Starling
La pletora
Riassunti integrati di Patologia Generale
Anno Accademico 2014/2015
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EZIOLOGIA E PATOGENESI (s-Pontieri)
ORIGINE ED EVOLUZIONE DELLA PATOLOGIA GENERALE
La patologia generale differisce dall‘anatomia patologica perché privilegia l‘aspetto funzionale
della fenomenologia patologica su quello morfologico. L‘indagine morfologica, infatti, sebbene
utile ad identificare la sede anatomica e alcune caratteristiche delle lesioni, non è assolutamente
adeguata a svelare i meccanismi responsabili della comparsa di alcune patologie, quali, ad esempio,
quelle ereditarie del metabolismo, consistenti nella presenza di una mutazione che impedisce la
sintesi di un determinato enzima coinvolto in un determinato metabolismo. L‘obiettivo principale
della patologia generale è, pertanto, l‘identificazione dei processi patologici elementari. Essi
possono essere inquadrati nel concetto di ―lesione biochimica‖, volendo intendere con essa un
insieme di alterazioni di determinati cicli metabolici causate dalla mancanza o dall‘inattività di un
composto necessario al completamento di un ciclo. Il blocco di una reazione enzimatica, inoltre,
non comporta necessariamente modificazioni evidenziabili morfologicamente, sia se essa è dovuta
ad agenti esogeni sia se dovuta ad agenti endogeni. Il concetto di ―malattia molecolare‖, invece,
considera un‘altra fondamentale possibilità eziopatogenetica, ovvero quella legata ad una
alterazione strutturale di una determinata molecola di fondamentale importanza biologica, alla quale
segue un‘alterazione funzionale, che non necessariamente comporta un blocco metabolico. In
sintesi, le lesioni evidenziabili al microscopio (oggetto di studio dell‘anatomia patologica)
costituiscono in realtà un ―post-factum‖ che consegue ad un ―pre-factum‖, rappresentato da una o
più alterazioni biochimiche e/o molecolari.
Mentre a lungo lo studio della patologia è stato caratterizzato da un‘approccio di tipo
―riduzionistico‖centrato solo sul singolo danno,oggi si è passati ad un‘approccio sistemico,che tiene
conto sia degli elementi costitutivi sia delle relazioni che devono intercorrere trai vari elementi e le
varie cellule;ad esempio molte funzioni dipendono da interazioni proteina-proteina organizzate in
scale-free network costituite da innumerevoli HUB(nodi con alti numeri di connessioni).
Si parla quindi di sistema biologico caratterizzato da:
 Emergenza:Proprietà emergenti che non dipendono dalle singole parti ma dalla loro
interazione.
 Robustezza:capacità di rimanere stabili nonostante un‘ampia gamma di perturbazioni.
 Modularità:organizzazione in unità funzionali che interagiscono tra loro per svolgere
un‘azione.
L‘ATTUALE PROBLEMATICA DELLA PATOLOGIA GENERALE
La patologia generale è caratterizzata dallo studio delle cause che inducono l‘alterazione delle
strutture e delle funzioni dell‘organismo, nonché dei meccanismi attraverso i quali le cause riescono
a provocare il danno e dei processi reattivicon cui l‘organismo risponde agli insulti morbigeni che
lo colpiscono al fine di ristabilire la precedente condizione di integrità, sia pure, talora, ad un livello
diverso da quello originario. In sintesi la patologia generale si occupa del ―perché‖ e del ―come‖
avviene un turbamento del funzionamento fisiologico. Lo studio del ―perché‖ viene effettuato
tramite l‘eziologia che, grazie alla comprensione degli agenti patogeni, identifica le cause
responsabili di questo fenomeno. La comprensione del ―come‖, invece, viene eseguita tramite la
patogenesi, ovvero tramite i meccanismi attraverso i quali il danno viene provocato. La patologia
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generale, inoltre, indaga sui processi che presiedono alla neutralizzazione degli agenti patogeni, alla
riparazione del danno da essi inferti e, nel caso essa risultasse inefficiente, sui meccanismi
responsabili della persistenza della condizione patologica o della morte delle cellule colpite, che
può culminare nella morte dell‘organismo.
Principali criteri di classificazione delle malattie:
criterio
Topografico
Anatomico
Funzionale
Patologico
Eziologico
Esempio
Malattie dell‘addome,del sistema nervoso ecc
Malattie dello stomaco,del rene ecc
Malattie psichiche,respiratoire,ecc
Malattie
degenerative,neoplasiche,
infiammatorie ecc
Malattie infettive,virali,batteriche, protozoarie
,parassitarie,ambientali e professionali
DEFINIZIONE DELLO STATO DI SALUTE
Lo stato fisiologico di salute si ha grazie all‘integrazione di meccanismi omeostatici, i quali
controbilanciano, minimizzano oppure annullano gli effetti indotti dalle varie sollecitazioni cui
l‘individuo è sottoposto;è quindi una condizione dinamica che permette all‘uomo di vivere nel suo
ambiente. I meccanismi omeostatici di maggior rilievo sono quelli che presiedono al mantenimento
dell‘equilibrio acido-base e al mantenimento dell‘equilibrio idroelettrico, i meccanismi di
termoregolazione e, infine, i meccanismi a retroazione che mantengono costante la concentrazione
di una serie di molecole (tra cui gli ormoni). L‘adattamentoè un‘ altro meccanismo volto a
mantenere lo stato di salute caratterizzato dalla capacità di una cellula o di un tessuto di modulare
alcune funzioni in occasione di eventi perturbanti persistenti nel tempo in modo da raggiungere una
condizione di equilibrio diversa dall‘originale ma sufficiente amantenere lo stato di salute
Esempi di adattamento sono:
-ipertrofia:aumento del volume di un‘organo in seguito ad aumento del volume delle singole
cellule
-iperplasia:aumento del volume di un‘organo in seguito a aumento del numero delle cellule
-ipotrofia:diminuzione del volume di un‘organo per diminuzione delle singole cellule
-ipoplasia:diminuzione del volume di un‘organo in seguito a diminuzione del numero di cellule che
lo compongono.
Lo stato di salute può, quindi, essere definito come la risultante dell‘integrità dei meccanismi
preposti al mantenimento di una serie di diversi parametri ad un livello costante, entro i confini di
una variabilità che risulta statisticamente accettabile.
Sensazioni soggettive di benessere e salute non coincidono sono necessari riscontri oggettivi.
L‘OMS definisce lo stato di salute come una condizione di completo benessere fisico,mentale e
sociale e non solo come assenza di malattia.
Si parla inoltre di:
 medicina predittiva:determinazione del rischio di sviluppare malattia
 medicina preventiva:assunzione di comportamenti individuali o farmaci che riducano il
rischio di sviluppare malattie e favoriscono uno stato di salute
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
medicina personalizzata:trattamenti farmacologici personalizzati sulla base delle
caratteristiche individuali sia di rischio che di risposte.
CONDIZIONI PATOLOGICHE
La condizione patologica più lieve è data dal fenomeno morboso, che rappresenta la deviazione
transitoria e semplice di un carattere morfologico,biochimico e funzionale, cui può non conseguire
alcuna sintomatologia(ad esempio una lieve abrasione che non lede i vasi del derma). Il processo
morboso, invece, risultato della correlazione di più fenomeni morbosi, che generano un
meccanismo patogenetico comune e che possono essere di tipo degerativo,reattivo,riparativo ecc(es
l‘infiammazione e febbre). Lo stato morboso, infine, rappresenta una condizione patologica
stazionaria, ben definita, in alcuni casi del tutto asintomatica, risultante da un equilibrio non sempre
facilmente identificabile, che si instaura
tra la noxa patologica e la reattività
dell‘organismo(mancanza di un rene,miopia,cicatrici ecc)=se l‘equilibrio si perturba abbiamo la
MALATTIA.
IL CONCETTO DI EZIOLOGIA
L‘eziologia indica la conoscenza delle cause che inducono malattia, siano esse esogene od
endogene. Le cause esogene possono essere dovute a cause fisiche, chimiche o biologiche. Le cause
endogene, invece, sono insite nell‘organismo stesso, quali, ad esempio, alterazioni della struttura o
della regolazione dei geni.
L‘organismo può reagire in modo diverso nei riguardi del patogeno. Esso può essere:
 recettivo:qualora ne subisca le conseguenze
 refrattario:non ne subisce alcuna (es:poichè le cellule non presentano recettori per il
patogeno)
 resistente:se possiede meccanismi reattivi ,dell‘immunità innata,particolarmente efficienti
 reattivo:se i meccanismi dell‘immunità specifica sono particolarmente reattivi.
Mentre la refrattarietà riguarda essenzialmente la noxa patogena, la recettività, la resistenza e la
reattività sono condizioni individuali che possono anche variare el corso della vita.
LE CAUSE DI MALATTIA:
 genetiche
 aquisite(congenite o durante la vita extrauterina)
 chimiche:da sostanze esogene o endogene(radicali dell‘ossigeno e dell‘azoto ecc)
 fisiche:temperature,radiazioni,onde
elettromagnetiche,eletttricità,accellerazioni,
pressioni,traumi.
 biologiche:danni da agenti patologici
 carenze ed eccessi(di O2,vitamine,ferro ecc)
 iatrogene: reazioni dirette dei farmaci,idiosincrasia(eccessiva e/o violenta reazione quando
entra in contatto con certe sostanze non di tipo allergico ma dovuto ad assenza di alcuni enzimi
come nel favismo),ipersensibilità su base immunologica.
Possono essere:
 primarie,determinanti e sufficienti(es le 6 principali alterazioni neoplastiche):quando da sola
è in grado di provocare la malattia.
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

coadiuvante o concausa o predisponenti o promuoventi: quando facilita l‘azione di un altro
agente patogeno es abbasamento delle difese immunitarie (specifiche e aspecifiche) o fattori
stimolanti l‘accrescimento cellulare(stimolano la formazione di neoplasie.abbiamo
ormoni,farmaci(contaccettivi orali e steroidi anabolizzanti che determinano tumore al
fegato)agenti
infettivi(es
virus
epatite
B,virus
epstein-barr)sostanze
chimiche(saccarina=tumore alla vescica)traumi fisici e meccanici,irritazioni croniche)o
cause di patologie multifattoriali(come l‘ipertensione che è dovuto a riduzione della
compliance,aterosclerosi,ipervolemia,vasocostrizione funzionale)
cause precipitanti: che facilitano l‘evento patologico quando l‘organo è gia danneggiato es
lo scompenso cardiaco dovuto a infezioni(perdita di plasma che si accumula negli
edemi),anemie,tireotossicosi
e
gravidanza,aritmie,miocarditi
infettive,endocarditi
infettive,stress fisici,alimentari,ambientali e emozionali, crisi ipertensive,infarto del
miocadio,embolia polmonare.
NB:ricorda che c‘è differenza tra insufficenza cardiaca(incapacità dell‘ organo di rispondere alle
richieste dell‘organismo che può esser compensata o che si può presetare a seguito d‘eccessive
richieste)e scompenso(che consiste in un‘improvviso peggioramento nella situazione iniziale di
inssuficenza e rende i meccanismi di compenso inefficaci)
IL CONCETTO DI PATOGENESI
Con patogenesi si indicano i meccanismi attraverso i quali i vari agenti patogeni perturbano
l‘integrità e la funzione dei meccanismi omeostatici, inducendo la malattia. I meccanismi
patogenetici si realizzano attraverso una cascata sequenziali di reazioni(che può rimanere
localizzata o dar luogo ad effetti sistemici) di cui la prima è rappresentata dall‘interazione
dell‘agente patogeno con un bersaglio molecolare(e innesca le altre). Questa interazione può essere
specifica, se avviene con una sola specie molecolare, o aspecifica. L‘alterazione molecolare
comporta una perdita, una riduzione(per riserva funzionale=l‘alterazione comporta alterazioni
funzionali parziali, o ridondanza d‘azione=molecole ad azione simile ne vicariano l‘azione) o un
guadagno di funzione della molecola bersaglio o possono anche non avere effetto(molecole non
implicate nelle funzioni o patologia multifattoriale)
Esempio di un‘alterazione molecolare:
BPCO: (broncopneumopatia cronica ostruttiva) deriva da più cause:
-lesione del cromosoma 14 locus 14q32.q del gene che codifica l‘α-antitripsina che normalmente
elimina l‘elastasi che distrugge l‘elastina=distruzione elastina=enfisema,
-accumulo di α-antitripsina negli epatociti=cirrosi + enfisema(non agisce nel polmone)
-Lesioninello stesso gene possono determinare una minore affinità per la trombina con una
conseguente malattia emorragica.
LA MALATTIA
La malattia deve essere riguardata come una condizione dinamica, cioè evolutiva, che induce uno
stato di reattività dell‘intero organismo in conseguenza dell‘alterazione dei meccanismi che, a vari
livelli di integrazione, presiedono al mantenimento dell‘equilibrio omeostatico dell‘organismo. La
malattia può evolvere in guarigione, quando si ha una completa restitutio ad integrum, può
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culminare nella morte dell‘individuo, oppure può cronicizzare, quando si crea un equilibrio tra
l‘agente perturbante e la regolazione omeostatica che, però, è settata ad un livello diverso da quello
originario.
Si parla di sindrome quando abbaimo associazione dei diversi fenomeni patologici riguardanti più
organi o sistemi che hanno in comune un nesso patogenetico.
Ricordiamo i tre termini inglesi:disease(=malattia asintomatica;malattia presente anche se non
avvertita),illness(malattia presente e acvvertita con sofferenza)sickness(malattia avvertita dal
paziente e da chi gli sta attorno)(in italiano le ultime due corrispondono alla malattia conclamata)
Insulto
alterazione molecolare
alterazione dell‘omeostasi cellulare che determina:
1)adattamento
correzione dell‘alterazione
2)alterazione di funzione(pat cellulare)
necrosi
patologia d‘organo
Fenomeni reattivi:rigenerazione
e riparazione che agiscono favorendo
La necrosi e l‘alterazione funzionale
Rigenerazione:sostituzione delle cellule perdute attraverso l‘attivazione di cellule staminale(si
rinnovano e danno vita alle committed cells;sono presenti in tutti i tessuti ma non in tutti vengono
reclutate; inoltre vanno in contro a senescenza processo che si riduce con un ridotto apporto
calorico).
pluripotenti
pluripotenti non si autorinnovano
multipotente
unipotente
Cellule mature:si è scoperto che possono tornare
allo stato di pluripotenti(anche se ne perdono le
probabilità) poiché la multipotenzialita‘
rappresenta più la regola che l‘eccezione)
Riparazione:formazione di tessuto cicatriziale che causa patologia
Esse si presentano in maniera differente a seconda delle cellule colpite:
-cellule perenni:non hanno capacità mitotica.sono neuroni,cellule muscolari,scheletriche e
cardiache,adipociti(forse)
-cellule stabili:con capacità mitotica limitata.epatociti,cellule muscolari lisci,fibroblasti ed endoteli
-cellule labili:con capacità mitotitca.celluleemopoietiche(non tutte le differenziate) e cellule
epiteliali
Esiste una riclassificazione che tiene conto delle capacità proliferative delle cellule differenziate e
dell‘entità del comparto di cellule differenziabili.
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PRINCIPI GENERALI DI PATOLOGIA MOLECOLARE
DALLA MOLECOLA AL SINTOMO (a-P)
Lo studio sistematico delle malattie inizia con Morgagni come Patologia d'organo, volta a correlare
i sintomi con le alterazioni anatomo-patologiche rilevate. Virchow, grazie anche all'uso del
microscopio ottico, permise il passaggio ad una Patologia cellulare, in cui le malattie erano
descritte in termini di cellule o tessuti. Grazie alla biochimica e agli studi sul metabolismo, si è
passati ad una Patologia metabolica, e successivamente ad una Patologia subcellulare, per
l'avvento del microscopio elettronico e della biochimica delle frazioni subcellulari. La Patologia
molecolare nasce successivamente, grazie alle conoscenze nuove sul DNA, i geni e le proteine e
con il completamento del Progetto Genoma Umano. La patologia molecolare permette di
comprendere il ruolo della singola molecola nella patogenesi della malattia,la correlazione
struttura/funzione e l‘interazione ambiente/genoma. Nascono così nuove discipline, quali la
Genomica (farmacogenomica, nutrigenomica etc.), la post-genomica , la proteomica e la medicina
traslazionale..
OGGETTO DI STUDIO DELLA PATOLOGIA MOLECOLARE
La Patologia molecolare indaga le alterazioni delle molecole biologiche (acidi nucleici, proteine,
lipidi, zuccheri, metalli e ioni) e delle strutture sopramolecolari (membrane, mitocondri, cromatina,
cromosomi, ribosomi, citosol e citoscheletro).
PATOLOGIA MOLECOLARE DEGLI ACIDI NUCLEICI
Gli acidi nucleici sono i depositari dell'informazione genica. Una loro alterazione si traduce in
malattia: si parla di malattia genetica se l'alterazione è nelle cellule germinali, ma l'alterazione può
anche avvenire nelle cellule somatiche (es: tumori).
Il DNA
Può essere organizzato in quattro strutture: cromosomi, eterocromatina, eucromatina (rispetto alla
fase del ciclo) e DNA circolare in alcuni organuli (es: mitocondri). Ciascuna struttura può andare
incontro a alterazioni che vengono definite mutazioni (ndr se presenti in meno dell'1% della
popolazione, altrimenti sono detti polimorfismi). Nel DNA solo l'1% codifica per proteine esoni(le
cui mutazioni determinano patologie di RNA e proteine) e introni; la restante parte costituisce il
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sistema di regolazione. I geni regolatori sono divisi in varie classi: promoters, enhancers,
silencers, sequenze specifiche per cellula o per tessuto esequenze ripetitive, sparse in tutto il
genoma che regolano la trascrizione e aumentano la stabilità cromosomica e DNA non nucleare(in
caso di mutazioni=alterazione dei mitocondri) .
Tra le sequenze ripetitive abbiamo:
-satelliti(1000)sovraintendono all‘integrità del telomero e del centromero
-minisatelliti(sequenze tandem ripetute) e microsatelliti(3-100bp ripetuti decine di volte)connesse
con l‘amplificazione delle sequenze,ha importanza nella medicina forense(finger printing)
-SINEs(<7000bp short interspercs element o sequenze Alu) e LINEs(>7000bp)possono avere un
significato nell‘evoluzione del genoma o a livello strutturale e trascrizionale nel mantenimento
dell‘integrtà strutturale. Inoltre vengono usate nel fingerprinting.
Se queste seguenze si inseriscono negli esoni bloccano la trascrizione se si inseriscono negli introni
alterano la regolazione della trascrizione,il mantenimento dell‘integrità e lo splicing.
Numerose sequenze di DNA sono atte all'interazione con varie proteine (es: istoni, proteine
cromosomiche e proteine per l'aggancio al nucleoscheletro di lamina nella membrana nucleare
durante l'interfase. Infine, un'altra quota di DNA è formata da retroelementi, sequenze di DNA
esogeno o endogeno sintetizzato da una trascrittasi inversa non telomerasica (cDNA da RNA viene
integrato nel genoma). I retroelementi sono: a) Retrovirus esogeni (recentemente integrati), b)
Retrovirus endogeni (integrati in tempi remoti), c) Retrotrasposoni endogeni(amplificati mediante
trascriptasi inverse di varia provenienza), (ndr i retrovirus possono essere a singola o doppia catena;
contengono 3 elementi: GAG ("group-specific antigen"), che organizzano il core, POL, polimerasi,
che codificano enzimi, ENV (envelope), proteine esposte sulla membrana), d) Pseudogeni (copie
difettose,per lo più senza introni e mutate, di geni normali presenti in copie multiple, si pensano
coinvolti nella regolazione del gene normale).
Patologie del DNA, alterazioni della molecola e loro effetti
Alterazioni della molecola del DNA
Alterazioni al DNA si traducono come informazioni alteratealla cellula. Le proteine così diventano
alterate in quantità (es: overespressione di un gene) o in qualità (es: proteina disfunzionale).
L'alterazioni delle informazioni si verifica per:
 rottura del DNA, per azioni di agenti esogeni o endogeni, specialmente a ridosso di siti fragili
costituiti da sequenze ripetitive di varia lunghezza. Queste attività genotossiche avvengono per
idrolisi da parte di enzimi, quali DNA-asi specifiche o lisosomiali e endonucleasi, o per
ossidazione da parte di radicali. Se avviene la riparazione, il fenomeno è fisiologico, ma si
possono avere problemi anche a questo livello, se i meccanismi di riparazione sono inadeguati
(es: ricombinasi). Una rottura non riparata causa delezioni, inversioni, traslocazioni semplici o
reciproche, che possono arrivare alla morte cellulare. Si ha quindi frammentazione del DNA:
necrosi attiva le DNA-asi acide, apoptosi attiva endonucleasi nucleosomiche, che tagliano tra un
istone e l'altro (220, o multipli, paia di basi).
Questi fenomeni si presentano principalmente quando il DNA risulta poco compatto(a seguito
dell‘acetilazione degli istoni;mentre è compatto se il DNA è metilato)
 modificazioni nella sequenza di basi: missense (alterata sequenza aa), nonsense (inserimento
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codon STOP), silenti (codon sostituito con uno equivalente) o per alterazioni dello splicing
(altera l'eliminazione degli introni). Possono essere causate da errori nella riparazione o della
DNA polimerasi I o da sostanze esogene come raggi UV (es: dimerizzazione timina; il dimero
non viene riparato nello Xeroderma Pigmentoso, poiché viene meno il meccanismo di riparo
NER, "nucleotide excision repair"), radiazioni ionizzanti, radicali liberi, agenti chimici vari.
 introduzione di nuove sequenze, come la mutagenesi inserzionale o l'amplificazione; può
essere causato da virus (inserisce il suo genoma nel DNA della cellula ospite, creando una
mutazione, e, se la cellula si moltiplica, la trasmette alla progenie), errori durante la replicazione
o per azione della trascrittasi inversa. L'amplificazione genica può essere causata da errori
durante la duplicazione. Ad esempio, l'amplificazione di triplette può avvenire a livello esonico,
cosicché la proteina presenterà aa ripetuti in tandem, a livello intronico o in sequenze CpG, che
causeranno completo silenziamento del gene. Patologie da amplificazione genica sono la Còrea
di Hungtington, l'atrofia muscolare spinale e la progressione maligna dell'adenocarcinoma del
colon non polipotico (vengono ripetute sequenze dinucleotidiche negli introni dei geni per il
riparo), Sindrome dell'X fragile (isole CpG fino a 230 ripetizioni; è la seconda causa di ritardo
mentale, la prima è la trisomia 21). Infine la biologia molecolare ha sviluppato tecniche di
mutagenesi inserzionale, per la costruzione di organismi e cellule transgeniche.
 alterazioni che regolano la disponibilità del DNA alla trascrizione, es: alterazioni di geni
promotori, del complesso trascrizionale, alterazioni della regolazione epigenetica (metilazione
di specifiche sequenze e deacetilazione degli istoni -> repressione genica, demetilazione e
acetilazione ->espressione genica).
Lo stato di metilazione di due stessi alleli, ereditato dalle cellule germinali, può generare il
meccanismo di "parental imprinting", ovvero la differente espressione dell'allele ereditato dalla
madre piuttosto che dal padre (e viceversa).un parental imprinting alterato può determinare
l‘attivazione di oncogeni e l‘nattivazione di oncosoppressori.
Effetti delle alterazioni del DNA
La maggior parte di queste condizioni sono clinicamente inapparenti, mentre un'altra parte risulta
disvitale o dare luogo a tutta una serie di patologie a seconda del gene implicato.
Alterazioni del DNA non codificante:
1) Alterazione del promoter
Il promoter è la sequenza genica responsabile dell'interazione del DNA col complesso di
trascrizione. Le sequenze tessuto-specifiche nel promotore inducono la trascrizione di geni tessutospecifici, determinando anche la quantità di RNAm sintetizzato. Il promoter si trova a monte dei
geni controllati. Mutazioni del promoter lo portano a essere inattivo, debole o forte, mostrando
alterata affinità per la RNA-polimerasi II. Alterazioni del promoter portano anche a una funzione
cellulare impropria (es: virus del morbillo attiva promotore del gene dell'insulina per tutta la durata
dell'infezione).
2) Alterazioni dell'enhancer o del silencer
Le sequenze enhancer sono poste a monte o a valle del complesso; la sua attivazione da parte di
ormoni aumenta la velocità di trascrizione e quindi della concentrazione finale del prodotto genico.
Sono modulatori della normale attività cellulare, e una loro mutazione può, per esempio, influenzare
l'espressione di alcuni protoncogeni(possono anche essereportati da retrovirus). Il gene silencer ha
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proprietà speculari a quelle dell'enhancer. Mutazioni puntiformi dei geni enhancer e silencer
aumentano l'affinità per gli ormoni steroidei e tiroidei.
3) Alterazioni delle sequenze ripetitive (satelliti, minisatelliti, microsatelliti e altre sequenze
ripetitive disperse nel genoma.) (Vedi anche sopra)
I satelliti sono corte sequenze di DNA non-coding ripetute migliaia di volte. Sono localizzati a
livello dei telomeri e dei centromeri e mantengono l'integrità del cromosoma. I minisatelliti sono
più piccoli, ma sparsi in tutto il genoma; i microsatelliti sono sparsi in tutto il genoma, la lunghezza
varia da 3 a qualche centinaio di paia di basi e le sequenze si ripetono qualche decina di volte. Mini
e microsatelliti sono coinvolti nella regolazione dei geni codificanti. Infine si distinguono sequenze
SINEs (Short INterspersed Elements) e LINEs (Long INterspersed Elements), sparse in tutto il
genoma.
Se inserite in esoni causano interruzione del trascritto o traduzione in tandem dell'aa. Se inserite
negli introni possono amplificare sequenze aminoacidiche ripetitive o alterare la trascrizione o i siti
di splicing (Còrea di Hungtington, Sindrome dell'X fragile, attivazione oncogene ras in alcuni
tumori, inibizione di un gene oncosoppressore nel carcinoma del colon non polipotico e in varie
sindromi neurologiche). In questi pz si verificaanticipazione genica,ovvero l'insorgenza dei
sintomi è tanto precoce quanto più aumenta la ripetizione delle sequenze, e mutazione dinamica,
per
cui
la
gravità
della
malattia
cresce
nelle
generazioni
successive.
4) Patologie da retroelementi
I retroelementi possono facilmente accumularsi in copie multiple; gli pseudogeni sembrano regolare
il gene omologo anche se posto in un altro cromosoma.
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5) Elementi di regolazione del DNA nei mitocondri e altri organuli
L'accumulo di mutazioni nei mitocondri e l'alterazione funzionale della sintesi di ATP portano a
inefficienza delle funzioni mitocondriali e all'invecchiamento cellulare. Il DNA mitocondriale ha
mutazioni specifiche; le patologie che ne derivano sono sempre trasmesse dalla madre, si esprimono
in ambit delo metabolismo energetico (soprattutto a livello muscolare e cerebrale), hanno
eteroplasmia, ovvero non tutti i mitocondri presenti nella cellula sono mutati e affinché la malattia
si manifesti occorre superare un limite soglia.
Patologie della riparazione del DNA
I meccanismi di riparazione del DNA nucleare sono essenzialmente 4:
 BER (Base Excision Repair, dove viene sostituita la singola base errata, il danno è spesso
provocato da radicali liberi, agenti alchilanti e radiazioni ionizzanti),
 NER (Nucleotide Excision Repair, viene sostituito l'intero nucleotide, il danno è spesso
costituito da dimeri di basi azotate e da addotti chimici e viene prodotto dai raggi UV e vari
composti),
 Riparazione della rottura della doppia elica e dei legami coevalenti:EJ (End Joining, che
salda le estremità di rottura) e HR (Homologous Recombination) (HR-EJ sono spesso
associati;il danno è provocato da radicali liberi o radiazioni ionizzanti),
 MSMR (Mismatch Repair, durante la replicazione, corregge l'appaiamento errato A-G T-C
dovuto ad errori nella replicazione)
Abbiamo inoltre TCR (Transcription Coupled Repair, ripara il momento trascrizionale).
L'innefficienza di questi meccanismi si associa ad accumulo di mutazioni e insorgenza di patologie
quali neoplasie e lo Xeroderma Pigmentoso (mutazione NER e TCR), Atassia Teleangectasica
(gene ATM, codifica una proteina che controlla p53; viene compromesso il meccanismo di riparo
delle doppie rotture e si accumulano aberrazioni cromosomiche), BRCA1, gene implicato del
tumore della mammella, in cui è il meccanismo HR ad essere compromesso.
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NB:Si parla di:
-mutazioni del DNA
-mutazione cromosomia:mutazione avvenuta in regioni più ampie
-mutazione genomica:diverso numero di cromosomi
L'RNA
L'RNA è presente nel nucleo, nel citoplasma e nei mitocondri. Nel nucleo, oltre all'RNA nucleareè
presente l'RNA eterogeneo (hnRNA), costituito da mRNA immaturo (contenente introni ed esoni) e
l'RNA associato agli spliceosomi. Nel citoplasma l'RNA è presente in quattro forme: rRNA,
tRNA(mutazioni di questi due sono disvitali) mRNA e RNA ad attività enzimatica (ribozimi).
Abbaimo inoltre:
 snucRNA:small nucleolar RNA posizionato a livello nucleolare,controlla la sintesi proteica
 7SL-RNA:RNA associato al reticolo:coinvoglia le proteine al RER
 RNA telomerasicon stampo per l‘allungamento dei telomeri.se questi si accorciano andiamo
in contro ad invecchiamento se si allungano andiamo in contro a tumori.
 RNA XIST:silenzia nella donna il secondo cromosoma X
 I miRNA regolano la trascrizione e la traduzione, sono formati da due sequenze tandem in
senso inverso che possono formare un occhiello.Vengono tagliati dai complessi enzimatici
DROSHA(agisce nel nucleo e forma il precursore del miRNA)+DICER(agisce nel citosol
sul precursore del miRNA formando il miRNA) Sono inibitori trascizionali, poiché vanno a
integrarsi in maniera totale o parziale con l'RNA rendendolo non traducibile e portandolo
ad una rapida degradazione.
Patologie dell'RNA
1) Assenza RNA trascritto
Il gene da trascrivere può essere assente (delezione), o presente, ma la trascrizione non può avvenire
perché una mutazione ha introdotto all'inizio dell'esone un codone STOP. L'assenza dell'RNA può
essere dovuta anche ad una sua instabilità post-trascrizionale che lo porta ad essere rapidamente
degradato. Gli RNA non messaggeri sono spesso cruciali nella vita della cellula e una loro
mutazione è quasi sempre incompatibile con la vita (disfunzione del complesso per la sintesi
proteica). L'mRNA codifica varie proteine e la gravità della mutazione dipende dalla proteina
codificata.
2) RNA abnormi o mutati
La funzionalità di trascritti troncati (delezione parziale del gene o codone di STOP in posizione non
iniziale) dipende caso per caso. La mutazione puntiforme potrebbe infatti riguardare basi cruciali
per le funzioni della molecola, soprattutto rRNA e RNA componenti degli spliceosomi. Infine la
mutazione rende l‘RNA più instabile e più facilemnte degradato.
3) RNA ed errori puntiformi di trascrizione
Il numero di errori introdotti dall'RNA polimerasi è superiore a quello prodotto dalla DNA
polimerasi e possono concorrere a introdurre mutazioni puntiformi anche agenti esogeni e endogeni.
A differenza delle mutazioni puntiformi del DNA, gli errori sono occasionali e di limitata rilevanza
patologica, anche se andrebbero valutati caso per caso.
4) mRNA da geni codificanti proteine
La RNA polimerasi II trascrive geni codificanti proteine. Il trascritto andrà incontro a processi di
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maturazione (splicing, poliadenilazione estremità 3' e cappuccio di 7-metil GTP all'estremità 5'),
traduzione (formazione del polipeptide primario nel RER) e di modificazione post-traduzionale.
(Vedi oltre)
5) Patologie dello splicing e dello splicing alternativo
Le mutazioni possono colpire le sequenze di siti di splicing o far perdere funzionalità alle molecole
preposte allo splicing. Nello splicing alternativo un'alterata dinamica nell'esposizione dei siti può
comportare la sintesi di isoforme errate.
6) Patologia dei micro-RNA
I miR hanno una funzione di regolazione: l'interazione con l'mRNA ne inibisce la traduzione. Un
loro aumento si traduce in diminuzione delle proteine traslate, e viceversa. Ruolo nei tumori:
aumento di miR il cui bersaglio è un mRNA per proteina oncosoppressore, si traduce in una
diminuita funzione della stessa e diminuzione di miR per proteine oncogeniche si traduce come
aumento della funzione della proteina. Hanno perciò un ruolo nella cancerogenesi e sono usati come
marcatori di particolari tumori. Ruolo nella patologia del miocardio: Alcuni miR hanno un ruolo
nell'espressione di proteine sarcomeriche, mitocondriali e altre, necessarie all'adattamento
ipertrofico e all'adattamento dei miocardiociti. Ipertrofia (adattativa dello sportivo, acromegalica,
ipertensiva e in alcune forme genetiche): diminuiscono i miR, aumentando l'espressione di proteine
sarcomeriche. Cardiomiopatia dilatativa e scompenso cardiaco grave: gli stessi miR sono aumentati
(si notano aree di miofibrillosi che denotano assenza di materiale sarcomerico).
PATOLOGIA MOLECOLARE GENERALE DELLE PROTEINE
Obiettivi e metodologia nella patologia molecolare delle proteine
La maggior parte delle funzioni cellulari sono svolte da proteine, codificate da specifici geni. Per
comprendere perciò le patologie da alterata funzione delle proteine occorre conoscere le funzioni, i
domini specifici, le vie patogenetiche che le originano e i sintomi che ne derivano. Le metodologie
comprendono Forward Genetics e Reverse Genetics: la prima si propone dapprima di identificare la
proteina da cui deriva la malatti, poi la sua struttura, i domini e infine il gene da cui è codificata. La
seconda metodologia procede in senso inverso (malattia genetica -> locus cromosomico ->
proteina). Delle più di 18000 malattie ereditarie molte hanno sono monogeniche, in cui solo un
gene è alterato; molte altre sono multigeniche, in cui si sommano alterazioni che da sole non
sarebbero patologiche. Sono caratterizzate da penetranza (con quale frequenza si manifesta la
malattia) e espressività (con quale gravità si manifesta). Il Progetto Genoma Umano e la Banca dei
polimorismi dei singoli nucleotidi (SNPs) si sono prefissati di identificare i circa 35000 geni
codificanti nel DNA e valutare il contributo di questi alle malattie poligeniche. Gli SNPs (Single
Nucleotide Polymorphism sono 2 x 10^6) sono spesso caratterizzati da linkaege disaequilibrium,
condizione per cui se un gene viene ereditato, viene ereditato anche tutto il gruppo di geni ad esso
associato.
Meccanismi generali di danno delle proteine e loro effetti
Nell'ambito delle patologie delle proteine:
1) Mutazioni diverse della stessa molecola possono dar luogo a effetti diversi sulla funzione
della stessa: è interessato lo stesso gene (genotipo clinico), ma i sontomi sono diversi
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(fenotipo clinico). Infatti a livello dello stesso gene si possono avere mutazioni inattivanti
(loss of function)o attivanti (gain of function) (ES: mutazioni dell'alpha-1-antitripsina).
2) Viceversa, lo stesso sintomo può derivare da differenti vie patogenetiche (stesso fenotipo
clinico ma diverso genotipo: varianti genetiche). ES: lo Xeroderma Pigmentosum ha almeno
7 varianti genetiche; la Malattia Granulomatosa Cronica ha anch'essa numerose forme, il
cui quadro clinico finale è la formazione del granuloma; i leucociti perdono la capacità
difensiva, favorendo la cronicizzazione della patologia.
Buona parte delle alterazioni riguardano le tappe della sintesi proteica: il complesso genico,
la trascrizione, la maturazione, la traduzione, la genesi del peptide primario e degli
eventi post-traduzionali.
Dal gene alla traduzione
1) Alterazioni dei geni
Questi geni contengono esoni ed introni e una loro alterazione (vedi sopra) porta generalmente ad
assenza della proteina o sua alterazione strutturale (e spesso funzionale):
a. L'assenza è dovuta all'assenza del gene, che avviene di solito durante il crossing over. E'
presente in una variante genetica dell'alpha-talassemia, nella beta-talassemia etc. La proteina
può essere anche deleta parzialmente.
b. Le sequenze di terminazione per la RNA polimerasi II possono scomparire o comparire
precocemente.
c. La mutazione puntiforme è un evento frequente. Spesso sono asintomatiche, altre volte hanno
esiti patologici importanti. La sostituzione di una base con una diversa può comportare un
amminoacido errato nella sequenza primaria della proteina (es: nell'anemia falciforme, in cui la
catena beta dell'emoglobina presenta una valina al posto dell'acido glutammico che determina
la precipitazione dell‘emoglobina a Po2 ridotte con conseguente splenomegalia; una sindrome
emorragica da rapida attivazione della trombina è causata da una mutazione dell'alpha-1antitripsina; osteogenesi imperfetta e altri effetti gravi per sostituzione di Gly nel collagene di
tipo I con qualsiasi amminoaciso); l'introduzione di un segnale STOP, la cui posizione
determinerà la gravità della malattia (es: la distrofina può presentarsi deleta o alterata a causa di
queste mutazioni); un segnale di STOP può mutarsi in un codon per un aa.
d. La perdita o inserzione di una o due basi, sposta la cornice di lettura (frameshift).
2) Alterazione della trascrizione
Possono esser dovute a star o stop improprio,alterazione sequenze regolatrici ed errori effettuati
dalla RNA-polimerasi 2.
Si può avere assente o diminuito trascritto se viene alterato il complesso trascrizionale.
Alterazioni dell'RNA polimerasi II sono letali; sono più frequenti le alterazioni di uno dei fattori di
trascrizione.
3) Alterazioni della maturazione
Numerose sono le alterazioni del processo di splicing:
a. Inattivazione di uno o più siti causa mancata maturazione dell'mRNA.
b. Possono sorgere siti di splicing impropri.
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c.
Alterazioni dello splicing alternativo(anche per alterazione delle proteine regolatrici) dà luogo a
isoforme scorrette.
d. Difetti dello spliceosoma.
4) Alterazioni della traduzione
a. Alterazioni tRNA e errato accoppiamento codon/anticodon. Questa condizione,se costante, è
incompatibile con la vita.
b. Alterazioni del secondo codic genetico, ovvero gli enzimi che legano l'aa allo specifico tRNA.
c. Alterazioni ribosomiali
d. Alterazioni del complesso enzimatico della sintesi protica (RER, polisomi ed enzimi)
e. Segnali di STOP inopportuni.
Queste condizioni sono spesso incompatibili con la vita.
5) Alterazioni post-traduzionali
a. Alterazioni del ripiegamento (folding). Il ripiegamento di una proteina dipende dalla sua
struttura primaria e dall'interazione con altre proteine.Una mutazione puntiforme che inserisca
un amminoacido errato può generare un misfolding. (es: ipercolesterolemia familiare, mancata
funzione del recettore (recettore mutante di classe 2, vedi avanti) per le LDL, che risulta
assente a livello della membrana a causa di una mutazione puntiforme che gli impedisce
l'inserimento; amiloidosi o beta-fibrillosi: è una degenarzione causata da accumulo infiltrativo
nel connettivo, ma anche nel compartimento intracellulare, che causa danno stromale;
l'amiloide deriva da vari precursori che si accumulano e perdono la loro struttura,
acquisendoconformazione a beta-foglietto, che le nostre strutture proteasiche smaltiscono
difficilmente. esiste la forma monorgano e pluriorganoL'amiloidosi si genera spesso a seguito
di un tumore(neoplasie stimolano infiammazioni che determinano la formazione epatica di
amiloido progenitori.i fagociti tentano di elimare le protofibrille ma non riuscendo vanno in
contro a morte si generano quindi accumuli proteici e di citosol; malattie
prioniche).L‘amiloidosi è una della cause di halzeimer
b. Alterazioni della glicosilazione. Inizia nel RE e prosegue nel Golgi; un'impropria glicosilazione
causa accumulo della proteina in uno dei due compartimenti. (es: deficit di alpha-1-antitripsina
è causata da accumulo di questa nel RE per mancata glicosilazione). [alpha-1-antitripsina può
subire diverse mutazioni: 1- segnale di STOP -> mancata sintesi -> deficienza plasmatica ->
enfisema polmonare; 2- sostituzione Glu con Lys -> alterata glicosilazione nel RE -> deficienza
plasmatica e accumulo nel RE -> enfisema + cirrosi; 3- sostituzione Met con Arg -> aumenta
affinità per la trombina -> deficienza attività trombinica -> malattia emorragica].
c. Alterazione delle proteine per proteolisi. Possono essere dovute a mutazioni del sito di attacco
proteolitico o ad alterazioni della specifica proteasi, che causano perdita della proteina matura
definitiva. Può avvenire anche la genesi di un sito proteolitico improprio, che darà origine a
proteine delete o troncate.
6) Alterazioni della conformazione e dell'attività nell'interazione con ligandi e substrati. La normale
interazione della proteina con il ligando è garantita da specifiche regioni cerniera. Mutazioni di
questa regione causano mancata attivazione di un enzima o blocco trasduzionale o inopportuna
organizzazione del citoscheletro.
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Effetti e sintomi: patogenesi molecolare delle malattie
Le alterazioni della molecola proteica si manifestano con tre tipi di effetti:
1) Effetti legati alla specifica funzione: consistono in un guadagno o in una perdita di funzione.
Per esempio mutazioni attivanti inducono una iperfunzione di quel recettore o del suo ligando (es:
ipertiroidismo da recettore TSH mutato), mutazioni inattivanti, all'opposto, portano ad
un'ipofunzione (es: ipotiroidismo da recettore TSH mutato). In questo esempio rientrano molti tipi
di resistenze ormonali.
2) Effetti legati all'accumulo improprio della proteina alterata: possono causare sovvertimenti
dell'architettura cellulare e alterarne le funzioni, fino a portarla a morte. Ciò è comune
nell'accumulo anche di altre sostanze. Esempi:
a) Cirrosi e accumulo di proteine negli epatociti: il fegato produce e secerne la maggior parte delle
proteine plasmatiche, che, se mutate, possono accumularsi nella cellula, rimanere allo stato amorfo
o polimerizzare tra loro formando varie strutture (paracristalli, strutture filamentose o tubulari). Se
la morte epatocitaria supera le proprietà rigenerative(es da 9 a 12 grammi di paracetamolo andiamo
in sofferenza epatica;sopra i 12 necrosi epatica he può degenerare se veloce o andare in contro a
cirrosi se lenta) la riparazione porterà alla deposizione di tessuto connettivo (cicatriziale) che
evolverà in cirrosi e insufficienza epatica.
b) Accumulo di proteine alterate e degenerazione neuronica: nei neuroni alcune proteine (con
funzione ancora sconosciuta) sono associate alla membrana plasmatica e tra queste vi sono le
proteine pre-prioniche e pre-Alzheimer. Delle volte, una loro mutazione può indurre
polimerizzazione e formazione di strutture fibrillari insolubili e poco attaccabili dalle proteasi
citosoliche. Questo accumulo citoplasmatico porta a morte neuronica. Le stesse proteine vengono
talvolta secrete e nell'interstizio danno luogo alle beta-fibrille tipiche della malattia di Alzheimer e
delle malattie prioniche (degenerazioni spongiformi, morbo della mucca pazza nei bovini e di
Creutzfeldt-Jakob). [Il peptide beta-amiloide nell'Alzheimer si forma per azione di gamma e betasecretasi, al posto dell'alpha. Il peptide neo-formato, si associa, nella formazione delle placche senili
e dei tangles(groviglio) intracellulari, anche con altre proteine quali Tau, Polipoproteina E,
Ubiquitina, alpha-1-antichimotripsina, presenilina 1 e 2].
c) Alterazioni delle plasmacellule in alcuni tipi di mieloma con accumulo di paraproteine: le
plasmacellule mielomatose derivano da un unico clone linfocitario, e, oltre all'Ig monoclonale,
possono produrre eccesso di catene leggere (normali o mutate) che si accumulano nel RE o nel
citosol dove formano i corpi di russel. Una notevole parte viene e‘ secreta e può essere escreta
attraverso il rene, polimerizzare (tetramero di Bence-Jones) o formare beta-fibrille insolubili e
accumulo perivasale (amiloidosi sistemica o perivasale).
d) Alterazione dei globuli rossi:beta-talassemia con accumulo di alpha-globina: la diminuita o
assente produzione di beta-globina porta alla produzione abnorme ed esclusiva di alpha-globina,
che polimerizza e porta a deformazione e irrigidimento dei globuli rossi, che vengono fagocitati dai
macrofagi della milza e del fegato, provocando anche i sintomi dell'anemia emolitica.
e) Accumulo extracellulare: beta-fibrillosi: le proteine secrete possono aggregarsi dapprima in
strutture a beta-foglietto e poi in beta-fibrille, causando la disorganizzazione del tessuto e la morte
cellulare, fenomeni di compressione, disfunzione e insufficienza d'organo. Questi eventi sono
rilevabili nei quadri di amiloidosi. (esempi: amiloidosi primaria sistemica (catene leggere Ig e
frammenti), amiloidosi secondaria sistemica e febbre mediterranea (si accumulano frammenti della
proteina A amiloide sierica SAA prodotta dal fegato), Alzheimer (peptide beta-amiloide),
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encefalopatie spongiformi (proteina prionica e suoi frammenti)).
3) Sintomi legati alla tossicità della molecola: le mutazioni possono produrre mutazioni qualitative
della molecola. Due esempi sono: a) p53, che, se mutata, si lega ad alta affinità alla
proteinanormale, inattivandola segregazione nel nucleo (teoria della dominanza negativa), portando
spesso all'insorgenza di tumori. b) Proteine che hanno mutazione nella sequenza di localizzazione;
l'errata localizzazione potrà risultare dannosa o tossica: esempi sono canali e pompe ionici, enzimi e
loro isoforme etc.
PATOLOGIA MOLECOLARE SPECIALE DELLE PROTEINE: DALLA MOLECOLA AL
SINTOMO
Patologia molecolare dell'emoglobina (IMPORTANTE)
1) Anemia falciforme e altre mutazioni.
L'Hb è costituita da 4 polipeptidi (globine), contenenti ciascuno un gruppo eme il cui Fe2+ lega una
molecola di O2. Nell'uomo le globine vengono espresse in diverse isoforme a seconda del periodo di
sviluppo (Hb embrionale δ2ε2, δ2γ2, α2ε2, Hb fetale α2γ2, Hb adulta α2β2, α2δ2); la struttura secondaria
è α-elica: permette l'interazione col gruppo eme grazie alla nicchia idrofobica, e con altre tre
molecole di globine. Il legame con l'O2 e altre molecole ne regola l'affinità (effetto allosterico).
L'Hb subisce numerose mutazioni (più di 300), che si dividono in 4 tipi generali:
 mutazioni della superficie, che sono spesso clinicamente silenti, eccetto quella dell'HbS, che
causa anemia falciforme o drepanocitosi: Glu in posizione 6 viene sostituito con Val, che
interagisce con un sito idrofobico di un'altra catena β di un'altra molecola di Hb. Questo avviene
principalmente a bassa pO2, alla quale le catene polimerizzano e formano fibre elicoidali, che si
organizzano in paracristalli che deformano il GR (forma a falce, drepanociti). I drepanociti sono
più rigidi e possono bloccare o rallentare il flusso a livello dei capillari. L'anemia è di tipo
emolitico per l'intervento del sistema Reticolo-Endoteliale, i cui macrofagi (epatici e splenici)
degradano i GR malati(affaticabilita‘ ed anemia ->compromissione funzioni mentali). L'anemia
falciforme causa problemi anche a livello del flusso, portando a fenomeni microtrombotici
(visibili vsaculiti) (scompenso cardiaco,dolore e febbre,danno cerebrale,danni agli organi>paralisi,polmoniti e infezioni,reumatismi,insufficenza renale,osteomielite,sindrome toracica
acuta,necrosi avascolare della testa femorale).
 mutazioni del sito attivo, dove la globina interagisce con l'eme e l'O2 con il Fe2+: queste
mutazioni stabilizzano il Fe3+, che non lega più l'ossigeno. Questa Hb è detta metaemoglobina o
HbM o ferriemoglobina. I pz hanno un'ipossia profusa, sono costantemente cianotici. La
condizione in omozigosi è incompatibile con la vita.
 mutazioni a livello della struttura terziaria (folding): spesso la sostituzione di aa grandi con aa
più piccoli altera l'affinità della molecola con l'eme. (es: variante dell'Hb di Hammersmith, Phe
adiacente all'eme viene sostituita con Ser).
 mutazioni della zona d'interazione delle subunità (struttura quaternaria): queste mutazioni
fanno variare l'affinità per l'O2 (modificazioni allosterica della molecola) in condizioni di
ipercapnia o a livello alveolare.
2) Talassemie ed alterazioni della sintesi dell'Hb
Le talassemie sono un gruppo di patologie in cui è alterata la sintesi di una o più tipi di globine. Si
dividono in α o β a seconda che sia interessato il cluster dei geni β o α. Le mutazioni si possono
raggruppare in sei tipi: a) mutazioni del promoter, b) mutazioni che inseriscono precoci segnali
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STOP, c) mutazioni dei maggiori siti di splicing, d) inserzione o delezione di basi, e)
macrodelezioni e f) mutazioni puntiformi. Esistono due forme delle varie talassemie: 0, se
mancacompletamente la catena,+ se la catena è presente ma è deleta o mutata o in condizioni di
eterozigosi. L'anemia che scaturisce a seguito di una talassemia può delinearsi come anemia severa
e riattivare anche fenomeni emopoietici extramidollari. L'α-talassemia è caratterizzata da HbH, un
omotetramero di catene β, che diminuisce notevolmente l'emivita degli eritrociti. Nella βtalassemial'omotetramero α4 è estremamente insolubile. Inoltre le talassemie possono essere
classificate in base alla gravità in major, intermedia e minor.
-Una forma di talassemia β-major è la β0(morbo di Cooley) dove la catena β manca completamente
e rimane l'HbF. Il morbo di Cooley è caratterizzato da cranio a spazzola (volta del cranio
particolarmente sviluppata, il midollo osseo ematopoietico (eritrone) cresce abnormemente fino ad
erodere il tessuto compatto), zigomi prominenti, ipoperfusione e ischemia a livello periferico,
affaticabilità, circolo ipercineico (tachicardia, sangue poco ossigenato),intossicazione da
ferro(aumenta l‘assorbimento intestinale) e anemia emolitica (le catene α precipitano causando
eritroblastolisi endomidollare + epatosplenomegalia).
