d. storia sarda per la quinta elementare

STORIA SARDA NELLA SCUOLA ITALIANA
SCUOLA PRIMARIA - CLASSE QUINTA
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TRE POPOLI STRANIERI IN SARDEGNA
Ripassiamo la civiltà nuragica
Lo scorso anno abbiamo studiato la civiltà nuragica.
Abbiamo detto che essa si sviluppò a partire dal 1.600 a.C. e che
raggiunse il suo massimo splendore tra il 1.500 a.C. e il 1.000 a.C.
In questi secoli, in Sardegna furono costruiti circa 7.000 nuraghi e la
nostra isola fu al centro di scambi commerciali con tutto il Mar
Mediterraneo. I nuragici svolgevano diverse attività economiche, erano
abili nel lavorare i metalli e, oltre ai nuraghi, costruirono edifici
grandiosi come le Tombe dei Giganti o i pozzi sacri. I nuraghi e questi
edifici erano tanto imponenti che si sono conservati fino a noi e
rappresentano la base di tutti gli studi su quei tempi lontani.
Abbiamo anche detto che dopo il 900 a.C., la civiltà nuragica entrò in
una nuova fase. Non si costruirono più nuovi nuraghi, l’uso del bronzo
fu affiancato dall’uso del ferro, la società cambiò e alcune famiglie
divennero più importanti di altre. In quel periodo i nostri antenati
furono ancora capaci di creare opere eccezionali, come ad esempio i
Giganti di Monte Prama.
L’arrivo dei Cartaginesi, che conquistarono la Sardegna, pose però fine
all’epoca dei nuraghi e la Storia della nostra isola entrò, intorno al 500
a.C., in una fase completamente nuova.
Osserva qui sotto la linea del tempo.
Essa riassume chiaramente le tappe più importanti del periodo
nuragico.
1.600 a.C. - ETÀ DEL BRONZO
900 a.C. - ETÀ DEL
FERRO
500 a.C.
PERIODO NURAGICO
STUDIARE - Quali sono la data d’inizio e la data di conclusione della Storia della
civiltà nuragica?
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Fenici, Cartaginesi e Romani
Prima ancora di scontrarsi con i Cartaginesi, i nuragici ebbero rapporti
stretti con i Fenici. Più tardi, finita la dominazione cartaginese, la
Sardegna fu conquistata dai Romani.
Facciamo adesso un po’ di chiarezza su questi tre popoli:
- i Fenici ebbero rapporti importanti con la Sardegna già prima del 1.000
a.C.
- i Cartaginesi sbarcarono in Sardegna dopo il 600 a.C. e conquistarono
e controllarono la nostra isola fino al 238 a.C.
- i Romani sconfissero i Cartaginesi e presero il loro posto in Sardegna. Il
dominio dei Romani sui Sardi iniziò nel 238 a.C. e finì nel 455 d.C. Fu
insomma un dominio che durò circa sette secoli: un periodo di tempo
lunghissimo!
Nell’insieme i rapporti tra i Sardi e questi tre popoli durarono quasi un
millennio e mezzo.
Al principio di quest’epoca, quando i Fenici incontrarono i Sardi, la
civiltà nuragica era al massimo dello splendore. Alla fine di questo
periodo, invece, quando i Romani lasciarono la Sardegna, la civiltà
nuragica era solo un lontano ricordo.
La Sardegna era molto cambiata.
L’Italia e le terre che si affacciavano sul Mar Mediterraneo erano molto
cambiate.
Il mondo intero era cambiato!
Anche in questo caso, la linea del tempo ti aiuterà a capire meglio i
rapporti tra i Sardi e i tre popoli stranieri che abbiamo appena
nominato.
1.000 a.C.
509 a.C.
238 a.C. - 455 d.C.
FENICI
CARTAGINESI
ROMANI
STUDIARE - Quali sono le date d’inizio e di conclusione delle dominazioni
cartaginese e romana in Sardegna?
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I FENICI
Chi erano i Fenici?
I Fenici vivevano sulle coste del Mediterraneo orientale, in quella
regione che oggi chiamiamo Libano.
La civiltà dei Fenici si sviluppò al massimo tra il 1.200 a.C. e il 700 a.C.
I Fenici erano molto ricchi. Poiché questo popolo occupava una striscia
di terra sottile, proprio sulla costa, tale ricchezza non veniva
dall’agricoltura, dall’allevamento o dalla guerra contro altri popoli
dell’Asia. I Fenici guadagnarono la loro ricchezza con il commercio
marittimo.
Divennero cioè esperti navigatori, imparando a navigare in mare aperto
o di notte, con l’aiuto delle stelle, e presero a scambiare le merci con
altri popoli del Mediterraneo. Vendevano legname, metalli, stoffe di
lino e di lana, ceramiche, gioielli, e acquistavano prodotti che a loro
mancavano.
COLLEGAMENTI - Geografia: in quale parte del Mediterraneo si trova il Libano?
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In più, si stabilirono in terre straniere assai lontane dalla loro patria.
Come puoi vedere nella carta della pagina precedente, partivano da
Biblo, Sidone e Tiro, le loro città in Libano, e sbarcavano a centinaia o
migliaia di chilometri di distanza, dove fondavano delle colonie. I
commerci tra le città fenicie del Libano e queste colonie erano molto
intensi.
Nel corso dei secoli, i Fenici crearono una rete assai vasta di colonie.
Osserva la carta: esse si trovavano in Spagna, in Sicilia, in Africa
settentrionale e in Sardegna.
Le colonie fenicie in Sardegna
I Fenici giunsero sulle coste
occidentali e meridionali della
Sardegna già prima del 1.000
a.C. e, come avevano fatto
con tanti altri popoli del
Mediterraneo, iniziarono a
commerciare anche con gli
abitanti dell’isola. I Fenici non
cercavano di conquistare le
terre in cui sbarcavano e si
accontentavano di scambiare
le merci con chi abitava in quei
luoghi.
Con il passare del tempo, i
Fenici fondavano degli
empori, cioè dei piccoli
mercati con magazzini e
qualche abitazione per i
mercanti.
Più tardi, alcuni di questi
empori si trasformavano in
vere città. Essi accoglievano
infatti un numero sempre
maggiore di famiglie,
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che lasciavano la loro patria, in Libano, per stabilirsi altrove.
I luoghi scelti per fondare queste colonie avevano caratteristiche
particolari. Erano in genere promontori sul mare, con piccole
insenature riparate o lagune, che permettevano alle navi di approdare a
terra senza pericolo.
In questo modo sulle coste della Sardegna nacquero diverse colonie.
Tra le più importanti, ricordiamo:
- Karalis, che oggi si chiama Cagliari;
- Nora, che oggi si chiama Pula;
- Sulki, che oggi è Sant’Antioco;
- Tharros, di cui oggi rimangono le rovine antiche;
- Bithia, che oggi è Domus de Maria;
- Othoca, divenuta poi Santa Giusta.
