R.Lala, G.Fenocchio, A.Musso Riflessioni su casi clinici Prefazione di Sandro Spinsanti Data creazione: 03/01/2006 In copertina: Achille cura Patroclo ferito Da una ceramica attica, kylix a figure rosse, dettaglio del medaglione centrale, VI secolo a.C., opera del pittore Sosias, proveniente dalla città etrusca di Vulci oggi a Berlino, Staatlische Museen, Antikenabteilung, n. F2278 1 Data creazione: 03/01/2006 “Sono i giusti, i più capaci di amicizia” Aristotele, Etica Nicomachea, VIII,1:1155 a 26.27 (IV secolo a.C.) 2 Data creazione: 03/01/2006 Prefazione Non c’è etica nel regno della necessità. Solo quando siamo liberi di agire e di indirizzare le nostre scelte in direzioni diverse, sorge il problema di decidere. Occuparsi o no di chi è colpito nel corpo – che sia la freccia che atterra il guerriero omerico o la malattia che interrompe lo stato di salute -? Questo è l’interrogativo più antico. La comunità umana si distingue dall’orda primitiva quando decide di prendersi cura del suo membro più fragile; la medicina diventa professione quando alla pietas unisce sistematicamente conoscenze scientifiche e organizzazione. Con lo sviluppo della medicina contemporanea l’ambito della libertà, e quindi delle scelte che richiedono decisioni etiche, si è molto ampliato. Se coloro dei quali la medicina si occupa sono bambini, abbiamo un primo giro di vite. Se le malattie che colpiscono i bambini sono malattie rare, un secondo giro di vite stringe il legame che unisce chi eroga le cure e chi le riceve. Perché non si tratta solo della sopravvivenza del gruppo (quando lo scenario è quello della sopravvivenza della comunità, i bambini e gli anziani sono condannati a cedere il posto agli adulti nella lista delle priorità), ma di salvare la nozione stessa di umanità. Perché la scelta di curare le malattie rare mette sotto scacco la razionalità economica, che pur soggiace al sistema delle cure. Il profilo morale alto – altissimo – della medicina che si occupa delle malattie pediatriche rare ci dice, però, che cosa dobbiamo fare nei singoli casi concreti. Le incertezze aumentano, così come non si accresce il ventaglio delle scelte. “Lasciar fare la natura” non 3 Data creazione: 03/01/2006 appare come regola etica attendibile. La medicina ha come missione proprio la lotta contro la fragilità e le malizie della natura. Ma neppure la regola contraria è figlia della saggezza: l’accanimento contro la natura può produrre situazioni invivibili. L’etica, come riflessione sistematica sul comportamento umano di fronte alle scelte, ha evidenziato principi e orientamenti condivisi. La prima parte di questa pubblicazione ne presenta una lucida sintesi. Ma l’etica, anche assunta a dosi più ampie del formato in pillole, da sola non basta. Non c’è manuale, non c’è enciclopedia di bioetica che contenga l’indicazione della cosa giusta da fare nei casi concreti. E la medicina si esercita, invece, sui concretissimi casi singoli. Serena, Francesco, Davide: sono loro le malattie rare dei quali si occupano i medici. Se la malattia è rara, la persona è addirittura unica. Per questo la seconda parte della pubblicazione, quella che presenta i casi sui quali ci si interroga, non è un’appendice. È la prospettiva di cui ha bisogno l’etica clinica, se vuol sfuggire alla violenza dell’etica ideologica (quella che fa calare i principi sulla realtà come colpi di maglio, e tanto peggio per chi rimane schiacciato!). Solo i principi e i casi insieme forniscono la visione bifocale che dà profondità all’etica clinica. Ancor più: solo a questa condizione l’etica è un momento della cura, e non la sua caricatura. Sandro Spinsanti 4 Data creazione: 03/01/2006 Presentazione La ricerca del bene del paziente è stato fin dall’antichità il principio che ha guidato le professioni sanitarie. Varie interpretazioni di cosa è questo “bene” sono state date in differenti periodi storici ed in differenti aree geografiche. Il medico di oggi, di fronte ai cambiamenti culturali e sociali di questi ultimi anni, all’incessante progresso tecnologico ed alla frammentazione della medicina in specialità e sottospecialità, necessita di riflessioni approfondite su quale sia oggi da considerare il bene del paziente. Questa esigenza è indispensabile ed indifferibile, e si deve partire dalle caratteristiche della società, che non si basa più su valori etici comuni, diffusi e condivisi, ma piuttosto comprende molteplici comunità morali con diverse etiche civili e religiose, e che sempre più spesso rispecchiano una visione individuale della vita. Una forte valenza ha acquisito l’autonomia del paziente nelle scelte relative al proprio benessere. Il medico di oggi, più che stabilire in prima persona i percorsi assistenziali, è alla ricerca 5 Data creazione: 03/01/2006 di un accordo con il paziente per conciliare le esigenze di cura con il benessere soggettivo, reale e/o percepito. Anche a livello sociale si cerca l’accordo sugli interventi pubblici in sanità, in grado di assicurare assistenza appropriata, efficace e diffusa, socialmente e politicamente accettabile, pur tenendo conto dei limiti imposti dalle risorse disponibili. Le malattie rare costituiscono una sfida etica proprio per la necessità di ingenti investimenti culturali, di tempo e di risorse da parte della società, del medico, del paziente e della sua famiglia, cui si aggiunge l’alto grado di incertezza riguardo ai trattamenti ed alla prognosi. Gli autori hanno pensato di affrontare il tema dell’etica nelle malattie rare, proponendo una breve sintesi dei principi etici insiti nelle culture occidentali e giungendo, attraverso il racconto commentato di tre casi clinici emblematici, ad impostare la discussione di temi quanto mai attuali. 6 Data creazione: 03/01/2006 Fare il bene ed evitare il male “Curerò il malato secondo la mia capacità e il mio giudizio, giammai con la prospettiva di arrecargli danno e ingiustizia” ..dal “giuramento”, Ippocrate di Cos (V-IV secolo a.C.) “Fare agli altri quello che vorremmo che gli altri facessero a noi” Regola aurea. 7 Data creazione: 03/01/2006 Fare il bene ed evitare il male Regola aurea Poiché la nozione di cosa sia concretamente “fare il bene” è oggetto di differenti interpretazioni, la semplice applicazione della regola aurea significherebbe l’imposizione di particolari concezioni di vita moralmente buona, troppo legate alla cultura, al tempo e persino ai propri preconcetti. La regola aurea, in un contesto pluralistico, andrebbe forse modificata in: “Fare agli altri il loro bene”. Anche così ridefinito, il principio pone difficoltà applicative per l’ambiguità dell’espressione “il loro bene”: chi stabilisce che cosa è bene per qualcuno? In passato era il medico giudice ed arbitro del bene del paziente. Questa modalità paternalistica, base della medicina tradizionale, è stata messa in discussione nel mondo occidentale con l’avvento delle idee illuministiche ed il riconoscimento dell’autonomia del paziente. Oggi la morale del rispetto reciproco conferisce agli individui il diritto di opporre il proprio veto ad un bene che essi non vogliono. Diventa così difficile dare contenuto al principio di fare del bene, detto di beneficità. E’ evidente che in generale tanto più 8 Data creazione: 03/01/2006 Beneficità gli individui di una comunità condividono un unico senso morale, tanto più chiaro sarà l’accordo sulla natura del bene e tanto più grande sarà il suo contenuto: si raggiungerà in Massimo morale questo caso il massimo morale. Data però l’impossibilità di un accordo generale su quale sia la concezione corretta di fare il bene e non fare il male, l’approccio più utile consiste nell’articolare il principio di beneficità nel contesto delle concezioni delle varie comunità morali e dei singoli individui che costituiscono la “civitas” cui appartengono sia il medico che il paziente, senza dimenticare l’obbligo di fare il bene e Minimo morale non fare il male. Si otterrà in questo modo il minimo morale che giustifica l’approccio etico della professione medica. Una beneficità non paternalistica è quella che cerca di fare il bene degli altri rispettando i loro bisogni ed a condizione che l’aiuto sia richiesto ed accettato. E’ importante distinguere il Non maleficità principio di beneficità dal principio di non maleficità. Quest’ultimo non presuppone il consenso ma è valido a priori. Bisogna non fare il male in qualsiasi condizione mentre attualmente è considerato lecito non fare il bene se questo non è desiderato o richiesto. 