Giovanni Fattori nacque il 6 settembre 1825 a Livorno, e qui compì i primi studi artistici sotto la
guida del livornese Giuseppe Baldini.
Nel 1846 si stabilì a Firenze e frequentò la scuola di Giuseppe Bezzuoli e, dall'anno successivo,
l'Accademia di Belle Arti. Visse i fermenti rivoluzionari del 1848 partecipando all'attività
clandestina. Dal 1850 prese a frequentare il Caffè Michelangiolo, pur mantenendosi in una
posizione appartata rispetto alle ricerche collettive di quegli anni.
I suoi interessi erano allora rivolti ai temi storici e letterari e la ricerca formale, condotta sulla
nitidezza di segno con forti contrasti tonali, ebbe la sua tappa più significativa nella Maria Stuarda
al campo di Crookstone (1858-1861, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti).
A quel tempo l'artista lavorava anche a Il campo italiano durante la battaglia di Magenta (Firenze,
Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti) e nel 1859 aveva ritratto i soldati francesi del corpo di
spedizione di G. Bonaparte, prove iniziali della pittura di "macchia", risolte con abbreviate
scansioni cromatiche.
Al 1859 risalgono anche i primi contatti con il pittore romano Nino Costa che lo spinse a seguire
con maggior convinzione la via del Realismo.
Nel 1863, per ragioni finanziarie e a causa della malattia della moglie, tornò a vivere a Livorno: qui
lavorò alla tela della “Battaglia di Montebello” (1864, Livorno, Museo Civico G. Fattori) ed eseguì
ritratti di familiari e amici; nello stesso periodo si dedicava a soggetti campestri, come le
“Acquaiole livornesi” (1865, coll. privata) e Le macchiaiole (1865, coll. privata) dove appare
pienamente espressa la sua poetica, nella solenne pacatezza delle composizioni e nell'attenta
osservazione del dato naturale.
Agli anni livornesi risalgono anche le tavolette di minor formato, come La rotonda di Palmieri
(1866, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), che costituisce l'esempio più alto delle
capacità di equilibrio e sintesi nelle impressioni dal vero.
Nel 1867, poco dopo la morte della moglie, fu per la prima volta ospite di Diego Martelli a
Castiglioncello dove rinsaldò un proficuo rapporto con altri pittori macchiaioli, in particolare con
Beppe Abbati, Raffaello Sernesi e Odoardo Borrani; da questo momento compaiono i soggetti che
saranno poi più frequenti nella sua produzione fino alla vecchiaia: i contadini al lavoro, i bovi
bianchi al carro, i cavalli al pascolo (Bovi al carro, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo
Pitti). Iniziava il decennio più sereno della sua vita, ricco di risultati e di riconoscimenti: nel 1868
ottenne il premio del concorso Berti per “L'assalto alla Madonna della Scoperta” (Livorno, Museo
Civico G. Fattori) e nel 1869 ebbe la prima nomina di docente presso l'Accademia fiorentina. Nel
1872 fu per la prima volta a Roma, dove espose alla Società Amatori e Cultori ed eseguì numerosi
studi che utilizzerà in seguito in diversi quadri, fra gli altri nel “Mercato di cavalli a Piazza
Montanara”.
È di questo periodo un nuovo mutamento formale, basato sul ravvicinamento e il rafforzamento dei
valori prospettici e su semplificate stesure di colore.
Nel 1875 soggiornò per circa un mese a Parigi dove ebbe modo di incontrare diversi artisti,
interessato soprattutto alle ricerche tonali delle opere tarde di Camille Corot. In seguito accettò
spesso l'ospitalità di amici per soggiornare e lavorare in campagna, presso il pittore Francesco Gioli
a Fauglia nella campagna pisana, nella casa di Diego Martelli a Castiglioncello e, nel 1882, nella
tenuta del principe Corsini in Maremma, presso Grosseto; qui colse numerosi studi sul lavoro dei
butteri, motivo che diverrà quasi essenziale nella sua opera successiva, sia dipinta che incisa.
Proseguiva frattanto la realizzazione di soggetti militari sia di grandi dimensioni per la
committenza pubblica (“La battaglia di Custoza”, 1876-1880, Roma, Galleria Nazionale d'Arte
Moderna), sia in composizioni ridotte. Nel 1883 fu incaricato dalla Società Promotrice di Belle Arti
di Firenze di eseguire la grande acquaforte di “La Carica di Cavalleria”, copia fedele di un suo
dipinto di dieci anni prima, esposto con successo in quella sede. Nel 1884 realizzò la tiratura di 20
litografie presso la Cromo-Lito Pistoiese.
Era frattanto iniziata la relazione con Anna Bigazzi, che nel 1891 diverrà sua moglie e che Fattori
ritrasse nel celebre quadro della Galleria d'Arte Moderna di Firenze e in una piccola acquaforte. Gli
anni Novanta furono segnati da una intensa attività artistica, documentata da un gran numero di
opere, anche incise, presentate alle mostre; in esse si avverte l'accentuarsi dei toni amari e
pessimistici e il ricorrere più frequente ai temi di denuncia sociale.
Concorsero a questo incupimento dell'ispirazione la caduta degli ideali risorgimentali e
l'indignazione per la svolta reazionaria nella politica italiana; inoltre, il sentimento di distacco dalle
correnti artistiche contemporanee, che lo indusse fra l'altro a polemizzare con alcuni dei suoi allievi,
sostenitori del Divisionismo; infine la scomparsa, nel 1896, dell'amico Diego Martelli.
Nel 1900 all'Esposizione Universale di Parigi gli venne assegnata la medaglia d'oro per l'incisione
“Bovi al carro in Maremma”.
Nel 1901 fu nominato membro della Commissione artistica della Calcografia Nazionale, carica
ricoperta anche nel 1905.
Il persistere del suo interesse per l'incisione fino agli ultimi anni della vita è testimoniato sia da due
piccole lastre del 1905 (La vacchina n. 26) e del 1907 (I due amici), sia dalle tirature non numerate,
ma eseguite sotto il suo controllo: una cartella edita prima del 1903, in pochi esemplari,
comprendente la maggior parte delle sue incisioni, e altre due ristampe, quasi complete, edite fra il
1907 e il 1908 (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Livorno, Museo Civico G.
Fattori).
L'artista morì a Firenze il 30 agosto 1908. Le lastre trovate nel suo studio e passate in eredità
all'allievo Giovanni Malesci, furono sigillate sotto il controllo della Galleria degli Uffizi. Nel 1925,
primo centenario della nascita dell'artista, l'erede donò agli Uffizi 164 lastre fattoriane dalle quali, in
quell'occasione, fu realizzata una tiratura in 50 esemplari dall'editore Benaglia di Firenze. Nel
cinquantesimo anniversario della morte dell'artista la Calcografia Nazionale curò un'altra edizione
delle sue stampe in 10 esemplari, utilizzando le lastre degli Uffizi e 11 zinchi messi a disposizione
da Giovanni Malesci.