paziente affetto da difetti enzimatici eritrocitari associati ad anemia

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PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DEL PAZIENTE AFFETTO DA DIFETTI ENZIMATICI
ERITROCITARI ASSOCIATI AD ANEMIA EMOLITICA
-DEFICIT DI PIRUVATO CHINASI
-DEFICIT DI GLUCOSIO FOSFATO ISOMERASI
-DEFICIT DI FOSFOFRUTTOCHINASI
-DEFICIT DI TRIOSOFOSFATO ISOMERASI
-DEFICIT DI FOSFOGLICERATOCHINASI
-DEFICIT DI ESOCHINASI
-DEFICIT DI PIRIMIDIN 5’ NUCLEOTIDASI
-DEFICIT DI ADENILATO CHINASI
1
INTRODUZIONE ................................................................................................................................................... 2
1.1
1.2
1.2.1
1.2.2
1.3
1.4
1.5
2
POPOLAZIONE ALLA QUALE SI RIVOLGE IL PDTA............................................................................................. 2
DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PATOLOGIA ...................................................................................... 2
Diagnosi differenziale................................................................................................................................. 4
Complicanze ............................................................................................................................................... 4
EPIDEMIOLOGIA, STORIA NATURALE, PROGNOSI ............................................................................................. 5
RISULTATO ATTESO ........................................................................................................................................ 10
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................................ 10
DESCRIZIONE..................................................................................................................................................... 11
2.1.1
Invii........................................................................................................................................................... 11
2.2
CRITERI DI INGRESSO ...................................................................................................................................... 11
2.3
DESCRIZIONE DEL PROCESSO – FLOW CHART / TABELLA................................................................................. 11
2.4
CRITERI DI DIMISSIONE ................................................................................................................................... 15
3
MONITORAGGIO ............................................................................................................................................... 15
3.1
Rev.
MODALITÀ ADOTTATE.................................................................................................................................... 15
Data
Descrizione modifica
Redazione
Verifica
Approvazione
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INTRODUZIONE
1.1 POPOLAZIONE ALLA QUALE SI RIVOLGE IL PDTA
Le anemie emolitiche da difetto enzimatico si inseriscono nel percorso diagnostico più generale delle anemie
emolitiche di natura non immunologica. Esse possono manifestarsi con emolisi acuta o cronica, intra o extravascolare, la tipologia dell’emolisi rappresentando un elemento dirimente ai fini dell’impostazione dell’iter
diagnostico.
Il presente PDTA si rivolge ai pazienti affetti da anemia emolitica con test di Coombs diretto negativo. Essendo le enzimopenie ertitrocitarie malattie rare e di difficile diagnosi, particolarmente nelle forme associate
ad emolisi cronica, la loro identificazione richiede tecnologie e competenze particolari disponibili in pochissimi Centri specialistici. Tali patologie convergono in larga misura da molte regioni italiane presso il Laboratorio per la Diagnosi delle Anemie, U.O.Ematologia 2, della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena.
Nel corso degli anni sono stati diagnosticati e caratterizzati a livello molecolare oltre 100 pazienti affetti da
anemia emolitica cronica da difetti enzimatici del globulo rosso. Si tratta di pazienti di entrambi i sessi e di
tutte le eta’, da quella pediatrica all’ eta’ adulta. Oltre 50 di questi sono in regolare follow-up presso gli ambulatori dell’U.O. Ematologia 2.
1.2 DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PATOLOGIA
Le eritroenzimopatie congenite coinvolgono le principali vie metaboliche del globulo rosso quali la glicolisi
anaerobia, lo shunt degli esosomonofosfati ed il metabolismo nucleotidico.
Tralasciando il deficit di G6PD, che esita principalmente in emolisi acuta, i difetti della via glicolitica o del
metabolismo nucleotidico risultano in emolisi cronica in quanto compromettono in modo permanente le risorse energetiche della cellula.
Tutti gli enzimi glicolitici possono, se qualitativamente o quantitativamente alterati, associarsi ad iperemolisi; Le più comuni enzimopatie glicolitiche sono, in ordine decrescente di frequenza, il deficit di piruvato chinasi (PK), di glucosio fosfato isomerasi (GPI) di fosfofruttochinasi (PFK), di triosofosfato isomerasi (TPI), e
di esochinasi (HK). Per quanto riguarda il metabolismo nucleotidico, le enzimopatie più frequentemente causa di anemia emolitica cronica sono il deficit di adenilato chinasi (AK) e di pirimidin-5’-nucleotidasi (P5’N).
Le conseguenze cliniche di un difetto enzimatico variano in relazione a diversi fattori.
1. Il ciclo metabolico interessato
2. L’ importanza della reazione catalizzata
3. Il grado di compromissione funzionale della molecola enzimatica implicata
4. L’ ubiquitarietà o meno dell’enzima compromesso, se questi sia cioè sia specifico delle cellule ematiche, oppure espresso anche in altri tessuti.
Quando l’enzima compromesso è specifico dell’eritrocita, il quadro clinico e’ quello di una malattia emolitica cronica (Congenital Non Spherocytic Haemolytic Anaemia, CNSHA) caratterizzata principalmente da anemia, ittero e spenomegalia. Viceversa, quando l’enzima compromesso è espresso anche in altri tessuti, alle
manifestazioni ematologiche si possono associare quadri sintomatologici piu’ complessi, quali miopatia nel
deficit di PFK, suscettibilità alle infezioni ed anormalità neuromuscolari nella carenza di TPI, ritardo mentale
ed altre anormalità neurologiche nei deficit di fosfoglicerato chinasi (PGK) e di aldolasi.
Le manifestazioni cliniche spesso insorgono in età pediatrica o neonatale, e nei casi più gravi si può verificare morte intrauterina; l’anemia può essere di grado molto variabile, da compensata a molto severa, e richiedere exanguinotrasfusione alla nascita e successivo supporto trasfusionale. I sintomi non ematologici posso2
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no essere di entità lieve e non sempre presenti, come nel caso del deficit di GPI o AK, fino ad arrivare a gravissime compromissioni neurologiche progressive come nel caso del deficit di TPI.
