e si può determinare il rapporto

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Anno accademico 2013-2014
1) Sia 𝛼 un angolo fissato. Si verifichi che sin(𝛼/3) risolve l’equazione
4π‘₯ 3 − 3π‘₯ = − sin 𝛼 .
Dato che per ogni angolo 𝑒 risulta
sin(3𝑒) = sin(𝑒 + 2𝑒) ,
applicando le formule di addizione del seno, si può scrivere
sin(3𝑒) = sin 𝑒 cos(2𝑒) + cos 𝑒 sin(2𝑒) .
Le formule di duplicazione del seno e del coseno
sin(2𝑒) = 2 sin 𝑒 cos 𝑒 , cos(2𝑒) = 1 − 2 sin2 𝑒
Consentono, poi, di scrivere
sin(3𝑒) = sin 𝑒 (1 − 2 sin2 𝑒) + 2 sin 𝑒 cos 2 𝑒 .
Eliminando anche il coseno al quadrato e facendo posto ad una formula con soli
seni, si ha
sin(3𝑒) = 3 sin 𝑒 − 4 sin3 𝑒 .
Ponendo, infine, 𝑒 = 𝛼/3, si ottiene la verifica richiesta.
2
2) Si determini il coefficiente del termini di grado 4 del polinomio
(π‘₯ 2 + 1)100
e del polinomio
(π‘₯ 2 + π‘₯ + 1)100 .
La chiave di volta per risolvere questo esercizio è la formula di Newton che
esprime lo sviluppo della potenza 𝑛 −esima di un binomio qualsiasi
𝑛
𝑛
(π‘Ž + 𝑏)𝑛 = ∑ ( ) π‘Žπ‘˜ 𝑏 𝑛−π‘˜ .
π‘˜
π‘˜=0
Questa relazione, applicata al primo polinomio, consente di scrivere
100
100 2π‘˜
(π‘₯ 2 + 1)100 = ∑ (
)π‘₯ .
π‘˜
π‘˜=0
Allora, è facile concludere che il coefficiente dell’unico termine di quarto grado
(𝑇4 ) si ottiene ponendo π‘˜ = 2, vale a scrivere
100!
100 βˆ™ 99
100
𝑇4 = (
=
= 4950 .
)=
2
2! βˆ™ 98!
2
Per i secondo polinomio la deduzione è un pochino più articolata. Anzitutto, si
applica lo sviluppo di Newton, scegliendo
π‘Ž = π‘₯2 + π‘₯ , 𝑏 = 1 ,
3
ottenendo immediatamente
100
(π‘₯ 2 + π‘₯ + 1)100 = ∑ (
π‘˜=0
100
) (π‘₯ 2 + π‘₯)π‘˜ .
π‘˜
Poi, si sviluppa anche la potenza π‘˜ −esima (π‘₯ 2 + π‘₯)π‘˜ , in modo che
(π‘₯ 2 + π‘₯ + 1)100
100
π‘˜
100
π‘˜
π‘˜=0
𝑝=0
π‘˜=0
𝑝=0
π‘˜
π‘˜
100
100
= ∑(
) [∑ ( ) π‘₯ 2𝑝 π‘₯ π‘˜−𝑝 ] = ∑ (
) [∑ ( ) π‘₯ π‘˜+𝑝 ] .
𝑝
𝑝
π‘˜
π‘˜
Ricordando che tra i due indici di somma sussiste la disuguaglianza 𝑝 ≤ π‘˜, si
conclude che il coefficiente del termine di quarto grado è costituito da tre termini.
Precisamente, poiché la relazione
π‘˜ + 𝑝 = 4 (𝑝 ≤ π‘˜)
è verificata solamente per le tre coppie di indici
π‘˜ =2, 𝑝=2,
π‘˜ =3, 𝑝=1,
π‘˜ =4, 𝑝=0,
si può scrivere
100 3
100 2
100 4
𝑇4 = (
)( ) + (
)( ) + (
) ( ) = 4 411 272.
