. DEFINIZIONI FONDAMENTALI discussa da Crookes nel 1879, lo stato di plasma è un quarto stato della materia, che si ottiene come evoluzione dello stato gassoso quando venga ulteriormente cresciuto il rapporto tra forze dissociative (urti termici) e forze di coesione (elettrostatiche). Il 99,9% della materia nell’Universo si trova nello stato di plasma: la materia delle stelle e delle galassie sono plasmi termici, e così pure il vento solare, il mezzo interplanetario, il mezzo interstellare e i gas diffusi cosmici che presentano invece anche situazioni fuori dall’equilibrio termodinamico. La Terra, e i pianeti in generale, rappresentano di fatto l’eccezione; la presenza naturale di plasmi vicino alla superficie terrestre è ridotta ai fenomeni transienti prodotti dai fulmini. Tuttavia l’atmosfera diventa gradualmente ionizzata salendo in quota ad opera del flusso di radiazione X e UV del Sole: la ionosfera è un plasma a tutti gli effetti e più in alto trapassa nella magnetosfera dove plasma del vento solare è intrappolato nel campo magnetico terrestre. Fu proprio la scoperta delle proprietà elettriche dell’alta atmosfera che permise di spiegare la trasmissione delle onde radio attraverso l’Atlantico (Kennel e Heaviside 1902). La fisica del plasma è stata inizialmente il campo di interesse dei fisici della ionosfera e degli studiosi dei fenomeni elettromagnetici in gas rarefatti (va ricordato che per mantenere condizioni di sufficiente ionizzazione in un gas di non alta temperatura occorre ridurre la probabilità di ricombinazione utilizzando basse densità). Per quanto riguarda l’astrofisica, essendo la materia cosmica nella maggior parte delle situazioni allo stato di plasma a ionizzazione praticamente completa, le forze elettriche di carica spaziale sono localmente tanto dominanti da imporre una neutralità globale e locale di carica. In tal modo, sebbene le forze elettriche siano sempre presenti per dare alla materia cosmica il comportamento di un sistema a molti corpi coerente, le forze gravitazionali rimangono in prima approssimazione prevalenti per la definizione delle strutture su scale macroscopiche. Illustreremo più avanti tale concetto in modo quantitativo. I fenomeni collettivi diventano importanti su scale relativamente più piccole e in fenomeni transienti; si sono rivelati fondamentali nello studio di condizioni astrofisiche fuori equilibrio o in presenza di campi magnetici e la loro inclusione nei modelli interpretativi si rivela fondamentale quando i dati osservativi acquistino un certo dettaglio: i modelli cosiddetti a particella singola risultano totalmente inadeguati a spiegare la varietà di eventi cosmici. Come ultimo punto, è importante ricordare che lo studio dei plasmi ha avuto impulso nella seconda metà del secolo scorso in connessione con le ricerche sulla fusione termonucleare controllata, a partire dal progetto Sherwood lanciato dagli Stati Uniti nel 1952. La maggior parte delle nostre conoscenze sul complicato comportamento dei plasmi viene appunto dagli esperimenti di laboratorio; e, trattandosi di un problema a molti corpi, solo recentemente i supercalcolatori stanno permettendo simulazioni numeriche adeguate per comprendere gli sviluppi nonlineari dei fenomeni da un punto diu vista teorico. 