In queste località esistevano già dei villaggi nuragici, che si
trasformarono in città solo dopo l’arrivo dei Fenici. Come vedi,
insomma, tante città sarde di oggi hanno alle spalle una Storia lunga
millenni!
Le città fenicie
Ora guarda l’immagine. È la pianta della città fenicia di Monte Sirai,
vicino a Carbonia.
Te la mostriamo perché è l’unico esempio di centro abitato che ha
conservato l’aspetto che aveva al tempo dei Fenici e dei Cartaginesi.
Tutte le altre città fondate in Sardegna da queste due popolazioni
furono profondamente modificate dai Romani.
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Come vedi, Monte Sirai è molto diverso dai villaggi nuragici.
Puoi notare veri e propri quartieri d’abitazione, strade che separano i
quartieri gli uni dagli altri, una piazza e un tempio.
Un particolare molto importante è questo: le case non avevano forma
circolare, come le capanne nuragiche, ma forma quadrangolare.
Nell’immagine vedi chiaramente com’era costruita la casa fenicia: non
si usavano le grandi pietre tipiche dell’epoca nuragica, i muri venivano
intonacati, il tetto era piatto.
Rispetto all’epoca precedente, erano diversi anche gli usi funerari:
i defunti
venivano
cremati e le
loro ceneri
erano deposte
in urne.
È il segno di
quanto
fossero
cambiati i
tempi in
Sardegna nel
passaggio
dalla civiltà
nuragica a
quella fenicia.
I Fenici e i
nuragici
Le colonie fondate dai Fenici sulle coste del Mar Mediterraneo erano
indipendenti dalle città fenicie del Libano.
Cosa significa quest’affermazione? Possiamo capirlo con un esempio.
Un gruppo di abitanti di Tiro o di Sidone lasciava il Libano e creava una
STUDIARE - Quali erano le caratteristiche della casa fenicia in Sardegna e quali
differenze presentava rispetto alle antiche capanne nuragiche?
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colonia in Sicilia o in Spagna. I rapporti tra la città d’origine e la colonia
erano molto stretti, ma la colonia si comportava
in modo libero: non era costretta a obbedire alla
città d’origine e faceva le scelte che sembravano
migliori alla sua popolazione. Essa conservava
comunque la lingua, la religione e la cultura del
luogo da cui proveniva.
I rapporti erano buoni anche tra i Fenici delle
colonie e gli abitanti delle terre colonizzate. Come
abbiamo detto, ai Fenici interessava soprattutto
commerciare: non combattevano le popolazioni
locali e i rapporti reciproci erano perciò pacifici.
I secoli in cui i Fenici si stabilirono in Sardegna
furono gli ultimi secoli della grande civiltà
nuragica.
Come vissero insieme i Fenici e i nuragici?
Fenici e nuragici commerciavano strettamente tra
loro: lo scambio era intenso e continuo. I nuragici
si dedicavano infatti all’agricoltura,
all’allevamento, all’artigianato e vendevano i loro
prodotti agli abitanti stranieri delle coste.
È naturale ed è molto probabile che famiglie
fenicie e famiglie nuragiche abbiano stretto
rapporti anche attraverso i matrimoni. Le nozze
hanno sempre contribuito, nella storia, al
mescolamento dei popoli.
L’alfabeto e la Stele di Nora
Dobbiamo ricordare una cosa importante
riguardante i Fenici.
Essi inventarono l’alfabeto, probabilmente perché
grazie a esso era più facile commerciare, fare
l’inventario del magazzino, concludere accordi tra
chi comprava e chi vendeva.
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L’alfabeto fenicio era composto in un primo momento solo di
consonanti e su di esso, con le modifiche portate dal tempo, è basata
anche la nostra scrittura d’oggi.
Per capire com’era fatto, confrontalo con l’alfabeto latino: vedi le
lettere, affiancate una per una, nella figura della pagina accanto. I
Fenici portarono in Sardegna il loro alfabeto e la loro scrittura, che
andava da destra a sinistra.
Ora osserva l’immagine. Ritrae un
importante reperto archeologico: la
Stele di Nora, così chiamata dal
luogo in cui fu trovata. Fu incisa in
un periodo compreso tra il IX e l’VIII
secolo a.C. ed è un esempio di
scrittura fenicia. Secondo gli esperti,
può avere due significati: forse
racconta una spedizione fenicia in
terra straniera o forse parla di una
divinità di quell’antico popolo.
Non lo sappiamo con precisione.
Sappiamo però con certezza che
essa testimonia la presenza della
scrittura in Sardegna in quell’epoca
così lontana.
Puoi infatti leggere su di essa le
lettere SRDN, cioè “Sardegna”: si
trovano nella terza riga dall’alto e le
abbiamo evidenziate. Secondo gli
studiosi, questa è la testimonianza
più antica del nome della nostra isola.
La Stele di Nora è importante anche per un altro motivo.
Come sai, noi dividiamo la Preistoria dalla Storia in base a un fatto
fondamentale: l’uso della scrittura. Quindi, all’epoca dei Fenici la
Sardegna passò dalla Preistoria alla Storia.
LE PAROLE - Alfabeto: viene dall’unione di “alfa” e “beta”, le prime due lettere
dell’antico alfabeto greco.
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I CARTAGINESI
Una nuova tappa nella storia
I rapporti tra i Sardi nuragici e i Fenici, come abbiamo detto, furono
pacifici.
Le cose cambiarono completamente all’arrivo dei Cartaginesi: per
questo, secondo gli studiosi, proprio l’incontro con i Cartaginesi portò
alla fine della civiltà nuragica.
Provate a ricordare cosa abbiamo detto lo scorso anno.
La civiltà nuragica ebbe termine intorno al 500 a.C., esattamente il
tempo in cui i Cartaginesi si stabilirono in Sardegna.
Chi erano e che cosa accadde?
I Cartaginesi: un impero di mercanti
I Cartaginesi erano gli abitanti di Cartagine, che noi chiamiamo anche
Punici perché questo è il nome con cui venivano chiamati dagli antichi
Romani.
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Cartagine era situata sulle coste settentrionali dell’Africa, là dove oggi
si trova la moderna Tunisi. Fu fondata nell’814 a.C. proprio dai Fenici:
per la precisione, da coloni provenienti dalla città di Tiro.
Cartagine crebbe, come ogni altra colonia fenicia, sviluppando i
commerci marittimi: i suoi abitanti erano infatti eccellenti navigatori e
mercanti molto bravi. L’immagine sopra mostra una ricostruzione della
città ed evidenzia quanto era grande e prospera.
A differenza di altre colonie fenicie, Cartagine non si accontentò però di
quello che aveva. I suoi cittadini non volevano solo essere ricchi.
Volevano anche diventare potenti. Per questo iniziarono a
sottomettere le altre città fenicie del Mediterraneo occidentale e a
creare nuove colonie.
Al contrario delle vecchie colonie fenicie, che erano autonome dalla
città madre, le colonie puniche dipendevano direttamente da Cartagine
e non erano libere di fare le scelte che preferivano. Esse obbedivano
alla città-madre, che le aveva fondate.