Alla eterogeneità’ clinica di queste malattie fa riscontro una notevole varietà’ di lesioni molecolari: numerose sono le mutazioni sino ad oggi identificate, che spesso originano mutanti enzimatiche instabili, con alterata affinità’ per i substrati specifici e pertanto incapaci di espletare la loro funzione metabolica. La caratterizzazione molecolare dei difetti genetici consente di porre una diagnosi definitiva, di correlare il genotipo con
il il fenotipo clinico, e di effettuare la diagnosi prenatale nei casi più gravi.
La tabella 1 riporta i deficit di enzimi eritrocitari rari associati unicamente ad anemia, suddivisi in base al ciclo metabolico coinvolto.
Tabella 1.
ENZIMA
SINTOMI PRINCIPALI
Glicolisi
Piruvato chinasi (PK)
Anemia emolitica cronica
Esochinasi (HK)
Anemia emolitica cronica
Gliceraldeide fosfato deidrogenasi (GAPD)
Anemia emolitica cronica
Enolasi
Anemia emolitica cronica
Difosfoglicerato mutasi (DPGM)
Anemia emolitica cronica
Monofosfoglicerato mutasi (MPGM)
Anemia emolitica cronica
Metabolismo nucleotidico
Pirimidin-5’ nucleotidasi (P5’N)
Anemia emolitica cronica
Shunt degli esosomonofosfati
6-fosfogluconato deidrogenasi (6PGD)
Anemia emolitica cronica
glutatione reduttasi (GR)
Anemia emolitica cronica
glutatione perossidasi (GSH-Px)
Anemia emolitica cronica
Altri enzimi
Catalasi
Anemia emolitica cronica
Fosfoglucomutasi (PGM)
Anemia emolitica cronica
La tabella 2 riporta i deficit di enzimi eritrocitari rari associati ad anemia e altri sintomi, suddivisi in base al
ciclo metabolico coinvolto.
Tabella 2.
ENZIMA
SINTOMI PRINCIPALI
Glicolisi
Glucosio 6 fosfato isomerasi (GPI) Anemia emolitica cronica, miopatia, deficit neuromuscolare.
Trioso fosfato isomerasi (TPI)
Anemia emolitica cronica, deficit neuromuscolare, suscettibilità a infezioni.
Fosfoglicerato chinasi (PGK)
Anemia emolitica cronica, deficit neuromuscolare, ritardo mentale.
Fosfofruttochinasi (PFK)
Anemia emolitica cronica, miopatia.
Aldolasi
Anemia emolitica cronica, miopatia, ritardo mentale.
Metabolismo nucleotidico
Adenilato chinasi (AK)
Anemia emolitica cronica, ritardo motorio.
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1.2.1 Diagnosi differenziale
Per la rarita’ e per la complessita’ del quadro clinico le eritronzimopatie sono spesso difficili da diagnosticare. Numerosi pazienti, pur presentando i sintomi clinici fin dall’infanzia, arrivano ad una diagnosi definitiva
solo in età adulta.
Il sospetto di enzimopatia eritrocitaria nasce in presenza di segni di iperemolisi acuta o cronica, documentati
a livello di laboratorio dall’ aumento dei reticolociti e dal movimento dei marcatori biochimici di emolisi
quali, in particolare iperbilirubinemia indiretta e aptoglobina consumata, nonché dall’esclusione sulla scorta
di una accurata anamnesi personale e familiare, delle più comuni cause di emolisi acquisita e congenita. Tra
le prime in particolare le anemie immunoemolitiche e le forme più rare quali l’emoglobinuria parossistica
notturna e l’emolisi meccanica (da cause fisiche). Tra le seconde i difetti congeniti della membrana eritrocitaria, in particolare la sferocitosi e l’ellissocitosi ereditaria, la cui prevalenza nella popolazione è compresa
tra 1:2000 e 1:5000. Discriminanti, in questo senso, sono le resistenze osmotiche e l’attento esame della morfologia eritrocitaria, tipicamente anormali nei difetti di membrana. La normalità di questi parametri indirizza
verso lo studio del metabolismo eritrocitario. La presenza di sintomi non ematologici associati ad anemia
emolitica cronica può orientare la diagnosi in modo specifico verso un particolare difetto enzimatico.
La diagnosi definitiva viene posta sulla base della ridotta attività enzimatica ed in seguito alla caratterizzazione molecolare del gene coinvolto.
1.2.2 Complicanze
I pazienti affetti da eritroenzimopatie possono sviluppare nel corso degli anni vari tipi di complicanze legate
all’anemia emolitica cronica, tra cui:
1- Colelitiasi
2- Crisi emolitiche acute (in gravidanza o infezioni)
3- Crisi aplastiche (spesso associate a infezioni da parvovirus B19).
4- Sovraccarico di ferro.
Più raramente si possono verificare idrope fetale, ulcere malleolari, kernicterus, pancreatite acuta secondaria
a patologia del tratto biliare, ascesso splenico, compressione spinale da tessuto eritropoietico extramidollare,
ed eventi tromboembolici..
Le eritroenzimopatie con sintomi non ematologici possono inoltre avere complicanze specifiche quali infezioni, miopatie e complicanze neuromuscolari. Nei casi più gravi la compromissione neuromuscolare può estendersi fino a paraplegia, tetraplegia ed insufficienza respiratoria.
1.3 EPIDEMIOLOGIA, STORIA NATURALE, PROGNOSI
Verranno di seguito considerati i difetti enzimatici di più frequente riscontro.
Il deficit di Piruvato chinasi (PK; EC 2.7.1.40) è l’eritroenzimopatia glicolitica più comune e meglio caratterizzata, con circa 500 casi descritti in letteratura. La trasmissione è autosomica recessiva e la frequenza stimata è 1/20.000 nella popolazione Caucasica.