2
2
3
1
4
0
4
3) Date due rette distinte π‘Ÿ e 𝑠 incidenti nel piano e data una lunghezza β„“ > 0, si
descriva il luogo dei punti 𝑃 del piano tali che la somma delle distanze di 𝑃 da π‘Ÿ e
𝑠 vale β„“.
Adoperando un sistema di coordinate cartesiane con centro nel punto di
intersezione delle due rette e con gli assi coordinati coincidenti con le bisettrici,
si può scrivere
π‘₯𝑃 = 𝜌 cos πœƒ , 𝑦𝑃 = 𝜌 sin πœƒ ,
in cui le coordinate 𝜌 e πœƒ sono quelle di un sistema polare aggiunto al cartesiano.
Inoltre, si ha
π‘₯𝐻 = 𝜌 cos(𝛼 + πœƒ) cos 𝛼 ,
π‘₯𝐾 = 𝜌 cos(𝛼 − πœƒ) cos 𝛼 ,
𝑦𝐾 = 𝜌 cos(𝛼 + πœƒ) sin 𝛼 ,
𝑦𝐾 = 𝜌 cos(𝛼 − πœƒ) sin 𝛼 .
5
Calcolando le due distanze 𝑃𝐻 e 𝑃𝐾, dopo qualche manipolazione algebrica, si
ottiene
𝑃𝐻 = 𝜌|sin(𝛼 + πœƒ)| , 𝑃𝐾 = 𝜌|sin(𝛼 − πœƒ)| .
La relazione fondamentale del problema
𝑃𝐻 + 𝑃𝐾 = 𝑙 > 0 ,
espressa in coordinate polari, diventa
𝜌|sin(𝛼 + πœƒ)| + 𝜌|sin(𝛼 − πœƒ)| = 𝑙 .
Esplicitando la distanza 𝜌 ≥ 0, risulta
𝜌=
𝑙
.
|sin(𝛼 + πœƒ)| + |sin(𝛼 − πœƒ)|
Poiché il luogo geometrico si sviluppa nei quattro quadranti in maniera
simmetrica, se ne descriverà solo una parte, dato che per le rimanenti basta
lasciarsi guidare dalla simmetria.
ο‚· Primo caso −𝛼 < πœƒ ≤ 𝛼. Risulta che nessun valore assoluto opera
𝜌=
𝑙
𝑙
𝑙
=
→ 𝜌 cos πœƒ = π‘₯ =
= π‘₯𝑙
sin(𝛼 + πœƒ) + sin(𝛼 − πœƒ) 2 sin 𝛼 cos πœƒ
2 sin 𝛼
e che si tratta di un segmento parallelo all’asse delle ordinate.
ο‚· Secondo caso 𝛼 < πœƒ < πœ‹ − 𝛼. Risulta che opera solo il secondo valore assoluto
6
𝜌=
𝑙
𝑙
𝑙
=
→ 𝜌 sin πœƒ = 𝑦 =
= 𝑦𝑙
sin(𝛼 + πœƒ) − sin(𝛼 − πœƒ) 2 cos 𝛼 sin πœƒ
2 cos 𝛼
e che si tratta di un segmento parallelo all’asse delle ascisse.
Il luogo completo è riportato nella figura che segue ed è rappresentato dai punti
del perimetro di un rettangolo, le cui diagonali sono pari a
𝐴𝐢 = 𝐡𝐷 =
𝑙
.
2 sin 𝛼 cos 𝛼
Si consideri, ad esempio, il punto 𝑃 di figura. Dato che
𝑃𝐻 = 𝐢𝑃 sin 𝛼 , 𝑃𝐾 = 𝑃𝐷 sin 𝛼 ,
si può scrivere
7
𝑃𝐻 + 𝑃𝐾 = (𝐢𝑃 + 𝑃𝐷) sin 𝛼 = 2π‘₯𝑙 sin 𝛼 = 𝑙 .
Nei casi limite 𝛼 = 0 e 𝛼 = πœ‹/2 due lati del rettangolo, rispettivamente quelli
paralleli alle ascisse e quelli paralleli alle ordinate, vanno all’infinito ed il
rettangolo si trasforma nell’insieme di due rette parallele agli assi coordinati.