Quando fondavano una colonia, poi, i Cartaginesi non si limitavano a
commerciare con i popoli che abitavano nelle terre in cui essi erano
sbarcati. Facevano di tutto per controllare il territorio di quei popoli
e sfruttare le loro ricchezze.
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In questo
modo, come
vedi dalla
carta, i
Cartaginesi si
espansero col
tempo
nell’intero
Mediterraneo
occidentale,
creando un
grande
dominio, un
vero e proprio impero.
Esso entrò presto in conflitto per il controllo del Mediterraneo con
un’altra grande potenza: Roma, che sconfisse la città nordafricana nelle
celebri guerre puniche, tra il 264 a.C. e il 146 a.C. Nella foto, vedi le
rovine di Cartagine oggi.
Lo sbarco in Sardegna e le guerre con i Sardi
Dopo il 600 a.C., i Cartaginesi sbarcarono in Sardegna.
Prima di tutto si scontrarono con i Fenici, che abitavano sulle coste
della nostra isola da secoli.
Lo scontro fu sanguinoso. Molte località fenicie vennero attaccate e
distrutte dai Cartaginesi: tra queste, c’era la località di Monte Sirai, nei
pressi di Carbonia. Altre città fenicie, invece, si allearono con i
Cartaginesi ed entrarono a far parte del loro impero, divenendo sempre
più ricche.
I Cartaginesi dovettero poi confrontarsi con i Sardi, che nel 540 a.C.
sconfissero il generale cartaginese Malco, appena sbarcato nell’isola
per prenderla sotto il suo controllo.
COLLEGAMENTI - Storia: in quale anno, secondo la leggenda, nacque la città di
Roma? E quale grande popolo era molto potente in Italia al momento della
fondazione di Roma?
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I Sardi avevano capito che i Cartaginesi costituivano un pericolo
gravissimo ed erano decisi a fermare a tutti i costi la loro avanzata
verso l’interno, perché non volevano cedere agli invasori le fertili
pianure e le ricche miniere. Malco, tornato in patria, venne esiliato e
allontanato da Cartagine per punizione.
Pochi anni dopo, i soldati di Cartagine tentarono di nuovo l’impresa.
In Sardegna sbarcarono intorno al 525 a.C. due grandi generali:
Asdrubale e Amilcare. Questa volta avanzarono verso l’interno
dell’isola e batterono ogni
opposizione. Sicuramente ci
fu una forte resistenza, ma i
Sardi avevano un esercito
meno potente dei
Cartaginesi e non riuscirono
a ricacciare gli invasori in
mare. Il disegno ti mostra un
soldato del Battaglione
Sacro, il reparto più
addestrato e capace
dell’esercito cartaginese.
Dagli antichi documenti
sappiamo che in breve la
Sardegna fu considerata da
tutti un dominio di Cartagine.
Nel 509 a.C., Cartagine firmò
un trattato con Roma che
autorizzava i Romani a
commerciare con i Sardi solo
in presenza di un funzionario
cartaginese.
Lo ripetiamo: è proprio in questa data che, secondo molti studiosi,
ebbe termine la civiltà nuragica.
Non sappiamo come di preciso ciò avvenne. Certamente, per i nostri
antenati furono avvenimenti molto dolorosi. Molti villaggi nuragici
furono distrutti e molti uomini e donne morirono.
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Gli studiosi pensano che i Giganti di Monte Prama, di cui abbiamo
parlato lo scorso anno, siano stati fatti a pezzi proprio dai Cartaginesi.
Essi volevano in questo modo cancellare la civiltà dei loro avversari e
distruggere il loro orgoglio e la loro dignità.
I Cartaginesi volevano insomma far capire ai Sardi che essi non erano
più liberi, che avevano un padrone.
La Sardegna sottomessa a Cartagine
I Fenici avevano fondato in Sardegna diverse città: come abbiamo visto,
i Cartaginesi se ne impadronirono e le accrebbero. A loro volta, poi,
diedero vita a nuovi centri urbani, popolati da famiglie che venivano da
Cartagine o dai loro discendenti.
Nacquero in questo modo le città di:
- Cornus, diventata poi Santa Caterina di Pittinuri;
- Neapolis, in territorio di Guspini;
- Macopsissa, che oggi è Macomer;
- Olbia, di cui non conosciamo il nome antico.
La Sardegna entrò in questo modo a far parte dell’impero di Cartagine
nel Mediterraneo.
Le ex colonie fenicie e le nuove colonie cartaginesi della Sardegna non
erano isolate le une dalle altre, ma erano legate da stretti rapporti.
Ognuna aveva un compito specifico, secondo le esigenze dell’impero di
Cartagine.
A Sulki arrivavano i minerali dall’interno, che venivano poi imbarcati ed
esportati verso l’Africa settentrionale. Da Tharros salpavano le navi che
portavano le merci nella penisola iberica e in Gallia. Da Karalis, le merci
s’imbarcavano per l’Etruria e la penisola italiana. A Tharros si trovava
anche la sede del governatore militare della Sardegna, con le sue
truppe.
LE PAROLE - I nomi di Neapolis e Olbia venivano entrambi dal greco. Neapolis
significava “città nuova”, mentre Olbia voleva dire “felice”. Molte colonie
fondate dagli antichi Greci ricevevano questi nomi, che ricordavano le città
d’origine ed erano beneauguranti per il nuovo centro urbano. Nonostante il
nome, però, Neapolis e Olbia nacquero per opera dei Cartaginesi.
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La città, la necropoli e il tophet
Le colonie cartaginesi erano governate da due capi chiamati “sufeti” e
da un senato, cioè un’assemblea dei cittadini più importanti, che
aiutavano i sufeti con i loro consigli.
Come le città fenicie, anche quelle fondate dai Cartaginesi si trovavano
sulla costa e su promontori marini, dove era più facile per le navi
approdare in sicurezza.
Ogni città aveva i suoi quartieri per le abitazioni, con case a più piani, e
strade su cui si affacciavano le botteghe degli artigiani. C’erano edifici
pubblici e un grande mercato.
Il tempio più importante veniva costruito nel punto più alto della città
ed era molto differente dagli antichi templi nuragici. Era costruito in
muratura e aveva forma rettangolare. Al suo interno c’erano due
piccole stanze nelle quali potevano entrare solo i sacerdoti. In esse era
conservata l’immagine della divinità alla quale il tempio era dedicato e
si trovava l’altare utilizzato per l’uccisione degli animali sacrificati alla
stessa divinità. Le carni dell’animale venivano poi consumate in un
pasto comune dai fedeli, proprio in onore degli dei.
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La zona abitata della città era limitata da mura. Oltre le mura si
trovavano la necropoli e il tophet.
La necropoli era il luogo in cui venivano sepolti i morti, come accade nei
nostri cimiteri. I defunti venivano deposti in camere sotterranee,
scavate nella roccia e nelle quali si scendeva attraverso un pozzo o una
scala. Accanto ai morti si metteva tutto ciò che poteva servirgli
nell’aldilà.