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La piruvato chinasi catalizza la conversione del fosfoenolpiruvato (PEP) in piruvato con produzione di ATP.
L'enzima e' presente in quattro diverse isoforme: tipo L (epatico) ed R (eritrocitario), codificati dallo stesso
gene LR-PK sotto il controllo di due differenti promotori ad espressione tessuto-specifica; tipo M1 (muscolo
scheletrico e tessuto nervoso) ed M2 (piastrine, leucociti ed altri tessuti), codificati dal gene M-PK mediante
splicing alternativo.
L'enzima mutante, spesso instabile e con compromessa attivita' catalitica, non riesce a garantire una produzione di ATP sufficiente per le funzioni vitali degli eritrociti che vengono precocemente distrutti. Il deficit
di PK si accompagna ad anemia emolitica cronica di gravita' estremamente variabile. Anemia, ittero e splenomegalia sono le principali manifestazioni cliniche della malattia, che in alcuni casi possono essere cosi'
sfumate da venire occasionalmente rilevate in eta' adulta, ed in altri tanto gravi da richiedere multiple exsanguinotrasfusioni alla nascita; in rari casi è stata osservata morte intrauterina.
La Figura 1 riassume le principali caratteristiche cliniche del deficit di PK basate sull’analisi di 61 pazienti
afferenti all’U.O. Ematologia 2.
Figura 1
La comparsa precoce dei sintomi è usualmente associata ad un decorso clinico più severo: nella nostra casistica 16/25 dei neonati che hanno necessitato exanguinotrasfusione hanno successivamente richiesto trasfusioni multiple e/o splenectomia. Nei bambini l’anemia tende ad attenuarsi con la crescita e resta in genere
costante nell’età adulta. Occasionali esacerbazioni si possono verificare in concomitanza ad episodi infettivi
o in gravidanza; la gravidanza è in genere ben tollerata anche se l’aumento dell’anemia può richiedere un
supporto trasfusionale durante la gravidanza o dopo il parto.
Nell'eta' adulta si rileva con una certa frequenza la comparsa di colelitiasi; rare sono le ulcere malleolari. Il
sovraccarico di ferro e' una complicanza frequente riscontrandosi non solo nei soggetti trasfusionedipendenti, ma anche in una certa proporzione di pazienti non trasfusi; nei pazienti non trasfusi diversi fattori
possono concorrere alla patogenesi del sovraccarico di ferro tra cui emolisi cronica, splenectomia, eritropoiesi inefficace, mutazioni nel gene HFE.
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Il quadro di laboratorio nella carenza di PK e' quello comune a tutte le anemie emolitiche croniche. I livelli
di emoglobina sono compresi tra i 5 g/dL e i 13 g/dL, con valori mediani intorno ai 10 g/dL. Nella nostra casistica, l’emoglobina mediana era 9.8 g/dL nei pazienti non splenectomizzati, 7.3 g/dL nei candidati alla
splenectomia. Questa usualmente esita nella stabilizzazione dell’emoglobina a livelli lievemente superiori
(incremento mediano 1.8 g/dL, range 0.4-3.4).
Il numero di reticolociti nei pazienti non splenectomizzati è usualmente aumentato (mediana 166 x 109/L),
ma non proporzionale alla intensità dell’emolisi, contrariamente a quanto osservato in altre patologie emolitiche, in quanto gli eritrociti PK carenti più giovani sono i più compromessi e vengono selettivamente sequestrati dalla milza. Conseguentemente, la splenectomia esita in un cospicuo aumento dei reticolociti (mediana 796 x 109/L), ancorchè l’anemia diventi meno severa, caratteristica questa peculiare di questo difetto.
Livelli di bilirubina non coniugata >5-6 mg/dL (85 μmol/L) devono far sospettare una concomitante sindrome di Gilbert. I livelli di ferritina sierica e la saturazione della transferrina appaiono aumentati in molti pazienti in rapporto sia alle trasfusioni ricevute che all'intensita' dell'emolisi.
Non esiste una terapia specifica per la carenza di PK eritrocitaria. La splenectomia non arresta l'emolisi ma e'
spesso in grado di stabilizzare o migliorare i livelli di emoglobina, o comunque di ridurre il fabbisogno trasfusionale nei casi con anemia severa.
Il difetto genetico è altamente etreogeneo: più di 180 mutazioni sono state riportate nel gene PK-LR, localizzato sul cromosoma 1,e solo alcune vengono riscontrate in più pazienti con una distribuzione di tipo geografico; In particolare, le mutazioni piu' frequentemente riscontrate nella razza bianca sono la 1529 A (Arg510Glu) e la 1456 T (Arg486-Trp). Le mutazioni identificate sono per la maggior parte missense (69%), splicing
e stop codon (11% e 5%), mentre piccole inserzioni, delezioni e frameshift sono più rare (12%). Recentemente la caratterizzazione di alcune varianti patologiche mediante mutagenesi, espressione in E Coli, e purificazione della proteina ricombinante, ha permesso di effettuare una correlazione tra le mutazioni, le proprietà biochimiche della proteina alterata, e il quadro clinico della malattia.
Un fenotipo più grave è in genere associato a mutazioni deleterie (stop codon, frameshift, splicing e grandi
delezioni) e a mutazioni missense che alterano il sito attivo o la stabilità della proteina; fra di esse una delle
più frequenti è la 994A; inoltre, le mutazioni situate nelle eliche Aα5–Aα (1160G, 1178G, 1181A, 1181T)
risultano in un fenotipo da moderato a severo anche quando presenti in doppia eterozigosità con mutazioni
lievi quale ad esempio la 1456T.
Il deficit di Glucosio 6 fosfato isomerasi (GPI; EC 5.3.1.9) e' dopo quello di PK la piu' frequente causa di
anemia emolitica associata ad enzimopatia glicolitica. Il difetto si trasmette come carattere autosomico recessivo: circa il 50% degli individui clinicamente affetti sono omozigoti, ed i restanti doppi eterozigoti. Tale difetto e' stato evidenziato in circa 50 famiglie di tutti i gruppi etnici, anche se piu' frequenti sono le segnalazioni negli individui di origine Nord-Europea.