9 Data creazione: 03/01/2006 L’etica medica moderna differisce da quella classica perché colloca il principio di beneficità al di fuori del paternalismo e lo articola con gli altri principi che regolano il rapporto medico-paziente e cioè l’autonomia e la giusta distribuzione delle risorse operata dalla società. 10 Data creazione: 03/01/2006 Scopi della medicina La pratica medica ha la finalità di perseguire il benessere del paziente con competenza, abilità tecnica ed attenzione agli aspetti umani. Il medico pone una diagnosi e propone un percorso assistenziale con le finalità di: • Curare la malattia. • Alleviare i sintomi ed il dolore. • Migliorare le funzioni presenti e mantenere quelle compromesse. Se • Evitare danni collaterali del trattamento. • Istruire i pazienti relativamente alla malattia. • Favorire il benessere e prevenire malattie future. gli obiettivi di un trattamento non risultano sufficientemente chiari possono sorgere quesiti etici su quale beneficio si stia cercando di realizzare e se i benefici superino i rischi del trattamento. In questi casi sono indicate riflessioni che traggano origine dalla valutazione effettuata sugli scopi ed i risultati attesi dall’intervento terapeutico. Poiché le valutazioni della medicina sono di natura probabilistica, non si giungerà mai ad una certezza piena, e compito del medico è di ridurre l’incertezza 11 Data creazione: 03/01/2006 mediante le proprie capacità di raccogliere dati e di applicarli al singolo caso clinico. Il processo mediante il quale il medico giunge ad una diagnosi e ad una proposta terapeutica che vada incontro ai bisogni del paziente, mettendo a disposizione la propria cultura ed esperienza, è il giudizio clinico. Giudizio clinico Il giudizio clinico risente inevitabilmente di fattori personali relativi al medico che formula il giudizio, quali il suo atteggiamento più o meno interventista ed i suoi pregiudizi. Le questioni etiche in pediatria, pur non differendo sostanzialmente da quelle poste dalla medicina dell’adulto, richiedono responsabilità particolari dovendo il medico tutelare gli interessi del piccolo paziente che non è in grado di esprimere autonomamente le sue rappresentato dai genitori o dai tutori. 12 Data creazione: 03/01/2006 preferenze ed è Interventi inappropriati Quando un intervento non è scientificamente provato o non è appropriato per le condizioni cliniche del paziente non deve essere indicato. Rientrano in questa tipologia alcuni interventi su pazienti moribondi (la morte avverrà in breve tempo) e su pazienti terminali. Non esiste una definizione clinica standard di “terminale”. Questa parola dovrebbe essere applicata a quei pazienti che, nonostante una terapia adeguata, moriranno per una patologia specifica entro giorni, settimane o pochi mesi. Giungere ad una simile prognosi è spesso difficile, ma consente realisticamente di formulare buone decisioni cliniche. Non utilità Un intervento medico viene definito “non utile”, in inglese “futile”, quando non è in grado di produrre effetti benefici. La non utilità ha un significato qualitativo: il giudizio che il risultato ottenuto con quel trattamento non valga la pena di essere perseguito. Si può distinguere la non utilità assoluta (completa impossibilità di esercitare un effetto terapeutico 13 Data creazione: 03/01/2006 positivo) dalla non utilità probabilistica che indica il probabile fallimento dello sforzo di arrecare beneficio al paziente. La valutazione della non utilità probabilistica dovrebbe essere impiegata per guidare le discussioni con i pazienti e le famiglie sull’opportunità di rinunciare a trattamenti specie se di sostegno vitale. La discussione sulla non utilità degli interventi andrebbe condotta in termini di proporzionalità, cioè chiarendo lo squilibrio tra i benefici attesi e l’aggravio imposto dalla continuazione degli interventi. 14 Data creazione: 03/01/2006 Rapporto medico-paziente e consenso libero ed informato Autorità morale laica Le persone sono la fonte dell’autorità morale laica (che si differenzia dalla concezione religiosa nella quale la fonte della autorità morale deriva direttamente da Dio) e le persone autonomamente possono scegliere di essere lasciate sole di fronte alla malattia e negare quindi il loro permesso alle cure. Nell’assistenza medica si stabiliscono una serie di aspettative e di permessi. Il paziente accetta di essere esaminato e toccato da altri, e vincola gli operatori alla segretezza ed all’osservanza di specifici doveri. Operatori sanitari e pazienti mettono in comune idee ed obiettivi. E’ raro che il paziente si affidi totalmente ad un medico. In genere mantiene spazi più o meno grandi di autonomia. Altresì è rara la totale dedizione del medico al malato. Rapporto medicopaziente Non esiste un modello unico del rapporto medico-paziente. Esso varia secondo le esigenze e la libera scelta dei vari protagonisti. Soggetti diversi reagiranno con differente autonomia ed accettazione delle cure. Sotto questo aspetto il consenso libero ed informato ha un ruolo centrale. Gli attori 15 Data creazione: 03/01/2006 del rapporto medico-paziente devono poter esprimere liberamente le loro conoscenze e le posizioni rispetto alla presa in carico del paziente. Gli accordi tra medici e pazienti e tra infermieri e pazienti sono il risultato di questo modo di procedere. Il consenso informato assume un ruolo importante in assenza di valori generali e condivisi da tutti (valori canonici). La sostanza dell’accordo raggiungibile tra medico e paziente dipende dall’efficacia della loro comunicazione e da quanto essi condividano le finalità della medicina ed il significato etico della vita. Quanto più distanti saranno le posizioni di medico e paziente, tanto più necessario sarà chiarire in ogni momento del rapporto l’ambito e la natura dell’intervento medico. Deve essere accettato che l’autorità di dare il proprio consenso da parte del paziente porta con sé specularmente il diritto del medico di dedicarsi all’assistenza di quello stesso paziente o di astenersene, e che è presente in ogni momento il diritto del paziente di accettare l’aiuto del medico o di rifiutarlo. Autonomia Il principio di autonomia è espressione della persona come soggetto morale autonomo. L’autonomia è un continuum tra 16 Data creazione: 03/01/2006 due estremi, l’azione completamente non autonoma e quella completamente autonoma. Per considerare un’azione Intenzionalità Conoscenza sostanzialmente autonoma, sono richieste tre condizioni: l’intenzionalità, che può essere a sua volta graduata in azione Mancanza di controllo esterno tollerata, desiderata o voluta, la conoscenza, anch’essa valutabile in gradi, ma che deve essere in ogni caso completa ed adeguata ed infine la mancanza di controllo esterno. Anche il controllo esterno si può esprimere in gradi: la coercizione, la manipolazione e la persuasione. Secondo alcuni Autori queste tre condizioni sono necessarie Autenticità ma non sufficienti: deve esistere anche l’autenticità (intesa come aderenza alle proprie convinzioni esistenziali) che rappresenta la prova concreta della autonomia raggiunta. Ma il venire a conoscenza di una diagnosi “devastante” spesso compromette in modo sostanziale detta autenticità e mette in discussione il concetto stesso di autonomia del paziente. L’impatto emotivo è infatti tale da sconvolgere l’equilibrio vitale del paziente, le sue aspettative di vita sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, ed altera tutta la sua 17 Data creazione: 03/01/2006 “progettualità”. Pesanti sono inoltre le conseguenze sui rapporti famigliari e sociali. I principi del permesso (autonomia) e del fare il bene (beneficità) trovano giustificazione in se stessi, sono pertanto Principi deontologici definiti deontologici. Il principio del permesso vincola medico e paziente indipendentemente dai risultati delle loro azioni: nella pratica gli accordi medico-paziente sono vincolati dal rapporto reciproco tra le persone contraenti e non dalle conseguenze dell’accordo. Il principio di fare il bene pur essendo deontologico, cioè significativo di per sé, ha dei risvolti finalistici (teleologici) volti ad ottenere risultati eticamente positivi. Ne consegue una tensione tra i due principali principi etici quando si tratta di fare il bene di qualcuno, se la concezione di che cosa sia il bene nella opinione di medico/infermiere da una parte e del paziente dall’altra sono in conflitto. Appare quindi necessario ricorrere ad uno strumento definito “consenso informato”. Consenso informato Il consenso informato è l’accettazione volontaria di un intervento medico da parte del paziente dopo un’adeguata 18 Data creazione: 03/01/2006 informazione da parte del medico sulla natura della malattia, dell’intervento relativo e sui rischi e benefici. Il consenso informato presuppone, da parte del medico, un’informazione completa: notizie generali sullo stato di salute del paziente, sugli interventi e sulle prospettive di scelta tra di essi. L’informazione deve essere fornita con linguaggio comprensibile, competenza ed empatia. Si deve quindi evitare l’eccessiva sintesi, l’uso di termini troppo tecnici ed un tono comunicativo freddo ed impersonale. Al contrario, è necessario porsi in una posizione di ascolto nei confronti del paziente, e bisogna fare attenzione ad evitare di ferirlo con un’esposizione brutalmente esplicita e non rispettosa dei suoi sentimenti. La qualità della comunicazione deve essere considerata un aspetto essenziale. La corretta comunicazione è parte integrante dell’atto medico e non deve essere sottovalutata né delegata ad altre figure professionali. 