8
4) Si consideri un gas ionizzato, complessivamente neutro, composto da 𝑁 ioni
aventi carca +π‘ž ed altrettanti aventi carica −π‘ž, in un volume 𝑉 alla temperatura
𝑇 (𝑁 e 𝑉 siano macroscopicamente grandi). In assenza di perturbazioni esterne,
la densità degli ioni positivi per unità di volume quella degli ioni negativi sono
uniformi. In presenza di una carica esterna 𝑄0 fissa in un punto all’interno del gas
ionizzato si osserva che la distribuzione degli ioni viene perturbata col risultato
che il potenziale elettrico risultante ha la forma di un potenziale elettrico
risultante ha la forma di un potenziale schermato data da
π‘ˆ(π‘Ÿ) =
𝑄0 −π‘Ÿ/𝑙
e
4πœ‹πœ€0 π‘Ÿ
ove r è la distanza dalla carica 𝑄0 e 𝑙 una lunghezza caratteristica. Si discuta quale
delle seguenti espressioni per 𝑙, ove π‘˜π΅ è la costante di Boltzmann, potrebbe
essere valida:
π‘ž2
π‘Ž) 𝑙 ≈
,
4πœ‹πœ€0 π‘˜π΅ 𝑇
4πœ‹πœ€0 π‘˜π΅ 𝑇𝑉
𝑏) 𝑙 ≈ √
,
π‘π‘ž 2
1
𝑉 3
𝑐) 𝑙 ≈ ( ) ,
𝑁
𝑑) 𝑙 ≈
4πœ‹πœ€0 π‘˜π΅ 𝑇𝑉
.
π‘π‘ž
Al crescere della temperatura, la materia passa da uno stato aggregato ad uno
stato gassoso neutro e, quando l’energia interna per particella è dell’ordine
dell’energia di legame atomico, a quello di gas parzialmente e poi totalmente
ionizzato. Il termine plasma è usato per descrivere un gas ionizzato, ossia formato
almeno in parte da ioni ed elettroni prodotti mediante ionizzazione: gli elettroni
e gli ioni non sono più legati tra loro negli atomi del gas e si muovono sotto l’azione
delle forze dovute ai campi elettrico e magnetico che essi stessi generano e di
eventuali campi applicati dall’esterno. Si parla di plasma quando la frazione di
9
atomi ionizzati diventa tale che i campi elettromagnetici generati dagli elettroni
liberi e dagli ioni influenzano le proprietà macroscopiche del gas, per esempio il
tipo di onde che vi si può propagare. Il concetto di plasma, inoltre, è esteso in
modo da includere sistemi costituiti da altri tipi di particelle elettricamente
cariche, come per esempio plasmi di elettroni e positroni oppure plasmi
polverosi, in cui sono presenti microgranuli carichi.
I plasmi gravitazionali, ossia i sistemi di stelle che costituiscono le galassie, hanno
un comportamento sotto alcuni aspetti analogo a quello dei plasmi
elettromagnetici. Nelle galassie, le stelle giocano il ruolo delle particelle cariche e
l’attrazione gravitazionale tra di esse quello delle forze elettriche e magnetiche.
Recentemente, nell’ambito della Cromodinamica Quantistica è stata adottata
l’espressione ‘plasma di quark e gluoni’, per descrivere condizioni estreme della
materia nucleare in cui le forze originano dalle cosiddette cariche di colore. La
parola plasma fu usata per la prima volta nel 1929 da Irving Langmuir per
descrivere un gas ionizzato. Il termine fa riferimento alle capacità di un plasma
elettromagnetico di trasportare le cariche, così come il plasma sanguigno
10
trasporta i globuli del sangue, oppure alla caratteristica dei plasmi di mutare
forma sotto l’azione di campi elettromagnetici esterni e, in generale, di avere
proprietà fisiche (quali la conducibilità termica) che possono essere fortemente
condizionate dai campi elettromagnetici applicati. Nell’Universo i plasmi
costituiscono di gran lunga lo stato di aggregazione più comune della materia
visibile, in forme che variano dai plasmi molto rarefatti, che riempiono lo spazio
tra le stelle e tra le galassie, ai plasmi caldi e densi che formano le stelle stesse.