Viene rilevato entro i primi 6 mesi di vita come grave anemia per pallore,epatosplenomegalia
(persiste emopoiesi extramidollare)e insufficenza cardiaca,ritardo sviluppo mentale.
-Le β-talassemie sono estremamente eterogenee, caratterizzate da più di 200 mutazioni possibili.
Due di queste sono l'Hb lepore e antilepore, causate da un crossing-over sbilanciato, in cui i geni β e
delta si fondono. Può essere in condizione di etero o omozigosi (quest'ultima è molto rara). In molte
β-talassemie perdura l'HbF, ma è necessario trasfondere, in quanto questa Hb ha caratteristiche
diverse dall'HbA (maggiore affinità per l'O2); è da ricordare che il sangue trasfuso ha un'emivita
molto breve (circa 2 settimane).
Abbiamo in medai precipitato e eritropoiesi inefficente,deficit
endocrini,cirrosi
epatica,cardiopatia.si risponde con terapia chelante,trapianto di midollo e tentativi di riattivare il
gene gamma.
-Nella α-talassemia major (idropefetale)(delezione di geni α in seguito a crossing over ineguale)
mancano tutti e 4 i geni per la sintesi delle catene α ed è incompatibile con la vita(tutti i tipi di
emoglobina contengono α->assenza di α=letale. Le talassemia intermedie e minor sono spesso
indipendenti da trasfusione; le minor sono caratterizzate da modesta microcitosi(GR di dimensioni
ridotte); l'α-talassemia minor vede coinvolti due soli geni α.
Patologia molecolare dei recettori e altre proteine coinvolte nelle sequenze di segnali per la
comunicazione tra le cellule
Le alterazioni geniche di recettori, proteine di trasduzione, effettori e dei bersagli finali possono dar
luogo ad un loss o ad un gain of function. Si potranno avere due quadri clinici opposti: uno
riconducibile a deficienza del ligando, l'altro all'eccesso.
a) Patologia dei recettori con perdita di funzione
Perdita di funzione dei recettori per le LDL
Sono proteine transmembrana localizzate soprattutto negli epatociti, che riconoscono le LDL e le
internalizzano, in modo che i grassi possano diventare acidi e sali biliari ed essere escreti con la
bile. Il mancato funzionamento di questi recettori causa iperlipidemia (ipercolesterolemia), che
diventano familiari se vi è una mutazione genetica nel gene che codifica questi recettori. Questi
soggetti hanno ateroscleresi precoce e rischio aumentato di infarto e ictus in età giovanile [Le
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ipercolesterolemie e le dislipidemie(elevate concentrazioni di grassi nel sangue) sono condizioni
proaterogene. L'ateroma è una lesione a livello vasale che determina una riduzione del lume,
soprattutto nelle arterie di grosso e medio calibro. La prima fase è caratterizzata da stria lipidica: la
componente lipidica si accumula sotto l'endotelio e danno origine a fenomeni infiammatori, essendo
riconosciute dai recettori scavenger dei fagociti, che si trasformano in cellule schiumose
chiare(fagociti saturi che continuano a liberare citochine determinando uno stato di infiammazione
cronica), reclutano altri leucociti neutrofili. In risposta al danno vengono reclutati anche fibroblasti,
che depositano connettivo. Le citochine liberate da tutte queste cellule sono proangiogenetiche e
inducono proliferazzione della muscolatura liscia. Si può verificare anche emorragia intraplacca
causata dalla rottura dei vasi neoformati. Tutti questi fenomeni portano ad una distensione ed
indebolimento dell'endotelio sovrastante la placca lipidica e alla diminuzione del calibro del vaso,
che determina un aumento della velocità di flusso. L'endotelio già indebolito viene ulteriormente
stressato e danneggiato. Questo attiva i processi coagulativi che danno origine a trombosi.]
Le cause recettoriali sono raggruppate in 4 classi (valide anche per gli altri recettori):
 Classe I: assenza o diminuzione della proteina recettoriale. Il gene è assente, deleto o non
producente trascritto.
 Classe II: assenza o diminuzione del recettore sulla membrana plasmatica. Il gene, l'mRNA e il
precursore sono presenti nel citoplasma, ma vi sono alterati eventi post-traduzionali che
impediscono la maturazione e l'esposizione della proteina sulla membrana plasmatica.
 Classe III: recettore presente in quantità e sito normale, ma manca l'affinità per il ligando.
Mutazioni puntiformi a livello del dominio extracellulare determina mancato o ridotto
riconoscimento del ligando (in questo caso, apolipoproteine B e/o E).
 Classe IV: il recettore è presente e ha un'adeguata affinità per il ligando, ma non riesce ad
internalizzarlo o a trasdurre il segnale. È causata da alterazioni del dominio citosolico del
recettore, che gli permette l'interazione con molecole coinvolte nell'internalizzazione.
Queste classi, nel caso delle LDL, causano tutte ipercolesterolemia, che può manifestarsi anche in
altre varianti non dipendenti dal recettore (es: mutazione del sito di legame dell'apolipoproteina B
e/o E con il recettore). Le HDL hanno, rispetto alle LDL, una diversa composizione (meno
colesterolo) e un diverso trasporto (coinvolgono specifici Trasportatori ABC, vedi in seguito).
Resistenza ormonale e patologia molecolare della comunicazione.
La mancata funzione di un recettore ormonale è carattterizzata da: 1) carenza di ligando
(ipotiroidismo, insufficienza surrenalica, diabete mellito, diabete insipido etc.) e 2) non
modificabilità del quadro clinico alla somministrazione esogena di ligando. Nel caso di un ormone,
questa condizione viene detta resistenza ormonale(al TSH, all'ACTH, all'insulina, all'ADH etc.),
che si verifica sia per alterazione dei recettori, ma anche per alterazione della cascata dei segnali o
assenza dei bersagli finali.
-Assenza dei geni dei recettori degli ormoni.
Per esempio: Sindrome di Morris o femminizzazione testicolare, dove manca il gene per il recettore
degli ormoni androgeni, nel leprecaunismodove manca il recettore per l'insulina, e nel rachitismo di
tipo II con ipocalcemia, manca il recettore per la vitamina D. I meccanismi di perdita genica o
mancata espressione sono quelli illustrati precedentemente.
-Mutazioni inattivanti dei geni recettoriali per ormoni.
Sono abbastanza frequenti mutazioni che inattivano il recettore, come in numerose forme di
ipotiroidismo resistente, dov'è mutato e inattivato il recettore del TSH o del recettore T3/T4. Altri
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es: Sindrome di Morris, diabete insipido,diabete melito insulino resistente, nanismi, Parkinson e
alcune forme schizofreniche (mutazione del recettore D2 per la dopammina).
-Alterazioni post-traduzionali dei recettori ormonali.
Le resistenze ormonali da cause recettoriali sono spesso legate a alterazione dei meccanismi posttraduzionali; spesso sono superate dalla somministrazione di opportune dosi di ligando esogeno.
Alcuni dei meccanismi alterati sono: assenza dell'enzima convertitore (es: resistenza androgenica),
mutazione della sequenza per l'attacco proteasico (es: resistenza parziale alla trombina), alterazioni
della glicosilazione (es: resistenza all'insulina), mutazione dei residui per la fosforilazione (es:
recettore G-CSF costitutivamente inattivato), assenza di chinasi attivanti i recettori (es: diabete
insipido), alterazione della prenilazione (aggancio allla membrana) (es: resistenza parziale agli
steroidi).
b) Patologie dei recettori con guadagno di funzione
Mutazioni che attivano costitutivamente il recettore danno luogo a un quadro clinico da eccesso di
ligando (ipertiroidismo, ipersurrenalismo, gigantismo o acromegalia, etc). Essendo che quasi tutti i
recettori sono coinvolti nella crescita e nella differenziazione cellulare, quasi tutti i recettori
costitutivamente attivati possono portare a modificazione tumorale della cellula.
-Mutazioni attivanti il recettore per il TSH
È un recettore a 7 segmenti transmembrana associato a proteine G, collegate all'adenilato ciclasi. Le
sue alterazioni servono a illustrare altri due importanti principi:
a) le mutazioni che provano un attivazione costitutiva del recettore danno un quadro clinico di
ipertiroidismo (TSH normale o diminuito);
b) il recettore TSH costitutivamente attivato è responsabile della progressione da epitelio tiroideo
iperplastico a adenoma tiroideo funzionante: dimostra che questi geni mutati sono coinvolti nella
trasformazione neoplastica e che siano, quindi, oncogeni.
c) Riconoscimento improprio del recettore: fenomeno dello spill-over
Puù accadere che ligandi simili tra loro stabiliscano interazioni improprie (ad esempio ormoni
glicoproteici hanno catena alfa in comune e differiscono per la catena beta). Questo spill-over( o
traboccamento ormonale)è favorito da 1) piccole mutazioni del dominio di riconoscimento del
recettore e 2) aumento della concentrazione di un ormone della famiglia rispetto agli altri. Il quadro
clinico dipenderà dai recettori che verranno attivati. Per esempio nella donna in età premenopausale, il TSH è l'unico ad attività tireostimolante, ma dopo la menopausa aumentano
notevolmente i livelli di FSH/LH, che assumono un'attività tireotropa (quasi il 50%); la stessa
attività è svolta per il 50% dall'hCG durante la gravidanza; infine, in caso di mola vescicolare o
corioncarcinoma (tumori benigno e maligno dell'epitelio coriale della placenta) la produzione di
hCG diventa enorme, e puù sostituire il TSH fino a provocare ipertiroidismo (tireotossicosi).
Ormone
in patologia
Recettore
Effetti
eccesso
improprio
IGF-1\IGF-2
Epatomi, ca.polmonare e Insulina
Ipoglicemia,accrescimento
intestinale
patologico
HCG
Mola
vescicolare, TSH
Tireotossicosi
corionepitelioma
ACTH
Adenomi
MSH
Iperpigmentazione(diabete
ipofisari,ca.polmonare
bronzino)
cortisolo
Morbi di cushing, iperplasie Aldosterone
Ipertensione
surrenaliche
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GH o STH
TSH
Ossitocina
Adenoma
eosinofilo, Prolattina
gigantismo,acromegalia
Adenoma basofilo ipofisario FSH\LH
Gravidanza,iatrogeno
Recettori pressori
Sterilita‘,amenorrea,galattor
ea
Puberta‘ precoce
Ipertensione gravidica
d) Patologia delle proteine di trasduzione con perdita funzionale e resistenza ormonale
Sono forme più rare, ipotizzate per alcune varianti di quadri da deficienza di ormoni il cui recettore
è accoppiato a proteine G. Un esempio è la neurofibromatosi tipo I (inattivazione di NF1, un
oncosoppressore della famiglia delle GAP proteins, che regola negativamente Ras),ipotiroidismo
genetico(proteina G associata al TSHR)e iposurrenalismo genetico(proteina G associata al ACTHR)
e) Patologia degli effettori nella sequenza di segnali e resistenza ormonale
Mutazioni a carico di effettori(Adenilatociclasi e PLC) attivati dopo la trasduzione. Un esempio è
una variante di diabete insipido, in cui manca la kinasi dipendente dall'cAMP, che dovrebbe
fosforilare le proteine bersalio dell'ormone. Inoltre alcune chinasi possono essere responsabili
dell'inattivazione o attivazione del recettore stesso, la cui funzione, se mancano, può essere
profondamente alterata.
f) Resistenza ormonale dovuta ad assenza o mutazione dei bersagli finali della sequenza dei
segnali
Una variante di diabete mellito insulino-resistente risulta dall'assenza o dalla mutazione del gene
per la proteina GLUT4, trasportatore del glucosio, causando iperglicemia.
g) Proteine recettoriali utilizzate impropriamente da agenti infettivi
Il patogeno,che si lega alla proteina sulla superficie della cellula, può usarla o come semplice
molecola d'adesione, o innescare la cascata di segnali specifici della proteina (attivandola), o usarla
per farsi trasportare dentro la cellula. Ad esempio il recettore CD4+ dei linfociti T helper
interagisce con le proteine del pericapside dell'HIV, causando l'AIDS; il virus di Epstein-Barr è in
grado di interagire con numerose proteine ed infettare vari tessuti, tra cui CD11 dei leucociti che
scatena la mononucleosi infettiva, e una proteina MHC di tipo I negli epatociti che causa epatiti.
Patologia molecolare del trasporto e dell'omeostasi ionica
I canali ionici, i trasportatori di membrana, i trasportatori ABC e le ATPasi di membrana
permettono il trasporto di costituenti biologicamente importanti ai quali le membrane (costituite di
fosfolipidi) sono impermeabili.
a) Patologia dei canali ionici
Riguardano soprattutto i tessuti eccitabili e quelli coinvolti nel trasporto di ioni e acqua: causano
neuropatie, miopatie e alterazione dell'omeostasi ionica e idrica. Le mutazioni possono dar luogo a
gain o loss of function.
Patologie dei canali ionici per il Na+: miopatie miotoniche e epilessie
Sono note malattie muscolari e nervose che danno iper o ipotensione arteriosa e altre condizioni
patologiche (alcune sono note, altre ancora no). La miotonia è caratterizzata da ritardo del
rilassamento del muscolo dopo una contrazione volontaria o dopo una contrazione indotta da
stimolo meccanico. Le miopatie miotoniche si possono suddividere in distrofiche(fenomeni
degenerativi delle cellule muscolari) e non distrofiche; queste ultime possono essere suddivise in
tre principali forme:
1) Paralisi periodica ipercaliemicae 2) paramiotonia congenita: episodi di miotonia e paralisi
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che con l'esercizio possono risolversi o aggravarsi. Sono caratterizzate da una mutazione del gene
per il canale al Na+ che ne determina un'apertura abnorme (in seguito a aumento di K+, nel caso di
paralisi periodica ipercaliemica o in seguito ad abbassamento della temperatura del muscolo, nel
caso di paramiotonia congenita).
3) Miotonia congenita: ha due forme: Tomsen, autosomica dominante, e Becker, autosomica
recessiva. È associata a mutazioni del canale Cl- con perdita di funzione.
Alcune forme di miotonia distrofica sono caratterizzate da mutazioni del gene di una chinasi
associata all'cAMP che determina preattivazione del canale al Na+. Questa chinasi ha anche altri
bersagli proteici e quindi saranno coinvolti anche altri tessuti e organi.
Patologie dei canali del K+: aritmie cardiache, sordità, epilessie
La perdita di funzione di varie subunità del canale del K+ dà luogo alle due varianti della sindrome
del Q-T lungo, potenzialmente dannoso in quanto può dar luogo ad aritmie più gravi. Alcune forme
di sorditàpossono essere associate a perdita di funzione dei canali al K+ delle cellule cocleari. Nel
cervelletto e nel cervello la perdita di funzion e di questi canali può dar luogo a atassia ed
epilessie.Infine nel tubulo collettore la perdita di funzione del canale può causare una variante
dell'ipotensione familiare (blocco dell'attività dei trasportatori elettroneutri).
Canali ionici per il Ca++:l'ipertermia maligna
Sono presenti sulla membrana plasmatica e sul reticolo sarcoplasmatico. Sono di due tipi:
voltaggio-dipendenti e ligando-dipendenti. Il canale Ca++-voltaggio-dipendente sul REviene detto
canale recettore per la ryanodina, composto al quale è affine e che ne blocca l'attività. È in
contatto con un sensore di voltaggio in grado di attivarlo e che a sua volta è collegato a un canale
sensibile alla diidropiridina. L'alterazione del canale causa due quadri clinici: l'ipertermia maligna e
la central core desease, a seconda del tipo di mutazione che colpisce il gene. L'ipertermia maligna
è spesso mortale, caratterizzata da contrazione muscolare prolungata, accelerazione del
metabolismo muscolare con acidosi metabolica, ipertermia e tachicardia ingravescente. I sintomi
possono essere causati da abnorme regolazione del canale e agli effetti dell'eccessiva
concentrazione di Ca++ citosolico. La miopatia "central core" è caratterizzata dalla comparsa
nelle cellula muscolari di vaste aree chiare centrali prive dei loro normali componenti
(degenerazione intracellulare legata all'aumentata concentrazione di Ca++ citosolico). Gli altri
sintomi di questa malattia sono associati al danno muscolare locale: cifoscoliosi, lussazione
dell'anca, deformità dei piedi e contratture delle articolazioni.
Inoltre abbiamo alterazione dei canali recettori dei ligandi intra\extracellulari che determinano:
-paralisi periodica ipocalcemica
-emicrania emiplegica familiare
-atassia spino cerebellare 6
b) Trasportatori ABC (ATP Binding Cassette)
I trasportatori transmembrana a 12 segmenti si dividono in due grandi famiglie: ABC, che
presentano nella parte citosolica un dominio per legare l'ATP e quelli che non legano l'ATP.
Trasportano molecole o ioni dall'interno all'esterno della cellula o viceversa, sfruttando un gradiente
(cotrasporto Na+/glucosio) o sono canali passivi (trasportatori del glucosio). I trasportatori ABC
trasportano ioni o molecoli spesso controgradiente sfruttando l'ATP legato al loro dominio
citosolico. Sono stati scoperti 48 geni umani, che codificano altrettante proteine ABC, ma solo 16
sono sicuramente associati a patologie:
 Proteina della Multi-Drug Resistence (MDR= ABCB1, ABCC1, ABCC2)
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I trasportatori ABC possono causare la resistenza ai farmaci in particolari tumori e malattie
infettive, riconoscendo i farmaci ed estrudendoli attivamente dalla cellula, consumando ATP. Nelle
cellule tumorali l'attivazione può avvenire per amplificazione genica.
Trasporto del Cl- e fibrosi cistica
È la malattia genetica più comune; è una malattia autosomica recessiva, caratterizzata da mutazioni
(più di 1000) del canale ABC per il Cl- (mutazione del gene CFTR, che codifica la proteina CFTRo
ABCC7 (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator). Il trasporto del Cl- ha un ruolo importante nel
determinare lo stato fisico delle secrezioni degli epiteli e lo stato di idratazione di alcune mucose. Il
passaggio del Cl- a livello apicale avviene attraverso trasportatori che hanno struttura tipica degli
ABC. La regolazione (non del tutto chiara) è collegata a complessi movimenti ionici e al trasporto
di acqua attraverso le giunzioni strette. L'alterato controllo del movimento del Cl- fa diminuire la
quantità di ioni e acqua sul polo apicale della superficie cellulare e nelle varie secrezioni epiteliali
che appaiono più dense e compatte (mucoviscidosi). Alterazioni fisiopatologiche nei vari distretti:
nell'epitelio respiratorio il muco diventa molto denso o annulla il trasporto muco-ciliare,
occludendo i bronchioli e i dotti alveolari; può comportare infezioni, infiammazioni, fibrosi e
insufficienza respiratoria, la più frequente causa di morte in questa patologia. Nell'intestino l'organo
maggiormente interessato è il pancreas: il blocco dei piccoli dotti pancreatici impedisce il
riversamento dei succhi digestivi nel duodeno, causando danni al parenchima (pancreatiti) e
insufficienza digestiva. Nelle ghiandole sudoripare la capacità di riassorbimento dell'NaCl è
notevolmente ridotta e la concentrazione nel sudore sarà aumentata (test patognomonico per la
malattia). L'ATP, ma non la sua idrolisi, potrebbe essere il ligando che determina l'apertura del
canale. Le principali mutazioni molecolari possono essere suddivise in 4 classi:
 Classe I: alterata produzione della proteina.
 Classe II: alterazione di alcuni processi post-traduzionali, che portano all'incorretta
localizzazione al polo apicale della cellula.
 Classe III: riguardano il dominio di regolazione, soprattutto a livello degli aa che si legano
all'ATP o siti di fosforilazione, che ne regolano l'apertura. Quadri clinici opposti (attivazione
costitutiva del canale) sono letali nei primi giorni di vita, a causa di diarrea secretiva colerasimile.
 Classe IV: riguardano i domini propri del canale ionico: il canale ha bassa o nulla conduttanza.
 Proteine per il trasporto dei peptidi (ABCD1 e altri) e presentazione dell'antigene (ABCB3)
Peptidi di medie e grandi dimensioni possono attraversare le membrane mediante trasportatori
ABC, alcuni associati a recettori che riconoscono sequenze specifiche, che attuano una selezione
per il trasporto. Nei mammiferi si suppone esistano trasportatori ABC sulla membrana plasmatica,
ma ve ne sono certamente a livello delle membrane degli organuli subcellulari, per il trasporto di
enzimi, e quindi per la biogenesi degli organuli e per la localizzazione delle proteine MHC di tipo I
sulla membrana plasmatica (necessita del trasporto delle proteine antigeniche all‘interno dell‘APC),
). Una mancanza di questa proteina(ABCB3)dà origini a gravi quadri d'immunodeficienza.
 Trasportatori del glucosio
Sono noti almeno 7 geni Glut, codificanti trasportatori con varia e specifica localizzazione. Glut1 e
Glut4 sono quelli dipendenti da insulina e la loro assenza o una loro mutazione inattivante danno
luogo a quadri di diabete mellito insulino-resistente (tipo I). Sono presenti soprattutto nel fegato, nel
tessuto adiposo e nel muscolo, dove aumentano l'espressione in risposta all'insulina. Nelle isole
pancreatiche è importante Glut2, sensibile al glucosio, che controlla la secrezione d'insulina.
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Varianti di diabete mellito insulino-dipendente possono essere causate da varie mutazioni di questi
tre geni.
Pompe ioniche e loro patologie
L'assenza o la perdita grave di funzione di queste pompe è incompatibile con la vita. Sono state
ipotizzate mutazioni della pompa Na+/K+ ATPasi, che ne diminuiscono l'affinità al suo naturale
inibitore (peptide ouabaina-simile); in alcuni distretti si può avere un'alterata localizzazione
cellulare della pompa (es: malattia policistica renale: enorme localizzazione della pompa a livello
apicale, piuttosto che baso-laterale, nelle cellule epiteliali tubulari; questo spiegherebbe il
meccanismo secretivo e l'accumulo di liquido nelle cisti da malformazione).
Omeostasi dei metalli e patologia correlata
Alcuni metalli pesanti sono implicati nei domini attivi di alcune proteine (ferro, rame, zinco,
cobalto, selenio e manganese). Sono necessari specifici meccanismi di assorbimento (DMT1 o
divalent metal trasporter sulle cellule intestinali), di trasporto al sito di utilizzazione (trasportatore
per la traslocazione dal citoplasma all'interstizio al plasma) e di eliminazione. La maggior parte di
questi trasportatori sono molecole ABC. Il metallo all'interno della cellula e nei liquidi
extracellulari si lega a proteine di trasporto dette metallotienine.
Nella malattia di Menkes è alterato il trasportatore del Cu++ a livello baso-laterale della cellula
intestinale, quindi viene alterata l'immissione in circolo. I sintomi sono causati dalla deficienza di
rame come cofattore di alcuni enzimi e sono degenerazioni a livello cerebrale, e capelli albini,
fragili e ricciuti. Nella malattia di Wilson manca o ha perso la funzione la ceruloplasmina,
proteina di trasporto del rame. Il metallo si accumula negli epatociti e non può essere escreto nella
bile. Provoca tossicità epatica, renale e cerebrale, con deterioramento e relativi sintomi.
Per quanto riguarda il Fe++, esistono numerosi varianti di emocromatosi ereditaria, caratterizzata
da accumulo di ferro negli epatociti, con tossicità a livello di vari organi: cirrosi, diabete,
modificazioni della pigmentazione cutanea, varie insufficienze endocrine, artropatie e insufficienza
cardiaca. Una delle proteine interessate è responsabile dell'assorbimento a livello intestinale: la
DMT1(livello apicale) questa proteina viene inibita da sovraccarico di ferro. Un'altra proteina
coinvolta è IREG-1(livello basolaterale) e la sua proteina modulatrice efestina. Una mutazione di
questa porta eccesso di assorbimento di ferro.
Infine, l'acrodermatite ereditaria è caratterizzata da malassorbimento di zinco e rappresenta un
ulteriore esempio in cui sono implicate proteine ABC.
 Trasportatori di lipidi
Va ricordato il trasportatore ABCA per le HDL, le cui mutazioni con perdita di funzioni sono
responsabili di alcune varianti della malattia di Tangier (iperlipidemia, aumento HDL e leggera
ipercolesterolemia).
 Trasportatori elettroneutri
Trasportano ioni in modo da mantenere la neutralità del citosol(il piu‘ conosciuto=Na+\Cl-;nella
tiroide abbiamo anche Na+\I-). Sono importanti a livello renale e determinano il riassorbimento del
Na+ e la volemia. Una loro mutazione è causa di alterazione della pressione arteriosa (una perdita di
funzione dà ipotensione, un guadagno di funzione dà ipertensione). I tre principali cotrasportatori
elettroneutri sono localizzati nel nefrone.
Patologia degli enzimi
Gli enzimi sono per lo più proteine che catalizzano le reazione aumentandone la velocità e hanno
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alcune proprietà rilevanti: 1) riconoscono specifici substrati, 2) agiscono a concentrazioni basse, ma
aumentano di molti ordini la velocità di una reazione, 3) la loro attività risiede nel sito attivo, e
alcuni aa hanno un ruolo preminente, 4) possono essere costituiti da sigoli polipeptidi oppure da più
subunità. Quindi anche gli enzimi possono andare incontro a mutazioni su specifici geni, con
perdita o guadagno di funzione, con manifestazioni cliniche da enzimopatie o deficienza enzimatica.
La perdita di funzione si manifesta secondo alcuni principi generali:
a. Gli enzimi sono spesso espressi in eccesso rispetto alle richieste della cellula, e pz che hanno
solo 10% dell'attività totale degli enzimi possono mostrare un quadro clinico normale. Questo
spiega perché le enzimopatie sono in genere malattie recessive(si presentano in soggetti
autosomici). I quadri clinici possono variare a seconda della percentuale di deficienza
dell'attività enzimatica (es: malattia di Tay-Sachs, una gangliosidosi, in cui si accumula il
ganglioside GM2, mostra questa variabilità, legata alla funzione residua dell'enzima, e, quindi,
alla rapidità dell'accumulo dei gangliosidi).
b. I sintomi della deficienza enzimatica sono collegati all'accumulo dei precursori o alla mancanza
del prodotto (o a entrambi).
c. L'accumulo dei precursori può interessare un singolo distretto o tutto l'organismo: nel caso di
macromolecole, queste tendono ad accumularsi nelle cellule responsabili del loro metabolismo
(es: mucopolisaccaridi), mentre per prodotti diffusibili, quali aa, vengono interessati tutti i
distretti.
d. Uno stesso quadro clinico può essere indice di deficienze diverse, se gli enzimi sono interessati
nella stessa sequenza metabolica; se un complesso enzimatico ha più subunità, il deficit di
ciascuna unità darà luogo allo stesso quadro clinico. Al contrario, la deficienza dello stesso
enzima può dar luogo a quadri clinici diversi a seconda del grado di perdita dell'attività
metabolica (es: deficienza parziale di HPRT (ipoxantina-guanina-fosforibosil-trasferasi) si
manifesta con gotta, deficienza totale si manifesta con sindrome di Lesch-Nyhan, ovvero gotta,
gravi segni neurologici motori, ritardo mentale e disturbi del comportamento. I segni neurologici
possono essere causati dal ruolo di neurotrasmettitore che hanno le purine).
e. La distrettualità dell'accumulo può essere legata a una deficienza distrettuale del gene
interessato, causata, ad esempio, da perdita funzionale del promoter organo-specifico per
quell'enzima (es: variante cardiaca di malattia di Fabry, l'accumulo di glicolipidi (per mancanza
dell'alfa-galattosidasi A) avviene solo nei miocardiociti).
f. È possibile osservare in uno stesso pz deficienza di più enzimi, per vari motivi: 1) manca un
cofattore comune, 2) gli enzimi hanno una subunità in comune, 3) gli enzimi possono avere in
comune eventi post-traduzionali (es: assenza di specifiche foldasi o chaperonine), 4) gli enzimi
possono essere assenti perché manca l'organulo in cui normalmente essi si trovano (es: sindrome
di Zellweger, in cui mancano i perossisomi).
Patologia delle molecole citoscheletriche
Delle numerose proteine che compongono il citoscheletro, prendiamo in esame solo la distrofina, la
cui alterazione ha dato origine all'era della patologia molecolare del tessuto muscolare. La
distrofina è una proteina coinvolta nell'organizzazione sarcomerica. Una mutazione del suo gene dà
origine alla distrofia muscolare di Duchenne e alla più lieve distrofia di Becker. Il gene si trova nel
braccio corto del cromosoma X. La distrofina ha funzione meccanica (contribuisce alla saldatura
delle linee Z al sarcolemma) e di sensore dello stress meccanico durante la contrazione. La gravità
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delle distrofie dipende dal tipo di alterazione:
-Nella distrofia di Duchenne (la più grave) si verifica una traslocazione che tronca il gene della
distrofina nella prima metà. Mutazioni nonsenso, o che spostano il frame di lettura, o che inattivano
il promotore, possono avere lo stesso effetto e causare l'assenza della distrofina. Il quadro clinico
insorgerà in età pediatrica e porterà ad una morte precoce.
-Traslocazioni o mutazioni nelle zone più centrai del gene danno luogo a prodotti parzialmente
funzionanti: i sintomi saranno meno gravi (la malattia di Becker ha esordio più tardivo e i danni
sono limitati).
PATOLOGIA MOLECOLARE DEGLI ZUCCHERI
Gli zuccheri delle glicoproteine hanno tre principali funzioni: 1) contribuisconoo all'opportuna
esposizione in superficie della molecola proteica, 2) contribuiscono all'ancoraggio esterno di molte
proteine e 3) contribuiscono al riconoscimento tra le cellule e alla specificità antigenica.
L'alterazione della glicosilazione delle proteine può portare alla funzione alterata della stessa.
Glicosilazione intracellulare patologica
Il meccanismo di glicosilazione può essere alterato per:
1. Mutazione nel sito di glicosilazione: una specifica proteina si accumulerà nelle cisterne del RER
(es: accumulo di alfa-1-antitripsina negli epatociti, con cirrosi ed enfisema).
2. Assenza di uno degli enzimi della manipolazione degli zuccheri: le proteine si accumulano nel
compartimento dove manca l'enzima.
3. Mancanza o alterata funzione delle proteine rab, che trasportano le proteine tra il reticolo e le
varie cisterne del Golgi. Le proteine si accumulano nel compartimento a monte della proteina
mancante.
Glicosilazione non-enzimatica abnorme
La glicosilazione può avvenire anche nel compartimento extracellulare, per due motivi: o che ci
siano specifiche glicosil-trasferasi sulla superficie della cellula, o per glicosilazione non enzimatica,
per aumento della concentrazione di glucosio nel LEC (es: diabete mellito: imponente
glicosilazione delle proteine plasmatiche e della matrice extracellulare; si pensa che questa
alterazione sia causa della microangiopatia diabetica, che interessa numerosi distretti microvascolari
con diversi quadri clinici, come glomerulosclerosi, retinopatia etc.). Inoltre la membrana plasmatica
è parzialmente permeabile al glucosio, che , ad alte concentrazioni, può andare a glicosilare
numerose proteine all'interno della cellula (es: nel diabete l'emoglobina glicosilata è un marcatore
della progressione della malattia).
Ultime ricerche hanno messo in evidenza i recettori RAGE(Receptors for advanced Glycation End
products anche detti recettori di pattern perche‘ sono in grado di riconoscere molte molecole
attraverso un elemento comune)che sono molecole appartenenti alla superfamiglia delle
immunoglobuline(cromosoma 6 all‘interno della classe III di HLA)la cui produzione e‘ aumentata
attraverso un meccanismo a feedback positivo dall‘ interazione ligando-recettore.I recettori RAGE
si legano con prodotti finali della glicazione avanzata(AGE)determinando attivazione cronica della
cellula e conseguente danno cellulare attivando cosi processi infiammatori cronici.RAGE viene
inoltre attivato da S100\Calgranuline proteine mediatrici dei processi infiammatori e rilasciatee da
leucociti,linfociti e macrofagi.
PATOLOGIA MOLECOLARE DEI LIPIDI
I lipidi: 1) sono un importante substrato nel metabolismo energetico, 2) costituiscono il principale
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costituente delle membrane e ne condizionano la permeabilità passiva, 3) dai lipidi derivano
importanti molecole per l'omeostasi (messaggeri secondari, mediatori e ormoni steroidei), 4) Alcuni
lipidi fanno da aggancio a molte proteine citosoliche e recettoriali, 5) sono uno dei principali
bersagli dei radicali liberi.
Alterazioni della costituzione lipidica delle membrane e loro conseguenze
Variazioni quantitative o qualitative dei costituenti delle membrane possono influire su alcune
proprietà delle membrane stesse, e quindi sulle funzioni della cellula.
Composizione lipidica e fluidità/rigidità delle membrane
Il colesterolo e i suoi esteri aumentano la rigidità delle membrane, riducendo gli scambi tra interno
ed esterno della cellula: nelle ipercolesterolemia familiari la quantità di colesterolo negli
endoteliociti è equilibrata con quella nel sangue, portando ad una progressiva riduzione della
mobilità delle proteine, stabilizzando il citoscheletro e riducendo l'endocitosi dell'endotelio; questo
li porta a necrosi o apoptosi, scopertura dei tessuti subendotelici e attivazione piastrinica, con
conseguanti fenomeni trombotici. I fosfolipidi contribuiscono in varia misura alla fluidità della
membrana.i fosfolipidi saturi,metilati e a catena maggiore di 20C sono piu‘ rigidi in confronto a
quelli polinsaturi e a catena minore di 17C(abbaimo le tre conformazioni dei GR
echinocitico,discocitico,stomatocito). I due foglietti risultano asimmetrici e quello interno è più
fluido dell'esterno, soprattutto per la diversa distribuzione dei gruppi metilici. La fluidità è inoltre
influenzata dalla temperatura (es: aumento della temperatura può causare aumento della
permeabilità, quindi aumento dell'ingresso di Ca++ fino alla necrosi).
Gli acidi grassi polinsaturi delle membrane sono importanti nell'omeostasi (genesi di molecole
attive) e nello sviluppo del sistema nervoso
Gli acidi grassi polinsaturi rappresentano il substrato per la genesi di molecole coinvolte
nell'omeostasi intra- ed extracellulare (es: PG, PC, LT, TXA, PAF etc.). La mancanza di acidi grassi
insaturi causa minore capacità difensiva e di adattamento. Durante lo sviluppo hanno un ruolo
essenziale nel metabolismo cerebrale.
Perossidazione lipidica, alterazioni della permeabilità e necrosi
I lipidi delle membrane sono i principali bersagli dei radicali superossidi, che causano alterazioni
della permeabilità e genesi di molecole tossiche che causano, tramite l'aumento della
concentrazione di Ca++, necrosi. Si attivano abnormemente anche varie fosfolipasi Ca++dipendenti che degradano grandi quantità di fosfolipidi, alterando ulteriormente la permeabilità.
Prenilazione e modulazione della funzione di alcune proteine
L'aggancio di alcune proteine alle membrane avviene tramite una coda lipidica di natura prenilica
fornita da prenil-trasferasi. Tra queste proteine vi sono importanti recettori (per Fc delle Ig, per il
complemento,recettori insulina e transferrina etc.), e molecole per le cascate di segnali, come
proteine di trasduzione (ras), chinasi C proteine G eteromeriche, molte tirosinchinasi (src) e vari
enzimi del metabolismo intermedio.
Trasporto e metabolismo dei lipidi. Lipoproteine e aterosclerosi
Vedere capitolo Aterosclerosi; ricordiamo che i geni coinvolti sono numerosi e i rischi (malattie
cardiovascolari) sono condizioni poligeniche e polifattoriali, su cui incidono anche l'ambiente, lo
stile di vita, etc.
NB:e‘ possibile creare gruppi di complementazione dove attraverso la fusione di una cellula con un
difetto(pz1)con una sana(pz2)si creano cellule ibride sane.
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La stessa tecnica si puo‘ effettuare utilizzando due cellule malate pero‘ per due geni
differenti(appartengono a due gruppi di complementazione differenti).
PATOLOGIA GENERALE EREDITARIA E CONGENITA (a-P)
INTRODUZIONE
La Patologia Genetica studia i fenomeni patologici che riconoscono come causa un'alterazione del
genoma. Le Patologie Congenite(5%dei nati)indicano invece le condizioni patologiche già
presenti al momento della nascita, che siano derivanti da alterazioni genetiche (malattie ereditarie o
genetiche 25%del tot) causate da vari fattori (fisici, chimici o biologici,10%del tot>70%sconosciute) durante la vita intrauterina e inducono embrio- o fetopatie (Patologia congenita
non ereditaria). Il carattere "congenito" manca in molte patologie ereditarie che si manifestano
nella vita adulta (es: malattia di Hungtington). Il concetto di malattia genetiche ha implicito in sé un
coinvolgimento del genoma indipendentemente da concetto di trasmissione ereditaria: rientrano
perciò in questa branca della patologia anche le mutazioni incompatibili con lo sviluppo embrionale
e le aberrazioni cromosomiche che non presentano trasmissibilità verticale (errore nella meiosi di
un gamete parentale o nella mitosi dello zigote).
Le malattie a carattere familiare sono quelle ricorrenti in certe famiglie con frequenza > di quella
della popolazione generale o trasmesse dai genitori alla prole.
Nell‘ambito delle malattie genetiche si parla di:
1)Malattie cromosomiche:associate ad alterazioni del numero o della struttura di cromosomi come
la sindrome di Down
2)malattie mendeliane:malattie dovute alla mutazione di un singolo gene trasmesse secondo le
leggi di mendel(es fenilchetonuria)
3)malattie con ereditarieta’ multifattoriale:dovute sia a mutazione di vari geni che a fattori
ambientali
4)malattie dovute ad un singolo gene con particolari modalita’ di trasmissione:malattie da
amplificazione di triplette,malattie da mutazione del DNA mitoc,malattie con trasmissione
influenzata da imprinting genetico o mosaicismo gonadico
LE MALATTIE GENETICHE DELL'UOMO
TRASMISSIONE DELLE MALATTIE GENETICHE
Lo studio delle modalità di trasmissione delle malattie permette di comprendere come una certa
malattia si manifesterà in una famiglia.
Eredità di tipo autosomico dominante
Un gene patologico si dice dominante quando determina la malattia anche in stato di eterozigosi.
Per molte di queste malattie non si è osservato il genotipo in omozigosi, che possono risultare letali
nelle prime fasi di sviluppo dello zigote.
Le malattie di tipo autosomico dominante:
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






Si manifestano se almeno uno dei due genitori è malato (sano + malato = 50% sani + 50% malati)
La malattia può comparire in ogni generazione successiva
Due individui malati eterozigoti darà solo il 25% dei figli sani
I membri fenotipicamente normali hanno gentipo normale
La consanguineità tra i genitori è frequente come nella popolazione generale
Maschi e femmine sono colpiti nello stesso modo
Le malattie dominanti sono rare e in genere non letali.
La variabilità degli effetti di molti geni può essere definita in termini di penetranza, frequenza con
la quale un gene dominante produce un effetto fenotipico evidenziabile, ed espressività, che indica
l'entità di questo effetto fenotipico sia a livello quantitativo(un solo fenotipo con entita‘ variabile)sia
a livello qualitativo(per geni pleoiotropi ogni portatore puo‘ avere diverse combinazioni e diversi
fenotipi) (es: un probando (= primo individuo dell'albero genealogico in cui si riscontra un
determinato carattere) è affetto da una malattia dominante, ma entrambi i genitori sono
fenotipicamente sani: la malattia ha bassa penetranza, ovvero, nella discendenza di un malato con
un sano, i figli affetti sono meno del 50% teorico. Può poi verificarsi che una malattia, come la
polidattilia, si presenti in maniera diversa tra i vari affetti, interessando per esempio tutti gli arti o
uno solo: la malattia ha diversa espressività.). Penetranza ed espressività dipendonoinoltre anche
dalle interazioni del gene interessato con fattori epigenetici.
Codominanza: si ha quando entrambi gli alleli si esprimono nel fenotipo (es: antigeni del gruppo
AB0). In patologia genetica la vera codominanza è rara; si ritrova, per esempio, nell'anemia
falciforme: l'eterozigote presenta sia HbS che HbA.
Eredità di tipo autosomico recessivo
È il più frequente tipo di trasmissione in patologia. Un gene si dice recessivo quando determina la
malattia solo nello stato di omozigosi: il fenotipo dell'eterozigote è uguale a quello dell'omozigote
normale. L‘eterozigote è definito portatore. la trasmissione autosomica recessiva:
 Il malato nasce da due genitori portatori, fenotipicamente sani (eterozigoti): portatore + portatore
= 25% sano in omozigosi, 50% sano in eterozigosi e 25% malato.
 Dall'unione di un sano + un portatore = 50% portatori, 50% sani omozigoti
 Malato (omozigote) + sano = 100% figli portatori
 È tipico dell'editarietà recessiva il salto di generazioni
 La malattia compare frequentemente in più fratelli: nell'albero genealogico è distribuita in senso
orizzontale e non verticale.
 La consanguineità tra i genitori è molto frequente.
 Maschi e femmini hanno la stessa probabilità di malattia.
 Queste malattie possono essere molto gravi perché il gene patologico recessivo viene mantenuto
a lungo nelle popolazioni tramite i portatori eterozigoti.
Si definiscono eterozigoti obbligati i genitori e tutti i figli di un probando malato, e sono facilmente
identificabili rispetto agli altri eterozigoti. L'identificazione dei portatori è assai importante nelle
coppie a rischio ed è possibile con le moderne tecniche biochimiche e di genetica molecolare. Un
esempio è la ricerca dei portatori di beta-talassemia, che in Italia possono arrivare fino al 10% in
alcune regioni.
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Una malattia con eredità di tipo intermedio è una malattia in cui l'eterozigote presenta un fenotipo
intermedio tra il soggetto normale e l'omozigote malato. Nella beta-talassemia il soggetto
eterozigote (talassemia minor) ha un quadro clinico molto meno grave del soggetto affetto dal
morbo di Cooley (beta-talassemia major), ma presenta comunque anemia e microcitemia.
Eredità recessiva legata al cromosoma X
Il gene patologico si trova sul cromosoma X; l'ereditarietà ha le seguenti caratteristiche:
 La malattia si manifesta solo nei maschi (il maschio è emizigote per ogni carattere legato al
cromosoma X)
 Le femmine che lo trasmettono sono portatrici sane; i maschi non possono essere portatori sani.
 I maschi malati possono trasmettere la malattia solo alle figlie femmine.
 Maschio normale + femmina portatrice = maschi: 50% sani e 50% malati, femmine: 50%
normali e 50% portatrici.
 Maschio malato + femmina portatrice = maschi: 50% sani e 50% malati; femmine: 50%
portatrici e 50% malate.
 Per il principio della Lyonizzazione, una portatrice dovrebbe essere un mosaico di cellule sane e
cellule malate e portare a fenotipi intermedi; tuttavia la variabilità e l'incostanza di questi effetti
intermedi dimostrano che l'inattivazione di uno dei due cromosomi X non è irreversibile.
Meccanismi rari di trasmissione
Trasmissione dominante legata al cromosoma X: es: pseudoipoparatiroidismo o sindrome di
Albright, da difetto dei recettori per il paratormone(si manifesta anche nella femmina). Un'altra
tipica sindrome legata al cromosoma X dominante è la sindrome di Rett: le femmine presentano
ritardo nella crescita, spasticità e convulsioni; per i maschi emizigoti è letale.
Malattie legate al cromosoma Y sono molto rare: esempi sono l'ittiosi istrice (cute ipercheratosica
con formazione di squame), la malattia degli alluci palmati e l'ipertricosi dell'orecchio(eccesiva
crescita della peluria).
INTERAZIONE GENOTIPO-AMBIENTE IN PATOLOGIA GENETICA
Eredità multifattoriale o poligenica
Molti caratteri, pur essendo influenzati dall'ereditarietà, hanno caratteristiche particolari che li
contraddistinguono: hanno distribuzione normale e sono influenzati dai fattori ambientali; la loro
base ereditaria è costituita da un complesso di geni non allelici: questo tipo di ereditarietà viene
detta multifattoriale o poligenica.
Molte malattie, come il diabete mellito non insulino-dipendente, la gotta, l'ipertensione etc, hanno
questo tipo di ereditarietà. Per queste patologie viene utilizzato il termine di "familiari".
Il modello teorico che permette di definire i rapporti tra i numerosi geni implicati in queste malattie
e i fattori ambientali è quello dell'eredità multifattoriale a soglia: per manifestare una malattia
sono necessari un certo numero di geni "sfavorevoli" e di fattori ambientali "sfavorevoli";
aumentando il numero dei geni aumenta il rischio di malattia, fino al raggiunimento di una
"soglia"alla quale la malattia si manifesta. I fattori ambientali determineranno la gravità della
malattia.
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LE BASI MOLECOLARI DELLE PIU‘ COMUNI MALATTIE NELL'UOMO
Genoma umano codificante:20-26000 geni(abbiamo poi splicing alternatvo e modificazioni
posttraduzionali)
La differenza media interindividuale e‘ circa del 0,1%e per lo piu‘ dovuto a polimorfismo da
singolo nucleotide)SNPs.
ACONDROPLASIA(senza cartilagine))
È la più frequente osteocondrodisplasia genetica. È caratterizzata da nanismo disarmonico, con
altezza media di 130 cm nei maschi e 123 cm nelle femmine, testa grossa, fronte prominente e naso
a sella, arti corti, mano corta e tozza, mentre il tronco è di lunghezza normale. Possono esistere
alterzioni vertebrali; l'intelligenza è normale. Si trasmette con meccanismo autosomico
dominante(ma nell‘80% e‘ dovuto a mutazioni de novo->frequenza aumenta all‘aumentare dell‘eta‘
della madre); la forma in omozigosi è letale nel neonato.
Le mutazioni che la causano si verificano nella spermatogenesi e sono le stesse
dell‘ipocondroplasia(che ha caratteristiche simili ma di gravita‘ minore,spesso non e‘ diagnosticata
perche‘ l‘altezza risulta nella norma).
È implicato il gene FGFR3, che viene mutato(mutazione puntiforme nel codone 380 gly->arg nel
dominio transmembrana ;l‘ipocondroplasia presenta principalmente sostituzione di N540K nel gene
FGFR3), o viene amplificato da mutazioni di ras o della via MEK/ERK; l'ecografia fetale consente
una diagnosi prenatale.
La displasia tanatofora è la forma più frequente di displasia scheletrica mortale neonatale; ha due
forme principali: TD1 e TD2. TD1 è la più frequente ed è causata da una mutazione missenso grave
sul gene per FGFR3 che causa guadagno di funzione del recettore, che non è più regolato dal suo
ligando; queste proteine sono anche meno propense alla degradazione. Si trasmette in modo
autosomico dominante, ma è più spesso causata da una mutazione casuale nel gene. Si distingue
dalla TD2 a causa del femore: nella TD2 i femori sono lunghi e diritti, mentre nella TD1 sono curvi.
In entrambe nelle mutazione piu‘ comuni abbiamo segnali inibitori per il differenziamento e
proliferazione dei condroblasti e per la deposizione di matrice tutto attraverso dimerizzazione dei
recettori
MALATTIA DI ALZHEIMER FAMILIARE
L'AD è una patologia degenerativa del SNC. È la forma più frequente di demenza senile, il cui
esordio può essere precoce (40-50 anni) o più spesso tardivo (oltre i 65 anni). I pz affetti dapprima
presentano disturbi nell‘apprendimento di eventi della vita quotidiana, perdita della memoria
esplicita episodica e poi semantica, disturbi comportamentali e dell'orientamento temporo-spaziale,
poi deficit cognitivi sempre più gravi fino all'incapacità di svolgere autonomamente le funzioni più
elementari.(corteccie sensoriali->corteccie associative multimodali,corteccia paraippocampica>corteccia peririnale->corteccia entorinale->ippocampo)
È spesso difficile distinguerla dalla sola senescenza cellulare. Si possono avere due tipi di
alterazioni a livello neocorticale o dell'ippocampo:
1) accumuli intracellulari di un materiale fibrillare (neurofibrillary tangles, grovigli
neurofibillari), costituiti da filamenti elicoidali appaiati della proteina tau (normalmente essa
stabilizza la struttura neurotubulare dei neuroni e degli assoni) in una forma iperfosforilata, ad opera
di GSK3 (Glicogeno Sintetasi Chinasi 3->favorita da livelli di distress ossidativo =diabete) e CDK5
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(Chinasi Ciclina Dipendente 5) ;
2) placche amiloidi in sede extracellulare costituite da un materiale beta-fibrillare, che ha tutte le
caratteristiche dell'amiloide, costituito da un peptide chiamato Aß4 (amiloide, beta-fibrille, 4 kDa),
derivato dall'anomala proteolisi della proteina APP (Amyloid Protein Precursor). È una proteina
integrale di membrana. Il peptide Aß4 all'interno della proteina APP è collocato per 2/3 all'esterno e
per 1/3 all'interno del doppio strato lipidico. La normale proteolisi dell'APP ad opera dell'alfasecretasi distrugge la sequenza del peptide Aß4; la beta e la gamma-secretasi tagliano invece in
corrispondenza dei due estremi del peptide Aß4permettendone la liberazione nella ECM.
L'accumulo del peptide Aß4 ha anche un effetto neurotossico difatti aumenta l‘entrata di calcio e
attiva i ROS che inducono la morte cellulare inoltre i ROS favoriscono anche la formazione di
grovigli neurofibrillari che favoriscono la morte cellulare.
Un terzo dei casi di AD hanno familiarità, ad esordio precoci e mostrano trasmissione di tipo
dominante.
forme precoci sono cartterizzate da:
 5%mutazioni del gene APP, che inibiscono l'attività dell'alfa-secretasi, o favoriscono la beta
e la gamma.
 Il 50% mutazioni del gene della presenilina-1, che favorisce l'alterazione del clivaggio
dell'APP.
 presenilina-2: anche questa sembra favorire l'accumulo di Aß4.