19 Data creazione: 03/01/2006 Capacità decisionale E’ necessario valutare la capacità decisionale del paziente come altro aspetto fondamentale del consenso informato. Ci si riferisce alla capacità reale, cioè alla capacità di comprendere e valutare le informazioni ricevute ed operare delle scelte rispettose dei propri valori e del proprio stile di vita. Sulla capacità decisionale reale influiscono una quantità di fattori, prima di tutto emotivi ma anche culturali, religiosi, sociali. La capacità decisionale subisce poi variazioni sia qualitative che quantitative in rapporto al processo di elaborazione delle notizie riguardanti il proprio stato di salute, soprattutto quando si è in presenza di un evento grave. In una prima fase, quando prevale l’aspetto emotivo pessimistico e distruttivo, la capacità decisionale si riduce al minimo. Se successivamente interviene una elaborazione ed accettazione degli aspetti (oggettivamente negativi) connessi alla malattia, e di conseguenza una riformulazione del progetto vitale con nuove prospettive e nuovi obiettivi, allora la capacità decisionale del paziente riacquista importanza e peso. 20 Data creazione: 03/01/2006 Spesso la capacità decisionale del paziente è compromessa da condizioni cliniche, psichiatriche o neurologiche ed allora sarà necessario utilizzare particolari competenze (comitato etico, psichiatra, psicologo, medico legale,) per valutare se è necessario individuare un sostituto, procuratore o tutore, che operi le scelte per conto del paziente. 21 Data creazione: 03/01/2006 Le preferenze del paziente La conoscenza delle preferenze del paziente è un elemento indispensabile per il giudizio clinico. I pazienti che collaborano con il proprio medico per giungere a decisioni terapeutiche condivise hanno in genere più consapevolezza, hanno maggior fiducia e sono più soddisfatti dell’assistenza ricevuta. Poiché la medicina offre spesso diverse opzioni terapeutiche, tutte ragionevoli dal punto di vista medico, il concordare la scelta di una di esse è quindi uno strumento utile per conseguire il maggior beneficio possibile. Si deve comunque rispettare l’eventuale decisione del paziente di demandare al medico la scelta della terapia. Inoltre la possibilità di esprimere preferenze è molto importante dal punto di vista psicologico, perché favorisce il controllo della situazione da parte del paziente, controllo messo in forse dalla malattia. L’espressione dei desideri del paziente può mettere in luce aspetti esistenziali quali timori, dubbi o convinzioni che possono aiutare il medico a motivare la condotta terapeutica e quindi l’aderenza del paziente al programma concordato. 22 Data creazione: 03/01/2006 Chi non può esprimere le proprie preferenze per difetto di Compliance ascolto da parte del medico, spesso ha una ridotta compliance terapeutica. Nel caso di minori, l’attenzione alle loro preferenze deve aumentare tanto più essi crescono e sono in grado di formularle e renderle credibili. L’interazione fra paziente (minore), genitori (non sempre in accordo fra loro) ed équipe medica rappresenta una vera sfida dal punto di vista etico, complicata dalla necessità di valutare correttamente la maturità psicologica del paziente e quindi il peso da dare alle sue scelte. 23 Data creazione: 03/01/2006 Il rifiuto dell’informazione e rifiuto del trattamento Come i pazienti hanno diritto a ricevere le informazioni che li riguardano, così hanno anche diritto a rifiutarle. In questo caso il consenso verrà dato dal paziente, rinunciando esplicitamente alle informazioni. Coloro che, bene informati, rifiutano consapevolmente il trattamento possono rappresentare un problema etico quando il rifiuto del trattamento può condurre a danni seri od alla morte. In questo caso il procedere dei sanitari sarà guidato prevalentemente da considerazioni medico-legali potendosi procedere al trattamento non autorizzato dal paziente soltanto nel caso di pericolo di vita. Questo concetto e’ comunque oggetto di vivaci discussioni da parte di chi accanto al diritto alla vita pone il diritto alla morte (alla buona morte). 24 Data creazione: 03/01/2006 Prendere decisioni per pazienti incapaci Procuratore Le persone autorizzate a prendere decisioni per altri, mentalmente incapaci, sono chiamate procuratori. In genere si tratta dei parenti più prossimi o dei genitori in caso di minori. Quando le preferenze del paziente risultano chiare perché espresse prima della perdita della capacità decisionale, il procuratore dovrebbe attenersi ad esse; in caso contrario Migliore interesse del paziente dovrebbe perseguire il miglior interesse del paziente, cioè operare le scelte che le persone di buon senso opererebbero per alleviare il dolore, migliorare gli aspetti funzionali e la qualità di vita. Nel caso di minori, spetta ai genitori, salvo documentata loro Interventi inefficaci e non utili incapacità, esprimere le preferenze per i figli. Ed è dovere e diritto dei genitori interrompere trattamenti inefficaci e non utili. Il problema di determinare la non utilità del trattamento è complesso e le decisioni in merito sono gravate da convinzioni soggettive e possono perciò portare a conflitti tra genitori e sanitari, all’interno della coppia genitoriale e dell’équipe sanitaria. Se non vi è chiara evidenza che l’intervento è efficace o utile si dovrà ricorrere al criterio del 25 Data creazione: 03/01/2006 miglior interesse del bambino. Qualora esistano divergenze tra genitori o tra genitori e medici si dovrebbe ricorrere ad un comitato etico. Se le differenze sono inconciliabili esiste la possibilità di ricorrere a vie legali ma va considerato che tale agire è estremamente traumatico per tutti. 26 Data creazione: 03/01/2006 La qualità della vita Il concetto di qualità della vita riveste un ruolo centrale nelle scelte etiche. Esso comprende le funzioni fisiche del paziente, la presenza od assenza di dolore, la possibilità di interazione sociale e il mantenimento delle capacità intellettuali. I giudizi sulla qualità della vita non possono essere basati su singole dimensioni o su caratteri puramente oggettivi. Al contrario riveste particolare rilievo la soggettività in quanto è fondamentale la qualità di vita percepita dal paziente. Sacralità della vita Qualità della vita Una distinzione può essere fatta tra sacralità della vita e qualità della vita. Coloro che ritengono che la vita sia un valore così grande da dover essere preservato ad ogni costo hanno spesso una matrice religiosa, ma esistono anche laici per i quali la vita organica ha un valore tale da dover essere preservata anche quando tutte le funzioni “umane” sono perdute. Secondo molti il profondo rispetto della vita umana che può essere espresso nel termine “sacralità della vita” è comunque compatibile con l’idea che quando la qualità di vita è profondamente ed irrimediabilmente compromessa sia giustificata la sospensione di trattamenti volti a prolungarla. 