Storia della chirurgia refrattiva

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Storia della chirurgia refrattiva
Introduzione
La Chirurgia Refrattiva rappresenta una branca dell'oftalmologia che si propone di ottenere la correzione
dei difetti di refrazione con tecnica chirurgica o parachirurgica.
Inizialmente la chirurgia incisionale (cheratotomia radiale) grazie a Sato e successivamente a Fyodorov e negli
ultimi anni l'avvento del laser ad eccimeri hanno fatto si che questa branca dell'oftalmologia raccogliesse un
sempre maggior consenso tra gli addetti ai lavori. Infine , ma non ultime vanno ricordate le tecniche d’impianto di
Lente Intra Oculare (IOL), precedute o no dall’asportazione del Cristallino naturale; le prime (Asportazione del
cristallino con impianto di IOL in camera posteriore) sono utilizzate prevalentemente in soggetti adulti; le
seconde (Impianto di Intra Contact Lens - ICL) sono preferite in soggetti con miopia elevata ma in più giovane
età, al fine di salvaguardare il meccanismo ancora attivo dell’accomodazione.
Gli oltre 400.000 interventi di PRK fino ad oggi eseguiti per la correzione chirurgica della miopia, possono dare
già un'idea di quale sia la reale dimensione di un tipo di chirurgia che sempre di più si sta affermando.
Inizialmente il motivo che spingeva i pazienti a questa chirurgia era essenzialmente costituito da motivazioni di
carattere estetico, gli occhiali si sa non sempre sono accettatiti serenamente, molti di questi pazienti venivano da
un'esperienza di lenti a contatto che con l'andare del tempo non erano più tollerate e di tornare ad inforcare un
paio di occhiali non volevano sentirne più parlare.
Col tempo le metodiche diventavano sempre più diffuse e nella gente aumentava sempre più la fiducia per
questo tipo di chirurgia che per altro diventava sempre più affidabile.
Oggi non sono più solo delle motivazioni estetiche che spingono i pazienti a scegliere tra un occhiale, una lente a
contatto e un intervento di chirurgia refrattiva, ma è subentrata in tantissimi casi anche una vera e propria
esigenza di tipo funzionale, di praticità e professionale. Oggi sempre di più anche nei casi di miopie base i
pazienti preferiscono optare per una soluzione chirurgica.
In altri termini possiamo affermare che questa chirurgia è uscita da quella fase di scetticismo iniziale con la quale
era commentata non solo dai pazienti , ma anche e soprattutto da parte di molti medici.
Oggi quindi questa chirurgia sta vivendo un periodo di boom sotto tutti gli aspetti, non solo si esegue, ma se ne
parla e soprattutto sempre più sono i giovani medici che si avvicinano a queste procedure.
Storia
1
Chirurgia refrattiva: branca della chirurgia oftalmica del segmento anteriore, che mira a correggere i difetti di
refrazione dell'occhio modificando le componenti ottiche oculari.
Con tutta probabilità gli antichi egizi furono i primi ad identificare e a cercare di porre rimedio ai vizi di refrazione.
Aristotele nel IV secolo A.C. descriveva la miopia come disturbo specifico dell'occhio e l'ipermetropia come una
condizione refrattiva relativa all’età'.
Nel X secolo A.D. Al-Hazen nell'impero dell'est formulò importanti teorie che diedero un contributo fondamentale
nel capire la natura della luce e della visione.
Nel XIII secolo il monaco Roger Bacon propose per primo l'utilizzo di lenti per la correzione di vizi di refrazione.
(Lente d’ingrandimento per la visione da vicino).
Sempre nel XIII secolo gli occhiali fecero la loro comparsa per la prima volta in Europa e precisamente a
Venezia, probabilmente Marco Polo li importò dalla Cina.
Nel XVII secolo Johannes Keppler spiegava in modo definitivo quelle che erano le alterazioni del diottro oculare
che inducevano alla miopia.
Nel tardo ottocento l'oftalmologo olandese Franz Donders differenziò ipermetropia da presbiopia e descrisse per
primo l'astigmatismo come fenomeno dovuto a curvature disuguali dei meridiani corneali.
Differenziamo la chirurgia refrattiva in:
incisionale
lamellare
mediante impianto di IOL
Chirurgia refrattiva incisionale
A metà del XIX secolo un enorme sviluppo ebbe la chirurgia della cataratta grazie ad Albrecht von Graefe, ma
nello stesso tempo si sollevò il problema dell'astigmatismo post-operatorio.
L'oftalmologo olandese Herman Snellen successivamente differenziò l'astigmatismo in secondo e contro regola e
nel 1869 affermò che in caso d’astigmatismo un’incisione corneale perpendicolare al meridiano più curvo
avrebbe indotto un appiattimento su quel meridiano.
Schiotz (1885) in Norvegia fu il primo ad eseguire un’incisione corneale per la correzione dell'astigmatismo.
La stessa cosa fu fatta in Olanda da Faber (1895) (incisioni penetranti).
La prima incisione corneale trasversale (a T così come sarebbe definita oggi) non penetrante fu fatta da William
Bates alla fine del XIX secolo (1894).
Nello stesso periodo Lucciola (1896) in Italia eseguì dieci interventi incisionali per la correzione dell'astigmatismo
seguendo gli stessi principi.
Nel 1898 l'olandese Leendert Jan Lans eseguì un lavoro sull'argomento eseguendo interventi su occhi di coniglio
definendo così i principi della cheratotomia radiale:
- la cornea si appiattisce nel meridiano dell'incisione
- le incisioni profonde producono un appiattimento maggiore
- la guarigione delle incisioni ne diminuisce l'effetto
- l'appiattimento nel meridiano dell'incisione causa un incurvamento del meridiano opposto.
I primi tentativi quindi di modificare il potere diottrico dell'occhio mediante l'esecuzione di incisioni lineari sulla
cornea risalgono al lontano 1880.
Bates-Schoetz-Lans (880-890) in questi anni furono i pionieri della moderna chirurgia refrattiva, pubblicarono una
serie di lavori nei quali si descriveva una metodica chirurgica per la correzione dell'astigmatismo mediante
l'applicazione di incisioni lineari praticate nel meridiano più refrattivo.
Già in queste pubblicazioni emerse uno di qui concetti che a tutt’oggi è alla base di questa chirurgia: l'effetto
correttivo delle incisioni era strettamente collegato alla profondità con cui venivano praticate nel tessuto
corneale.
Bisogna aspettare il 1939 perchè l'argomento venisse ripreso e meglio studiato. A questo pensò Sato che
pubblicò tutta una serie di lavori sulla modificazione del potere refrattivo corneale mediante incisioni lineari
posteriori ed anteriori.
2
Per prima praticò delle incisioni sulla Descemet per ottenere l'appiattimento in un caso di cheratocono,
successivamente pensò di correggere un astigmatismo e quindi appiattire solo un meridiano corneale per poi
descrivere una tecnica di appiattimento dell'intera superficie corneale per la correzione della miopia mediante
incisioni assosimmetriche sempre a localizzazione posteriore.
Sempre Sato descrisse la tecnica per le miopie elevate mediante l'esecuzione di incisioni posteriori ed anteriori,
arrivò a programmare interventi che prevedevano l'esecuzione di 80 incisioni.
Come si può immaginare le conseguenze furono a dir poco disastrose (In una pubblicazione del 1984 venivano
riportati i risultati di 69 occhi operati da Sato con Follow-up di due decenni, nell'86% dei casi si evidenziava una
cheratite bolloso).