Nell’immagine della pagina precedente vedi la necropoli di Tuvixeddu, a
Cagliari: è una delle più grandi necropoli puniche del Mediterraneo e
puoi osservare l’ingresso delle tombe a pozzo in cui venivano deposti i
defunti. Il disegno qui sopra mostra invece una camera sotterranea
della necropoli di Monte Sirai e la scala di accesso. I defunti riposavano
sui banconi ai lati della camera o direttamente sul pavimento.
Il tophet infine era il luogo in cui venivano deposte le urne che
contenevano le ceneri dei bambini nati morti o morti da piccoli. Il loro
corpicino veniva bruciato proprio nel tempio del tophet, dove i
Cartaginesi svolgevano le loro celebrazioni religiose.
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Il tophet era certamente un luogo molto triste.
Nella fotografia vedi la ricostruzione del tophet di Sant’Antioco.
L’immagine mostra una sezione del tophet: come puoi osservare, le
urne venivano sepolte nel terreno fino a creare, col passare del tempo,
uno strato profondo parecchi metri.
Tra le urne sono visibili le stele funerarie: erano lastre in pietra che
mostravano scolpiti i simboli delle divinità, alle quali i Cartaginesi
dedicavano la loro preghiera. Nella foto della pagina accanto, vedi una
stele con il simbolo della dea Tanit, di cui parleremo tra poco. È stata
scoperta dagli archeologi nel tophet di Tharros.
I Sardo-punici
Le colonie puniche in Sardegna non erano chiuse in se stesse.
Come sempre è accaduto nella storia della Sardegna e di ogni altra
STUDIARE - Quale funzione aveva il tophet per gli antichi Cartaginesi?
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parte del mondo, gli uomini stringevano legami tra loro: legami d’affari
e legami familiari. Perciò, dopo il difficile periodo iniziale, si crearono
rapporti molto stretti tra i Cartaginesi e i Sardi: tanto che gli studiosi,
quando parlano della società di quel tempo, usano l’espressione
“sardo-punica”, proprio per dire che era il frutto della mescolanza tra i
due popoli.
Le prove di questa mescolanza sono parecchie. Molti villaggi nuragici
continuarono a esistere, ma le capanne circolari lasciarono il posto a
case di forma quadrata o
rettangolare.
Abbiamo già visto questa
novità parlando dei Fenici:
sotto i Cartaginesi tale uso
divenne generalizzato.
L’antica lingua dei nuragici si
arricchì di parole che
venivano dalla lingua dei
Cartaginesi e molti Sardi
incominciarono a parlare
proprio cartaginese.
Si modificarono soprattutto
le usanze religiose.
Le antiche divinità nuragiche
col tempo cambiarono nome
e presero il volto delle
divinità cartaginesi. Il culto
della Dea Madre passò nel
culto della dea Tanit, dea
della fertilità e dell’amore, mentre il Dio Padre, che i nuragici
chiamavano Babai, divenne il dio Sid, cacciatore e guaritore.
Anche Baal, divinità caratteristica del mondo orientale, entrò nel
numero delle divinità adorate dai Sardo-punici: Baal era il signore degli
dei e dell’universo.
STUDIARE - Chi era Tanit e quali rapporti c’erano tra essa e l’antica religione
nuragica?
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Dentro i nuraghi, utilizzati come luoghi di culto, gli archeologi hanno
persino trovato piccoli busti di Demetra, divinità greca dei campi e del
raccolto. E non mancavano i tempietti dedicati a Bes, dio della musica e
delle nascite, di origine egiziana.
Le divinità dei due popoli, insomma, si mescolarono e diventarono le
divinità di tutti.
Le attività economiche
Nei primi tempi
dopo la conquista
della Sardegna, i
mercanti
cartaginesi
occuparono i posti
di comando in
politica e nei
commerci.
Ai Cartaginesi
spettavano anche
i posti di comando
militare e i compiti
del sacerdote.
Molti Sardi
venivano
probabilmente
impiegati nelle
attività manuali, come la coltivazione dei campi. L’attività agricola era
infatti l’attività economica più importante dell’isola. In Sardegna si
produceva una grande quantità di grano, che poi veniva imbarcata sulle
navi e portata a Cartagine. Anche i campi erano per la maggior parte in
mano ai dominatori cartaginesi.
STUDIARE - Perché i Cartaginesi avevano tanto bisogno del grano di Sardegna?
Prima di rispondere pensa alla posizione geografica di Cartagine: ti suggerirà la
soluzione.
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L’impero punico funzionava così: le terre sottomesse dovevano fornire
i loro prodotti a Cartagine. Pensa che i Cartaginesi vietarono ai Sardi
persino di piantare alberi da frutto, proprio per obbligarli a coltivare
solo grano.
I Punici volevano insomma che la Sardegna producesse esclusivamente
a loro vantaggio.
Lo stesso accadeva per le ricchezze minerarie della nostra isola.
La Sardegna era ricca di piombo e ferro, che venivano esportati verso
Cartagine.
Altre attività economiche erano la coltivazione del lino,
l’allevamento delle pecore e dei
bovini, la pesca del tonno e
persino l’estrazione del sale.
L’artigianato era vivacissimo,
esattamente come nei secoli
precedenti, e forniva molti
prodotti bellissimi, come gli
oggetti in pasta vitrea e i gioielli
in filigrana: bracciali, orecchini,
scarabei, amuleti, collane. La
collana dell’immagine
precedente viene ad esempio
da Olbia.
Anche la maschera della
fotografia qui accanto è molto
bella. È una maschera che ride,
in terracotta, ed è stata ritrovata nel territorio di San Sperate. Al tempo
dei Cartaginesi, maschere come questa servivano a tenere gli spiriti
maligni lontani dalle tombe.
Ricordiamo infine ancora che, col tempo, il popolo dei Sardi e il popolo
dei Cartaginesi si fusero: per spiegarlo, vi mostriamo una cosa
importante.
COLLEGAMENTI - Scienze: con l’aiuto dell’insegnante, scopri cos’è e come si
fabbrica la pasta di vetro. Rispondi poi a questa domanda: è utilizzata ancora
oggi?
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I Cartaginesi introdussero in
Sardegna la moneta e questa
moneta rappresentava
entrambi i popoli.
Su una faccia della moneta
era raffigurata la testa di
Tanit, divinità che veniva da
Cartagine.
Sull’altra faccia della moneta
erano raffigurate, come puoi
vedere dalla foto, tre spighe,
il frutto dei campi della
Sardegna.
È una prova importante che,
dopo secoli di convivenza,
Sardi e Cartaginesi svilupparono una civiltà comune.
Il cuore della Sardegna
In realtà, i Cartaginesi non occuparono mai tutta la Sardegna.
Gli studiosi pensano che per lungo tempo i Cartaginesi abbiano
occupato solo la costa meridionale e occidentale dell’isola e le sue zone
pianeggianti interne.