27 Data creazione: 03/01/2006 Su questo tema esistono posizioni etiche contrapposte che si basano su diverse interpretazioni delle condizioni estreme: se si abbia in questi casi a che fare con un prolungamento della vita degna di essere vissuta o non, piuttosto, con un prolungamento del morire, che si configura come accanimento terapeutico. L’accanimento terapeutico è ora un rischio tanto più frequente e reale in quanto siamo in presenza di possibilità tecniche tali da permetterci di tenere in vita artificialmente per un tempo indefinito un numero sempre maggiore di pazienti. Cure palliative La qualità della vita dei pazienti terminali è migliorata dalle cure palliative che comportano l’uso competente di farmaci contro il dolore. I pazienti non devono essere sottoposti a trattamenti inefficaci o a dosi ridotte di analgesici per il timore di assuefazione a farmaci, specie oppiacei, anche se le terapie volte ad alleviare il dolore hanno come ovvio effetto collaterale l’offuscamento della coscienza e la riduzione della comunicazione tra paziente e famiglia. L’uso di oppiacei comporta poi il rischio di depressione respiratoria che può portare ad una morte anticipata. Ricordiamo: il sollievo dal dolore è uno dei compiti principali della medicina, come 28 Data creazione: 03/01/2006 peraltro lo è sostenere la funzione respiratoria. Quando questi due scopi entrano in contrasto e l’obiettivo di prolungare la vita non può più essere perseguito, alleviare il dolore diventa l’obiettivo prioritario. In questo caso ci riferiamo al principio etico del duplice Duplice effetto effetto: quando si persegue uno scopo eticamente buono (sollievo del dolore) ma si prevede con questo agire di causare un effetto indesiderato (depressione respiratoria e possibile accelerazione della morte attesa) l’azione (sollievo dal dolore) va considerata ugualmente accettabile sotto il profilo etico. Nel caso della terapia antalgica in generale, specie se con oppiacei, è ammesso somministrare dosi finalizzate a ridurre il dolore correndo il rischio di accelerare la morte, ma non è ammesso somministrare dosi più elevate con lo scopo prevalente di affrettare la morte. 29 Data creazione: 03/01/2006 Qualità di vita minima e sostegno vitale Limitata La qualità di vita può essere definita limitata quando si riferisce ad una persona che soffre per gravi deficienze della salute fisica o mentale. Questa constatazione può essere fatta dal paziente stesso o da osservatori esterni. La qualità di vita Minima minima si riferisce ad un paziente con condizioni fisiche molto compromesse, grave limitazione della capacità di comunicazione, stato continuo di sofferenza. Anche qui la valutazione può essere effettuata dal soggetto stesso o da Sotto al minimo osservatori esterni. La qualità di vita al di sotto del minimo descrive una condizione di estrema debilitazione, completa ed irreversibile perdita di attività sensoriale ed intellettuale. Perdita della qualità della vita Questo stato andrebbe meglio descritto come perdita di qualità di vita in quanto la persona ha perso la capacità di valutare la sua situazione. Questa descrizione si applica a coloro che si trovano in uno stato vegetativo persistente. La qualità di vita minima ed al di sotto del minimo di solito richiedono sostegno vitale, cioè strumenti tecnici avanzati per il mantenimento delle funzioni vitali. Il dilemma etico è, in 30 Data creazione: 03/01/2006 questi casi, fino a quale livello di qualità di vita sia giustificato continuare a fornire il sostegno vitale. 31 Data creazione: 03/01/2006 Intervento ordinario o straordinario Si considera intervento ordinario quello volto a sostenere le funzioni vitali del paziente secondo usuali procedure (nutrizione parenterale, idratazione, somministrazione di Principio di proporzionalità ossigeno) ed interventi straordinari quelli tecnologicamente sofisticati, che mettono in atto tentativi terapeutici più aggressivi (interventi e farmaci sperimentali). Nei pazienti terminali, secondo alcuni, sarebbero appropriati gli interventi ordinari e non quelli straordinari. Il significato originale della distinzione tra intervento ordinario ed intervento straordinario, che ha origine nella teologia morale cattolica, potrebbe essere ricondotto al principio di proporzionalità che esprime l’obbligo etico di fornire un intervento medico qualora i benefici sperati superino gli aggravi connessi. Il principio si applica anche nei casi di decisione di vita o di morte, in antitesi alla posizione sostenuta da alcuni che la vita andrebbe preservata od ogni costo. Il principio di proporzionalità sostiene che questo obbligo assoluto non esiste: la vita 32 Data creazione: 03/01/2006 andrebbe preservata quando essa può essere giudicata, dal paziente o da chi lo rappresenta, più un beneficio che un aggravio. Il principio si applica in primo luogo alle preferenze del paziente il quale deve giudicare benefici ed oneri in base alla propria concezione esistenziale, ma si applica anche ai sanitari che devono dare un loro parere professionale su benefici ed aggravi. L’applicazione del principio è più controversa in caso di pazienti incapaci ad esprimere le proprie preferenze. Nel bambino La decisione di interrompere il sostegno vitale per il bambino è particolarmente difficile. Nel decidere per il migliore interesse del bambino i genitori devono mediare tra i benefici e gli aggravi per il bambino previsti dal trattamento ed il diritto del genitore di controllare l’assistenza per il figlio in accordo con le convinzioni familiari. Poiché i bambini sono soggetti altamente vulnerabili, i sanitari dovrebbero esercitare scrupolosamente il principio di non maleficità. Nel neonato In linea di massima non si dovrebbero negare alimentazione ed idratazione ai neonati gravemente compromessi, eccetto 33 Data creazione: 03/01/2006 che per i casi nei quali non vi è speranza di recupero ed il neonato sembra non provare dolore dalla mancanza di nutrimento e di idratazione. 34 Data creazione: 03/01/2006 Giustizia e lealtà Il rapporto medico-paziente nella società attuale è sempre meno un affare privato, al contrario si realizza in un contesto complesso di interazioni sociali: assistenza sanitaria pubblica, allocazione di risorse per l’assistenza che non sono inesauribili, ricerca e didattica clinica, medicina del lavoro e salute pubblica. In questi ambiti trovano applicazione i principi etici di giustizia e lealtà. Giustizia La giustizia consiste in senso lato nell’equa suddivisione di benefici ed oneri (diritti e doveri) nell’ambito di una comunità. Realizzare una politica sanitaria in accordo con il principio di giustizia è un imperativo etico. Lealtà Tutte le persone hanno doveri di lealtà multipli: verso la famiglia, gli amici, la religione, la comunità sociale, la nazione. Tradizionalmente il medico è legato da un dovere di lealtà verso il proprio paziente che è altamente prioritario rispetto agli altri doveri. Il problema etico sorge quando il dovere verso il proprio paziente sia in diretto contrasto verso qualcuno degli altri doveri. Il dovere verso il paziente può entrare in contrasto con gli obblighi sociali qualora vengano 35 Data creazione: 03/01/2006 messe in atto politiche sanitarie di non equa distribuzione delle risorse, o che non consentono di fornire al paziente tutta l’assistenza necessaria. Il medico ha, nei confronti del paziente, un dovere fiduciario, Dovere fiduciario nel senso che è tenuto a perseguire gli interessi del paziente con dedizione, riservatezza ed onestà. Soprattutto deve evitare conflitti di interesse (finanziari e non) che potrebbero pregiudicare l’assistenza fornita ai pazienti. La famiglia, i parenti e gli amici del paziente hanno vari tipi di interazione nel rapporto medico-paziente. Andrebbe incoraggiata la collaborazione morale con queste persone che svolgono un ruolo importante nelle strategie di assistenza. In pediatria il ruolo della famiglia è accentuato per la responsabilità dei genitori nelle scelte assistenziali rivolte al loro bambino. Se esistono altri figli, i genitori hanno responsabilità anche nei loro confronti e spesso si creano conflitti all’interno della famiglia quando la maggior parte delle risorse affettive, economiche e di tempo devono essere dedicate al figlio malato. Questa situazione tende a destabilizzare la famiglia stessa, accentuando spesso i 36 Data creazione: 03/01/2006 contrasti tra coniugi e concorrendo a determinare separazione e divorzio. 37 Data creazione: 03/01/2006 Costi e decisioni cliniche Le decisioni cliniche non dovrebbero essere subordinate al costo dell’assistenza ma basate su procedure cliniche, linee guida e studi di risultato. Fornire assistenza di qualità non significa però fornire sempre tutta l’assistenza disponibile ma quella appropriata e, a parità di efficacia, quella meno costosa. Andrebbero privilegiate le cure primarie che consentono un migliore rapporto costo/beneficio. Andrebbe salvaguardato il rapporto di fiducia fra medico e paziente e l’autonomia del paziente, sempre tenendo conto della giustizia distributiva al fine di garantire il soddisfacimento di tutte le richieste lecite nel contesto delle risorse umane, di tempo ed economiche disponibili. 