Nelle forme familiari a esordio tardivo è implicato il gene dell'apolipoproteina-E, che
normalmente ha la funzione di trasportatore di colesterolo transmembrana. Questa proteina ha
diverse varianti alleliche (ε-2, ε-3, ε-4); il genotipo ε-4 eterozigote è causa del 50-60% dei casi ad
esordio tardivo:
1) favorisce l'iperfosforilazione della proteina tau, e quindi la formazione dei grovigli
neurofibrillari interneuronali->che promuove anche la formazione di placche neuritiche->il neurone
va incontro a morte
2) funge da chaperonina e accelera l'acquisizione, da parte del peptide Aß4, della struttura betafibrillare.
Le mutazioni del gene della proteina tau non sono mai risultate implicate nell'AD.
Inoltre abbiamo mutazione dell‘alfa-1 antichimotripsina e dell‘alfa2macroglobulina.
NB:atrofia neuronale visibile anatomicamente e funzionalmente(attraverso la PET=tomatografia a
emissione di protoni effettuata con isotopi del glucosio)
PARKINSON FAMILIARE
Anch'essa è una malattia degenerativa del SNC molto frequente. Si nota tremore a riposo, rigidità
muscolare,
bradicinesia.
È
causata
da
perdita
dei
neuroni
dopaminergici
(dopamina<acetilcolina=aumenta tensione mscolare) associata a gliosi (riparazione di un danno e
sostituzione dei neuroni con cellule gliali) a livello della substantia nigra, con inclusioni ialine nel
citoplasma (corpi di Lewy). Le frome familiari monogeniche sono rare; ma sono stati comunque
mappati alcuni geni:
 PD1, una prima forma, a trasmissione dominante, è dovuta a mutazione puntiforme del gene per
α-sinucleina, che assume conformazione ß-fibrillare formando i corpi di Lewy. Modificazioni di
questa proteina a carico dello stress ossidativo sembrano alla basa anche di alcune forme
sporadiche inoltre la conformazione ß-fibrillare e‘ favorita dalla presenza di dopamina.
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 PD2, a trasmissione recessiva, è causata da mutazioni del gene della parkina: in questo caso i
corpi di Lewy sono assenti e l'esordio è molto precoce (<40 anni). La parkina normalmente
permette il legame tra proteine da degradare e ubiquitina; il processo degenerativo è quindi
dovuto ad accumulo di ubiquitina.
 PD4, a trasmissione dominante, è causata da mutazione del gene per la ubiquitina carbossi
terminale idrossilasi, con azione simile alla parkina.
Il morbo di parkinson puo‘ essere anche indotto da farmaci neurolettici , da infezioni virali o dalla
neurotossina MPTP che agisce sui neuroni dopaminergici del corpo striato.
MALATTIA DI HUNTINGTON
Rara malattia neurodegenerativa a trasmissione dominante con insorgenza tra i 30 e i 45 anni e
porta a morte in 10-15 anni. È caratterizzata da movimenti involontari che interessano qualunque
segmento corporeo.
Le lesioni sono caratterizzate d perdita neuronale per apoptosi a livello dei nuclei caudato e
putanem, che può estenders alla corteccia. È causata da amplificazione della tripletta CAG
codificante la glutammina sul gene codificante l'huntingtina, una proteina che protegge i neuroni
dall'apoptosi. Il processo degenerativo è probabilmente causato dalla processazione aberrante
dell'huntingtina e di altri componenti dell proteosoma , la cui deposizione nel nucleo causerebbe
l'apoptosi.in anatomia patologica notiamo processo atrofico degenerativo della corteccia
ATROFIE MUSCOLARI SPINALI
Sono malattie a trasmissione autosomica recessiva, caratterizzate da degenerazione dei grandi
neuroni motori delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei dei nervi cranici. Ci sono tre
quadri clinici, a seconda delle conseguenze dell'atrofia:
1) malattia di Werdnig-Hoffmann, con esordio entro 2 mesi e morte entro 8 mesi;
2) una seconda forma che consente la sopravvivenza quelche anno;
3) una terza forma che permette la sopravvivenza fino all'età adulta. Il 95% dei casi è causato da
delezione omozigote del gene Survival Motor Neuron (SMN). Un'altra percentuale dei casi è
causata da mutazioni del gene Neuronal Apoptosis Inhibitory Protein (NAIP).
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA)
Chiamata anche malattia di Gehrig, è la forma più frequente di degenerazione del I e II
motoneurone. Solo nel 10% dei casi la malattia è ereditaria, con trasmissione dominante. L'esordio
avviene tra i 50 e i 60 anni e la morte sopraggiunge entro 5 anni per paralisi respiratoria.
Si notano filamenti intraneuronali contenenti ubiquitina e rigonfiamenti assonali contenenti
ubiquitina e α-sinucleina (stress intracellulare da accumulo).
Nel 13% dei casi è implicato il gene della superossido-dismutasi-1 (SOD-1 presenta tre
mutazioni), che causa la malattia in quanto l'enzima subisce un aumento incontrollato di funzione
che risulta letale per i motoneuroni. TDP-43 (TAR DNA-binding protein 43 (transactive response
DNA binding protein 43 kDa) è un'altra proteina implicata nella SLA: normalmente è presente nel
nucleo e modula l'attività di splicing, la processazione dei miRNA e si complessa con FUS/TLS;
nei pz con SLA la proteina viene sequestrata nel citoplasme e si complessa in maniera anomala con
altre proteine, aumentando lo stress ossidativo e inducendo apoptosi e necrosi: si formano strutture
simili ai corpi di Lewy (Lewy-body-like). Anche l'accumulo di FUS/TLS è citotossico(FUS
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presente nei lieviti puo‘ mutare). L'accumulo di proteine intracitoplasmetico è causato anche da
mutazioni o inattivazioni dell'enzima Protein Disulfide Isomerase (PDI) che previene la formazione
di ponti disolfuro tra le molecole.
La SLA e‘ una malattia multifattoriale che puo‘ esser dovuta a :
-eccesso di glutammato:iperattivita a livello di neurotrasmettitore diventa nociva(contrastato con
riluzolo=unico farmaco approvato contro la sla)
-predisposizione genica
-carenza di fattori di crescita neuronali
-eccesso di anticorpi
-fattori tossico ambientali(alluminio, mercurio, piombio e pesticidi agricoli->danneggiano
motoneuroni)
-virus
ATASSIE EREDITARIE
Le atassie ereditarie sono un gruppo di malattia caratterizzate da perdita della coordinazione
motoria causate da degenerazione dei nuclei del cervelletto. Si distinguono in esordio precoce
(trasmissione autosomica recessiva) ed esordio tardivo (trasmissione autosomica dominante).
Nel primo gruppo la più frequente è l'atassia di Friedreich(NO SLIDE), che insorge nell'infanzia
o nell'adolescenza con grave incoordinazione motoria, atrofia muscolare diffusa, cifoscoliosi,
atrofia ottica e sordità neurosensoriale; è spesso associata a diabete mellito I e cardiomiopatia
ipertrofica. Si riscontra un'amplificazione di una tripletta (GAA) nel gene della frataxina, una
proteina coinvolta nella produzione energetica mitocondriale; la mutazione determina disfunzione
mitocondriale con accumulo di ferro e morte per apoptosi.
Un'altra forma a esordio precoce è l'atassia teleangectasica o malattia di Louis-Bar: oltre
all'atassia cerebellare si trovano teleangectasie(dilatazione dei piccoli vasi)oculo-cutanee e una
grave immunodeficienza (deficit anticorpale e dell'immunità cellulare) e tendenza alle neoplasie
(linfomi e leucemie),sterilita‘ e neurodegerazione. Il gene mutato è l'ATMche controlla:
- sopravvivenza delle cellule di Purkinje a livello cerebellare
-l'organizzazione delle strutture distali del microcircolo
il controllo e nel riparo dei danni del DNA (permette l'attivazione di p53 degradando MDM2,
inibitore di p53)
-il mantenimento dell'integrità dei telomeri
-la risposta allo stress.
Le atassie ad esordio tardivo hanno 5 varianti, a seconda dell'età d'esordio e della sintomatologia.
Le proteine coinvolte sono dette atassine: nella metà delle forme di atassia tardiva è presente
l'amplificazione di una tripletta. Le molecole allungate non vengono quindi degradate dal
proteosoma e formano delle inclusioni intracitoplasmetiche.
NEUROFIBROMATOSI(NF1-NF2)
La trasmissione è dominante, caratterizzate da presenza di neurofibromi (tumori benigni dei nervi
caratterizzati da tessuto fibroso e nervoso) lungo il decorso dei nervi e altri organi, tra cui è
cotantemente presente la cute. Ve ne sono due forme:
 La neurofibromatosi 1, o malattia di von Recklinghausen, ha una frequenza elevata. Sono
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presenti macchie caffé-latte già dai primi mesi di vita; successivamente compaiono i neurofibromi
multipli, lentiggini ascellari e inguinali, varie forme di neoplasie, lesioni osteoarticolari; si
possono osservare disturbi dell'apprendimento e del comportamento. Il gene coinvolto è NF1,
oncosoppressore, che codifica per la neurofibromina, un regolatore negativo di ras. Inoltre se
NF1 è mutato le proteine GAP (GTPase Activating Protein) hanno una perdita di funzione e
l'attività GTPasica è molto lenta (l'inattivazione del GTP è rallentata).
 La neurofibromatosi 2 è trasmessa in modo dominante. L'esordio è più tardivo ed è caratterizzata
dalla presenza di tumori del nervo acustico (schwannomi) e altri spesso associati(meningiomi e
gliomi). le macchie caffé-latte non sono costanti. Il gene NF2 è anch'esso un oncosoppressore che
codifica per la proteina schwannomina omerlina, che sembra avere, oltre alla funzione
oncosoppressoria, anche attività stabilizzante del citoscheletro.
La sclerosi tuberosa(no slide) interessa anch'essa cute e SN: la trasmissione è dominante e sono
presenti macchie cutanee ipopigmentate e ispessimenti rugosi giallastri. Più tardi compaiono varie
neoplasie. Sono stati trovati due geni, codificanti per amartina e tuberina, due proteina ad azione
antiproliferativa e oncosoppressoria.
RETINITE PIGMENTOSA(no slide)
È caratterizzata da migrazione dei pigmenti visivi nella neuroretinae degenerazione del disco ottico.
La trasmissione è, nele forme più comuni, dominante ed il gene interessato è quello della
rodopsina: la proteina mutata non può essere correttamente inserita in membrana. Un altro gene è
quello codificante la periferina, un'altra proteina retinica.
Le forme recessive sono causate da mutazioni di geni della cascata della trasduzione visiva, quali
quello per la fosfodiesterasi cGMP-dipendente.
Altre forme hanno trasmissione X-linked.
SORDITA‘ EREDITARIE(no slide)
Sono molto frequenti. Le mutazioni sono spesso autosomiche recessive, meno frequenti quelle
autosomiche dominanti e X-linked. Possono manifestarsi in qualsiasi età, ma se presenti alla nascita
possono aggravarsi con sordomutismo. Il gene più frequentemente interessato è il gene GJB2, che
codifica per la connessina-26.
NEUROPATIE EREDITARIE(no slide)
La neuropatia ereditaria sensitivo-motoria, o malattia di Charcot-Marie-Tooth, è abbastanza
frequente, caratterizzata da riduzione della forza muscolare per atrofia, accanto a disturbi della
sensibilità. In genere è una malattia lieve. Esistono forme a trasmissione dominante, recessiva o Xlinked.
SINDROME DELL'X FRAGILE
La sindrome dell'X fragile, o di Martin-Bell, è la causa più frequente(1\1550 maschi) di ritardo
mentale nei maschi e seconda soltanto alla Sindrome di Down come causa di handicap mentale.
Deve il suo nome al fatto che, a livello del tratto terminale del braccio lungo del cromosoma X, vi è
un sito di rottura. Vi è ritardo nello sviluppo psicomotorio, iperattività, instabilità psicomotoria e
autismo. Sono spesso presenti viso allungato con fronte prominente, padiglioni auricolari grandi e
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macrorchidismo(testicoli grossi). Vi possono essere alterazioni connettivali. Il gene in
corrispondenza del sito fragile è chiamato FMR-1, che subisce un'amplificazione di triplette (CGG):
nei soggetti normali la tripletta è ripetuta 6-50 volte, si amplifica da 50 a 200 volte nei portatori
asintomatici (premutazione), se la tripletta > 200 volte diventa sintomatica: l'ipermetilazione delle
CpG determina silenziamento del gene.
L'amplificazione della tripletta avviene per via materna(nell‘oogenesi le pre-mutazioni si possono
convertire in mutazione mentre nella spermatogenesi non avviene); le femmine portatrici della
mutazione solo nel 50% dei casi hanno ritardo mentale, meno grave di quello dei maschi.
DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE-BECKER
La distrofia muscolare di Duchenne e la distrofia muscolare di Becker sono caratterizzate dalla
progressiva sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibroso, con pseudoipertrofiadei muscoli
del polpaccio dovuta all'accumulo dei mucopolisaccaridi. Sono dovute a mutazioni del gene della
distrofina(che forma il complesso distrofina-glicoproteine->1stabilizza il sarcolemma e lo protegge
dai danni dovuti alla contrazione 2controllo trascrizionale di miRNA) Colpiscono si maschi e sono
portate dalle femmine in quanto il gene si trova sul cromosoma X. La distrofia di Duchenne, più
frequente, si manifesta verso 4-5 anni con disturbi motori. Il decorso è prograssivo e la morte
soraggiunge per insufficienza respiratoria(anche per infezioni polmonari) o cardiaca.
La distrofia di Becker è una variante allelica della Duchenne, con esordio più tardivo. L'intelligenza
è conservata in entrambe le malattie.
La distrofina è una proteina sita sulla membrana interna del sarcolemma, atta a rinforzare l'aggancio
del disco Z alla membrana della fibra muscolare durante la contrazione.
Il 65% dei casi sono dovuti a delezione del gene, il 30% a mutazioni puntiformi. Mentre nella
Duchene la distrofina è assente, nella Beckere è quantitativamente o qualitativamente alterata. Nel
30% dei casi sono dovute a nuove mutazioni.
DISTROFIA MIOTONICA(no slide)
La distrofia miotonica, o malattia di Steinert, è una malattia genetica multisistemica a
trasmissione dominante, che colpisce in maniera grave tutti i tipi di muscolatura. Sintomo tipico è la
miotonia (incapacità di rilasciare i muscoli). È una malattia da amplificazione di triplette, in
oarticolare della tripletta CTG all'interno del gene per la miotonina-protein-chinasi.
EPIDERMIOLISI BOLLOSA
Sono un insieme di malattie genetiche caratterizzate da fragilità della cute che porta a formazione di
bolle a contenuto sieroso. I geni mutati possono essere quelli per alcune citocheratine, la laminina e
il collagene di tipo VIII.
ITTIOSI
Sono dermatosi ereditarie caratterizzate da alterazione del processo di cheratinizzazione, che porta
alla formazione di squame cutanee. Ne esistono varie forme: la più frequente è l'ittiosi volgare, a
trasmissione dominante, il cui gene non è stato ancora identificato; la forma X-linked è più grave e
colpisce solo i maschi, causata da mutazioni del gene di una steroido-solfatasi.
RENE POLICISTICO
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Malattia a trasmissione dominante, presenta numerose cisti renali. Il decorso esita in
un'insufficienza renale; spesso si associa a ipertensione arteriosa. È causata, nell'80% dei casi, da
mutazioni del gene codificante la policistina 1; le rimanenti forme dipendono quasi tutte da
mutazioni del gene della policistina 2.
DIFETTI GENETICI DELLA SINTESI DEL COLLAGENE
dovute a difetti dei geni che codificano per il collagene o a difetti degli enzimi attivi nella fase di
post-traduzione.effetti
a
livello
dei
tessuti
maggiormente
legati
al
collagene:ossa,articolazioni,cute,grosse arterie,valvola mitralica,occhio(cristallino mantenuto in
sede da un anello fibroso)
NB:insufficente idrossilazione lys e pro->instabilita‘ tripla elica per riduzione dei cross
link=SCORBUTO(avitaminosi C)
OSTEOGENESI IMPERFETTA:
manifestazione clinica principale e‘ l‘estrema fragilita‘ ossea a cui si associa sclere di colore
blu,denti opalescenti,sordita‘.
diverse mutazioni a livello del gene del procollageno di tipo 1 che determinano diversi fenotipi:
-tipo
1:fratture
ossee
in
eta‘
pediatrica=il
meno
grave
-tipo 2 :gravi deformazioni ossee,insuff.resp,morte pre o immediatamente post natale=il piu‘ grave
SINDROMI DI EHLER-DANLOS(EDS)
Difetti nella sintesi o nella struttura del collagene che dermina 10(queste sono quelle note fino ad
ora)sindromi differenti tutte caratterizzate da lassita‘ delle articolazione e propensione agli ematomi
cutanei e cute iperestensibile(torna in posizione perche‘ l‘elastina e‘ presente).sono spesso presenti
emoraggie interne e aneurismi aortici.
SINDROME DI MARFAN
Mutazione della fibrillina(FBN1)glicoproteina che serve da impalcatura per l‘elastina
principalmente nella parete vasale e nel cristallino.trasmissione autosomica dominante.
Caratterizzata da lussazione cristallino,aneurismi aorta,prolasso mitralica,dolicostenomelia e
aracnodattilia(arti e dita lunghi) impermobilita‘ articolare e scoliosi.
SINDROME DI ALPORT(no slide)
È caratterizzata da nefropatia con ematuria, fino all'insufficienza renale e sordità neurosensoriale.
La forma più comune è quella X-linked, in cui è ineteressato il gene per la catena alfa del
collagene di tipo IV.
FIBROSI CISTICA
La fibrosi cistica, nota anche come mucoviscidosi, è la più frequente malattia genetica(negli
individui di razza bianca 1\1500), a trasmissione autosomica recessiva. È caratterizzata da
alterazione delle ghiandole esocrine e relative secrezioni a causa del gene della Cystic Fibrosis
Transmembrane Regulator (CFTR)(braccio lungo cromosoma 7), che regola la secrezione di
cloro, sodio, e bicarbonati (appartengono alla famiglia delle ABC e, legando ATP(secondo le slide
e‘ l‘aumento di AMPc che attiva PKA che attiva l‘ATP favorendo il legame con il canale,
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aprendolo), regolano l'apertura o la chiusura del canale (non il flusso di ioni!!!)), rendendo le
secrezioni dense e vischiose.
Si hanno problemi respiratori,problemi digestivi (insufficienza digestiva cronica, fibrosi biliare e
cirrosi etc.),insufficenza pancratica(steatorrea e malnutrizione;assente estrusione di HCO3- poiche‘
l‘inattivita di CFTR determina l‘inattivita‘ di HCO3-\Cl-)sterilità (nei maschi c'è fibrosi e atrofia dei
deferenti, nelle femmine per ostruzione del canale cervicale per il muco denso). È diagnosticabile
mediante il test del sudore, che contiene un eccesso di Cl-(questo non viene e inibisce anche il
riassorbimento di Na+),con ricerce delle mutazioni del gene e con il test della tripsina immuno
reattiva
NB:la tossina del colera legandosi ad un recettore gangliosidico aumenta l‘attivazione del canale
con conseguente aumento dell‘estruzione di cl- e quindi di Na+ e H2O->diarrea
DEFICIT DI α-1-ANTITRIPSINA
È il principale inibitore delle proteasi presenti nel siero umano e costituisce il 90% delle α-1globuline. Del gene esistono molti alleli codominanti e le mutazioni sono frequenti. La sindrome da
deficit di quest'enzima è trasmessa in modo recessivo e si manifesta con 2 quadri clinici:
1. Nel neonato la mutazione causa non una mancata sintesi, ma una sua mancata secrezione: la
proteina s'accumula negli epatociti e causa epatopatia colostatica, che può terminare in cirrosi
(l'accumulo altera il rapporto tra sintesi e degradazione delle proteine stromali, es: collagenasi).
2. Nell'adulto il quadro clinico è rappresentato da una broncopneumopatia ostruttiva, che
progredisce verso l'enfisema (favorita dal fumo, che inibisce l'α-1-antitripsina per ossidazione di
una metionina nel sito catalitico dell'enzima). Il meccanismo è collegato ad una elastolisi
parenchimale, per mancata inibizione dell'elastasi leucocitaria, liberata in conseguenza di flogosi
cronica bronchiale.
DISLIPEMIE
IPECOLESTEROLEMIA FAMILIARE
Autosomica dominante con frequenza =1\500
causata da mutazione del gene(cromosoma 19)deirecettori per le LDL e per le IDL(che le legano
interagendo con B100)(che rimangono in circolo e vengono trasformate in LDL aggravando
l‘ipercolesterolemia). L'ipercolesterolemia, come tuttele dislipidemie, rappresenta una condizione
proaterogena,e determina la formazione di Xantomi(degenerazione della pelle dovuta ad
accumolo di lipidi)
DIABETE INSIPIDO NEFROGENO
è compromessa la risposta alla vasopressina(recettore V2R)ma possono anche esser
compromesse le acquaporine.La mutazione e‘ spesso nel cromosoma X,le femmine eterozigoti
hanno una risposta all‘ADH leggermente alterata.
la mutazione può avvenire a vari livelli: recettoriale, trasduzionale o di risposta.
SINDROME DA INSENSIBILITA‘ AGLI ANDROGENI(AIS)
Normalmente il testosterone determina sviluppo dei dotti di wolff,spermatogenesi,regolazione di
GH e FSH;nella forma di diidrotestosterone determina virilizzazione esterna,sviluppo della
prostata.
 Nanismo armonico
è causato da mutazioni nel gene per il GH(a livello ipofisario)o da una disfunzione del suo
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recettore che causa uno sviluppo ridotto(nanismo di Laron), ma armonico.inoltre i soggetti sono
sovrapesso(GH favorisce accumulo di grasso)e nell‘ adulto abbiamo una forza muscolare ridotta
,osteoporosi e depressione.
 Malattie da deficit funzionale dei lisosomi: sono in genere patologie irreversibili; sono
ascrivibili al gruppo delle enzimopatie e riguardano le idrolasi acide. È caratterizzata da
disturbi del SNC(gangliosidosi e sfingolipidosi;viene anche bloccata la produzione di
mielina), deficit degli organi di senso, disfunzioni cardiache e muscolari,milza e fegato
ingrossato e bassa statura. Può essere dovuta a mancata sintesi degli enzimi o ad accumulo
del precursore non processato. Esempi:
-Leucodistrofia metacromatica
-Malattia di Fabry:legata al cromosoma X(q22.1).caratterizzata da accumulo di
globotriaosilceramide (GL-3) e glicosfingolipidi nei lisosomi(corpi zebrati) delle cellule
epiteliali e muscolari dovuto a attivita‘ deficitaria dell‘α-galattosidasi A.
Inizia nell infanzia o nell‘adolescenza con acroparestesie,dovute a accumuli nei gangli
spinali(crisi dolorose alle estremita‘ a seguito di stress emozionale o termico e esercizio
fisico;attacchi di dolore addominale simile ad appendiciti), angiocheratomi(lesioni cutanee
vascolari nella regione costume da bagno),ipoidrosi ,opacita‘ corneale(cornea venticillata) e
lenticolare,dilatazione dei vasi congiuntivali e retinici,proteinuria a cui segue insufficenza
renale.sono
presenti
manifestazioni
cardiache(nel
maschio:ipertofia
ventricolare
sn,valvulopatie,alterazione conduzione)e cerebrovascolari(trombosi,aneurismi delle arterie
basilari,convulsioni,emiplegia,emianestesia,afasia,emoraggia).
-Malattie da accumulo lisosomiale di mucopolisaccaridi(polisaccaridi lunghi formati dalla
ripetizione di un disaccaride costituito da un‘aminozucchero e galattosio o acido uronico).
Mucopolisaccaridosi(malattia di Hurler) o gargoilismo:facies grossolana(gargoyle) alterazioni
delle ossa, ritardo mentale, opacità corneale. Nella forma più severa (tipo I) è detta Sindrome di
Hurler, la forma di tipo II è la sindrome di Scheie
 Sindrome di Niemann-Pick: manca la sfingomielinasi acida->accumulo di sfingomielina; ne
esistono due forme: una infantile(tipo A,epatosplenomegalia piu‘ ritardo dello sviluppo fisico e
mentale.morte a 3 anni) e una viscerale(tipo B,organomegalia ma senza coinvolgimento del SNC
morte nell‘eta‘ adulta).
 Malattia di Gaucher: accumulo di glucocerebroside(assenza di Beta-glucocerebrosidasi nei
fagociti(cellule di Gaucher)(tipo 1) e anche nel SNC(tipo 2 convulsioni e deterioramento
mentale).
 Malattia di Tay-Sachs: accumulo del ganglioside GM2 per assenza della esosamminidasi A;
l'assenza della catena α(dell‘esosamminidasi) causa l'idiozia amaurotica infantile (amaurosi=
macchie nella fovea, opacizzazione della retina da accumulo=cecita‘), l'assenza della catena ß
causa la malattia di Sandhoff.
 Glicogenosi:errori nei meccanismi di glicogeno sintesi
 Patologie del metabolismo degli amminoacidi: fenilchetonuria(se trattata dalla nascita con dieta
adeguata il pz non ha ritardi mentali e risulta normale;la fenilchetonuria materna determina
poliabortivita‘ e malformazione e ritardo mentale nel feto), alcaptonuria (eliminazione con le
urine dell'alcaptone, che può depositarsi anche nelle articolazione, dando luogo ad una sindrome
artrosica e nella sclera), tirosinemia(formazione di metaboliti tossici->epatomegalia e cirrosi
epatica)e albinismo(tirosinasi positivo=lesione meccanismi di trasposto della tirosina,tirosinasi
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negativo:assenza tirosinasi=danni piu‘ gravi)sono tutte patologie da deficit nel metabolismo, a
vari livelli, della fenilalanina.
 Galattosemia: assenza dell'enzima galattosio-1P-uridil-trasferasi;oltre a disturbi enterogastrici il
galattosio che si accumula causa opacità corneale, neurotossicità e epatotossicita‘(cirrosi epatica).
FAVISMO
deficit di glucosio-6P-deidrogenasi(X-linked con espressione variabile nelle femmine
eterozigoti): si accumula il glutatione allo stato ossidato, per mancanza del NADPH. Il
dopachinone nelle fave e la primachina(farmaco antimalarico) inducono stress ossidativo a carico
delle membrane eritrocitarie, con conseguente emolisi,principalmente dei GR piu‘ anziani perche‘
meno resistenti(varie forme di anemia:-congenita non sferocitica,-emolitica episodica o da
farmaci,normocitica e normocromica)e riversamento del K+ nel sangue: iperpotassemia.
all'interno degli eritrociti si riscontrano corpi di Heinz, formazioni di emoglobina denaturata.
Inoltre abbiamo splenomegalia,colelitiasi(calcolo biliare ->ittero) e colecistiti
Ha azione protettiva nei confronti della malaria per gli eterozigoti.
SFEROCITOSI EREDITARIA(malattia di minkowsky-chauffard) autosomica dominante.
la membrana ertrocitaria e il citoscheletro si dissociano attraverso un meccanismo patogenetico
incerto in cui probabilmente agiscono spectrina,anchirina,banda 3 e proteina 4,1(tutte proteine di
membrana).si verificano quindi perdite di frammenti della membrana cellulare eritrocitaria se le
cellule sono sottoposte a stress,inoltre diminuisce la deformabilita‘ degli eritrociti con
conseguente splenomegalia
IMMUNODEFICENZE PRIMITIVE:
-deficit congenito dell’immunita’innata:difficolta nello sviluppo,frequenti infezioni e candidosi
intrattabile,diarrea e malassorbimento
-deficit congenito dell’immunita’ umorale:tutto come sopra tranne le difficolta nello sviluppo e il
fatto che si presenta solo dopo il 6 mese(IgM sono terminate)
-Agammaglobulinemia X linked:blocco della tirosin chinasi Bruton-Btk attivata dal recettore delle
cellule pre-B->No maturazione linfociti B=assenza Ig G)
-SCID= Severe Combined Immunodeficiency.
Forme recessive o X linked.basso numero di linfociti T e B linfociti inattivi(per mancata
cooperazione con i T)->morte a due anni per infezioni opportunistiche.
Puo‘ esser dovuto a:
mutazioni del IL-2-R(recettore anche di IL-4,IL-7,IL-9,IL-15)
deficenza di ADA(adenosina deamidasi)si accumula adenosina che per i linfociti e‘ tossica.
Meno frequentemente abbiamo mutazioni RAG,Jak3,ZAP-10 o che bloccano MHC di classe 2.
-Iper IgM:blocco switch isotopico
LE ANOMALIE CROMOSOMICHE
Si distinguono anomalie numeriche e anomalie strutturali:
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Anomalie numeriche dei cromosomi
Si parla di poliploidia quando il numero totale di cromosomi è multiplo intero di quello aploide,
aneuploidia quando l'anomalia numerica interessa singole coppie di cromosomi (es: monosomie,
per assenza di un cromosoma in una coppia, trisomie per presenza di un cromosoma
sopranumerario). La poliploidia è fisiologica in alcuni tessuti, come quello epatico; la poliploidia di
tutte le linee cellulari è incompatibile con la vita. Le aneuploidie sono alcune incompatibili anche
con le prime fasi dell'embriogenesi, altre sono compatibili con la vita, come quelle dei cromosomi
13, 18 e 21. Tra le anomalie eterocromosomiche, la monosomia X, le polisomie X (con o senza Y)
le polisomie Y sono compatibili. Le alterazioni numerarie possono avvenire nella gametogenesi o
nelle prime fasi dello sviluppo dello zigote. Le aneuploidie derivano in genere da processi di nondisgiunzione, più raramente da segregazione. Se accadono in mitosi dello zigote, si avranno
fenomeni di mosaicismo.
Anomalie strutturali dei cromosomi
Implicano la rottura, in uno o in più punti, di uno o più cromosomi; le più frequenti sono:
 delezione terminale: viene perduta una regione terminale del cromosoma
 delezione interstiziale: un frammento intermedio (due rotture in un singolo cromosoma) viene
perduto
 inversione: un segmento intermedio ruota di 180° e viene ricongiunto
 traslocazione: trasferimento da un cromosoma ad un altro: semplice, o inserzione, se il
cromosoma è integro; reciproca, se i due cromosomi si scambiano frammenti
 divisione aberrante del centromero: il centromero si divide trasversalmente, si formano due
cromatidi identici che, unendosi, danno luogo a isocromosomi
Per quanto riguarda gli effetti, si distinguono anomalie strutturalibilanciate(il riarrangiamento non
comporta né perdita né addizione di materiale genetico; i soggetti sono in genere fenotipicamente
normali; tuttavia i gameti di questi soggetti risulteranno spesso sbilanciati) o sbilanciate(è presente
perdita o addizione di materiale genetico; il fenotipo è spesso malformato)
Eziologia delle anomalie cromosomiche
Sono importanti alcuni fattori endogeni, come ad esempio l'età avanzata dei genitori (soprattutto
della madre), ma anche fattori mutageni esogeni, di natura fisica, chimica o biologica.
Le principali aneuploidie autosomiche
La sindrome di Down, o trisomia 21, è la più frequente trisomie autosomiche (1/600), e l'età
materna rappresenta un fattore determinante. Il fenotipo è caratterizzato da ritardo mentale, carattere
mansueto e socievole, e alcune malformazioni (bassa statura, rima palpebrale obliqua, naso
appiattito etc.); quelle agli organi interni colpiscono prevalentemente gli apparati cardiovascolare e
renale. Vi può essere deficiente attività immunologica e predisposizione alle neoplasie.
L'aspettativa di vita è bassa, soprattuto a causa delle malformazioni renali e cardiache e per
infezioni respiratorie. Negli ultimi anni si presentano quadri simili all'Alzheimer. Le donne sono
quasi sempre sterili, i maschi sempre.
Di questa sindrome si distinguono 4 varianti:
 la forma classica (90% dei casi) è dovuta ad una non-disgiunzione meiotica del cromosoma 21
nella gametogenesi soprattutto materna. È una forma sporadica e non mostra familiarità.
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 nel 3-4% dei casi è presente un mosaicismo, causato da una non-disgiunzione mitotica nello
sviluppo dello zigote. Il fenotipo è molto vario e quasi sempre più lieve rispetto alla forma
classica (non tutte le cellule presentano l'alterazione cromosomica).
 Nel 4-5% del totale si riscontra una familiarità (più soggetti affetti in uno stesso albero
genealogico): i cromosomi sono 46, ma una parte del cromosoma 21 è traslocato su un altro (14 o
22). In questa situazione il DNA del braccio lungo del cromosoma 21 è presente in tre copie (la
normale coppia 21 più il braccio lungo del 21 traslocato). Questo tipo di traslocazione è detta
robertsoniana. Il fenotipo non è distinguibile da quello classico. Il cromosoma da traslocazione
è in genere già presente in uno dei genitori, come anomalia bilanciata.
 sindrome di Down da isocromosoma 21: il cromosoma è formato da due bracci lunghi, derivati
da due cromosomi 21 a seguito di divisione trasversale del centromero. È una forma più rara e il
fenotipo è simile a quello della forma classica.
La trisomia 13, o sindrome di Patau, non è influenzata dall'età materna. Si ha ritardo nella
crescita, microftalmia, malformazioni alle orecchie,labiopalatoschisi,polidattilia etc., malformazioni
cardiache e renali. È rara la sopravvivenza entro i primi mesi di vita.
La trisomia 18, o sindrome di Edwards, è correlta con l'età avanzata della madre. Si nota ritardo
nella crescita, occipite prominente,micrognazia, malformazioni delle orecchie,collo corto etc.,
malformazioni cardiache e renali. La morte sopraggiunge entro i 6 mesi di vita.
Le principali aneuploidie eteocromosomiche
Queste anomalie sono relativamente frequenti; in particolare sono frequenti i casi di mosaicismo.
La sindrome di Turner (45, X0), o agenesia ovarica, presenta anomalie delle ovaie, formate da
tessuto stromale privo di follicoli; il quadro clinico è caratterizzato da nanismo(gene
shox=homebox presente nel cromosoma X), infantilismo sessuale, amenorrea primaria, sterilità,
scarso sviluppo delle mammelle, bassi livelli di estrogeni circolanti, gonadotropine elevate; si
associano pterigio del collo (due pliche cutanee), gomito valgo, metacarpi corti, nevi multipli e
linfedema periferico; si associano malformazioni cardiache e renali. Lo sviluppo psichico è normale
e l'aspettativa di vita è buona. È causata da monosomia X non-disgiunzionale e nella maggior parte
dei casi il cromosoma presente è il materno. Il fenotipo Turner è spesso dipendente da un
mosaicismo, in cui, oltre alla linea fondamentale monosomica, sono presenti cellule 46XX, 47XXX,
46XY.
Le polisomie X (47XXX, 48XXXX, 49XXXXX) sono piuttosto frequenti. La maggior parte delle
donne affette sono normali e feconde; in una minoranza è presente un lieve ritardo mentale e
amenorrea primaria o secondaria. Non sono mai state segnalate anomalie eterocromosomiche nella
progenie.
La sindrome di Klinefelter (47XXY), o disgenesia testicolare, è caratterizzata da fenotipo
maschile normale fino alla pubertà; i testicoli, poi, rimangono piccoli, con atrofia e ialinizzazione
dell'epitelio tubulare, assenza di spermatogenesi,aumento delle cellule di Sertoli, scarsità di cellule
di Leydig. I livelli di testosterone circolante sono bassi; sono alti quelli delle gonadotropine
ipofisarie. Il soggetto è spesso eunucoide, con ginecomastia e lieve ritardo mentale. I soggetti sono
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sterili, ma non impotenti. Il più frequente genotipo è causato dalla non-disgiunzione nella prima
divisione meiotica, più spesso nell'ovulo.
Nella disomia Y (47XYY) la maggior parte dei soggetti ha fenotipo maschile normale.
Le principali sindromi da anomalie strutturali dei cromosomi
Le più frequenti:
 sindrome di Angelman(no slide): è presente ritardo psicomotorio, atassia, tremore, assenza di
linguaggio, microcefalia, strabismo, tendenza alle infezioni delle alte vie respiratorie etc. È
causata da una microdelezione nel cromosoma 15. Meno del 5% dei soggetti affetti, tuttavia, non
presentano questa delezione, ma presentano 2 cromosomi 15 paterni e nessuno materno. È un
caso di imprinting genetico: il cromosoma è espresso in maniera differenziale, e quindi con
effetti fenotipici diversi a seconda che sia trasmesso dal padre o dalla amdre.
 sindrome di Prader-Willi.(no slide) È analoga alla sindrome di Angelman: il fenotipo è
caratterizzato da ritardo nella crescita, ipotonia muscolare, ritardo psico-motorio, anomalie
comportamentali, strabismo, piccolezza di mani e piedi e ipopigmentazione cutanea. Nell'80%
dei casi è dovuta a delezione a livello del cromosoma 15 paterno, nel 20% dalla presenza di due
cromosomi 15 materni e assenza di quello paterno. È quindi una sindrome da imprinting
genetico.
 sindrome di Di George. È una sindrome da microdelezione cromosomica a livello del
cromosoma 22. Nel 90% dei casi la microdelezione è causata da una mutazione sporadica; nel
restante 10% è causata da trasmissione dominante dai genitori. Il quadro clinico vede alterazioni
nello sviluppo del III e IV arco branchiale: saranno presenti dismorfie
facciali(micrognazia,frenulo nasale corto,insersione basale delle orecchie), alterazioni del palato,
cardiopatie congenite, aplasia timica, ipoplasia delle paratiroidi.
 sindrome di Williams.(no slide) È causata da delezionedi un gruppo di geni nel cromosoma 7,
tra i quali quello dell'elastina. La maggior parte dei casi sono dovuti a nuove mutazioni, gli altri
sono trasmessi dai genitori con meccanismo dominante. La sindrome è caratterizzata da
dismorfie facciali, deficit dell'accrescimento, disturbi cardiovascolari, lieve ritardo mentale, rara
ipercalcemia.
 sindrome del "cri du chat". Il pianto del bambino affetto è simile al miagolio del gatto. È
presente una delezione del braccio corto del cromosoma 5; è caratterizzata da microcefalia, faccia
tonda con ipertelorismo, micrognatismo, malacia della laringe.
PATOLOGIA CONGENITA NON EREDITARIA
Una patologia congenita è già presente alla nascita, e può essere causata da cause di natura chimica,
fisica o biologica che agiscono sulla madre. Molti agentiteratogeni (fattori causali della patologia
malformativa congenita non ereditaria), quali le radiazioni ionizzanti e molte sostanze chimiche e
farmaci, sono mutageni: se le mutazioni interessano le cellule della linea somatica, causeranno una
malformazione congenita non ereditaria. Un agente chimico e fisico può causare mutazioni
gametiche, che potranno dare origine a geni patologici che potranno essere trasmessi alla progenie.
EZIOLOGIA
Patogenesi ambientale durante la vita endouterina,si distingue in:
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 embriopatie:se avvengono nel primo trimestre di gravidanza
 fetopatie:se avvengono nel secondo e nel terzo trimestre
inoltre posto che lo sviluppo embrionale e‘ costituito dal processo di morfogenesi,organogenesi,
differenziamento istologico e funzionale si parla di:
-deformita‘ o mostruosita(es gemelli siamesi)se il teratogeno agisce durante la morfogenesi
-malformazioni di apparati:se il teratogeno agisce nell‘organogenesi
-anomalie:se il teratogeno agisce nei differenziamenti istologici o in fasi successive
Cause fisiche
Le radiazioni ionizzanti hanno effetto teratogeno: per quanto riguarda i raggi X, la sensibilità
dell'embrione è molto superiore a quello dell'adulto, mentre quella del feto è dello stesso ordine di
grandezza di quella dell'adulto. Per questo si ritiene che la comune radiodiagnostica sia fonte di
pericoli potenziali nei primi tre mesi di gravidanza, ma non nel periodo successivo.
Anche traumi hanno azione negative.
Cause chimiche
L'ipossia è una forma di teratogenesi che può derivare da gravi episodi ipossici materni. Le più
comuni malformazioni sono oculari, craniche, vertebrali, costali e cardiache. Numerosi prodotti
chimici(piombo,mercurio,benzolo,alcool,tabacco,droghe,ossido di carbonio) e farmaci hanno
proprietà teratogene. Per esempio la talidomide, un farmaco ad azione ipnoica, usato in Germania
intorno agli anni '60, ha causato, nei figli di madri che ne avevano fatto uso, gravi malformazioni,
come l'amelia, la focomelia etc. Tra i farmaci teratogeni vi sono tutti i farmaci antiblastici, i
sulfamidici, i salicilici, alcuni antibiotici e androgeni, astrogeni e cortisolo.
L'alcoletilico ha un potenziale effetto teratogeno:
 La dose innocua per la gestante al primo trimestre è inferiore a 25g/dì
 la sindrome alcolica fetale compare nel 30% dei nati da madri abituali consumatricidi più di
50g/dì
le manifestazioni della sindrome alcolica fetale sono soprattutto neurologiche. Si associano spesso
manifestazioni somatiche.
Malattie della nutrizione e del metabolismo(stati di malattia della madre 6-8%)
La grave malnutrizione materna è ritenuta causa di malformazioni del SN, dell'occhio, e del rene;
anche le gravi disvitaminosi sono teratogene negli animali.Sappiamo che sia assenza di vitamina A
che assenza di acido retinoico(il quale viene prodotto a partire dalla vitamina A attraverso vari
meccanismi e va in circolo o ad attivare i geni homeobox(HOX).
In particolare assenza di acido retinoico genera malformazioni cranio-faciali(assenza di
orecchie,anormalita‘ ossee,labiopalatoschisi,micrognazia(sviluppo anamola mandibola))malattie
congenite del cuore(anomalie aortiche e malformazioni tronconali(ossia del tratto di eiezione come
la tetralogia di fallot)),malformazioni del sistema nervoso centrale(idrocefalo e
microcefalo,ipoplasia cerebellare e agenesia del verme)e anomalie degli arti.
Un‘altro esempio e‘ l‘acido folico che controlla la formazione dei GR,e‘ importante nella sintesi di
DNA e aiuta la proteina B12 e la vitamina C nelle azioni digestive(assenze
determinano:labiopalatoschisi,anencefalie e spina bifida,cardiopatie congenite,difetti renali,atresia
anale e ipogenesie congenite).
L'endocrinopatia materna più importante come causa di embrio-fetopatie è il diabete mellito: nei
neonati sono frequenti la macrosomia e l'iperplasia delle isole di Langherans. Malformazioni sono
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descritte in figli di madri ipotiroidee o trattate con ormoni steroidei.
Cause infettive(2-3%)
Numerose infezioni batteriche, protozoarie e virali possono provocare embrio-fetopatie spesso gravi
ed esitanti in aborto. La sifilide congenita è causata da treponemi che raggiungono l'embrione. La
listeriosi, batterica, può determinare una fetopatia grave. Tra le infezioni protozoarie particolare
importanza ha la toxoplasmosi: nell'embrione può causare alterazioni del SN, dell'occhio, del
sistema linfatico e altri organi. Tra le infezioni virali ricordiamo prima di tutto la rosolia: il periodo
più pericoloso è quello tra la fine del secondo mese e l'inizio del terzo. Le manifestazioni più
comuni, oltre all'aborto, interessano il cuore, l'occhio, l'orecchio interno e la corteccia cerebrale. Tra
gli altri virus teratogeni ricordiamo l'HerpesVirus.
Tra le malformazioni congenite:
 a carico del SN troviamo le disrafie (per mancata o ridotta chiusura del canale neurale); le
più gravi sono le sindromi da mancate chiusura del tubo neurale: spina bifida e anencefalia.
queste malformazioni appartengono alle alterazioni della organizzazione assiale che sono
anche causa dei gemelli coniugati.
Alterazioni della morfo-organogenesi:
 A carico del sistema cardiovascolare, una patologia congenita di particolare rilevanza è la
tetralogia di Fallot:
- stenosi o atresia dell'arteria polmonare
- incompleta formazione del setto interventricolare
-spostamento a destra dell'aorta (aorta a cavaliere: può trovarsi a cavallo tra i due
ventricoli),
- ipertrofia del ventricolo dx.
 A carico del sistema gastroenterico sono frequenti atresie o stenosi a livello di vari segmenti,
così come dilatazioni congenite (es: megacolon congenito, o malattia di Hirschprung),
malattie da malrotazione o per formazione di diverticoli. La parete addominale può essere
alterata e causare esonfalo, ovvero esternalizzazione dei visceri.
 A carico del sistema urinario, le malformazioni più comuni sono l'agenesia di entrambi i
reni, il rene a ferro di cavallo, rene pelvico, rene soprannumerario e rene policistico.
L'agenesia di uno dei due ureteri può causare idronefrosi congenita.
 Le alterazioni del sistema scheletrico sono molto frequenti; ricordiamo: amelia, focomelia
etc.
Classificazione delle malformazioni congenite1:
Agenesia
Assenza completa di un organo o di parte di esso o di alcune cellule specifiche
Aplasia
Assenza di un‘organo con persistenza del suo abbozzo
Ipoplasia
Ridotto sviluppo di un‘organo
Anomalie
disrafiche
Difetti
di Persistenza di strutture embriofetali come il dotto tireoglosso
involuzione
Difetti
di Es.sindattilia
divisione
Atresia
Formazione incompleta di un lume es.esofago
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Displasia
Istogenesi anomala es.sclerosi tuberosa dell‘encefalo
Ectopia
Organo situato al di fuori della sua sede anatomica
Distropia
Ritenzione di un organo nella sede di sviluppo
Classificazione delle malformazione congenite2:
effetto politopico
La noxa colpisce piu‘ organi in fase critica di sviluppo
Effetto monotopico Singola anomalia che genera una cascata di eventi patogeni.
Es complesso di potter:a partire da ipoplasia renale e ostruzione delle vie
urinarie si genera idronefrosi e perdita copiosa di liquido amniotico con
conseguente ipoplasia polmonare,posizionamento anomalo di mani e piedi e
contrattura in posizione flessa.
Anomalia sequenza Anomalie complesse con patogenesi comune
dello sviluppo
Nb:SLIDE 8(PATOLOGIE EREDITARIE E CONGENITE)
sviluppo dei vari organi:
-SNC:dalla 2 alla 4 settimana
-cuore:dalla 2 alla 6
-arti e occhio:dalla 3,5 alla 7
-genitali:dalla 6 alla 8
MECCANISMI PATOGENETICI
Anche qui, i meccanismi patogenetici sono molteplici. Una regola generale è che tanto più precoce
è l'azione lesiva, tanto più generalizzato è l'effetto: le embriopatie sono in genere più gravi delle
fetopatie.inoltre la risposta al teratogeno dipende dal genotipo dell‘embrione(specificita‘ di specie e
suscettibilita‘)
Livelli su cui gli agenti teratogeni possono agire:
 annessi embrionali: i processi di teratogenesi sono quasi sempre mediati dalla circolazione
feto-placentare. La placenta è sede di meccanismi di difesa per il feto, ma non è in grado di
selezionare e detossificare composti chimici dannosi.
 strutture embrionali più sensibili :i derivati della cresta neurale, dell'ectoderma, e le
strutture assili di origine mesodermica.Nei primi 15 giorni di gravidanza l'embrione risulta
molto resistente alla teratogenesi; l'organogenesi è invece particolarmente vulnerabile; il
SNC è più sensibile tra il 18° e il 25° giorno, il cuore tra il 20° e 40°.
 mutazioni geniche o cromosomiche della linea somatica.
 traduzionali o trascrizionali
 A livello sopramolecolare possono essere implicate le ultrastrutture cellulari. Mediatori di
effetti teratogenetici possono essere le molecole di adesione e le proteine citoscheletriche.
 meccanismi genetici alla base della morte cellulare programmata:sappiamo infatti che
esistono nell‘embrioni fisiologicamente processi apoptotici che permettono la regressione di
alcuni tessuti(es regressione dei dotti di wolf e di muller, del tessuto interdigitale,del dotto
di botallo ecc)alterazioni o attivazioni anomale generano anomolie morfogenetiche.inoltre
anche accellerazioni o riduzioni della proliferazioni cellulare sono patogenetiche.
PREMATURITA‘:
-riduzione della sintesi di surfactante:atelectasia con conseguente riduzione della perfusione e
ipoventilazione->ipossia e ritenzione di CO2->acidosi(che incrementa riduzione di surfactante)45
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>vasocostrizione a livello polmonale->ipoperfusione->danneggiamento endoteliale e epiteliale>enfisema e fibrosi->riduzione della diffuzione(si innescano meccanismi a feedback positivo che
continuano ad aggravare la situazione)
-enterocolite necrotizzante:di cui non si conoscono le cause ma la cui comparsa e‘ favorita da
alimentazione naturale,batteri e agenti flogogeni nell‘intestino e ischemie che generano le
perforazione
L‘idrope fetale puo‘ essere causato da tutte le cause sopra vista.in particolare puo‘ esser dovuto alla
produzione di IgM e IgG di una madre Rh- contro Rh+(del feto)->distruzione di GR>anemia(scompenso cardiaco e edema) e degradazione dell‘emoglobina.
MALATTIE MITOCONDRIALI
Il DNA mitocondriale è più soggetto a mutazioni rispetto al DNA nucleare, in quanto non è protetto
dagli istoni, i mitocondri hanno meno sistemi per la riparazione del DNA, nei mitocondri ha luogo
la fosforilazione ossidativa, che genera radicali dell'ossigeno, lesivi sul DNA, il cromosoma
mitocondriale ha, in proporzione, molto più DNA coding rispetto al DNA nucleare.
Sono malattie ad esclusiva derivazione materna e il DNA mitocondriale sintetizza un piccolo range
di proteine. Gli organi che maggiormente soffrono sono quelli direttamente dipendenti dalla
fosforilazione ossidativa, ovvero cervello e muscoli.
Una di queste sindromi è ad esempio la miopatia mitocondriale di Kearns-Sayre; porta a
progressiva diminuzione delle forze e nei maggiori casi paralisi totale, che conduce gradualmente
all'exitus letalis.
Caratteristica delle malattie mitocondriali è l'eteroplasmia: i mitocondri sono alcuni sani e altri
mutati e l'insorgere della malattia dipende dal rapporto mitocondri sani/mitocondri
malati(effettosoglia) e dallasegregazione mitotica( distribuzione non omogenea dei mitocondri dalla
cellula madre alle cellule figlie). La proporzione di DNA mutato tende ad aumentare col tempo e le
patologie si aggravano con l'età.