La GPI catalizza la conversione reversibile del glucosio-6-fosfato (G6P) a fruttosio-6-fosfato (F6P). Tale enzima ha un ruolo essenziale nel metabolismo dei carboidrati, infatti i suoi substrati (G6P e F6P) sono intermedi della glicolisi, della gluconeogenesi e dello shunt degli esosomonofosfati. L'enzima e' espresso in tutti i
tessuti e svolge la sua attivita' anche al di fuori del metabolismo dei carboidrati, in quanto e' identica alla
neuroleuchina che e' un fattore neurotropico per i neuroni spinali e sensoriali. Sebbene il deficit di GPI non
sia limitato ai globuli rossi, ma esteso anche ad altri tessuti, la sua manifestazione e' una tipica anemia emolitica cronica non sferocitica di gravita' variabile: anemia, ittero e splenomegalia sono spesso evidenti alla nascita, e comunque si manifestano per lo piu' nell'infanzia. Una grave carenza può associarsi ad idrope fetale.
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Crisi emolitiche acute in seguito ad episodi infettivi sono molto frequenti. Raramente l'anemia emolitica si
accompagna a ritardo mentale e ad alterazioni neuromuscolari. La colelitiasi e' una frequente complicanza di
questa malattia. L'unico trattamento nei casi piu' severi e' la splenectomia che usualmente porta ad una riduzione od eliminazione del supporto trasfusionale.
Il gene GPI e' localizzato sul cromosoma 19 e ad oggi sono state descritte 29 mutazioni; quasi tutte le varianti di GPI sono caratterizzate da una marcata instabilita' della molecola, che esita in una degradazione della stessa. Le cellule capaci di sintesi proteica possono compensare questa labilita' attraverso una aumentata
produzione dell'enzima; nei globuli rossi, che non hanno questa capacita', si instaura un blocco metabolico
che provoca aumento del glucosio-6-fosfato e riduzione dell'ATP e del 2,3-DPG, e come ultima conseguenza
il precoce sequestro delle emazie da parte del sistema reticolo-endoteliale. Il knock-out del gene in modelli
murini risulta letale a livello embrionale.
La Fosfofruttochinasi eritrocitaria (PFK,EC 2.7.1.11) catalizza la trasformazione del fruttosio-6-fosfato
(F6P) in fruttosio-1,6-difosfato (F1,6DP) ed e' un enzima con struttura tetramerica composta da due diverse
subunita' non identiche: il tipo muscolare (M), unica forma presente nel muscolo striato, ed il tipo epatico
(L). Gli eritrociti contengono una uguale quantita' di subunita' L e M. La carenza di PFK eritrocitaria, che si
trasmette come carattere autosomico recessivo, puo' pertanto derivare da un difetto sia della subunita' L che
M. Sono state descritte 39 famiglie, principalmente Giapponesi e Ebrei Ashkenazi.
Il quadro clinico è estremamente eterogeneo, e può comprendere anemia emolitica e/o miopatia di grado variabile, o essere completamente asintomatico.
Se il difetto coinvolge la subunità M i pazienti presentano le caratteristiche tipiche della glicogenosi di tipo
VII (malattia di Tarui) con intolleranza muscolare allo sforzo, stanchezza, vomito, debolezza muscolare,
mialgie, crampi e mioglobinuria; a questi sintomi muscolari si associa una emolisi compensata e iperuricemia. E' nota anche una forma neonatale rapidamente fatale (6 famiglie).Nella carenza totale di M-PFK si ritiene che la riduzione del 2,3-DPG sposterebbe la curva di dissociazione dell'ossiemoglobina in modo tale da
indurre una eritrocitosi, che darebbe ragione del buon compenso dell'iperemolisi in questi pazienti.
La biopsia muscolare mostra un accumulo di glicogeno a struttura anomala e di un deficit enzimatico (da 1 a
33% di attività residua, mentre negli eritrociti è superiore al 50%). Il gene è stato localizzato sul cromosoma
1 e sono state identificate 15 mutazioni. Il trattamento consiste nell'evitare esercizi intensi
Il deficit di PFK di tipo L si accompagna a lieve iperemolisi, usualmente completamente compensata.
La carenza di Triosofosfato isomerasi eritrocitaria (TPI EC 5.3.1.1) e' una rara enzimopatia trasmessa come
carattere autosomico recessivo, caratterizzata dalla triade anemia emolitica cronica, suscettibilita' alle infezioni e deficit neuromuscolari progressivi. Lo stato eterozigote, clinicamente asintomatico, e' sorprendentemente comune con una frequenza variabile da 0.1 a 5 % nella popolazione caucasica. La presenza di un doppio difetto puo' essere incompatibile con la vita, e cio' rende ragione della rarita' dei casi clinicamente manifesti.
La TPI è un enzima ubiquitario che catalizza la conversione del diidrossiacetonfosfato (DHAP) in gliceraldeide-3-fosfato (G-3-P). L'anemia emolitica e' presente fin dalla nascita; lo sviluppo psicomotorio e' invece
inizialmente normale ma, tra i 6 mesi e il 2° anno di vita, si rendono evidenti disturbi generalizzati dei motoneuroni, disfunzioni cerebellari ed arresto o regressione dello sviluppo mentale; la grave compromissione
neuromuscolare progresiva è un reperto costante, essendo stata riportata in tutti i pazienti descritti in letteratura tranne due. La maggior parte dei pazienti muore entro i 6 anni, frequentemente per infezioni ricorrenti o
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per insufficienza respiratoria acuta. Non esiste alcun trattamento per questa malattia, e la splenectomia non e'
efficace.