Come spesso accade dall'esperienza negativa delle tecniche di Sato ci fu chi ne seppe trarre le giuste
conclusioni.
Dal 1972 al 1979 Fyodorov, Durneve e Yenaliev avendo intuito che il punto debbole della tecnica di Sato era il
grave danno all'endotelio che veniva indotto dalle incisioni posteriori, eseguirono un notevole numero di radiali
ma questa volta praticando solo delle incisioni anteriori.
Spetta però a Fyodorov il grande merito di aver messo un pò di chiarezza sul ruolo delle molteplici variabili in
grado di influenzare il risultato in questa tecnica e di averle studiate statisticamente.
Evoluzione della tecnica
Nel corso di questi anni la tecnica si è sempre di più affermata e a tutt'oggi rimane la metodica più diffusa per la
correzione chirurgica della miopia.
Da una prima fase che si può definire refrattiva in cui l'unico scopo era quello di correggere ogni grado di miopia
e si faceva di tutto pur di appiatture la cornea (numero elevato di incisioni, zona ottica minima, microperforazioni,
allargare le incisioni mediante l'applicazione di oculopressori) preoccupandosi poco di altre problematiche.
Si passa poi ad una fase che potremmo definire di tipo "morfologico" in cui l'intendimento del chirugo è si rivolto
alla correzione del vizio refrattivo ma nel rispetto di altri parametri come quello della morfologia corneale e della
prevedibilità dei risultati; ecco quindi che si inizia a porre dei limiti alle miopie da trattare (6-8dt) e la tecnica viene
notevolmente migliorata sia nella preparazione pre- opreratoria mediante esami più sofisticati(pachimetrie,
topografia, decentramento pupillare, incisioni a profondità differenziata e isometriche).
Si arriva poi ad una fase in cui fatti saldi certi concetti , l'attenzione viene rivolta ad un maggiore rispetto del
tessuto corneale.
Si cerca di potenzianre la qualità dei taglienti e a cercare di capire i processi di guarigione dei tessuti.
Variabili in grado di influenzare il risultato refrattivo della tecnica:
-refrazioni
-situazioni anatamoche
-variabili legate all'incisione (numero, lunghezza, profondita' e modalita' di esecuzione)
-zona ottica: ogni aumento della zona ottica di 0.5mm comporta una diminuzione dell'effetto correttore di 1 D con
un programma da 8 incisioni.
-variabili quali età, sesso, pressione, rigidità corneale ecc.
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-variabili anatomiche: legate alla conformazione della cornea sia dal punto di visto micro che macroscopico
-esiste poi una variabile biologica strettamente legata alla risposta dei tessuti al trauma chirurgico che consiste
nel fenomeno di cicatrizzazione e quindi guarigione dei tessuti.
-anche la terapia farmacologica è in grado di influire sul risultato finale.
Chirurgia refrattiva lamellare
“Chirurgia lamellare"; questo termine indica metodiche che per ottenere il risultato refrattivo desiderato effettuano
una modifica del profilo corneale anteriore; ciò può essere ottenuto agendo in differenti modi: o modellando una
lamella corneale prelevata dalla cornea del paziente, è questa la tecnica di cheratomileusi, o ponendo sulla
cornea del soggetto una lamella corneale adeguatamente modellata e ricavata da un occhio di donatore: tecnica
di epicheratofachia; oppure inserendo nello stroma corneale una lamella refrattiva, è questa la cheratofachia .
Rispetto ad altre metodiche refrattive, come la cheratotomia radiale (RK), queste tecniche richiedono
apparecchiatura più sofisticate, ma soprattutto maggiore esperienza chirurgica per ottenere soddisfacenti
risultati anatomici e funzionali.
classificazione delle tecniche di chirurgia lamellare della cornea
Sotto la denominazione di chirurgia lamellare refrattiva della cornea vengono incluse tutte le tecniche chirurgiche
che comportano la sottrazione, l'aggiunta, la sostituzione o il taglio di una sottile lamina, dal latino lamella, di
cornea.
L'obiettivo della chirurgia refrattiva corneale è quello di modificare il potere corneale in modo da variare il potere
diottrico dell'intero sistema oculare.
Le tecniche di chirurgia cheratorefrattiva sono numerose; seguendo lo schema di Josè Barraquer,
esse
possono essere così classificate:
A) per sottrazione di materiale
B)
per addizione
C)
per sostituzione
D)
per taglio
E)
tecniche miste
A)
Le tecniche per sottrazione sono:
- Cheratomileusi (KM) miopica (MKM)
o ipermetropica (HKM)
- Fotoablazione comeale superficiale refrattiva (FACS o PRK) per miopia, ipermetropia, astigmatismo.
B) Le tecniche per addizione comprendono:
- Cheratofachia (KF)
- Lenti intracomeali alloplastiche
- Epicheratoplastica o epicheratofachia (KME)
C)
-
Le tecniche per sostituzione
Cheratomileusi omoplastica
Cheratoplastica lamellare (LK)
D) Tecniche per taglio di tessuto
- Cheratotomia laminare (KL)
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E) Tecniche miste
- Cheratomileusi ipermetropica associata a cheratofachia
-Epicheratofachia ipermetropica associata a cheratofachia
-Cheratoplastica lamellare associata a reshaping comeale delle superfici trattate mediante Excimer laser.
TABELLA
TECNICHE DI CHIRURGIALAMELLARE REFRATTIVA
l.
2.
l.
2.
3.
l.
2.
I.
l.
2.
3.
A.
Tecniche per sottrazione:
cheratomileusi (miopica, ipermetropica)
fotoablazione comeale superficiale refratti va (FACSR) (miopia, ipermetropia, astig matismo)
B.
Tecniche per addizione:
cheratofachia (ipennetropia)
lenti intracomeali alloplastiche (ipennetro pia, miopia, cheratocono).
epicheratoplastica (ipermetropia, miopia, cheratocono).
C.
Tecniche per sostituzione:
cheratomileusi omoplastica (miopia ed iper metropia con o senza opacità comeali su perficiali).
cheratoplastica lamellare (opacità comeali superficiali)
D.
Tecniche per taglio di tessuto:
Cheratotomia lamilare (ipermetropia)
E.
Tecniche miste:
Cheratomileusi ipertnetropica associata a cheratofachia (ipennetropia elevata)
Epicheratofachia ipermetropica associata a cheratofachia
Cheratoplastica lamellare associata a resha ping corneale delle superfici trattate me diante Exeimer laser.
classificazione delle tecniche in base al rapporti delle curvature corneali
Le tecniche lamellari per sottrazione, addizione o sostituzione del tessuto possono poi a loro volta essere
classificate in due grandi gruppi:
-tecniche che modificano la curvatura della cornea conservando la relazione esistente fra le sue superfici.
-tecniche che modificano la curvatura di una od ambedue le superfici comeali variando la relazione originale
esistente fra di loro.
Nel primo gruppo si considerano:
Innesti corneali superficiali: l'intervento comporta la sostituzione di una porzione di cornea con un'altra di
donatore (cheratoplastica lamellare); la porzione sostituita può essere sottile o spessa, di piccole od ampie
dimensioni, omoplastica od autoplastica.
Questo tipo di intervento ha uno scopo refrattivo nel senso che si propone nella gran parte dei casi la
sostituzione di tessuto alterato con altro di migliori qualità anatomiche ed ottiche; non è però un intervento che
si propone scopi puramente refrattivi nel vero senso della parola.
Inclusi intrastromali: l'operazione consiste nell'inserimento entro lo spessore del parenchima comeale di un
impianto sintetico con lo scopo di modificare la curvatura delle due facce della cornea.