12.2. CARATTERISTICHE FONDAMENTALI 12.2 169 Caratteristiche fondamentali La presenza di particelle cariche libere cambia drasticamente il comportamento −1/3 della materia: intervengono le forze coulombiane a lungo raggio (r À ncar ), in −1/3 aggiunta alle forze di interazione a corto raggio (r ∼ n ). Tutti i fenomeni fondamentali della fisica del plasma sono da ricondursi al fatto che le particelle cariche presenti interagiscono tra loro attraverso forze coulombiane a lungo raggio e queste sono dominanti nella dinamica del sistema. Infatti, quando il sistema materiale sia sufficientemente grande perchè siano molte le particelle interagenti a lungo raggio, la materia tende ad una configurazione di equilibrio di quasi-neutralità sviluppando un comportamento collettivo che sovrasta l’agitazione termica e il moto browniano. Così le particelle ”sentono” il campo elettromagnetico medio e seguono moti mediamente ordinati. Per comprendere meglio questi aspetti e giungere ad una definizione quantitativa, consideriamo il moto di una particella test carica in un plasma. La carica, quando non si trovi nelle immediate vicinanze di altre cariche così da sentirne la diretta influenza coulombiana, si muove sotto l’azione del campo elettromagnetico medio regolare dovuto alla somma dell’effetto di tutte le altre cariche del sistema; è questa una delle principali differenze con il caso dei fluidi neutri, in cui le particelle si muovono inerzialmente tra un urto e quello successivo. Inoltre, quando la carica incontra a distanza ravvicinata un’altra carica, la collisione causerà una deflessione discontinua. Nel caso della materia neutra sono questi urti che determinano il comportamento continuo dei fluidi; anche per i plasmi questi urti vanno considerati, ma la loro trattazione risulta più complicata che nel caso dei fluidi neutri. Quando si abbia a che fare con un plasma debolmente ionizzato in effetti le collisioni delle cariche avvengono soprattutto con particelle neutre e quindi si possono applicare i principi dei fluidi neutri. Quando invece la densità di cariche libere diventi importante, i processi collisionali coulombiani sono più complessi da trattare. In Fig. 12.1 è riportato lo svilupparsi di una traiettoria del tipo ora descritto, che, pur presentando deflessioni discontinue dovute alle collisioni a corto raggio, si sviluppa sotto l’azione della forza coulombiana media a lungo raggio: per elevata ionizzazione quest’ultimo effetto di carattere collettivo è dominante. Lo si confronti con quello di Fig. 2.1 di un fluido neutro. 12.2.1 Lo schermo di Debye È chiaro a questo punto che il parametro essenziale per definire lo stato di plasma è la presenza di cariche libere: un plasma non sarà quindi caratterizzato fisicamente dalla densità e dalla temperatura separatamente, ma tramite una loro combinazione che assicuri la sostanziale presenza di fenomeni di ionizzazione. In un gas ionizzato lo stato di prevalenza degli effetti collettivi è raggiungibile aumentando il numero di particelle cariche intergenti, in quanto, sebbene le forze elettrostatiche, che consentono interazioni a lunghe distanze, decrescano ∝ r−2 , è però vero che il numero delle cariche interagenti, se la distribuzione è uniforme, cresce ∝ r3 . Pertanto è possibile, per un numero totale di cariche 170 CAPITOLO 12. DEFINIZIONI FONDAMENTALI Fig. 12.1: Traiettoria tipica di una particella carica in un plasma sufficientemente grande che i campi elettrici (e magnetici) del loro insieme si sommino in maniera coerente dando origine a un comportamento a molti corpi, a differenza di quanto avviene in un gas neutro in cui le particelle interagiscono essenzialmente in urti a corto raggio. La lunghezza scala al di sopra della quale in un gas ionizzato gli effetti microscopici vengono mediati collettivamente può essere calcolata seguendo uno ragionamento proposto da Debye e Hückel nel 1923 studiando il comportamento degli elettroliti. Si consideri un gas ionizzato con densità uniforme di elettroni liberi ne e