I
NOSTRI
GENI
SU
UN
MICROCHIP
L'espressione
genica
è
il
processo
attraverso
il
quale
l’informazione
contenuta
in
un
gene
è
usata
per
la
sintesi
di
un
prodotto
genico
funzionale.
Questi
prodotti
genici
sono
spesso
proteine
(che,
a
loro
volta,
risultano
dalla
traduzione
di
un
RNA
messaggero
trascritto
dal
gene
in
oggetto),
ma
esistono
geni
che
non
codificano
per
proteine
ed
il
prodotto
è
un
RNA
funzionale
(per
esempio
geni
per
RNA
ribosomale,
rRNA,
o
per
RNA
transfer,
tRNA,
o
altri
piccoli
RNA
la
cui
funzione
risulta
essere
sempre
più
importante).
Salvo
pochissime
eccezioni,
le
cellule
dell’organismo
contengono
tutte
un
corredo
cromosomico
completo
e
gli
stessi
geni.
Nelle
diverse
cellule,
però,
è
espressa
solo
una
sottopopolazione
di
tutti
i
possibili
geni
e
questo
conferisce
a
ciascun
tipo
cellulare
le
sue
caratteristiche
di
unicità.
L’espressione
genica
è
un
processo
sottoposto
a
una
regolazione
molto
sofisticata,
per
garantire
una
risposta
dinamica
al
variare
degli
stimoli
extra
e
intra‐cellulari.
Questo
meccanismo
di
regolazione
è
dotato
di
interruttori
ON/OFF
che
consentono
l’accensione
o
lo
spegnimento
di
specifici
geni,
ma
anche
il
controllo
del
loro
“volume”,
cioè
del
livello
della
loro
espressione.
Per
capire
come
una
cellula
risponde
alle
continue
modifiche
dell’ambiente
è
dunque
molto
importante
studiare
quali
e
quanti
mRNA
vengono
prodotti
e
cioè
quali
geni
sono
espressi
(e
quanto).
I
Microarray
a
DNA:
una
nuova
tecnologia
per
studiare
l’espressione
dei
geni
Il
Progetto
Genoma
Umano
ha
fatto
crescere
esponenzialmente
la
quantità
di
informazioni
disponibili
sulla
sequenza
nucleotidica
del
genoma
umano.
Sono
stati
così
identificati
moltissimi
nuovi
geni,
catalogati
e
organizzati
in
banche
dati
biomediche
accessibili
e
utilizzabili
da
tutti
i
centri
di
ricerca.
L’impatto
del
completamento
del
Progetto
Genoma
Umano
sarà
interamente
compreso
quando
si
riuscirà
ad
identificare
tutte
le
funzioni
dei
nuovi
geni.
La
tecnologia
dei
Microarrays
facilita
l’identificazione,
la
classificazione
e
l’attribuzione
della
funzione
dei
vari
geni.
Utilizzando
particolari
supporti
solidi
(nel
caso
più
semplice
un
vetrino)
sui
quali
sono
legate,
secondo
uno
schema
predefinito
(array),
sequenze
di
DNA
derivate
da
moltissimi
geni
diversi
di
un
dato
organismo
1
(potenzialmente
tutti),
è
possibile
determinare,
con
un
singolo
esperimento,
la
loro
espressione
in
modo
estremamente
rapido
ed
efficace.
Con
questo
potentissimo
strumento
di
indagine,
i
ricercatori
sono
in
grado,
per
esempio,
di:
‐
comprendere
alcuni
aspetti
fondamentali
dei
processi
della
crescita
e
dello
sviluppo;
esplorare
le
cause
genetiche
di
molte
malattie;
identificare
nuovi
potenziali
bersagli
per
la
terapia.
‐
‐
Che
cosa
è
un
Microarray
I
Microarrays
di
DNA
sono
dei
piccoli
supporti
solidi
(generalmente
un
vetrino
da
microscopia
di
dimensioni
75
X
25
X
1
mm,
ma
anche
dei
chip
di
silicone
o
delle
sottili
membrane
di
nylon)
sui
quali
vengono
immobilizzate,
in
posizioni
fisse
e
note,
migliaia
di
sequenze
di
DNA
derivate
da
geni
diversi
(spotting).
Le
sequenze
di
DNA
vengono
depositate
sul
vetrino
in
piccolissime
quantità,
oppure
sono
sintetizzate
direttamente
in
situ.
Il
termine
“to
array”
significa
“disporre
secondo
un
ordine”;
in
un
Microarray
le
sequenze
vengono
attaccate
al
supporto
secondo
uno
schema
ordinato
prefissato,
in
modo
che
sia
possibile
individuare
quale
sequenza
genica
è
posizionata
in
ciascun
punto.
Le
sequenze
possono
essere
DNA,
cDNA
o
oligonucleotidi
sintetici
(corte
sequenze
di
DNA
a
singolo
filamento,
in
genere
formate
da
10‐50
nucleotidi).
Il
Microarray
si
basa
sull’ibridazione
molecolare
fra
sequenze
nucleotidiche
complementari.
Quando
due
sequenze
complementari
si
“riconoscono”,
si
formano
legami
idrogeno
fra
basi
complementari.
L’ibridazione
avviene
tra
una
sequenza
bersaglio
immobilizzata
sul
supporto
e
una
sequenza
mobile,
detta
sonda,
di
mRNA,
DNA
o
cDNA
marcata
con
un
fluorocromo.