PATOLOGIA AMBIENTALE: (g-Dianzani)
Cause estrinseche di malattia=CAUSE FISICHE
L'omeostasi di un organismo può essere alterata da numerose cause con conseguenze più o meno
gravi a seconda della loro natura e dell'intensità con cui agiscono; fra queste le modificazioni fisiche
dell'ambiente sono le più importanti.
Le radiazioni come causa di malattia
La radioattività fu scoperta nel 1890 da Becquerel, per cui lo studio delle radiazioni come causa di
malattia è relativamente recente ed è richiesto dall'uso sempre più frequente dell'energia radiante
come strumento diagnostico e terapeutico.
Le radiazioni si distinguono in radiazioni di natura corpuscolata (hanno massa variabile) e radiazioni
elettromagnetiche (non hanno massa e sono costituite da fotoni, quanti di energia).
Le prime si distinguono in raggi α (elio, radio, torio e polonio) e β, entrambe derivanti dalla
decomposizione naturale di elementi radioattivi o di particelle derivate da reazioni nucleari (neutroni
e protoni).
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Le radiazioni α emesse da un dato tipo di sorgente hanno tutte la stessa velocità e vengono dette
monocromatiche. La velocità iniziale di emissione delle particelle α, a seconda del nucleo atomico da
cui vengono emesse, varia da 14.400 km/s (Th) a 22.500 km/s (Po); tali velocità decrescono
rapidamente a causa degli urti con gli atomi del mezzo in cui si diffondono: le particelle α sono
relativamente poco penetranti.
Le radiazioni β sono elettroni (carica negativa) o positroni (carica positiva), entrambi con massa
molto piccola; la loro velocità oscilla fra il 40 e l'80% di quella della luce (300.000 km/s
Le particelle nucleari (neutroni e protoni) di massa 1 sono definite nucleoni.
I neutroni che emettono radiazioni β si trasformano in protoni. Si distinguono
-neutroni termici (con energia cinetica di 0,025 eV),
-neutroni lenti o epitermici (con energia fino a 0,5 MeV),
-neutroni veloci (con energia superiore a 0,5 MeV).
L'eccessiva velocità dei neutroni che, in quanto privi di carica non vengono né attratti né respinti dai
nuclei atomici, rende difficile la loro captazione da parte dei nuclei stessi; è necessario rallentarli
facendoli passare attraverso sostanze che contengono numerosi atomi di idrogeno (acqua o paraffina).
I neutroni rallentati possono essere utilizzati come proiettili per ottenere la fissione nucleare.
I protoni sono nuclei di idrogeno (senza elettrone periferico) derivanti dalle reazioni nucleari
(disintegrazione dei nuclei degli elementi) e la loro velocità iniziale è varia.
Le radiazioni elettromagnetiche consistono di fotoni e la loro energia è espressa dalla relazione di
Planck:
E= hν oppure E= hc/λ
dove h indica la costante di Planck (6,62·10-27 erg/s),ν la frequenza della radiazione, λ la lunghezza
d'onda e c la velocità della luce. L'attività biologica delle radiazioni elettromagnetiche dipende
dunque dalla loro lunghezza d'onda. Si distinguono radiazioni infrarosse o termiche (oltre 7.600 Å),
luminose (fra 7.600 e 4.000 Å), ultraviolette (tra 4.000 e 1.000 Å), raggi X (fra 1.000 e 0,1 Å) e
gamma (tra 0,1 e 0,001 Å). I raggi X a loro volta si distinguono in limite, molli, medi e duri.
Sia per le radiazioni corpuscolate sia per quelle elettromagnetiche l'azione dipende strettamente
dall'energia che è espressione della velocità per le radiazioni corpuscolate, della frequenza per quelle
elettromagnetiche; l'energia delle radiazioni si esprime in eV. Le radiazioni con energia uguale o
superiore a 10eV si definisconoionizzanti(radiazioni α, β, γ, X, protoni e neutroni accelerati) in
quanto determinano l'espulsione di elettroni dagli atomi, che diventano appunto ioni positivi. Le
radiazioni con energia inferiore a 10eV sono definite eccitanti (radiazioni infrarosse, luminose,
ultraviolette) in quanto non sono in grado di produrre ionizzazione, ma determinano un aumento del
livello di energia dell'atomo o della molecola rendendoli instabili e maggiormente reattivi.
Laionizzazione è detta primariase determinata dall'urto diretto della radiazione contro l'atomo. Se la
radiazione che ha determinato la ionizzazione cede tutta la sua energia all'elettrone (diminuita di
10eV spesi per espellere l'elettrone dall'atomo) questo potrà determinare a sua volta una nuova
ionizzazione, detta secondaria, nel caso in cui abbia un'energia superiore a 10eV e colpisca un altro
nucleo atomico. Si innesca così una reazione a catena che determina uno sciame di ionizzazioni
secondarie. Se invece la radiazione (o l'elettrone espulso) nel colpire un atomo non cede tutta la
propria energia, ma ne conserva una certa quantità ancora superiore a 10eV, rimbalzerà da un atomo
all'altro generando via via ioni positivi ed elettroni e perdendo sempre più la propria energia. Quando
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l'energia della radiazione primaria e degli elettroni espulsi è inferiore a 10 eV, viene assorbita da
atomi e molecole che entrano allora nella fase eccitata. Nel caso degli elettroni, questi possono
legarsi ad atomi neutri trasformandoli in ioni negativi.
Quando le radiazioni sono di natura elettromagnetica, l'interazione fra radiazioni ionizzanti e atomi
può determinare :
 L'effetto fotoelettrico si verifica maggiormente quando i fotoni incidenti hanno energia
minore di 0,1 MeV: il fotone che colpisce l'atomo cede tutta la propria energia all'elettrone
espulso. L'atomo che ha perduto l'elettrone può subire un riassestamento interno: se l'elettrone
che occupa un'orbita più esterna va ad occuparne una più interna, si può liberare energia sotto
forma di radiazioni X (nuove ionizzazioni).
 L'effetto Comptonè frequente se la radiazione elettromagnetica ha energia compresa fra 0,5 e
5 MeV: l'energia del fotone incidente non viene integralmente trasferita all'elettrone e il
fotone rimbalza sull'atomo. Se l'energia che conserva è superiore o uguale a 10eV si avranno
nuovi fenomeni di ionizzazione.
 La produzione di coppie può verificarsi quando la radiazione elettromagnetica ha energia
dell'ordine di qualche MeV (>1,02 MeV): il fotone viene completamente assorbito dall'atomo
e vengono espulsi 2 elettroni, uno positivo (positrone) e l'altro negativo. I due elettroni hanno
massa di quiete di 0,51 MeV ciascuno. Il positrone ha vita indipendente molto breve in
quanto viene catturato da un elettrone negativo: le due particelle si annichiliscono e
spariscono come materia, trasformandosi ciascuna in un fotone di energia uguale a 0,51 MeV.
I due fotoni così formati hanno direzione opposta e caratteristiche delle radiazioni γ.
L'elettrone negativo può invece vivere più a lungo e comportarsi come una radiazione
ionizzante. L'effetto fotoelettrico e di Compton prevalgono sulla produzione di coppie che
richiede energie elevatissime, raramente raggiunte in radiobiologia.
L'applicazione dei raggi X in diagnostica dipende dal fatto che la quantità di radiazioni assorbita dai
vari elementi aumenta all'aumentare del numero atomico: le ossa contengono elevate quantità di
Ca2+, il cui numero atomico è relativamente elevato rispetto a H, C, Z e O.
Il potere di penetrazione delle radiazioni nei tessuti varia con la loro natura e la loro energia.
Le particelle con massa elevata e velocità relativamente bassa (radiazioni α) hanno limitata capacità
di penetrazione.
-La particella α, nonostante venga rallentata dall‘urto con gli elettroni, continua nella sua traiettoria
lineare a causa del notevole divario di massa. La distanza percorsa dalla particella dal punto di
emissione al punto in cui si arresta viene detta range. Quest‘ultimo varia con l‘energia d‘emissione e
con la densità atomica della sostanza attraversata. Nei tessuti animali la massima profondità
raggiunta dalle particelle α è di 40-70 µm; tuttavia hanno una densità ionizzante elevatissima (danni
biologici). Poiché la cessione d‘energia è inversamente proporzionale alla velocità, le particelle α
cedono la maggior parte della loro energia alla fine del tragitto, come indicato dalla curva di
Bragg.(incremento,picco,caduta)
Questo fenomeno è sfruttato dalla radioterapia dei tumori in cui è molto importante la precisione
balistica.
-In modo simile si comportano le altre particelle cariche, di massa elevata come i protoni e i
deutoni(nuclei di deuterio=protone e neutrone).
- I neutroni, privi di carica invece, più che fenomeni di ionizzazione causano diffusioni anelastiche e
reazioni nucleari(fenomeni connessi con la velocita‘); i fenomeni di ionizzazione che si determinano
sono dovuti all‘emissione di radiazioni da nuclei divenuti radioattivi.
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-gli elettroni hanno potere di penetrazione molto maggiore di quello delle particelle α e dei protoni
grazie alle minori dimensioni all‘elevata velocità anche se, essendo provvisti di carica negativa
possono venir deviati dagli elettroni posti nelle orbite periferiche degli atomi (diffusione elastica).
A parità d‘energia il potere ionizzante specifico degli elettroni è minore di quello delle particelle α
ma per l‘elevata penetranzavengono utilizzati nella distruzione di tessuti neoplastici posti in
profondità.
Unita‘ di misura in radiobiologia:
La quantità di radiazione a cui un soggetto può esporsi viene misurata in base al suo effetto di
ionizzazione. La dose di ionizzazione è la quantità d‘energia ceduta dalla radiazione all‘unità di
volume o di massa del tessuto
CURIE
attivita‘ di 1 grammo di radio che emettendo particelle α ha un tempo di
dimerizzazione pari a 1620 anni.(37miliardi di decadimenti al secondo)
ROENTGEN
Quantita‘ di radiazioni X o γ che libera un unita‘ elettrostatica in 1 cm³ d‘aria a 0˚C
e 760 mmHg.1R=83erg\cm³
RAD(radiation Erg di energia assorbiti da un tessuto quando e‘ colpito da radiazioni(1rad=100 erg)
absorbed
dose)
Gray
100rad
r.e.p(roentgen dose di radiazione che assorbita in un cm3 di tessuto dissipa 83 erg di energia.
equivalent
physic)
r.e.m(roentgen Effetto biologico di 1 rad di radiazione ad alta energia
equivalent
man)
Per la legge di Bunsen-Roscoel‘effetto fisico delle radiazioni è indipendente dall‘intensità e dal
tempo di somministrazione presi singolarmente; esso dipende strettamente dalla dose che è il
prodotto dell‘intensità per il tempo(Dose=IxT). L‘effetto biologico delle radiazioni non segue
fedelmente la legge di Bunsen-Roscoe in quanto un tessuto vivente ha la possibilità di poter riparare
le lesioni prodotte. Il frazionamento della dose ha dunque importanza notevole nell‘ammortizzare le
conseguenze dell‘effetto fisico.
Le radiazioni,proprio per l‘inzapacita‘ riparativa,sono maggiormente letali negli organismi
unicellulari.
Gli effetti delle radiazioni ionizzanti si dividono in: direttise si esercitano su strutture sensibili del
protoplasma,qualitativamente rilevanti poiche‘ determinano piu‘ lesioni;indiretti se agiscono
attraverso processi di ossido-riduzione generati in seguito alla ionizzazione di molecole
d‘acqua,quantitativamente più rilevante.
L‘azione diretta ha effetti in base a dose e dimensioni delle molecole,ed e‘ letale per virus e
organismi monocellulari.sappiamo secondo la teoria dell‘urto che affinche‘ avvenga una reazione
sono condizioni necessarie e sufficenti 1)che le molecole urtino tra loro(dipende dalle dimensioni )
La ionizzazione modifica la distribuzione intramolecolare delle cariche elettriche e provoca
riassestamenti strutturali e funzionali;
 provoca la rottura dei legami covalenti e conseguentemente la trasformazione delle molecole
in radicali liberi (aventi elettroni spaiati negli orbitali). I radicali liberi sono altamente reattivi
e tendono a riformare la coppia di elettroni propria del legame covalente. A parità di dose,
per una data radiazione, è più facile che venga colpitauna molecola di grandi dimensioni
(proteine, acidi nucleici) che una piccola.
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

Le proteine vanno incontro ad un riassestamento intermolecolare con rottura di legami,
soprattutto di quelli a idrogeno, e formazione di ponti intermolecolari attraverso nuovi legami
covalenti: denaturazione. Se la proteina è un enzima può perdere la propria attività.
NelDNA, può agire:
-in un solo filamento:l‘estremità rotta risulta attivata in quanto termina con un radicale libero,
capace di legarsi con un radicale libero di segno opposto (cross-linking, legame
intermolecolare): la stickiness (appiccicosità)dei cromosomi rende frequente e facile la loro
adesione, con conseguenti errori di distribuzione fra le cellule figlie. La formazione di legami
intermolecolari è prevenuta dall‘ossigeno che agisce perossidando l‘estremità attiva della
catena nucleotidica(negativo). La modificazione chimica delle basi colpite porta, al momento
della replica, al legame con basi diverse da quelle solite, con la conseguenza di una
modificazione stabile della sequenza: mutazione.
- Nel caso in cui entrambi i filamenti del DNA vengano distrutti, si verifica la degradazione
della molecola, con diminuzione del peso molecolare: rotture cromosomiche.
L‘azione indiretta dipende dalla ionizzazione delle molecole d‘acqua (60-80% del peso corporeo) che
formano radicali liberi instabili provvisti di funzione ossidante o riducente. Meccanismo di
formazione dei radicali:
1. H2O + radiazione ↔ (H2O)+ + e- : lo ione instabile positivo formatosi tende a reagire con un‘altra
molecola d‘acqua
2. (H2O)+ + H2O ↔ (H3O)+ + OH•: si forma un nuovo ione instabile positivo di diversa costituzione
e un radicale libero ossidrilico non carico, altamente instabile e avido d‘elettroni (ossidante)
Se incontra un altro radicale ossidrilico:
 OH•+ OH• ↔ H2O2 : l‘acqua ossigenata tende a decomporsi anche in via non enzimatica,
cedendo ossigeno a qualsiasi sostanza ossidabile
 2H2O2 ↔ 2H2O + O2 (catalasi) oppure H2O2 ↔ H2O + O(perossidasi): essendo l‘ossigeno
molecolare poco reattivo, la catalasi rappresenta un presidiodifensivo nei riguardi dell‘effetto
indiretto della radiazione; l‘ossigeno atomico è invece altamente reattivo.
Tuttavia è più probabile che il radicale ossidrilico sottragga elettroni a qualsiasi sostanza organica
ossidabile (S)
 S + OH• ↔ OH- + S+: La sostanza è ossidata, mentre l‘ossidrile si trasforma in ossidrilione
negativo
Gli elettroni che si liberano dalle molecole d‘acqua colpite dalle radiazioni possono:
a. H+ + e- ↔ H• : gli ioni H+ sono sempre presenti in quanto l‘acqua è parzialmente dissociata
b. H2O + e- ↔ OH- + H
O in altenativa possiamo avere H•+S↔S-+(H+)
Gli atomi di H• sono altamente instabili e tendono a reagire con l‘ossigeno molecolare, sempre
presente in soluzione in quanto rilasciato dall‘ossiemoglobina o trasportato dal plasma allo stato
disciolto:
1. H• + O2 ↔ HO•2 : si formano radicali idroperossilici che possono reagire fra loro
2. HO•2 + HO•2 ↔ H2O2+ O2
I radicali liberi dell‘ossigeno hanno vita media molto più lunga rispetto a quelli formati dalla rottura
omolitica della molecola d‘acqua e sono perciò potenzialmente più lesivi sul DNA. L’effetto
ossigeno è importante in radioterapia oncologica: i tumorisono irrorati da un sistema circolatorio
disomogeneo e in parte anarchico, con aree ipossigenate e necrotiche; queste aree rispondono poco
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alla radioterapia proprio per via dell‘effetto ossigeno. Il frazionamento della dose radiante può in
parte ovviare a questo problema in quanto la riduzione della massa neoplasica conseguente alla
radioterapia rende maggiormente ossigenate le cellule precedentemente ipossiche sopravvissute.
I bersagli dell‘effetto indiretto della radiazione che determinano maggiore danno cellulare sono:
 gli acidi nucleici:
- aperturadell‘anello imidazolico delle purine
-formazione di idroperossidipirimidine
-rottura delle catene nucleotidiche
 Le proteine:
-denaturazione: l‘ossidazione dei gruppi -SH liberi può portare alla formazione di nuovi
ponti disolfuro intra o intermolecolari, mentre la riduzione di quelli già esistenti può portare
allo srotolamento delle molecole, con stabili deformazioni della struttura terziaria:
-SH+OH•↔-S•+H₂O
 membrane cellulari si ha perossidazione degli acidi grassi insaturi in corrispondenza dei
doppi legami:
-LH → L• + H (fase d‘inizio): si forma un radicale libero dell‘acido grasso altamente reattivo
-L• + O2 → LOO• : reagendo con l‘ossigeno si forma un lipoperossido (irrancidimento)
-LOO• + LH → LOOH + L• (fase di propagazione)
La formazione dei perossidi è preceduta da un riassestamento interno dell‘acido grasso, per cui
vengono a formarsi doppi legami alternati (dieni) e la molecola ruota da cis a trans. Questo
cambiamento comporta la comparsa di una banda d‘intenso assorbimento dell‘ultravioletto
(233 µm). I lipoperossidi sono molto instabili e possono spezzarsi generando prodotti di
degradazione di basso peso molecolare: l‘acidità del mezzo tende ad aumentare. La prima
conseguenza della perossidazione è una deformazione strutturale delle membrane dovuto al
fatto che i lipoperossidi sono idrofilici: i perossidi possono reagire con le proteine,
denaturandole e aprendo un varco nella membrana.
L‘effetto indiretto delle radiazioni può essere prevenuto se si somministrano, prima dell‘esposizione,
sostanze riducenti (contenenti gruppi -SH come: cisteina, cisteamina, glutatione ridotto)
oantiossidanti (propilgallato, vitamina E, vitamina A caroteni e derivati del selenio).
Il risultato delle radiazioni ionizzanti comporta un complesso di processi regressivi che può
culminare nella morte. Le lesioni da radiazioni possono essere distinte in quelle che colpiscono
principalmente il nucleo e l‘attività riproduttiva e in quelle che portano a lesione prevalente degli
organuli citoplasmatici: le cellule labili dotate di vita limitata nel tempo e di spiccata attività
riproduttiva rispondono prevalentemente con lesioni dell‘apparato riproduttivo; nelle cellule stabili o
perenni in cui l‘attività riproduttiva è scarsa o soppressa prevalgono le manifestazioni patologiche a
carico del citoplasma. A parità di dose di radiazione, le cellule labili sono più radiosensibili. Oltre
alla capacità riproduttiva, contribuiscono alla radiosensibilità:il differenziamento funzionale,
l‘intensità del metabolismo, la ricchezza intrinseca di fattori antiossidanti e la composizione
elementare delle cellule (elementi con numero atomico elevato assorbono maggiori quantità di
radiazioni).La radiosensibilita‘ e‘ direttamente proporzionale all‘attivita‘ riproduttiva e inversamente
proporzionale al grado di differenziamento.
Come regola generale si può affermare che i tessuti con una spiccata attività proliferativa sono quelli
più radiosensibili; fra questi anche i tessuti neoplastici (consente l‘impiego terapeutico
dell‘irradiazione). La radiosensibilità può essere aumentata dalla presenza nei tessuti di
sostanzefotodinamiche o fotosensibilizzatrici (porfirine): captano una parte d‘energia delle radiazioni
e la cedono in un secondo momento, attivando la molecola dell‘ossigeno che passa da uno stato di
tripletto (3O2) ad uno stato di singoletto (1O2) altamente reattivo che aumenta l‘effetto indiretto.
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1
O2idroperossidazione degli acidi grassi insaturi,rottura dell‘anello degli amminoacidi ciclici,rottura
dell‘anello delle basi puriniche e pirimidiniche.
Alta radiosensibilita‘
-Linfociti,cellule
germinali,cellule
intestinali,occhi,tirociti,cellule
giovani(es.fetali),cellule staminali o con alti livelli mitotici
Sensibilita‘ intermedia Cellule endoteliali,osteociti,fibroblasti
Scarsa sensibilita‘
Cellule muscolari,cellule nervose,cellule cartilaginee
Su cellule in attività riproduttiva l‘effetto delle radiazioni non è immediato e si manifesta dopo un
periodo di latenza che varia secondo il tessuto e la dose di radiazione; non dipende dal ciclo
cellulare. Superato il periodo di latenza compare l‘effetto primario che nei tessuti in accrescimento si
manifesta con una diminuzione del numero delle mitosi, irregolarità di forma (picnosi) e tingibilità
(maggiore affinità per colori basici) del nucleo. Dopo l‘effetto primario vi è un periodo intermedio
senza cariocinesi dominato da lesioni nucleari che determinano la morte di una parte delle cellule. In
seguito si ha l‘effetto secondario con la ricomparsa della cariocinesi negli elementi sopravvissuti;
molti di essi mostrano aspetti patologici in proporzioni maggiori rispetto allo stato precedente. Le
cellule risultano meno vitali e vanno incontro rapidamente a morte. Il tessuto irradiato viene a poco a
poco sostituito dalle cellule rigeneranti provenienti dai margini della radiolesione: si può formare un
tessuto di granulazione con successiva guarigione cicatriziale. Alcune cellule mutate riescono a
sopravvivere e a tramandare il patrimonio genetico patologico alle cellule figlie; in certe condizioni
(processi infiammatori, sollecitazioni funzionali) possono prendere il sopravvento e rappresentare il
punto di partenza di proliferazioni neoplastiche maligne.
Se avviene invece in fase non riproduttiva abbiamo pinocitosi,vacuolizazione,carioressi e cariolisi>morte cellulare
Nelle cellule con scarsa attività riproduttiva le alterazioni prevalenti sono a carico del citoplasma,
mentre i processi regressivi del nucleo sono tardivi e la loro presenza indica l‘evoluzione verso la
morte per apoptosi della cellula: a seconda della dose e del tipo di cellule può prevalere la morte per
apoptosi o quella per necrosi. Nelle fasi precoci si ha rigonfiamento mitocondriale con severe
alterazioni ultrastrutturali e funzionali. Il consumo d‘ossigeno, dovuto all‘efficienza della catena
respiratoria, dapprima aumenta (maggiore permeabilità delle membrane) poi diminuisce
sensibilmente (dislocazione dei componenti della catena ossidativa e inattivazione degli enzimi -SH).
Si ha inoltre una dissociazione della fosforilazione ossidativa che porta la cellula al dissesto
energetico; insieme agli squilibri osmotici è responsabile del rapido depauperamento delle riserve
cellulari di glicogeno. La glicogenolisi infatti ammortizza nei primi momenti lo squilibrio energetico
dovuto alla dissociazione della fosforilazione ossidativa (aumenta la quota di ATP prodotta);
quest‘aumento non dura a lungo sia per esaurimento del substrato sia per inibizione degli enzimi che
prendono parte al processo (contengono molti gruppi -SH). Altre strutture che subiscono
precocemente l‘azione lesiva delle radiazioni sono i lisosomi; si ha rottura della membrana con
conseguente solubilizzazione degli enzimi: digestione di materiali citoplasmatici importanti per
l‘economia cellulare. Viene colpito anche il reticolo endoplasmatico, condiminuzione della sintesi
proteica.
Le lesioni al DNAvengono rilevate da sistemi preposti come la proteina p53 che blocca il ciclo
cellulare consentendo la riparazione a opera di enzimi specifici o, se il danno è ingente, induce
l‘apoptosi. Individui con alterazione su base genetica di questi sistemi (gene ATM mutato: atassiatelengectasia) sono più suscettibili al danno da radiazioni.
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A livello degli organi le lesioni da radiazione acquistano aspetti diversi in rapporto alla morfologia,
alla funzione e al tipo di cellule da cui è composto: negli organi costituiti da cellule labili gli effetti
compaiono più precocemente.
-A livello della cute le radiazioni determinano inizialmente eritema dovuto ad un‘iperemia attivain
quanto i raggi causando lesioni cellulari costituiscono di per sé uno stimolo infiammatorio. Nella fase
successiva si ha formazione di edema per aumento della pressione idrostatica nei capillari e della loro
permeabilità; il liquido in eccesso tende a raccogliersi in cavità e a farsi strada verso gli strati
superficiali dell‘epidermide. Si formano raccolte circoscritte di liquido di aspetto sieroso, chiaro e
trasparente che prendono il nome di bolle o flittene. Per necrosi delle zone cutanee colpite ed
evaporazione dell‘acqua si formano le escare(quelle simili a croste che vengono dopo un‘ustione);
per caduta di quest‘ultime restano allo scoperto lesioni granuleggianti(prodotto dai fibroblasti) con
scarsa tendenza alla guarigione che vengono dette ulcere. Le radiodermitihanno moderata tendenza
alla guarigione, tendono a persistere per lungo tempo e con una certa frequenza danno origine a
tumori maligni (epiteliomi spinocellulari) tanto più frequenti quanto più lungo è stato il trattamento
radiante.
Se la lesione è limitata all‘eritema o alla bolla senza grave compromissione del derma si può avere
restitutio ad integrum, accompagnata da iperpigmentazione dovuta ad un‘aumentata produzione di
melanine da parte dei melanoblasti (come per le radiazioni UV). Se la lesione ha coinvolto il derma
in modo grave la riparazione avviene per cicatrici. Quest‘ultime proliferano frequentemente dando
luogo a formazioni ipertrofiche connettivali dure note come cheloidi, su cui possono impiantarsi
processi neoplastici maligni detti sarcomi. Le radiazioni possono inoltre indurre necrosi dei follicoli
che può dar luogo ad alopecia definitiva se si compromette la zona germinativa.
-Negli organi ematopoietici le lesioni da raggi sono particolarmente gravi in quanto gli elementi più
radiosensibili sono quelli dotati di attività riproduttiva elevata (cellule staminali). Nel midollo osseo
il blocco dell‘attività riproduttiva e maturativa di queste cellule provoca leucopenie e anemie
iporigenerative che diventano irreversibili (aplastiche) se le radiazioni persistono; il midollo
emopoietico viene progressivamente sostituito da tessuto fibroso e grasso e si può avere anche
iporigenerazione delle piastrine con conseguente sindrome emorragica e alterazione della
coagulazione.( Quest‘ultimi due sintomi possono essere anche in parte dovuti a lesioni del fegato che
produce quantità di protrombina inferiori al normale o all‘immissione in circolo di eparina contenuta
nei granuli metacromatici dei mastociti che nell‘irradiazione si dissolvono lasciando le cellule
degranulate.
Similmente negli organi linfatici irradiati si osserva distruzione, iporigenerazione dei linfoblasti e
alterazione dei centri germinativi: si ha caduta dei poteri immunitari dovuta alla diminuita
proliferazione dei linfociti e al blocco della fagocitosi. In questo ambito l‘azione delle radiazioni
viene sfruttata per favorire l‘attecchimento o la sopravvivenza di trapianti omologhi o eterologhi.
L‘irradiazione produce anche l‘inattivazione del complemento (C1, C2, C4, C3).
L‘irradiazione delle gonadi porta a diminuzione o soppressione (castrazione da raggi) della
formazione dei gameti.
L‘apparato gastroenterico è particolarmente radiolabile: la mucosa intestinale necrotizza e cade,
lasciando scoperta la sottomucosa e formando vaste ulcerazioni (emorragie, infezioni e disturbi
funzionali).
Le alterazioni a carico di organi costituiti da cellule stabili appaiono più tardivamente in quanto la
cellula, anche se gravemente lesionata, va incontro a morte solo dopo alcune divisioni cellulari. Nel
fegato si possono osservare processi degenerativi più o meno accentuati, fino alla necrosi; a distanza
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di anni può comparire insufficienza renale; mentre a carico dell‘occhio è molto frequente la cataratta
e spesso si hanno lesioni irreversibili della retina (cecità).
Le cellule del SNC sono particolarmente radioresistenti nonostante abbiano sintesi proteica e attività
metabolica intense; forti dosi di radiazioni possono produrre processi regressivi reversibili (malattia
acuta di Nissl) o anche irreversibili (malattia grave di Nissl o sclerosi). Le cellule nervose non si
rigenerano per cui in caso di morte la compromissione delle funzioni da esse controllate è definitiva.
Il surrenerisente fortemente dell‘irradiazione: si hanno fenomeni regressivi e necrosi, specialmente a
livello della corteccia, accompagnati da emorraggie parenchimali e seguiti per lo più da atrofia con
conseguente insufficienza surrenalica.
La panirradiazione (irradiazione total-body) o di singole parti per scopi terapeutici provoca una
particolare sindrome definita male da raggi: astenia(debolezza), nausea, vomito, perdita
dall‘appetito, sete, diarreae febbricola. I sintomi sono assimilabili ad una distonia vagale dovuta alla
liberazione nei tessuti lesi di sostanze ad azione vago-simile; oltre che ad un‘alterata funzione dei
parenchimi interessati.
La morte da irradiazione di un individuo avviene entro poche ore dall‘esposizione di tutto il corpo a
poche centinaia di roentgen: si ha shock con rapida caduta della pressione e insufficienza
cardiocircolatoria dovuto probabilmente alla brusca liberazione di sostanze vasoattive normalmente
contenute nelle vescicole sinaptiche (membrana assai labile esposta all‘azione pro-ossidante dei
radicali liberi). Per dosi via via minori ma comunque superiori a quella minima letale, la morte
avviene dopo una serie di manifestazioni inquadrabili in una grave malattia da raggi e può avvenire
anche a distanza di tempo (si aggiungono malattie infettive ad andamento setticemico).
Nei soggetti scampati alla morte si manifestano lesioni irreversibili a carico di vari organi; nelle
donne gravide sono frequenti gli aborti; nei nati le malformazioni congenite. Si manifestano con
incidenza elevata, talvolta a distanza di molti anni, tumori maligni specialmente a carico di cute e
apparato emopietico.
Si ritiene che non esista una dose soglia al di sotto della quale sia possibile esporsi senza
conseguenze, ma che l‘effetto sia in qualche misura cumulabile. La dose permissibile corrisponde
alla dose in cui il rischio sia sufficientemente basso per poter essere sopravanzato dai benefici:
esposizione a raggi X pari a 0,0017 Gy/anno per un massimo di 0,05 Gy in 30 anni. Si ritiene inoltre
che l‘esposizione a radiazioni determini una riduzione della vita media dell‘individuo (perdita di
funzioni per accumulo di mutazioni a livello delle cellule somatiche).
<0,5Gy mutazioni
Mutazioni delle cellule staminali con predisposizione a
neoplasie;possibili mutazioni dei gameti
0,5-2Gy Male da raggi
Atassia,nausea,anoressia.riduzione transitoria dei neutrofili e dei
linfociti
2-6Gy
Sindrome
Ipoplasia del midollo osseo->leucopenia,trombocitopenia e anemiaemopoietica
>morte per infezioni
Caduta dei capelli
3-10Gy Sindrome
Caduta capelli.
gastrointestinale Morte delle cellule intestinali->nausea e diarrea.
Se radiazioni sotto i 4 Gy puo‘ normalizzare,se tra 3-5Gy si ha morte in
poche settimane,se sopra 8 la morte puo‘ sopraggiungere nel giorno
stesso per perdita di liquidi
10Gy
Sindrome
Necrosi emorragica cerebrale,convulsioni,delirio,coma->morte inpoche
cerebrale
ore.
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Le radiazioni eccitanti sono vibrazioni elettromagnetiche con lunghezza d‘onda superiore a 1.000Å,
di cui l‘attività maggiore è posseduta dalle radiazioni UV, seguite dalle luminose e dalle infrarosse.
Producono fenomeni di eccitazione molecolare in cui le molecole colpite assorbono una quota
d‘energia che le fa passare da uno stato più probabile con bassa energia (stato fondamentale) a uno
ricco d‘energia ma meno probabile e quindi instabile(stato metastabile o eccitato). Per la legge
dell’entropia la molecola tende a tornare allo stato più stabile (maggiore entropia); ciò avviene
attraverso l‘emissione di un fotone con lunghezza d‘onda maggiore o uguale a quella che ha
determinato l‘eccitazione. L‘assorbimento delle radiazioni eccitanti è determinato dalla natura fisica
delle molecole; l‘intensità con cui assorbono le radiazioni è espressa dal loro spettro di assorbimento.
Nella spettrofotometria quantitativa si utilizzano radiazioni monocromatiche per determinare la
concentrazione di sostanze in soluzione.
Le radiazioni infrarosse applicate sul corpo umano vengono assorbite soprattutto dai tessuti
superficiali; l‘estesa rete vascolare provvede alla distribuzione del calore nel resto del corpo, nonché
alla sua dispersione all‘esterno. Sono utilizzate in terapia (diatermia) quando si vogliono riscaldare
determinate parti del corpo.
Le radiazioni luminose vengono assorbite in misura diversa a seconda della natura del tessuto;
l‘assorbimento da parte dei tessuti superficiali varia soprattutto in rapporto con il colore. I granuli di
melanina (contenenti tirosina) assorbono una forte quantità di radiazioni e impediscono che si
approfondino nei tessuti: i soggetti abbronzati o con pelle scura sono maggiormente protetti verso le
radiazioni luminose e UV dei soggetti con pelle depigmentata. Quest‘ultimi respingono una gran
parte delle radiazioni (che vengono riflesse) ma non hanno buona protezione per quelle che penetrano
in profondità.gli effetti biologici sono visibili nei batteri.
Radiazioni luminose di elevata intensita‘ determinano la coagulazione delle proteine retiniche.
Effetti patologici:eritema solare,iperpigmentazione,tumori cutanei,ipercheratosi.
nb:l‘emoglobina assorbe il violetto,l‘azzurro,il verde e il giallo->emazie sensibili alla luce verde e
gialla che ne accellera l‘invecchiamento.
Le radiazioni UV(con λ>320 nm=no effetto biologico;con 300<λ<250nnm=effetto biologico)sono
provviste di massimo effetto biologico; le strutture cellulari che hanno maggior assorbimento sono gli
acidi nucleici(265nm) e le proteine(280nm). Nella cute vi è una scleroproteina, la cheratina, che
assorbe fortemente le radiazioni UV, impedendo alla maggior parte di esse di raggiungere gli strati
profondi. Le radiazioni UV stesse contribuiscono alla formazione della scleroproteina in quanto
provocano l‘ossidazione dei gruppi -SH della cisteina a gruppi disolfuro -S -S: ipercheratos attinicai.
Anche la melanina assorbe i raggi UV.
Anche per le radiazioni eccitanti si distingue un‘azione: diretta, dipendente dall‘assorbimento della
radiazione da parte di strutture sensibili; indiretta, mediata da sostanze fotodinamiche o
fotosensibilizzatrici che potenziano l‘effetto delle radiazioni eccitanti.
L‘azione diretta è maggiormente evidenziabile nelle radiazioni UV e il loro effetto varia
notevolmente da una specie biologica all‘altra. Negli organismi unicellulari, sprovvisti di barriere
schermanti, le strutture più sensibili sono gli acidi nucleici: modificazioni chimiche con prevalente
formazione di dimeri pirimidinici che distorcono la doppia elica del DNA; tali modifiche sono in
grado di arrestare la replicazione e di portare la cellula alla morte. Per questo motivo si fa uso di
lampade a raggi UV (germicide) per sterilizzare materiali e ambienti. Anche i virus sono rapidamente
inattivati da questo tipo di radiazioni; tuttavia mescolando fra loro vari campioni inattivati (che hanno
subito modifiche in punti diversi) si ha il fenomeno della ricombinazione virale. Le radiazioni UV
sono assorbite dal vetro ma non dal quarzo. Negli organismi pluricellulari alcune modificazionisubite
dal DNAsono compatibili con la vita e danno origine a mutazioni stabili, trasmissibili alla
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discendenza. L‘aumento delle lesioni sul DNA si associa ad un incremento dell‘espressione di p53,
permettendo agli enzimi dei sistemi riparativi di agire. I melanociti dei soggetti con pelle chiara
presentano un‘iperespressione più duratura di p53 dei soggetti con pelle scura. Nell‘uomo le cellule
mutate sono solo di natura somatica in quanto le radiazioni UVnon sono così penetranti da
raggiungere i gameti (non trasmissibili). Soggetti che si espongono per molti anni alle radiazioni UV
hanno maggior rischio di presentare tumori cutanei. I raggi UV-B hanno la maggiore attività
cancerogena in quanto penetrano fino allo stato germinativo dell‘epidermide e sono assorbiti dal
DNA, differentemente dagli UV-A; vengono in gran parte trattenuti dall‘ozono atmosferico che va
via via riducendosi (incremento neoplasie). A livello delle proteine l‘effetto degli UV porta spesso a
denaturazione. I raggi UV agiscono anche a livello dei doppi legami degli acidi grassi insaturi delle
membrane cellulari con conseguente perossidazione.
L‘effetto più immediato dell‘esposizione ai raggi UV è l‘eritema che dipende da un‘iperemia attiva.
L‘aumento della permeabilità capillare e dell‘essudato causano edema cutaneo e flittene; se
l‘irradiazione è stata particolarmente prolungata si ha necrosi che ripara per cicatrice. A distanza di
pochi giorni la cute si ispessisce per ipercheratosi (maggiore velocità d‘ossidazione dei gruppi
sulfidrilici della cisteina e di ponti inter ed intra molecolari per la presenza di radicali liberi); questo
strato va incontro ad esfoliazione e quasi contemporaneamente si produce iperpigmentazione
(aumentata sintesi di melanina,a partire da tirosina, ad opera dei melanoblasti → processo biochimico
vedi fig 4-18).le irradiazioni difatti determinano l‘attivazione delle tirosinasi nei melanociti
attraverso:1)rimozione gruppi Shche chelano il rame 2)iperemia e aumento temperatura, 3)aumento
ossidazione(per diminuito pH e aumentata attivita‘ enzimatica4)ROS che avviano reaazioni non
enzimatiche 5)aumento della permeabilita‘ dovuta a lipoperossidazione che facilita‘ l‘incontro tra
enzima e substrato.
Oltre alla cute anche la congiuntiva risente dell‘azione dei raggi UV a cui risponde con un violento
processo infiammatorio noto come congiuntivite da raggi. Dosi notevoli di raggi UV possono anche
portare a cataratta, opacamento, ulcerazioni della cornea, lesioni funzionali temporanee della retina
oltre che a processi degenerativi irreversibili (cecità). In dosi adeguate i raggi UV possono avere
anche effetti favorevoli per l‘organismo: azione stimolante sulle difese immunitarie (maggiore
motilità cellulare e fagocitosi), prevenzione e cura del rachitismo (trasforma il 7-deidro-colesterolo in
vitamina D3), permette la fotosintesi clorofilliana nei vegetali e dunque la vita.
L‘effetto fotodinamico (azione indiretta) che potenzia l‘azione delle radiazioni UV è mediato da
sostanze fluorescenti come le porfirine (animale), la clorofilla (vegetale) e altre sostanze artificiali.
Per fluorescenza s‘intende la capacità di assorbire luce di una determinata lunghezza d‘onda per
riemetterla subito dopo degradata cioè meno ricca di energia e con maggiore lunghezza d‘onda; la
sostanza fotodinamica passa dunque allo stato eccitato metastabile di singoletto. Nella sua tendenza a
tornare allo stato normale la sostanza reagisce con altre presenti nei tessuti, cedendo loro energia.
Reagendo con l‘O2 si ha la formazione di 1O2 (singoletto) da cui possono originarsi radicali liberi proossidanti. Nell‘uomo la principale malattia da effetto fotodinamico è la porfiria cutanea: per un
difetto del metabolismo (polimerizzazione anomala del porfobilinogeno a uroporfirina I,
inutilizzabile, anziché uroporfirina III da cui deriva l‘eme) si accumulano nella cute una quantità
consistente di uro e coproporfirina I (derivato). Nei soggetti affetti l‘esposizione al sole determina
lesioni cutanee gravi (flittene e necrosi che vengono riparate con cicatrici iperpigmentate deturpanti)
e a lungo andare anemia emolitica. L‘effetto fotodinamico è importante anche nella pellagra (carenza
vitamina PP)accumulo di porfirine nel sangue e nei tessuti che determina eritema,ipercheratosi e
dermatite.
Tra le malattie fotodinamiche il prof ha accennato ha:
-fagopirismo(dovuta all‘ingestione di grano saraceno):malattie di ruminanti e maiali caratterizzata da
eritemi,bolle,necrosi,superinfezioni
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-ipericismo:sindrome determinata dall‘attivita‘ fotodinamica dell‘ipericina(erba)che se ingerita da
pecore e cavalli determina lesioni cutanee e anemia emolitica
-in lesioni epatiche da sporidesmina->il fegato non elimina la filoeritrina(di origine clorofilliana)>emolisi e lesioni cutanee
Azione patogena delle alte temperature
Gli organismi superiori possiedono sistemi di termoregolazione che permettono loro di mantenere
omeotermico l‘ambiente interno. L‘applicazione di una temperatura elevata su un punto circoscritto
dell‘organismo ha effetti diversi a seconda:
- dell‘intensità della temperatura,
-dalla natura dello stimolo
– della durata
-della natura del tessuto
-della superficie interessata:da ricordare la regola del 9% di wallaca(->•capo e collo•tronco
superiore(x 2 fronte e retro)•tronco inferiore(x 2 F\R)•arti superiori =>ciascuno vale 9%;arti
inferiori=18%,perineo1%.abbiamo pero diffeterenze costituzionale e variazioni nei bambini)se
l‘ustione copre piu‘ del 27% dell‘area=ustione gravissima
gli effetti possono essere inoltre diversi a seconda che il corpo caldo posto sulla superficie corporea
sia secco (meglio tollerato in quanto è più facile effettuare una dispersione di calore mediante
meccanismi d‘evaporazione d‘acqua) o umido.
Si considerano ustioni anche le lesioni da causticazione chimica di acidi e basi forti,ustioni elettriche
e ustioni da radiazioni ionizzanti.
L‘ustione di I gradosi manifesta con eritema dipendente da iperemia attiva: dapprima si ha uno stadio
di aumentata permeabilità dei capillari dovuta alla liberazione locale di sostanze vasodilatatrici come
istamina e serotonina (nel topo), quindi l‘aumento della pressione idrostatica nei vasi comporta la
formazione di edema (acqua e proteine plasmatiche). Ne consegue uno stato di turgore della zona
colpita. Questo tipo di ustione guarisce abbastanza rapidamente senza lasciare segni al di fuori di una
lieve iperpigmentazione dovuta all‘aumentata funzione dei melanoblasti per effetto dell‘aumentata
temperatura.
Si giunge all‘ustione di II grado se la quantità di liquido è superiore alla capacità d‘imbibizione della
sostanza fondamentale del connettivo e il liquido tende a farsi strada verso i tessuti più superficiali
(fra lo strato corneo e malpighiano o fra questo e il derma), con formazione di bolle o flittene. Spesso
le flittene si aprono verso l‘esterno, lasciando scolare il liquido e rappresentando un punto d‘ingresso
dei germi: si sovrappongono processi infiammatori di origine batterica detti piodermiti. L‘ustione di
II grado non complicata da infezione guarisce meglio se la zona colpita è coperta da cute sottile o se è
esposta all‘esterno in quanto viene facilitata l‘evaporazione del liquido. Come descritto per
l‘esposizione ai raggi UV, a distanza di pochi giorni la cute si ispessisce per ipercheratosi, si va
incontro ad abbondante desquamazione e quasi contemporaneamente si produce iperpigmentazione.
In presenza di necrosi dei tessuti si ha l‘ustione di III grado che ripara solo dopo rimozione delle
parti necrotiche: se l‘evaporazione è notevole queste parti tendono a disseccarsi formando escare che
in seguito cadono lasciando ulcere granuleggianti; se l‘evaporazione è limitata e se si sovrappongono
processi batterici, la lesione può restare umida per molto tempo. Questo tipo di ustioni guarisce per
cicatrice (connettivo denso) che va incontro quasi sempre a retrazione per lo scarso contenuto di fibre
elastiche: cicatrici notevolmente deturpanti perlopiù discromiche (distruzione dei melanoblasti) che
non consentono la restitutio ad integrum.la superfice diventa insensibile per lesione delle fibre
nervose di trasmissione sensitiva.Sulle zone ustionate si impiantano più facilmente che su altre
tumori maligni.
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Qualcuno chiama ustione di IV grado la carbonizzazione del tessuto in cui si ha la completa
combustione del materiale organico: C e ceneri restano parzialmente in situ mentre H e O2 si
allontanano soprattutto come H2O (ma anche CO e CO2) e l‘N2 come NH3.
Si distingue fra lesioni direttedipendenti dall‘applicazione stessa dell‘elevata temperatura e lesioni
indirette dovute alla liberazione di sostanze tossiche dai tessuti colpiti.
Nelle lesioni dirette si nota un rigonfiamento citoplasmatico (torbido) e un aumento della velocità
delle reazioni enzimatiche fino al raggiungimento della temperatura di inibizione. La morte cellulare
tuttavia avviene per temperature anche inferiori a quelle di inattivazione; ciò è dovuto all‘alterazione
della permeabilità delle membrane citoplasmatiche esterne ed interne. I mitocondri perdono la
capacità della fosforilazione ossidativa e aumentano rapidamente l‘attività ATPasica prima latente; le
membrane lese lasciano diffondere vari coenzimi dapprima localizzati. Ca2+ e Fe2+ aumentano la
perossidazione dei lipidi insaturi delle membrane e accelerano grandemente il processo distruttivo
(ageing), mentre sostanze chelanti come EDTA prevengono queste alterazioni. Eventi dello stesso
genere si producono anche a livello dei lisosomi e del reticolo endoplasmatico.
tra i meccanismi indiretti si ha :
 la liberazione dai tessuti ustionati di notevoli quantità di amine vasoattive come istamina,
serotonina, acetilcolina e altre che determinano un rapido aumento della permeabilità
capillare determinano iperemia reattiva. L‘istamina è anche responsabile del dolore locale.
 liberazione dienzimi capaci di digerire costituenti importanti dei tessuti: le proteasi
digeriscono le tonofibrille delle cellule epiteliali cutanee allentandone le connessioni
reciproche e favorendo la formazione di bolle.
Abbiamo quindi la lesione funzionale dei vasi verso la stasi, responsabile dell‘ipossia dei
tessuti già danneggiati. La stasi è spesso aggravatadalla trombosi conseguente alla lesione
delle pareti dei vasi o al conglutinarsi di eritrociti lesionati.
Oltre agli effetti locali si hanno manifestazioni generali con compromissione di organi o apparati
posti a distanza dalla zona ustionata, che possono essere immediate o tardive. Come effetto
immediato abbiamo lo shock primario che consiste in fenomeni di insufficienza cardiaca acuta
associata probabilmente ad una risposta riflessa al dolore intenso a cui contribuiscono l‘elevata
ipertermia, le manifestazioni emolitiche,l‘inalazione di gas tossici e fenomeni asfittici per
diminuzione della pO2. Se si sopravvive allo shock primario si hanno effetti tardivi consistenti in una
serie di alterazioni a carico del sistema circolatorio, renale e della composizione del sangue; si
distinguono 3 periodi che però sono quasi sempre sovrapposti.
 Il primo periodo è lo shock dovuto alla perdita del tono arteriolare (per liberazione di istamina
e demolizione proteica) che porta a estesa vasodilatazione periferica con conseguente
aumento della pressione idrostatica e della permeabilità porta a quella che viene detta
emorragia bianca o inspissatio sanguinis, con perdita del contenuto liquido del
sangue(aumento dell‘attivita‘ cardiaca); compare abbastanza presto e dura 2-3 giorni al
massimo.
 Allo shock segue la tossiemia dovuta a lesioni nervose e renali;
- a carico del SN si ha delirio, ipereccitabilità e spesso compromissione bulbare.
- a carico del rene si può avere albuminuria, emoglobinuria fino ad arrivare a blocco renale
con sospensione secretoria (causa più frequente di morte). L‘emoglobina liberatasi nel
processo di emolisi viene filtrata attraverso il glomerulo e parzialmente riassorbita nel
tubulo;quiforma gocce ialine che fondendosi con lisosomi preformati determinano la
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digestione della proteina che raramente viene portata a compimento(->lesioni renali a livello
dell‘ansa di Henle), specie se l‘emoglobina riassorbita è stata notevole.
A seguito del blocco renale abbiamonel sangue aumento fortemente l‘azoto incoagulabile
(iperazotemia) e l‘urea;diminuzione dell‘albumina (diminuisce pressione oncotica del sangue>aggrava l‘inspessatio sanguinis). Aumenta inoltre il tasso di amminoacidi circolanti
(creatinina) ad opera delle proteasi liberatesi dai tessuti lesi.
 Il terzo periodo è quello dell‘anemia e dell‘ipoproteinemia. L‘anemia è in parte dovuta
all‘emolisi (proteasi e perossidazione lipidica delle membrane), in parte all‘effetto della
tossiemia sulla rigenerazione midollare (diminuzione reticolociti e mancata elaborazione
dell‘eritropoietina da parte del rene). L‘ipoproteinemia dipende sia dalla perdita dell‘albumina
sia dall‘aumentata permeabilità capillare.
Abbiamo inoltre da tenere in considerazione che cellule sottoposte a shock liberano PROTEINE
DA SHOCK TERMICO(HSP)che hanno lo scopo di rendere le cellule resistenti al danno indotto
o di favorire l‘apoptosi per le cellule in cui il danno e‘ troppo grave.
Oltre alle ustioni dobbiamo tenere in considerazione:
COLPO DI CALORE:conseguenza di eccessiva esposizione al caldo che porta a un esaurimento dei
poteri termoregolatori che puo‘ portare fino a morte(esaurimento da calore)
Distinguibile in1) Tropicale(piso=colpo da calore):tipico dei paesi caldo umidi dove abbiamo una
sudorazione profusache determina aumento dell‘osmolarita‘ del Lec e richiamo d‘acqua dal Lic con
conseguente disidratazione cellulare ma la sudorazione non e‘ sufficente a abbassare la temperatura>aumento della temperatura e disturbi neuromuscolari(che riducono anche la sudorazione) che
portano a morte
2)comune(piso=esaurimento da calore):abbassamento della pressione dovuto a vasodilatazione
periferica che determina tachicardia e ischemia cerebrale con perdita della coscienza.