Lo studio molecolare dei pazienti TPI carenti ha evidenziato la presenza di circa 15 mutazioni puntiformi,
delle quali la mutazione C315 (Glu104-Asp) e' risultata la piu' frequente.
I meccanismi con cui il deficit enzimatico provoca l'anemia emolitica, il danno neuromuscolare e l'aumentata
suscettibilita' alle infezioni non sono ancora del tutto chiariti. E’stato riportato il caso di due fratelli con deficit di TPI ma diverso fenotipo clinico, uno dei quali infatti non mostrava sintomi neurologici; lo studio di
questa famiglia ha dimostrato che la compromissione neurologica nel deficit di TPI non è strettamente dipendente dalla mutazione genica, ma può essere modulata da diversi fattori. Studi recenti hanno evidenziato
che il difetto enzimatico sembra essere dovuto ad un aberrante dimerizzazione piuttosto che ad un alterata
attività catalitica, aprendo la possibilità che il deficit di TPI possa essere considerato una patologia da “misfolding” al pari di altri difetti neurodegenerativi.
Il deficit di Fosfogliceratochinasi eritrocitaria (PGK; EC 2.7.2.3) e' una rara enzimopatia, con trasmissione
legata al cromosoma X; risultano affetti solo i soggetti di sesso maschile, mentre le femmine eterozigoti possono risultare normali o presentare lieve emolisi in funzione del grado di carenza. 26 famiglie con deficit di
PGK sono state riportate in letteratura.
La PGK catalizza la conversione dell'1,3-difosfoglicerato (1,3-DPG) in 3-fosfoglicerato (3-PGD), con simultanea generazione di una molecola di ATP. E' presente in due forme isoenzimatiche, PGK-1 comune in tutti i
tessuti e PGK-2 espresso solo nell' ultimo stadio della spermatogenesi. La carenza di PGK eritrocitaria e' associata a quadri clinici estremamente eterogenei: l’anemia emolitica cronica varia da moderata a molto grave; un certo numero di pazienti possono presentare anche anormalita' neuropsichiatriche e neuromuscolari,
come ritardo mentale, labilita' emozionale, difetti di parola, tetraplegia e vari disturbi motori, che si manifestano in genere entro il 4° anno di vita. Rabdomiolisi ricorrente e' stata descritta in alcuni pazienti che, nonostante il grave deficit di PGK, non evidenziavano ne' anemia emolitica ne' anormalita' neurologiche. Crisi
iperemolitiche od aplastiche transitorie possono verificarsi in occasione di fatti infettivi nel corso di questa
malattia, il cui quadro clinico e' pero' dominato nei casi piu' severi dalle complicanze neurologiche progressive. Se esiste un'emolisi importante tale da richiedere supporto trasfusionale continuativo e' indicata la splenectomia che puo' eliminare il fabbisogno trasfusionale e migliorare l'anemia
18 differenti mutazioni sono state riportate nelle famiglie studiate, tutte private tranne una; ad oggi non è stata identificata ancora nessuna correlazione tra le caratteristiche delle diverse mutazioni e la sintomatologia
clinica.
La carenza di Esochinasi (HK, EC 2.7.1.1) è una arare eritroenzimopatia a trasmissione autosomica recessiva. 17 famiglie sono state descritte in letteratura.
L’esochinasi catalizza la fosforilazione del glucosio a glucosio-6-fosfato (G6P) utilizzando 1 molecola di
ATP. Nei globuli rossi sono espressi due isoenzimi, uno ubiquitario (HK-I) e uno eritroide-specifico (HK-R),
codificati dallo stesso gene mediante l’utilizzo di due diversi promotori.
La severità dell’emolisi cronica è in genere moderata, ma è stata riportata variare da compensata a letale in
un feto affetto. In alcuni pazienti il riscontro di malformazioni multiple non è stato chiaramente associato al
deficit.
Solo 4 mutazioni sono state identificate nel gene HK1, tra cui una delezione degli esoni 5-8 associata allo
stato omozigote a morte intrauterina.
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Il deficit di Pirimidin 5’-nucleotidasi (P5’N; EC 3.1.3.5) è la più frequente anormalità del metabolismo nucleotidico eritrocitario, con circa 100 pazienti descritti in letteratura; la trasmissione è autosomica recessiva.
La pirimidin 5' nucleotidasi degrada i nucleotidi pirimidinici uridinmonofosfato (UMP), citidinmonofosfato
(CMP) e timidinmonofosfato (TMP) presenti nell'RNA reticolocitario in fosforo inorganico e nei corrispondenti nucleosidi pirimidinici. Nei pazienti con carenza di P5’N la degradazione dell'RNA e' pertanto incompleta ed i nucleotidi pirimidinici fosforilati, ai quali la membrana cellulare e' impermeabile, si accumulano
all'interno degli eritrociti e si rendono visibili sottoforma di granulazioni basofile.
La Figura 2 riassume le caratteristiche cliniche del deficit di P5’N ottenute dall’analisi di 54 pazienti descritti
in letteratura.
Figura 2
Il quadro ematologico ricalca in linea generale quello delle anemie emolitiche croniche, con livelli di emoglobina compresi tra 5.5 e 15.2g/dL. La necessità di trasfusioni è in genere occasionale, e la splenectomia pur
non arrestando l’emolisi può migliorare l’anemia.
Circa 40 pazienti sono stati caratterizzati a livello molecolare e 24 mutazioni nel gene P5’N-1 sono state identificate; per lo più si tratta di mutazioni deleterie quali stop codon, frameshift, e alterazioni di splicing.
Il deficit di adenilato chinasi eritrocitaria (AK EC 2.7.4.3) e' una rara eritroenzimopatia associata ad emolisi
cronica e trasmessa come carattere autosomico recessivo. È stata riportata in 12 famiglie.