Nel secondo gruppo si considerano i metodi che modificano la curvatura di una o di ambedue le superfici
corneali: possono agire per resezione, innesto od inserzione di tessuto.
Per ridurre il potere diottrico della cornea devono rimuovere tessuto nel centro della cornea od aggiungerlo in
periferia; viceversa per aumentare il potere diottrico devono aggiungere tessuto al vertice corneale o sottrarlo in
periferia (Legge degli Spessori di Barraquer).
Resezione: consiste nella rimozione di una porzione di tessuto comeale parenchinale di forma e spessore
preciso che consente la variazione di curvatura di una o di ambedue le superfici corneali (cheratomileusi
miopica ed ipermetropica).
Innesto:
consiste nella sostituzione di una parte di cornea con un'altra proveniente da donatore con
spessori, superfici, forma e dimensioni che possono essere differenti da quella rimossa per raggiungere lo
scopo ottico prefissato (cheratomileusi omoplastica miopica ed iperrnetropica).
Inclusione: consiste nella introduzione di un impianto entro lo spessore della cornea. L'impianto può essere
autoplastico, omoplastico od alloplastico; può essere superficiale o profondo, centrale o periferico
(cheratofachia ecc.).
Sovrapposizione:
consiste nell'applicare sulla superficie comeale un lenticolo omoplastico di potere ottico
positivo, negativo o neutro (epicheratofachia).
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Seguendo la classificazione delle tecniche per sottrazione, addizione, sostituzione, taglio, miste, viene ora fatta
una breve descrizione dei vari interventi.
A)
Tecniche per sottrazione
Cheratomileusi miopica e ipermetropica
L'intervento è stato ideato da Josè Ignacio Barraquer nel 1949 ed è stato realizzato per la prima volta su un
paziente nel 1964; esso è stato concepito per correggere elevate miopie ed elevate ipermetropie; oggi viene
usato soprattutto per miopie comprese fra otto e venti diottrie (7, 68, 78).
L'intervento originale di Barraquer consiste nella rimozione con il microcheratomo di una lamella comeale a
facce parallele di diametro e spessore predeterminato; essa viene poi modellata al criotornio e resa refrattiva;
poi la lamella di tessuto viene riposizionata nel suo letto comeale e suturata.
La tecnica funziona modificando la curvatura anteriore della cornea lungo l'asse visivo rimovendo tessuto
centrale (miopia) o periferico (ipennetropia).
La tecnica è concettualmente brillante ma l'esecuzione presenta non poche difficoltà; l'intervento deve essere
molto preciso perchè ogni errore può comportare inconvenienti di ordine refrattivo, ottico ed anatomico.
In questi ultimi anni la cheratomileusi ha subito parecchie innovazioni; l'intervento può essere ora eseguito con
varie metodiche:
- con tecnica originale di Barraquer che prevede il congelamento della lamella ed il taglio refrattivo sulla faccia
stromale della lamella con il criotornio (4, 5, 80).
- con la tecnica di Krumeich cioè senza congelamento e con taglio refrattivo planare sulla faccia stromale della
lamella (38).
- con la tecnica di Ruiz senza congelamento e con taglio refrattivo sullo stroma del letto corneale; questa tecnica
è utilizzabile solo per la miopia.
- con la tecnica di Buratto: eseguendo il taglio refrattivo con l'excimer laser; questo può essere eseguito sia sulla
faccia stromale della lamella che su quella del letto stromale.
La terza tecnica è utilizzabile solo per la miopia; le altre tre sono teoricamente valide anche per l'ipermetropia
ma in realtà sono praticate soprattutto per la miopia medio-elevata.
Le tecniche di cheratomileusi sono essenzialmente quattro:
- tecnica di Barraquer
- tecnica di Krumeich
- tecnica di Ruiz o cheratomieusi in situ
- tecnica di Buratto
Cheratomileusi di Barraquer
La tecnica di Barraquer, da cui concetti essenziali prendono origine tutte le altre tecniche, utilizza un
microcheratomo, micropialla basatta sui concetti della pialla dei falagnami, e un Criolathe, particolare tornio per
la lavorazione refrattiva del lenticolo corneale congelato.
Il cryolathe di Barraquer viene costruito dalla Steinway Instrument Company di San Diego, è un tornio per lenti a
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contatto sferiche modificato. Con il cryolathe è possibile modellare una lamella corneale a facce parallele solo
dopo che questa in seguito ad opportuno congelamento abbia acquisito una consistenza rigida.
La tecnica per tutta una serie di motivi non ha avuto una notevole diffusione anche se dal 64 all’87 sirca 7.000
cheratomileusi miopiche e 3.000 cheratomileuisi ipermetropiche sono state eseguite all’Istituto Barraquer in Sud
America.Tra le varie complicanze legate a questa tecnica, oltre a quelle legate alla complessità delle
apparecchiature e dei normogrammi bisogna sottolineare quella legata alla congelazione del lenticolo che causa
una perdita di circa l’80% dei cheratociti della lamella.
Cheratomileusi planare tecnica di Krumeich
Questa procedura permette una lavorazione a fresco, quindi senza la necessità di congelare il lenticolo, del
tessuto corneale.
Il BKS 1000 ( Barraquer-Krumeich-Swinger Set) è l’apparecchio utilizzato per effettuare la “cheratomileusi
planare” e sostitisce il microcheratomo e il cryolete dalla precedente tecnica.
Il BKS 1000 permette mediante un microcheratomo di eseguire la cheratectomia della cornea del paziente e
successivamente di “modellarla” opportunamente senza congelamento del lenticolo, in base al difetto refrattivo
che si vuol correggere, mediante il così detto “banco di lavoro”.
La grossa innovazione in questa tecnica è rappresentata dal banco di lavoro che va a sostituirsi al cryolete.
Il bench è un apparecchio che consente di fissare in maniera adatta il lembo, ricavato con il microcheratomo, per
permetterne la sua successiva lavorazione refrattiva.
Quando il bench è assemblato ed il lenticolo è in sede con la parte epiteliale rivolta verso il piano del banco di
lavoro, dal gruppo motore del BKS viene creta una suzione sulla superficie epiteliale attraverso una serie di fori
situati nella porzione centrale del die (supporto rigido intercambiabile), in tal modo il lenticolo corneale viene
aspirato e fissato dalla pressione negativa che si viene a creare; mediante tale vuoto e l’ulteriore fissazione
fornita da un anello dentato, si ottiene un’ottima stabilità e immobilità del lembo che consente di eseguire il taglio
refrattivo con buoni risultati. Quindi in questa tecnica non più una lavorazione refrattiva del lenticolo mediante
cryolete ma un secondo taglio refrattivo sulla faccia interna del lenticolo e su riposizionamento in sede mediante
sutura.
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Tecnica di Ruiz o cheratomieusi in situ
L’obiettivo di questa tecnica è quello di appiattire il profilo anteriore della cornea mediante la rimozione di un
lenticolo stromale positivo, il cui spessore e diametro dipendono dal grado di miopia che si vuol correggere.
Con questa tecnica vengono evitate alcune delle complicanze legate alla tecnica di Barraquer e di Krumeich,
come per esempio il congelamento del lenticolo o il suo corretto centraggio sul tornio, al posizionamento del
lenticolo nel die ed al taglio refrattivo sul banco di lavoro.
Lo strumento impiegato per questa metodica è il “ Kerakon” messo a punto dalla ditta Optikon.
Mediante il microcheratomo si esegue una cheratectomia non refrattiva di diametro di 7,2 ( da 6 a 9 mm. Di
diametro) e con spessore da 175 a 180 micron.