Un
computer
è
in
grado
di
misurare
con
precisione
la
quantità
di
sonda
legata
in
ciascuna
posizione
del
vetrino
e
generare
un
profilo
di
espressione
genica
per
ogni
tipo
cellulare.
2
Programmiamo
un
esperimento
di
Microarray
per
confrontare
l’espressione
genica
in
due
tipi
cellulari
diversi
1)
Consideriamo
ora
due
ipotetiche
cellule
diverse
una
dall’altra;
ad
esempio:
• cellula
normale
(gialla);
• cellula
tumorale
(azzurra).
Entrambe
contengono
gli
stessi
geni
e
vogliamo
conoscere
il
loro
profilo
di
espressione
nei
due
tipi
cellulari,
perchè
un’espressione
differenziata
potrebbe
aiutarci
a
comprendere
il
meccanismo
della
trasformazione
neoplastica.
La
preparazione
dell’array
richiede
alcuni
passaggi
successivi:
1)
isolamento
dell’
mRNA
da
ciascun
tipo
cellulare;
2)
sintesi
del
corrispondente
cDNA
mediante
retrotrascizione
con
trascrittasi
inversa
in
presenza
di
opportuni
marcatori
fluorescenti
(es:
verde
per
la
cellula
normale
e
rosso
per
la
cellula
tumorale);
3)
incubazione
delle
due
popolazioni
di
cDNA
marcati,
sul
Microarray
dove
erano
stati
immobilizzati
i
geni.
Le
molecole
marcate
si
legano
nel
Microarray
ai
siti
che
corrispondono
ai
geni
espressi
in
ciascun
tipo
cellulare;
4)
dopo
l’ibridazione,
il
Microarray
viene
posto
in
un
apposito
“lettore”,
dotato
di
diversi
raggi
laser,
di
un
microscopio
speciale
e
di
una
macchina
fotografica
in
grado
di
misurare
il
colore
e
l’intensità
dei
diversi
“spot”
sul
Microarray.
Infatti,
i
fluorocromi
vengono
eccitati
dal
laser
e
l’immagine
che
ne
deriva
viene
catturata
dal
microscopio
e
dalla
macchina
fotografica
che,
insieme,
generano
una
immagine
3
digitale
dell’array.
Questi
dati
vengono
immagazzinati
nel
computer
ed
elaborati
da
programmi
dedicati
che,
in
base
all’immagine
digitale,
calcolano
il
rapporto
della
fluorescenza
rosso/verde,
sottraendo
il
background
(rumore
di
fondo)
per
ciascuna
posizione
(spot)
del
Microarray.
Una
volta
calcolati
i
rapporti,
l’intensità
del
colore
dei
singoli
spot
fornisce
una
stima
del
livello
di
espressione
dei
singoli
geni
nel
campione
e
nel
controllo
normale.
Spot
rosso:
include
solo
i
cDNA
relativi
alle
cellule
tumorali,
dopo
ibridazione
al
DNA
target
Spot
verde:
include
solo
i
cDNA
relativi
alle
cellule
normali,
dopo
ibridazione
al
DNA
target
Spot
giallo
:
rosso
+
verde
=
giallo
Significa
che
entrambi
i
cDNA
hanno
ibridato
in
modo
equivalente
al
DNA
target.
Spot
nero
:
il
gene
non
è
espresso
né
nelle
cellule
normali
né
nelle
cellule
tumorali
Questo
è
un
esempio
molto
semplice.
Utilizzando
accuratissime
tecnologie
di
spotting
robotizzate,
su
Microarray
si
può
arrivare
a
caricare
20.000
spot
con
sequenze
diverse!
La
mole
di
dati
generata
da
un
singolo
Microarray
è
quindi
molto,
molto
grande!!!
E
la
sua
interpretazione
molto,
molto,
molto,
molto
complessa
!!!
4
Diverse
applicazioni
di
Microarray
nello
studio
dell’espressione
genica
L’uso
di
Microarray
per
lo
studio
del
profilo
d’espressione
genica
è
stato
pubblicato
per
la
prima
volta
nel
1995
(Science)
e
il
primo
genoma
eucariotico
completo
di
analisi
di
Microarray
fu
quello
del
Saccharomyces
cerevisiae
nel
1997
(Science).
Da
allora
le
applicazioni
della
tecnologia
dei
Microarray
sono
state
numerosissime,
ma
la
principale
è
l’analisi
su
larga
scala
dell’espressione
genica.
Studio
di
stati
patologici:
se
un
gene
è
over‐espresso
in
un
determinato
stato
patologico,
lo
spot
corrispondente
risulterà
rosso/arancio
(poco
verde).
A
mano
a
mano
che
vengono
individuati
il/i
gene/geni
la
cui
espressione
è
associata
a
una
determinata
malattia,
il
cDNA
derivato
da
un
tessuto
malato
di
un
paziente
può
essere
ibridato
su
un
Microarray
per
identificare
a
quale
malattia
corrisponde
il
pattern
di
espressione
genica
del
tessuto
patologico
in
esame.
Il
risultato
dell’analisi
può
essere
utile
per
confermare
(o
fare)
diagnosi
e
per
stabilire
una
terapia
appropriata.
Studio
delle
modifiche
dell’espressione
genica
in
un
dato
periodo
della
vita
cellulare,
ad
esempio
durante
il
ciclo
cellulare.
