Maggio 2006 Politica economica in un’economia aperta G. Di Bartolomeo 1. Trend e ciclo economico Considerando l’evoluzione del PIL, prodotto interno lordo, ovvero il valore di quanto viene prodotto nel nostro paese o il reddito che tale prodotto produce, l’economia evolve lungo un trend (linea tratteggiata), ma in modo non uniforme secondo il cosiddetto ciclo economico (linea continua) scandito da “alti” e “bassi”. Nota con reddito, prodotto interno lordo, produzione o PIL si intende la stessa variabile. Lungo il ciclo, quando l’economia cresce “troppo” ci troviamo in fasi di boom economico o di espansione. In queste fasi tutte le risorse sono impiegate e l’inflazione tende a crescere, perché la produzione non riesce a stare dietro alla domanda comportando un aumento dei prezzi. In fasi di recessione, quando l’economia cresce “troppo poco” ossia è al di sotto del trend, la domanda è molto bassa, la produzione la soddisfa, ma per soddisfarla non impiega tutte le risorse, quindi, siamo in presenza di fenomeni di disoccupazione. Boom economico PIL Boom economico Recessione economica Recessione economica tempo Le politiche economiche, in questo contesto, sono principalmente di due tipi: 1. politiche rivolte alla crescita e le 2. politiche di stabilizzazione. Le prime fanno crescere il trend ovvero rendono la linea tratteggiata più ripida (maggior tasso di crescita). Le seconde sono rivolte a ridurre le fluttuazioni (oscillazioni attorno al trend) a stabilizzare, quindi, il sistema economico. 2. Politiche di stabilizzazione: fiscale e monetaria Noi ci occupiamo solo delle politiche di stabilizzazione, naturalmente in fasi di espansione la politica economica deve cercare di ridurre il prodotto in fasi di recessione di aumentarlo (vedi freccette). Gli strumenti che possono essere usati sono due: 1. la politica fiscale; 2. la politica monetaria. La politica fiscale consiste nella spesa pubblica che possiamo interpretare come acquisto di beni o servizi da parte dello stato. E’ evidente che un aumento della spesa pubblica (politica fiscale espansiva) aumenta il prodotto interno lordo, poiché questo misura anche il valore dei prodotti acquistati dallo stato (si ricorda che il PIL è uguale a C+I+G+E-N dove: C spesa per beni di consumo, I spesa per beni di investimento, G spesa pubblica, E spesa per i beni esportati fatta dai non residenti, N spesa per i beni importati fatta dai residenti, ovviante se aumenta G aumenta Y). Tuttavia, l’aumento di reddito dovuto all’aumento della spesa pubblica è più che proporzionale perché l’aumento della spesa pubblica di G aumenta il PIL di più di G stimolando anche i consumi privati C che aumentano per via del processo del moltiplicatore. Gli effetti della politica fiscale sono un aumento del reddito e del tasso di interesse. Il tasso di interesse aumenta perché si domanda più moneta per sostenere la maggior spesa e quindi meno titoli, ciò comporta un aumento del prezzo della moneta e una riduzione del prezzo dei titoli ovvero un aumento del tasso di interesse. Una politica fiscale restrittiva consiste in una riduzione della spesa di beni acquistati da parte dello stato e comporta una riduzione del reddito e del tasso di interesse. I motivi sono simmetrici a quelli sopra esposti. La politica monetaria espansiva comporta un aumento della quantità di moneta che data l’equazione quantitativa Y P = M v, poiché nel breve periodo possiamo considerare i prezzi (P) e la velocità di circolazione della moneta (v) come dati, comporta un aumento del reddito. Un aumento della quantità di moneta comporterà un aumento del reddito e una riduzione del tasso di interesse. Il tasso di interesse si riduce perché l’aumento della quantità di moneta comporta un eccesso di offerta sul mercato monetario e quindi un eccesso di domanda su quello dei titoli, tutti vogliono scambiare titoli con moneta, il prezzo della moneta va giù quello dei titoli va su (ovvero si riduce il tasso di interesse) il più basso tasso di interesse stimola la spesa in beni di investimento (I) e quindi aumenta il reddito. Una politica monetaria restrittiva consiste in una riduzione della quantità di moneta e comporta una riduzione del reddito ed un aumento del tasso di interesse. I motivi sono simmetrici a quelli sopra esposti. Le politiche di stabilizzazione, come detto, sono rivolte a ridurre le fluttuazioni (tecnicamente si dice a ridurre la volatilità del ciclo economico). Per stabilizzare l’economia è evidente che nelle fasi di boom occorrono politiche monetarie o fiscali restrittive (frecce verso il basso ovvero riduzioni del PIL) mentre