Successivamente si esegue una seconda cheratectomia di diametro e spessore inferiori, predeterminati dai
normogrammi forniti, tale da asportare un lenticolo stromale positivo in base al valore di miopia che si vuole
correggere. La fase più delicata dell’intervento consiste nel far coincidere perfettamente il lenticolo secondario e
quello primario con l’asse visivo del paziente in modo tale da evitare distorsioni della zona ottica.
Tecnica Lasik
Tra le varie tecniche oggi in uso per la correzione dei vizi di refrazione la LASIK (laser in situ keratomileusis) è
quella che più di tutte sta appassionando e sta facendo discutere gli oftalmologi che della chirurgia refrattiva
fanno il loro interesse maggiore.
Questa tecnica, che combina un taglio lamellare non refrattivo della cornea, eseguito con microcheratotomo ad
avanzamento automatizzato, con una fotoablazione laser sul letto stromale si basa sui principi originali della
cheromileusi stabiliti dal dott. Jose Barraquer, 40 anni fa (1949).
La tecnica originaria (cheratomileusi KM ) del dott. Barraquer ideata per la correzione della miopia consisteva
essenzialmente in una resezione di un cappuccio corneale e nella sua lavorazione refrattiva mediante l'utilizzo
del cryolathe, un particolare tornio che consente la lavorazione refrattiva del lembo corneale previo
congelamento dello stesso.
Questa tecnica , alla quale va riconosciuto il merito di aver aperto le porte alle moderne tecniche di chirurgia
refrattiva, in origine non ebbe grossi riconoscimenti, e questo essenzialmente per una serie di motivi:
-comlpessità nel suo utilizzo del cryolathe,
-necessità di congelare il lembo corneale, rendendone completamente avitale la sua struttura cheratocitica
-la difficile interpretazione di nomogrammi
La tecnica successivamente fu rivista e rielaborata da altri chirurghi, i quali grazie anche allo sviluppo di nuove
tecnologie ne apportarono modifiche tali da renderla più semplice e più affidabile.
Uno dei problemi maggiori della tecnica originaria fu superato dall'avvento della tecnica planare senza
congelamento di Krumeich, ci si liberava dalla necessità del congelamento del lembo e veniva introdotto il
concetto di lavorazione a scopo refrattivo, di lembi di tessuto corneale cheratectomizzato.
Ruiz negli anni successivi con l'introduzione di una metodica modificata e di un nuovo microcheratomo ha dato
un ulteriore slancio alla diffusione di questa tecnica.
Bisogna però riconoscere che la sua tecnica" in situ" pur presentandosi in apparenza semplice e veloce, in
realtà non era scevra da rischi e le complicanze erano piuttosto frequenti, legate alla necessità di una doppia
cheratectomia con microcheratomo.
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Oggi l'avvento del laser ad eccimeri nel campo oftalmologico ha dato la possibiltà di sviluppare nuove tecniche di
chirurgia refrattiva e di riproporre all'attenzione del mondo scientifico una più moderna e sicura rielaborazione
della vecchia cheratomileusi .
Questa tecnica prende il nome di LASIK o meglio ELISK (in situ o sul lembo). (LASIK = Laser in situ
Keratomileusis), (ELISK = Excimer Laser Intra Stromal Keratomileusis).
La LASIK, come tecnica chirurgica fu introdotta, progettata e sviluppata presso l'università di Creta e al
Vardinoyannion eye institute di Creta dal dott. Pellykaris.
I primi studi su occhi di animali iniziarono nel 1987 usando un laser ad eccimeri Lambda Physik e un
microcheratomo con disegno speciale ,progettato per eseguire dei lembi da 150 micron di spessore.
Il tutto era abbasatnza simile alla mileusi di Barraquer con la sola differenza che la lovorazione a scopo refrattivo
del lenticolo non veniva eseguitocon il cryolate ,ma mediante eccimeri e sul letto stromale.
Nel 1989 il Dott. Gholam Peyman brevettò la metodica della cherotomileusi in situ
publicandola su
Ophthalmology (96: 1160-1170, 1989).
Il dott. Lucio Buratto esegui' il primo intervento di associazione (mileusi-eccimeri) nell'ottobre del 1989.
Nel 1990 Pellikaris ha proposto la "cheratomileusi laser in situ" ( LASIK), in cui la fotoablazione refrattiva veniva
praticata al di sotto di un lembo corneale ed ha presentato uno studio istopatologico molto accurato su un vasto
numero di occhi di conigli trattati con tale metodica.
Nel 1992 Buratto ha presentato la "cheratomileusi laser intrastromale" ed ha presentato una casisistica di 30
occhi trattati con un'ablazione laser eseguita sulla faccia profonda di un lembo corneale di 300 micron. asportato
con un microcheratomo (free cap)
In seguito alcuni autori hanno abbinato le due tecniche, praticando un lembo corneale (flap) con il
microcheratomo, eseguendo la fotoablazione laser sul letto stromale e riposizionando il lembo in situ senza
sutura (Ruiz, Slade, Waring, Updegraff, Barraquer).
Oltre all'avvento della tecnologia laser molte altre cose sono cambiate nella chirurgia lamellare , esempio palese
ne è il microcheratomo.
Oggi grazie ai nuovi microcheratomi è possibile ottenere lembi corneali con una resezione ottimale legata al
costante, omogeneo e preciso movimento del microcheratomo ad avanzamento automatizzato lungo le guide
dell'anello di suzione.
Nelle prime tecniche di cheratomileusi essendo il movimento del
microcheratomo manuale e quindi poco
standardizzabile e ripetibile risultava difficile ottenere un lembo con caratteristiche di omogeneità e di spessore
tale da poter garantire una buona prevedibilità refrattiva nel post-opertorio.
Successivamente le superfici di scorrimento e di attrito tra anello di suzione e microcheratomo sono state
migliorate permettendo così uno
scorrimento più omogeneo e costante,così facendo sono state ridotte le
possibilità di interruzioni o irregolarita della fase di cheratectomia.
Tutte queste migliorie apportate alla strumentazione necessaria all'intervento ha portato al raggiungimento di
tagli spessimetricamente
e qualitativamente perfetti, condizione questa che ha permesso il raggiungimento di
risultati refrattivi ottimali. L'introduzione dei microcheratomi automatizzati ha costituito un altro posso avanti
nell'affidabilità della tecnica chirurgica.
Il microcheratomo ALK prodotto dalla Chiron Vision è stato il primo microcheratomo con avanzamento e
taglio completamente automatizzati.
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I vantaggi di un sistema in cui l'oscillazione della lama e l'avanzamento della stessa sono perfettamente
sincronizzati, possono riassumersi in:
* aumento della accuratezza
E' grazie all'automatismo infatti che si possono ottenere dei precisi tagli corneali di spessore e diametro
predefiniti.
* standardizzazione della procedura
La cheratectomia con ALK automatico garantisce gli stessi precisi movimenti di taglio, ad ogni procedura e, con
operatori diversi.
* tempo di apprendimento della tecnica notevolmente ridotti
La tecnica chirurgica Lasik con il microcheratomo automatico chiron, richiede un tempo di apprendimento minore
non dovendo l'operatore gestire l'avanzamento ed il ritorno del microcheratomo.
La LASIK quindi non è altro che un'evoluzione di tutte le altre tecniche che l'hanno preceduta, senza le quali la
cheratomileusi sarebbe ancora legata a primordiali strumenti complessi ed obsoleti come il cryolathe.