38 Data creazione: 03/01/2006 Il medico “ amico” Il rapporto fra l’operatore sanitario ed il paziente è un vincolo interpersonale e sociale. L’amicizia, definita da Aristotele virtù morale della vita sociale, racchiude in sé i principi di beneficità, autonomia e giustizia ed è possibile solo tra persone libere. La President’s Commission statunitense ha riconosciuto la necessità di superare, nel rapporto medico-paziente, il dualismo tra paternalismo puro ed autonomismo puro, fondando i rapporti sanitari sulla fiducia e la confidenza e cioè sull’amicizia. E’ nei momenti difficili, come la malattia, che si ha maggiormente bisogno di amici, della fiducia, della confidenza e dell’amore che derivano dall’amicizia. 39 Data creazione: 03/01/2006 Principi etici , minimo e massimo morale Beneficità Non maleficità Autonomia Non causare danno al paziente Minimo morale Massimo Realizzare il morale massimo beneficio rispettando le scelte e lo stile di vita del paziente Seguire il più possibili le proprie preferenze nella scelta del trattamento 40 Data creazione: 03/01/2006 Giustizia Curare ognuno in base alle sue necessità distribuendo equamente le risorse Bibliografia D. Gracia. Fondamenti di Bioetica, Sviluppo storico e metodo, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993 G. Milano. Bioetica dalla A alla Z, Feltrinelli, Milano, 1997 H. Jonas. Tecnica, medicina ed etica, prassi del principio responsabilità, Einaudi, Torino, 1997 S. Spinsanti. Curare e prendersi cura, Cidas, 2 edizione, Roma, 1998 H. Tristram Engelhardt Ir. Manuale di Bioetica, nuova edizione, Il Saggiatore, Milano, 1999 A. Pessina. Bioetica, l’uomo sperimentale,Mondatori, Milano 1999 G. Russo. Bioetica della sessualità , della vita nascente e pediatrica, Ellenici, Torino, 1999 E.A. Moja, E. Vegni. La visita medica centrata sul paziente, Raffello Cortina, Milano, 2000 G. Pontiggia. Nati due volte, Mondatori, Milano, 2000 G. Cosmacini, C. Rugarli. Introduzione alla medicina, Laterza, Bari, 2000 S. Spinsanti. Dottore, mio figlio sarà sano? Diagnostica prenatale e consulenza genetica, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2002 41 Data creazione: 03/01/2006 A.R. Jonsen, M. Siegler, W. J. Winslade. Etica Clinica, V edizione, McGraw-Hill, Milano, 2003 A. Oliverio. Dove ci porta la scienza, Laterza, Bari, 2003 S. Spinsanti, F. Petrelli. Scelte etiche ed eutanasia, Paoline, Milano, 2003 R. Buckman. La comunicazione della diagnosi in caso di malattie gravi, Raffaello Cortina, Milano, 2003 F. Trimarchi. Il camice strappato, Rubbettino, Soneria Mannelli, 2003 B.Bertone, A. Casiccia, C. Saraceno, P. Torrioni. Diversi da chi? Gay, lesbiche, transessuali in un’area metropolitana, Guerini, Milano, 2003 F. Turoldo. Bioetica e reciprocità, una nuova prospettiva sull’etica della vita, Città nuova, Roma 2003 G. Corbellini. Breve storia della salute e della malattia, Carocci, Le bussole, Roma, 2004 I.Cavicchi. Ripensare la medicina, restauri, reinterpretazioni, aggiornamenti, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 G. Ferrandes, E. Longo, P. Tempia Valenta. Le emozioni dei malati e dei curanti, Centro Scientifico, Torino, 2004 T. Hope. Medical ethics, University Press, Oxford, 2004 42 Data creazione: 03/01/2006 J. Eugenides. Middlesex, Mondadori, Milano, 2004 R. Levi Montalcini. Tempo di azione, Baldini Castaldi Dalai, Milano, 2004 M. Bobbio. Giuro di esercitare la medicina in libertà ed indipendenza, Einaudi, Torino, 2004 S. Kanisza. L’ascolto del malato. Problemi di pedagogia relazionale in ospedale, Guerini, Milano, 2004 S. Leone, S. Privitera. Nuovo dizionario di bioetica, Città Nuova, Roma, 2004 C. Hanau, D. Mariani Cerati. Il nostro autismo quotidiano. Storie di genitori e figli, Erickson, Trento, 2004 S. Castelli. Nato donna, Pascal, Siena, 2005 L. Serianni. Un treno di sintomi, I medici e le parole: percorsi linguistici nel passato e nel presente, Garzanti, Milano, 2005 E. Lecaldano. Bioetica, le scelte morali, Laterza, Bari, 2005 R. Lala, M. Andreo, G. Fenocchio. Le malattie rare in Piemonte, una piccola guida, Nouva Elio, Torino, 2005 M. Motterlini, V. Crupi, Raffaello Cortina, Milano, 2005 43 Data creazione: 03/01/2006 T. Pievani. Introduzione alla filosofia della biologia, Laterza, Bari, 2005 G. Giorello. Di nessuna chiesa, La libertà del laico, Raffaello Cortina, Milano, 2005 G. Cosmacini. L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità ad oggi, Laterza, Bari, 2005 U. Veronesi. Il diritto di morire. La libertà del laico di fronte alla sofferenza, A. Mondatori, Milano, 2005 G. Fornero. Bioetica cattolica e bioetica laica. B. Mondatori, Milano, 2005 M. Mori. Bioetica. Dieci temi per capire e discutere, B. Mondatori, Milano, 2005 44 Data creazione: 03/01/2006 Glossario Autenticità: aderenza al proprio stile di vita, alle proprie convinzioni profonde Autonomia: capacità della persona di pensare ed agire in base alle proprie convinzioni, al di là di condizionamenti Autorità morale: facoltà di esercitare legittimamente il potere di decidere sulla condotta morale Beneficità: capacità di realizzare il bene Capacità decisionale: capacità di prendere decisioni Clinico: che riguarda la clinica come scienza e pratica medica Compliance: termine inglese che significa rispetto, aderenza, adesione a regole, comportamenti o trattamenti Consenso informato: permesso, accettazione, autorizzazione di un trattamento derivante dalla conoscenza dei benefici e possibili danni da esso derivanti Controllo esterno: controllo sulle decisioni di una persona esercitato da altri 45 Data creazione: 03/01/2006 Cure palliative: cure volte ad alleviare il dolore causato da una malattia senza eliminarne le cause Dovere fiduciario: dovere di lealtà totale verso coloro ai quali è rivolto Duplice effetto: principio morale secondo il quale si valuta un comportamento che può causare due conseguenze, una positiva ed una negativa Empatia: capacità di immedesimarsi in un'altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d'animo. Etica: parte della filosofia che studia la condotta morale dell’uomo ed i criteri per valutarla Giudizio clinico: processo mentale mediante il quale il medico coniuga cultura ed esperienza nel decidere in merito a problematiche cliniche Intenzionalità: capacità di compiere un’azione volutamente Maleficità: capacità di realizzare il male Massimo morale: il maggior risultato morale conseguibile Miglior interesse: ciò che è reputato la cosa migliore dalle persone sagge Minimo morale: il minor risultato morale conseguibile 46 Data creazione: 03/01/2006 Morale: ciò che regola il comportamento umano in rapporto all’idea del bene e del male Non utilità (futility in inglese): incapacità di produrre qualsiasi risultato Principi deontologici Principi morali che affermano che cosa è bene e che cosa è male Procuratore: persona incaricata di rappresentare la volontà di un paziente incapace Proporzionalità: principio che rapporta i benefici ottenibili da un trattamento con i danni da esso derivanti Rapporto medico-paziente Relazione tra curatore e curato basata su principi di fiducia, che opera attraverso la comunicazione e la condivisione delle finalità terapeutiche Regola aurea: idea etica fondamentale che esiste, a memoria d’uomo, in tutte le grandi religioni Qualità della vita: soddisfazione personale espressa o sperimentata dagli individui nella loro situazione fisica, mentale o sociale. Sacralità della vita: valore assoluto della vita intesa come dono di Dio 47 Data creazione: 03/01/2006 Sintesi: tecnica, medicina ed etica clinica La pratica della medicina si avvale oggi di conoscenze scientifiche ed applicazioni tecniche che consentono di incidere in misura significativa sulla durata e qualità della vita. Gran parte di queste possibilità sono state ottenute nella seconda metà del secolo passato. Fare buon uso di questi nuovi potenti strumenti richiede un’elaborazione critica, proporzionata alla responsabilità che l’uomo moderno deve esercitare in primo luogo verso il soggetto debole, fragile e vulnerabile ma anche nei confronti delle generazioni future e della natura. Il medico oggi deve applicare i principi etici tradizionali di beneficità e non maleficità integrandoli e contemperandoli con i principi di autonomia e giustizia. L’analisi etica, che è parte integrante dell’atto medico, deve essere applicata al contesto individuale