Il
ciclo
cellulare
è
regolato
da
una
rete
di
interazioni
molecolari
che
essenzialmente
servono
a
decidere
se
e
quando
una
cellula
normale
entra
in
divisione.
Molti
sono
i
geni
che
regolano
gli
stadi
del
ciclo
cellulare.
In
questo
sistema
di
regolazione
sono
previsti
anche
dei
meccanismi
che
servono
a
bloccare
il
ciclo
cellulare
quando
uno
dei
sistemi
di
controllo
non
funziona,
a
causa
di
mutazioni
in
uno
dei
geni
critici.
Questo
avviene
nelle
cellule
tumorali
che
hanno
perso
la
capacità
di
controllare
il
loro
ciclo.
I
Microarray
possono
contribuire
a
identificare
i
profili
di
espressione
genica
al
tempo
“zero”
e
ai
vari
tempi
successivi
del
ciclo
cellulare,
e
a
fare
luce
sui
dettagli
dei
passaggi
del
ciclo
e
su
quali
sono
i
geni
che
regolano
questo
orologio
cellulare.
I
risultati
di
questo
tipo
di
analisi
possono
fornire
informazioni
preziose
sui
geni
le
cui
mutazioni
portano
alla
crescita
tumorale
e
suggerire
nuove
strategie
di
intervento
terapeutico.
Sviluppo
di
nuovi
farmaci:
se
un
determinato
gene
è
over‐espresso
in
una
particolare
forma
di
tumore,
con
i
Microarray
si
può
determinare
se
un
dato
farmaco
riduce
l’espressione
di
quel
gene,
inducendo
remissione
del
tumore.
I
Microarray
di
espressione
possono
anche
essere
utilizzati
per
ottimizzare
le
diagnosi
differenziali,
ad
esempio,
sulla
progressione
di
un
tumore;
una
ulteriore
applicazione
può
essere
quella
della
identificazione
di
geni
associati
a
patologie
scatenate
da
cause
ambientali,
come
le
malattie
del
sistema
immunitario,
del
sistema
nervoso
e
del
sistema
respiratorio.
Studio
dell'espressione
genica
nei
primi
stadi
di
sviluppo
embrionale:
i
Microarrays
stanno
dando
un
forte
contributo
alla
comprensione
degli
eventi
molecolari
legati
a
questo
processo.
Recentemente
sono
stati
condotti
anche
diversi
studi
sul
profilo
dell’espressione
genica
che
porta
alla
maturazione
delle
cellule
uovo.
Sulla
tecnica
dei
Microarray,
visitate
i
siti:
http://learn.genetics.utah.edu/content/labs/Microarray/
Entrate
in
un
laboratorio
virtuale,
eseguite
un
esperimento
di
Microarray
e
analizzzate
i
risutati.
http://www.bio.davidson.edu/Courses/genomics/chip/chip.html
Simulate
al
computer
un
esperimento
di
Microarray
in
cui
sono
confrontati
i
geni
espressi
da
cellule
di
lievito
in
condizioni
aerobiche
e
anaerobiche.
5
La
tecnica
dei
Microarray
virtuali
passo
dopo
passo
Tecnica
sviluppata
nei
laboratori
EMBL‐ELLS
di
Heidelberg
(www.embl.de)
DNA
Microarray:
Produzione
dei
Microarray
I
DNA
Microarray
possono
essere
facilmente
prodotti
in
laboratorio
utilizzando
un
vetrino
da
microscopio
su
cui
si
caricano
molecole
di
DNA
prodotte
con
PCR
o
oligonucleotidi
di
sintesi.
Lo
spotting
:
l'immobilizzazione
Sul
vetrino
si
depositano
i
geni
(fino
a
20.000).
La
deposizione
(stampa)
di
20.000
piccole
“macchie”
o
spot,
ciascuna
delle
quali
rappresenta
miliardi
di
copie
di
un
singolo
gene
su
una
così
piccola
superficie,
è
un’impresa
difficile.
I
singoli
spot
devono
avere
esattamente
la
stessa
forma
e
devono
anche
essere
equidistanti
l’uno
dall’altro!
Questo
problema
è
stato
risolto
con
l’uso
di
un
robot.
Alla
fine
del
caricamento,
ogni
spot
contiene
moltissime
molecole
di
DNA
a
singolo
filamento,
tutte
con
la
stessa
sequenza.
Estrazione
dell’mRNA
e
retrotrascrizione
Microarray
virtuali:
Il
“tappetino”
È
possibile
creare
un
DNA
Microarray
utilizzando
un
tappetino.
Nel
Microarray
virtuale
il
tappetino
rappresenta
il
vetrino.
Lo
spotting
:
l'immobilizzazione
Sul
tappetino
le
molecole
di
DNA
sono
rappresentate
utilizzando
velcro
colorato,
incollato
in
10
aree
circolari
che
rappresentano
gli
spot
(tutte
della
stessa
grandezza
e
equidistanti).
Le
10
aree
circolari
sono
10
geni
diversi,
a
ciascuno
dei
quali
è
attribuito
il
nome
di
un
personaggio
famoso
e
un
colore
(ad
es.
per
il
gene
Jaques
Monod
il
velcro
è
blu).
In
ogni
cerchio
(spot)
vengono
incollate
molteplici
copie
dello
stesso
gene
(velcri
tutti
dello
stesso
colore).