Secondo i documenti, anzi, nella prima fase del dominio punico una
linea di confine divideva la zona occupata dai Cartaginesi dalla zona in
cui i Cartaginesi non erano riusciti a penetrare.
Qui vivevano i discendenti dei nuragici che non si erano piegati al
dominio di Cartagine. Puoi vedere questa divisione rappresentata nella
carta: il confine correva lungo le falde dei monti della Barbagia e del
Goceano.
Col tempo, poi, i Cartaginesi estesero il loro dominio fino a conquistare
tutte le coste della Sardegna. Tanto è vero che, come abbiamo detto
prima, fondarono la colonia di Olbia.
Dopo il 300 a.C. i Cartaginesi si scontrarono con i Romani per il dominio
del Mediterraneo occidentale. In questo periodo, essi controllavano
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quasi tutta la Sardegna.
Solo il cuore dell’isola, le
montagne intorno a
Nùoro, erano libere dal
dominio di Cartagine.
I Sardo-punici ebbero con
i Sardi dell’interno, nel
corso dei secoli, rapporti
contrastati.
In tante occasioni
lottarono tra loro: i Sardi
delle montagne
compivano scorrerie
verso le pianure, mentre i
Sardo-punici
organizzavano spedizioni
punitive verso l’interno.
In tanti altri casi, però, i
rapporti furono pacifici. I
Sardi delle montagne
scambiavano i loro
prodotti con i Sardo-punici: i primi acquistavano dai secondi, ad
esempio, oggetti in metallo e vendevano loro le pelli del proprio
bestiame. Non è un caso che nei territori di montagna gli archeologi
abbiano trovato monete cartaginesi: il segno sicuro che vi si svolgevano
commerci. Secondo i documenti, poi, in diverse occasioni i Sardi
dell’interno combatterono come mercenari nell’esercito di Cartagine. O
addirittura, al tempo dello scontro con Roma, come alleati.
Non sappiamo come vivevano i Sardi delle montagne: non esistono
testimonianze che ce lo rivelino. Possiamo supporre che il loro stile di
vita, le loro usanze e la loro religione fossero molto simili a quelli degli
antenati nuragici. Ma erano anche certamente influenzati dai rapporti
con le colonie cartaginesi.
Come vedremo tra poco, i Sardi dell’interno ebbero relazioni
contrastate non solo con i Cartaginesi, ma anche con i Romani.
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I ROMANI
La crescita della potenza di Roma
Tu, i tuoi compagni e l’insegnante avete già certamente parlato,
quest’anno, dell’antica Roma e di come costruì il suo grande impero
mediterraneo, europeo e asiatico.
Quindi ricordiamo adesso solo poche notizie: quelle che ci servono per
capire come la strada di Roma incrociò un giorno la strada dei Sardi e
Roma stessa si stabilì sulla nostra isola.
Secondo la leggenda, Roma fu fondata sulle rive del fiume Tevere, nel
Lazio, nel 753
a.C.
Nei secoli
successivi
espanse il suo
dominio alla
penisola
italiana e
intorno al 270
a.C. controllava
un territorio
molto vasto,
che andava
dall’EmiliaRomagna alla
Calabria.
Poi Roma entrò
in
competizione
con Cartagine
per il controllo
del
Mediterraneo
occidentale.
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Quelli erano infatti proprio i secoli in cui i Cartaginesi si trovavano al
massimo della potenza. Come abbiamo appena visto, occupavano
anche la Sardegna, dove si erano mescolati ai Sardi.
Puoi vedere come si svilupparono questi eventi dalla carta qui accanto.
Osserva il territorio occupato da Roma e quello occupato da Cartagine:
erano due potenze forti, ambiziose e in ascesa.
Lo scontro era inevitabile.
Roma strappa la Sardegna a Cartagine
Ben sapendo quanto era forte Cartagine, Roma aspettò con pazienza il
momento di attaccare la Sardegna.
Basta ricordare che, dopo il trattato del 509 a.C., di cui abbiamo già
parlato, nel 348 a.C. firmò con la rivale un nuovo accordo. In base a
esso rinunciava a commerciare con la Sardegna e fondarvi città: Roma
insomma sapeva che la Sardegna era di Cartagine e non voleva rischiare
di farsela nemica.
Quando però la rivalità crebbe ancora, non fu più possibile evitare la
guerra. Si combatterono così le tre guerre puniche, che hai già studiato
sul tuo libro di scuola.
La Sardegna fu conquistata da Roma poco dopo la fine della Prima
guerra punica, che durò ben ventitré anni, dal 264 a.C. al 241 a.C., e nella
quale Roma vinse grazie a navi potenti come quella che vedi
nell’immagine.
STUDIARE - Osserva l’immagine: com’erano fatte le navi romane e in che modo
attaccavano quelle cartaginesi? Se non sai rispondere, chiedi aiuto alla maestra.
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Cosa accadde?
In Sardegna si trovavano molti mercenari che combattevano per
Cartagine. Non ricevendo la paga, chiesero aiuto a Roma, che sbarcò
nella nostra isola, occupandola.
Era il 238 a.C.
Pochi anni più tardi, nel 227 a.C., la Sardegna divenne una provincia di
Roma.
Il suo controllo era affidato a un pretore, mandato dal continente, che
aveva tutti i poteri del governatore civile e del comandante militare.
La sua capitale fu prima Nora e poi Karales.
Nella carta vedi qual era la posizione della Sardegna entro i domini di
Roma al principio del I secolo a.C., quando Roma controllava una
grande parte del Mediterraneo e la Sardegna era sua da oltre un
secolo.
STUDIARE - Quante sono le province romane raffigurate dalla carta? Quali erano
la più antica e la più recente?
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Le ribellioni contro Roma
Gli storici romani raccontano che i nuovi dominatori trattarono la
Sardegna come una terra di conquista.
Roma prese alla Sardegna tutte le sue ricchezze naturali: il grano e il
legname, il sughero e i prodotti della pastorizia, il sale, il piombo e il
ferro, l’argento. In altre parole, ciò che veniva dalla terra, ciò che veniva
dall’allevamento e ciò che veniva dalle miniere.
Nessuna città sarda poteva governarsi da sola e tutte dovevano
obbedire agli ordini del pretore.
Le tasse erano molto pesanti.
I Romani erano considerati degli oppressori e le condizioni di vita dei
Sardi dovevano essere molto cattive. Essi si opposero con forza al
nuovo dominio e i Romani furono costretti a combatterli per lungo
tempo. La lotta fu tanto dura che, in poco più di un secolo, Roma
attribuì per ben otto volte il “trionfo” ai generali che avevano sconfitto
i Sardi.
Le prime rivolte scoppiarono subito dopo la conquista del 238 a.C.
Nel 216 a.C. una grande ribellione fu guidata da Ampsicora, un
proprietario di terre che viveva a Cornus, cioè a Santa Caterina di
Pittinuri, in territorio di Cuglieri.
Si svolsero due importanti battaglie: una dove oggi c’è San Vero Milis e
l’altra nei pressi di Sanluri. I Sardi furono sconfitti e, secondo gli antichi
storici latini, circa 12.000 di essi trovarono la morte.