nelle fasi di recessione espansive (frecce verso l’alto ovvero aumenti del PIL). Tavola riassuntiva Politica fiscale espansiva (+G) Politica monetaria espansiva (+M) Reddito aumenta aumenta Tasso di interesse aumenta si riduce 3. Efficacia delle politiche di stabilizzazione in una economia aperta In un’economia aperta, con alta mobilità dei capitali, l’efficacia delle politiche dipende dal regime di cambio. Si noti che una politica monetaria espansiva comporta una riduzione del tasso di interesse, quindi, un deflusso di capitali e un deficit della bilancia dei pagamenti. D’altro canto una politica fiscale espansiva comporta un aumento del tasso di interesse e quindi un afflusso di capitali e il surplus della bilancia dei pagamenti. Consideriamo un regime di cambi flessibili nel caso di una recessione economica: per stabilizzare l’economia occorre aumentare il PIL. Tenendo bene a mente il punto precedente, una politica fiscale espansiva aumenta il reddito, ma crea un surplus della bilancia dei pagamenti. Il surplus della bilancia dei pagamenti, come dovreste sapere, comporta un deprezzamento (apprezzamento) della valuta estera (nazionale), vedi aggiustamento automatico della bilancia dei pagamenti. L’apprezzamento comporta una perdita di competitività che riduce il reddito, riducendo le esportazioni ed aumentando le importazioni, vanificando, quindi, gli effetti della politica fiscale. Se invece si utilizza la politica monetaria per incrementare il PIL, questa comporta un deficit della bilancia dei pagamenti, un deprezzamento della valuta nazionale con conseguente miglioramento della competitività che, quindi, sostiene la politica monetaria espansiva. Riassumendo, per stabilizzare l’economia, in un regime di cambi flessibili, la politica fiscale non è efficace, perché comporta un apprezzamento del cambio che ne vanifica gli effetti espansivi; quella monetaria è efficace, perché, facendo diminuire il tasso di interesse, è associata al deprezzamento del cambio. Consideriamo ora un regime di cambi fissi nel caso di una recessione economica: per stabilizzare l’economia occorre aumentare il PIL. La politica fiscale espansiva aumenta il reddito e, come prima, tende a creare un surplus della bilancia dei pagamenti ovvero un eccesso di offerta di valuta estera. Per mantenere il cambio fisso la banca centrale deve acquistare l’eccesso di offerta di valuta straniera, quindi, metterà in circolazione valuta nazionale (aumenta M) e ridurrà la circolazione della valuta estera, ciò comporta un ulteriore incremento del PIL. In altri termini in un regime di cambi fissi la politica fiscale è efficace, perché sostenendo un surplus tendenziale, impone alla banca centrale di intervenire con politiche monetarie, a loro volta, espansive per mantenere il cambio fisso. La politica monetaria espansiva (aumento di M) per aumentare il reddito crea invece un deficit della bilancia dei pagamenti, un eccesso di domanda di valuta estera. Per evitare l’apprezzamento della valuta estera la banca centrale deve “offrire valuta estera” a chi la domanda in eccesso. Vende valuta estera e compra valuta nazionale (riduzione di M) riducendo il reddito, comprare valuta nazionale equivale a fare una politica monetaria restrittiva che vanifica la politica espansiva iniziale. Riassumendo, per stabilizzare l’economia, in un regime di cambi fissi, la politica fiscale è efficace perché, per mantenere il cambio fisso, stimola a sua volta una politica monetaria espansiva; quella monetaria non lo è perché deve essere utilizzata per stabilizzare il cambio. Tavola riassuntiva Politica fiscale Politica monetaria Cambi flessibili Non efficace Efficace Cambi fissi Efficace Non efficace Nota sul prezzo dei titoli e della moneta. Quando si parla di un titolo si parla raramente del suo prezzo e spesso dell’interesse che rende, le due cose sono speculari. Il prezzo di un titolo è, infatti, inversamente proporzionale al tasso di interesse che il titolo rende. In termini molto informali, un titolo da titolo a ricevere dopo un certo periodo di tempo una certa somma prestata ed un tasso di interesse. Più è alto è il tasso di interesse maggiore è il vantaggio per chi lo acquista e quindi minore il prezzo implicito. Il costo di detenere moneta è il tasso di interesse, se detengo moneta non detengo titoli e quindi non guadagno il tasso di interesse. In questi termini, si parla di costo opportunità (mancato guadagno) del detenere moneta. Se il tasso di interesse è alto la moneta costa tanto (in termini di mancato guadagno) quindi il suo prezzo è alto e viceversa quando il tasso è basso.