Estrazione
dell’mRNA
e
retrotrascrizione
Viene
estratto
l’mRNA
da
due
differenti
tipi
di
cellule:
dalle
cellule
di
controllo
e
dalle
cellule
che
sono
in
fase
di
studio.
Una
volta
estratto,
l’mRNA
deve
essere
marcato
con
un
fluorocromo
rosso
o
verde:
la
marcatura
si
effettua
sintetizzando
cDNA
dall’mRNA
mediante
l’enzima
trascrittasi
inversa.
Generalmente
il
cDNA
derivato
dalle
cellule
di
controllo
e’
marcato
con
un
marcatore
verde,
quello
dalle
cellule
in
fase
di
studio
con
un
marcatore
rosso.
Ibridazione
In
questa
fase
il
cDNA
di
controllo
(verde)
è
mescolato
con
il
cDNA
delle
cellule
in
esame
(rosso).
La
miscela
è
quindi
versata
sopra
la
superficie
del
vetrino,
che
viene
incubato
a
42°C
in
modo
che
le
molecole
di
cDNA
possano
ibridare
con
il
DNA
complementare
del
microrray.
Dopo
12
ore
il
Microarray
è
lavato
per
eliminare
tutto
il
cDNA
che
non
ha
trovato
il
filamento
complementare
di
DNA.
Il
passaggio
di
estrazione
dell’mRNA
non
viene
simulato:
le
molecole
di
cDNA
già
marcate
sono
rappresentate
da
piccole
torce
tascabili.
Ogni
torcia
corrisponde
a
una
singola
catena
di
cDNA,
copia
di
un
particolare
gene,
identificato
dal
colore
del
velcro
sul
retro
(ad
esempio
velcro
blu
per
il
cDNA
trascritto
dal
gene
J.
Monod).
La
lampadina
di
ogni
torcia,
inoltre,
è
coperta
con
una
pellicola
adesiva
trasparente;
la
pellicola
rossa
significa
che
l’mRNA
proviene
da
cellule
tumorali,
quella
verde
che
l’mRNA
proviene
da
cellule
di
controllo.
Ibridazione
Ora
le
torce
di
cDNA
vengono
messe
a
contatto
con
le
molecole
di
DNA
(velcro)
sulla
superficie
dei
Microarray
virtuali.
La
miscela
di
torce
viene
distribuita
sul
Microarray;
le
singole
torce
si
legheranno
(ibrideranno)
solo
sul
cerchio
in
cui
è
presente
il
DNA
complementare
(velcro
dello
stesso
colore):
blu
con
blu,
rosso
con
rosso,
bianco
con
bianco,
verde
con
verde,
ecc.
L’ibridazione
farà
accendere
la
lampadina
con
la
luce
verde
o
rossa
a
seconda
se
l’mRNA
deriva
dal
tessuto
normale
o
dal
tessuto
tumorale.
Scansione
Scansione
Con
uno
scanner
di
tipo
laser
si
può
ora
Per
simulare
la
scansione
del
vetrino
con
il
laser,
osservare
il
risultato
dell’esperimento.
spegnere
le
luci
della
stanza
e
osservare
i
singoli
Attenzione...osserviamo
attentamente!
Non
ci
cerchi.
6
sono
solo
punti
rossi
o
verdi
ma
anche
gialli
e
arancio!
Questo
si
può
spiegare
molto
facilmente!
E’
chiaro
che
nel
punto
verde
c’è
solo
cDNA
proveniente
da
cellule
normali,
e
nel
punto
rosso
solo
cDNA
da
cellule
in
esame.
È
chiaro
anche
che
la
combinazione
in
ugual
quantità
di
rosso
e
verde
dà
giallo!
Quindi,
poichè
in
ogni
punto
sono
presenti
milioni
e
milioni
di
copie
di
un
singolo
gene,
il
colore
giallo
significa
che
quel
gene
è
espresso
in
uguale
quantità
nei
due
tipi
di
cellule.
L’arancio
indica
che
quel
gene
è
espresso
di
più
nelle
cellule
in
studio.
Se
il
punto
resta
nero,
quel
gene
non
è
espresso
in
nessuno
dei
due
tessuti
in
esame.
Normalizzazione
In
un
Microarray,
l’intensità
dello
spot
non
sempre
riflette
la
reale
quantità
di
cDNA
che
si
è
ibridato,
perché
la
marcatura
del
mRNA
dipende
dalla
lunghezza
della
catena
e
dal
marcatore
utilizzato.
Un
procedimento
matematico
di
“normalizzazione”
corregge
le
intensità
degli
spot,
per
far
sì
che
esse
rappresentino
realmente
la
quantità
di
cDNA
presente
in
ciascuno
di
essi.
Dopo
la
normalizzazione,
si
può
iniziare
l’analisi
dei
dati.
Analisi
e
clustering
L’analisi
di
un
Microarray
considerando
ogni
singolo
spot
richiederebbe
un
tempo
lunghissimo.
Per
accelerare
l’analisi,
i
geni
che
hanno
comportamenti
simili
sono
raggruppati
in
cluster.
Sono
stati
messi
a
punto
complessi
programmi
di
analisi
automatica
dei
Microarray.
Contare
le
torce
rosse
e
verdi
per
ogni
cerchio.
Se
il
cerchio
ha
solo
torce
di
colore
rosso,
saranno
presenti
solo
cDNA
del
tessuto
in
esame.