di ioni positivi ni ionizzati Zi volte (ne = Zni ). Se il sistema è in equilibrio termodinamico in un potenziale elettrostico Φ, le cariche di disporranno secondo la distribuzione di Boltzmann: ∙ ∙ ¸ ¸ eΦ Zi eΦ ne (r) = ne0 exp ni (r) = ni0 exp − (12.2) kB T kB T dove gli esponenziali sono i fattori di Boltzmann che danno la probabilità che una carica si trovi in un punto a potenziale Φ quando il suo moto termico corrisponda a una temperatura T . Si introduca ora una carica q in r = 0. Il potenziale risultanto si otterrà pertanto risolvendo l’equazione di Poisson: # " X 2 (12.3) Zi ni e−Zi eΦ/kB T . ∇ Φ = −4π qδ(r) − ene eeΦ/kB T + e i Linearizzando gli esponenziali per eΦ/kB T ¿ 1 (energia termica media delle particelle più grande dell’energia potenziale elettrostatica), si ottiene: ∇2 Φ − λ2D (1 Φ = −4πqδ(r) + Z)−1 (12.4) dove kB T 4πe2 n (Z è il valor medio della carica ionica) che si risolve in: λ2D = 1/2 q Φ = e−(r/λD )(1+Z) r (12.5) (12.6) 12.2. CARATTERISTICHE FONDAMENTALI 171 Il risultato indica che intorno ad ogni carica q il plasma crea una nuvola di carica spaziale che riduce il potenziale elettrico coulombiano fino ad annullare l’effetto di carica singola su distanze superiori a λD , che prende il nome di lunghezza di Debye. A distanze superiori alla lunghezza di Debye si misurano solo gli effetti collettivi e non quelli delle singole cariche. Nel caso di un plasma in cui le cariche mobili siano essenzialmente gli elettroni, la lunghezza di Debye vale: r kB T λD = 740 cm (12.7) ne dove l’energia termica kB T è espressa in eV (kT = 1 eV a T = 11.400 K) e ne in cm−3 . Valori di lunghezze di Debye per tipici plasmi astrofisici e di laboratorio sono riportati in Tab. 12.1. 12.2.2 Quasi-neutralità dei plasmi La distribuzione di Boltzmann usata nel precedente paragrafo indica che lo stato di equilibrio in presenza di cariche libere è caratterizzato dal fatto che le differenze di energie elettrostatiche tra diversi punti generate da cariche spaziali siano inferiori all’energia media del moto termico; per elettroni: −e∆Φ ¿ kB Te . (12.8) Considerando un plasma con densità di ioni positivi ni ed elettroni negativi ne , e cariche Zi e e −e, l’equazione di Poisson su una distanza tipica L comporta: X ∆Φ Zi ni − ne ) . (12.9) ∇2 Φ ≈ 2 = −4πe( L Tenendo conto della definizione di lunghezza di Debye, si ha come conseguenza che per L > λD : X |ne − Zi ni | ¿ ne . (12.10) Questo risultato implica la quasi-neutralità di un plasma: da un punto di vista macroscopico ioni ed elettroni sono vincolati a muoversi senza apprezzabile separazione di carica, sono cioè sempre legati collettivamente da effetti di carica spaziale. 12.2.3 Il parametro del plasma Nelle considerazioni precedenti è implicito che entro una sfera di Debye esista un numero sufficiente di particelle per poter parlare di comportamento medio; pertanto: 4π 3 ND = (12.11) nλD À 1 . 3 Si deriva immeditamente che questa condizione coincide in effetti con la richiesta che la ionizzazione sia efficiente, cioè che l’energia termica sia grande rispetto alle forze coulombiane tra le singole particelle che tendono verso la ricombinazione: kB T kB T 2/3 = 2 1/3 = 4πλ2D n2/3 = (36π)1/3 ND À 1 . e2 /r e n 172 CAPITOLO 12. DEFINIZIONI FONDAMENTALI Ionosfera Vento solare Corona solare Interni stellari Stelle di neutroni Gas interstellare Gas intergalattico Nuclei galattici Plasma termonucleare L cm 107 13 10 ÷ 1015 6 × 109 ÷ 1011 1010 ÷ 1012 106 1 10 ÷ 1022 ≥ 1024 ≤ 1015 102 ne cm−3 103 ÷ 106 1 ÷ 104 108 ÷ 1012 1027 1042 −3 10 ÷ 10 ≤ 10−5 ≤ 1012 1016 T K 102 ÷ 103 102 ÷ 103 106 ÷ 107 4 × 107 106 ÷ 109 102 5 10 ÷ 106 ≥ 108 108 Tab. 12.1: Scale, densità, temperature di plasmi tipici Ionosfera Vento solare Corona solare Interni stellari Stelle di neutroni Gas interstellare Gas intergalattico Nuclei galattici Plasma term-nucl λDe cm 10−1 ÷ 7 0.7 ÷ 2 × 102 10−2 ÷ 2 10−9 −17 10 ÷ 10−16 20 ÷ 2 × 103 ≥ 2 × 106 7 × 10−2 7 × 10−4 ν pe Hz 105 ÷ 107 104 ÷ 106 108 ÷ 1010 3 × 1017 1025 ÷ 1026 102 ÷ 104 ≤ 30 ≤ 1010 1012 νc Hz 10 ÷ 103 10−2 ÷ 6 8 2 × 1016 1023 ÷ 1028 9 × 10−5 ≤ 10−11 30 2 × 105 σ s−1 109 ÷ 1011 109 ÷ 1011 7 × 1015 7 × 1018 1017 ÷ 1021 6 × 1012 1014 ≥ 4 × 1018 6 × 1018 Tab. 12.2: Lunghezze di Debye, frequenze di plasma, frequenze di collisione e conduttività di plasmi tipici ¡ ¢−1 è chiamata parametro del plasma; quando è molto miLa quantità g = nλ3D nore dell’unità gli effetti collettivi sono dominanti. In effetti tutte le definizioni ora esposte sono consistenti nel caratterizzare i plasmi. 12.2.4 La frequenza di plasma Una naturale implicazione del comportamento collettivo di un plasma è che può essere modellato come un sistema di oscillatori accoppiati. È immediato ricavare una frequenza tipica di oscillazione del sistema, considerando il rapporto tra la velocità tipica del moto delle cariche (la velocità termica) e la lunghezza scala per i fenomeni collettivi (la lunghezza di Debye): r vth 4πq 2 n ωp = = , (12.12) λD m 12.2. CARATTERISTICHE FONDAMENTALI 173 che è appunto detta frequenza di plasma. Nell’espressione compare l’inerzia delle cariche che trasportano la carica spaziale, e quindi in linea di principio sono possibili varie frequenze tipiche di oscillazione. Tuttavia le cariche più mobili sono ovviamente gli elettroni e quindi la frequenza di plasma più importante è anche quella massima: ω pe = 5.6 × 104 n1/2 e rad s−1 (12.13) Hz (12.14) ovvero ν pe ≈ 104 n1/2 e con ne in cm−3 . 12.2.5 La conduttività elettrica Il raggiungimento della quasi-neutralità in un plasma è legata alla capacità delle cariche elettriche a rispondere alla presenza di un campo elettrico pur in presenza di collisioni che ne ostacolino il moto. Questa caratteristica è misurata dalla conduttività elettrica σ, definita come il rapporto tra la densità di corrente che si genera e il campo elettrico che la induce: j = σ E. In realtà la conduttività è un tensore in quanto i plasmi sono anistropi soprattutto in presenza di campi magnetici; ma nei casi più semplici (ad es. per plasmi omogenei non magnetizzati) si riduce a uno scalare. Si ottiene una semplice espressione per σ ricordando che il trasporto di carica è sempre effettuato dagli elettroni che hanno maggior mobilità: j = −nev , m dv = −eE dt (12.15) e utilizzando la frequenza di collisione ν c come tempo scala su cui avviene l’accelerazione da parte del campo elettrico: mν c v = eE , si può scrivere: σ= ne2 . mν c (12.16) Plasmi ad alta conduttività possono essere considerati sempre in condizioni di quasi-neutralità e sono modellati come un fluido elettricamente conduttore (modello magneto-idrodinamico). Nelle Tabelle 12.1 e 12.2 e nel grafico di Fig. 12.2 sono riportati i valori delle grandezze ora definite per vari tipi di plasmi di laboratorio e astrofisici. 