Sulla Terra vi sono condizioni fisiche di densità e temperatura tali per cui la
materia rimane aggregata, in forma solida, liquida o gassosa e soltanto di rado
assume le caratteristiche di un plasma, ad esempio nei fulmini. Il motivo è che per
ionizzare gli atomi è necessaria energia, che può essere fornita sotto forma di
calore mediante campi elettromagnetici o radiazione ionizzante oppure da fasci
di particelle. Se tale energia non è disponibile, gli ioni e gli elettroni del plasma si
ricombinano tanto più velocemente quanto più denso è il plasma, ricostituiscono
gli atomi e trasformano il plasma in un gas. I plasmi sono quindi particolarmente
importanti nelle applicazioni legate alla produzione di energia e di sorgenti di
radiazione elettromagnetica intensa o nello studio del comportamento della
materia al di fuori dell’ambiente terrestre.
Si consideri un volume di plasma costituto da un numero statisticamente grande
di ioni ed elettroni e si assuma che le loro densità siano identiche e distribuite in
modo uniforme nel volume, in modo che in condizioni imperturbate il numero di
elettroni e protoni per unità di volume valida
𝑛0 =
𝑁
.
𝑉
Si inserisca, poi, lentamente nel volume una particella carica 𝑄0 . Prima
dell’inserimento il potenziale del plasma era nullo, a meno di perturbazioni
dovute al non equilibrio termico, ora però la nuova carica cambia le cose: le
cariche che hanno la stessa polarità di 𝑄0 saranno respinte e le cariche opposte
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attratte. L’inserimento di questa carica modifica la distribuzione di cariche nel
volume e, quindi, il potenziale non sarà più nullo. Questo nuovo potenziale del
volume sarà dato dalla somma del potenziale proprio della carica 𝑄0 più il
potenziale dovuto allo spostamento delle cariche che erano già nel volume. Ora
proprio lo spostamento delle cariche del volume per fare spazio alla nuova carica
è l’effetto di schermatura, perché tale riassestamento riduce l’efficacia di
attrazione e repulsione che avrebbe 𝑄0 se si avvicinasse ad una singola carica. Se
si aggiunge uno ione in un plasma inizialmente neutro, tutti gli elettroni del
plasma si metteranno attorno allo ione, mentre gli ioni del plasma si
allontaneranno. La carica netta attorno allo ione appena inserito sarà negativa,
ottenendo un effetto di schermo dello ione: la lunghezza di Debye πœ†π· ribadisce che
se si guarda il volume da una distanza maggiore di essa, allora il plasma
globalmente può essere considerato quasi-neutro. In buona sostanza, l’effetto
dello ione appena inserito è stato schermato e, lontano da esso, non vi è possibilità
di accorgersene. Se invece si osserva il plasma da distanze minori della distanza
di Debye, allora non si può dire che globalmente il plasma è quasi neutro.
Precisamente, nello studio dei plasmi la distanza dalla carica perturbante per cui
l’energia potenziale elettrica uguaglierà l’energia cinetica termica viene detta
lunghezza di Debye e si dimostra che
πœ€0 π‘˜π΅ 𝑇𝑉
πœ†π· = √
.
π‘π‘ž 2
Si conclude che la lunghezza 𝑙 è proporzionale a quella di Debye πœ†π· , secondo la
relazione
4πœ‹πœ€0 π‘˜π΅ 𝑇𝑉
𝑙=√
= 2√πœ‹πœ†π· ,
π‘π‘ž 2
12
che, tra le quattro possibili scelte, rappresenta quella valida.
Si osserva, infine, che la costante di Boltzmann π‘˜π΅ è una costante dimensionale
che stabilisce la corrispondenza tra grandezze della Meccanica Statistica e
grandezze della Termodinamica e che vale
π‘˜π΅ = 1.3806488 βˆ™ 10−23
13
𝐽
.