Se
il
cerchio
ha
solo
torce
di
colore
verde,
il
cDNA
proviene
solo
da
cellule
normali.
Se
il
cerchio
ha
un
egual
numero
di
torce
rosse
e
verdi,
non
ci
sono
differenze
di
espressione
tra
I
due
tessuti
Se
il
gene
di
un
dato
cerchio
è
prevalentemente
espresso
nelle
cellule
in
esame,
ci
saranno
più
torce
rosse
che
verdi.
Se
il
cerchio
è
nero,
quel
gene
non
è
espresso.
Nel
Microarray
virtuale
non
si
possono
generare
spot
gialli
o
di
gradazioni
intermedie.
Per
ovviare
a
questo
problema
possiamo
mettere
su
ogni
cerchio
un
disco
colorato
con
le
gradazioni
di
colore
dal
rosso
al
verde.
Normalizzazione
Analogamente
al
Microarray
vero,
nel
Microarray
virtuale
dalla
intensità
del
colore
di
ogni
spot
si
può
in
teoria
calcolare
la
quantità
di
cDNA
(il
numero
di
torce
di
ciascun
colore).
Consideriamo
però
anche
il
seguente
aspetto:
se
le
batterie
delle
torce
sono
tutte
ugualmente
cariche
ci
aspettiamo
che
due
torce
diano
una
luce
di
intensità
doppia
di
quella
di
una
singola
torcia.
Ma
se
le
batterie
delle
due
torce
sono
mezze
scariche,
allora
l’intensità
data
da
due
torce
sarà
uguale
a
quella
di
una
singola
torcia
con
la
batteria
carica.
In
altre
parole,
la
intensità
del
colore
di
ogni
spot
dipende
dal
numero
di
torce
legate
ma
anche
dallo
stato
di
carica
delle
batterie.
Analisi
e
clustering
Vedere
gli
esercizi
allegati.
Analisi
dei
risultati:
clustering
(file
allegato)
Avete
bisogno
di
trovare
dei
criteri
per
raggruppare
i
geni
in
cluster.
I
geni
sono
tutti
indicati
con
i
nomi
di
famosi
scienziati
che
hanno
lavorato
nel
campo
della
biologia.
La
maggior
parte
di
questi
ha
vinto
il
Premio
Nobel
per
la
Fisiologia
o
la
Medicina.
Cercate
su
internet
informazioni
su
questi
scienziati
per
individuare
che
cosa
hanno
in
comune
(http://nobelprize.org/).
La
presenza
di
più
torce
rosse
significa
che
il
gene
è
up‐regolato
(cioè
più
espresso
nelle
cellule
in
esame
rispetto
a
quelle
normali);
quando
invece
ci
sono
più
torce
7
verdi,
il
gene
è
down‐regolato
(cioè
meno
espresso
nel
campione
in
fase
di
studio
rispetto
al
tessuto
normale).
Iniziate
a
raggruppare
i
geni
secondo
il
numero
di
torce
verdi
o
rosse,
in
modo
da
avere:
‐ un
cluster
con
i
geni
aventi
ugual
numero
di
entrambi
i
colori;
‐ un
cluster
con
i
geni
aventi
un
solo
colore;
‐ un
cluster
con
i
geni
aventi
più
torce
verdi
che
rosse;
‐ un
cluster
con
i
geni
aventi
più
torce
rosse
che
rosse.
Dopo
che
avete
raggruppato
i
vari
geni,
dovete
cercare
di
individuare
che
cosa
hanno
in
comune
i
geni
risultanti
nei
vostri
cluster.
Interpretate
i
vostri
risultati.
I
cluster
potrebbero
essere
quelli
della
tabella
sotto.
Cluster
1
2
3
4
Geni
Verde
Rosso
James
Watson
Francis
Crick
Rosalind
Frankling
Maurice
Wilkins
Thomas
Morgan
Barbara
Mcclintock
Jacques
Monod
Alexander
Fleming
Leo
Szilàrd
John
Kendrew
0
9
1
3
4
1
4
0
9
2
0
9
1
3
8
6
0
3
3
1
Regolazione
Nessuna
differenza
2
volte
più
espresso
nel
campione
in
esame
6
volte
più
espresso
nel
campione
in
esame
Non
più
espresso
nel
campione
in
esame
Espresso
ex
novo
nel
campione
in
esame
3
volte
meno
espresso
nel
campione
in
esame
2
volte
meno
espresso
nel
campione
in
esame
Interpretiamo
i
risultati
raggruppati
secondo
questo
criterio:
Cluster
1:
consiste
di
4
geni
(James
Watson,
Francis
Crick,
Maurice
Wilkins
and
Rosalind
Franklin),
che
mostrano
uguali
quantità
di
mRNA
nel
controllo
e
nel
campione
tumorale.
Questi
quattro
ricercatori
hanno
svolto
un
ruolo
fondamentale
nella
scoperta
della
struttura
del
DNA.
Watson,
Crick
e
Wilkins
hanno
vinto
il
premio
Nobel
per
la
medicina
nel
1962.
Purtroppo,
il
ruolo
di
Rosalind
Franklin
fu
pienamente
riconosciuto
solo
dopo
la
sua
morte.
Cluster
2:
i
due
geni
up‐regolati
si
chiamano
Thomas
Morgan
e
Barbara
McClintock.