Senza dubbio l'entrata in scena dell'Excimer laser ha enormemente contribuito a modificare il concetto di
modellazione e lavorazione dello stroma corneale, fino ad ora legato a taglienti meccanici e strumentali come il
microcheratomo che, seppur preciso, è uno strumento che ha i suoi limiti, specialmente nella qualità della
resezione refrattiva. Il lase ad Eccimeri offre un'ablazione di indiscussa precisione micrometrica, una calibrazione
computerizzata, una pressochè completa atraumaticità dei tessuti e delle strutture adiacenti alle zone
interessate, una insignificante reazione tissutale all'ablazione, quando questa venga portata in modo diretto sulle
porzioni dello stroma anteriore (senza cioè interessamento della Bowman), così come avviene nel caso di una
cheratomileusi. Proprio questo ultimo punto rappresenta la differenza sostanziale tra una tecnica lamellare ed
una tecnica di superficie come la PRK, in cui la reazione post-ablativa tissutale è proporzionale all'intensità, alla
profondità ed alla forma dello scavo ablativo e conseguente, per buona parte, all'ablazione diretta della
membrana di Bowman.
La creazione di un disco corneale mediante la cheratectomia lamellare separa invece la Bowman dal restante
stroma da ablare e questo fa la differenza sia nel senso della reazione istologica, sia nel decorso post-chirurgico
e del recupero funzionale.
La ricerca di una nuova metodica di chirurgia refrattiva è stata stimolata dal fatto che la PRK tecnica refrattiva
sempre più utilizzata nel corso degli ultimi anni, non ha dimostrato una completa sicurezza, efficacia e
prevedibilità nelle miopie maggiori di 6 diottrie. Questi dati sono stati ricavati dai circa 400.000 trattamenti in PRK
eseguiti in occhi miopi.
Nella correzione delle miopie maggiori di 6 diottrie la PRK presenta due problemi principali:
1-la regressione, legata sia alla risposta cicatriziale stromale sia alla guarigione epiteliale, già da sola può essere
responsabile di ipo o ipercorrezioni rendendo il risultato finale non prevedibile
2-l'insorgenza di heze, tra il primo e il dodicesimo dese dall'intervento.
.
10
Vantaggi della cheratomileusi:
ampio range refrattivo
rapido recupero funzionale
buona prevedibilità
buona stabilità refrattiva
discreta possibilità di riparare ad errori
refrattivi
Inconvenienti:
- lungo training
- tecnica difficoltosa
- costi elevati
In conclusione la cheratomileusi è una tecnica valida, anche se difficile; con un adeguato training offre ottimi
risultati refrattivi e funzionali.
Fino ad ora sono stati eseguiti più di diecimila interventi di cheratomileusi prevalentemente con la metodica di
Barraquer.
2. Fotoablazione corneale superficiale refrattiva (FACSR) per miopia, ipermetropia ed astigmatismo.
L’avvento dei laser ad eccimeri
Nei primi anni 70 il boom dell'industria elettronica rese necessario lo sviluppo di tecnologie tali da incrementare
lo sviluppo di questo settore.
Furono approntati importanti piani di ricerca ai quali partecipava anche l'aereonautica militare statunitense che
nell'ambito di un proprio piano di ricerca arrivò alla costruzione del primo laser ad eccimeri. Nel 1975 il laser ad
eccimeri veniva già utilizzato nel campo dell'elettronica per effettuare microincisioni di altissima precisione su
degli elementi di microcircuiti per computer.
Successivamente il ricercatore R. Srinivasan, che si occupava dell'argomento, essendo coinvolto in programmi
di ricerca per conto dell'IBM, dopo anni di sperimentazione condotte sull'utilizzo dell'eccimeri per la scolpitura di
polimeri organici e silicone prospetto insieme a S. Trokel la possibilità di utilizzare la stessa tecnologia per
scolpire ed incidere il tessuto corneale.
R. Srinivasan e S. Trokel nel 1983 sull'American Journal of Ophthalmology pubblicarono il primo lavoro che
descriveva in modo dettagliato l'utilizzo di questa tecnologia per l'esecuzione di incisioni
corneali."fotocheratectomia refrattiva" (PRK).
Successivamente si pensò di utilizzare il laser ad eccimeri per scolpire la parte centrale anteriore della cornea al
fine di correggere i vizi di refrazione.
11
La tecnica, denominata con sigla americana PRK (Photo Refractive Keratectomy) è stata ideata dagli studiosi
che per primi si sono occupati della studio della ablazione di tessuti mediante laser (Trokel, l'Esperance ecc.);
consiste nel correggere lievi ed elevate miopie mediante distruzione (ablazione) di tessuto corneale superficiale
con l'ausilio di un excimer laser alla lunghezza d'onda di 193 mm.; l'exeimer laser rimuove tessuto in modo
molto regolare, con bordi precisi, senza modificare le porzioni adiacenti o sottostanti senza alterare la struttura
molecolare.
Lo strumento è computerizzato e l'emissione laser avviene con impulsi di frequenza predeterminati ed energie
prefissale.
La tecnica è stata studiata per essere eseguita in superficie, ma dopo cheratectomia con microcheratono può
essere realizzata anche nel tessuto stromale. Se eseguita in superficie: - evita l'uso di taglienti sulla cornea - è
programmabile con computer - è eseguibile con sola anestesia di superficie - è una procedura rapida.
Svantaggi
- ablazione parziale o totale della membrana
di Bowman
- corregge (attualmente) solo basse ametropie
miopiche
- costi elevati
-stabilità refrattiva solo nelle basse correzioni. Conclusioni: gli studi sono in corso; la tecnica richiede la
confenna del tempo ed un perfezionamento tecnico; è comunque prevedibile che l'excimer laser o un laser
similare soppianti entro breve tempo ogni altra strumentazione di chirurgia refrattiva.
B)
Tecniche per addizione
Cheratofachia per l'ipermetropia
Il concetto di eseguire una cheratoplastica refrattiva alterando lo stroma corneale e quindi anche la superficie
con l'inclusione di un lenticolo è stato introdotto da Josè Ignacio Barraquer nel 1949; il primo intervento su un
paziente è stato eseguito, sempre da Barraquer nel 1965 (4, 5, 68, 73).
La cheratofachia è una tecnicha per il trattamento dell'afachia e della ipermetropia elevata (e teoricamente della
miopia elevata); consiste nell'includere all'intemo dello stroma corneale un lenticolo refrattivo preparato a parte
da materiale di donatore.
Questa procedura comporta l'uso del microcheratomo e del tornio congelatore: un lembo di comea viene
prelevato con il microcheratomo da un bulbo di donatore; poi viene lavorato al criotomio e trasfon-nato in un
lenticolo di forma e di potere adatto al difetto da correggere; dalla cornea del paziente viene poi rimossa, con il
microcheratomo una lamella di tessuto; il lenticolo refrattivo di donatore viene posizionato fra la lamella rimossa e
il letto comeale ricevente; viene poi eseguita la sutura.
La cheratofachia può attualmente essere eseguita con varie metodiche: - tecnica con congelamento al criolathe
di Barraquer
- tecnica con taglio planare secondo Krumeich: da una lamella di donatore applicata su uno stampo del banco di
lavoro si rimuove a fresco cioè senza congelamento una "lente" positiva di potere idoneo a correggere il difetto
positivo; essa viene poi inserita nello stroma comeale del paziente.
- tecnica di "scarto" da cheratomileusi in situ (secondo Ruiz); si utilizza una "lente" positiva rimossa dalla cornea
di un paziente miope per correggere l'ipermetropia di un altro paziente con ametropia di valore inferiore.