L'AK catalizza l'interconversione reversibile degli adeninucleotidi (ATP + AMP <---> 2 ADP). Essa e' presente in tre forme isoenzimatiche, di cui una sola (AK1) e' contenuta negli eritrociti. Nei pochi casi descritti
il quadro clinico e' quello tipico dell'anemia emolitica cronica non sferocitica, usualmente moderata. I livelli
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emoglobinici sono mediamente intorno ai 9 g/dL, con marcata reticolocitosi e lieve iperbilirubinemia a prevalenza indiretta. In rari casi il deficit di AK è associato a ritardo psicomotorio.
Il gene codificante per l'AK1 e' localizzato sul cromosoma 9; 7 mutazioni sono state descritte in letteratura
1.4 RISULTATO ATTESO
L’U.O. Ematologia 2 è in grado di garantire una assistenza globale al paziente, che viene assistito dalla diagnosi al follow-up con interventi specialistici tutti disponibili presso la Fondazione con risparmio di tempo e
risorse economiche. I pazienti possono accedere al laboratorio e agli ambulatori ed in maniera rapida possono eseguire gli accertamenti diagnostici o le terapia più adeguate, con miglioramento della loro qualità di vita
ed evitando di attendere in strutture non idonee, allungando i tempi di attesa. Una corretta e rapida diagnosi
di eritroenzimopatia evita al paziente di essere sottoposto a svariate visite specialistiche, e ad interventi terapeutici non adeguati. Inoltre, il monitoraggio delle possibili complicanze consente di intervenire prontamente
qualora si sia in presenza di una problematica medica. Infine la diagnosi molecolare comporta un beneficio
termini di consulenza genetica riguardo al rischio riproduttivo di coppia, e offre l’opportunità di una diagnosi
prenatale nei casi più gravi.
1.5 BIBLIOGRAFIA
-
Zanella A. Inherited disorders of red cell metabolism. Baillière's best practice & research. Clinical haematology. 2000, Vol 13 num.1, 1-150.
van Wijk R, van Solinge WW.The energy-less red blood cell is lost: erythrocyte enzyme abnormalities
of glycolysis.Blood. 2005 ;106:4034-42.
Zanella A, Fermo E, Bianchi P, Chiarelli LR, Valentini G. Pyruvate kinase deficiency: the genotypephenotype association. Blood Rev. 2007;21:217-31.
Zanella A, Fermo E, Bianchi P, Valentini G. Red cell pyruvate kinase deficiency: molecular and clinical
aspects.Br J Haematol. 2005;130:11-25.
Zanella A, Bianchi P, Fermo E, Valentini G. Hereditary pyrimidine 5'-nucleotidase deficiency: from genetics to clinical manifestations.Br J Haematol. 2006;133:113-23.
Beutler E.PGK deficiency.Br J Haematol. 2007 Jan;136(1):3-11.
Nakajima H, Raben N, Hamaguchi T, Yamasaki T. Phosphofructokinase deficiency; past, present and
future.Curr Mol Med. 2002; 2:197-212.
Orosz F, Oláh J, Ovádi J. Triosephosphate isomerase deficiency: facts and doubts. IUBMB Life 2006;
58:703-15.
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2. DESCRIZIONE
L’U.O. Ematologia 2 rappresenta un punto di riferimento per tutti gli individui affetti o con sospetto di anemia emolitica cronica da difetti enzimatici del globulo rosso. È localizzata all’interno del Padiglione Granelli, al primo piano. L’accesso è garantito previo appuntamento, che può essere preso di persona direttamente
presso i laboratori o telefonicamente, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 17.00.
L’U.O. Ematologia 2 è in grado di garantire non solo i test diagnostici necessari alla conferma o
all’esclusione della patologia, ma anche l’assistenza globale al paziente sia giovane che adulto, attraverso
l’interazione con numerosi specialisti presenti all’interno della Fondazione stessa. La rete interna di assistenza al paziente comprende:
-
specialista in epatologia (U.O. Medicina Interna IB)
specialista in chirurgia (U.O. Chirurgia Generale 1 e 2)
specialista in neurologia (U.O. Neurologia)
specialista in pediatria (U.O. Pediatria 1 e 2)
specialista in Genetica Medica (U.O. Genetica Medica)
2.1 Invii
I pazienti con anemia emolitica cronica possono afferire per loro iniziativa personale direttamente agli ambulatori dell’ U.O. Ematologia 2, oppure essere inviati su indicazione di medici di medicina generale e/o specialisti presenti all’interno della Fondazione stessa o di altre strutture ospedaliere di tutta Italia. I pazienti
generalmente vengono inviati per un inquadramento clinico-terapeutico o per una conferma diagnostica.
2.2 CRITERI DI INGRESSO
Il primo accesso prevede una visita ambulatoriale che viene eseguita presso l’ U.O. Ematologia 2 da un medico specialista con ampia esperienza nel riconoscimento e nella diagnosi di tali patologie. Durante la visita
il paziente viene sottoposto ad una accurata valutazione anamnestica ed all’esame obiettivo. Qualora la storia
clinica sia suggestiva per una forma di anemia emolitica da difetto enzimatico ed esista un sospetto diagnostico, vengono organizzati gli esami necessari alla conferma/esclusione della diagnosi. Tutte le indagini specialistiche vengono effettuate all’interno del Laboratorio per la Diagnosi delle anemie.
In altri casi, in particolare in casi pediatrici o in casi provenienti da diverse parti di Italia, puo’ essere richiesto il solo inquadramento diagnostico e vengono inviati al Laboratorio i campioni di sangue su cui effettuare
la diagnosi di laboratorio. In questi casi le provette sono accompagnate da un modulo di raccolta dei dati clinici ed ematologici del paziente (fornito dal nostro laboratorio).
Inoltre ove possibile viene anche effettuato lo studio famigliare, in particolare nei pazienti pediatrici.
2.3 DESCRIZIONE DEL PROCESSO – FLOW CHART / TABELLA
La diagnosi di anemia emolitica da difetto enzimatico è affidata al Laboratorio per la Diagnosi delle Anemie
che per le anemie emolitiche croniche è un punto di riferimento diagnostico e terapeutico riconosciuto a livello nazionale.