del paziente, della sua famiglia e della sua comunità. Egli potrà adattare i principi etici alle situazioni 48 Data creazione: 03/01/2006 contingenti con lo stesso metodo che gli permette di formulare il giudizio clinico. Le possibili tensioni tra i principi di beneficità, autonomia e giustizia possono trovare soluzione adottando atteggiamenti specifici per i singoli casi; il medico deve dar prova di grande adattabilità e capacità creativa. In particolare, queste doti sono necessarie trattando patologie rare che danno spesso origine a situazioni insolite ed imprevedibili. La decisione etica, compatibile con i principi generali, sarà volta ad ottenere il bene del paziente secondo le sue preferenze ed il suo stile, compenetrando le sue esigenze con le necessità di giustizia nella distribuzione delle risorse assistenziali, materiali ed affettive. Il porre il paziente al centro dell’interesse contribuisce a facilitare la soluzione di problemi etici che astrattamente parrebbero irrisolvibili 49 Data creazione: 03/01/2006 Per illustrare l’applicazione del giudizio etico alla pratica clinica, siamo ricorsi alla narrazione di alcune storie di pazienti e curanti. La narrazione è particolarmente adatta ad evidenziare gli aspetti tecnici (cosa si può fare), quelli etici (cosa si dovrebbe fare) e quelli esistenziali (cosa ogni persona coinvolta ritiene giusto fare, in base alle convinzioni personali). Le soluzioni eticamente corrette possono essere diverse nelle stessa situazione, a seconda di chi interpreta l’azione. Non esiste la soluzione eticamente migliore, ma la soluzione da adottare sarà quella che meglio incontra le esigenze di tutti gli attori, nel rispetto dei principi generali di beneficità, non maleficità, autonomia e giustizia. Tanto più la decisione etica sarà prossima ai valori esistenziali del paziente, tanto più sarà vicina al raggiungimento del massimo morale. L’etica clinica è in grado, in ogni caso, di promuovere la cura e la salvaguardia del benessere dei pazienti, permettendo così la piena realizzazione dell’atto medico. 50 Data creazione: 03/01/2006 51 Data creazione: 03/01/2006 STORIE CLINICHE 52 Data creazione: 03/01/2006 Prima Storia: maschio o femmina? Serena nasce da una gravidanza di durata normale, senza evidenza di patologia anche agli esami ecografici di routine. Alla nascita presenta genitali caratterizzati da organo penoclitorideo ricurvo della lunghezza di 2,2 cm, ipospadia perineale (sbocco dell’uretra alla base dell’organo penoclitorideo), pliche labio-scrotali (situazione intermedia tra grandi labbra e scroto) contenenti le gonadi. Il neonatologo è in forte imbarazzo nell’attribuire il sesso, ma È un maschio infine decide che si tratta di un maschio e comunica questa notizia ai genitori che sono disorientati e profondamente turbati. La madre è una trentenne, che esercita l’attività di parrucchiera, alla prima gravidanza, di origini settentrionali. Il padre di trentacinque anni, impiegato pubblico, è di origini meridionali. In questa famiglia i rapporti con le famiglie di origine (nonni) sono scarsi e distanti. La madre non desiderava la gravidanza, il padre desiderava un figlio maschio, ed i rapporti coniugali erano già conflittuali. Il bambino/bambina viene ricoverato per accertare il sesso di attribuzione. La madre, reattivamente, si scaglia contro il medico che comunica la diagnosi di intersessualità, il padre, viceversa, appare pacato e tende a minimizzare con un atteggiamento svalutante nei confronti della patologia e dei medici. 53 Data creazione: 03/01/2006 I cromosomi sono maschili, i genitali interni costituiti da piccola vagina, l’utero è assente. Considerata la situazione anatomica viene stabilita (all’età di tre mesi) l’attribuzione del È una femmina sesso femminile (verrà chiamata Serena), correggendo la prima dichiarazione del neonatologo. Vengono effettuati esami ormonali che non precisano la diagnosi al di là di un generico pseudoermafroditismo maschile (intersessualità con presenza di testicoli). All’età di un anno viene operata di genitoplastica (riduzione dimensionale dell’organo peno-clitorideo con confezionamento di clitoride e piccole labbra, mantenendo le terminazioni nervose che conferiscono sensibilità ai genitali esterni). I testicoli vengono asportati. La situazione destabilizza ulteriormente la coppia che si separa. La bambina, rifiutata dalla madre, viene affidata al A 5 anni di età la diagnosi padre. All’età di 5 anni viene stabilita la diagnosi di deficit di 5 alfa reduttasi mediante un test genetico che non era non disponibile alla nascita. In questa malattia è frequente, nei casi ai quali viene attribuito il sesso femminile, il desiderio di appartenere al sesso maschile che si rinforza in pubertà. Di fatto la bambina, all’età di 7 anni dimostra disturbi di identità di genere (atteggiamenti di tipo maschile, dichiarazioni di sentirsi maschio). 54 Data creazione: 03/01/2006 DEFICIT DI 5 ALFA REDUTTASI Impedisce la completa differenziazione in utero in senso maschile dei genitali esterni , attraverso la riduzione della sintesi del diidrotestosterone, derivato dell’ormone maschile che agisce prevalentemente nella vita fetale. L’enzima 5-alfa reduttasi tipo 2 trasforma il testosterone nell’androgeno diidrotestosterone, che è ancora più efficace del testosterone nel differenziare i genitali esterni del feto in senso maschile. In età adulta è prevalente invece l’azione del testosterone che tenderà a virilizzare se i testicoli sono mantenuti. I soggetti con cariotipo XY e deficit dell’enzima mostrano alla nascita una forma di intersessualità (presenza contemporanea di elementi maschili e femminili) denominata ipospadia perineoscrotale (sbocco dell’uretra alla base del fallo) pseudovaginale (presenza di piccola vagina a fondo cieco). Questi soggetti sono sottoposti nella vita fetale all’azione prevalente del testosterone che agisce anche sulla differenziazione in senso maschile delle strutture cerebrali. Alla pubertà il testosterone agisce sui genitali con maggiore efficacia rispetto al diidrotestosterone. Se i testicoli non vengono asportati, in epoca puberale il fallo cresce, aumenta la massa muscolare e si rinforza l’identità di genere maschile. Nei pazienti ai quali viene attribuito il sesso femminile, asportando i testicoli ed operando una femminilizzazione chirurgica dei genitali esterni, l’identità di genere femminile può non essere completa anche a causa dell’effetto prenatale degli androgeni sull’encefalo. 55 Data creazione: 03/01/2006 Punti critici e commenti E’ da sottolineare in primis l’impossibilità di evidenziare la patologia mediante i controlli di routine effettuati in gravidanza. La nascita del bambino con intersessualità è quasi sempre imprevedibile. L’inattesa rivelazione alla nascita di una condizione sconosciuta ed imprevista accentua l’impatto emotivo sui genitori: l’aspetto dei genitali è assolutamente inconsueto ed inquietante. In tutte le culture umane l’aspetto dei genitali è segno fortemente connotante, tant’è vero che la prima notizia che viene data sul figlio appena nato è il sesso di appartenenza (“è un maschio e sta bene”, e non come sarebbe più logico “sta bene ed è un maschio”). Il venir meno di questo segno causa una condizione di incertezza ed inadeguatezza che si trasmette da coloro che hanno assistito al parto ai genitori ed al loro entourage. L’incertezza non può essere facilmente tollerata ed è questa pressione esterna che induce nel caso oggetto di questa storia il neonatologo ad attribuire superficialmente ed in maniera intempestiva il sesso maschile. Il bambino/bambina nasce in una famiglia già conflittuale e da una gravidanza non desiderata. I genitori sono privi di sostegno emotivo da parte delle famiglie di origine e si trovano di fronte alla necessità di decidere il sesso da attribuire partendo da posizioni non coincidenti: il rifiuto della gravidanza nella madre che la porta 56 Data creazione: 03/01/2006 a sviluppare un profondo e malcelato rifiuto nei confronti di Serena ed il desiderio di un figlio maschio “ideale” nel padre che non riesce a relazionarsi con il figlio/figlia reale. Tecnicamente, il bambino/bambina presenta caratteristiche intermedie tra i due sessi; le indagini per accertare il sesso cromosomico e la struttura interna producono una diagnosi generica. L’attribuzione definitiva del sesso arriva dopo 3 mesi di incertezze durante i quali al bambino/bambina non viene attribuito neppure un nome. Comunicazione In questa fase di accertamenti la comunicazione con la famiglia è particolarmente difficile: gli operatori sanitari sono imbarazzati nel fornire notizie sull’andamento delle indagini e spesso non sono in grado di tenere un atteggiamento equidistante tra di loro e nei riguardi della scelta del sesso da attribuire. Ne deriva un coro di opinioni dissonanti. I genitori dal canto loro non sono in grado di comprendere appieno la situazione e soprattutto di prevedere l’evoluzione futura del bambino/bambina. La scelta del sesso da attribuire si basa essenzialmente sul ruolo sessuale che il/la paziente, opportunamente aiutati da interventi chirurgici correttivi e terapia ormonale, potranno svolgere da adulti. Gli interventi femminilizzanti consistono nella rimozione dei testicoli, riduzione dei genitali esterni e somministrazione di ormoni femminili dalla pubertà: la femmina sarà infertile (priva di utero ed ovaie) ma con genitali esterni capaci di rapporto sessuale (con i limiti degli esiti chirurgici). 