COLPO DI SOLE:esposizione eccessiva a raggi solari,radiazioni infrarossee ultraviolette in
particolare della scatola cranica che determina sofferenza del SNC e cefalea,vertigine e scarsa
sudorazione.
Azione patogena delle basse temperature
La resistenza al freddo varia a seconda della specie biologica: differentemente dagli omeotermi, i
pecilotermi sono notevolmente più adatti a sopravvivere in condizioni di temperatura estrema. Essi
mostrano infatti un rallentamento del metabolismo sempre più spiccato ed una riduzione dei
movimenti attivi, alcuni di loro entrano in letargo (ibernazione) nella stagione fredda.
Straordinariamente resistenti al freddo sono gli insetti che non muoiono, se i loro involucri sono
integri, neanche a temperature di -35˚C. Il freddo rappresenta un meccanismo di danno soprattutto a
livello delle cellule organizzate che possono essere conservate ad una temperatura di 4˚C, mentre
subiscono danni irreversibili se congelate. Ciò non accade per le strutture subcellulari e per i virus
che possono essere conservate per lungo tempo se congelate.
Fino a -5◦C le cellule sono super refrigerate
Tra i -5 e i 10◦C si forma il ghiaccio extracellulare che richiama acqua perche‘ osmoticamente piu‘
concentrato(separazione del ghiaccio)
Fra le principali azioni del freddo si ha la formazione di cristalli di ghiaccio che comporta un
aumento di volume; se avviene bruscamente si ha rottura traumatica delle membrane. Se il
raffreddamento è rapido e intenso si ha il congelamento dei liquidi intracellulari, mentre se avviene
lentamente si ha dapprima il congelamento dei liquidi extracellulari(poiche‘ le cellule hanno tempo di
disidratarsi). Non è del tutto chiaro perché i liquidi extracellulari congelino prima di quelli
intracellulari: la diversa concentrazione di sali non giustifica pienamente il fenomeno. La temperatura
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in corrispondenza della quale tanto il solvente quanto il soluto si trovano contemporaneamente e
totalmente allo stato solido costituisce il punto eutectico. Se questo fenomeno avviene prima nei
liquidi extracellulari si produrrà, insieme con la separazione del ghiaccio, un aumento della
concentrazione salina che avrà effetti osmotici sulle cellule. L‘acqua uscendo dalle cellule andrà a
diluire i liquidi extracellulari per poi trasformarsi in ghiaccio: le cellule si disidratano
progressivamente (plasmolisi). Il ghiaccio che si crea esternamente esercita una compressione
meccanica sulla cellula causando un danno totalmente reversibile; questa tecnica viene utilizzata per
il congelamento di spermatozoi e cellule uovo.
Il congelamento dei liquidi intracellulari produce danni tanto più gravi quanto più è rapido il
congelamento, anche se non sempre letali: si mette a dura prova l‘elasticità delle membrane e dei
tessuti congelati con effetti esplosivi.
Un altro importante effetto del congelamento è l‘aumento della concentrazione dei solutinei liquidi ,
in rapporto con la progressiva separazione del ghiaccio: plasmolisi, modificazione dell‘attività di
determinati enzimi.
Si ha inoltre diminuzione del pH che comporta processi denaturativi a carico delle proteine; tale
diminuzione è dovuta alla rimozione di sali poco solubili (fosfati acidi di calcio) provvisti di potere
tampone e al fatto che le proteine con punto isoelettrico a pH acido tendono a diventare più acide in
presenza di elevate concentrazioni saline.
Il preventivo o contemporaneo allontanamento dell‘acqua dai tessuti riduce di molto gli effetti del
congelamento: la liofilizzazione (essiccamento a bassa temperatura) viene spesso utilizzata per la
conservazione delle strutture biologiche.
A livello subcellulare i mitocondri mostrano rottura delle membrane esterne e delle cristae con
perdita di funzionalità della fosforilazione ossidativa; fenomeni di disorganizzazione e rottura delle
membrane avvengono anche a carico del reticolo endoplasmatico e dei lisosomi (processi autolitici
irreversibili).
A livello dei tessuti le alterazioni prendono il nome di congelamento ed hanno evoluzione piu‘ lenta
delle ustioni: inizialmente si ha(1)ischemia locale in cui la costrizione vasale evita la dispersione di
calore e le parti esposte diventano bianche; in seguito si hanno(2)fenomeni vasoparaliticiin cui il
tessuto si arrossa, si produce edemaed iperemia passiva(dovuta all‘aumento del tono delle piccole
vene e alla presenza di emazie conglutinateche determinano stasi del circolo). L‘iperemia passiva si
manifesta esteriormente con un colorito cianotico delle parti interessate, indice della deficiente
ossigenazione dell‘emoglobina(<5gm\dl): congelamento di I grado.
Si ha congelamento di II grado qualora la quantità di liquido edematoso sia superiore alla capacità
d‘imbibizione della sostanza fondamentale del connettivo e il liquido tenda a farsi strada verso i
tessuti più superficiali (fra lo strato corneo e malpighiano o fra questo e il derma), con formazione di
bolle o flittene.
Se si giunge alla necrosi del tessuto si parla di congelamento di III grado; le zone più esposte sono
quelle distali che possono andare in cancrena se colpite estesamente. Le parti necrotiche sono
perlopiù delimitate da tessuto sano grazie all‘intensa attività di macrofagi e fibroblasti; le zone
necrotiche vanno incontro a colliquazione(liquefazione) e su di esse è facile l‘impianto di germi
(l‘infezione può portare a morte). I congelamenti delle estremità sono favoritidall‘immobilità e
dall‘applicazione di indumenti stretti (ischemia da compressione).
Fra gli effetti generali dell‘esposizione al freddo si ha l‘assideramento: soppressione dell‘attività
termoregolatoria al perdurare della condizione in cui la dispersione di calore dall‘organismo supera la
sua produzione. Con l‘abbassarsi della temperatura corporea(34-24◦C)diminuiscono l‘intensità delle
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reazioni metaboliche e quindi la produzione di calore; si ha una progressiva riduzione dell‘attività
motoria e sensoriale e si manifesta una crescente sonnolenza.Si presenta maggiormente nei bambini e
nei soggetti anziani.
La morte sopravviene nel sonno. Un altro effetto generale del freddo sull‘organismo è dato dalla
diminuzione delle difese organiche verso le malattie infettive in quanto si riduce la motilità delle
cellule mobili (fagociti, cellule ciliate) e la maggiore capacità di anticorpi cross-reattivi di legarsi ad
antigeni self (emolisine fredde e orticaria a frigore).
Azione patogena dei suoni e degli ultrasuoni(no slide)
I suoni sono vibrazioni elastiche di ampiezza e lunghezza d‘onda determinata, capaci di attraversare
gas, liquidi e solidi; hanno andamento sinusoidale. La lunghezza d‘onda dei suoni percepibili
dall‘orecchio umano varia dai 20 ai 2 m, al di sotto dei quali comincia il campo degli ultrasuoni; la
percezione dei suoni varia da specie a specie. La velocità del suono varia a seconda del mezzo
attraversato: 330 m/s in aria, 1.500 m/s nei liquidi e circa 4 volte più alta nel solidi. La lunghezza
d‘onda può essere calcolata in base alla relazione: λ = v (velocità)/ν (frequenza).Le vibrazioni sonore
che attraversano un mezzo vi producono effetti meccanici in relazione all‘ampiezza e alla lunghezza
d‘onda. I punti di un oggetto solido, attraversato da un suono,nei quali si produce il maggior effetto
pressorio sono detti nodi di pressione;i punti in cui si produce il massimo movimento sono quelli in
cui la pressione raggiunge valori minimi.
Le onde sonore percepibili dall‘orecchio umano raggiungono raramente un effetto patogeno diretto;
tuttavia se l‘ampiezza è elevata e la frequenza notevole (esplosioni) possono verificarsi gravi
sofferenze a carico della membrana timpanica. Le perforazioni guariscono in genere con formazione
di cicatrice che causa una riduzione permanente dell‘efficienza funzionale; si ha sordità permanente
per lesione dell‘orecchio interno: traumi acustici acuti.
Si parla di traumi cronici per esposizione prolungata al rumore: miscela disarmonica di suoni con
caratteristiche diverse. Le reazioni patologiche al rumore prolungato riguardano la sfera acustica
(sordità e vertigini) e quella psichica (nevrosi). La sordità e in genere preceduta da un periodo in cui
diminuisce temporaneamente la soglia di percezione acustica; in questo stadio un periodo di riposo
acustico permette il ritorno alle condizioni normali. Se l‘esposizione perdura e non vi sono sufficienti
pause si ha un danno irreversibile con abbassamento permanente della soglia di percezione acustica
che inizia prima per le tonalità più basse, per arrivare poi alla sordità completa.
In patologia gli effetti maggiori sono quelli prodotti dagli ultrasuoni (hanno frequenza più elevata dei
suoni). Le frequenze più dannose sono quelle superiori a 100.000 Hz: hanno effetti biologici in grado
di favorire l‘evoluzione di certe situazioni patologiche; vengono talvolta usati in terapia. Gli effetti
degli ultrasuoni possono distinguersi in: meccanici, termici, elettrici e chimici.
Gli effetti meccanicidipendono dall‘ampiezza e dalla frequenza dell‘onda ultrasonora: al valore
massimo di ogni vibrazione corrisponde una pressione massima sui tessuti, al valore minimo
corrisponde una decompressione dello stesso valore. Se la frequenza è elevata questi cicli di
compressione-decompressione si traducono in sollecitazioni meccaniche di notevole intensità per le
pareti cellulari. Minore è l‘elasticità dei tessuti investiti, maggiore sarà l‘effetto. Se l‘intensità degli
ultrasuoni impiegati non è tale da rompere irreversibilmente le membrane, l‘effetto meccanico può
provocare un aumento delle attività metaboliche: si facilita il passaggio dei substrati attraverso la
membrana. La cavitazione intracellulare (liberazione di bollicinedai liquidi che contengono gas
disciolto) aumenta notevolmente l‘effetto meccanico sulle pareti cellulari in quanto il gas tende ad
occupare volume notevole.
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L‘effetto termico è dovuto alla parziale degradazione della vibrazione in calore: vasodilatazione e
aumento del flusso sanguigno nella regione colpita; se la produzione di calore è eccessiva si può
arrivare a fenomeni di denaturazione proteica irreversibile.
Gli effetti elettrici sono connessi con il fenomeno della cavitazione: si ha la formazione di cariche
elettriche in corrispondenza della superficie di separazione fra liquidi in movimento e gas. L‘acqua
colpita da ultrasuoni mostra il fenomeno della luminescenza:le cariche prodotte si scaricano nelle
bolle di cavitazione che si comportano come un gas rarefatto, data la notevole espansione che subisce
il gas di espansione. Le scariche elettriche si producono soprattutto nel caso in cui la bolla di
cavitazione abbia forma lenticolare: le due superfici liquide provviste di carica diversa si
contrappongono a breve distanza. Gli effetti chimici delle scariche consistono soprattutto in
un‘intensa ionizzazione dell‘acqua e nella formazione di radicali liberi (come nelle radiazioni
ionizzanti).
Le proprietà degli ultrasuoni sono sfruttate in terapia, specialmente in certe forme di lesioni articolari
e in particolare nelle artiri: il vantaggio ottenuto è in gran parte dipendente dall‘iperemia. Gli
ultrasuoni, producendo come eco i suoni, vengono utilizzati nelle ecografie per una visualizzazione
della forma e dei rapporti dei tessuti profondi.
L’elettricità come causa di malattia
Le correnti di bassa intensità non rappresentano causa di malattia, ma sono capaci di svolgere
determinati effetti biologici: stimolazione di muscoli, nervi e alcune ghiandole. I fenomeni morbosi si
verificano quando l‘organismo è attraversato dalla corrente e fa da conduttore interposto tra altri
conduttori di diversa natura(corpo chiude un circuito o si trova tra conduttore e terra;possiamo avere
anche corpo separato dal conduttore ma una scintilla permette la conduzione). Gli effetti patologici
dipendono soprattutto dalla tensione applicata e dall‘intensità della corrente;queste dipendono a loro
volta dalla resistenza fornita dall‘organismo, secondo la relazione espressa dalla legge di Ohm: ΔV=
R ∙ I. La resistenza posta dall‘organismo non è né omogenea né costante: le singole parti hanno
resistenza elettrica differentee sono separate da membrane che funzionano da dielettrici (scarsa
conducibilità). La ricchezza in vasi tende a ridurre la resistenza in quanto il sangue ha elevata
conducibilità. La cute ha la resistenza elettrica maggiore rispetto agli altri organi e viene attraversata
due volte dalla corrente: in ingresso e in uscita.
La membrana cellulare presenta sia azione di condensatore che di resistenza(permette il passaggio
attraverso i canali di ioni).La cellula a riposo ha un potenziale negativo all‘interno rispetto
all‘esterno(potenziale di riposo)che si dissipa attraverso un‘aumento della permeabilita‘della
membrana(dovuto ad uno stimolo elettrico)che permette dapprima il raggiungimento della reobase
(potenziale soglia)e poi l‘inversione.
Una corrente che attraversa un corpo non percorre contemporaneamente e con tutta la sua intensità
tutte le strutture, ma raggiunge determinati valori massimi e minimi a seconda del percorso, delle
resistenze incontrate(il corpo puo‘ essere paraganato ad un circuito a 4R) e dei punti d‘applicazione
degli estremi del circuito. Questi fattori contribuiscono a rendere variabile l‘effetto che una corrente
d‘intensità costante esercita su un organismo. Altri fattori in grado di modificare le resistenze dei vari
organi influiscono sulla variabilità degli effetti. La resistenza della cute dipende da:
spessore(aumenta nei calli), grado di umidità, presenza di iperemia e quindi di perspiratio
insensibilis, presenza di lesioni. La resistenza degli altri organivaria in rapporto con il contenuto di
sangue e con lo stato di maggiore o minore integrità delle membrane: muscoli e vasi sono buoni
conduttori. Il cuore offe una resistenza relativamente bassa alla corrente e viene quindi facilmente
attraversato; l‘arresto cardiaco è una delle cause più frequenti di morte per accidente elettrico o per
folgorazione. L‘attraversamento del cuore è più facile se la corrente viene applicata da una mano
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all‘altra, dalla mano sinistra ai piedi o dalla testa ai piedi. Ai fattori di variabilità della resistenza si
aggiunge anche la formazione di controcorrenti di polarizzazione di natura dielettrica ed elettrolitica
in corrispondenza delle membrane cellulari. Il passaggio della corrente determina la migrazione degli
ioni presenti nel citoplasma verso i poli di segno opposto; la migrazione è interrotta dalla presenza
delle membrane che, quando sono integre, sono impermeabili agli ioni: si genera una f.e.m. che ha
direzione opposta rispetto a quella della corrente. Dopo un certo tempo di applicazione della corrente
si registra una diminuzione della resistenza dovuto all‘aumento della permeabilità delle membrane
agli ioni, con relativa diminuzione della controcorrente di polarizzazione elettrolitica.
Nella corrente continua il flusso di elettroni è orientato sempre nella stessa direzione: le zone poste
in prossimità del polo positivo tendono ad arricchirsi di ioni negativi (Cl- e SO42-), quelle in
prossimità del polo negativo di ioni positivi (K+ e Na+). Se la corrente è applicata mediante elettrodi a
placca metallica si notano in corrispondenza del polo positivolesioni da acidoche portano a
necrosicoagulativa, la quale assume per evaporazione l‘aspetto di un‘escara secca. Reagendo con
l‘acqua, infatti, gli anioni generano acidi forti:
 4 Cl- + 2H2O ↔ 4HCl + O2
 SO42- + H2O ↔ H2SO4 + O2
In corrispondenza del polo negativo, invece, la reazione dell‘acqua con i cationi genera alcali forti
che idrolizzano i tessuti agendo sulla cheratina: necrosi colliquativa dall‘aspetto molle.
 2 Na+ + 2H2O ↔ 2 NaOH + H2
 2 K+ + 2H2O ↔ 2KOH + H2
A livello delle cellule le lesioni dipendono soprattutto dalla migrazione degli ioni e dalla
polarizzazione delle membrane; i flussi di liquido possono avere effetti meccanici non indifferenti
sulle strutture endocellulari. Le differenze di cariche all‘interno della cellula possono inoltre portare a
squilibri biochimici, mentre l‘allontanamento di certi ionidalle molecole proteiche può portare a
modificazioni della loro solubilità (aumento della viscosità). Oltre a questi fenomeni di natura
elettrochimica, nelle cellule attraversate da corrente continua si verificano anche fenomeni
fisiologici, soprattutto a livello di cuore, muscoli e nervi (stimolazione). A livello del cuore
normalmente funzionante, la corrente continua provoca extrasistoli e aumento della frequenza,
sel‘intensità della corrente è elevata si può giungere alla fibrillazione atriale o ventricolare. Se invece
la corrente è applicata a un cuore fibrillante, questo può venir ricondotto al ritmo normale (shock
elettrico a scopo terapeutico). L‘applicazione prolungata di corrente continua genera inoltre atrofia
muscolare. Se sul breve periodo l‘azione della corrente continua è maggiormente tollerata
dall‘organismo rispetto ad una corrente alternata di stessa intensità, a lungo andare la corrente
continua risulta maggiormente deleteria(in confronto all‘alternata) in quanto non si da alle cellule il
tempo di sopperire alle perdite attraverso processi rigenerativi.
La corrente alternata è caratterizzata da una regolare inversione di polarità che avviene con
frequenza varia a seconda della natura della corrente. A ogni alternanza si ha un cambiamento di
direzione del flusso degli ioni nelle cellule; a livello delle membrane si hanno continui fenomeni di
polarizzazione e depolarizzazione. Le basse frequenze sono in genere più pericolose per l‘organismo
di quelle molto elevate: per frequenze molto elevate il voltaggio minimo letale è elevatissimo. Il
motivo è che per le alte frequenze vengono a mancare gli effetti fisiologici e quelli elettrochimici che
sono in rapporto con i fenomeni di polarizzazione e depolarizzazione: il cambiamento continuo della
polarità rende nulli i movimenti degli ioni; inoltre si parla dell‘effetto pelle(la corrente tende a fluire
solo nella superficie). Con le basse frequenze il cambiamento continuo di direzione dei flussi ionici e
l‘alternarsi dei fenomeni di polarizzazione aumenta il danno meccanico ed elettrochimico delle
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cellule. A livello muscolare si ha contrazione tetanica (non si riesce a mollare la presa e si può avere
blocco respiratorio), a livello cardiaco si produce fibrillazione ventricolare. Le correnti alternate ad
alta frequenza hanno un notevole effettotermico, secondo la legge di Joule: Q = c R I2 t, dove c è
l‘equivalente elettrocalorico (pari a 0,24). Se l‘intensità di corrente è molto elevata possono
determinarsi nei tessuti lesioni da calore(fluidificazione della membrana plasmatica,denaturazione
delle proteine). In realtà la quota di calore che la corrente cede al tessuto è maggiore di quella
prevista dalla legge di Joule per via dell‘isteresi elettrica (presenza di membrane dielettriche).
Più che la differenza di potenziale agli estremi, è la potenza che determina l‘effetto lesivo (W= VI =
V2/R): con resistenze molto basse l‘effetto principale è costituito dalle ustioni, aumentando la
resistenza diminuisce la gravità delle ustioni, mentre aumenta la probabilità di morte. Ciò è dovuto al
fatto che per resistenze deboli la corrente tende a farsi strada sulla superficie cutanea, senza
attraversare gli organi interni; con resistenze elevate essa attraversa la pelle e si fa strada attraverso i
liquidi corporei.
-Le correnti da 50Hz con intensita compresa tra 10-15mA viene detta corrente di rilascio perche‘
siamo in grado di di staccarci dalla sorgente elettrica.
-Le correnti di intensità fino a 25 mA provocano soprattutto effetti fisiologici come contrazioni
muscolari perlopiù di tipo spastico o tetanico(flusso di corrente determina un‘aumento dell‘entrata di
Ca++); la possibilità di recupero del soggetto dipende dalla durata dell‘applicazione: se il tempo è
sufficientemente lungo si ha morte per asfissia.
-Con intensità comprese fra 25 e 75 mAsi hanno gravi disfunzioni cardiache con possibilità di
arresto; se la durata supera i 30‘‘ la ripresa può avvenire ma in condizioni di fibrillazione
ventricolare.
- Se la corrente è compresa fra 75 mA e 3-4 A si ha sempre fibrillazione ventricolare se il cuore è
sorpreso nel periodo vulnerabile (fine della sistole).
- Correnti con intensità superiore a 3-4 A determinano contrazione muscolare diffusa che genera un
ostacolo al deflusso del sangue provocando un forte aumento della pressione arteriosa, i cui effetti si
ripercuotono sulla funzione cardiaca già seriamente compromessa. Uno dei pericoli più seri delle
elevate intensità è che si abbia carbonizzazione dei tessuti superficiali, con forte aumento della
resistenza.
La folgorazione (fulmine) è una violenta scarica elettrica che si genera tra la terra e una nube
temporalesca, oppure tra due nubi che funzionano come armature di un condensatore di grane
capacità. Si ha scarica quando la capacità elettrica condensata nelle armature è talmente elevata da
superare il potere dielettrico dell‘aria interposta; la scarica è direttamente proporzionale alla capacità
del condensatore e inversamente proporzionale alla distanza. Può essere lineare o globulare, in
entrambi i casi dalla scarica principale si distaccano, in genere, scariche secondarie laterali. Possono
prodursi effetti lesivi anche se il soggetto non è stato investito né dalla scarica principale né da quelle
secondarie, a causa della brusca variazione di potenziale che avviene al suolo e nei conduttori (il
corpo umano) con esso a contatto. Inoltre il fulmine, data l‘elevatissima intensità di corrente, può
provocare spostamenti d‘aria e combustioni che possono essere causa di lesioni indirette. Si hanno
dunque effetti elettrochimici, termici e fisiologici molto intensi che possono combinarsi in vario
modo a seconda delle circostanze e del caso: i danni sono estremamente variabili. Le lesioni possono
assomigliare talmente a quelle prodotte da armi da taglio o persino da armi da fuoco; possono essere
presenti strie dendritiche o elettriche di Lichtemberg dovute a vasoparalisi circoscritta. Più frequente
è il marchio elettrico: rilevatezza rotondeggiante di colorito grigio-giallastro, spesso ulcerata nella
parte centrale. Le masse muscolari appaiono di colorito grigiastro (carne lessa) e sono edematose
(edema elettrico di Jellinek); possono osservarsi eritemi diffusi, necrosi e carbonizzazione della cute.
Nel tessuto osseo si hanno piccole formazioni rotondeggianti derivate dalla fusione del fosfato
tricalcico per effetto Joule (perle ossee).
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Effetti biologici del magnetismo(no slide)
Per campo magnetico s‘intende la regione posta intorno ad un magnete capace di indurre il
magnetismo in altri corpi; l‘intensità del campo si esprime in oersted o in gauss. Se un dipolo
magnetico viene immesso in un campo generato da un altro magnete, esso tende a disporsi
parallelamente alla direzione del campo grazie al momento magnetico: movimento rotatorio che è
dato dalla lunghezza dell‘oggetto per la sua forza polare.L‘intensità di magnetizzazioneè la quantità
di forza magnetica indotta su un‘area unitaria ed è espressa dalla relazione I= KH, dove H è
l‘intensità del campo e K la costante di suscettibilità magnetica (capacità di un determinato materiale
di magnetizzarsi se introdotto in un campo). Quando la suscettibilità magnetica è diversa nelle varie
parti di uno stesso oggetto si parla di anisotropia magnetica. L‘anisotropia è massima quando le
molecole tendono a disporsi secondo una determinata geometria (strutture biologiche), minima
quando si dispongono a caso. La suscettibilità magnetica molare risulta dalla somma delle
suscettibilità magnetiche degli atomi che la compongono, corretta per un certo valore che dipende
dalla natura del legame chimico fra gli atomi (principio di Pascal). In una miscela di componenti la
suscettibilità magnetica risulta dalla somma della suscettibilità delle singole componenti (legge di
Wiedmann). Le sostanze si dividono in: diamagnetiche(se non si magnetizzano), ferromagnetiche (se
si magnetizzano in modo elevato) e paramagnetiche (se hanno un comportamento intermedio).
Sostanze immesse in un campo magnetico inomogeneo sono esposte ad una forza accelerante che
dipende dalla differenza fra la loro suscettibilità e quella del mezzo che le circonda.
Conduttori in movimentoall‘interno di un campo magnetico determinano la formazione di una f.e.m.
che nei campi omogenei porta ad una ridistribuzione delle cariche elettriche con formazione di
correnti di polarizzazione; nei campi inomogenei porta alla formazione di correnti di conduzione fra
le varie parti dell‘oggetto. Queste correnti possono generare calore e dissociazione elettrolitica
(effetti chimici). Se vengono immesse nel campo magnetico particelle elettricamente cariche si
avranno effetti diversi a seconda della loro natura: nel caso di ioni si ha un cambiamento del loro
movimento con relativa distribuzione inomogenea e formazione di aggregati chimici diversi da quelli
che si sarebbero formati normalmente; nel caso dielettroni si ha la formazione di un campo elettrico
trasverso rispetto alla direzione del fascio, qualora il campo magnetico venga applicato
perpendicolarmente ad esso (effetto Hall). Gli elettroni più lenti sono i primi ad essere deviati: le
zone del campo ricche di elettroni lenti avranno una temperatura più bassa (effetto Ettlinghausen). La
torsione esercitata su dipoli magnetici determina la distorsione e la deformazione delle molecole, con
alterazione della probabilità di formazione dei legami chimici; quest‘effetto è il principale
responsabile della diminuzione della velocità delle reazioni chimiche operata dai campi magnetici.
Gli organismi viventi sono costituiti da un insieme di sostanze chimiche diverse, la maggior parte
delle quali sono diamagnetiche, a cui fanno seguito quelle paramagnetiche; molto piccole sono le
concentrazioni di sostanze ferromagnetiche. Oltre ad avere suscettibilità magnetica risultante dalla
somma delle varie componenti, gli organismi hanno anche differenti permeabilità magnetiche per cui
il campo realmente presente è altamente inomogeneo. Gli effetti biologici dei campi magnetici
dipendono sostanzialmente dall‘intensità del campo; anche se al di sopra di certi valori gli effetti non
sono proporzionali all‘intensità. Tali effetti sono soprattutto di 3 tipi: sensoriali in quanto
interferiscono con gli organi di senso; da stress poiché modificano l‘equilibrio ormonale e
l‘omeostasi dell‘organismo; mutageni dovuti alla migrazione dei protoni attraverso i ponti di
idrogeno del DNA con relativa tautomerizzazzione di una delle basi e sostituzione della base
complementare con una provvista di maggiore affinità.
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Sono considerati campi magnetici deboli quelli dell‘ordine di grandezza del campo della terra (pochi
decimi di oersted). Il campo geomagneticoha forma e direzioni variabili secondo determinati periodi
e in rapporto con cicli astrali: maggiore è l‘influenza del sole che varia in rapporto con il numero di
macchie solari (numero di Wolf). L‘effetto di piccole variazioni del campo geomagnetico si può
riflettere sull‘attività di reazioni biologiche, in particolare su quelle enzimatiche, sui ritmi biologici,
sulla capacità di orientamento e sul consumo di ossigeno di alcune specie (effetti sensoriali).
Variazioni del campo geomagnetico si ritengono inoltre alla base del riflesso del rabdomante in
individui particolarmente sensibili.
I campi magnetici di elevata intensità producono effetti biologici diversi in genere attribuibili allo
stress oppure all‘azione sul codice genetico. Fra questi si hanno: ritardo dell‘accrescimento, nella
guarigione delle ferite, nell‘accrescimento batterico e di colture in vitro, effetti sul numero di globuli
bianchi circolanti, sull‘attecchimento di tumori trapiantati, sul SNC, sull‘invecchiamento, steatosi
epatica ed effetto mutageno.
Lesioni da cause meccaniche
I traumi possono portare a soluzione di continuo dei tessuti di rivestimento, con eventuale lesione di
quelli sottostanti (ferite), oppure possono determinare lesioni prevalenti negli organi interni; possono
inoltre determinare una lesione di carattere generale del sistema cardiocircolatorio (shock
traumatico). A seconda del mezzo che le ha prodotte si distinguono lesioni da corpo contundente,
arma bianca e arma da fuoco.(in alternativa vengono classificate in rapporto alla profondita‘).
Le lesioni da violenza contusiva possono assumere varie entità: ecchimosi, escoriazione, ferite lacere
e lacero-contuse,ferite da arma da fuoco. La gravita‘ delle ferite dipende
dallaprofondita‘,dall‘estenzione e dai corpi esterni in esse presenti.Nell‘ecchimosi (contusione senza
soluzione di continuità della cute) il sangue filtra il connettivo sottocutaneo, conferendo un colore
bluastro che passa poi al verde-giallastro a causa della progressiva degradazione dell‘emoglobina ad
opera dei macrofagi (acido bilirubinico o bilirubina indiretta); la successione cronologica della
modificazione cromatica avviene con regolarità in limiti di tempo determinati. Le ecchimosi
traumatiche possono insorgere per compressione, trazione, suzione e sforzo. L‘estensione e l‘entità
dell‘ecchimosi dipende anche dalla natura e dalle dimensioni del vaso leso. Le escoriazioni,
differentemente dalle ecchimosi (ecchimosi palpebrali nelle fratture della base cranica) sono sempre
indice di un‘azione in loco; si presentano (in seguito al disseccamento) come aree pergamenacee,
secche, giallognole e leggermente depresse. Le ferite lacere e lacero-contuse si producono con
meccanismo di compressione, trazione e scoppio. I principali caratteri delle ferite lacere sono:
irregolarità dei margini (segue le linee di minor resistenza), scollamento dai piani profondi e
retrazione, punti o lacerti fibrosi tesi fra un labbro e l‘altro; nel caso di ferite lacero-contuse vi è in
più il pestamento dei bordi.
Fra le ferite da arma bianca si distinguono quelle: da taglio in cui l‘arma agisce in virtù del suo
potere di recisione (la lunghezza della ferita predomina sulle altre dimensioni); da punta in cui l‘arma
agisce in virtù del suo potere di penetrante (predomina la profondità); da punta e taglio in cui l‘arma
agisce sia con meccanismo di penetrazione che di recisione (in cui i margini della ferita sono lisci,
regolari e non contusi); da fendente in cui il mezzo recide, ma pre forza viva e per la sua massa si
approfonda, formando ferite con margini rettilinei ma non lisci, contusi.
Le lesioni d’arma da fuoco hanno effetti diversi a seconda che il proiettile sia unico o multiplo; le
caratteristiche delle lesioni differiscono inoltre a seconda delle proprietà statiche (peso, calibro,
forma) e dinamiche (forza viva, rotazione) del proiettile, nonché dalla distanza dalla quale è avvenuto
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lo sparo: se il colpo è sparato da vicino, intorno all‘orifizio di ingresso si hanno anche segni come
tatuaggio, affumicatura, contusione da parte dei gas, azione della fiamma. Nel caso di proiettile
multiplo sparato da vicinol‘orifizio d‘entrata è unico, ma i margini sono ciancischiati e festonati (―i
pallini fanno palla‖); sparato da lontano si hanno orifizi corrispondenti alla penetrazione dei singoli
pallini. In seguito alla lesione di un vaso si produce emorragia preceduta da una fugacissima
vasocostrizione; se l‘emorragia non è cospicua viene arrestata spontaneamente dalla contrazione delle
pareti del vaso e dalla coagulazione del sangue.
Il processo riparativo delle ferite avviene con un meccanismo quasi sempre costante; varia alquanto
a seconda dei tessuti e delle condizioni generali dell‘organismo, ma soprattutto a seconda
dell‘infezione o meno della ferita. Nel caso in cui la ferita guarisca direttamente senza infezione si
parla di guarigione per prima intenzione; altrimenti si ha la guarigione per seconda intenzione. La
riparazione della ferita avviene in vari stadi:
1. Formazione del coagulo
2. Invasione dell‘area da parte di fagociti
3. Proliferazione dei tessuti connettivali
4. Riepitelizzazione
5. Rimodellamento dell‘area con formazione di cicatrice
(1) Il sangue uscito dai vasi comincia a coagulare, mentre la muscolatura vasale si contrae; la
contrazione è favorita dalla liberazione da parte delle cellule endoteliali di fattori vasocostrittori che
prendono il nome di endoteline (ET) in grado di legarsi a specifici recettori cellulari (ETR). In
seguito alla formazione del legame si ha la trasduzione del legame ad opera della PLP-C; la risposta
alla quale varia a seconda delle cellule interessate: contrazione dei miociti, proliferazione dei periciti,
mobilizzazione del Ca2+ intracellulare nei macrofagi (attivazione). A coagulazione avvenuta il fondo
della ferita è occupato da una fitta rete di fibrina che include nelle sue maglie globuli rossi e altri
elementi corpuscolati del sangue. L‘orientamento delle fibre di fibrina è determinato dalle linee di
tensione esercitate dai tessuti sani circostanti e costituisce una guida per la successiva proliferazione
dei fibroblasti che appoggiandovisi assumono la caratteristica forma fusata; in mancanza di coagulo i
fibroblasti assumerebbero invece una forma rotondeggiante e prolifererebbero irregolarmente. La
retrazione del coagulo tende ad avvicinare i margini della ferita, al cui avvicinamento contribuiscono
anche altri fattori tessutali (contrazione della ferita) che hanno maggior valore in alcune specie
animali. Nel corso del processo di guarigione delle ferite i fibroblasti assumono molte caratteristiche
ultrastrutturali e funzionali delle cellule muscolari lisce: miofibroblasti. Oltre alla contrazione della
ferita si ha rigonfiamento delle fibre collagene preesistenti; se la ferita è situata in un luogo ove sia
possibile una buona evaporazione il coagulo viene essiccato e trasformato in una crosta dura,
brunastra, se ciò non è possibile il fondo della ferita resta occupato da una massa semisolida di colore
brunastro.
(2) L‘area viene invasa dai fagociti, specialmente macrofagi in grado di inglobare globuli rossi,
detriti di tessuto e fibrina, detergendo il fondo della ferita. Demoliscono inoltre l‘emoglobina
trasformandola in emosiderina e in altri pigmenti che possono diffondere nei tessuti circostanti
conferendo un colorito giallastro. I macrofagi danno spesso origine per fusione sinciziale a
grossecellule giganti polinucleate. L‘azione dei macrofagi si espleta inoltre nella produzione e
liberazione di citochine: IL-1, IL-6, IL-10, TNF-α, TGF-α e β, e PDGF. TGF e PDGF sono i più
attivi nel processo di guarigione delle ferite in quanto stimolano sia la proliferazione dei fibroblasti
sia la produzione di collageno e glicoproteine da parte delle stesse cellule. Al processo riparativo
partecipano anche altri fattori di crescita di varia origine che vanno sotto il nome di ECGF.
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(3) La proliferazione dei tessuti connettivali è caratterizzata dall‘intervento di questi fattori; la
fissazione delle cellule proliferanti al tessuto neoformato richiede la presenza di molecole d‘adesione
come: integrine, fibronectina, tenascina, citotattina, osteopontina, vitronectina, ecc. In particolare
tenascina e citotattina sono al tempo stesso fattori di crescita, molecole d‘adesione e fattori di
polimerizzazione: hanno quindi un ruolo chiave nella costruzione della nuova matrice extracellulare.
Pressoché contemporaneamente avviene il processo di angiogenesi, sotto lo stimolo di bFGF e
soprattutto di VPF/VEGF che aumenta la permeabilità dei vasi e stimola la crescita delle cellule
endoteliali. L‘aumento di permeabilità provoca il passaggio nell‘area extravascolare di
protidiplasmatici fra cui importanti fattori che entrano in gioco nella digestione della fibrina:
attivatore del plasminogeno di tipo urochinasico (uPA), di tipo tessutale, recettore dell‘uPA, inibitore
dell‘attivazione del plasminogeno, fattore tessutale e osteopontina. Ad opera di questi fattori si ha:
attivazione del sistema estrinseco della coagulazione e trasformazione della protrombina in trombina;
regolazione della proteolisi e della degradazione della matrice extracellulare; creazione di interazioni
adesive fra le cellule endoteliali e protidi della matrice. Il plasminogeno è un precursore sia della
plasmina sia dell‘angiostatina (meccanismo di stimoli e inibizioni); la trombina che si forma
all‘inizio del processo estrinseco della coagulazione, interviene nella degradazione dell‘osteopontina,
incrementandone la funzione (promuove adesione e migrazione delle cellule). La rigenerazione dei
capillari comincia con la proliferazione delle cellule endoteliali che formano una protuberanza solida
(bottone) che sia allunga in un cordone proteso verso il centro del tessuto di riparazione. I cordoni,
prima solidi, si scavano all‘interno formando un canale che resta in comunicazione con il vasellino
d‘origine: si forma una fitta rete che viene continuamente rimodellata. A questo stadio il fondo della
ferita mostra una superficie rosa fortemente granulosa, dove i granuli sono rappresentati dai gomitoli
capillari:stadio granulleggiante. Con un certo ritardo e con minore regolarità, rigenerano anche i
capillari linfatici. Nel frattempo i fibroblasti iniziano ad elaborare proteine che vengono trasformate
in fibre collagene una volta espulse all‘esterno attraverso lunghi processi citoplasmatici. Le fibrille
iniziano a comparire nella sostanza fondamentale verso il 4° giorno dall‘inizio del processo
riparativo, mentre le fibre collagene vere e proprie appaiono verso il 5°-6° giorno.
(4) La fase di ricostituzione del rivestimento epiteliale è imbricata con le precedenti, ma in realtà
inizia immediatamente dopo che la ferita è stata praticata. Dapprima si ha retrazione dell‘epitelio dai
margini della soluzione di continuo e slittamento verso il centro della ferita da parte delle cellule
dello strato malpighiano, dopo essersi staccate dalla membrana basale; la migrazione richiede ATP.
Nell‘uomo si ha raramente la ricostituzione di uno strato epideremico normale: l‘epidermide
neoforamta resta spesso sottile e lascia trasparire il colore dei tessuti sottostanti (dapprima il rosso
della ferita e quindi il bianco del tessuto cicatriziale, povero di vasi).
(5) Si ha un progressivo aumento della frazione insolubile del collagene a spese di quella acidasolubile, e progressiva sostituzione dell‘acido ialuronico con i condoitinsolforici; i fibroblasti si
modificano in fibrociti (biologicamente poco attivi). Il tessuto diviene sempre più ischemico a causa
del soffocamento di cellule e capillari da parte della proliferazione di sostanza fondamentale
collageno; l‘elasticità del tessuto neoformato è scarsa. Quando la formazione del connettivo prosegue
oltre i limiti del normale si ha la formazione di cheloidi cicatriziali.
In conseguenza di traumi possono verificarsi lesioni degli organi interni, senza lesione della
superficie corporea. Se il trauma determina uno spostamento o una succussione violenta degli organi
si parla di commozione: le più frequenti sono quella cerebrale e viscerale. Nella commozione
cerebrale si hanno in genere perdita di coscienza e stato soporoso, oltre a manifestazione di danno di
origine centrale a carico di vari organi e alterazioni della sfera vegetativa. Alla commozione cerebrale
si associano spesso emorragie sottodurali in grado di determinare compressione dei distretti cerebrali
sottostanti, producendone la necrosi. Nella commozione viscerale si ha abbassamento della pressione
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arteriosa conseguente alla vasodilatazione del distretto splancnico; ciò determina un aumento della
frequenza cardiaca fino al collasso cardiocircolatorio. Può inoltre presentarsi vomito a cui fa seguito
atonia gastrointestinale di tipo paralitico. Se l‘integrità anatomica degli organi interni viene lesa, si
parla di rottura che determina gravi emorragie: spappolamento dell‘organo o, se più limitata,
frattura. Per quel che riguarda gli organi contenenti gas (stomaco e intestino), lo spostamento del gas
può essere così forte da determinare lo scoppiamento dell‘organo. Altre volte il trauma può avere
come effetto una torsione delle anse intestinali o del funicolo spermatico con conseguente stasi e
processi regressivi del parenchima. A carico del polmone la lesione traumatica che si osserva con
maggiore frequenza è lo pneumotorace: riempimento del cavo pleurico con aria; la compressione si
esercita non solo sul polmone, che non può più espandersi, ma anche sugli organi mediastinici. Per
evento traumatico l‘aria può entrare anche nel cavo peritoneale (pneumoperitoneo) e nel sacco
pericardico (pneumopericardio).
I traumi dell’apparato osteoarticolare possono determinare schiacciamento degli strati superficiali
senza alterazione anatomica: contusione ossea; se l‘integrità dell‘osso viene alterata si parla di
frattura. La frattura può essere completa e dare luogo a frammenti (frattura comminuta se il numero
dei frammenti è cospicuo) o può essere incompleta(infrazione). Un particolare caso di frattura
incompleta è detta a legno verde e si verifica nel caso di forze applicate progressivamente, con
conseguente graduazione degli effetti. L‘aspetto delle fratture varia notevolmente a seconda del modo
con cui sono state applicate le forze (perlopiù trasversali o oblique); l‘accollamento o meno dei due
monconi ossei dipende essenzialmente dall‘intensità del trauma. Si ha frattura da torsione se i
monconi appaiono parzialmente ruotati l‘uno rispetto all‘altro; schiacciamento o stiramento se la
forza applicata ha agito in direzione parallela a quella dell‘asse maggiore dell‘osso. Le linee di
frattura possono interessare le cavità articolari (fratture comunicanti) oppure no.
Le fratture possono essere composte o scomposte. In caso di osteoporosi o di disordini endocrini si
possono verificare fratture patologiche o spontanee. Le fratture riparano attraverso processi
rigenerativi simili a quelli della guarigione delle ferite, il cui risultato dipende soprattutto dal grado di
avvicinamento dei frammenti ossei. Il tessuto connettivale che viene a formarsi fra i due monconi è
detto callo osseo. Dopo la produzione del tessuto di granulazione si ha l‘inizio dei processi di
ossificazione attraverso la deposizione di sali di calcio. In questa fase oltre alla proliferazione degli
osteoblasti si ha anche la proliferazione degli osteoclasti, responsabili del rimodellamento dell‘osso
neoformato (ispessimento permanente nel caso in cui il rimodellamento non sia sufficiente. Se i
frammenti ossei sono distanti e i due calli non possono raggiungersi, si ha la formazione di una
pseudoartrosi, con formazione di sierose nei punti di maggiore attrito. Se un fenomeno osseo, in
conseguenza del trauma, ferisce la cute dall‘interno si ha una frattura esposta(il contrario=chiusa).
Lo schiacciamento dei tessuti sinoviali è quasi sempre accompagnato da versamento intrarticolare di
liquido che può anche essere emorragico: artosinovite traumatica. In casi estremi si può giungere ad
anchilosi permanente per saldatura delle estremità articolari. Quando il trauma allontana i capi
articolari si parla di lussazione o slogatura.
Le cinetosi o cinetopatiesono una serie di alterazioni neurodegenerative che si manifestano in
soggetti sottoposti successivamente e per un periodo adeguato di tempo ad accelerazioni secondo
direzioni diverse, a cui i soggetti non sono abituati. Tra le cinetopatie si considerano il mal di mare
(neupatia), il mal d‘aereo, il mal d‘auto, il mal di treno e il mal di terra (colpisce i marinai). Il
mantenimento dell‘equilibrio e la nozione della propria posizione nello spazio risultano normalmente
dal coordinamento di una serie di fattori: il funzionamento dell‘apparato vestibolare; gli stimoli
posturali trasmessi dai meccanocettori situati nei muscoli, nelle articolazioni, nei tendini e nei
legamenti; la localizzazione visiva. Questi vari organi di senso trasmettono le informazioni a centri
coordinatori sottocorticali e alla corteccia cerebrale. L‘incoordinamento genera riflessi sbagliati dai
quali dipende la perdita dell‘equilibrio. L‘interpretazione patogenetica delle cinetosi è ancora
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controversa e vi sono due principali ipotesi: la causa prima sta in un traumatismo dell‘orecchio
interno; il danno non dipende dalesioni anatomiche, ma da un difetto di coordinazione dei centri
dell‘equilibrio, sollecitati da informazioni qualitativamente differenti. I riflessi generati da
sollecitazioni opposte possono produrre sofferenze specialmente a livello del sistema
neurodegenerativo, dal quale dipendono alcune delle manifestazioni cinetopatiche più appariscenti
come la nausea e il vomito.
2.5G
4-5G
6G
Accellerazioni
Percezione tollerabile
Emostorno negli arti Paralisi
muscoli
positive (verso l‘alto o
inferiori,↓
RV- respiratori
senso orario)
>ipossia cerebrale
Accellerazioni
t>15‘‘↑RV->ipertenzione ↑RV
eccessivonegative(verso
il venosa
>scompenso e edema
basso o antiorario)
cerebrale=microemoraggie polmonare
Accellerazioni
Molto meglio tollerate perche‘ assi trasversali sono piu‘ brevi->gli
trasverse
astronauti al decollo e all‘atterraggio si posizionano in modo da ricevere
accellerazioni trasversali che possono essere anche maggiori di 9G
In assenza di gravita‘ abbiamo:
-vertigini da disfunzioni cerebrali
-disidratazione->ipovolemia->↓Pa
-ipotrofia m.striati
-abbiamo effetti tardivi=affaticabilita‘ e osteoporosi.
Le variazioni della pressione atmosferica come causa di malattia
Profondita’ P.
in azoto in Sintomi
immers.(m) atm
soluz.(L
)
35
4.5
1
Ebbrezza e lieve riduzione delle capacita‘ lavorative
50-60
6-7
2
Sonnolenza,confusione,rid.delle capacita‘ lavorative
60-75
7-8,5
4
Grave sonnolenza ,confusione ,problema nelle attivita‘
>75
>8,5
7-10
Narcosi da azoto
Gli effetti patologici delleiperbaropatie si verificano soltanto quando si raggiungono valori
atmosferici molto più elevati dei valori massimi normali; tali effetti sono soprattutto in rapporto con
la solubilizzazione nel sangue e nei liquidi organici dell‘azoto, la cui solubilità in accordo con la
legge di Henry è direttamente proporzionale alla pressione per il coefficente di solubilita‘(α).
Differentemente dall‘ossigeno che viene in gran parte assorbito dall‘emoglobina (ossiemoglobina),
l‘azoto si scioglie direttamente nel plasma. Gli effetti della maggior quantità d‘azoto nel plasma (gas
inerte privo di tossicità) si verificano nel caso di brusche decompressioni che causano la liberazione
del gas disciolto sotto forma di bollicine: embolia gassosa. Queste bolle di gas tendono a confluire in
bolle più grandi e a salire nelle parti alte del corpo. Se si liberano nel versante venososi ha
l‘accumulo di una notevole quantità di azoto nelle cavità della metà destra del cuore dalle quali non
riesce ad uscire se non in piccole quantità a causa della comprimibilità dei gas: la bolla resta nel
cuore e non progredisce in minima misura verso il polmone dove potrebbe liberarsi nell‘aria
alveolare. All‘autopsia il cuore si presenta in diastole e ripieno di schiuma ematica (arresto cardiaco).
Le bollicine che si liberano nel versante arterioso, invece non hanno alcuna possibilità di raggiungere
l‘aria e finiscono per ostruire arterie destinate agli organi dove producono ischemia e infarti,
specialmente a livello cerebrale che meno tollera l‘ipossia (necrosi). Talvolta la necrosi non dipende
dall‘embolia ma da piccole emorragie provocate dall‘aumento della pressione del sangue, in rapporto
con la forte pressione esterna; la sintomatologia passa spesso inosservata: svenimenti, disturbi
funzionali, sensazione di malessere fino a portare a lungo andare a fenomeni epilettici o paralitici.
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L‘ossigenazione iperbarica, invece, in cui si ha un forte aumento della pressione di ossigeno, viene
usata sia in terapia che nelle pratiche di rianimazione. In particolare in situazioni in cui si ha una
difettosa ossigenazione dei tessuti, come nello shock, si raggiunge lo scopo di portare a livello delle
cellule, con meno sangue, una quantità d‘ossigeno sufficiente a garantire il regolare procedere del
metabolismo. Uno degli inconvenienti è la cosiddetta tossicità dell’ossigeno(CNST=central nervous
system toxicity) a cui sono particolarmente sensibili le cellule del SNC.L‘ossigeno determinana
un‘aumento dei ROS e dei lipoperossidi che determinanodisturbi nervosi(irritabilita‘ e vertigini),
alterazioni sensoriali(occhio e orecchio), convulsioni epilettiche e contratture muscolari (Twitching)
fino ad arrivare al coma e alla morte.
Abbiamo inoltre possibile sovradistenzione polmonare(barotruma polmonare)che ha due forme:
-forma polmonare pura:rottura della parete alveolare con conseguente pneumotorace e scollamento
dei polmoni dalla pleura
-perdita d‘aria all‘interno dei vasi polmonari,arriva VS e all‘aorta attraverso la quale passa al cervello
NB:condizioni prolungate di esposizioni a O2 iperbarico determinano riduzione di CO2 che viene
ristabilizzata attraverso un meccanismo ipoventilatorio che pero‘ determina riduzione del pH e quindi
dell‘affinita‘ dell‘O2 per l‘emoglobina con conseguente aumento dell‘apporto di O2ai tessuti.
NB:se un soggetto mantenuto ad elevate Po2quando torna a condizioni pressorie normali puo‘
sviluppare fibrosi retrolenticolare e danni alla retina.
Le ipobaropatie(aumento d‘altitudine)determinano effetti patogeni molteplici. La decompressione di
parti limitate del corpo porta ad iperemia dapprima attiva ma che ben presto evolve versi la stasi con
conseguente ipossia e fenomeni regressivi. Esistono diversi tipi di ipossia: ipossia ipossica o
anossica dovuta a bassa tensione di ossigeno nel sangue arterioso; ipossia anemica dovuta a
mancanza di una quantità di emoglobina sufficiente per il trasporto dell‘ossigeno necessario ai
tessuti; ipossia stagnante o circolatoria dovuta ad un difetto dei vasi; ipossia istotossica in cui le
cellule sono danneggiate e non sono capaci di utilizzare l‘ossigeno. Le ipobaropatie determinano solo
ipossia ipossica. Nel sangue arterioso la tensione parziale di O2 è di 100 mmHg e la saturazione
dell‘emoglobina è superiore al 95%; nel sangue venoso la tensione parziale di O2 è di 40 mmHg e la
saturazione dell‘emoglobina scende al 70%: esiste un gradiente di tensione di ossigeno di 60 mmHg.