Morgan
(Premio
Nobel
nel
1933)
fu
il
pioniere
degli
studi
di
genetica
classica
nel
moscerino
Drosophila
melanogaster;
Barbara
McClintock
(Premio
Nobel
nel
1983)
scoprì
i
trasposoni
nel
mais,
gli
elementi
mobili
nel
DNA
capaci
di
spostarsi
da
una
posizione
a
un’altra
nel
genoma.
Entrambi
questi
ricercatori
sono
stati
eccellenti
genetisti.
Cluster
3:
geni
di
un
solo
colore,
cioè
espressi
solo
in
uno
dei
due
tipi
cellulari.
Fleming
(Premio
Nobel
nel
1945)
è
lo
scopritore
della
penicillina;
Monod
(Premio
Nobel
nel
1965)
ha
studiato
la
regolazione
dell’espressione
genica
in
E.coli.
Entrambi
hanno
lavorato
sui
mcroorganismi.
8
Cluster
4:
contiene
due
geni
down‐regolati.
Leo
Szilard
fu
uno
dei
primi
fisici
a
studiare
l’energia
atomica.
Si
distinse
anche
per
la
sua
battaglia
contro
l’uso
dell’energia
atomica
come
arma.
Quando
rivolse
i
suoi
interessi
alla
biologia,
organizzò
un
incontro
a
Ginevra
con
altri
scienziati,
tra
cui
James
Watson
e
John
Kendrew
per
discutere
della
fondazione
di
un
laboratorio
internazionale
di
Biologia
Molecolare.
Nel
1963
venne
fondata
la
European
Molecular
Biology
Organization,
EMBO
e
nel
1974
a
Heidelberg
è
stato
fondato
il
Laboratorio
Europeo
di
Biologia
Molecolare
(EMBL).
John
Kendrew
(Nobel
in
Chimica
nel
1962
per
aver
ottenuto
la
prima
struttura
cristallina
di
una
proteina)
è
stato
il
primo
direttore
dell’EMBL.
In
questo
esempio
di
clustering,
si
trova
facilmente
il
filo
conduttore
che
unisce
i
geni
di
ogni
gruppo.
NB.
Fate
attenzione
nell’interpretare
i
risultati.
Talvolta
geni
contenuti
nello
stesso
cluster,
possono
non
condividere
similarità;
a
volte
i
risultati
dipendono
dal
modo
con
cui
è
stato
fatto
il
clustering.
Ad
esempio,
i
geni
potrebbero
anche
essere
raggruppati
come
nella
seconda
tabella
(cluster
A
B
C).
A
differenza
di
quanto
visto
con
i
raggruppamenti
precedenti
(1‐4),
i
geni
che
si
ritrovano
insieme
nei
cluster
B
e
C
non
sembrano
legati
da
un
filo
conduttore
evidente.
Cluster
A
B
C
Geni
James
Watson
Francis
Crick
Rosalind
Frankling
Maurice
Wilkins
Thomas
Morgan
Barbara
Mcclintock
Alexander
Fleming
Leo
Szilàrd
John
Kendrew
Jacques
Monod
Verde
0
9
1
3
4
1
0
9
2
4
Rosso
0
9
1
3
8
6
3
3
1
0
Regolazione
Nessuna
regolazione
2
volte
up‐regolato
6
volte
up‐regolato
up‐regolato
3
volte
down‐regolato
2
volte
down‐regolato
down‐regolato
Utilizzo
dei
Microarrays
per
la
diagnosi
dei
tumori.
Caso
1.
Diagnosi
differenziale
di
tumori
del
sistema
ematopoietico.
Premessa
Il
cancro
è
causato
da
un
danno
a
carico
di
geni
che
controllano
la
divisione
cellulare:
risultato
è
la
mancanza
di
controllo
nella
divisione.
Nelle
cellule
tumorali
si
esprimono
gruppi
di
geni
diversi
da
quelli
espressi
nelle
cellule
normali;
inoltre,
differenti
tipi
di
cancro
esprimono
gruppi
diversi
di
geni.
L’analisi
dell’espressione
genica
aiuta
a
identificare
il
tipo
di
cancro
di
cui
è
affetto
un
paziente.
Nel
1999,
un
gruppo
di
scienziati
americani
utilizzò
i
Microarray
a
DNA
per
distinguere
due
tipi
di
cancro
clinicamente
molto
simili:
ALL
(Leucemia
Linfoblastica
Acuta)
e
AML
(Leucemia
Mieloide
Acuta).
Entrambi
colpiscono
le
cellule
del
midollo
osseo,
la
prima
(ALL)
colpisce
soprattutto
i
giovani,
l’altra
(AML)
è
più
comune
negli
adulti.
Prima
viene
diagnosticata
la
forma
di
leucemia,
più
tempestivamente
vengono
9
effettuati
gli
interventi
terapeutici
corretti.
Sono
stati
identificati
un
gruppo
di
50
geni
che
mostrano
differenze
di
espressione
nei
due
tipi
di
tumori.
Per
la
classe
Nei
seguenti
esercizi
utilizzerete
alcuni
di
questi
geni
in
un
piccolo
Microarray
per
verificare
come
questo
tipo
di
analisi
può
essere
impiegata
per
la
diagnosi
di
questi
due
tipi
di
cancro.