174 CAPITOLO 12. DEFINIZIONI FONDAMENTALI Fig. 12.2: Densità e temperature tipiche di plasmi astrofisici e di laboratorio; ¡ ¢−1 g = nλ3De è il parametro di plasma 12.3. FENOMENI DI PLASMA IN ASTROFISICA 12.3 175 Fenomeni di plasma in astrofisica Il fatto che le particelle cosmiche siano ovunque in uno stato di ionizzazione più o meno elevato, e che i campi magnetici siano ovunque diffusi nell’Universo, comporta che gli effetti elettromagnetici non siano mai trascurabili, anche se le strutture globali degli oggetti cosmici appaiono dominate dagli effetti gravitazionali in presenza di grandi concentrazioni di materia; pertanto su scale al di sopra della lunghezza di Debye (vedi Tab. 12.2) la materia che costituisce stelle, gas interstellare, nuclei galattici, radiogalassie, ecc. è da trattare come plasma. A conclusione di questa introduzione, è possibile già dare un quadro generale dei processi di plasma che hanno rilevanza in astrofisica. Un primo e fondamentale indice di comportamento di plasma consiste nel fatto che, pur in condizioni di totale ionizzazione, vere e proprie separazioni di carica sono transienti in sistemi astrofisici sulla base del principio di quasineutralità dei plasmi e, come vedremo, dell’alta conducibilità. Differenze di potenziale locali sono peraltro sorgenti di correnti elettriche, che dissipano grandi quantità di energia elettromagnetica in energia termica (ad es. brillamenti solari, getti extragalattici, ecc.). I campi magnetici limitano i moti delle particelle cariche, in alcuni casi intrappolandole in regioni di spazio dove successivi processi di plasma possono dare origine a scariche, dissipazioni impulsive o stazionarie (magnetosfere, pulsar, ecc.), in altri casi orientandone il trasporto di energia (vento solare, radiogalassie, ecc.). Una caratteristica essenziale dei fenomeni di plasma in quanto collettivi è la capacità di sostenere vari tipi di fenomeni ondosi: un plasma è un sistema a molte frequenze fondamentali. Le onde da un lato possono trasmettere energie, ma dall’altro possono crescere di ampiezza fino a rendere le strutture instabili. Il capitolo sullo studio delle instabilità dei plasmi è in effetti il più ricco anche nella fisica di laboratorio, con la conseguenza che, proprio a causa delle instabilità, non è ancora stato possibile realizzare un reattore a fusione termonucleare controllata. Nei plasmi possono soprattutto svilupparsi processi nonlineari che comportano l’interazione di vari fenomeni singoli: interazioni fra diversi tipi di onde, interazioni tra particelle di diversa energia nella distribuzione spettrale, interazioni fra particelle e onde di plasma e onde elettroma-gnetiche. L’amplificazione nonlineare di tali interazioni può portare alla distruzione delle configurazioni di equilibrio, all’eccitazione di canali di irraggiamento e/o dissipazione, all’accelerazione di particelle sopratermiche, ecc. Si tratta di una serie di fenomeni molto importanti proprio in astrofisica, perchè capaci di modificare gli spettri energetici di materia e fotoni in modo molto più sostanziale di quanto non ci si aspetterebbe sulla base di valutazioni energetiche in termini di fenomeni a particella singola. La molteplicità dei processi di plasma è naturalmente riprodotta nelle equazioni dei modelli: si tratta di equazioni nonlineari che descrivono il comportamento delle particelle e dei campi elettromagnetici nello spazio delle fasi e in funzione del tempo. Il compito di risolverle è formidabile e di fatto solo alcuni semplici casi possono essere trattati analiticamente. A volte è possibile ricorrere 176 CAPITOLO 12. DEFINIZIONI FONDAMENTALI a trattazioni semplificate (equazioni fluide, equazioni magnetoidrodinamiche), ma anche allora i sistemi continuano a essere molto complessi in corrispondenza alla varietà dei fenomeni di plasma. Negli ultimi anni la possibilità di svolgere simulazioni numeriche tramite supercalcolatori ha permesso di analizzare fenomeni che, almeno per le condizioni astrofisiche, erano fuori portata. Tuttavia ancor molto è da scoprire nella fisica dei plasmi, e sicuramente molto rilevante per l’interpretazione dei processi fisici nei sistemi cosmici.