Diminuendo la tensione parziale di O2nell‘aria inspirata diminuisce di conseguenza la saturazione
dell‘emoglobina e il gradiente di tensione parziale fra sangue arterioso e sangue venoso: la curva di
dissociazione dell‘emoglobina ha andamento sigmoidale per cui, abbassando le tensioni di O 2,
diminuisce drasticamente la sua efficienza. L‘organismo reagisce aumentando la frequenza e la
profondità degli atti respiratori (iperpnea) e la frequenza delle sistoli cardiache (tachicardia): la stessa
emoglobina viene ad essere ossigenata più frequentemente del normale. Tuttavia aumentando la
ventilazione polmonare si ha una maggiore perdita di CO2 (ipocapnia); ciò rende più stabile il legame
dell‘ossigeno all‘emoglobina, che non viene rilasciato ai tessuti (ulteriore causa di ipossia). L’ipossia
ipossica può essere acuta o cronica. L‘acuta si manifesta bruscamente; all‘iperpnea(aumentata
profondita) iniziale fa seguito tachipnea fino ad arrivare alla dispnea(fame
d‘aria).contemporaneamente abbiamo aumenti della frequenza cardiaca e alcalosi
respiratoria(deplezione di CO2). Compare cianosi e si manifestano segni di debolezza e
incoordinazione muscolare fino alla paralisi e alla perdita di coscienza. Nella cronicasi possono
stabilire condizioni che, entro certi limiti, riescono a compensare la diminuzione della tensione
parziale di ossigeno: si ha un aumento della quantità di emoglobina presente nel sangue dovuto
soprattutto ad un maggior numeroe ad una maggior grandezza(macrocitosi) di eritrociti circolanti. Le
cause di questa policitemia sono da ritrovare nell‘emoconcentrazione (aumentata perdita di vapore
acqueo con la respirazione) e nell‘accelerazione dell‘attività emopoieticadovuta all‘iperplasia
midollare in seguito ad un‘aumentata elaborazione dell‘eritropoietina (prodotta dal
rene).L‘emoglobina viene resa meno affine da un‘aumento di 2,3-DPG. Si ha inoltre aumento
piastrinico con diminuzione del tempo di coagulazione.
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Tutto ciò determina un aumento della massa e della viscosità del sangue, con sovraccarico notevole
della sezione sinistra del cuore(che torna pero‘ ad una frequenza cardiaca normale); queste alterazioni
fanno parte della sindrome di Monge o malattia delle altezze, di cui esistono una variante
prevalentemente policitemica e cardiocircolatoria e una variante enfisematosa, nella quale
predominano i sintomi polmonari. Spesso i soggetti presentano un caratteristico appiattimento e
ingrandimento delle falangi distali delle dita: dita a bacchetta di tamburo.
Patologie da ipobaremie:
-Mal di montagna acuto=nei primi giorni trascorsi oltre 3000m il compenso respiratorio non e‘
sufficiente abbiamo emicrania(da vasodilatazione),nausea,stitichezza,vomito,riduzione della
diuresi,disturbi visivi ,insonnia e debolezza.
-Mal di montagna cronico=variazione dell‘equilibrio acido-base dovute al respiro periodico di
cheyne-stoke,aumento dei GR e del Hb.inoltre si verifica il paradosso dei lattati (sopra 4000
metri)ossia la riduzione dei fenomeni di glicolisi anaerobica al fine di evitare un‘elevata acidosi
metabolica.
-Edema polmonare ad alta quota(HAPE)=12-96 ore dopo una ascesa veloce in alta quota.spesso
complicato anche da edema cerebrale.
-Edema cerebrale ad alta quota(HACE)=avviene nel 11%dei soggetti che vanno sopra i
2700m.disturbi nella minsione e nell‘evacuazione,perdita di coordinazione neuro-muscolare,
emiparesi, perdita di riflessi e stato confusionale.
Le malattie stagionali e le meteoropatie(no slide)
Con il termine meteoropatie, anche dette ciclonopatie o ciclonosi, si intende una serie di
modificazioni funzionali (sindromi) in rapporto con modificazioni dell‘ambiente geofisico. Si tratta
di risposte neurovegetative insorgenti soprattutto in soggetti neurolabili, di fronte a stimoli esterni
subliminali avvertiti come senso di fastidio: situazione di insofferenza a livello subcosciente che si
concretizza in manifestazioni neurovegetative proprie della meteoropatia stessa. Si ha senso diffuso
di malessere, irritabilità, modificazione dell‘umore, melanconia, forme depressive, inappetenza e
nevralgie. Tuttavia il modo con cui le modificazioni climatiche o meteoriche agiscono sull‘organismo
non è sempre ben chiaro. Le meteoropatie non devono essere confuse con le malattie stagionali:
malattie determinate da cause varie, che si manifestano soprattutto in certe stagioni dell‘anno. Il
fattore stagionale non è mai causa efficiente, ma solo predisponente in quanto favorisce
l‘estrinsecarsi delle cause vere e proprie. Un tipico esempio è quello della malaria, di cui esiste una
forma primaverile e una autunnale (periodi in cui le zanzare raggiungono la fase biologica in cui sono
atte a trasmettere il Plasmodio da un individuo all‘altro). Altri esempi sono le pollinosi, i colpi di sole
e di calore, l‘influenza, la rinite e la polmonite.
Cause estrinseche di malattia di natura chimica
Molte malattie sono causate dall‘azione di sostanze chimiche ben definite; i meccanismi con cui
agiscono sono:
1. Spostamento del pH del mezzo per via della loro natura di acidi o di basi
2. Capacità di solvente
3. Denaturazione di proteine
4. Inibizione selettiva di una o più funzioni biochimiche delle cellule (azione tossica)
(1) Le cellule sono molto sensibili alle variazioni del pH e ne sono protette entro certi limiti dai
sistemi tampone che sono in genere sufficienti a impedire una variazione della reazione attuale oltre
limiti sopportabili. Ciononostante un abbassamento notevole del pH può osservarsi in certi essudati.
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Nel sangue la riserva alcalina misurata in condizioni di tensione parziale di CO 2 di 40 mmHg ha un
valore di 65: 100 ml di plasma possono fissare 65 volumi per 100 di CO2. Un esaurimento della
capacità tamponante si osserva in condizioni di acidosi (diminuzione della riserva alcalina) e di
alcalosi (aumento della riserva alcalina). I centri respiratori sono altamente sensibili alle differenze
di concentrazione di CO2 nel sangue e reagiscono ad un suo aumento con un aumento della
ventilazione polmonare.
Nel caso in cui si abbia una diminuzione del pH,i processi ossidativi diminuiscono e tendono ad
attivarsi gli enzimi lisosomiali (optimum di pH intorno a 5): si hanno processi autolitici. Se
l‘abbassamento del pH è forte prevalgono gli effetti di denaturazione della proteine: la cellula cessa
di esistere come entità funzionale; la denaturazione immediata è in genere irreversibile. Oltre alla
denaturazione delle proteine, gli acidi forti producono anche effetti di disidratazione: le
causticazioni da acidi (necrosi superficiali) sono di natura coagulativa e tendono a trasformarsi in
escare secche per evaporazione dell‘acqua.Gli acidi forti, quando vengono diluiti, producono forti
quantità di calore: una parte della loro azione patogena può essere attribuita agli effetti termici che
possono indurre carbonizzazione della materia organica.
Piccoli aumenti del pH provocano il subitaneo rigonfiamento dei mitocondri a cui corrisponde un
aumento delle ossidazioni e una loro dissociazione dalle fosforilazioni. Ben presto anche le altre
componenti cellulari si rigonfiano, gli enzimi si disintegrano e la cellula muore. I tessuti necrotizzati
vanno incontro ad idrolisi di natura non enzimatica (dipendente dagli alcali). Le causticazioni da
alcali sono caratterizzate da macerazione delle zone necrotizzate (escare molli); gli alcali forti
idrolizzano anche le scleroproteine.
Se il soggetto sopravvive le causticazioni riparano attraverso processi cicatriziali, spesso deturpanti.
(2) I solventi dei lipidi disorganizzano la funzione delle membrane, provocando la lisi delle
strutture; nella patologia spontanea è raro che una quantità sufficiente di solventi lipidici venga a
trovarsi a contatto delle membrane, mentre è più facile che piccole quantità di sostanze liposolubili
si sciolgano nelle membrane (meccanismo di penetrazione di alcuni farmaci).
Di maggiore interesse nella patologia spontanea è la proprietà solvente dell‘acqua: trattamento con
soluzioni ipotonicheprovoca lisi osmotica (le cellule si rigonfiano perché l‘acqua entra al loro
interno, attirata dagli ioni che non possono diffondere attraverso la membrana); trattamento con
soluzioni ipertoniche determina plasmolisi (gli ioni contenuti nel mezzo di sospensione attirano al
di fuori delle cellule le molecole d‘acqua, con raggrinzimento della struttura cellulare). Il potere
solvente dell‘acqua e i suoi effetti sulle strutture sono accresciuti dalle sostanze tensioattive, o
detergenti, che abbassano la tensione superficiale: i detergenti si legano alla componente lipidica
delle membrane cellulari, favorendo la penetrazione dell‘acqua. Sulle proteine i tensioattivi
possono svolgere azione denaturante. Alcuni tensioattivi hanno caratteristiche ioniche e si
distinguono in anionici e cationici; quest‘ultimi sono denaturanti più energici degli anionici. I
tensioattivi non-ionici sono denaturanti molto meno energici: il loro effetto sulle proteine si limita a
far aumentare l‘acqua di solvatazione e a rendere accessibili all‘acqua anche parti della molecola
normalmente non raggiunte.
(3) Per denaturazione di una proteina s‘intende una serie di modificazioni della struttura secondaria,
terziaria e quaternaria, con l‘esclusione di quelle risultanti dall‘idrolisi di legami covalenti
(peptidici). Tra gli agenti chimici denaturanti si ricordano le variazioni di pH, gli ioni metallici
(competono per i carbossili con l‘azoto dell‘imidazolo), alcuni sali e varie sostanze organiche.
(4) Con azione tossica s‘indica l‘effetto dannoso di alcune sostanze chimiche, veleni o tossine,
capaci di agire elettivamente su determinate strutture biologiche, così da ledere in modo
appariscente la loro funzione; rappresenta un caso particolare di lesione biochimica in cui gli effetti
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biochimici sono evidenti prima che sia dimostrabile ogni alterazione morfologica. Per ogni sostanza
è la dose che determina la tossicità: è il rapporto azione-dose che determina l‘azione di un veleno.
La tossicità di una sostanza è dunque espressa dalla dose minima letale: quantità minima capace di
uccidere tutti gli animali di una determinata specie e di un determinato peso in un determinato
tempo. Esistono veleni ad azione immediata e altri che richiedono un lungo periodo di latenza
necessario affinché venga metabolizzato dall‘organismo o affinché vengano raggiunti i siti attivi.
Certi veleni diffondono in egual modo in tutto l‘organismo, altri vengono fissati in prevalenza in
certi tessuti. In certi casi è preferibile usare la dose letale 50% (DL50): quantità minima di un
veleno che è capace di uccidere il 50% degli animali della stessa specie trattati, in un dato tempo;
viene riferita anch‘essa al peso corporeo. La DL50 fornisce maggiori garanzie di attendibilità
statistica.
Si distingue una tossicità acuta (prodotta da una singola dose) e una tossicità cronica, che risulta
dal sommarsi di azioni tossiche ripetute per molto tempo. I veleni possono essere: di natura
endogena (autointossicazioni), che si possono produrre in conseguenza di alterazioni metaboliche o
situazioni patologiche varie; di natura esogena (avvelenamenti), il cui effetto e dosi utili possono
variare molto a seconda della via di somministrazione. Fra i veleni esogeni naturali si distinguono
fitotossine e zootossine. Le vie di introduzione nell‘organismo di veleni esogeni sono varie: via
orale, inalazione, via percutanea e vie parenterali (intradermica, sottocutanea, intramurale,
endovenosa, intrarachidea, intradurale).
Meccanismo di difesa contro i veleni
Fra i meccanismi di difesa si hanno difese congenite aspecifiche e difese acquisite specifiche per un
dato veleno.
Fra le prime si ritrovano sistemi atti a ridurre o a tamponare gli effetti del veleno, ritardando o
impedendo il suo arrivo a destinazione, e sistemi che ne modificano la struttura chimica, così da
renderlo meno dannoso e più facilmente eliminabile.
-Vomito e diarrea impediscono al veleno di giungere a destinazione;
-il pannicolo adipososottocutaneo può sottrarre al sangue una quantità non indifferente di tossici
qualora questi abbiano un coefficiente di ripartizione fra acqua e grassi nettamente spostato a favore
dei secondi(es.DDT presenta elavata solubilita‘ a livello dei grassi per questo e‘ tossico per gli
insetti ma non per i mammiferi).
-Per i veleni capaci di denaturare le proteine, un meccanismo protettivo è rappresentato dal contatto
conproteine non essenziali per la cellula, atte a impedire il più pericoloso contatto con le proteine
nobili.
- Nel caso di veleni inoculati con il morso, l‘emorragia favorisce una rapida eliminazione del
veleno.
- Per veleni che agiscono grazie a modificazioni del pH, il meccanismo naturale di difesa è
rappresentato dal potere tamponante dei liquidi corporei.
- Le trasformazioni della strutturadel veleno sono operate da particolari sistemi enzimatici: alcune
trasformazioni sono di natura demolitiva (acetilcolinesterasi, catalasi); altre combinano il tossico
con altre sostanze (sintesi protettive).L‘organo detossificante per eccellenza è il fegato, le cui
principali sintesi protettive sono: coniugazioni (glicinica, cisteinica, solforica e glucuronica),
acetilazione (richiede l‘intervento del CoA), idrossilazione e demetilazione ossidativa (si svolgono
pere intervento della catena monossigenasica citocromo P450-dipendente ->drug metabolizing
system ), trasformazione del cianuro in tiocianato (richiede il cuproenzima rodanesi). Vedi tabella
pag. 124.
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In soggetti trattati ripetutamente con piccole dosi non mortali di determinati veleni si può avere il
fenomeno dell‘assuefazione, noto anche come mitridatismo (Mitridate, re del Ponto, soleva
premunirsi contro possibili avvelenamenti introducendo ogni giorno piccole dosi di tossico). Il
fenomeno dipende dalla capacità dell‘organismo di aumentare l‘efficacia dei sistemi svelenanti,
inducendo maggiore sintesi di enzima (antibioticoresistenza). Oltre all‘assuefazione si può avere la
produzione di anticorpi specifici per quei veleni che hanno doti di antigene (perlopiù veleni di
natura proteica). La vaccinazione preventiva con piccole dosi del veleno o con veleno che abbia
perduto la sua tossicità, ma non il potere antigene (anatossina) è un mezzo profilattico atto a indurre
nel soggetto una resistenza specifica. Tuttavia non sempre la reazione immunitaria rappresenta una
difesa: le reazioni anafilattiche e allergiche ne sono un chiaro esempio.
Sintesi letale e biotrasformazioni patogene
In alcune occasioni la combinazione con sostanza prodotte dall‘orgaismo, genera composti con
azione tossica maggiore di quella iniziale: sintesi letale o suicida. Ad esempio il fluoroacetato,
sostanza contenuta in una pianta africana e usato come veleno per topi, penetra nella cellula e viene
convertito, per mimetismo molecolare, in fluoroacetil CoA. Quest‘ultimo è utilizzato nella reazione
di condensazione con l‘ossalacetato, endrando così nel ciclo di Krebs: il fluorocitrato risultante è un
potente inibitore competitivo dell‘enzima aconitasi e pertanto blocca il ciclo degli acidi
tricarbossilici.
Altre sintesi letali che portano alla morte delle cellule riguardano gli analoghi delle basi puriniche e
pirimidiniche (fluoropirimidine) che entrano nella costituzione degli acidi nucleici, una volta
convertiti a deossiribosidi o deossiribotidi, bloccando la sintesi del DNA. Vengono usati come
farmaci antiproliferativi, anticellulari o antivirali.
Un concetto simile alla sintesi letale è quello di biotrasformazione patogena: reazione enzimatica
che trasforma il substrato nella molecola effettivamente responsabile del danno cellulare. Rientrano
in questo caso i processi che trasformano le amine aromatiche o gli idrocarburi cancerogeni
(cancerogeni remoti) rispettivamente in esteri degli idrossiderivati o esteri dei diolepossidi
(cancerogeni ultimi): molecole altamente reattive, capaci di formare addotti con il DNA. Un altro
esempio è rappresentato dal CCl4: solvente dei lipidi che avrebbe effetto patologico solo se presente
in grandi quantità. La lesione prodotta da piccole concentrazioni di CCl4 dipende dalla sua
metabolizzazione nel reticolo endoplasmatico, attraverso la catena ossidativa microsomaleNADPdipendente (DMS: drug metabolizing system). Il CCl4 subisce una scissione omolitica che ne genera
il radicale libero -CCl•3 (clorometile) e lo ione Cl-; in presenza di O2, -CCl•3 genera un secondo
radicale libero: CCl3O•2 (triclorometilperossido). Questi metaboliti possono inattivare molecole
dotate di importanti funzioni biologiche, legandosi ad esse con legame covalente e nello stesso
tempo iniziare una reazione a catena sottraendo H a sostanze facilmente ossidabili, trasformandosi
in cloroformio (CHCl3). Quest‘ultimo ha azione pro-ossidante responsabile della perossidazione dei
lipidi insaturi delle membrane; può a sua volta può subire una scissione omolitica, generando altri
radicali.Sostanze inducenti, come i barbiturici (che fanno aumentare il P450 nel RE), peggiorano i
danni da CCl4. Altri alogenoalcali agiscono come il CCl4.
Il prodotto di ossidazione dell‘etanolo, acetaldeide, è più tossico per il fegato che non l‘etanolo
stesso(vd patologia d‘abuso di alcool etilico)l‘acido formico (prodotto derivato dal metanolo) è
ancora più tossico dell‘acetaldeide.
Queste biotrasformazioni patogene possono essere amplificate dall‘aumento degli enzimi che le
catalizzano, per effetto dell‘induzione enzimatica; l‘attività inducente è spesso posseduta dallo
stesso precursore della specie tossica.
Gli agenti inducenti possono anche incrementare la sintesi di molecole abitualmente formate dalle
cellule in piccole quantità, che hanno effetti patogeni quando superano certi livelli. Un esempio è
rappresentato dai derivati allilici o dai barbiturici che sono in grado di indurre la sintesi dell‘ALA75
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sintetasi: primo enzima e fattore limitante della biosintesi delle porfirine nel fegato. Si verifica un
accumulo di granuli bruni e fluorescenti di protoporfirina, dannosi per il viscere che va incontro a
processi regressivi e a cirrosi.
Metalli pesanti
I metalli pesanti agiscono essenzialmente sulle proteine, di cui producono la denaturazione; l‘effetto
è in rapporto con l‘avidità dei metalli per il gruppo -SH o con la competizione per i gruppi
carbossilici. L‘affinità per i sulfidrili è responsabile della rapida inattivazione di molti sistemi
enzimatici. Per le loro capacità denaturanti i metalli pesanti vengono spesso usati come coagulanti,
astringenti e antisettici. Le intossicazioni acute e croniche più frequenti sono quelle da Hg
(idroargirismo) e Pb (saturnismo).
Le intossicazioni acute da Hg(mercurio) erano molto frequenti in passato (veleno per suicidi e cure
mercuriali per la sifilide).il mercurio si lega a gruppi SH(inattivando enzimi),riduce il rilascio di
neurotrasmettitori interferendo con i canali ionici,determina un‘alterazione dei microtubuli.si
manifestavano con violenti dolori, vomito ematico, diarrea(corrosione della membrana
enterogastrica)e collasso cardiocircolatorio oltre a gravi processi regressivi dei parenchimi.
Nell‘idrargirismo cronico i sintomi consistono in disturbi dell‘apparato digerente, manifestazioni
nervose come il caratteristico tremore mercuriale (a carico della lingua si verifica balbuzie),
ipereccitabilità nervosa e lesioni renali.
L‘intossicazione acuta da Pb è rara, mentre più interessante è l‘intossicazione
cronica(SATURNISMO=eventi descritti sotto).il piombo:
-e‘affine per i gruppi SH,determina inibizione enzimatica,ferrochetolasie e δ-aminolevulinico
deidratasi->↓sintesi dell‘eme.
-compete con il Ca++ interferisce nell‘ossificazione e nella neurotrasmissione,a cui si unisce una
ridotta produzione di calcitriolo=dolori articolari e alterazioni nervose (paralisi, encefalopatie,
coliche).
-blocca alcuni enziomi di membrana determinando emolisi e danni di membrana=anemia
Nelle slide erano citati anche:
arsenico
Berillio
Cobalto e carburo di tungsteno
Cadmio
Cromo
Nichel
cancro della cute,polmone e fegato
Irritazione polmonare acuta,ipersensibilita‘
polmonare cronica,cancro polmonare
Fibrosi polmonare e asma
Tossicita‘ renale e cancro della prostata
Cancro del polmone e delle cavita‘nasali
Cancro del pomone e dei seni nasali
NB:possiamo considerare che i Sali inorganici si accumulano a livello renale e epatico,mentre i Sali
organici(costituiti da carbonio) superano la barriera ematoencefalica(neurotossicita‘)e la
placenta(embriotossicita‘).
Veleni dei funghi(no slide)
Tra i funghi superiori (Eumiceti), la famiglia delle Agaricaceee è la più ricca di specie velenosi,
specialmente nel genere Amanita, che comprende tuttavia anche specie mangerecce pregiate. Gli
avvelenamenti indotti da questo genere sono soprattutto di due tipi: sindrome
falloidinica(falloidina, fallina e falloina)esindrome muscarinica(α, β, γ, δ-amanitina: base
ammonica quaternaria trimetilata). La falloidina ha azione molto più rapida dell‘amanitina, ma
richiede dosi maggiori: la prima compare entro 2-4 ore dall‘ingestione, la seconda dopo 24-48 ore.
La falloidina produce nel fegato un quadro di degenerazione vacuolare, insieme con intense
emorragie parenchimali; è un veleno specifico della proteina contrattile actina-simile dei
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microfilamenti. L‘α-amanitina blocca nel nucleo degli epatociti l‘RNA polimerasi con conseguente
mancata sintesi dell‘mRNA; la sua azione è di tipo acetilcolinico: vomito, dolori addominali con
diarrea, sudorazione profusa, scialorrea e miosi.
Veleni di Artropodi(no slide)
Quasi tutti i ragni elaborano sostanze tossiche e irritanti capaci di produrre processi flogistici e
talvolta necrosi nell‘area della puntura; esistono però di gran lunga più pericolosi e capaci di
produrre tossine mortali. Il veleno è prodotto in ghiandole che sboccano alla base dei cheliceri e
viene inoculato al momento del morso. Tra i ragni più velenosi vi sono quelli appartenenti ai generi
Latrodectes, Phoneutria e Lycosa. Fra le specie di Latrodectes, l‘unica diffusa in Italia è la
vedovanera o malmignatta; i suoi veleni sono di natura proteica e determinano la produzione di
anticorpi in genere specie-specifici. La sintomatologia dell‘intossicazione è dominata da
manifestazioni neurotossiche con spasmi muscolari e contratture dolorose: come conseguenza dello
spasmo muscolare diffuso si ha aumento della pressione con frequente emorragia cerebrale e
scompenso cardiocircolatorio.
Altri ragni danno luogo a sintomatologie diverse: la Lycosa (tarantola) produce necrosi abbastanza
estesa della zona della puntura; il veleno di Phoneutria determina localmente un processo
infiammatorio a cui seguono disturbi del sistema nervoso e cardiocircolatorio. Entrambi hanno
attività proteolitica, attivano il tripsinogeno, non hanno azione emolitica e contengono la
ialuronidasi:enzima diffusore che favorisce l‘invasione dei tessuti da parte del veleno. L‘azione
tossica di Lycosa e Phoneutria spetta a neurotossine e miotossine.
La puntura di scorpione è raramente mortale nell‘uomo adulto; produce gonfiore e dolore della zona
lesa, con contratture muscolari, disturbi respiratori e cardiocircolatori, ipertensione e febbre.
Tuttavia la puntura del Buthus occitanus può essere mortale. La neurotossina di molti scorpioni
agisce soprattutto bloccando i canali del Na+.Alcuni veleni contengono un‘emolisina che è una
lecitinasi simile a quella presente nel veleno di vari serpenti.
Veleni di Pesci (no slide)
In natura esistono molte specie di pesci velenosi; il veleno può essere inoculato per puntura o può
essere contenuto nelle carni; le specie maggiormente presenti nei nostri mari sono lo Scorfano e la
Tracina. La puntura dà un dolore intensissimo, cui seguono edema locale, disturbi generali a carico
del sistema digerente, cardiovascolare e nervoso. Il veleno contiene una neurotossina, un‘emolisina
oltre che una ialuronidasi.
Veleni di Rettili(no slide)
Fra i rettili, le specie velenose più note sono comprese fra gli Ofidi(serpenti), che agiscono con il
morso. Esistono anche lucertole velenose, tra cui più nota è il gila o Heloderma suspectum(begie e
marrone): la sintomatologia prevede forte dolore e gonfiore locale, nausea, vomito, manifestazioni
nervose e il suo morso può essere mortale. Tra gli Ofidi alcune famiglie possiedono veleni
particolarmente potenti: Crotalidi, Elapidi, Viperidi e Idrofidi. La famiglia dei Colubridi, cui
appartine la maggior parte dei nostri serpenti, ha invece poche specie velenose. Agiscono attraverso
neurotossine, emolisine, citolisine ed emorragine. Gli enzimi più importanti sono la fosfolipasi
(lecitinasi) A che ha azione emolizzante, citolitica e neurotossica, l‘acetilcolinesterasi che ha azione
neurotossica, la ialuronidasi che demolisce l‘acido ialuronico della sostanza fondamentale
facilitando la diffusione del veleno nel tessuto. Le conseguenze del morso dipendono oltre che dalla
natura del veleno, dalla quantità che viene iniettata (forza impiegata nel mordere, vigoria del
serpente, età, stagione) e dalla zona del corpo colpita.
Effetti dannosi dei pesticidi usati in natura
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insetticida
erbicidi
fungicidi
rodenticidi
fumiganti
-Organoclorurati(DDT)
-organo fosfat(diazinon)
-carbamati
-agenti botanici(nicotina)
-Componenti dell‘arsenico
-dinitrofenoli
-erbicidi clorofenossidici
Captano,maneb,benomil
Es fluroacetato
-disolfuro di carbonio
-dibromuro di etilene
-fosfina
-cloropicrina
-Neurotossicita‘+epatotossicita‘
-neurotossicita‘ e neuropatia ritardata
-neurotossicita‘ reversibile
-parestesie,irritazione polmonare e dermatite allergica
-iperpigmentazione,cangrena,anemia,neuropatia sensitiva
-ipertermia traspirante
-linfoma,sarcoma,fetotossicita‘,immunotossicita‘,cancro
Tossicita‘ per il s.riproduttivo
Insuff cardiaca e respiratoria,emoraggie
-tossicita‘ cardiaca
-neurotossicita‘
-edema polmonare e danno cerebrale
-irritazione oculare,edema polmonare e aritmie
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gli affetti avversi dei farmaci sono accettati solo quando e‘ favorevole il rapporto rischio\beneficio.
Complicanze dei contraccettivi orali:
- nel sistema cardiocircolatoria abbiamo rischi di: ictus e trombi a livello dell‘arteria retinica,infarti
del miocardio,trombi della vena epatica,trombosi mesenterica,trombosi delle vene profonde e
embolia polmonare.
-a livello epatobiliare possiamo avere:ittero colestasico,adenoma epatico,calcoli biliari.
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PATOLOGIE DA SOSTANZE CHE DANNO DIPENDENZA:
abuso di alcool etilico:
un bevitore abituale puo‘ tollerare fino a 700mg\dl di alcool(un bevitore occasionale a 300mg\dl e‘
gia‘ in coma).
L‘etanolo CH3-CH2-OH avendo sia componente idrofilica che idrofobica e‘ un AMFOFILO;esso si
produce per fermentazione(concentrazione del 15%)mentre bevande con un contenuto piu‘ alto
sono state prodotte con distillazione.
L‘assorbimento dell‘etanolo viene effettuato nel tratto gastro intestinale(nella mucosa gastrica dei
maschi c‘e‘ quantita‘ maggiore di enzima alcool-deidrogenasi)(puo‘ avvenire anche pe
rinalazione)e dipende dalla quantita‘ di etanolo consumata,dalla concentrazione,dalla velocita‘ di
consumo,dalla composizione del contenuto gastrico.La distribuzione e‘ proporzionale al consumo di
O2 nei vari tessuti ->arriva prima in tessuti con elevata vascolarizzazione e
flusso(cervello,fegato,polmoni)esso e‘ inoltre in grado di attraversare la placenta.
L‘etanolo viene trasformato in acetaldaide(nei microsomi,SNP, attraverso Cyt P450;nel citosol
attraverso NAD+,nei perossisomi da una catalasi).
Effetti:
-fegato:epatite acuta e cirrosi alcoolica(↑sintesi lipidica+acetaldeide si lega alla tubulina riducendo
funzione microtubuli)
-SN:sindorme di Wernicke(carenza di tiamine)sindrome di Korsokoff(tossicita‘ e carenza di
tiamina)degenerazione e neuropatia.
-cardiovascolare:cardiomiopatia e ipertensione da vasocostrizione
-gastrointestinale:gastrite e pancreatite
-muscolatura scheletrica:rabdomilosi
-apparato riproduttico:atrofia dei testicoli e aborto spontaneo
-sindrome alcolica fetale:ritardo di crescita,diffetti alla nascita e ritardo mentale.
tabagismo:
il fumo e‘ costituito da una fase gassosa e una corpuscolata che sono costituite da piu‘ di 4000
costituenti di cui 43 sono carcerogeni.carcerogeni organospecifici :
-polmoni e laringe:idrocarburi policiclici aromatici,poliono 210 ecc
-esofago:N-Nitrosonornicotina(NNN)
-pancreas:NNK
-vescica:4-aminobifenile,2-naftilamina
-cavita‘ orale:idrocarburi policiclici aromatici,NNK,NNN;il tabacco da fiuto=NNK,NNN,polonio
210
Oltre agli effetti carcerogeni nei vari organi(oltre a quelli sopra abbiamo anche rene,vescica e
cercine uterina)il fumo facilita‘ ictus,bronchite cronica e enfisema,aterosclerosi coronarica e infarto
del miocardio,ulcere peptidica,e nel feto determina riduzione del peso alla nascita‘ e aumento della
mortalita‘ perinatale(maggiore probabilita‘,soprattuto tra 24-28 settimana di gestazione, di distacco
placentare,placenta pervia,rottura prematura delle membrane)
Sostanze stupefacenti:
-cervello:ascessi cerebrali,overdose e astinenza
-polmone:polmone da narcotici e granulomi da talco
-rene:glomerulopatia
-infezioni:endocarditi batteriche,epatiti virali,ascessi cerebrali e AIDS
-locali(punti di inniezione):ascessi,celluliti,ulcere e trombosi venosa
Sostanze stimolanti(anfetamine,efedrina e cocaina):
effetti ―positivi‖:riduzione del senso di fatica e senso di benessere a livello del SNC,riduzione del
senso di fame(effetto anoressizzante),aumento della glicemia e degli acidi grassi liberi,aumento
della frequenza cardiaca.
Effetti indesiderati:
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-SNC:tremori,eccitazione,aggressivita‘,perdita del senso critico, forte stato depressivo, psicosi,
cefalea e insonnia,anoressia,convulsioni.agiscono principalmente a livello del nucleo
acumbens,della substantia nigra e dell‘area tegmentale ventrale.
-sistema cardiocircolatorio:ipertensione da vasocostrizione e tachicardia,disturbi del ritmo,infarto
del miocardio.

Anfetamine:inibiscono la ricaptazione di noradrenalina e facilitano il legame di questa con il
suo recettore.attivano la liberazione di dopamina.
 Cocaina:favorisce la liberazione di dopamina(euforia,paranoia e ipertermia) e
noradrenalina(ipertenssione,aritmia cardiaca,infarti del miocardio,emoraggie cerebrali e
infarto)
Narcotici(Eroina,metadone,morfina)
Aumentano la tollerabilita‘ del dolore ma determinano alterazioni dell‘umore,assuefazione,nausea,
vomito,stipsi,scialorrea,aumento della sudorazione e riduzione del flusso urinario.
 Eroina:inibisce la liberazione di GABA (legandosi con i δ o K opiate receptor)in modo che
questo non vada ad inibire la liberazione di dopamina.
 Morfina:si lega ai recettori Mu riducendo la sensazione di dolore.
Cannabinoidi(hashish,Marijuana):
aumentano il senso di benessere,danno euforia e probabilmente diminuiscono la tensione emotiva
prima della gara.
Effetti
indesiderati:ansia,sonnolenza,apatia,tachicardia,ipotensione
ortostatica,dipendenza,
alterazioni personalita‘,alterazione percezione.
 Cannabis:il tetraidrocannabinol(ingrediente attivo)viene recepito dal recettore CB1 causa
inibizione presinaptica del rilascio di vari neurotrasmettitori(→inibisce canali del Na+ e del
K+=inibisce depolarizzazioni;dopamina e glutammato),e un attivazione del grigio
periacqueduttale(che
inibisce
la
via
del
dolore).determina
deficit
della
memoria,psicosi,schizofrenia,e ha azione cancerogena nel fumatore e teratogena nel feto.
Veleni endogeni
Esistono situazioni patologiche in cui le sostanze tossiche prendono origine direttamente
nell‘organismo, in seguito a deviazioni metaboliche gravi e persistenti: autointossicazioni.
Qualcuno vi considera anche le sindromi da difettoso assorbimento intestinale in cui entrano
nell‘organismo sostanze tossiche prodottesi nel tubo digerente o addirittura provenienti dall‘esterno
e normalmente non assorbite (disordini alimentari, malattie batteriche con localizzazione intestinale,
occlusione e paralisi intestinale).
Le sindromi vere e proprie di autointossicazione si verificano nel corso di malattie del metabolismo
come: il diabete, la gotta, disfunzioni gravi del fegato e del rene che ne compromettono la capacità
emuntoria. Altre volte sono determinate dalla presenza nell‘organismo di focolai di necrosi: i
materiali necrotici, riassorbendosi, possono determinare una sintomatologia tossica. Inoltre i veleni
che si liberano dai tessuti lesi agiscono in parte direttamente, in parte attraverso la successiva
lesione renale: gli ustionati muoiono quasi sempre per intossicazione endogena.
Nel diabete la sindrome tossica dipende dall‘accumulo di cataboliti del metabolismo glucidico
(ossidati parzialmente) e di quelli derivati dalla demolizione dei lipidi; nel coma diabetico si ha
accumulo di corpi chetonici (acidosi) che vengono scarsamente smaltiti nel ciclo tricarbossilico.
Nella gottasi ha invece iperuricemia. Nel caso di compromissione della funzione emuntoria renale
si ha sindrome uremica, con ritenzione di urea e corpi azotati nel sangue fino ad arrivare al coma
uremico.Se invece si ha riassorbimento di materiali contenuti nell‘urina, per ostacolo al normale
deflusso, si incorre nella sindrome urinemica. Un‘altra grave intossicazione endogena è
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rappresentata dagli itteri che sono dovuti ad una maggiore produzione di bilirubina o per
iperemolisi o per ostacolo al deflusso della bile. Gli itteri ostruttivi hanno sintomatologia tossica
particolarmente elevata in quanto insieme alla bilirubina si riversano nel sangueanche i sali biliari
che, essendo tensioattivi, sono lesivi per le cellule.
Categoria
Micotossine
Fitotossine
Tossine animali
Fonte
Funghi claviceps
aspargillus flavus
,fusarium trichoderma
Farina di Cycas,
piante
del
genere
Senecio
pepe
nero,olio
di
sassafrasso,
solanacee(patata)
Serpenti
api
Dinoflagellati
pesce palle
Cangrena,convulsioni e aborto
Cancro al fegato
diarrea e atassia
SLA
Epatite
Cancro
neurotossina
Tossicita‘ cardiaca,neurotossicita‘
tossicita‘ diretta e cardiaca
neurot., paralisi,parestesia,paresi,vomito,diarrea
neurotossicita‘,shock
L’ALIMENTAZIONE COME CAUSA DI MALATTIA (a-D)
L‘inadeguatezza di una malattia (qualità o quantità) può determinare numerose malattie. Sotto
l'aspetto quantitativo si distinguono ipoalimentazione e iperalimentazione; se avviene una carenza
riguardo l'aspetto qualitativo, la dieta si dice squilibrata. Le necessità caloriche dipendono da vari
fattori, in rapporto con la costituzione organica e l‘equilibrio ormonale (es: ipertiroidei, necessitano
di apporto calorico maggiore per il metabolismo basale aumentato; i bambini hanno bisogno di un
apporto calorico per kg di peso maggiore degli adulti etc.). Un'alimentazione corretta può inoltre
prevenire numerose patologie, tra cui i tumori, soprattutto quelli riguardanti il tratto digerente. È da
ricordare che il cibo, come altre sostanze, può dare dipendenza, attivando sistemi dopaminergici,
del benessere e della ricompensa. Infine è da ricordare che anche l'alimentazione è collegata a ritmi
circadiani, in quanto in determinati momenti gli organi del tratto gastrointestinale sono più
predisposti all'assorbimento; occorre quindi mangiare bene e nei momenti giusti per evitare
infiammazioni del tratto digestivo.
Effetti delle diete ipercaloriche
Con una dieta ipercalorica un soggetto introduce più calorie del suo fabbisogno, determinando (se
prolungata nel tempo) aumento del pannicolo adiposo e sottocutaneo (glutei, addome e torace) e del
grasso periviscerale (ingrassamento). In queste zone (che sono anche le prime a dimagrire) il
tessuto adiposo ha una connotazione fisiologica. L‘ingrassamento, dal punto di vista istopatologico,
è una pseudo-ipertrofia e iperplasia del tessuto adiposo. A questo, corrisponde un aumento del
lettocapillare: aumenta il lavoro cardiaco, che può causare ipertrofia cardiaca, determinando minori
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prestazioni, soprattutto in caso di emergenza, causando maggiore affaticabilità nei soggetti adiposi e
ipertensione.Abbiamo inoltre aterosclerosi cerebrale e coronarica(ictus e infarto) , ipoventilazione
(sindorme di pickwick) ,calcoli biliari,osteoartrite, L‘obesità dipende da uno squilibrio tra l‘apporto
calorico e la necessità. L'obesità è dovuta a fattori psicologici, ambientali,
genetici(→NPY,grelina,galanina) e per la flora batterica (alcuni batteri producono tossine
obessizzanti, così come alcuni farmaci, andando ad incidere sulla voglia di cibo), ma i motivi
alimentari restano spesso alla base dell'ingrassamento (in alcuni tipi di obesità possono avere alla
base alcune forme di alterazioni endocrine). Dall'obesità può scaturire un diabete mellito di tipo II;
inoltre una dieta ipercalorica è anche associata spesso a bulimia, che può avere alla base anche
fattori sociali (bulimia nervosa).
Diete ipocaloriche
Se una dieta apporta minori calorie di quanto è il fabbisogno, il soggetto andrà dapprima incontro a
dimagrimento:atrofia del pannicolo adiposo sottocutaneo e del grasso viscerale, prima, e dei
parenchimi (in particolare il muscolare e il ghiandolare), poi. Il tessuto adiposo va incontro ad
atrofia gelatinosa: scompare il grasso e viene sostituito da un materiale mucopolisaccaridico.
Caratteristico dei soggetti denutriti è l'edema da fame, dovuto, forse, all'ipoproteinemia
(insufficienza epatica) o all'insufficienza cardiaca. I casi estremi di malnutrizione vengono
definitimarasma. L'apporto energetico deficitario può essere dovuto anche ad un malassobimento o
ad alterazioni
metaboliche. Forma particolare di
dimagrimento è l'anoressia
nervosa(→GLP,leptina,melanocortina,ormone tiroideo), causata da un'erronea convinzione di
obesità. È spesso associata a bulimia e non di rado culmina nel suicidio o nella morte, per eccessivo
dimagrimento (anche a seguito d'ingestione di cibo, il sistema gastrointestinale è talmente debilitato
che non riesce ad assorbire i nutrienti).
Diete squilibrate
La prevalenza, nella dieta, di un componente sugli altri (glucidi, proteine, lipidi) è causa di
patologie. Le diete iperlipidiche aumentano i trigliceridi circolanti e i chilomicroni, che vanno ad
aumentare la riserva lipidica del tessuto adiposo; una parte viene utilizzata dagli organi, soprattutto
fegato, causando steatosi epatica, e cuore. Nel sangue le gocce lipidiche possono essere fagocitate
dai macrofagi (lipofagi) che poi attraversano l'intima e si depositano nella media, causando ateromi.
L'aumento di lipidi può comportare anche aumento di colesterolo, che porta ipercolesterolemia e
successivamente si deposita negli epatociti. Va anche a formare ateromi. Le diete
iperglucidichedetermina iperglicemia, fino a glicosuria; porta anche ad ingrassamento. Il
sovraccarico glucidico stabile delle insulae pancreatiche è causa di diabete di tipo II. Le diete
iperprotidiche causano numerosi disturbi: il fegato, ad esempio, necessita di apporto
amminoacidico equilibrato. Eccesso di alcuni aa rispetto ad altri può causare steatosi epatica e
necrosi. Inoltre queste diete sovraccaricano i sistemi di filtrazione dell'azoto (reni) fino all'uremia
(accumulo di sostanza azotate nel sangue, come l'urea). Questo tipo di alimentazione rende anche
più frequenti gli accessi gottosi. Il kwashiorkor è una sindrome dovuta a malnutrizione proteica, con
negativizzazione del bilancio azotato. Si manifesta con arresto della crescita, anemia, apatia, edemi
diffusi e alterazioni del parenchima di vari organi(tra cui: villi intestinali con conseguente
diarrea)atrofia muscolare,dermatosi e depigmentazione. La mancanza di acqua non è compatibile
con la vita (la morte sopraggiunge quando l'organismo ha perso il 10% del suo contenuto d'acqua:
intensa sete, secchezza della cute, astenia ingravescente e perdita della conoscenza. All'opposto vi è
l'intossicazione da acqua, causata da eccessiva ingestione di acqua prolungata nel tempo e non
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bilanciata da eliminazione urinaria, causata da diabete insipido o potomania, una malattia psichica
che causa un continuo stimolo di sete, che porta a ipervolemia, quindi a insufficienza cardiaca e a
varie alterazioni del bilancio idrosalino.
Diete carenti per particolari componenti
Le sostanze a funzione plastica devono essere contenute nella dieta in quantità relativamente alta,
poiché sono usate per la sintesi della materia vivente. Hanno natura lipidica, glucidica o
amminoacidica. Sono essenziali soprattutto gli amminoacidi, al fine di introdurre quantità
sufficienti di azoto (difficilmente introducibile con zuccheri e lipidi). Le diete ipoproteiche causano
processi regressivi parenchimali, soprattutto a livello epatico, con atrofia, steatosi e necrosi. Ciò
dipende da due cause: 1) gli aa essenziali servono all'epatocita per la produzione di proteine
strutturali e funzionali; 2) la mancaza degli aa con lo zolfo porta a una insufficiente sintesi di
proteine contenenti questo elemento (tra cui molti enzimi). Un quadro clinico da carenza proteica è
il kwarshiorkior (vedi sopra).
Un altro importante componente della dieta sono le vitamine; ne bastano piccole quantità, in quanto
agiscono soprattutto come catalizzatori di reazioni;non sono sintetizzabili nell'organismo (alcune
sono assunte come pro-vitamine e poi convertite successivamente). La flora batterica intestinale
produce, tuttavia, numerose vitamine (alcune del complesso B e la K). Ognuno ha un suo
fabbisogno vitaminico giornaliero, a seconda della specie, delle condizioni fisiologiche, dello stato
della flora intestinale etc. Se il fabbisogno non viene coperto si determinano le ipovitaminosi e la
situazione opposto è l'ipervitaminosi (dosi eccessive di una determinata vitamina); le
ipervitaminosi naturali sono rare, sono perciò state descritte quelle sperimentali o iatrogene. Le
ipervitaminosi riguardano soprattutto vitamine la cui eliminazione richiede un determinato
mtabolismo (es: la niacina viene eliminato come N-metil-derivato) e per le vitamine liposolubili,
come la A e la D.
L'ipovitaminosi può dipendere da:
• reale carenza della vitamina nella dieta (carenza primaria; tutte le altre seguenti sono
secondarie)
• aumento del fabbisogno della vitamina (es: il fabbisogno di tiamina aumenta in soggetti che
seguono una dieta particolarmente ricca di carboidrati). Può dipendere da condizioni
fisiologiche, tipo di dieta, tipo di lavoro etc.
• difettoso assorbimento della vitamina, ad esempio in seguito a disfunzioni intestinali o
diminuzione di secrezione biliare, che determina malassorbimento delle vitamine liposolubili
• ipofunzionedella flora batterica intestinale (es: dopo terapia antibiotica)
• distruzione della vitamina causata da qualche sostanza nella dieta
• trattamento con sostanze inibenti le vitamine: antivitaminici, che determinano inibizione
competitiva sui sistemi enzimatici dell'organismo, o che sequestrano la vitamina impedendone
l'utilizzo (es: l'avidina blocca completamente la biotina).
Ipovitaminosi B1 (Tiamina)(da saper bene)
La forma attiva è la TPP (tiamina Pirofosfato), coenzima delle carbossilasi, delle reazioni di
decarbossilazione ossidativa degli alfa-chetoacidi (piruvato -> acetil-CoA e alfa-chetoglutarato ->
succinil-CoA), controllando il ciclo di Krebs; agisce anche a livello delle transchetolasi (ciclo dei
pentoso-fosfati). La sindrome naturale da carenza di tiamina è il beri-beri, in passato diffusa
nell'Asia orientale, dove si mangiava solo riso (aumentandone anche il fabbisogno). Il beri-beri è
una sindrome polinevritica (interessa numerosi nervi), caratterizzata da disturbi sensitivi e motori e
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processi regressivi del SNC. Esistono tre forme cliniche: la forma secca (o paralitica) in cui prevale
la sintomatologia nervosa; nella forma umida (o cardiovascolare) e nella forma acuta (o fulminante)
prevale la sintomatologia cardiocircolatoria. Nella forma secca, i primi nervi ad essere interessati
sono quelli degli arti inferiori (a lungo decorso); si ha quindi perdita della sensibilità tattile seguita
da parestesie; successivamente si riscontrano problemi alla deambulazione e incoordinamento
motorio. In ultimo si trova paralisi e successiva atrofia delle masse muscolari. Compare spesso
anche la sindrome di Wernicke-Korsakoff, con stato confusionale, atassia e oftalmoplegia. La forma
umida è caratterizzata da rapida comparsa di edemi, sovrapposti alle manifestazioni paralitiche.
Comincia in genere agli arti inferiori e si generalizza (anasarca); possono interessare anche le cavità
sierose. A livello cardiocircolatorio si ritrova aritmia, dovuta sia al controllo nervoso sia ad una
sofferenza miocardica, ipertrofia ventricolare, specialmente a carico della sezione destra. La morte
avviene per collasso cardiocircolatorio. La forma acuta è caratterizzata dall'insorgenza rapida del
grave quadro d'insufficienza cardiocircolatoria, che determina bruscamente la morte. Nel bambino
la forma più frequente è la umida, complicata da disturbi del sistema gastrointestinale; a livello
nervoso vengono colpiti soprattutto i nervi cranici (strabismo, ptosi palpebrale, afonia). Le lesioni
caratteristiche del beri-beri sono associate al ruolo della tiamina nella produzione di acetil-CoA,
indispensabile per la sintesi dell'acetilcolina. La carenza di questo neurotrasmettitore genera
sospensione della trasmissione sinaptica a livello della placca motrice. È spesso visibile negli
alcolisti, che hanno un ridotto apporto dietetico e un alterato assorbimento intestinale.
Ipovitaminosi B2 (riboflavina o vitamina idrosolubile dell’accrescimento)(da saper bene)
È una vitamina presente in tutti i tessuti animali, ma prodotta solo nel mondo vegetale. Nei tessuti
animali si ritrova sottoforma di nucleotide (FAD o FMN), spesso associato a proteine enzimatiche.
FAD e FMN hanno elevato potere ossido-riduttivo. La maggioranza dei flavoenzimi contieneFAD
(flavoproteine) e FAD legato ad uno ione metallico (metalloflavoproteine), in cui il metallo è legato
sia al FAD che all'apoenzima. Molte deidrogenasi mitocondriali utilizzano FAD (succinicodeidrogenasi, glicerolo-3-fosfato deidrogenasi (a livello citoplasmatico è però NAD-dipendente),
lipoato-deidrogenasi); la NADH-deidrogenasi è una ferroflavoproteina, etc. Nell'uomo
l'ariboflavinosi è molto rara e si manifesta con astenia, irritabilità, disturbi digestivi, anemia. Nel
bambino si ha ritardo dell'accrescimento (la riboflavina è detta anche "vitamina idrosolubile
dell'accrescimento"), manifestazioni distrofiche della cute(visibili sul volto) e delle mucose (le
labbra si screpolano e si disepitelizzano, compaiono fissurazioni e ragadi (cheilosi anche detta
cheilite), si ha atrofia delle papille e desquamazione, la lingua diventa rosso rutilante (lingua
magenta), per l'atrofia dell'epitelio e la dilatazione capillare; spesso si formano solchi e fessure
(lingua scrotale)). Altre alterazioni riguardano gli occhi: bruciore e lacrimazione per esposizione
alla luca (fotofobia), alone rosso circumcorneale; la cornea può arrivare ad opacizzarsi; nei casi
gravi si ritrova cataratta, e ridotta capacità visiva nelle ore notturne (emeralopia, più spesso causata
da ipovitaminosi A).