Vantaggi della tecnica:
- si possono correggere forti ametropie
positive
- i tempi di guarigione anatomica e visiva sono brevi
assenza di rigetto
reversibilità parziale
discreta prevedibilità refrattiva
assenza di cicatrice nelle interfacce stromali ed in periferia.
Inconvenienti della metodica:
- taglio primario con microcheratomo
- difficoltà di centraggio del lenticolo - astigmatismo regolare o irregolare - possibile riduzione della miglior
acuità visiva.
Conclusioni
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La cheratofachia consente la correzione di ametropie positive elevate; dopo un adeguato training in chirurgia
refrattiva lamellare i risultati sono interessanti.
La tecnica è in generale poco usata; circa mille casi sono riportati fino ad ora in letteratura.
2. Lenti alloplastiche intracorneali
Il concetto dei materiali sintetici è stato descritto per primo da Josè Ignacio Barraquer; già nel 1949 egli
posizionò lenti in vetro flint nella cornea di animali; attualmente la tecnica consiste nell'inserire nello stroma
comeale una lente correttiva in materiale sintetico (4, 5, 73). 1 materiali possono essere catalogati in base al
loro indice refrattivo; - Materiali con indice eguale o simile a quello dello stroma comeale (n= l. 3 7
dell'Hydrogel); essi vengono inseriti attraverso una cheratotomia lamellare con microcheratomo oppure a
mano; dal punto di vista refrattivo funzionano modificando prevalentemente la curvatura anteriore della cornea.
- Materiali con indice superiore a quello comeale (come il polysulfone che ha un n= 1.6); essi vengono introdotti
in profondità cioè dopo una dissezione a tasca a mano libera; in questi casi l'effetto refrattivo viene ottenuto per
il potere refrattivo e per la forma attribuita alla lente e non per variazione della curvatura comeale anteriore.
La problematico di questi materiali è molteplice:
biocompatibilità a lungo tennine
tossicità
stabilità refrattiva
trasparenza comeale
penneabilità ai soluti ed ai solventi.
Il problema principale è comunque il trofismo comeale perchè un impianto intracomeale ha il potere di inibire i
necessari movimenti di sostanze nutrienti e dell'acqua attraverso lo stroma comeale; se ciò avviene si ha come
risultato:
un assottigliamento comeale per essicazione dell'epitelio
una degenerazione dello stroma
un'opacità dell'interfaccia.
Sebbene i primi studi con questi impianti siano stati inadeguati i materiali più usati, cioè il polysulfone e
l'hydrogel hanno dimostrato di poter essere tollerati a lungo nello strato comeale.
Queste lenti offrono numerosi vantaggi:
- sono prelavorate e quindi standardizzate
- non hanno necessità del criotomio
- non richiedono calcoli difficoltosi.
-
Svantaggi:
-richiedono l'uso del microcheratomo. Conclusioni: questo tipo di chirurgia è al suo inizio, molte esperienze e
altri materiali sono da testare; i pazienti operati fino ad ora con queste metodiche sono meno di cento. La
tecnica non promette sviluppi esaltanti.
3. Epicheratoplastica o epicheratofachia
Epicheratofachia
Sinonimi sono: epicheratoplastica, epicheratoprotesi.
E' una tecnica di chirurgia refrattiva relativamente nuova: rappresenta l'evoluzione delle tecniche operatorie di
Barraquer (cheratofachia e cheratomileusi). E' stata eseguita per la prima volta nel 1979 da Kaufman e
collaboratori. Originariamente la tecnica fu ideata per pazienti afachici in età adulta e pediatrica, ma
successivamente è stata estesa alla correzione della miopia e del cheratocono.
L'intervento consiste nel suturare sulla cornea del paziente un lenticolo omologo modellato in precedenza in
modo da ottenere il valore diottrico desiderato.
Il lenticolo viene posizionato sulla membrana di Bowman dell'occhio ricevente ed inserito con i suoi bordi su un
letto preparato con una cheratectomia anulare.
Indicazioni:
- miopia elevata: superiore alle 20 diottrie.
Al lenticolo viene rimosso il parenchima centrale per appiattire la superficie corneale esterna.
- afachia chirurgica: il risultato è modesto.
Viene rimosso il parenchima periferico del lenticolo, in modo da aumentare la curvatura corneale.
- cheratocono: è una vera indicazione quando è in fase refrattiva in alternativa alla cheratoplastica perforante.
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I vantaggi di questa metodica sono legati al fatto che non richiede l'uso del microcheratotomo.
Il procedimento inoltre è reversibile: il lenticolo può venir rimosso.
I problemi principali dell'epicheratofachia sono:
- l'imprevedibilità del risultato refrattivo;
- il tempo di recupero funzionale molto lungo, circa 4 mesi, con variazioni notevoli della refrazione durante questo
periodo.
Si conoscono due tecniche di epicheratofachia:
Tecnica di Kaufman (1979): viene utilizzato un lenticolo criocongelato e liofilizzato preparato in precedenza.
Tecnica di Krumeich(1984): il lenticolo è fresco.
Con la tecnica di Kaufman è sufficiente reidratare il lenticolo liofilizzato in BBS per 15 minuti prima di poterlo
suturare sulla cornea ricevente; nella cheratomileusi di Krumeich si è invece eliminata la necessità di congelare e
quindi traumatizzare il lenticolo, mantenendo così il tessuto sempre vitale. Si taglia infatti con un
microcheratotomo un lenticolo fresco di 8.5 - 9.5 mm. di diametro; questo viene quindi modellato su uno stampo
sul quale è fissato mediante suzione.
il procedimento chirurgico è simile per le due tecniche.
E' stata ideata da Werblin e Kaufman nel 1979 per semplificare l'approccio alla chirurgia refrattiva lamellare
della cornea; è una tecnica concepita originariamente per correggere l'afachia e poi estesa anche al cheratocono
ed alla miopia (9, 13, 15, 18, 24, 34,40,44,47).
L'intervento consiste nella applicazione sulla superficie comeale di un lenticolo prelavorato di donatore dopo
disepitelizzazione ed ulteriore preparazione dell'occhio del paziente.
Come le altre tecniche puramente refrattive la epicheratofachia modifica il profilo anteriore della cornea; il suo
potere diottrico viene aumentato o diminuito a seconda del tipo di lenticolo applicato (45, 54, 64, 68).
Il lenticolo refrattivo nella tecnica originale viene liofilizzato e conservato per un tempo definito ma abbastanza
lungo per essere trasportato al chirurgo richiedente ed essere usato per il paziente, programmando il periodo
migliore per l'intervento.
La tecnica si propone di ottenere gli stessi risultati refrattivi della cheratomileusi e della cheratofachia con i
vantaggi di:
- evitare il taglio con il microcheratomo
- risparmiare la zona ottica
-evitare la lavorazione al tomio congelatore (criolathe)
- consentire la reversibilità.
L'intervento inizia con la rimozione dell'epitelio e con una trapanazione superficiale semiperiferica circolare;
viene poi applicato sulla comea il lenticolo di donatore del potere appropriato per quel paziente con il bordo
inserito nello stroma ricevente che è stato slamellato in periferia; si esegue poi la sutura del lenticolo alla
cornea ricevente.
Dopo la tecnica di Kaufman, che prevede la lavorazione al tomio congelatore, recentemente Krumeich ha
messo a punto una metodica che utilizza materiale fresco per la preparazione del lenticolo.
Tecnica di Kaufman (47): utilizza materiale lavorato attraverso congelazione e liofilizzazione e quindi deprivato
di cellule vitali.