Nella
tabella,
per
ciascuno
dei
geni
è
specificato
in
quale
tipo
di
tumore
(ALL
o
AML)
il
gene
è
attivamente
espresso.
I
geni
indicati
come
controllo
sono
geni
espressi
in
entrambi
i
tipi
di
tumore
o
in
nessuno
dei
due:
questi
geni
non
forniscono
nessuna
informazione
circa
il
tipo
di
tumore,
ma
vengono
ugualmente
inseriti
nel
Microarray
per
controllare
che
la
procedura
sperimentale
sia
stata
eseguita
correttamente.
Posizione
Nome
del
gene
A1
A2
A3
A4
A5
B1
B2
B3
B4
B5
C1
C2
C3
C4
C5
D1
D2
D3
D4
D5
E1
E2
E3
E4
E5
Zyxin
Cyclin
03
Myosin
light
chain
HOX
A‐9
SNF
2
Coenzyme
A
Leptin
receptor
OP
18
Dynein
light
chain
SRP9
Actin
IL7
receptor
CD‐33
MCM
3
LYN
Myc
3
ATPase
SRP
9
CD
19
Catalase
IL8
receptor
Lysozyme
Topoisomerase
II
Acyl‐CoA
Dehydrogenase
Glucose‐6‐phosphate
Tipo
di
tumore
in
cui
il
gene
è
attivamente
espresso
AML
ALL
ALL
AML
ALL
ALL
AML
ALL
Nessuno
(controllo)
ALL
Entrambi
(controllo)
ALL
AML
ALL
AML
Nessuno
(controllo)
AML
AML
Nessuno
(controllo)
AML
AML
AML
ALL
ALL
Entrambi
(controllo)
Ora
tocca
a
voi:
provate
a
fare
la
diagnosi
in
questi
3
casi
clinici.
Avete
tre
pazienti
a
cui
dovete
diagnosticare
il
tipo
di
cancro.
Immaginate
di
prelevare
le
cellule
dal
midollo
osseo
dei
vostri
pazienti,
di
coltivarle,
poi
purificare
l’mRNA
dal
citoplasma,
trasformarlo
in
cDNA
e
utilizzarlo
come
sonda
per
il
Microarray
contenente
i
geni
elencati
nella
tabella
.
10
Il
risultato
della
vostra
analisi
dell’espressione
dei
geni
interessati
è
visibile
nelle
tabelle
seguenti,
relativi
ai
tre
pazienti
X.
Y
e
Z.
Qual
è
la
vostra
diagnosi
per
i
tre
pazienti?
Risultato
del
Microarray
per
il
paziente
X
1
2
3
4
5
A
*
*
B
*
*
C
*
*
D
E
*
*
Risultato
del
Microarray
per
il
paziente
Y
1
2
3
4
5
A
*
B
*
C
*
D
E
*
Risultato
del
Microarray
per
il
paziente
Z
1
2
3
4
5
A
*
*
B
*
C
*
*
D
*
*
E
*
Risposta:
Il
paziente
X
esprime
5
geni
(A1,
A3,
B1,
B3,
C4)
attivi
in
ALL,
mentre
gli
altri
geni
sono
di
controllo
e
non
forniscono,
pertanto,
nessuna
informazione
significativa.
Si
può
pertanto
concludere
che
il
paziente
X
è
affetto
da
ALL.
Il
paziente
Y
ha
due
geni
(A4,
B2)
che
sono
altamente
espressi
in
AML,
mentre
gli
altri
sono
geni
di
controllo.
Diagnosticare
la
presenza
di
AML
è
molto
rischioso
in
base
a
due
soli
geni
attivi,
perché
i
restanti
geni
non
sono
attivi.
L’elevata
espressione
dei
due
geni
potrebbe
essere
associata
a
un
altro
tipo
di
cancro.
Pertanto,
per
questo
paziente
non
si
può
fare
diagnosi.
Il
paziente
Z
presenta
6
geni
(A1,
A4,
B2,
C3,
D2,
D3)
attivi
in
AML;
i
rimanenti
sono
geni
di
controllo.
Si
può
concludere
che
il
paziente
Z
è
affetto
da
AML.
Caso
2:
Diagnosi
differenziale
di
carcinoma
mammario
Premessa
Il
carcinoma
mammario
duttale
in
situ
è
una
forma
non
invasiva
("in
situ")
di
carcinoma
mammario
caratterizato
dalla
proliferazione
di
cellule
epiteliali
maligne
all'interno
del
dotto,
senza
invasione
della
membrana
basale.
Pertanto
non
essendoci
infiltrazione
di
vasi
sanguigni
e
linfatici,
queste
lesioni
sono
sostanzialmente
incapaci
di
metastatizzare.
Il
carcinoma
mammario
infiltrante
è
una
forma
invasiva
di
carcinoma
mammario
caratterizzato
dalla
proliferazione
di
cellule
epiteliali
maligne
all'interno
e
all’esterno
del
dotto,
con
invasione
della
membrana
basale.
Pertanto,
essendo
presente
infiltrazione
di
vasi
sanguigni
e
linfatici,
queste
lesioni
sono
in
grado
di
metastatizzare.
È
molto
importante
diagnosticare
il
carcinoma
allo
stadio
non
infiltrante,
essendo
ormai
ampiamente
accettato
il
concetto
che
buona
parte
dei
carcinomi
infiltranti
origina
dal
carcinoma
in
situ.