Ipovitaminosi e ipervitaminosi PP (niacina)(da saper bene)
PP sta per Preventing Pellagra, in quanto una sua carenza causa questa malattia. Le forme
biologicamente attive sono il NAD e il NADP; entrambe le forme hanno elevato potenziale
ossidoriduttivo e sono presenti in numerosi enzimi (NAD fa parte della catena respiratoria e in
numerose deidrogenasi; il NADP è cofattore dell'isocitrico-DH, della G6P-DH, e delle DH attive
nei microsomi). La carenza della vit. PP causa pellagra e black tongue disease (l'ultima è tipica dei
cani ma può manifestarsi anche nell'uomo). La sintomatologia della pellagra vede tre gruppi
principali di alterazioni a carico della cute (dermatite), del SN (demenza e manifestazioni
neurasteniche e melanconiche), e del sistema digerente (diarrea) ->malattia delle 3D. Le lesioni
cutanee compaiono prima come eritema(nelle regioni esposte alla luce), poi con bolle a contenuto
sieroso e successivamente siero-ematico o purulento (pemfigo pellagroso); le lesioni bollose
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subiscono spesso riparazione. Nelle zone non colpite dalle bolle compaiono iperpigmentazione e
ipercheratosi, diminuzione dell'elasticità della cute e screpolature (da cui il termine pelle agra =
ruvida). A carico del sistema digerente si notano cheilite(lesioni e ragadi) e glossite,
disepitelizzazione; sono colpiti anche labbra, gengive, faringe ed esofago; l'alimentazione diventa
difficoltosa. In seguito l'infiammazione si estende allo stomaco e all'intestino, causando vomito e
diarrea, e al fegato. Le alterazioni nervose l'area sensoriale, motoria e psichica: sono frequenti le
parestesie(formicolio), e le iperestesie dolorose; a livello motorio compaiono spasmi e/o paralisi
(soprattutto dei muscoli oculari); a livello psichico si nota dapprima ipereccitabilità e poi
manifestazioni neurasteniche e depressive; a lungo, si può vedere un'evoluzione demenziale, con
allucinazioni e deliri. È frequente, nel pz pellagroso, l'anemia, con aumento di porfirine nel sangue e
nelle urine (meccanismo probabilmente associato ad un ostacolo nella sintesi dell'Hb). Sono
frequenti anche ipotensione e disturbi della funzionalità cardiaca.
Nel caso della vitamina PP si conosce anche una sindrome ipervitaminosica di origine iatrogena:
l'aumento di vitamina richiede un'aumentata eliminazione. Essendo che la vitamina PP viene
eliminata come N-metil-nicotinammide, molti gruppi metilici vengono sottratti agli altri
metabolismi, che si esprime con una grave steatosi epatica.
Ipovitaminosi B6 (piridossolo)
La vit. B6 svolge la sua funzione biologica come piridossal-fosfato, cofattore di molti enzimi del
metabolismo degli aa (transaminasi, aa-decarbossilasi, aa-deidrasi e aa-desulfidrasi e aa-racemasi
etc.). Inoltre il PLP costituisce il gruppo prostetico della glicogeno-fosforilasi. L'ipovit. B6 è stata
ottenuta solo sperimentalmente, ma è presente in varie forme di malnutrizione. Si presentano
dermatiti, anemie microcitiche e alterazioni del sistema gastrointestinale e nervoso.
Sperimentalmente nel ratto si nota: dermatite, che evolve in ulcerazioni, fissurazioni e croste;
microcitemia, con GR emoglobinopenici; aumentano i neutrofili (stimolazione midollare date
dall'ipossia che induce la produzione di EPO a livello renale) ma diminuiscono i linfociti, causando
deficit della risposta immune; l'ipossia induce anche ipertrofia cardiaca; sono presenti un ritardo
nell'accrescimento e disturbi del SN; nausea, anoressia e vomito.
Carenza di acido pantotenico (vit. B5)
L'acido pantotenico svolge la sua funzione in quanto componente del Coenzima-A, indispensabile
per l'attivazione dell'acetato e degli acidi carbossilici. Interviene in numerose reazioni (piruvato->
acetil-CoA, alfa-KG -> succinil-CoA, metabolismo del colesterolo, reazione di acetilazione etc.).
Le carenze di CoA sono soprattutto a carico della cute e del SN. Una vera e propria sindrome non è
descritta nell'uomo , anche se molti attribuiscono alla carenza di ac. pantotenico la melalgia
alimentare, causa di dolore e bruciore agli arti inferiori, dovuta a lesioni nervose; i soggetti
presentano diminuzione delle reazioni di acetilazione. Le sindromi da pantotenico-deficienza sono
in relazione al suo ruolo nei metabolismi (es: steatosi nel cane, lesioni surrenaliche nel ratto (deficit
sintesi di colesterolo e orm steroidei), che porta a iperplasia delle stesse fino a necrosi per
esaurimento funzionale etc.).
Carenza di biotina(no slide)
I batteri intestinali sintetizzano quantità di biotina sufficienti al normale fabbisogno. Per ottenere
una sindrome carenziale occorre quindi o distruggere la flora batterica intestinale o bloccarne
l'assorbimento, ad esempio tramite avidina, una proteina basica presente nel bianco d'uovo che la
lega e la la rende inattaccabile dagli enzimi intestinali. La biotina è coinvolta in processi di
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carbossilazione e una carenza (sperimentale) causa dermatite, adinamia, disturbi digestivi e dolori
muscolari.
Carenza di acidi folici
La forma biologicamente attiva è quella ridotta (5,6,7,8-tetraidrofolico), capace di legare unità
monocarboniose, che possono poi essere cedute ad altri substrati (es: gly -> ser, his -> glu, etc.). La
sindrome carenziale dipendono dall'azione di questa vitamina nella sintesi della colina e dei
precursori degli acidi nucleici. La carenza si manifesta come anemia macrocitica: i GR hanno
diametro superiore al normale ma diminuiti di numero. Compaiono poi alterazioni della mucosa
orale ed esofagea e lesioni trofiche della mucosa gastrica e intestinale. Il fegato presenta spesso
processi regressivi (steatosi).
Carenza di vit. B12
Nella vit. B12 è presente una corrina (simile alla porfina, ma con un ponte metinico in meno) legata
ad un atomo di cobalto. La vitamina svolge la sua azione biologica come coenzima B12, che, al
posto di una molecola di -CN presenta una molecola di deossiadenosina. Il coenzima interviene
nella reazione da metil-malonil-CoA a succinil-CoA, controlla la sintesi di gruppi metilici labili,
mantiene i gruppi -SH allo stato ridotto e infine interviene nella riduzione dei ribonucleotidi a
deossiribonucleotidi. La sindrome nturale da carenza di biotina è l'anemia perniciosa: la vitamina
non è carente nella dieta, ma non può essere assorbita a causa della mancanza, nel succo gastrico,
del fattore intrinseco di Castle(la vitamina rappresenta il fattore estrinseco). Si presentano
numerose lesioni ematologiche: i normoblasti sono sostituiti dai megaloblasti e gli eritrociti dai
megalociti. Nei megalociti il contenuto di Hb è superiore alla norma e l'anemia è di tipo
ipercromico. I GR vanno facilmente incontro ad emolisi, per cui negli anemici perniciosi è spesso
presente uno stadio sub-itterico. Anche i leucociti e le piastrine sono diminuiti. I linfociti tendono
invece a rimanere costanti (eccetto nella forma leucocitaria: leucopenia con linfocitosi relativa). A
livello nervoso compare, in fase avanzata, la Sindrome di Lichthein, o sindrome neuroanemica:
incoordinazione motoria e atassia, per degenerazione dei cordoni posteriori spinali. Tutti i sintomi
scompaiono rapidamente a seguito di trattamento con vit. B12.
Carenza di metili labili(no slide)
Diete carenti di colina, metionina e altri metili labili sono cause di patologie gravi al fegato
(steatosi) e al rene (alterazioni regressive di vario genere). I metili labili vengono prodotti
dall'organismo (se vi è sufficiente apporto di vit. B12 e acidi folici), ma non in maniera sufficiente,
per cui occorre assumerne in parte con la dieta.
Carenza di acido ascorbico (vit. C)
L'acido ascorbico previene lo scorbuto, la malattia carenziale più antica. L'uomo, la scimmia e le
cavie sono gli unici animali incapaci di sintetizzarlo. L'attività biologica dell'acido ascorbico è
probabilmente in rapporto con la sua grande capacità ossido-reduttiva, e riguarda probabilmente la
la sintesi delle glicoproteine. Lo scorbuto è caratterizzato da manifestazioni emorragiche.
Nell'adulto si hanno inizialmente deperimento, astenia, dolori muscolari e ipotensione arteriosa; poi
iniziano a manifestarsi emorragie(inadeguato sostegno dei vasi da parte del collagene)e scarsa
guarigibilita‘ delle ferite; è spesso presente ipercheratosi, specialmente nelle zone cutanee attorno ai
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peli. Nel bambino la malattia assume le connotazioni della Malattia di Mòller-Barlow; vi è ritardo
nell'accrescimento, ed emorragie, soprattutto a carico dell'apparato osteoarticolare: in
corrispondenza delle epifisi delle ossa lunghe e delle inserzioni sternali delle coste, dove viene a
disegnarsi il "rosario scorbutico" (da non confondere col "rosario rachitico"). Le alterazioni ossee
consistono in una diffusa osteoporosi e nell'atrofia della corticale, che causa fratture. A livello delle
microfratture si creano delle "zone dei detriti" in cui si nota la disorganizzazione ossea; la
cartilagine di coniugazione si ispessisce e così anche quella calcificata. Il processo di guarigione
delle ferite è rallentato e le difese verso le infezioni sono ridotte. Si nota (nella cavia come
nell'uomo) aumento di volume delle surrenali, a causa di processi regressivi, emorragie e necrosi.
Le surrenali contengono grandi quantità di vit. C: a livello corticale sembra servi a nella sintesi dei
corticosteroidi; a livello midollare svolge funzione protettiva nei riguardi dell'adrenalina (in carenza
va incontro ad autoossidazione e diminuisce notevolmente; questo potrebbe stare alla base
dell'ipotensione nello scorbuto). Tornando alle emorragie, non è ancora chiara la causa della
fragilità capillare: alcuni sostengono che sia dovuta ad una carenza della sintesi del collagenee del
connettivo che circonda i vasi(=ritardo anche nella guarigione di ferite); altri ritengono che la causa
sia dovuta ad una difettosa sintesi dei mucopolisaccaridi e delle glicoproteine che formano la
sostanza cementante intercellulare della membrana basale.La vit. C ha un ruolo anche nell'equilibrio
perossidativo della cellula (riduce il ferro da +3 a +2) e può avere azione antiossidante sulla
vitamina E, con azione protettiva antiradicalica. Infine negli scorbutici è presente l'anemia: esso
interviene nella riduzione dell'acido folico a tetraidrofolico, e nel pz scorbutico è molto ridotto:
l'anemia è quindi di tipo macrocitico (simile a quella da carenza di folati) ed è corretta con
assunzione di acido folico.
Carenza e ipervitaminosi A(da fare al meglio)
Esistono varie forme e stereoisomeri della vitamina A; vengono prodotte, nei tessuti animali, da
provitamine, molte delle quali sono di origine vegetale: i caroteni, che vengono convertiti dalle
cellule intestinali. La vitamina A è particolarmente importante nel fenomeno della visione: sia coni
che bastoncelli contengono cromoprotidi, contenti una parte proteica e il retinale tutto trans. La
carenza di vitamina A (nell'animale) si manifesta inizialmente con :
-arresto dell'accrescimento
-danni oculari: dapprima vi è xeroftalmia, con indurimento ed opacizzazione della
congiuntiva(macchie di bitot=detriti di cheratina nella congiuntiva) e della cornea (metaplasia
cornea cheratomalacia); questa va incontro a screpolature, su cui possono impiantarsi germi; se
l'infezione si espande all'intero occhio si parla di panoftalmite. Nell'uomo uno dei primi sintomi è
l'emeralopia, ovvero perdita della visione notturna; la ridotta funzionalità dei coni si traduce in una
diminuita sensibilità cromatica.
-Oltre alla cornea, altri tessuti vanno incontro a sostituzione con tessuti metaplastici, causando
disturbi funzionali e ridotta resistenza alle infezioni.
-ipercheratosi follicolare della cute
-cheratinizzazione della pelvi renale con formazione di calcoli(puo‘ trasformarsi in metaplasia
avanzata).
Nell'uomo l'ipovitaminosi A è spesso causa di malassorbimento o deficit nella conversione da
provitamina a vitamina (esempio nel diabete e nell'ipotiroidismo). La vitamina A ha anche attività
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antiossidante ed i danni parenchimali presenti nell'ipovitaminosi possono essere dovuti alla mancata
protezione contro i radicali liberi.
L'ipervitaminosi A, nel ratto, causata dall'introduzioni di alte dosi di vitamina (non di provitamina),
determina una sindrome a carico del sistema osteo-cartilagineo: lo spessore delle ossa diminuisce e
sono frequenti fratture; vi è poi un'anemia emolitica e nel coniglio si vede l'afflosciamento delle
orecchie (la vitamina A ad alte dosi induce lesioni lisosomiali e liberazione di catepsine). Inoltre la
vitamina A può anche causare un disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa. Infine, essendo
liposolubile, può penetrare nelle membrane e disorganizzarle.
Carenza e ipervitaminosi D
La vitamina D3 è la più abbondante nei tessuti animali e si produce dal 7-deidrocolesterolo per
irraggiamento con raggi UV e rottura dei legami tra C9 e C10. La carenza nel bambino si manifesta
con rachitismo, mentre nell'adulto con osteomalacia; le maggiori conseguenze sono a carico delle
ossa: nel bambino il difetto maggiore è a carico delle cartilagini di coniugazione (aumenta di
spessore e di altezza, la disposizione delle cellule è alterata e i processi di calcificazione sono
scompaginati o assenti; l'osso si impoverisce della parte calcificata e aumenta l'osteoide; i canali di
Havers risultano ristretti od obliterati), mentre nell'adulto è a carico del periostio e dell'endoostio.
Nel bambino nei primi anni di vita, per carenza di vit. D si nota ritardata o mancata chiusura delle
"fontanelle". L'appiattimento dell'occipite e della volta cranica dà origine al caput quadratum; il
caput natiforme prevede invece la prominenza delle bozze frontali e parietali e e un avvallamento in
corrispondenza della sutura sagittale. Si osservano poi alterazioni caratteristiche del torace, quali il
torace a clessidra (restringimento della parte mediana), e di pollo (convessità anteriore dello
sterno). Sono frequenti la cifosi e la scoliosi. È presente anche il rosario rachitico, causato
dall'ingrossamento delle giunzioni sterno-costali. Si osservano anche alterazioni delle ossa del
bacino e degli arti inferiori (gambe a falce). Nell'adulto l'osteomalacia si manifesta come
deformazione delle ossa soggette alla gravità, ovvero del bacino, colonna vertebrale torace e arti
inferiori. Nel bambino la carenza è quasi sempre dovuta a carenza nella dieta o per disturbi
alimentari; nell'adulto invece è quasi sempre causata da aumenti del fabbisogno della vitamina. Nel
bambino oltre al rachitismo intestinale esiste una forma di rachitismo renale, che dipende da
eccessiva perdita di fosfati e calcio a livello renale. Nel bambino, accanto alle alterazioni ossee, vi
sono disturbi muscolari e nervosi, ipofosfatemia, e possibile conseguente ipocalcemia, causa dei
disturbi dell'ossificazione.
La sindrome ipervitaminosica è caratterizzata da alterazioni a carico delle ossa e dei connettivi degli
organi parenchimali: nelle ossa si notano fenomeni di decalcificazione, mentre nei connettivi si
notano processi di calcificazione. Nel sangue troviamo ipercalcemia; vi è un'aumentata emolisi, in
rapporto con un'azione proossidante della vitamina, che porta alla perossidazione delle membrane
interne degli eritrociti. A livello mitocondriale causa disaccoppiamento della fosforilazione
ossidativa e attivazione dell'ATPasi.
Carenza di vitamina E
Carenza di vitamina E causa sterilità, grave distrofia muscolare,encefalomalacia e altri processi
regressivi del parenchima epatico e di altri. La vitamina E ha elevato potenziale ossidoreduttivo e si
pensa possa partecipare alle reazioni della catena respiratoria o della fosforilazione ossidativa
(declino respiratorio: una sua carenza causa declino delle attività ossidative dei tessuti) e
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funzionare come agente antiossidante (la sindrome carenziale prevede perossidazione dei lipidi
insaturi e conseguenze tissutali). Nella ipovitaminosi E le lesioni muscolari sono le più frequenti e
sono definite distrofie muscolari nutrizionali: si ha alterazione delle miofibrille con diminuzione
della miosina, a cui segue la perdita della capacità che ha l'actina di polimerizzare. È frequente la
necrosi delle fibre muscolari o una loro atrofia, per cui le fibre appariranno di diverso spessore.
Questo porta alla riparazione del tessuto muscolare e possono comparire siti di calcificazione.
L'encefalomalacia (frequente nei pulcini) prevede degenerazioni a carico del cervello e di fasci
nervosi, che porta a atassia, ipertonie e spasmi dei muscoli scheletrici, paralisi. Compare poi uno
stato edematoso diffuso (anasarca). Sono frequenti versamenti sierosi ed endoarticolari e
manifestazioni emolitiche. Nel maschio si assiste poi a degenerazione e necrosi dell'epitelio
germinativo, fino alla sterilità definitiva: i testicoli vanno in atrofia. A livello epatico si ha steatosi e
necrosi.
Carenza di vitamina K
I batteri intestinali producono abbondanti quantità di vitamina K, per cui non esiste una sindrome
carenziale vera e propria nei mammiferi, ma può comparire tuttavia a seguito di gastroenteriti o di
malassorbimento dei lipidi dovuto a disfunzioni biliari o epatiche. La principale conseguenza di una
ipovitaminosi K è la scarsa coagulabilità del sangue (K da Koagulation), causata dalla ridotta sintesi
epatica di protrombina e di vari fattori della coagulazione. Sostanze derivanti dal dicumarolo,
un'anti-vitamina, sono usate come farmaci anticoagulanti.
Carenza di acidi grassi insaturi essenziali (omega-3 e omega-6)
Gli acidi grassi insaturi della serie omega-3 e omega-6 non sono sintetizzabili e vanno assunti con la
dieta, ma sono essenziali nella costituzione delle membrane cellulari, essendo tra i più frequenti
nella costituzione dei fosfolipidi. Nel ratto si notano ritardo nella crescita, con aumento del
metabolismo basale, aumento del consumo idrico e steatosi epatica. In realtà non sarebbero delle
vere vitamine, in quanto hanno funzione plastica e non catalitica (come gli aa essenziali). Tuttavia
molti ancora li classificano come vitamina F.
Carenza di sostanze minerali
Alcuni minerali funzionano come materiale plastico e sono inclusi in strutture biologiche, altri come
cofattori o catalizzatori di reazioni enzimatiche. Il fabbisogno giornaliero di questi metalli è molto
basso. Una sindrome carenziale, da insufficienza di iodio, è il gozzo (ipotiroidismo primario).
Molto più frequqnti sono però le sindromi policarenziali, come la sindrome da fame, in cui sono
carenti sostanze plastiche, vitamine e minerali. Alcune sindromi carenziali sono state però
provocate in laboratorio:
La carenza di calcio causa alterazioni nella composizione e nella funzione del sistema scheletrico.
La sintomatologia è quella descritta con l'avitaminosi D (che causa, a tutti gli effetti, una carenza
calcica).
Le carenze di ferro consistono in anemia ipocromica e in processi regressivi di vari tessuti
(specialmente cute e annessi, mucosa orale e fegato). L'anemia è causata da una ridotta sintesi
dell'emoglobina, di cui il ferro è una componente essenziale. La sideropenia non sempre è causata
da una carenza nell'apporto del ferro, ma più spesso in un malassorbimento intestinale, con varie
cause (es: achilia gastrica) o per eccessivo consumo (es: emorragia). È nota anche una sindrome da
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eccesso di ferro, dovuto ad alterazioni genetiche dei trasporti del metallo (emocromatosi
sistemiche): il ferro ha azione proossidante e causa formazione di radicali e perossidazione lipidica,
con difetto dell'accrescimento, anemia emolitica, processi regressivi di vari tessuti.
Il selenio è cofattore di una glutatione-perossidasi e una sua carenza causa declino delle capacità
ossidative delle cellule, soprattutto del fegato, fino alla necrosi epatica (la somministrazione di
vitamina E migliora il quadro).
Sindromi pluricarenziali
Oltre al kwashiorkor e alla sindrome da fame (di cui si è parlato), un'altra sindrome pluricarenziale
comune è la sprue (nostras se avviene in Europa (sporadicamente) o tropicale (America centrale e
Stati Meridionali dell'America del Nord, Antille e Asia Orientale)). Caratteristico della sprue
tropicale è un malassorbimento dei grassi, con diarrea e carenza di fattori plastici, vitaminici e
minerali. Si manifesta con addome tumido e disteso, steatorrea, AGL alti, anemia ipercromica,
sindrome neuranemica (simile a quella dell'anemia perniciosa), tetania (difettoso assorbimento del
calcio).
La celiachia o morbo celiaco è causata da un'intolleranza immunologica alle proteine del glutine,
che causa un'infiammazione intestinale alla base del malassorbimento. Si notano anemia, arresto
dell'accrescimento, steatorrea, tetania e ipocalcemia.
PATOLOGIA DA RADICALI (an-P)
Il radicale libero è una specie chimica a cui sono associati uno o più elettroni spaiati(definito anche
come specie chimica con numero dispari di elettroni) .
La formazione di un radicale avviene quando un coposto, invece di dividersi in maniera
eterolitica(asimettrica) formando due ioni si divide in maniera omeolitica. L‘energia di
dissociazione(energia necessaria per rompere un legame) adatta per questo processo può derivare
dall‘irraggiamento, dall‘emolisi termica o da altre reazioni di ossido riduzione.non e‘ vero che i
radicali liberi sono instabili e reattivi per definizione ad esempio l‘ossidrile e‘ instabile e molto
reattivo(ha una vita brevissima)mentre il trifenilmetile e‘ stabile e poco reattivo con vita
lunghissima. La stabilita chimica infatti dipende anche dalla concentrazione della specie chimica e
delle altre sostanze,dalla reattivita‘.la reattivita‘ dipende a sua volta dalla temperatura(T bassa
=riduzione della mobilita‘ delle molecole) e dal potenziale di ossidoriduzione.
RADICALI DELL‘OSSIGENO
L‘O2 ha due elettroni spagliati(viene definito diradicale libero)e si posiziona nello stato di tripletto
che e‘ poco reattivo.
<Singolo,doppietto o tripletto sono termini della spettroscopia atomica e derivano dal valore che
assume la quantita‘ 2S+1 dove S e‘ il numero di spin totale.Lo spin e‘ un numero che concorre a
determinare lo stato quantico.
Se S=0 abbiamo lo stato singoletto con spin accopiati antiparalleli,
S=1\2(2x1\2+1=2)abbiamo lo stato di doppietto con spin antiparalleli
S=1(2x1+1=3)abbiamo lo stato di tripletto con spin accoppiati e paralleli.
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Per il teorema di Pauli pero‘ uno stesso strato non puo‘ contenere due elettroni nello stato stato
energetico quindi questi devono avere spin opposto ma poiche‘ essi hanno direzione parallela
formani una barriera all‘inserimento di coppie di elettroni che puo‘ essere superata attraverso
l‘inversione di spin,la riduzione univalente e la coordinazione con un metallo di transizione che
possiede elettroni spagliati.>
Se la riduzione dell‘ossigeno si svolge in varie tappe abbiamo la formazione di radicali
dell‘ossigeno ROS( RNS se e‘ presente anche l‘azoto).
perossido d‘idrogeno Forma radicali liberi attraverso la reazione di fenton.
H2O2
Diffonde ampiamente nelle cellule
Anione
superossido Generato in errori della catena di trasporto degli elettroni e da reazioni
(O2-)
citosoliche quando l‘O2tripletto riceve un elettrone da un riducente.esso si
trova in equilibrio con HO2•secondo pka=4,8 quindi a pH neutro prevale
l‘anione superossido.Produce altri ROS ma non diffonde lontano dalle
proprie origini. Puo‘ formare acqua ossigenata o riducendosi o attraverso
la dismutazione enzimatica
Radicale idrossilico o Generato dal H2O2 attraverso la reazione di fenton catalizzata da Fe++ o
ossidrile OH•
Cu++.E‘ il radicale maggiormente responsabile degli attacchi alle
macromolecole in quanto e‘ la specie piu‘ tossica poiche‘ e‘ priva di
meccanismi di inattivazione endogena.
Perossido di azoto NO Prodotto attraverso reazioni enzimatiche.reagendo con l‘O2 forma il
radicale NO2 e il perossinitritico
Perossinitrito(ONOO-) Formanto dalla reazione tra NO(ossido nitrico) con O2Se viene protonato ONOOH puo‘attraversare le membrane dove is scinde
in ossidrile OH• e NO2 che danneggiano le molecole
Radicale
perossido Prodotto durante la perossidasi lipidica
lipidico(RCOO•)
Acido
Prodotto dai macrofagi e dai neutrofili durante l‘esplosione che
ipocloroso(HOCl)
accompagna la fagocitosi.Forma radicali ipocloriti.
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O2
Si forma nelle reazioni di decadimento dei perossidi e degli idroperossidi
e‘ una specie molto reattiva non radicalica.
Reazione di Fenton:Fe⁺⁺+H2O2→Fe⁺⁺⁺+OH-+OH•
Reazione di Haber-Weiss:O2-+H++H2O2→O2+H2O2+OH•
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REAZIONI RADICALICHE
Le reazioni che che coinvolgono radicali sono reazioni a catena
che seguono un‘andamento : fase iniziale –propagazione(il
numero di radicali liberi rimane costante)- terminazione.
I ROS agiscono attraverso:
1. stress ossidativo:comulativo di tutte le altre
azioni.tericamente dovrebbe esser definito come la risposta
all‘aumento delle reazioni ossidanti in realta‘ si considere come
condizione patologica dovuta al disequilibrio tra le reazioni
ossidanti e quelle antiossidanti con il primeggiare delle prime.
2. lipoperossidazione:vedi radiazioni.Il fenomeno si
arresta quando due radicali si uniscono
3. deplezione delle tiolo proteine
4. alterazione dell’omeostasi del calcio:aumento della
concentrazione a partire dal RE e dal LIC.L‘aumento attiva
enzimi
degradanti
calcio
dipendenti(fosfolipasi,proteasi,nucleasi)ed e‘ responsabile delle alterazioni del
citoscheletro→vacuolizzazione e morte cellulare.
Nello stress ossidativo l‘attivazione di pompe calcio e‘ ridotta
per la deplezione dei SH(per prevenire questo evento si
somministrano tioli)
5. Danni a carico del DNA->sono infatti presenti nelle
trasformazioni neoplastiche.
L‘autoossidazione è un processo che consiste nella nella ossidazione di materiale organico non
accompagnata da fiamma e con la formazione del legame -O-O-(perossidi da cui perossidazione)
che determina la decomposizione del materiale ossidabile.L‘ossigeno si combina velocemente con
radicali liberi reattivi formando i radicali liberi perossilici che sono piu‘ stabili e attaccano i lipidi
insaturi estraendo idrogeni allilici(che determinano la formazione di un allile ossia elettrone
delocalizzato su tre (CH2=CH-CH2•) .
la perossidazione dei grassi insaturi che promuove la fomazione di diversi composti, alcuni dei
quali esaltano le proprietà organolettiche causando l‘irrancidimento dei grassi.
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L‘ossidazione non controllata dei lipidi di membrana porta a stress e deterioramento cellulare ed è
la base di molte patologie.
Interessante anche notare che esistono reazioni tra:
-perossidi lipidici e proteine che danno luogo a complessi simili alle lipofuscine(che si accumulano
nei tessuti durante l‘invecchiamento)
-processi di glicosilazione non enzimatica sono favoriti dagli idroperossidi e favoriscono
l‘autossidazione lipidica.Abbiamo la formazione dei prodotti di Amadori che vengono poi ossidati
(glicossidazione) con reazioni radicaliche che formano ponti intermolecolari dando origine ai
composti di Maillard.
INIBITORIdei radicali liberi:
Sono sostanze radicaliche o no che,reagendo con i radicali liberi,bloccano l‘andamento delle
reazioni o lo rallentano formando radicali piu‘ stabili.Gli inibitori vengono definiti antiossidanti e si
dividono in primari( o sistemi di protezione;se interferiscono con la formazione degli stessi radicali
iniziali) e secondari(se interferiscono con la propagazione;esempio la vitamina E distribuita nelle
membrane)
Abbiamo diversi meccanismi di protezione,ossia:
 riduzione dell‘ossigeno da parte di elettroni senza il rilascio di radicali grazie ad enzimi
leganti ossigeno e substrati che trattengono l‘ossigeno finche‘ si lega il secondo elettrone.
 nel plasma troviamo sostanze antiossidanti(che non osno presenti nel liquido extracellulare).
Le sostanze non enzimatiche sono:
Tioli
Urato
Ascorbato:rigenera la vitamina E a partire dal tocoferossile trasformandosi in ascorbile che
viene ridotto in ascorbato dalla NADH reduttasi.
Tocoferoli:α-tocoferolo per la sua natura lipofila si riscontra nella membrana cellulare.
-reagisce con radicali liberi perossilici originati da lipoperossidazione impedendo la propag.
-interagisce con il tocoferolo (vitamina E+perossile)dando prodotti radicalici.
-inibisce la PKC e arresta il meccanismo di crescita(funzione dissociata da quelle
antiossidanti)
Le sostanze enzimatiche sono:
-superossido dismutasi(trasforma superossido in acqua ossigenata che pero‘ e‘ ancora
tossica perche‘ in presenza di ferro puo‘ esser trasformata in ione ossidrile)
-catalasi:eme enzima citoplasmatico(trasforma l‘acqua ossigenata in acqua)
-GSH-perossidasi(trasforma l‘acqua ossigenata in acqua attraverso la trasfomazione delGSH
in GSSG)agisce pero‘ in dipendenza dalla concentrazione di GSH(glutatione) e quindi della
GSH-reduttasi(NADPH dip)
 sistemi di protezione
-Sequestratori di metalli(metal ion deactivator):per Ferro(transferrina,lattoferina,ferritina),
Emoglobina (aptoglobina),stabilizzazione eme(emopressina)Rame(ceruloplasmina e
albumina).
-quencher di ROS:cheratenoidi e superossido dismutasi che attuano il Quenching (la
riduzione)dell‘ossigeno singoletto 22O2•+2H⁺→H2O2+O2
-ultraviolet light deactivator:composti che assorbono precocemente le radiazioni
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-inattivatori di perossidi:catalasi,perossidasi,scavengers(vit.c e vit.e)molecole con gruppi
SH(glutatione=acido glutammico+cisteina+glicina),enzimi di riparazione del DNA.
SORGENTI CELLULARI DIRADICALI LIBERI.
Non è possibile rilevare direttamente i radicali ma è stato dimostrata la loro presenza grazie allo
studio delle traccie lasciate da reazioni di fenton e simili. i radicali si formano in diversi processi del
metabolismo cellulare:
 sistema di trasporto della vitamina c (la vit c funge da trasporto elettronico idrosolubile ma
acquista un‘elettrone per volta)
 attivita‘ della xantina ossidasi,della catena mitocondriale e microsomiale,nella
fagocitosi,nelle reazioni della cicloossigenasi e lipoossigenasi e nelle reazioni dell‘acqua
ossigenata abbiamo la formazione di ROS.
 attivita‘ dell‘NOS che produce NO(mediatore vascolare,nervoso e infiammatorio)
 prodotti nell‘attivita‘ della succinico deidrogenasi e nelle catene di trasporto
elettronico=semichinoni
 ossidazione dell‘ascorbato prevede la formazione di intermedi radicalici libere
Tutti questi radicali hanno la caratteristica di esser prodotti e di estinguersi all‘interno di un
microambiente in cui e‘ presente il loro accettatore fisiologico.in assenza di un controllo enzimatico
efficente i ROS possono diffondere e compromettere la vitalita‘ cellulare.
Abbiamo inoltre formazione di radicali durante lesioni cellulari:
 Radiolisi dell‘H2O:vd sopra.definita sorgente primaria di radicali liberi.
 Attivazione metaboliche di alcuni farmaci mediate dal citocromo P450(sorgente secondaria
di radicali liberi)
 Le lesioni da radicali possono esser anche dovuti ad un sovraccarico di Fe e Cu che
attraverso reazioni fenton simili producono OH•.
I radicali liberi sono infatti mediatori dell‘infiammazione:
 Attraverso lipoperossidasi diretta o indiretta attivano fattori chemotatticiper i fagociti.
 Aumentano l‘attivita‘ proteasica lisosomiale dei leucociti a anche alterano la matrice
extracellulare.
 Radicali prodotti dai fagociti:difesa primaria contro le infezioni batteriche che pero possono
anche determinare danni genetici e lesioni vascolari acute, renali e polmonari.
Quest‘ultimi vengono ridotti dall‘azione combinata di superossido dismutasi(che trasforma
O2- in H2O2 diminuento la lipoossigenazione che richiama fagociti)e catalasi(trasforma H2O2
in H2O e O2).
 Macrofagi e granulociti attivati possono produrre NO che determina vasodilatazione e
richiamo dei leucociti.
 I ROS, alterando lo stato redox(dipendete dal rapporto glutatione ridotto/glutatione ossidato
(2GSH/GSSG) e dalla concentrazione di disolfuri liberi;che e‘fondamentale affinchè
possano svolgersi attività biologiche dato che può influenzare la trasduzione del segnale,la
formazione di legami e la struttura delle proteine e delle membrane),sono in grado di
attivare classi di geni tra cui NF-kB (con conseguente produzione di GM-CSF,TNF-β,IL-6)
e AP-1 (che produge TGF-β citochina fibrogenetica) e MAP-K(fosforilazione delle
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proteine).inoltre inducono la fine del blocco del ciclo cellulare interagendo con p53\p21 e
determinano apoptosi attraverso la via mitocondriale.
Nb:A seguito di un ischemia possiamo avere danno da riperfusione dove il ripristino della
circolazione ha come risultato l‘infiammazione e lo stress ossidativo(danno ai tessuti coinvolti)e
comporta necrosi.questo fenomeno e‘ dovuto a diversi meccanismi:
 Perditadell‘omeostasi ionica dovuta alla riduzione dell‘ATP che determina una riduzione
dell‘attivita‘ della pompa Na\K con conseguente aumento di Na che viene scambiato con la
pompa Na\Ca.
 Attivazione della xantina ossidasi che ossida l‘ipoxantinaad a.urico usando come substrato
l‘ossigeno->produce anione superossido.L‘ipossia e l‘aumento del catabolismo del ATP
generano aumetata attivita della xantina ossidasi( per accumulo di ipoxantina) e aumentate
quantita‘ attraverso la trasformazione della xantina-deidrogenasi.L‘aumento del flusso nella
riperfusione determina aumentata attivita della xantina ossidasi con produzione di ROS
 Disfunsioni mitocondriali(dovuti a danni della membrana)che determinano un aumento dei
ROS.
 Liberazione di ioni Fe da depositi intracellulari sempre per danni legati alla membrana
 Presenza di cellule infiammatorie:richiamate dall‘ischemia,liberano enzimi litici che
possono produrre ROS.
PATOLOGIE ASSOCIATE AI RADICALI LIBERI
Patologie correlate a fibrosi: cirrosi , colestasi cronica, pneomocitosi emocromatosi genetica, morbo
di wilson.
Sono tutte caratterizzate da una situazione di infiammazione persistente (cronica) che genera
deposito di connettivo. Nelle cirrosi è evidente come l‘aumento dei prodotti di perossidazione
lipidicaabbiamo necrosi focali, e aumentata produzione di connettivo e riduzione delle capacita‘
rigenerativa delle cellule. Nel bevitore cronico una dieta che combina alte quantità di lipidi ad alte
quantità di ferro fa aumentare enormemente la progressione della fbrosi,mentre un trattamento
antiossidante riduce la formazione di fibrosi.
Nella colestasi cronica abbiamo infiltrato infiammatorio e accumulo di collageno dovuto alla
presenza di ROS prodotti dall‘attivazione di macrofagi e dall‘alterata funzionalita‘ mitocondriale.
L‘emocromatosi è un disordine genetico recessivo del metabolismo del ferro, anche in questo caso
la perossidazione di lipidi dovuta alla presena di Fe aumenta la formazione di collagene e il danno
tissutale tramite produzione dello ione ossidrile(OH•).Anche questa patologia e‘ aggravata dal
consumo di alcool.
Nel caso del morbo di wilson è il rame che, depositandosi nell‘encefalo, nell‘occhio e nel fegato ,
stimola le reazioni redox con formazione di radicali e successiva evoluzione fibrotica e cirrosica.
La pneumocitosi è una patologia nel quale l‘inalazione di sostanzeche promuovono la formazione
di radicali porta alla conseguente deposizione di collagene negli alveoli(fibrosi polmonare). Caso
emblematico è l‘asbestosi nella quale le molecole di asbesto incrementano notevolmente
l‘attivazione alternativa dei macrofagi con produzione di ROSe attivazione di NF-kB e AP-1.
Arteriosclerosi
È una malattia delle arterie caratterizzata da lesione complessa ed evoluzione necrotica che inizia
nell‘intima e si estende alla media; elementi della lesione conclamata sono la formazione di nuclei
lipidici, l‘nfiammazione, la neoangiogensi e la deposizione di molecole della matrice. Il danno
iniziale è dovutoal deposito nella tonaca delle arterie di lipidi provenienti dalle LDL. La lesione
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causa infiammazione con richiamo di macrofagi con formazione delle cellule schiumose e della
placca ateromatosa. Pare che l‘ossidazione dei lipidi giochi un ruolo fondamentale nello sviluppo
dell‘infiammazione conferendogli proprietà anterogene: effetto chemotattico, induzione di molecole
di adesione, la trasformazione dei macrofagi in cellule schiumose,effetto proliferativo sulle cellule
muscolari.(Risulta invece antianterogeno l‘effetto inibente sulla produzione di PDGF che stimola la
proliferazione di cellule muscolari liscie). Negli stadi avanzati la notevole formazione di matrice
extra cellulare intorno al vaso sembra esser promossa da meccanismi simili a quelli che
intervengono nella cirrosi. È da ricordare prò che le ricerche sull‘interazione ossidanti- lipidi
nell‘evoluzione dell‘arteriosclerosi hanno dato risultati discordanti e nn conclusivi.
Alzheimer
È la più frequente forma di demenza senile in cui vi è un progressivo deterioramento delle funzioni
cognitive correlato al deposito extracellulare di βamiloide e ad inclusioni intracellulari di ammazzi
neuro fibrillari in diverse are del SNC
Nelle regioni dove vi è deposito di amiloide è riscontrato anche un‘ aumento di attività ossidante e
di produzione di nitrati, quindi pare che nella progressione della malattia siano importanti tanto i
danni dovuti alla tossicità della amiloide quanto quelli dovuti alla presenza di radicali dell‘O2 e
nitrati.
Parkinson
È una patologia che coinvolge i nuclei della base e i cui sintomi sono dovuti a una degenerazione
dei neuroni dopaminergici della sostanza grigia. Evidenze sperimentali fanno pensare che nella
degenerazione dei neuroni sia implicato un‘aumento dei meccanismi ossidativi, della per
ossidazione dei lipidi e della ossidazione del dna.
I nitrati inoltre sono particolarmente dannosi per l‘attività dell‘ Enzima tirosina idrossilasi
fondamentale per la produzione di dopamina.
Dato che il metabolismo fisiologico della dopamina genera acqua ossigenata i neuroni
dopaminergici sono particolarmente predisposti all‘accumulo di radicali ed esposti al rischio di
danno ossidativo.
Diabete mellito
Pare che vi sia una correlazione tra ossidazione e livello di zuccheri del sangue: infatti
l‘iperglicemia causa formazione dei prodotti di amadori (glicazione) che vengono favoriti e
stabilizzati dall‘autoossidazione. Inoltre elevati livelli di glucosio causano squilibrio dello stato
redox della cellula dovuto a inibizione di superossido dismutasi, glutatione per ossidasi e vitamine.
INVECCHIAMENTO
È un processo caratterizzato da una serie di alterazioni sequeziali che si accumulano con l‘avanzare
dell‘età e che causano un deterioramento dei meccanismi di riparo e regolazione.
Pare chela generazione di radicali e l‘accumolo di molecole difettose siano uno dei principali fattori
che va a compromettere le funzioni fisiologiche della cellula.
tra i segni più evidenti si riscontra un accumolo di lipofuxine(pigmenti dell‘età) che derivano da
interazione dilipoperossidi e proteionedieta ipocalorica=meno substrati ossidabili = meno
invecchiamento.
Un altro fattore determinante è l‘accumulo di ferro dovuto all‘età.
Inoltre anche l‘accumulo di danni a livello del DNA e‘ un fattore favorente l‘invecchiamento in
qunato riduce l‘espressione genica e aumento delle proteine ossidate.
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L’INVECCHIAMENTO (mt-D)
INVECCHIAMENTO FISIOLOGICO E PATOLOGICO
La vecchiaia è l‘ineluttabile fase di declino che ogni organismo incontra prima della conclusione
della vita: è un evento normale e fisiologico. L‘organismo però vi giunge attraverso eventi che
ledono la sua integrità, pertanto l‘invecchiamento può essere considerato un fenomeno patologico
(alcuni autori parlano di ―malattia senile‖) e, in quanto patologia, può essere curato e prevenuto.
Vari studi riportano che la massima durata della vita di un essere umano è 120 anni.
I fenomeni di senescenza sono diversi da una specie all‘altra e, in uno stesso individuo, da un tipo
cellulare all‘altro. Gli organismi unicellulari cessano la loro esistenza dividendosi in cellule figlie
prima che appaia la senescenza, negli organismi superiori si ha invece la comparsa di alterazioni a
partire dagli elementi cellulari a lunga vita (le cosiddette cellule stabili e perenni), mentre le cellule
labili si dividono prima di entrare in senescenza. Le cellule possono essere suddivise in quattro
categorie:




Intermitotiche vegetative: prima che inizino i processi di senescenza queste cellule si
dividono dando origine a elementi uguali a loro stesse. Esempio: cellule di epiteli mono- e
pluristratificati (tutte uguali tra loro), cellule di alcune ghiandole.
Intermitotiche differenzianti: man mano che si dividono, queste cellule danno origine a
elementi sempre più differenziati: è presente la maturazione, considerata un fenomeno
iniziale della senescenza. Esempio: cellule basali dell‘epidermide (che si differenziano nelle
cellule degli strati successivi), cellule del midollo osseo (che formano le cellule del sangue),
cellule germinali di ovaio e testicolo.
Postmitotiche sdifferenzianti: cellule parenchimali (di fegato, rene, ghiandole) che in
alcune condizioni tornano indietro nella linea differenziativa e riprendono a proliferare.
Postmitotiche stabili: cellule prive di capacità riproduttiva.
I fenomeni di senescenza sono propri delle cellule intermitotiche, specialmente delle stabili.
L‘invecchiamento coincide dunque con la perdita della capacità di differenziarsi e riprodursi: non
va però confuso col differenziamento, dove c‘è trasformazione di funzioni, mentre nella senescenza
vera e propria le funzioni vengono gradualmente perse. Senza differenziamento non c‘è
invecchiamento, ma cellule differenziate diventano senili solo se perdono le loro funzioni.
La senescenza e‘ importante nella sopressione e nello sviluppo di tumori,contribuisce
all‘invecchiamento,puo‘ contribuire alla normale riparazione dei tessuti.
La senescenza viene innescata da:
Determina attivazione di P53 e ATM
-erosione dei telomeri
-persistenza di danno del DNA
NB:la riduzione di attivazione di p53 è causadi tumori
-stress cellulare(ddovuto a inappropriato substrato,siero,ROS)
-eccessivo segnale mitotico o perdita di Pten oncosoppressore.
Le cellule senescenti possono presentare marker di senescenza(SA-βgal e DDR).
Cellule senescenti sono presenti nei nevi premaligni e negli adenomi del colon(meccanismo di
risposta alle cellule mutate;tutto cio che innesca la senescenza può innescare il cancro) ma con il
progredire del tumore i marker diminuiscono(sono saltati i meccanismi di difesa dell‘organismo
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abbiamo errori nei pathways di senescenza→tumore→se abbiamo di nuovo risposta di senescenza
abbiamo riduzione del tumore o risposta infiammatoria).
SASP: il fenotipo pro infiammatorio secretorio che le cellule istaurano quando vanno incontro a
senescenza replicativa costituito da GROα IL-6 e IL-8.I SAPS factor possono indurre l‘apoptosi o
l‘arresto della crescita e determinano la formazione di infiammazioni croniche.I fibroblasti
senescenti producono VEGF e metalloproteinasi di matrice(MMPs).
Le SASP sono in grado di comunicare la situazione di danneggiamento alle cellule vicine e
stimolare la riparazione.
Nei topi vediamo che:
-danni epatici→cellule di ito→ECM→se le cellule di ito diventano senescenti producono MMPs
che permettono il rimodellamento dell‘ECM ,se non lo diventano determinano una severa fibrosi
-meccanismo di riparazione della pelle:se CCN1(proteina ciclin 1)sana allora avremo reclutamento
dei fibroblasti e loro successiva senescenza che determina modulazione della cicatrizzazione senno
non verra modulata.
PROTEINA p53
proteina anti-neoplastica p53 è un attivatore chiave della senescenza cellulare, come dimostrato dal deficit
di p53 che sopprime il fenotipo di invecchiamento precoce dell’ultima generazione di 64 N. FERRARA, G.
CORBI, ET AL.topi knock out per telomerasi 83. Il tipo di risposta cellulare p53-dipendente (arresto cellulare,
apoptosi o senescenza) deriva spesso dal particolare tipo cellulare esaminato o dal tipo e dalla severità
dello stress a cui le cellule sono esposte. Topi con p53 mutata hanno, ad esempio, un’aumentata incidenza
di cancro 84 ed il segnale è alterato in circa l’80% dei cancri umani 85, indicando che funzioni p53-mediate
sono importanti per la soppressione tumorale
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE E FUNZIONALI DELL‘INVECCHIAMENTO
L‘invecchiamento deriva da una somma di eventi lenti e progressivi:






Processi biologici progressivi con lesioni di cellule e componenti intercelluari che portano a
modifiche morfologiche evidenti. Ad es. imbianchimento dei capelli, atrofia e perdita di
funzione degli organi (specialmente degli organi di senso), cute, vasi e polmoni sono meno
elastici ecc.
Declino funzionale e strutturale progressivo del sistema riproduttivo: ipogonadismo senile
che causa impossibilità di riprodursi e alterazioni metaboliche e psichiche.
Comparsa di malattie metaboliche ereditarie e acquisite
Accumulo di sequele di malattie precedentemente superate
Diminuita capacità di adattamento alle variazioni dell‘ambiente
Modificazioni della psiche.
La senescenza dell‘uomo è distinta in tre fasi:



periodo presenile da 45 a 60 anni: i segni dell‘invecchiamento iniziano ad accumularsi
lentamente.
Senescenza o invecchiamento vero e proprio, da 60 a 70 anni, in cui si concentra la
decadenza.
Senilità, oltre i 70 anni, in cui avvengono le manifestazioni terminali.
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In realtà alcune alterazioni, ad es. nei vasi sanguigni, iniziano ad apparire già a 35 anni.
L‘organismo dell‘anziano ha composizione percentuale diversa rispetto al giovane, in particolare,
varia molto il contenuto di acqua. Durante la crescita il contenuto d‘acqua diminuisce a causa dello
sviluppo degli organi di sostegno, con una ricca parte minerale; nell‘anzianità la perdita del
contenuto d‘acqua dipende dalla sostituzione delle cellule dei parenchimi col connettivo. L‘acqua,
oltre a diminuire (che in realtà non è un fenomeno senile ma maturativo), ha una diversa
distribuzione nei tessuti: nell‘anziano diminuisce il contenuto d‘acqua nella corteccia cerebrale,
mentre aumenta nella pelle e nel muscolo. In generale, diminuisce il LIC e aumenta il LEC. Ciò è
dovuto a riduzione della componente cellulare, a un sub-edema dell‘interstizio (forse dovuto
all‘alterata funzionalità cardiaca e renale), e da una minore idrofilia delle proteine citoplasmatiche
ed extracellulari, dovuta a diminuzione delle proteine solubili e aumento delle insolubili (es.
collageno).
Le modificazioni chimico-fisiche delle proteine le rendono meno attaccabili dagli enzimi (es.
collagenasi). Le proteine sono meno solubili perché tendono a legarsi tra loro con ponti
intermolecolari (cross-linking) formando grosse macromolecole: questo processo può essere
attivato mediante reazione con lipoperossidi, a loro volta formati dall‘azione di radicali liberi.
L‘aggregato proteine-lipoperossidi può precipitare formando la lipofuscina, contenuta nei lisosomi
e abbondante nelle cellule degli anziani. Fenomeni di perossidazione avvengono anche nella
mielina. La sintesi proteica è in generale rallentata e si crea una progressiva perdita di proteine
mentre quelle presenti aumentano il loro grado di ossidazione; l‘attività degli antiossidanti
diminuisce.
Gli acidi nucleici diminuiscono. Diminuiscono i processi di acetilazione e fosforilazione degli istoni
(che ne impediscono il legame col DNA, permettendo la trascrizione), in questo modo la
funzionalità del DNA è ridotta; è ridotta anche la sintesi di RNA ribosomale. La riduzione della
sintesi proteica porta a diminuzione delle proteine strutturali con atrofia dei parenchimi (atrofia
senile), il più colpito è il tessuto muscolare. Diminuiscono i volumi di fegato, reni, ghiandole; cute
e mucose si assottigliano (l‘atrofia della mucosa del tratto digerente porta a denutrizione detta
anoressia senile). Nelle ossa diminuisce la componente proteica e aumenta in percentuale la parte
minerale che, per mancanza della matrice proteica, diventa disorganizzata e friabile con aumento
della probabilità di frattura.
L‘atrofia senile è spiccata nelle ghiandole endocrine.