57 Data creazione: 03/01/2006 Gli interventi mascolinizzanti conservano i testicoli, ricostruiscono il pene (in modo parziale) e possono richiedere la somministrazione di ormone maschile dalla pubertà. Entrambe le soluzioni sono parziali in quanto si approssimano solo alla fisiologia normale. Il soggetto soffrirà sempre di un certo grado di ambiguità per la parziale impregnazione ormonale maschile del cervello nella vita fetale, per la difficoltà di costruire una salda identità di genere nell’infanzia a causa dei messaggi ambigui che gli vengono dall’ambiente circostante, a sua volta influenzato dall’ambiguità della situazione, e per le difficoltà obbiettive di riconoscersi in un ruolo sessuale completo a fronte dell’incompletezza sessuale a livello fisico. L’attribuzione del sesso femminile è attuata per decisione prevalente dell’equipe medica sulla base dell’esperienza e della tradizione che vuole in casi simili sia più semplice sostenere il sesso femminile. Questa posizione tradizionale risente delle condizioni socioculturali e dei progressi tecnici, ed è pertanto suscettibile di aggiornamenti e rivalutazioni nel tempo. Oggi è in atto una revisione critica delle attribuzioni di sesso effettuate in passato (da quando sono disponibili i trattamenti chirurgici ed ormonali). Soprattutto è criticata l’impostazione paternalistica delle decisioni e lo scarso spazio riservato al consenso dei pazienti. In questo campo il problema del consenso è particolarmente importante perché riguarda soggetti non ancora in grado di decidere e che, quando saranno in grado, 58 Data creazione: 03/01/2006 probabilmente esprimeranno nelle loro posizioni l’appartenenza ad un identità di genere non completamente strutturata e definita. I genitori di Serena si separano. Questa svolta esistenziale è Separazione della coppia genitoriale chiaramente correlata alle difficoltà precedenti la gravidanza, rese ancora più esplicite dal grave problema di Serena. La madre ha una reazione di rifiuto e fuga ed il padre si assume la responsabilità di Serena ma non riesce a sopperire alla mancanza di una figura genitoriale materna. La diagnosi precisa, resa possibile dai progressi tecnici ed La diagnosi organizzativi, arriva tardi quando non può più influenzare l’attribuzione del sesso. Questa particolare patologia è un parametro dell’ambiguità: infatti causa ridotta mascolinizzazione in utero (ridotti livelli di diidrotestosterone) ma attività androgenica adeguata nell’età adulta (se i testicoli vengono mantenuti). Nel caso di Serena il disturbo dell’identità di genere che viene esplicitato in età scolare è probabilmente il risultato dell’impregnazione cerebrale di androgeni in età prenatale cui vanno sommati tutti i messaggi di ambiguità derivanti dalla sua condizione di intersessualità, a livello personale e sociale (non ultimo la mancanza della figura materna). 59 Data creazione: 03/01/2006 Seconda storia: malattia degenerativa Francesco nasce da una gravidanza normale in una famiglia in buone condizioni economiche costituita da padre imprenditore di circa 40 anni, madre insegnate di 30 anni, una sorella sana di 5 anni. La famiglia ha sviluppo armonico di rapporti interpersonali, ma scarsi rapporti con le famiglie di origine dei genitori, per ragioni di distanza geografica. Verso i 3 anni di età Francesco incomincia a regredire sul piano Decadimento intellettivo delle performances prima neuro-motorie e successivamente intellettive. Ricoverato per accertamenti, viene evidenziata caratterizzata da una situazione insufficiente endocrinologica secrezione di ormoni surrenalici. Una risonanza magnetica mette in luce alterazioni della mielinizzazione cerebrale che a successivi controlli si rivelano ingravescenti. Viene posta diagnosi di adrenoleucodistrofia, malattia che coinvolge encefalo e surrene, di natura genetica ad andamento progressivo. L’impatto sulla famiglia è devastante. Il paziente viene trattato con ormoni surrenalici e fisioterapia. Le condizioni neurologiche lentamente peggiorano: a 5 anni non cammina più, a 6 anni le capacità intellettive sono gravemente compromesse, a 7 anni cominciano le difficoltà respiratorie e l’incapacità di assumere alimenti. Viene inserito un dispositivo per l’alimentazione parenterale ed il paziente è ricoverato in rianimazione ed intubato. Viene riorganizzato l’assetto familiare in funzione di Francesco. Dall’età di 4 anni 60 Data creazione: 03/01/2006 la madre ha rinunciato al lavoro ed entrambi i genitori dedicano al figlio la maggior parte del loro tempo libero. La sorella di Francesco presenta temporanee difficoltà scolastiche ed un breve episodio di balbuzie. 61 Data creazione: 03/01/2006 ADRENOLEUCODISTROFIA Causata dal difetto di un gene posto sul cromosoma X. Non dà conseguenze nelle femmine che hanno 2 cromosomi X (il cromosoma sano compensa il difetto) ma si esprime nei maschi che hanno un solo cromosoma X. Il difetto genetico causa degenerazione progressiva del tessuto nervoso e delle ghiandole surrenaliche. I sintomi compaiono in genere nella seconda infanzia e consistono in cambiamenti del comportamento, difficoltà scolastiche, disartria, alterazioni della memoria, demenza progressiva. I sintomi di insufficienza surrenalica (collasso, iposodiemia, iperpotassiemia, ipoglicemia) compaiono in genere dopo i sintomi neurologici. Non esiste trattamento efficace, ma solo terapia sintomatica e sostitutiva dei deficit ormonali. La prognosi è infausta e la morte di solito avviene in età pediatrica. 62 Data creazione: 03/01/2006 Punti critici e commenti Regressione intellettiva e motoria La presa di coscienza della regressione neuro-motoria è un processo graduale nei genitori. Si tratta di un evento insolito ed allarmante che mette in atto una reazione difensiva. La diagnosi di adrenoleucodistrofia, malattia degenerativa non La diagnosi guaribile e ad esito infausto, diventa sempre più evidente con il progredire dei sintomi neurologici ed endocrinologici. Vengono esplorate le ipotesi terapeutiche compreso il trapianto di midollo osseo, ma tutte vengono scartate per la mancanza di vantaggi dimostrabili. Col tempo Francesco perde completamente l’autonomia, i Progressione dei sintomi rapporti con gli altri decrescono, fino a una condizione di coma con scarsa attività elettrica cerebrale, i movimenti si riducono fino alla comparsa di crisi da decerebrazione, non si alimenta autonomamente ed infine, a tratti, non respira. Viene inserita un’apparecchiatura per alimentazione gastrostomica (PEG) e viene periodicamente intubato. Perdita della qualità della vita I familiari e le persone che lo assistono si interrogano sulla sua qualità di vita e sul beneficio che potrebbe apportare ad essa l’uso più aggressivo di tecnologia medica (tracheostomia e respirazione assistita continua). Emergono posizioni differenti sia tra i sanitari, che tra i familiari ed il loro entourage: questi atteggiamenti cambiano inoltre con la progressione dei sintomi e gli episodi di parziale, transitorio miglioramento. Tra i sanitari, alcuni si limitano ad applicare i protocolli terapeutici tradizionalmente 63 Data creazione: 03/01/2006 utilizzati, senza sottoporre a revisione critica i protocolli stessi ed il proprio ruolo, altri vorrebbero limitare l’uso aggressivo della tecnologia, ma si trovano di fronte alla non condivisione del loro punto di vista da parte dei colleghi. Per quanto riguarda i familiari ed i loro amici, gli atteggiamenti riguardo a come garantire al figlio la migliore qualità di vita riflettono prevalentemente l’enorme impatto emotivo della vicenda ed impediscono di formulare giudizi morali autentici. Emergono dissidi tra madre e padre sull’assistenza terminale al figlio che deve essere più aggressiva per il padre e meno aggressiva per la madre. La famiglia reagisce comunque alla condizione di estremo disagio mettendo in campo tutte le risorse emotive, fisiche ed economiche, anche se la madre è costretta al ruolo perenne di infermiera e la sorella viene in parte trascurata da entrambi i genitori. Compare comunque una tendenza a ridurre i rapporti sociali ed amicali con conseguente progressivo isolamento. 