Il figlio di Ampsicora, Iosto, fu ucciso sul campo: nell’immagine lo vedi a
destra, con la tunica viola, mentre combatte con un centurione
romano. A questa notizia, Ampsicora stesso si suicidò. L’esercito
romano era guidato dal comandante Tito Manlio Torquato.
Una nuova rivolta si scatenò nel 177 a.C. Durò circa un anno e per
piegarla Roma mandò in Sardegna ben due legioni, con 12.500 uomini,
comandati da Tiberio Sempronio Gracco.
LE PAROLE - Il trionfo era il massimo onore concesso ai generali di Roma
vittoriosi, che sfilavano in un cocchio per le vie della città tra due ali di popolo in
festa.
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I rivoltosi furono sconfitti: afferma lo storico Tito Livio che quasi
30.000 Sardi persero la vita e migliaia vennero condotti in catene a
Roma e venduti come schiavi.
Un’ultima grande ribellione fu schiacciata da Roma nel 111 a.C.
Dopo di allora, i Sardi si rassegnarono a essere comandati dalla grande
potenza latina.
La Sardegna dell’interno è libera
I Romani occuparono tutte le coste della Sardegna e tutte le zone
pianeggianti e di collina. Nonostante la grande forza militare, non
riuscirono però a impadronirsi della zona più interna e montagnosa
dell’isola.
I Romani chiamarono Romània le zone da essi occupate, mentre
chiamarono Barbària le aree in cui non riuscirono a insediarsi: come
dice chiaramente il nome, i conquistatori consideravano la parte
montagnosa della Sardegna una terra di barbari. Puoi vedere bene
questa distinzione nella carta.
Sapppiamo dagli storici romani che nell’interno dell’isola vivevano
diverse popolazioni, come i Galillensi, i Nurrensi, i Celsitani.
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Questi però erano i nomi delle
tribù sarde secondo i Romani:
noi non sappiamo come loro
chiamavano se stesse.
A volte, i Romani
organizzavano delle spedizioni
verso l’interno, catturavano i
Sardi di quelle tribù e li
vendevano come schiavi. A
volte, erano i Sardi dell’interno
a colpire i villaggi delle pianure
con i loro attacchi e le loro
rapine.
Le comunità delle montagne
conservarono per lungo
tempo le usanze, la lingua e la
religione tradizionali. Piano
piano però furono influenzate
dalle popolazioni delle pianure
e finirono per accogliere alcuni
costumi tipici dei Romani.
Subirono cioè il processo di
“romanizzazione” di cui
parleremo adesso.
La romanizzazione dell’isola
Il dominio di Roma sulla Sardegna durò, come abbiamo detto, circa
sette secoli.
Roma si trasformò da repubblica in impero e il suo dominio divenne
enorme: dalla penisola iberica ai confini dell’Asia, dall’Egitto alle isole
britanniche.
In tutto questo tempo e mentre si succedevano imperatori, conquiste,
vittorie e sconfitte, la Sardegna rimase una provincia romana. Ormai
era pacificata e fedele.
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La Sardegna si era “romanizzata”.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che le leggi di Roma, la sua lingua, le sue usanze
influenzarono profondamente la vita e la mentalità dei Sardi.
Fu un processo molto lento ma continuo, che raggiunse il massimo nel
II secolo d.C., quando la potenza di Roma era al culmine e il suo impero
era ricco e sicuro.
Quando le legioni abbandonarono l’isola, insomma, i Sardi erano molto
diversi da sette secoli prima.
Vediamo ora cosa accadde.
Le città romane in Sardegna
Dopo i Fenici e i Cartaginesi, anche i Romani fondarono in Sardegna le
loro città, ingrandendo quelle che già esistevano.
Karales aveva 20.000 abitanti: da essa partivano quattro strade che
attraversavano la Sardegna e il suo porto era uno dei più vivaci del
Mediterraneo occidentale.
Turris Libisonis, cioè Porto Torres, Uselis, vale a dire Usellus, e Tharros
erano centri notevoli. Molto importante era anche Olbia, il porto sardo
più vicino a Roma.
Tutte queste erano grandi città, popolose e ricche di commerci.
Nelle città si trovavano gli anfiteatri e i teatri per gli spettacoli, i templi,
le terme per il riposo e la salute dei cittadini. Ogni città aveva il suo
foro, dove si svolgevano i commerci. Si costruivano le ville dei nobili e i
quartieri popolari, abitati dai lavoratori più umili.
Nelle campagne furono invece creati vasti latifondi: le terre furono cioè
riunite in grandi proprietà, poste in mano ai nobili romani, che
provvedevano a farle fruttare. Fondamentale, nelle coltivazioni, era il
lavoro degli schiavi. Questi erano numerosissimi e venivano impiegati in
tutte le occupazioni pesanti, per esempio nelle miniere.
COLLEGAMENTI - Geografia: con l’aiuto della maestra, scopri dove si trovavano
Uselis e Forum Traiani e collocali correttamente sulla carta della pagina
precedente.
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Nell’immagine vedi i resti delle terme di Forum Traiani, cioè
Fordongianus. Situata nella valle del fiume Tirso, questa città fu fondata
da Roma proprio attorno alle sue acque termali, calde e curative. Era
inoltre la sede delle truppe che da lì potevano dirigersi verso i monti
della Barbària per controllare i popoli dell’interno.
Nella fotografia sotto vedi invece le rovine di Tharros, che si trovava
nella penisola del Sinis, nei pressi di Oristano. Come abbiamo già detto,
essa fu fondata dai Fenici su un promontorio: la sua posizione
geografica eccezionale le consentiva di avere ben due porti!
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In questa pagina vedi infine il teatro di Nora, che si trovava sulla costa
meridionale. Il teatro di Nora si è conservato in ottime condizioni e ci
dice una cosa importante: nelle città romane della Sardegna la cultura
era molto viva e si tenevano parecchi spettacoli. Proprio come
accadeva nelle città di ogni altra parte dell’impero.
Sono molto belli pure i mosaici che vedi nella fotografia. Si trovano
sempre a Nora e ornano i pavimenti di una grande villa dell’epoca
imperiale. Anche questi mosaici ci raccontano una cosa importante:
nella Sardegna romana vivevano e lavoravano artigiani molto raffinati,
che sapevano creare opere di grande valore.
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Le necropoli
Fuori dalle mura delle città, spesso ai bordi delle strade, si trovavano le
necropoli. La maggior parte delle volte, le tombe erano semplici fosse
scavate nel terreno e rivestite di tegole. In alcuni casi, invece, le tombe
venivano scavate nella roccia.
Nella fotografia puoi vedere la
tomba chiamata Grotta della
Vipera: si trova a Cagliari e vi fu
sepolta una nobildonna di
nome Attilia.
Il monumento è chiamato così
perché all’ingresso sono
scolpiti dei serpenti, simbolo di
rinascita: li puoi chiaramente
osservare in alto
nell’immagine.