Vantaggi di questa tecnica:
semplice e rapida esecuzione
limitati e semplici strumenti
Svantaggi di questa tecnica:
-utilizzo di lenticolo privo di cheratociti vitali
- integrazione del lenticolo lenta
- recupero funzionale in tempi lunghi
Tecnica di Krumeich (38): utilizza materiale fresco lavorato al momento dell'intervento; l'operazione viene
eseguita per mezzo del BKS 1000.
Vantaggi della tecnica:
preparazione del lenticolo da materiale fresco di cornea
recupero funzionale in tempi brevi
minori complicanze postoperatorie
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Svantaggi della tecnica:
-strumentazione chirurgica complessa e costosa (BKS)
- lungo addestramento
- disponibilità di cornee o bulbi freschi.
Conclusioni: l'epicheratofachia è una tecnica semplice, extraoculare, reversibile; costituisce una valida
alternativa nella correzione delle alte ametropie e del cheratocono con buoni risultati clinici e funzionali; ha
bassi rischi e complicazioni intraoperatorie minime; è però soggetto con una certa frequenza a problematiche
postoperatorie sia di tipo anatomico che refrattivo.
Affinchè la tecnica possa avere maggior diffusione occorre:
-liberarla dal vincolo di usare tessuto umano: un derivato umano (collagene) o un materiale sintetico può offrire
risultati più standardizzabili e permettere maggior diffusione della metodica
- aumentare la tollerabilità e la prevedibilità.
Attualmente è una tecnica indicata per casi clinici ben selezionati e particolari; fino ad ora in tutto il mondo sono
stati eseguiti circa 5000 interventi di epicheratoplastica.
C)
Tecniche di sostituzione
Cheratoplastica lamellare
Consiste nel rimuovere e nel sostituire una lamella comeale di spessore inferiore a quello totale della cornea;
l'intervento è stato ideato per rimuovere opacità o irregolarità comeali superficiali; la membrana di Descemet e
l'endotelio vengono lasciati intatti; l'intervento richiede quindi materiale di donatore che sia, almeno in
superficie, di buona qualità 7, 8, 68).
La tecnica originale consistevanel rimuovere i due lembi per dissezione manuale; quella moderna consiste nel
prelevare i due lembi per taglio con microcheratomo.
Vantaggi rispetto alla cheratoplastica perforante:
-Consente il rispetto e quindi la permanenza in sede della descemet e dell'endotelio del paziente
- non é un intervento perforante
- non é soggetto a rigetto
- ha tempo di recupero inferiori Svantaggi:
-nel taglio eseguito manualmente c'e irregolarità di taglio e quindi scarso risultato funzionale per disturbi ottici
nell'interfaccia - nel taglio con microcheratomo i problemi sono quelli della precisione del taglio sulla cornea del
paziente.
L'intervento offre ottimi risultati anatomici e funzionari quando ambedue i tagli vengono eseguiti con
microcheratomo; l'operazione è invece poco promettente quando viene eseguita manualmente.
La letteratura degli ultimi dieci anni riporta circa mille casi eseguiti con questa metodica.
2. Cheratomileusi omoplastica per miopia ed ipermetropia
E' una tecnica chirurgica da utilizzare quando le condizioni della cornea (opacità ecc.) non consentono
un'intervento autoplastico oppure in caso di complicanze intraoperatorie durante una cheratomileusi
autoplastica (4, 5, 68).
Trova un'indicazione anche quando il chirurgo non dispone della strumentazione per il taglio refrattivo; in tal
caso esegue il taglio primario con il microcheratomo e poi applica un lembo prelavorato in laboratorio
adeguatamente attrezzato allo scopo; altra indicazione è quando si vogliono correggere ametropie elevate non
altrimenti correggibili con cornea autoplastica in considerazione del suo ridotto spessore.
Consiste nella rimozione dalla cornea del paziente di una lamella di tessuto di diametro e spessore
predeterminato e nella sostituzione conunadiegualdiametroe spessoreproveniente da donatore ma dotata di
potere refrattivo per correggere l'ametropia preesistente.
Si può eseguire come intervento primario o secondario; quest'ultimo trova la sua indicazione nella risoluzione di
complicazioni postoperatorie di un intervento autopiastico (perdita del lenticolo, astigmatismo irregolare od
elevato, insufficiente risultato refrattivo, opacità del lembo, irregolarità dell'interfaccia ecc.).
D.
Tecniche per taglio di tessuto
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I.
Cheratotomia laminare E' una tecnica chirurgica da utilizzare per la correzione di difetti refrattivi
positivi; non comporta rimozione, addizione o sostituzione di tessuto (5, 7, 8).
Consiste nel taglio con microcheratomo di un lembo comeale di diametro e spessore predeterminato in base
all'entità del difetto che si vuole correggere; il lembo viene poi riposto
nella sua sede naturale e suturato.
E' un intervento di concezione recente e quindi il numero di pazienti eseguiti è molto limitato.
E.
Tecniche miste
l.
Cheratomileusi ipermetropica associata ad una cheratofachia
E' utilizzabile quando si deve correggere a livello corneale una elevata ametropia positiva (4, 68).
L'intervento trova rare indicazioni cliniche e presenta, associati, i problemi della cheratomileusi e della
cheratofachia.
Un'altra tecnica mista è rappresentata dalla cheratoplastica lamellare con microcheratomo, indicata per
rimuovere porzioni medio-superficiali ipotrasparenti, seguite dal cosidetto "reshaping comeale"
fotoregolarizzatore (con laser ad eccimeri) utile per livellare e rendere omogenee e perfettamente levigate le
superfici resecate dal taglio lamellare.
Tale indicazione trova particolare indicazione nei casi di ulcere comeali medio-profonde; la porzione
leucomatosa viene in parte rimossa mediante la tecnica lamellare e le porzioni comeali medio-profonde
vengono regolarizzate con l'applicazione del laser ad eccimeri (1 93 nm); in superficie viene poi applicato un
lembo di donatore.
lenti intraoculari addizionali per la correzione di difetti refrattivi in occhi fachici
L'uso di una lente intraoculare per ridurre o eliminare difetti refrattivi di entità elevata è una procedura ben nota,
tipico esempio Ì quello della correzione dell'ipermetropia derivante dalla rimozione del cristallino in caso di
cataratta.
L'impianto di una protesi endo oculare in un occhio fachico è simile alla tecnica usata per la cataratta.
Fin dal 1950 (Nel 1953 Strampelli e Barraquer pensarono di inserire un mezzo diottrico artificiale in camera
anteriore non solo per la correzione dell'afachia, ma anche nei casi di miopia elevata. Le critiche e le
contestazioni furono immediate, motivate dalle frequenti complicanze legate all'uso delle IOL in camera anteriore:
glaucoma, cheratiti distrofiche, sclerosi del trabecolo, atrofia dell'iride, uveiti).
Numerose lenti per questo scopo sono state progettate e successivamente sperimentate e utilizzate a livello
clinico. La storia di queste lenti si sovrappone in parte a quella delle lenti per camera anteriore usate in occhi
sottoposti a facoestrazione intracapsulare per cataratta, anche solo 10-15 anni fa o in caso di eventi traumatici.