È
infatti
molto
probabile
che
il
carcinoma
in
situ
sia
una
tappa
obbligata
nello
sviluppo
della
forma
infiltrante.
11
Per
la
classe
Immaginate
di
avere
a
disposizione
due
repliche
di
uno
stesso
Microarray
su
cui
sono
state
depositate
20
sonde
relative
a
20
geni
la
cui
funzione
è
rilevante
nel
tessuto
mammario.
I
geni
sono
denominati
con
le
lettere
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T.
Entrambi
i
Microarray
contengono
le
stesse
sonde.
Ciascun
chip
è
stato
messo
a
contatto
con
RNA
(o
cDNA)
estratto
da
cellule
normali
(controllo)
marcato
con
un
tracciante
verde
e
contemporaneamente
con
RNA
(o
cDNA)
estratto
da
tumore,
marcato
da
un
tracciante
rosso.
Per
ciascuno
dei
due
chip
vengono
utilizzati
2
estratti
tumorali
diversi
(Carcinoma
intraduttale
in
situ
e
Carcinoma
mammario
infiltrante).
Cellule
normali
del
dotto
mammario
:
Verde
Carcinoma
duttale
in
situ:
Rosso
Cellule
normali
del
dotto
mammario
:
Verde
Carcinoma
duttale
infiltrante:
Rosso
Uno
spot
verde
indica
che
il
gene
è
molto
più
attivo
nel
tessuto
normale
rispetto
al
tumore
(da‐
1
a‐4).
Uno
spot
rosso
indica
che
il
gene
è
molto
più
attivo
nel
tumore
(da+1
a
+4).
I
colori
intermedi
indicano
che
il
gene
in
questione
è
attivo
in
entrambe
le
linee
cellulari
con
diversi
gradi
di
espressione
che
producono
le
diverse
sfumature.
Il
colore
giallo
indica
che
il
gene
è
ugualmente
espresso
nel
tumore
e
nelle
cellule
normali.
Il
colore
nero
indica
che
il
gene
non
è
espresso,
nè
nelle
cellule
normali
nè
nelle
cellule
tumorali.
Scopo
dell’esperimento
è
quello
di
identificare
un
profilo
di
espressione
tumore‐
specifico
e,
possibilmente,
correlare
i
vari
profili
di
espressione
con
la
malignità
attraverso
l’assegnazione
di
punteggi
relativi
all’espressione
genica
per
ogni
livello
di
colore
dello
spot.
I
punteggi
vanno
poi
riportati
su
un
grafico,
che
permette
una
visualizzazione
più
immediata
delle
differenze
di
espressione
nei
due
tipi
di
tumore.
12
Quali
punti
assegnare
ai
singoli
spot
dei
due
microchip
?
(+1)
( 0)
(-2)
(-1)
(+4)
(+3)
(-2)
(-1)
(-3)
(+3)
(+4)
(-1)
(-2)
(-3)
(+4)
(+3)
(-3)
(-4)
(+1)
(+3)
( 0)
(+2)
(+4)
( 0)
(+4)
( 0)
(-2)
(-3)
(-3)
(+2)
(-2)
(+2)
(-2)
(-4)
(+4)
(-3)
(-3)
(+3)
(+1)
( 0)
Nel
primo
microchip
il
gene
A
è
espresso
sia
nelle
cellule
tumorali
che
nelle
cellule
normali
con
una
lieve
sovrabbondanza
per
le
cellule
tumorali;
il
gene
B
è
espresso
in
entrambe
i
tipi
cellulari
in
uguale
quantità;
il
gene
C
è
espresso
maggiormente
nelle
cellule
normali;
il
gene
D
è
espresso
sia
nelle
cellule
tumorali
che
nelle
cellule
normali,
con
una
lieve
sovrabbondanza
nelle
cellule
normali;
il
gene
E
è
espresso
o
è
molto
più
attivo
nelle
cellule
tumorali,
come
anche
i
geni
I
e
M,
R
e
S;
e
così
via.
Possiamo
eseguire
un
confronto
tra
i
due
microchip
con
le
seguenti
osservazioni:
1)
Ci
sono
geni
che
sono
più
attivi
nel
tessuto
normale
o
in
quello
tumorale?
Il
gene
C
è
più
attivo
nelle
cellule
normali,
così
come
i
geni
D
F
H
J
K
N
O.
Il
gene
A
è
maggiormente
espresso
nelle
cellule
tumorali,
come
anche
E
I
M
R
S.
Il
gene
G
è
espresso
nelle
cellule
del
carcinoma
infiltrante
mentre
non
è
espresso
nelle
cellule
del
carcinoma
papillare
in
situ
Il
gene
Q
è
attivo
solo
nelle
cellule
del
carcinoma
infiltrante,
mentre
è
inattivo
nel
tessuto
normale
e
nel
carcinoma
in
situ
Il
gene
T
è
inattivo
sia
nelle
cellule
normali
che
tumorali
2)
Ci
sono
geni
che
hanno
comportamento
simile
fra
le
due
forme
di
carcinoma?
Sì,
la
maggior
parte
.
I
geni
B
C
E
F
H
I
K
L
M
N
O
P
R
S.
3)
Ci
sono
geni
che
sono
più
attivi
nel
tumore
maligno?
Il
gene
A
è
up‐regolato
nel
carcinoma
infiltrante,
come
anche
i
geni
G,
L
e
Q.
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