Le strade e le opere
d’ingegneria
I Romani costruirono anche
molte strade, con due scopi
diversi.
Il primo scopo era facilitare i
commerci e le comunicazioni
tra i diversi centri abitati. Il
secondo scopo era militare: le strade servivano al passaggio dei soldati
che controllavano la Sardegna e in questo modo potevano spostarsi
rapidamente dove era richiesto il loro intervento. Ad esempio, per
reprimere una rivolta.
Le grandi strade romane che attraversavano l’isola erano quattro: due
correvano lungo le coste e due correvano all’interno. Esse univano
Karales, Turris Libisonis e Olbia. Uno snodo molto importante di queste
strade era Forum Traiani, ai piedi della Barbària.
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Il tracciato di molte strade
romane è stato sfruttato
anche dopo la caduta di Roma:
l’esempio migliore è la Carlo
Felice, la superstrada che oggi
unisce Cagliari a Sassari
passando per l’antica via che
metteva in comunicazione
Karales e Turris Libisonis. Puoi
capire quanto fossero ben
costruite le strade romane
osservando la fotografia.
Rappresenta una strada di
Tharros. Puoi chiaramente
vedere, sotto le pietre che
compongono la superficie
stradale, il canale attraverso il
quale passavano le fognature.
Un sistema non molto diverso
è utilizzato ancora oggi!
STUDIARE - Con quattro colori diversi, ricalca
sulla carta il percorso delle quattro grandi
strade che partivano da Cagliari. Quali centri
abitati attraversavano e dove arrivavano?
COLLEGAMENTI - Arte: con l’aiuto della
maestra, scopri come venivano costruite le
strade romane. Poi scrivi sul tuo quaderno in
dieci righe ciò che hai capito. Perché,
secondo te, le strade romane hanno resistito
così bene ai millenni?
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I Romani avevano una speciale bravura nelle opere d’ingegneria. Tra
esse, ricordiamo i ponti, grazie ai quali le strade passavano i fiumi, e gli
acquedotti, che dissetavano le città.
Per capire di cosa parliamo, osserva le immagini di questa pagina.
Nella prima vedi l’antico ponte romano di Ozieri. Nella seconda vedi
una cisterna dell’acquedotto romano di Olbia: è più grande delle
condutture degli acquedotti dei nostri tempi!
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L’economia sarda sotto Roma
Sotto il governo di Roma, si praticavano in Sardegna diverse attività
economiche.
Il prodotto più importante della nostra isola rimase il grano, come
accadeva da secoli. Veniva esportato verso il continente in quantità così
grandi che, secondo gli storici antichi, bastava a sfamare ogni anno
250.000 persone. Per questo motivo, la Sardegna era chiamata il
“granaio di Roma”. Era diffusa anche la vite.
Un mercato sempre vivo era quello della lana, delle pelli, delle carni e
degli altri prodotti derivanti dalla pastorizia.
L’estrazione del sale aveva un peso notevole, così come la produzione
di sughero. Argento, piombo, ferro e rame erano i prodotti ricavati
dalle miniere.
Nell’immagine vedi un bellissimo mosaico, che si trova nell’antico porto
di Ostia, a pochi chilometri da Roma. L’iscrizione dice che lì si trovava la
sede dei mercanti di Karales. È la prova che Karales era una città di
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commerci molto vivaci e che al
tempo di Roma i Sardi erano
mercanti abili e tanto importanti
da avere un loro spazio riservato a
Ostia.
La gemma preziosa è invece un
esempio del finissimo artigianato
orafo della Sardegna romana.
Tutte queste attività economiche,
e soprattutto la crescita
dell’agricoltura, portarono
benessere e un notevole aumento
della popolazione. I Sardi
divennero più numerosi e le città e
i villaggi diventarono più grandi.
Le lingue dei Sardi al tempo di Roma
Una prova molto importante della romanizzazione dei Sardi è data dalla
diffusione in Sardegna del latino: il sardo che noi parliamo oggi, infatti,
viene proprio dalla lingua di Roma.
Il sardo odierno ha in realtà parole che vengono dalle lingue di tutti i
popoli passati in Sardegna e persino parole che vengono dal periodo
prenuragico, da quello nuragico e da quello punico.
Pensa che il punico fu parlato nella nostra isola almeno fino al tempo
dell’imperatore Marco Aurelio, cioè fino al 180 d.C. Erano passati
quattro secoli dalla fine del dominio di Cartagine e la sua lingua
resisteva ancora tra i Sardi.
Le lingue sono così: rimangono nella vita di un popolo per moltissimo
tempo e, anche quando nessuno le parla più, le loro tracce restano
nelle parole delle lingue che vengono dopo.
LE PAROLE - Con l’aiuto della maestra, scopri almeno cinque parole sarde che
vengono dal latino. Scrivi poi sul quaderno il loro significato e come si dicono in
italiano.
36
La religione
Abbiamo una
prova assai forte
della mescolanza
tra i popoli della
Sardegna romana:
la religione.
Guarda le due
immagini. Nella
prima vedi il
Tempio di Antas,
così come è oggi,
nei pressi di
Fluminimaggiore. Nella seconda vedi una ricostruzione dello stesso
tempio, così come appariva in epoca romana.
La località di Antas fu frequentata fin dall’epoca nuragica.
I Cartaginesi vi eressero un tempio, che i Romani poi ricostruirono al
tempo dell’imperatore Augusto. All’epoca dell’imperatore Caracalla fu
restaurato e vi fu posta un’iscrizione, che testimonia ancora oggi il
nome della divinità
alla quale il tempio
era dedicato: il
SARDUS PATER
BABAI.
Il Sardus Pater era la
divinità più
importante della
Sardegna, il padre di
tutti i Sardi. Babai era
il suo nome in età
nuragica: ancora oggi,
in lingua sarda
“babai” significa
“babbo”.
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Ebbene: all’interno del tempio di Antas era custodita una statua del
Sardus Pater alta tre metri! Purtroppo, questa statua non si è
conservata fino a noi e per sapere qual era l’aspetto del Sardus Pater
dobbiamo parlare di un’altra scoperta.
Gli archeologi hanno trovato, in tutta la Sardegna, circa 200 esemplari
della moneta che vedi nell’immagine. È una moneta d’importanza
straordinaria e la fece coniare Augusto intorno all’anno 30 a.C.
Su una faccia di questa moneta si vede il volto di Marcus Atius Balbus:
era il nonno dello stesso Augusto e nel 59 a.C. fu governatore della
Sardegna.
Sull’altra faccia si vede invece il volto di un personaggio con la barba,
un copricapo coperto di piume e una lancia poggiata sulla spalla. La
scritta dice SARDUS PATER: è quindi la raffigurazione dell’antica
divinità dei Sardi.
I Sardi veneravano anche molti altri dei: Giove, Giunone ed Esculapio,
ad esempio, che venivano dal mondo greco-romano, o Iside, che veniva
dal mondo egiziano.
Romani e Sardi insomma si mescolavano e univano le loro usanze: la
religione è la prova più evidente.