𝐾
5) Un grande fiasco dalle pareti molto spesse ha un collo molto lungo al centro del
quale è incastrato un tappo di sughero. Il fiasco contiene un gas ideale la cui
pressione è misurata tramite un manometro. Inizialmente, la pressione interna
vale 𝑃1 , di poco superiore a quella atmosferica π‘ƒπ‘Ž , ed essendo il fiasco rimasto da
molto tempo in tali condizioni si può ritenere che la temperatura interna sia pari
a quella dell’ambiente. Ad un dato istante, il tappo si smuove e si riposiziona
rapidamente lungo il collo del fiasco rimanendo quindi nuovamente incastrato a
poca distanza dalla sua posizione iniziale. Si osserva che la pressione interna
subito dopo lo spostamento del tappo uguaglia la pressione atmosferica 𝑃2 = π‘ƒπ‘Ž ,
ma attendendo molto tempo si stabilizza ad un valore diverso 𝑃3 . Si discuta come
schematizzare le trasformazioni termodinamiche subite dal gas all’interno del
fiasco e, in particolare, se e come dalla conoscenza dei valori 𝑃1 , 𝑃2 e 𝑃3 si può
determinare il rapporto 𝛾 tra il calore specifico del gas a pressione costante e
quello a volume costante.
Se si indicano 𝑛 le moli di gas presenti nel fiasco, è evidente che in ogni stato
termodinamico della trasformazione proposta debba valere l’equazione
𝑝𝑉 = 𝑛𝑅𝑇 ,
in cui è evidente il significato dei simboli adoperati.
ο‚· π‘†π‘‘π‘Žπ‘‘π‘œ 1
Quando il gas non ha ancora spostato il tappo, il sistema si può descrivere per
mezzo dei tre valori
𝑝1 = 𝑃1 , 𝑉1 =
π‘›π‘…π‘‡π‘Ž
, 𝑇1 = π‘‡π‘Ž ,
𝑃1
14
in cui π‘‡π‘Ž rappresenta la temperatura ambiente.
ο‚· π‘†π‘‘π‘Žπ‘‘π‘œ 2
Quando il tappo si è mosso, il volume, anche se di poco, è aumentato, per cui si ha
𝑝2 = π‘ƒπ‘Ž , 𝑉2 =
𝑛𝑅𝑇2
> 𝑉1 , 𝑇2 =? ,
𝑃1
in cui la nuova temperatura 𝑇2 è incognita. Per calcolarla, essendo spesse le pareti
del fiasco, si può considerare un’espansione adiabatica, cioè senza scambio di
calore con l’ambiente esterno, e quindi scrivere
𝛾
𝛾
𝑃2 𝑉1 = 𝑃2 𝑉2 ,
essendo 𝛾 il rapporto tra il calore specifico (molare) del gas a pressione costante
e quello a volume costante. Discende che
𝑃1 1/𝛾 π‘›π‘…π‘‡π‘Ž 𝑃1 1/𝛾
𝑃1 1/𝛾
𝑉2 = 𝑉1 ( ) =
→ 𝑇2 = π‘‡π‘Ž ( ) > π‘‡π‘Ž .
( )
π‘ƒπ‘Ž
𝑃1 π‘ƒπ‘Ž
π‘ƒπ‘Ž
ο‚· π‘†π‘‘π‘Žπ‘‘π‘œ 3
Il tappo, raggiunta la nuova posizione, non si sposta più. Ciò vuol dire che la
seconda trasformazione è isocora, cioè a volume costante, e pertanto
π‘›π‘…π‘‡π‘Ž 𝑃1 1/𝛾
𝑃3 𝑉3
𝑃3 𝑃1 1/𝛾
𝑝3 = 𝑃3 , 𝑉3 =
= π‘‡π‘Ž ( ) .
( ) > 𝑉1 , 𝑇3 =
𝑃1 π‘ƒπ‘Ž
𝑛𝑅
𝑃1 π‘ƒπ‘Ž
Per giungere al terzo stato il fiasco è rimasto molto tempo in queste condizioni e
si può ritenere che la temperatura interna sia pari a quella dell’ambiente, vale a
scrivere
15
𝑇3 = π‘‡π‘Ž → 𝛾 =
ln 𝑃1 − ln π‘ƒπ‘Ž
<1.
ln 𝑃1 − ln 𝑃3
Le trasformazioni sono descritte nella figura seguente nel piano di Clapeyron.