Il sospetto di anemia emolitica cronica viene posto su tre livelli diagnostici: Esami ematologici di base, caratterizzazione del difetto enzimatico, caratterizzazione molecolare.
Il flusso diagnostico e’ riassunto nel seguente schema:
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ANAMNESI PERSONALE E FAMILIARE
ESAMI EMATOLOGICI DI BASE
Emocromo
Morfologia eritrocitaria
Reticolociti
Bilirubina
Aptoglobina
LDH
Stato del ferro (sideremia, ferritina, transferrinemia, saturazione della transferrina)
I° LIVELLO
II° LIVELLO
ESAMI SPECIALISTICI
Test di lisi in glicerolo a pH 7.4 e a pH 6.85
Resistenza osmotica eritrocitaria a fresco (curva a 13 concentrazioni di NaCl) e dopo incubazione a 37°C
Pink test
EMA binding test
Test dell'autoemolisi (senza addittivi, + glucosio, + ATP)
Emoglobina libera plasmatica
Ricerca di corpi inclusi eritrocitari con (BBC)
Ricerca di emoglobine instabili
Screening delle emoglobine (HPLC)
normali
STUDIO DEL METABOLISMO ERITOCITARIO
Glicolisi: HK, GPI, PFK ,GAPD, PGK, PK, TPI, LDH, Aldolasi, Enolasi, DPGM, MPGM
Enzimi dello shunt: G6PD, 6PGD, GR, GSH-Px
Altri enzimi eritrocitari: AK, PYR 5'N, NADH diaf., PGM ,catalasi
SI
IDENTIFICAZIONE DIFETTO ENZIMATICO
NO
III° LIVELLO
CARATTERIZZAZIONE
GENE COINVOLTO
MOLECOLARE
DEL
Valutazione di altri parametri biochimici
e metabolici di enzimi sospetti:
- Composti intermedi della glicolisi
- Termostabilita'
- Km
- Ka
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RACCOLTA DELL’ANAMNESI
L’ anamnesi familiare e personale è particolarmente importante nel percorso diagnostico di questo tipo di anemie; elementi importanti sono l’ area geografica di provenienza, l’eventuale consanguineità dei genitori, la
storia personale e familiare di ittero neonatale patologico, colelitiasi, splenomegalia o splenectomia, l’ età e
le modalità di insorgenza, la durata, ripetibilità e progressione degli episodi emolitici e la loro associazione
con eventi esterni. Inoltre la concomitanza di sintomi muscolari o neurologici può indirizzare la diagnosi in
modo specifico.
ESAMI EMATOLOGICI DI I° LIVELLO
Gli esami ematologici di base consentono di confermare la natura emolitica dell’anemia, mentre l’analisi dello striscio di sangue periferico può dare utili indicazioni, sia per escludere difetti della membrana eritrocitaria, che per orientare verso specifici difetti enzimatici (ad esempio la presenza di punteggiature basofile nel
deficit di P5’N).
ESAMI EMATOLOGICI DI II° LIVELLO
La negatività agli esami specialistici per i difetti della membrana ed emoglobinici orienta verso lo studio del
metabolismo eritrocitario. Infatti, in assenza di caratteristiche di laboratorio peculiari delle eritroenzimopatie,
la diagnosi specifica viene posta in base al dosaggio quantitativo dell'attivita' enzimatica negli eritrociti mediante tecniche spettrofotometriche. L’interpretazione dei dosaggi enzimatici deve tener conto della possibilità di falsi risultati negativi, che possono essere dovuti a diversi motivi:
- contaminazione con emazie di donatore in pazienti recentemente trasfusi.
- incompleta rimozione dei leucociti (gli isoenzimi leucocitari sono più attivi di quello eritrocitario)
- mutanti cineticamente anormali che, ancorchè inefficaci in vivo, possono mostrare una attività normale od anche aumentata nelle condizioni ottimali, artificiali dei tests in vitro.
- aumentata espressione di isoenzimi usualmente non espressi negli eritrociti maturi (ad es.
l’isoenzima M2 nella PK)
- elevata reticolocitosi (per gli enzimi come l’esochinasi che mostrano un attività molto più elevata nei
reticolociti che nei globuli rossi maturi)
In questi casi il difetto funzionale dell'enzima puo' essere anche dimostrato attraverso la determinazione dei
composti intermedi della glicolisi. Ad esempio nel deficit di PK si evidenzia un aumento dei composti a
monte (2,3-DPG e 3-PGA) e una diminuzione di quelli a valle (ATP) del blocco enzimatico, mentre nel deficit di TPI una caratteristica peculiare è un accumulo di DHAP fino a 50-80 volte rispetto al normale.
Nel deficit di P5’N un ulteriore esame diagnostico consiste nell’analisi dell'estratto perclorico che evidenzia
un picco di assorbimento maggiore a 266/270 nm, corrispondente ai nucleotidi pirimidinici accumulati.
Per completare la caratterizzazione si può infine effettuare lo studio dell'enzima purificato che puo' rivelare
alterazioni dell'affinita' dell'enzima per i substrati specifici, anormalita' elettroforetiche ed instabilita' al calore.
ESAMI DI III° LIVELLO- CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE
La caratterizzazione molecolare consente di confermare la diagnosi definitiva di eritroenzimopatia associata
ad emolisi cronica e rende possibile la correlazione con il fenotipo clinico e la consulenza genetica nelle fa13
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miglie dei pazienti.
La Tabella 3 riassume i geni coinvolti nella principali eritroenzimopatie, per i quali è disponibile la diagnosi
molecolare presso l’U.O. Ematologia 2.
Tabella 3.