Possiamo classificare le lentine per occhi fachici in 3 grandi categorie:
1)- Lentine da camera anteriore (c.a.) ad appoggio angolare (Kelman, Baikoff) disegno
2)- Lentine da camera anteriore a fissaggio irideo pupillare (Worst)
3)- Lentine ad appoggio sul cristalloide anteriore
4)- Lentine da camera anteriore con appoggio nel solco (Nikai)
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1) Lentine da c.a. ad appoggio angolare
Sono lenti solitamente in pmma (polimetilmetacrilato) di forma globalmente rettangolare e lunghezza massima
variabile da 12 a 14,5 mm munite di anse a forma di doppia "Z" con due piedini per parte agli estremi distali. Le
anse si saldano o fanno corpo unico con la parte ottica centrale che solitamente ha un diametro di 4,5 mm o 5
mm. Di profilo le lentine sono leggermente arcuate con la zona ottica centrale sollevata rispetto ai piedini sulle
anse. I piedini servono per distribuire la forza elastica dovuta alle anse a livello angolare.
Le anse vengono leggermente compresse durante l'inserimento e garantiscono la stabilità della lente in camera
anteriore. La capostipite della lente ad appoggio angolare Ì la lente di Kelman che è stata modificata da Baikoff
per l'uso in occhio fachico.
La Baikoff sono di solito lenti negative per la riduzione della miopia. L'ottica di queste lenti varia da un diametro
massimo di 4,5 mm a 4 mm a seconda del tipo di disegno e al valore diottrico.
La larghezza totale comprese le anse può variare da 12mm a 13,5 mm. Questa misura è necessaria poichè
l'impianto di queste lentine deve essere preciso proprio nella larghezza totale delle lenti.
Per individuare la misura, questa solitamente si misura con un calibro l'ampiezza da limbus a limbus o " biancobianco" dell'occhio da impiantare, al valore totale si aggiunge 0,5 mm. ES: diametro b-b 12,5 mm diametro 13
mm.
La lentina da usare va collocata in modo da comprimerli leggermente a livello delle anse elastiche cosi' da
tenere ben alloggiati nell'angolo irido corneale i piedini della lente. La lente non deve essere soggette a
movimento in avanti quindi verso l'endotelio anche in condizioni critiche come gli "sfregamenti" oculari o piccole
compressioni continue (es. viso schiacciato sul cuscino). Una lente di dimensioni inadeguate, se troppo lunga,
forza troppo a livello angolare piegando i piedini e le anse contro l'iride verso la camera posteriore, oppure se
troppo piccola balla in camera anteriore urtando l'endotelio.
Le lentine in camera anteriore presentano un altro elemento che deve essere valutato in modo accurato che è la
profondità della camera anteriore.
Se la camera anteriore è inferiore ai 2,5 mm non è consigliabile impiantarvi lentine, poichè il rischio di contatto
endoteliale accidentale è comunque troppo elevato, cosi' come viene ridotto il circolo dell'umor acqueo che nutre
l'endotelio.
L'impianto con appoggio angolare deve essere corretto poichè un appoggio errato sull'iride provoca
un'alterazione della barriera endoteliale emato iridea.
Lentine a fissaggio irideo
L'aggancio irideo, a parte le possibilità di sutura ormai usate solo in caso di occhi traumatizzati, resta in uso
quello della lente di Worst detto " claw lobster" traducibile in " chela di granchio".
La tecnica di inserimento della lente di Worst Ì semplice ma il fissaggio irideo non è privo di difficoltà. La lente
dimensionata può stare ancorata sull'iride a livello del terzo esterno del parenchima irideo senza entrare in
contatto con la radice iridea ne con le strutture angolari. La forma è grossolanamente ellittica poichè comprende
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la parte ottica di circa 4,5 mm di diametro e le anse che appaiono chiuse ad una prima osservazione, in realtà
sono tagliate in modo da permettere il fissaggio ai vari radiali iridei.
Questi vengono fatti passare in modo leggermente forzato attraverso le incisure, mantenendo la lente appesa
all'iride per le anse alla seconda estremità dell'ottica. Queste si comportano come chele di granchio tenendo
ancorata l'iride. Come rischio ed effetti collaterali presentano problematiche simili alle lenti da c.a. ad appoggio
angolare, quindi rottura della barriera emato iridea nei punti di ancoraggio, rischio di contatto endoteliale in
camere anteriori poco profonde (minore rispetto alle Baikoff), riduzione della possibilità di midriasi massimale
solitamente di tipo farmacologico.
Lentine da camera posteriore o ICCL
Sono lentine per la correzione di tutti i difetti refrattivi sferici. Sono state ideate da Fiodorov che ha provveduto a
differenziarle in due tipi sia per il materiale che per il disegno.
Il primo tipo in silicone puro con spessori tali da non permettere un piegamento, agevole, forma di biscotto con
estremità sottili rispetto all'ottica e disegno della faccia posteriore che permette un contatto su tutta la superficie
anteriore del cristallino. Sono per questo motivo definite lenti a contatto (del cristallino) intraoculari.
Il secondo tipo utilizza un materiale ottenuto da una polimerizzazione del silicone con il collagene porcino.
L'indice di refrazione è superiore a quello del silicone pertanto le lenti sono più sottili e la faccia posteriore
appoggia perimetralmente sulla cristalloide anteriore permettendo una circolazione di umor acqueo tra lente e
cristallino.
Entrambi queste lenti vengono inserite tra iride e cristallino con un taglio corneale o temporale o superiore.
Quelle in collagene possono essere piegate e inserite attraverso tunnel corneali di 3-4 mm.
Le dimensioni totali di queste lenti variano a seconda della diottria per la parte ottica da 5,5 a 4,5 mm, e la
lunghezza varia da 10,50 a 13 mm.
Esistono anche un tipo di lentina con caratteristiche intermedie alle due lentine suddette, e cioè fatte di silicone
ad alto indice di ref. molto sottili tipo quelle in collagene con una forma molto più quadrata, zone ottiche da 4 a
4,5 mm, larghezza di 7,5 mm e lunghezza 11-11,5 mm.
Le problematiche inerenti queste lenti, riguarda la potenzialità catarattogena peraltro descritta come fibrosi
periferica, nelle lentine in collagene dopo due anni dall'impianto. Un altro problema è la possibile dispersione di
pigmento dal foglietto irideo posteriore che potrebbe provocare rialzi del tono oculare.
Nelle prime lentine in collagene che erano più corte, si sono avuti frequenti dislocamenti che hanno provocata
peggioramento della visione e diplopia monoculare.
Lentine ad appoggio nel solco con ottica in c.a.
Al momento è prodotto a livello industriale una sola lentina di questo tipo che Ì la Nikai. L'esperienza sempre di
derivazione sovietica, sembra promettente, l'esperienza clinica è modesta.
La lente è considerata universale poichè viene indicata sia come lente per miopia sia per ipermetropia sia come
impianto per afachia.
E' formata da un disco ottico di 6 mm di diametro con una unica ansa più lunga ad andamento circolare. L'ottica
risulta concentrica all'ansa che la circonda per circa 270 gradi ad un diametro di 13 mm. Sulle anse si trovano
due fori di posizione. Il tutto Ì in PMMA monopezzo.
L'inserimento avviene attraverso un taglio corneale di 6 mm e l'ansa viene fatta scorrere nel solco ciliare previa
iridectomia. La lente si posiziona quindi con l' ottica davanti al forame pupillare e l'ansa nel solco ciliare in camera
posteriore. Per lasciare lo spazio all'iride il piatto ottico è sollevato rispetto al piano dell'ansa di circa 950 micron.
Le problematiche inerenti a questa lente non sono ancora verificate per l'esiguo numero di impianti. Resta da
ipotizzare il rischio di danneggiamento della zonula per l'inserimento dell'ansa nel solco ciliare oppure l'erroneo
inserimento in camera vitrea dell'ansa molto lunga negli occhi afachici.
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