STUDIARE - Sottolinea sulle due pagine tutte le frasi in cui si parla del Sardus
Pater e rispondi a questa domanda: perché esso era tanto importante per i nostri
antenati?
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Dal paganesimo al cristianesimo
La mescolanza e il cambiamento graduale delle usanze sono
testimoniati anche da ciò che avvenne per il cristianesimo.
Dopo la morte di Gesù, la nuova fede cominciò a diffondersi a Roma e
gli imperatori, che adoravano le divinità pagane, perseguitarono i
cristiani.
Molti di essi furono condannati ai lavori forzati ed esiliati in Sardegna,
dov’erano costretti a scavare nelle miniere. Furono loro a trasmettere
l’insegnamento di Gesù ai Sardi.
Un ruolo simile svolsero gli
Ebrei che vivevano nella
nostra isola. Piccoli nuclei di
Ebrei si trovavano a Karales, a
Tharros, a Forum Traiani.
Alcuni di essi si convertirono
al cristianesimo e divennero
così messaggeri della nuova
religione.
Bisogna infine tenere conto
che la Sardegna, a quel
tempo, era al centro di tutte
le rotte percorse dalle navi
che attraversavano il
Mediterraneo. Per questo era
facile che i Sardi venissero a
conoscenza delle novità nate ai confini dell’impero.
Insomma, possiamo dire che quando Roma cadde molti Sardi si erano
già convertiti al cristianesimo.
Anzi, all’epoca delle persecuzioni tanti Sardi avevano testimoniato la
loro fede andando incontro al martirio. Sant’Efisio, San Gavino,
Sant’Antioco, Santa Greca erano martiri sardi che la Chiesa ha
proclamato santi.
COLLEGAMENTI - Storia: quali imperatori romani perseguitarono più aspramente i
cristiani? In quale periodo dell’impero?
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Nella fotografia vedi una statua di Sant’Antioco.
Secondo la leggenda, fu esiliato in Sardegna dal Medio Oriente, dove
nacque e dove faceva il medico. Fu condannato a lavorare nelle miniere
di piombo di Sulci proprio perché era cristiano e nella nostra isola
convertì molti altri alla nuova religione.
Oggi Sant’Antioco è il patrono della Sardegna.
La fine del dominio di Roma in Sardegna
Anche il dominio di Roma finì.
Agli uomini e alle donne dell’impero Roma sembrava destinata a
comandare il mondo in eterno. Era infatti potentissima e nessuno le
resisteva.
Col tempo, invece, il comando di Roma divenne insicuro e fu minacciato
sempre più spesso dai suoi avversari.
In tutto l’impero, e anche in Sardegna, le città divennero più povere e
persero abitanti. Nelle campagne, i terreni coltivati diminuirono e calò
la quantità di cibo prodotta dalla terra. Anche i commerci diventarono
meno ricchi: le strade si fecero insicure e i traffici si diradarono.
Poiché aveva bisogno di molto denaro per sostenere il suo immenso
esercito, Roma impose tasse sempre più alte, che scontentavano i
sudditi. L’insoddisfazione della gente crebbe anche in Sardegna.
Dopo il 300 d.C. e soprattutto dopo il 400 d.C. per Roma divenne
sempre più difficile difendere le province dagli attacchi dei popoli
germanici: hai già studiato questa parte della Storia.
La Sardegna non fece eccezione.
Nel 455 fu invasa e occupata dai Vandali: come vedi dalla carta, entrò a
far parte dei loro domini, che comprendevano anche la Corsica e le
coste settentrionali dell’Africa.
Il dominio di Roma sulla nostra isola era finito e la Sardegna rimase
sotto i Vandali sino al 533, quando i Bizantini riconquistarono parte dei
vecchi domini dell’Impero Romano d’Occidente.
Queste però sono cose che studierai l’anno prossimo, in prima media.
STUDIARE - Pensaci: perché, secondo te, il Sant’Antioco raffigurato dalla statua
ha la pelle nera?
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Per concludere…
Quest’anno ti abbiamo raccontato una parte della storia della Sardegna
assai lunga: quasi quindici secoli, dai Fenici ai Cartaginesi e dai
Cartaginesi ai Romani.
Hai forse avuto l’impressione che i Sardi abbiano spesso subito queste
vicende, senza esserne protagonisti, che siano quasi stati ospiti nella
loro isola. Ospiti di popoli venuti da lontano per conquistare la nostra
terra.
È un’impressione giusta e sbagliata allo stesso tempo.
È giusta perché i Fenici, i Cartaginesi e i Romani compirono davvero
quelle imprese. I Cartaginesi e i Romani, in particolare, invasero
davvero la Sardegna e la occuparono come se ne fossero i padroni.
Ma è anche un’impressione sbagliata, per due motivi.
Ecco il primo motivo: a quei tempi la storia veniva scritta solo dai
vincitori delle battaglie, dai governanti delle terre conquistate, dai
popoli che costruivano un impero. Chi scriveva quella storia non parlava
dei popoli sconfitti e sottomessi, non s’interessava alle loro usanze, non
aveva desiderio di descrivere la loro vita, le loro leggi e la loro religione.
Per questo sappiamo tanto poco dei Sardi di quell’epoca.
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Il secondo motivo è questo: Cartagine e Roma dominavano la
Sardegna, ma i Cartaginesi e i Romani che abitavano nella nostra isola si
mescolarono con i Sardi, lungo i secoli, fino a diventare una
popolazione sola.
Possiamo cioè dire che tutti gli abitanti della Sardegna erano Sardi: sia
quelli che discendevano dagli antichi nuragici sia quelli che
discendevano dai coloni fenici, cartaginesi e romani.
Questo è il bello della storia, che unisce i popoli in una sola e grande
comunità umana!
La linea del tempo, ora, ti permetterà di ripensare a tutto ciò che hai
studiato sulla storia dei Sardi e della Sardegna in terza, quarta e quinta
elementare.
Fatti aiutare dalla maestra a riscoprire tante cose imparate in questi
anni!
6.000 a.C.
NEOLITICO
450.000 a.C. - PALEOLITICO
3.000 a.C.
- ETÀ DEL
RAME
1.600 a.C.
- ETÀ DEL
BRONZO
PERIODO PRENURAGICO
900 a.C. - ETÀ DEL
FERRO
1.600 a.C. - ETÀ DEL BRONZO
500 a.C.
PERIODO NURAGICO
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1.000 a.C.
509 a.C.
238 a.C. - 455
FENICI
CARTAGINESI
ROMANI
Credits
Questo fascicolo è autoprodotto e non viene messo in vendita.
Le immagini di pagina 5 e 8 sono di Carlo Corda.
Le immagini di pagina 6, 7 e 16 sono di Rinaldo Crespi e sono tratte da Immagini,
percorsi e storie, Tam Tam, Cagliari 2003.
L’immagine di pagina 13 è di Aldo Ferruggia.
Gli estensori del testo sono pienamente disponibili ad accreditare tutte le immagini
di cui non hanno potuto stabilire la fonte.
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