DIFETTO
GENE
LOCALIZZAZIONE
ESONI
Piruvato chinasi (PK)
1q21
12
LR-PK
Glucosio 6 fosfato isomerasi (GPI)
19q13.1
18
GPI
Fosfoglicerato chinasi (PGK)
Xq13.3
11
PGK1
Fosfofruttochinasi (PFK)
12q13.3
27
PFKM
21q22.3
22
PFKL
Trioso fosfato isomerasi (TPI)
12p13
7
TPI
Esochinasi (HK)
10q22
25
HK1
Pirimidin-5’ nucleotidasi (P5'N)
7p15-p14
11
P5’N1
Adenilato chinasi (AK)
9q34.1
7
AK1
Per ognuno dei geni da analizzare è stato messo a punto un protocollo di amplificazione tramite PCR della
regione codificante, delle regioni introniche fiancheggianti e del promotore. I prodotti di PCR vengono purificati e sottoposti a sequenziamento diretto.
Se l’analisi del DNA porta all’identificazione di una sola o nessuna mutazione, o per studiare l’effetto delle
varianti di splicing, si procedere con l’analisi dell’RNA estratto dai reticolociti (metodo dei polisomi) o dai
leucociti a seconda che il gene abbia un espressione tessuto-specifica o ubiquitaria.
Per quanto riguarda il gene PK-LR presso il laboratorio è disponibile anche una metodica per
l’identificazione di grandi delezioni mediante QMPSF (quantitative multiplex PCR of short fluorescent
fragments).
Una volta posta la diagnosi di eritroenzimopatia ai pazienti:
- viene fornita una consulenza in cui vengono date le informazioni inerenti la malattia, la storia naturale, la
prognosi, le eventuali complicanze mediche. Vengono inoltre descritte le basi genetiche e le modalità di insorgenza, valutato il rischio di ricorrenza della patologia e valutata la necessità di eseguire esami molecolari
sui familiari.
- viene offerto un servizio ematologico di follow-up a scadenze annuali, semestrali o trimestrali in funzione
della gravita’ del quadro clinico del paziente.
- nei casi afferenti all’ U.O. Ematologia 2 per la diagnosi ma residenti in altre localita’ italiane viene offerto
un contatto presso servizi di ematologia vicini al luogo di provenienza.
- viene rilasciato un tesserino per l’esenzione dalla partecipazione al ticket sanitario.
Laddove necessario sulla base delle condizioni cliniche del paziente, viene deciso l’approccio terapeutico.
Non esistono trattamenti specifici per le anemie emolitiche croniche da difetti del metabolismo eritrocitario,
e la terapia è pertanto essenzialmente di supporto.
La somministrazione profilattica di acido folico (1mg/die) e' consigliata per compensare l'aumentato fabbisogno di tale vitamina indotto dal piu' rapido turnover cellulare.
Il supporto trasfusionale può essere necessario nei casi di emolisi severa, in particolare nei bambini, nelle esacerbazioni occasionali dell’anemia dovute a infezioni o gravidanza, o durante le crisi aplastiche.La sple14
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nectomia non arresta l'emolisi ma e' spesso in grado di stabilizzare o migliorare i livelli di emoglobina, o
comunque di ridurre il fabbisogno trasfusionale nei casi con anemia severa. Poiche' l'incidenza di infezioni
da piogeni (soprattutto da Streptococcus pneumoniae e, in misura minore, Haemophilus influenzae e Neisseria meningitidis) e' piu' elevata dopo splenectomia, in particolare nei bambini, tale intervento dovrebbe essere
preceduto da immunizzazione con vaccini specifici e comunque ritardato se possibile oltre i cinque anni di
vita. La profilassi delle complicanze infettive post-splenectomia con penicillina e' raccomandabile. La colecistectomia può rendersi necessaria in caso di colelitiasi, ed è eseguibile per via laparoscopica. Il sovraccarico di ferro deve essere attentamente monitorato, anche nei pazienti non trasfusi, ed eventualmente trattato
con cicli di chelazione.
In tutti i pazienti viene valutata la presenza di fattori genetici di rischio aggiuntivi quali la presenza di sindrome di Gilbert per l’iperbiliribunemia e le mutazioni H63D e C282Y del gene HFE per il sovraccarico di
ferro.
Per i sintomi non ematologici delle eritroenzimopatie ad interessamento sistemico non esistono terapie efficaci.
2.4 CRITERI DI DIMISSIONE (FOLLOW-UP)
A seguito dell’inquadramento diagnostico viene impostato il monitoraggio, in maniera diversificata per i vari
pazienti e tenendo conto delle principali complicanze della patologia e delle caratteristiche cliniche del singolo individuo.
In assenza di complicanze in atto, i pazienti vengono richiamati annualmente o semestralmente per eseguire
la visita ambulatoriale, gli esami ematologici e gli esami strumentali.
Le diverse visite e gli esami strumentali vengono concentrati in un’unica giornata al fine di garantire una
maggiore sinergia tra gli specialisti ed un maggior controllo da parte del coordinatore, oltre che di venire incontro alle esigenze del paziente, che vede in questo modo di poco limitata la gestione e l’organizzazione
della vita quotidiana.
Il monitoraggio ematologico delle anemie emolitiche croniche comprende: esame emocromocitometrico con
formula leucocitaria, reticolociti, marcatori di emolisi, stato del ferro, funzionalità epatica e renale.
Per quanto riguarda gli esami strumentali, questi includono in particolare l’ecografia addominale e
l’ecocardiografia.
In caso di accumulo di ferro può essere necessaria la biopsia epatica o la valutazione del sovraccarico mediante biosuscettometria magnetica (superconducting quantum interference device, SQUID) o RMN cardiaca
ed epatica.
Ricevuti gli esiti di tutti gli esami strumentali, al paziente viene fornita, oltre ad una copia di tutti i referti,
una relazione conclusiva, dove vengono riportate le consulenze dei vari specialisti.
3. MONITORAGGIO
3.1 MODALITÀ ADOTTATE
Ad oggi sono disponibili solo dati preliminari che permettono comunque di affermare che questo percorso
diagnostico-terapeutico si è rivelato ottimale per la gestione del paziente in termini di beneficio socioeconomico.
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