64 Data creazione: 03/01/2006 Terza storia: malformazioni multiple Davide è nato dalla seconda gravidanza. L’ecografia eseguita alla ventesima settimana ha evidenziato ridotta lunghezza dei femori. La gravidanza è stata proseguita per scelta della madre, mentre il padre avrebbe preferito l’interruzione. Nelle ecografie successive questo rilievo è stato confermato. Il bimbo è nato a termine per parto spontaneo e presentava alla nascita aumento dei diametri del cranio, rigidità delle articolazioni delle braccia e delle gambe, ipoplasia delle gambe, piede torto. La radiografia dello scheletro evidenziava ispessimenti della corticale delle ossa lunghe con riduzione del canale midollare. Inoltre il bambino presentava pene piccolo e testicoli ritenuti. Vi era il sospetto di problemi auditivi e visivi e di un possibile ritardo neuro-motorio. Alla nascita il padre (che soffre di disturbi fobico-ossessivi) Abbandono del padre non accetta il bambino ed abbandona la casa familiare per tornare a vivere presso la propria madre. La madre di Davide, una donna molto solida, rimane con la sorella maggiore, sana, di 5 anni, ed il neonato. In questo è aiutata dalla propria madre. La patologia di Davide non ha una diagnosi chiara; vengono affrontati i singoli problemi di salute ma la regia degli interventi socio-assistenziali è particolarmente complessa. Questa regia viene assunta dal pediatra di famiglia che collabora con la madre per stendere un calendario credibile ed attuabile di interventi fisioterapeutici, accertamenti, visite ed interventi chirurgici. 65 Data creazione: 03/01/2006 La madre, che aveva un lavoro da impiegata, deve ora ricorrere all’assistenza sociale per le necessità quotidiane. Improvvisamente, all’età di 6 mesi le condizioni di Davide peggiorano. Viene ricoverato per idrocefalo ostruttivo e sottoposto ad intervento neurochirurgico. Le condizioni motorie ed ortopediche che avevano registrato dei progressi principalmente per merito della fisioterapia, subiscono una battuta di arresto. La situazione familiare è ancora compensata quando Davide ha un anno ma solo a spese di un dispendio di risorse fisiche ed emotive da parte della madre e dell’attivazione di una complessa ed onerosa rete socioassistenziale che è messa in atto dalle strutture pubbliche territoriali con il concorso della famiglia materna. 66 Data creazione: 03/01/2006 MALFORMAZIONI Colpiscono il 3-4% dei nati vivi. Se multiple interessano 1 bambino ogni 1000/2000 nati e causano deficit psicomotori in 2/3 dei casi. Sono la prima causa di morte in età neonatale e la seconda entro i 4 anni di età, dopo gli incidenti. In genere le cause sono sconosciute. Tra quelle note vi sono effetti ambientali, inquinamento chimico, alterazioni dell’ambiente uterino, malattie metaboliche, insufficienza placentare, briglie amniotiche e cause genetiche. Il rischio di malformazioni in una gravidanza successiva è basso, di poco superiore al rischio delle famiglie che non hanno figli malformati. Se una malformazione è causa delle altre, si parla di sequenza malformativa. Se vi è una causa comune di tutte le malformazioni, si parla di sindrome. 67 Data creazione: 03/01/2006 Punti critici e commenti Allarme in gravidanza Dopo una prima gravidanza normale, viene segnalata una possibile malformazione in una ecografia di controllo alla ventesima settimana della seconda gravidanza. Emerge un dissidio tra i genitori: la madre valuta il segnale di allarme ma non ritiene per questo di dover interrompere la gravidanza Il padre ritiene la decisione della moglie unilaterale, non condivisibile e gliela rimprovererà in seguito “punendola” con l’abbandono del tetto coniugale. Malformazioni multiple alla nascita Il quadro malformativo presente alla nascita è grave, esteso e non consente una diagnosi precisa. Oltre a malformazioni scheletriche, articolari e genitali vi è il sospetto di danni neurologici (che in seguito viene confermato) e degli organi di senso (vista ed udito). Il bimbo nasce in una famiglia già provata dalle condizioni psichiche del padre che soffre di disturbi fobico-ossessivi. Il padre accusa la moglie di averlo escluso dalla decisione di proseguire la gravidanza e, sia pur con estrema sofferenza, abbandona la famiglia. La madre si trova di fronte il carico estremamente gravoso di provvedere da sola alla famiglia ed alle onerose esigenze assistenziali del bambino, non dedicando a se stessa più alcuno spazio. La sorella sviluppa un forte senso di responsabilità nei confronti di Davide ma manifesta una considerevole introversione nei rapporti con i coetanei. 68 Data creazione: 03/01/2006 Gli interventi assistenziali sono molteplici e richiedono una Regia degli interventi socioassistenziali attenta regia per la scelta delle modalità e priorità. Non tutti gli interventi sono erogati dal sistema assistenziale pubblico. Gli atteggiamenti dei sanitari e degli operatori sociali che si interessano alla vicenda sono vari e scarsamente coordinati. Il paziente viene dimesso dal nido neonatale con dimissione protetta, ma le indicazioni date dai vari specialisti ai neonatologi ed alla famiglia sono tali e tante che diventa in pratica estremamente difficile realizzarle. La madre si domanda a questo punto quale sia un atteggiamento equilibrato nei confronti di questa medicalizzazione estremamente specialistica e frammentaria. Fortunatamente trova aiuto nel pediatra di libera scelta che si assume l’onere di valutare, insieme alla madre, il reale vantaggio delle indicazioni degli specialisti rendendole concrete relativamente alle possibilità di tempo, risorse, spostamenti della madre e del bimbo. Si rende necessario che il pediatra di base si metta in contatto con gli specialisti per mediare le esigenze di tutti. Ciononostante, la situazione sfugge di mano quando avviene un aggravamento scompensato) ed sul il piano paziente neurologico necessita di (idrocefalo intervento neurochirurgico. La madre, dovendo svolgere a tempo pieno il ruolo assistenziale, non può più lavorare ed il bilancio economico della famiglia è in grave crisi. Vengono messi in atto interventi socio-assistenziali, compatibilmente con le risorse economiche dei servizi di zona, che risultano solo di parziale 69 Data creazione: 03/01/2006 aiuto. Anche le risorse affettive, fisiche e la disponibilità della madre sono limitate e vengono dedicate in misura quasi totale al piccolo Davide con conseguenze negative sulla vita della sorella sana. 70 Data creazione: 03/01/2006 Indice Pag. 3 Prefazione di Sandro Spinsanti Pag. 5 Presentazione Pag. 8 Fare il bene ed evitare il male Pag. 11 Scopi della medicina Pag. 13 Interventi inappropriati Pag. 15 Rapporto medico-paziente e consenso libero ed informato Pag. 22 Le preferenze del paziente Pag. 24 Il rifiuto dell’informazione e rifiuto del trattamento Pag. 25 Prendere decisioni per pazienti incapaci Pag. 27 La qualità di vita Pag. 30 Qualità di vita minima e sostegno vitale Pag. 32 Intervento ordinario o straordinario Pag. 35 Giustizia e lealtà Pag. 38 Costi e decisioni cliniche Pag. 39 Il medico amico Pag. 40 Principi etici, minimo e massimo morale Pag. 41 Bibliografia essenziale Pag. 45 Glossario Pag. 48 Sintesi: tecnica, medicina ed etica clinica Casi clinici Pag. 53 Prima storia: maschio o femmina? Pag. 56 Punti critici e commenti Pag. 60 Seconda storia: malattia degenerativa Pag. 63 Punti critici e commenti Pag. 65 Terza storia: malformazioni multiple Pag. 68 Punti critici e commenti 71 Data creazione: 03/01/2006 Gli Autori Dott. Roberto Lala Endocrinologo Pediatra. Presidente della Società per lo Studio delle Malattie Rare. Membro del tavolo tecnico-scientifico della Rete per le Malattie Rare della Regione Piemonte. Dott. Giorgia Fenocchio Psicologa. Coordinatrice del Centro di Incontro per malati di patologie rare “IncontRare” di Torino. Prof. Alberto Musso Pediatra. Presidente della Federazione Malattie Rare Infantili. 72 Data creazione: 03/01/2006