16
6) Si osserva un sistema costituito da due stelle, una visibile e l’altra no, soggette
alla reciproca forza gravitazionale. Della stella visibile si misurano la velocità di
rivoluzione 𝑣 = 270 π‘˜π‘š/𝑠 e il periodo di rivoluzione 𝑇 = 1.7 π‘”π‘–π‘œπ‘Ÿπ‘›π‘– e la massa
π‘š1 = 6𝑀𝑆 (dove 𝑀𝑆 = 2 βˆ™ 1030 π‘˜π‘” è la massa solare). Determinare la massa della
stella oscura, supponendo orbite circolari per le stelle, in unità di masse solari e
alla prima cifra significativa. Si assuma che il centro di massa del sistema delle due
stelle sia in quiete. Se necessario, potete considerare come valore numerico per la
costante di Newton 𝐺 = 6.7 βˆ™ 10−11 π‘š3 π‘˜π‘”−1 𝑠 −2 .
Si supponga che le due stelle abbiano masse π‘š1 = 6𝑀𝑠 e π‘š2 = 𝛼𝑀𝑠 e siano poste
alle distanza π‘Ÿ1 e π‘Ÿ2 dal centro di massa, rispettivamente, come mostra la figura
che segue.
La distanza π‘Ÿ1 è nota, essendo
𝑣1 = 𝑣 =
2πœ‹π‘Ÿ1
𝑣𝑇
→ π‘Ÿ1 =
.
𝑇
2πœ‹
17
Inoltre, dato che per le due stelle la velocitàangolare è la stessa, si può scrivere
π‘š1 πœ”2 π‘Ÿ1 = π‘š2 πœ”2 π‘Ÿ2 → 6π‘Ÿ1 = π›Όπ‘Ÿ2 → π‘Ÿ2 =
6
π‘Ÿ .
𝛼 1
Imponendo, ad esempio, l’equilibrio centrifugo sulla prima stella, risulta
π‘š1 πœ”2 π‘Ÿ1 = 𝐺
π‘š1 π‘š2
→ πœ”2 π‘Ÿ13 = 𝐺𝑀𝑆
2
(π‘Ÿ1 + π‘Ÿ2 )
𝛼
6 2
(1 + 𝛼 )
,
in cui l’unica quantità incognita è 𝛼, che definisce la massa della seconda stella.
Separando i termini noti dall’incognita, si ottiene
πœ”2 π‘Ÿ13
𝛼3
πœ”2 π‘Ÿ13
𝑇𝑣 3
3
2
(𝛼 + 6) =
(𝛼 + 6)2 .
=
→ 𝛼 =
2
(𝛼 + 6)
𝐺𝑀𝑠
𝐺𝑀𝑆
2πœ‹πΊπ‘€π‘†
Si tratta di un’equazione di terzo grado, che ora verrà numericamente discussa.
Sapendo che
𝑇 = 146 880 𝑠 , 𝑣 = 270 000
si può ricavare il valore della costante adimensionale
𝑇𝑣 3
≅ 3.434 ,
2πœ‹πΊπ‘€π‘†
da cui discende l’equazione cubica
18
π‘š
,
𝑠
𝛼 3 ≅ 3.434(𝛼 + 6)2 ,
che presenta due radici complesse e coniugate e l’unica radice reale
𝛼 ≅ 9.297 .
La figura che segue mostra che la funzione a primo membro 𝑦 = 𝛼 3 in blu e la
funzione al secondo membro 𝑦 = 3.434(𝛼 + 6)2 in rosso si incontrano in un solo
punto, che rappresenta la soluzione reale dell’equazione di terzo grado.
In definitiva, la massa della stella oscura, in unità di masse solari ed approssimata
alla prima cifra decimale, vale
π‘š2 ≅ 9.3𝑀𝑆 ≅ 1.86 βˆ™ 1031 π‘˜π‘” .
19
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