Nelle surrenali sono spiccati i fenomeni degenerativi (a volte sono presenti iperplasie),
soprattutto nella corticale, che va progressivamente in fibrosi: la produzione di ormoni
(principalmente del cortisolo) è ridotta, ma le concentrazioni plasmatiche e urinarie sono
normali a causa della ridotta utilizzazione degli ormoni da parte dei tessuti (sono però
presenti segni di insufficienza surrenalica).
La tiroidediminuisce di volume e aumenta la sua componente fibrotica a cui si devono
lesioni parenchimali secondarie. L‘epitelio follicolare si assottiglia e spesso degenera;
colliode si accumula nella cavità.
L‘ipofisi si fa più piccola, aumentano le cellulebasofile (TSH,ACTH,FSH, LH;che a volte
formano adenomi), si riducono le ossifile; spesso compaiono cavità piene di colloide. Queste
100
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
alterazioni sono secondarie all‘ipogonadismo, a cui si deve anche l‘aumentata secrezione di
gonadotropine.
Gonadi: nel testicolo i tubuli seminiferi si atrofizzano e le cellule interstiziali sono
ipofunzionanti; le ovaie si riducono ad ammassi fibrosi.
Nelle persone anziane si hanno alterazioni dei lipidi. I trigliceridi del pannicolo adiposo aumentano
a causa dello squilibrio tra gli alimenti assunti e i consumi: il regime alimentare resta costante ma la
richiesta energetica è minore. I grassi, specialmente trigliceridi e colesterolo, tendono anche ad
accumularsi nel sangue come lipoproteine a bassa densità. In generale, tutto il metabolismo va in
declino: diminuiscono l‘assunzione di O2 e la produzione di CO2; diminuisce la produzione di
calore. Le alterazioni metaboliche sono dovute al deterioramento funzionale dei mitocondri:
diminuisce il potenziale di membrana, si riduce l‘efficienza della fosforilazione ossidativa e del
controllo respiratorio, aumenta la formazione di radicali liberi e di perossidi per alterazioni del
trasporto degli elettroni nella catena respiratoria. La trascrizione del DNA mitocondriale è diminuita
e iniziano ad apparire mutazioni. I mitocondri appaiono gonfi.
I processi di detossificazione dipendenti dal citocromo P450 rallentano; la sintesi proteica è ridotta
ed è ridotta anche la degradazione delle proteine; i lisosomi aumentano di numero e dimensioni e si
riempiono di materiale citoplasmatico degenerato, aumentano le loro attività enzimatiche e
successivamente si disintegrano; il reticoloendoplasmatico e l’apparatodiGolgi appaiono
disorganizzati; la glucosio-6-fosfatasi si inattiva progressivamente. Le alterazioni cellulari ed
enzimatiche sono le stesse che si osservano in vitro su cellule incubate in assenza di substrati:
costituiscono il fenomeno dell‘invecchiamento delle particelle, causato prevalentemente da lesioni
perossidative e prevenute mediante l‘aggiunta di antiossidanti.
Negli organi degli anziani il numero delle mitosi si riduce nettamente, ma in alcuni tessuti con
cellule stabili postmitotiche reversibili (es. fegato) si possono osservare elementi in mitosi che
andranno a sostituire le cellule perse per vari motivi. I processi rigenerativi sono ridotti in entità e
velocità: le ferite guariscono lentamente e gli organi diventano meno capaci di ipertrofizzare.
LE CAUSE DELL‘INVECCHIAMENTO
Sulle cause dell‘invecchiamento vi sono numerose ipotesi. Secondo le principali l‘invecchiamento
dipende:







Dal deterioramento degli organi endocrini
Dal deterioramento del sistema nervoso
Dalla lesione di vasi e connettivi che riduce la nutrizione dei parenchimi
Dalla somma delle lesioni incompletamente riparate nel corso della vita
Dall‘esposizione cronica a veleni endogeni
Dalla somma delle mutazioni accumulate dalle cellule somatiche per esposizione continua a
mutageni
Da reazioni autoimmuni contro costituenti endogeni
Teoria endocrina
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Una teoria considera l‘invecchiamento come dovuto al decadimento funzionale delle ghiandole
endocrine, tra queste un ruolo prevalente dovrebbero avere le gonadi. Questa tesi si basa sui
seguenti fatti:



Le gonadi riducono le loro funzioni man mano che l‘individuo invecchia
La castrazione produce alterazioni tipiche dell‘anziano, a livello fisico (gli eunuchi
dimostrano più dell‘età che hanno) e psicologico
Il trattamento con ormoni sessuali ritarda l‘invecchiamento.
L‘ipogonadismo dell‘anziano spiega alcune delle alterazioni morfologiche e funzionali della
vecchiaia, ma non tutto il quadro: il trattamento con ormoni sessuali migliora la sintesi proteica e le
prestazioni muscolari ma non le alterazioni vascolari e cerebrali; in vitro le cellule invecchiano
anche con somministrazione di ormoni sessuali; vi sono sindromi da invecchiamento precoce
indipendenti dall‘ipogonadismo. L‘ipogonadismo aggrava la senilità ma andrebbe considerato come
conseguenza e non causa dell‘invecchiamento, anche se il motivo della regressione delle gonadi non
è chiaro. Analoghe considerazioni possono essere fatte per tutte le altre ghiandole endocrine.
Teoria neurologica
Una teoria sostiene che l‘invecchiamento è dovuto a lesioni del tessuto nervoso, dato il suo notevole
decadimento nell‘anziano e al fatto che le cellule nervose sono elementi perenni incapaci di
rigenerazione. In realtà sono stati trovati elementi staminali nel cervello che potrebbero sostituire le
cellule perdute. Comunque il numero dei neuroni diminuisce progressivamente a partire dal primo
anno di età, e con l‘invecchiamento la velocità di perdita aumenta sempre più. L‘atrofia cerebrale
propria dell‘anziano è però dovuta a fenomeni di sclerosi della sostanza bianca piuttosto che alla
necrosi della sostanza grigia.Le cellule presentano inoltre con grande frequenza processi regressivi
quali la degenerazione neuro-fibrillare di Alzheimer, la degenerazione granulo-vacuolare e quella
grassa, si accumula lipofuscina, appaiono le placche senili. Una parte delle lesioni funzionali
dell‘anziano dipende dall‘alterazione del tessuto nervoso, ma è difficile spiegare in questo modo
l‘invecchiamento dell‘intero organismo.
Teoria vascolare
Per molti autori l‘invecchiamento dipende dalla compromissione delle arterie (―l‘uomo ha l‘età
delle sue arterie‖). L‘arteriosclerosi è diffusa negli anziani e causa processi regressivi dei
parenchimi che portano a disfunzioni degli organi (marasma senile). I vasi si induriscono e hanno
meno capacità di variare calibro, ciò rende difficile rispondere alle extra-richieste di sangue: le
cellule sono esposte all‘azione di cataboliti tossici e vanno incontro ad atrofia, degenerazioni e
necrosi, vengono sostituite da tessuto connettivo e l‘organo va in sclerosi, aumentando la distanza
tra sangue e cellule sane.
Il tessuto connettivo è alterato: le fibre collagene sono inspessite e frammentate, le fibre elastiche
sono ridotte (la cute diventa flaccida e grinzosa); il collagene diventa meno solubile e
metabolicamente inerte e sostituisce la sostanza fondamentale facendo regredire il parenchima. Nei
connettivi si accumulano prodotti di degradazione degli zuccheri e avvengono inoltre processi di
glicazione (addizione di glucosio ai residui di lisina delle proteine): si formano i prodotti di
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Amadori che vengono poi ossidati (glicossidazione) con reazioni radicaliche che formano ponti
intermolecolari dando origine ai composti di Maillard. Queste reazioni sono le stesse che
avvengono nella patogenesi del diabete.
La teoria vascolare è una delle più accreditate poiché, mediante l‘alterazione del connettivo dei vasi,
è in grado di spiegare la regressione di tutti gli altri parenchimi. Le alterazioni dei vasi potrebbero
però essere a loro volta conseguenze dell‘invecchiamento dato che anche cellule in vitro, senza vasi
o connettivo, invecchiano.
Teoria del logorio (teoria ―wear and tear‖)
Ogni macchina va incontro a logorio da lavoro e così anche la macchina umana. Nel corso della vita
avvengono numerosi eventi di lesione o di richiesta di aumentate prestazioni e le cellule non sono
capaci di recuperare o rigenerare indefinitamente: a lungo andare le lesioni si accumulano
provocando disfunzioni degli organi. Il semplice logorio, in assenza di meccanismi più specifici,
non basta però a spiegare l‘invecchiamento.
Una teoria collegata alla precedente è la teoria dell‘autointossicazione, che vede come causa della
senescenza l‘accumulo di cataboliti, ad es. la lipofuscina. Metaboliti fisiologici normalmente non
tossici possono diventarlo a lungo andare per aumento della concentrazione o del tempo di
permanenza nelle cellule. Una variante di questa teoria ha come causa dell‘intossicazione
l‘introduzione cronica di veleni esogeni prodotti dal microbiota intestinale, influenzata a sua volta
dall‘alimentazione.
Teoria mutativa
La teoria parte dal presupposto che nelle cellule si verificano continuamente processi mutativi. Le
mutazioni sono eventi irreversibili che si trasmettono alla discendenza. Mutazioni non letali in
cellule somatiche possono modificare alcuni caratteri: la popolazione cellularediventa sempre meno
omogenea (ciò è evidente soprattutto in cellule che non si riproducono) e avvengono modificazioni
metaboliche. Si calcola che in un uomo di 70 anni 2 cellule su 5 siano mutate. La durata della vita di
una cellula dipende dal bilancio tra i danni genetici che si accumulano e la capacità di riparare il
DNA, capacità che viene progressivamente persa dalle cellule (forse per mutazioni dei geni del
repair). Le mutazioni hanno cause chimiche e fisiche: tra le cause fisiche vi sono le radiazioni UV:
la durata della vita potrebbe essere modulata dal sole. Le radiazioni agiscono direttamente o
indirettamente mediante l‘azione dei radicali liberi. L‘accumulo di mutazioni e inoltre alla base
dell‘origine dei tumori, che diventano perciò conseguenze dell‘invecchiamento.
Teoria autoimmunitaria
Deriva dalla teoria mutativa. Se le cellule subiscono mutazioni, possono diventare estranee
all‘organismo e può svilupparsi una risposte immune contro di esse volta ad eliminarle. La risposta
autoimmune è rivolta anche contro molecole endogene perossidate o glicate. Questa autoimmunità
potrebbe essere favorita dal deterioramento dei meccanismi di controllo della risposta immune,
conseguenza dell‘immunodeficienza tipica degli anziani (causata da vari fattori che portano alla
decadenza funzionale dei vari componteni del sistema immune). I processi di senescenza per alcuni
aspetti somiglianoalla graft versus host reaction (reazione data dalla risposta di cellule
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immunocompetenti presenti in un tessuto trapiantato verso i tessuti dell‘ospite). Vi sono altri dati a
favore della teoria autoimmune, tra cui la frequenza di degenerazioni amiloidi o ialine tipiche delle
malattie autoimmuni, la frequente presenza di fattori reumatoidi e la ricchezza di linfociti nelle
lesioni senili croniche.
Progerie ereditarie
Al di là del danneggiamento dei vari tessuti, l‘invecchiamento è un problema ereditario. Esistono
patologie dette progerie, sindromi con invecchiamento precoce in tenera età.




Progerie di Hutchinson-Gilford: autosomica dominante, dovuta a mutazioni del gene della
lamina A,proteina coinvolta nella replicazione e trascrizione del DNA, che causa mutazioni
successive nell‘1% dei geni(attivazione cronica di p53). La vita media dei soggetti affetti è
di 13 anni.
Sindrome di Cockayne: autosomica recessiva, si manifesta poco dopo la nascita con
crescita stentata, ritardo mentale, sordità, fotosensibilità e i classici segni
dell‘invecchiamento (pelle grinzosa, canizie). Dovuta a mutazioni dei geni CSK1 e 2 ,
coinvolti nel riparo del DNA.
Sindrome di Werner: autosomica recessiva, si manifesta con ritardo di crescita, atrofia
cutanea, canizie, cataratta, osteoporosi, diabete, aterosclerosi, basse difese immunitarie,
tumori frequenti. È dovuta a mutazioni del gene WRN, che codifica per un‘elicasi
necessaria per la separazione dei filamenti del DNA.
Sindrome di Bloom: autosomica recessiva, caratterizzata da mutazioni dell‘elicasi BLM. Si
manifesta con senescenza precoce, immunodeficienza e sviluppo di tumori.
Tutte queste patologie sono causate da disfunzioni nella replica del DNA che causano instabilità
cromosomica e successive mutazioni. La malattia familiare di Alzheimer può essere considerata
una sindrome con invecchiamento precoce, soprattutto del SNC. In alcuni casi con insorgenza
precoce si sono osservate mutazioni del gene che codifica il protide precursore della beta-amiloide
(βAPP), mentre la maggior parte dei casi precoci presenta mutazioni dei geni PS1 e 2, i cui prodotti
sono detti presenilina 1 e 2.
Teoria radicalica
Secondo le più recenti teorie l‘invecchiamento è dovuto alla continua esposizione dell‘organismo a
radicali liberi endogeni originati nel corso del metabolismo dalla catena respiratoria mitocondriale.
Uno dei maggiori bersagli dei radicali è il DNA mitocondriale, situato nell‘immediata vicinanza
della membrana mitocondriale interna, sito di produzione dei radicali dell‘ossigeno. Oltre ad
ossidare le basi del DNA i radicali liberi causano la formazione di cross-linking tra le molecole di
collagene (che diventa insolubile), la glicossidazione della matrice, la perossidazione dei lipidi di
membrana. La presenza di antiossidanti previene questi fenomeni (producendo O2 e H2O). Con
l‘avanzare dell‘età diminuisce l‘attività della superossido dismutasi e il contenuto di glutatione.
La somministrazione di antiossidanti con la dieta è associato con un aumento della longevità e una
riduzione dei danni della senescenza. Coltivando fibroblasti in presenza di aria arricchita d‘ossigeno
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si nota una progressiva perdita della loro capacità proliferativa, un aumento dei livelli di p53 e un
maggior accorciamento dei telomeri. Telomeri molto corti si trovano anche in cellule di pazienti
con demenza senile di origine vascolare.
La teoria radicalica permette di spiegare:





Il rapporto inverso tra la durata della vita delle varie specie e l‘intensità del loro
metabolismo basale
L‘accumularsi di lesioni al termine della vita
L‘allungamento della vita dato dalla restrizione calorica alimentare
L‘allungamento della vita in seguito al trattamento prolungato con antiossidanti
L‘aumento delle manifestazioni autoimmuni con l‘età: i radicali modificano le molecole dei
tessuti rendendole attaccabili da parte del sistema immune.
NB:a favorire la produzione di ROS abbiamo la proteina p66Sh una cui delezione determina un
aumento della longevità(esperimenti sui topi)
DEGENERAZIONI (g-D-P)
Le degenerazioni sono deviazioni metaboliche dei tessuti accompagnate dalla comparsa,
morfologicamente evidente, di sostanze che normalmente non vi sono contenute oppure vi sono
contenute in quantità non apprezzabile. Vi sono vari modi di classificare le degenerazioni sulla base
di:
-aspetti morfologici(tessuto da cui prendono origine e aspetto della lesione)
- criteri chimici (natura della sostanza accumulata per alterazione metabolica)
- concetti morfofunzionali (struttura subcellulare precocemente o specificamente alterata).
Alla base di ogni stato di degenerazione troviamo un danno cellulare provocato da un‘agente
patogene che determina una lesione biochimica con danneggiamento delle molecole biologiche o
delle strutture sopramolecolari.danni cellulari patogenicamente diversi possono avere evidenze
morfologiche analoghe.I danni possono essere:
 Lievi,reversibili o subletali:deterioramento temporaneo di una funzione(rigonfiamento di
alcuni mitocondri e del RER,vacuolizzazione,autofagia per rimozione delle componenti
danneggiate)
 Irreversibili o letali(perdita di nucleoli e ribosomi,rigonfiamento di tutti gli
organuli,condensazione cellulare con disgregazione del nucleo,formazioni di vescicole e di
pori con successiva frammentazione di tutte le membrana)
ES:Il beri-beri è una malattia da carenza di tiamina che si presenta con gravi segni neurologici e
cardiologici; guarisce prontamente per somministrazione di vitamina B1 se non sono già avvenuti
guasti irreversibili. La carenza di tiamina priva le cellule, in particolare i neuroni e le cellule del
miocardio, di un coenzima essenziale per il loro metabolismo energetico, interrompendo così una
tappa chiave nella via principale di ossidazione dei glucidi: la decarbossilazione ossidativa del
piruvato, che si accumula nel mezzo. Le altre alterazioni biochimiche che si osservano sono la
conseguenza di questo difetto iniziale che rappresenta la lesione biochimica patogenetica.
L‘agente patogeno puo‘ esser anche prodotto dal nostro organismo attraverso(Vedi capitolo: cause
estrinseche di malattia di natura chimica):
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-Sintesi letale: (sintesi di una molecola tossica a partire dalla condensazione di 2 non tossiche.es
fluoroacetilCoA)
-biotrasformazioni patogene(reazione enzimatica che trasforma una sostanza nella molecola
tossica)
DEGENERAZIONI CELLULARI:
 con accumulo d‘acqua:
-rigonfiamento torbido(disfunzioni mitocondriali)
-vacuolare:edema intracitoplasmatico.sono presenti proteine
-idropica:la cellula degrada le strutture intrecitoplasmatiche
-palloniforme:lisi cellulare e necrosi
 con accumulo di proteine:degenerazione ialina epiteliale
 con accumulo di lipidi:degenerazione grassa
 deg.da deficit di enzimi lisosomiali
 deg da accumulo di sostanze esogene non degradabili(tesaurismosi,pigmentazioni)
Anossie
Prima di addentrarci nelle degenerazioni diamo uno sguardo alle anossie che ne sono spesso causa.
Nelle condizioni più comuni si hanno carenze parziali di ossigeno e al termine anossia si preferisce
quello di ipossia. Esistono diversi tipi di ipossia: ipossia ipossica o anossica dovuta a bassa
tensione di ossigeno nel sangue arterioso; ipossia anemica dovuta a mancanza di una quantità di
emoglobina sufficiente per il trasporto dell‘ossigeno necessario ai tessuti; ipossia stagnante o
circolatoria dovuta al ristagno del sangue nei tessuti per rallentamento del circolo; ipossia
istotossica in cui le cellule sono danneggiate e non sono capaci di utilizzare l‘ossigeno. Alcuni
considerano un quinto tipo di ipossia, l‘ipossia diffusionale, dovuta ad un‘alterazione della
geometria dei tessuti, con aumentata distanza delle cellule dai vasi sanguigni.
Dal punto di vista della patologia generale, abbiamo casi di rigonfiamento cellulare o di
steatosidovuti generalmente all‘ipossia istotossica,mail danno più comunemente causato
dall‘ipossia (in particolare da quella ipossica e da quella stagnante)è la degenerazione vacuolare
caratterizzata dalla comparsa di piccole cavità intracellulari contenenti un materiale plasmatico
debolmente eosinofilo (vacuoli ipossici). La loro negatività alle reazioni istochimiche dei lipidi,
permette la diagnosi differenziale con la steatosi. I vacuoli ipossici si formano in genere in sede
perivascolare e non hanno origine lisosomiale.Vengono utilizzati come reperto autoptico di morti
per asfissia(per bassa pO2,intossicazioni da NO,suicidi con Gas,insufficienze respiratorie)o in
insufficienze del circolo e shock.
Le cellule epatiche sono più vicine al “punto di anossia” rispetto alle altre cellule dell‘organismo in
quanto solo una quota del sangue che le irrora è arterioso; la restante quota proviene dalla vena
porta, dove la saturazione di ossigeno è inferiore a quella delle arterie.
Le ipossie ipossica e stagnante sono fra le cause più comuni della degenerazione vacuolare, a cui si
aggiungono insufficienze respiratorie, insufficienze circolatorie, shock e stati di aumentata richiesta
d‘ossigeno (febbre e ipertiroidismo); meno vacuolizzante è l‘ipossia anemica. L‘ipossia istotossica
dà più frequentemente rigonfiamento e necrosi cellulare.
1.Degenerazione vacuolare
La degenerazione vacuolare è un processo regressivo caratterizzato dalla comparsa nelle cellule di
un numero più o meno grande di vacuoli citoplasmatici, delimitati da una membrana singola e in
rapporto con il sistema fago-lisosomiale. I vacuoli compaiono in genere in prossimità del polo
vascolare. Si parla di degenerazione microvacuolare se i vacuoli sono piccoli e con scarsa tendenza
alla confluenza; degenerazione macrovacuolare se i vacuoli tendono a confluire; degenerazione
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vescicolare se i vacuoli assumono le dimensioni di grosse vescicole. Il nucleo, di regola, non viene
spostato, a differenza di quanto accade nella steatosi da trigliceridi. I tessuti in cui si riscontra più
frequentemente la degenerazione vacuolare sono quelli parenchimali, in particolare fegato e rene.A
livello macroscopico gli organi appaiono pallidi,grigiastri e aumentati di volume .A livello
microscopico abbiamo aumento del volume cellulare per accumolo di acqua e proteine all‘interno
dei vacuoli(si distinguono le tre forme:micro,macrovacuolare e vescicolare).
La degenerazione vacuolare può dipendere da:
 Ingresso e segregazione all‘interno dei lisosomi di materiali potenzialmente digeribili, ma
pervenuti in quantità superiori alle possibilità degli enzimi presenti (ipossia, epatectomia,
intossicazione da Amanita phalloides, crisi emolitiche, tubulonefrosi);
 Ingresso e segregazione all‘interno dei lisosomi di sostanze non digeribili, per mancanza degli
enzimi adatti;
 Ingresso e segregazione all‘interno dei lisosomi di sostanze che, pur essendo digeribili dal
corredo enzimatico di cellule normali, non lo sono a causa di difetto congenito di enzimi
specifici (malattie lisosomiali congenite);
 Segregazione nei lisosomi di sostanze che inibiscono le idrolasi (lipofuscine dell‘atrofia bruna);
 Sequestro intracitoplasmatico di organi subcellulari usurati;
 Blocco della fusione fra fagosomi e lisosomi, che produce un ritardo nella digestione del
materiale penetrato.
L‘ipossia determina degenerazione vacuolare in quanto la diminuzione della tensione d‘ossigeno
provoca nella cellula un deficit energetico con abbassamento dei livelli di ATP, ridotta funzionalità
delle pompe ioniche e dell‘estrusione dei liquidi: edema citoplasmatico localizzato con
segregazione dell‘eccesso di liquido in vacuoli. A questo punto entra in gioco il sistema digestivo
intracellulare e i vacuoli divengono istochimicamente positivi per gli enzimi lisosomiali->sistema
che si puo‘ ingorgare.
Il rallentamento della respirazione cellulare determina un‘aumento di ADP, AMP e NADH\NAD
con conseguente aumento della produzione di acido lattico e riduzione del pH che riduce ancor piu‘
l‘azione delle pompe.
Se si verifica una condizione più drastica, il danno della membrana plasmatica si fa più grave e si
assiste a rigonfiamenti e rotture, con vacuolizzazione relativamente scarsa; tuttavia la quantità di
liquido che la cellula può assumere è limitata dal fatto che il flusso sanguigno è interrotto. Il
ristabilimento del flusso trova una cellula con capacità omeostatiche ridotte: la penetrazione di
liquido sarà elevata e si assiste alla degenerazione idropica.
2.Degenerazione idropica:
Con il termine di degenerazione idropica si intendono quelle alterazioni che si producono nelle
cellule per fenomeni osmotici in soluzioni ipotoniche, prima che avvenga la lisi cellulare,o per
alterazione
dell‘osmolarita‘.si
riscontra
inoltre
in
infiammazioni,intossicazioni,
ipocorticosurrenalismo(ipoglicemia,depressione delle funzioni metaboliche,iper sensibilita agli
stress,squilibri idrodinamici per mancanza di aldosterone=↑eliminazone di sodio e potassio), shock.
Le cellule in degenerazione idropica sono aumentate di volume e meno colorabili del normale.
Come nel caso dell‘infiltrazione glicogenica, l‘aspetto può ricordare quello delle cellule vegetali.
Gli esami dimostrano un cospicuo rigonfiamento dei mitocondri, con dissociazione della
fosforilazione ossidativa. La degenerazione idropica di grado elevato è dunque irreversibile.
L‘estremizzazione conduce alla degenerazione palliniforme.
3.degradazione palliniforme:
determiano lesioni epidermiche precoci in corso di infezione della cute.consiste nella necrosi di
cellule idropiche che produce superficialmente vescicole caratteristiche come quelle dell‘herpes
simplex,della varicella e del vaiolo.
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4. rigonfiamento tossico e necrosi da ipossia istotossica
Cause:
-I cianuri,reagendo con il ferro ferrico della citocromo ossidasi, provocano una tipica anossia
istotossica e impediscono l‘utilizzazione dell‘ossigeno: il sangue venoso resta ricco di O 2 e
mantiene il colore rosso vivo del sangue arterioso. Tracce di cianuri vengono costantemente
prodotte dal nostro organismo, in particolare dai leucociti polimorfonucleati (PMN) nel corso della
fagocitosi. I cianuri endogeni, così come quelli introdotti dal fumo, vengono detossificati a
tiocianato che, pur conservando una certa tossicità, è meno tossico del cianuro. La vitamina B12 è
essenziale per questa detossificazione: i vegetariani stretti che fumano sono facilmente esposti a
lesioni del SN.
Inibitori della respirazione cellulare per interazione con la citoromo-ossidasi sono l'N, l'H2S e il CO.
Quest'ultimo, tuttavia, ha affinità molto maggiore per il ferro dell'emoglobina e blocca innanzitutto
il trasporto dell'ossigeno ai tessuti (anossia anemica).
-Il rotenone blocca invece il trasporto degli elettroni fra il NADH e l'ubichinone: l'organismo dei
mammiferi è tuttavia protetto grazie a meccanismi di rapida ossidazione ed inattivazione della
molecola, che invece mancano nei pesci. Si tratta di un caso di tossicità selettiva.
-Inefficienza della produzione di energia cellulare per disaccoppiamento delle fosforilazioni
ossidative, in cui la formazione netta di ATP è diminuita in presenza di ossidazioni normali o anche
aumentate. La base biochimica del disaccoppiamento è la dissipazione del gradiente necessario alla
sintesi di ATP sotto forma di calore. Fra gli agenti disaccoppianti più noti si ricordano il
dinitrofenolo e la tiroxina ad alte dosi.
-tossine batteriche
-inizio di processi di ipertrofia (ad esempio a seguito di epatectomia parziale e mononefrectomia)
Nei tessuti in cui le ossidazioni siano inibite o disaccoppiate si osservano generalmente quadri
patologici di rigonfiamento torbido con:
-rigonfiamento dei mitocondri, perdita di granuli densi intramatricali, frammentazione delle creste e
rottura delle membrane mitocondriali. Il collasso può avvenire indipendentemente per ogni singolo
mitocondrio. Si può arrivare a quadri di steatosi. Nell‘ipossia stagnante, in particolare, si può
osservare il fegato a noce moscata in cui sia ha enorme dilatazione delle vene centrolobulari
(macchie scure), circondate da epatociti che vanno incontro a forte accumulo di trigliceridi (aloni
più chiari).
- aumento di volume della cellula(limiti cellulari indistinti) e del nucleo.degenerazione
mitocondriale e conseguente riduzione della produzione di ATP quindi abbiamo inadeguato
funzionamento delle pompe in particolare della Na\K con conseguente richiamo di acqua che
determina accumulo intracellulare e morte per necrosi o apoptosi.L‘aumento di volume cellulare
determina a livello epatico compressioni dei sinudoidi e dei canalicoli biliari con stasi e difficolta‘
di perfusione sanguigna.(a livello renale determina obliterazione del lume dei tubuli).
-granulosita‘ diffusa nel citoplasma che genera torbidita‘.
Patologia dei mitocondri
I mitocondri sono la sede della catena respiratoria e del ciclo di Krebs ed esercitano nella cellula la
funzione di generatori di energia rapidamente utilizzabile; rappresentano la principale sorgente
endogena di radicali liberi dell‘ossigeno. Controllano inoltre uno dei più importanti meccanismi
d‘innesco di morte cellulare programmata.
Le lesioni morfo-funzionali dei mitocondri provocate da agenti esogeni (radiazioni, variazioni di
temperatura, veleni, anossia, shock, sepsi prolungate e infezione con HIV) vengono definite
secondarie. Tali lesioni impediscono il metabolismo dei mitocondri o direttamente per blocco di
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reazioni biochimiche specifiche, o per carenza di componenti essenziali, o per azione di metaboliti
che si accumulano nei mitocondri. La lesione si manifesta comunemente con rigonfiamento
mitocondriale e disorganizzazione delle creste. La ridotta disponibilità di energia causa una
complessiva diminuzione del metabolismo: le cellule entrano in uno stato di semi-ibernazione che
può essere protettivo, ma che induce una sindrome dadisfunzione multipla degli organi (MODS)
simile a quella che si verifica nella riperfusione post-ischemica. Il recupero della funzione
mitocondriale si ha per regressione della lesione, se non è stata troppo grave, o per produzione di
nuovi organelli. La reversibilità dipende dal grado di squilibrio energetico e dalla sua durata, oltre
che dal rapporto fra l‘aumento del consumo di ossigeno e il grado di dissociazione della
fosforilazione ossidativa. Quando il rigonfiamento mitocondriale è elevato, la lesione può evolvere
verso la necrosi o l‘apoptosi (fuoriuscita del citocromo c). Un eccesso di produzione di specie
reattive dell‘ossigeno e dell‘azoto (ROS e RNS) sembra il principale responsabile della lesione
iniziale e dell‘alterazione bioenergetica, anche se si ritiene possa fornire lo stimolo per un eventuale
recupero funzionale. Nelle condizioni di stress ossidativo, i mitocondri riversano nel citosol ioni
Ca2+, che contribuiscono all‘attivazione di polinucleotidasi dell‘RNA e del DNA, e attivano il
processo di perossidazione lipidica.
Le lesioni primarie sono invece causate da difetti geneticidelle proteine mitocondriali e vengono
comprese in un gruppo eterogeneo di malattie dette appuntomitocondriali.
Il DNA mitocondriale (mtDNA) è esclusivamente di origine materna, ha forma circolare ed è di
piccole dimensioni: codifica per 13 polipeptidi (componenti della via delle ossidazioni
fosforilative), 22 geni codificano per tRNA, 2 per rRNA. Privo di istoni e dotato di scarsa capacità
di riparazione, esposto a ROS generati all‘interno del mitocondrio stesso, il mtDNA ha un elevato
indice di mutazione. Esistono centinaia di mitocondri per cellula, con una media di 5 mtDNA per
organulo. Nella stessa cellula possono quindi coesistere popolazioni di mtDNA mutate e selvagge:
eteroplasmia. L‘espressione fenotipica di una mutazione del mtDNA è regolata da un effetto soglia
(valore minimo). A complicare ulteriormente il quadro interviene la segregazione replicativa: i
mitocondri vengono distribuiti casualmente fra le cellule figlie. Si ha dunque un‘elevata variabilità
dell‘eredità e dell‘espressione delle mutazioni mitocondriali. Un‘ulteriore complessità dipende dal
fatto che anche le numerose proteine mitocondriali codificate da geni nucleari (nDNA), sono
passibili di inattivazione per mutazione. Sono note mutazioni di geni nucleari per subunità dei
complessi della catena respiratoria: il complesso II è composto da subunità codificate solo da nDNA
(la trasmissione del difetto è di tipo mendeliano); gli altri complessi contengono subunità codificate
in parte da mtDNA, in parte da nDNA. Poiché tutti i fattori responsabili della replicazione e del
riparo del mtDNA sono codificati dal nDNA, mutazioni di geni nucleari possono compromettere
l‘integrità del mtDNA.
I mitocondri presentano un‘elevata incidenza di nuove mutazioni in quanto: il mitocondrio è
altamente esposto al danno da ROS; il mtDNA non è protetto dagli istoni come quello nucleare; il
mitocondrio è carente di meccanismi atti al restauro del DNA danneggiato. La comparsa e
l‘accumulo di nuove mutazioni in mtDNA sono alla base di una delle più accreditate teorie
sull‘invecchiamento.
La maggior parte delle mutazioni che interessano la funzione dei mitocondri riguardano le
fosforilazioni ossidative, a cui sono correlati tre fenomeni importanti per la patogenesi delle malattie
mitocondriali:
 Deficit di produzione d’energia che riguarda in particolare i tessuti dipendenti dalle ossidazioni,
come il tessuto nervoso e quello muscolare (encefalomiopatie);
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 Eccessiva generazione di ROSdovuta ad accumulo di elettroninelle prime stazioni della catena
respiratoria, che possono venir ceduti direttamente all‘ossigeno. Questo subisce una riduzione
parziale, con formazione di anione superossido;
 Innesco dell’apoptosi: l‘aumentata esposizione ai ROS, il deficit energetico e l‘eccessiva
assunzione di calcio aprono un canale aspecifico situato nella membrana mitocondriale interna
(MMI); ciò può causare collasso del potenziale elettrochimico,distensione della MMI fino alla
rottura di quella esterna e al rilascio di fattori pro-apoptotici (citocromo c, fattore inducente
l‘apoptosi). Mentre l‘apertura transitoria del poro causa apoptosi, quella prolungata causa
necrosi.
Vi sono poi malattie mitocondriali dovute a difetti biochimici situati a monte della catena
respiratoria:
 Difetti di trasporto dei substrati, come ad esempio la deficienza di carnitina-palmitoil transferasi.
Si ha un alterato trasporto di acidi grassi all‘interno del mitocondrio che determina da una parte
un deficit energetico mitocondriale, dall‘altra una steatosi per trasformazione degli acidi grassi in
trigliceridi e loro accumulo nel citoplasma.
 Difetti nell’ossidazione dei substrati sono legati ad alterazioni della piruvato deidrogenasi e delle
deidrogenasi degli acidi grassi; sono accompagnati da un aumento del contenuto di acidi organici
nel sangue e nelle urine.
 Difetti degli enzimi del ciclo di Krebs sono in genere incompatibili con la vita; forme
biochimicamente meno gravi sono state descritte in casi di encefalomiopatie infantili.
 Mutazioni nelle proteine di strutture mitocondriali come paraplegina, frataxina (atassia di
Friedreich) e huntingtina.
Gli organi che maggiormente dipendono dalla fosforilazione ossidativa per la generazione di
energia sono: cervello e tessuti nervosi, cuore, muscolo e ghiandole endocrine. Per quanto non
possano essere comprese nelle malattie mitocondriali, un coinvolgimento dei mitocondri è certo
nelle malattie degenerative come morbo di Huntington, morbo di Parkinson e morbo di Alzheimer.
Un ulteriore fattore di complessità è dato dal fatto che la stessa mutazione può produrre fenotipi
notevolmente diversi e diverse mutazioni possono produrre fenotipi simili. Le malattie
mitocondriali hanno in genere una comparsa tardiva e un decorso progressivo.
Sulla base del tipo DNA in cui si verificano le mutazioni (delezioni, transizioni, duplicazioni), le
malattie mitocondriali si distinguono in: malattie legate a mutazioni del DNA mitocondriale e
malattie legate a mutazioni del DNA nucleare. Quest‘ultime sono perlopiù autosomiche recessive e
colpiscono singoli enzimi del ciclo di Krebs o della catena respiratoria. Nel primo caso si ha acidosi
da accumulo di acido lattico, nel secondo diminuzione della sintesi di ATP attraverso la
fosforilazione ossidativa. La diagnosi delle malattie mitocondriali è molto complessa e la loro stessa
classificazione è per molti versi insoddisfacente in quanto lo stesso quadro clinico può essere
dovuto a meccanismi genetici differenti. Per una completa elencazione delle malattie vi rimando
alle tabelle 10.1 pag 308 (Pontieri) e 11-3 e 11-4 pag 281-282 (Dianzani).
Il rigonfiamento cellulare
Il rigonfiamento della cellula può far seguito ad aumento di volume di ciascuno dei suoi
compartimenti; le forme più comuni e in genere le fasi inziali sono caratterizzate dal rigonfiamento
mitocondriale, specialmente negli organi parenchimatosi. Nel miocardio e nel muscolo i mitocondri
sono interposti fra le fibrille, da cui sono limitati e condizionati nell‘espansione. Se le cellule sono
osservate a fresco si rivela una granulosità diffusa tale da farlo definire rigonfiamento torbido.
L‘aumento del volume delle cellule comporta una riduzione del volume dei vasi, con fenomeni
secondari di stasi o difficoltà di irrorazione sanguigna (colore pallido dei tessuti): ne consegue una
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patologia regressiva come la degenerazione vacuolare o la steatosi (espressioni dell‘ipossia
cellulare). L‘aumento del volume delle cellule porta a modificazione dei rapporti che queste
contraggono con i vasi e con i lumi ghiandolari.
Contemporaneamente al rigonfiamento torbido si presenta un certo grado di disaccoppiamento delle
fosforilazioni ossidative e talvolta anche ridotta capacità respiratoria. Il controllo delle ossidazioni
sulla glicolisi è ridotto, per cui compare la glicolisi anaerobia che per la sua scarsa resa non riesce a
mantenere i livelli energetici cellulari ad un valore sufficiente. Si ha dunque un inadeguato
funzionamento delle pompe cellulari, minore estrusione di acqua e accumulo intracellulare di
questa. Veleni della respirazione e delle fosforilazioni ossidative, così come alcune tossine
batteriche, specialmente endotossine, provocano rigonfiamento mitocondriale. Nonostante lo
squilibrio energetico, le cellule in rigonfiamento torbido da cause tossiche, sintetizzano inizialmente
più proteine del normale; l‘aumento della velocità di sintesi porta ad un aumento del contenuto di
azoto nel tessuto.
Rigonfiamento torbido si può osservare anche nelle fasi iniziali dei processi ipertrofici in seguito a
epatectomia parziale o mononefrectomia; tuttavia questo tipo di rigonfiamento, in qualche modo
fisiologico, si distingue da quello tossi-infettivo in quanto non si ha disaccoppiamento delle
fosforilazioni ossidative, ma anzi maggiore sintesi di ATP, necessaria per i processi sintetici.
Negli ultimi anni si è affermata l‘idea complementare che alterazioni del volume possano
influenzare vie metaboliche non primariamente connesse con il ripristino delle dimensioni cellulari
di partenza: può rappresentare quindi un meccanismo di controllo metabolico. Alterazioni di questo
genere si hanno durante l‘assorbimento intestinale di grandi quantità di liquidi; per demolizione di
glicogeno e proteine, i cui prodotti determinano un aumento dell‘osmolarità intracellulare; per
cattivo funzionamento della pompa Na+/K+, con accumulo intracellulare di Na+; per assunzione
cumulativa di sostanze osmoticamente attive; per azione di alcuni ormoni come l‘insulina che
induce un rigonfiamento, antagonizzando il glucagone.
Patologia cellulare da ischemia
L‘ischemia è una condizione di limitazione o interruzione di apporto sanguigno che si verifica per
cause intrinseche (occlusione) o estrinseche (compressione) ad un vaso sanguigno. Gli effetti
dell‘ischemia dipendono dalla durata, dalla gravità (parziale o totale), dalle caratteristiche dei tessuti
e dalla loro condizione al momento dell‘instaurarsi dell‘ischemia. I tessuti più colpiti sono cuore,
retina, cervello e rene, per la loro circolazione arteriosa terminale. L‘ischemia impedisce da un lato
l‘arrivo ai tessuti di ossigeno, sostanze nutritizie e molecole con funzione di segnale, dall‘altra la
rimozione di cataboliti o di prodotti specifici del tessuto. L‘effetto patogeno prevalente è dovuto
alla mancanza d‘ossigeno (difetto funzionale dei mitocondri e deficit energetico); il perdurare
dell‘ischemia porta all‘aggravarsi dei danni e al progressivo deterioramento delle strutture e
funzioni cellulari fino ad arrivare alla morte cellulare per ischemia.
I nostri tessuti, in particolare quelli più differenziati, richiedono forti quantità di ossigeno per far
fronte alle loro funzioni specializzate, ricavando l‘energia dal metabolismo aerobio. Non appena
manca l‘ossigeno le fosforilazioni ossidative cessano; si ha un arresto nella formazione dell‘ATP
respiratorio, con caduta dei suoi livelli intracellulari. Parte dell‘ADP viene utilizzato
dall‘adenilatociclasi per mantenere i livelli di ATP: 2ADP→ATP + AMP. L‘AMP, fortemente
tossico, viene defosforilato con formazione di adenosina; si riduce così la quantità complessiva di
nucleotidi totali, importanti per una rapida reversione del quadro quando cessi la causa che l‘ha
determinato.
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Nel frattempo si ha formazione di ATP da parte della glicolisi anaerobica, non più repressa
dall‘attività respiratoria; questa via vicariante dura poco a causa della rapida scomparsa del
glicogeno e l‘impossibilità di apporto di glucosio con il sangue. Nel tessuto aumenta la
concentrazione di acido lattico, con tendenza all‘acidificazione, a sua volta elemento di lesività.
Bisogna evidenziare che l‘arresto nella produzione di ATP e la sua durata sono importanti nella
morte cellulare e non la semplice diminuzione della concentrazione dell‘ATP. Se l‘arresto
respiratorio perdura, un numero sempre maggiore di mitocondri presenta rigonfiamento, con perdita
di proteine enzimatiche della matrice e formazione di aggregati densi intramatricali (proteine
denaturate).
Il danno si estende quindi dai mitocondri alle altre strutture cellulari.La cellula si rigonfia per una
progressiva caduta della capacità di trasporto ionico della membrana plasmatica: blocco della
pompa di estrusione del sodio (ATP-dipendente) a cui si accompagna un incremento iso-osmotico
di acqua e la perdita di potassio; aumento della concentrazione intracellualre di Ca2+ dovuto sia alla
sua desegregazione dai calciosomi, sia dalla penetrazione dall‘esterno. Conseguentemente si ha
l‘attivazione di fosfolipasi Ca2+-dipendenti che comportano la dissociazione di lipoproteine, la
liberazione di trigliceridi e di acidi grassi che, a morte avvenuta, porteranno alla formazione di
saponi di calcio responsabili della calcificazione nei focolai di necrosi. Il danno della membrana
cellulare sembra essere il fenomeno critico nel determinare l‘irreversibilità della lesione.
La permeabilizzazione e la successiva rottura dei lisosomi, inizialmente identificati come vescicole
suicide e ritenuti i principali effettori della morte cellulare, avviene solo in una fase tardiva. I
lisosomi non innescano né determinano la morte, ma entrano in gioco nella rimozione di residui di
ultrastrutture o di prodotti metabolici, dopo che le lesioni cellulari sono già divenute irreversibili.
Concetto di morte (g-D)
La morte può essere definita come la cessazione irreversibile in un corpo delle funzioni organizzate
e coordinate che caratterizzano la sua individualità biologica. Anche le cellule, come gli organismi
superiori, nascono, crescono, si riproducono e muoiono; in esse la conclusione del ciclo biologico
non è però necessariamente la morte: la riproduzione, infatti, avviene per divisione della cellula
madre in due cellule figlie che ne perpetuano i caratteri. La cellula madre scompare e cessa di
esistere come individualità, ma manca il cadavere.
Molte degenerazioni sono irreversibili, ma non per questo le cellule che ne sono colpite sono
considerare morte: esistono ancora vestigia di funzioni organizzate caratteristiche della vita. Nella
morte di un intero organismo, inoltre, non tutti i tessuti muoiono nello stesso tempo; certi tessuti di
individui morti possono essere prelevati e trapiantati con successo in individui viventi. Nella
maggior parte dei casi la morte della cellula è caratterizzata dalla persistenza di numerose attività
enzimatiche; ciò che definisce la morte non è quindi la sospensione di ogni attività biologica, ma la
perdita dell’organizzazione funzionale coordinata.
Necrosi e necrobiosi
Lanecrosi(espressione modfologica della morte da danno cellulare irreversibile)può essere prodotta
da una causa capace di agire rapidamente, in tal caso essa avviene indipendentemente dalla
presenza di processi regressivi; oppure rappresenta l‘evento finale di una lunga storia di processi
regressivi precedenti, in tal caso si parla di necrobiosi.
La capacità delle cellule di resistere ad un‘azione dannosa dipende oltre che dall‘intensità dello
stimolo e dal tempo per cui è applicato, anche dalle condizioni iniziali e dalla varia suscettibilità
intrinseca delle cellule. Oltre un certo limite il danno diventa irreversibile e porta la cellula a morte.
Oltre alla necrosi ischemica, che viene chiamata infarto, si può avere necrosi per cause tossiche,
infettive, per veleni e per ustioni.
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La sofferenza della cellula si manifesta dapprima con un rigonfiamento idropico, dovuto ad un
aumento del contenuto d‘acqua conseguente ad alterazioni dei flussi ionici attraverso la membrana
cellulare. Quindi si ha rigonfiamento torbido,per danno mitocondriale. Il danno del sistema
energetico determina un aumento dei livelli di Na+ e Ca2+ intracellulari, che hanno un ruolo
importante nel danno cellulare.
L‘aumento del contenuto di Na+è dovuto: al blocco delle pompe ATPasiche Na+/K+; all‘attivazione
dei sistemi tampone Na+/H+in seguito all‘aumento della concentrazione di H+ derivanti dalla
glicolisi anaerobia.esso e‘ responsabile del rigonfiamento cellulare per mantenere l‘isoosmolarita‘.
L‘aumento del contenuto di Ca2+ è dovuto a: flusso di Ca2+ dall‘esterno per attivazione dello
scambiatore Na+/Ca2+ e per apertura dei canali del Ca2+; rilascio dai mitocondri e dal reticolo
endoplasmatico in conseguenza al danno dei meccanismi di trasporto; inibizione della Ca2+-ATPasi
della membrana plasmatica. l‘aumento del Ca2+ causa :
-un‘alterata reattività cellulare legata alla sensibilizzazione di vari trasduttori del segnale Ca2+dipendenti
- danni irreversibili legati all‘attivazione di enzimi litici Ca2+-dipendenti (endonucleasi, fosfolipasi e
proteasi).
Abbiamo anche un‘aumento dei ROS.
Poiché la disgregazione del protoplasma(complesso di sostanze contenute nella cellula) è in gran
parte conseguenza dell‘azione di enzimi litici, la temperatura ambiente ne influenza notevolmente la
velocità. La lisi è inoltre influenzata anche dalla possibilità di evaporazione dell‘acqua.
L‘evoluzione delle reazioni post-mortali dipende strettamente anche dalla causa di morte e dalla
natura delle cellule colpite.
Le alterazioni iniziali riguardano in genere soprattutto le strutture nel citoplasma, mentre le
alterazioni nucleari sono in genere tardive (fatta eccezione per la morte da α-amanitina).
Quest‘ultime consistono in:
 Picnosi: progressiva riduzione del volume del nucleo (perdita di acidi nucleici), che diviene
sempre più intensamente colorabile (aumento dei gruppi acidi). Si osserva fisiologicamente in
cellule destinate a perdere il nucleo come gli eritroblasti.
 Carioressi: frammentazione del nucleo in zolle di varia grandezza che vanno in seguito incontro
alla dissoluzione (cariolisi) o alla picnosi, fino alla scomparsa completa.
 Cariolisi: dissoluzione del nucleo nel citoplasma.
 Vacuolizzazione nucleare: disintegrazione circoscritta a certe zone del nucleo. Si ha distruzione
selettiva di zone nucleari, bersaglio di agenti fisici o chimici.
La disorganizzazione delle varie strutture nelle cellule morte esita perlopiù nell‘autolisi, cioè nel
completo dissolvimento della cellula per azione dei propri fermenti idrolitici. Nella maggior parte
dei casi la lesione dei lisosomi è graduale e progressiva: essa pur potendo aggravare la situazione di
sofferenza della cellula, non è l‘artefice diretta della morte. La fuoriuscita degli enzimi cellulari, in
particolare di quelli dei lisosomi, può collaborare ad estendere la lesione attraverso la digestione dei
materiali contenuti nell‘interstizio.
Tradizionalmente la necrosi dei tessuti viene distinta in: necrosi coagulativa, necrosi colliquativa e
cancrena.
Nellanecrosi coagulativa si ha coagulazione delle proteine, che è espressione della loro
denaturazione; si forma una massa compatta, amorfa, friabile, con pochi resti nucleari isolati.
Spesso determina, nel tessuto circostante, una risposta infiammatoria. La denaturazione proteica
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delle cellule ancora vivemette freno all‘autolisi, denaturando gli enzimi lisosomiali e i loro substrati
ed impedendo inoltre che le proteine rilasciate possano agire da stimolo antigenico o diano una
reazione infiammatoria. Eziologia:ischemia,agenti tossici,stimoli fisici(ustionanti),agenti batterici.
Questo tipo di necrosi assume un aspetto particolare nelle lesioni tubercolari (granuloma
tubercolare): il tessuto morto, che occupa soprattutto le parti centrali del tubercolo, ha aspetto
giallo-biancastro, è secco e friabile. Questo tipo di necrosi è dettacaseosa.
La necrosi coagulativa è, inoltre, costantemente presente nell‘avitaminosi E (necrosi a zolle di
Zencker): le zone necrotiche assumono un aspetto cereo (necrosi cerea) per la perdita di
ultrastrutture cellulari.
Steatonecrosi:necrosi del tessuto adiposo(necrosi acuta pancreatica o traumi es parto)
L‘evoluzione della necrosi coagulativa (forma più semplice di morte) verso la
colliquazionedipende soprattutto dall‘intervento di processi di idrolisi, i quali provvedono alla
digestione e alla solubilizzazione dei materiali protoplasmatici. Nel caso in cui la lisi dipenda dai
propri enzimi lisosomiali la colliquazione non è che l‘effetto di un processo autolitico; negli altri
casi, in cui è l‘opera di cellule estranee (macrofagi, enzimi digestivi, batteri), si parla invece di
eterolisi. La necrosi colliquativa richiede, per realizzarsi, alcune condizioni fondamentali: che le
cellule colpite siano ricche di enzimi lisosomiali funzionanti e che il tessuto contenga una quantità
d‘acqua sufficiente per sostenere l‘idrolisi. Una causa favorente è inoltre rappresentata dal pH
leggermente acido. Tutte queste condizioni sono presenti nel SNC; ciò spiega l‘elevata frequenza in
questo tessuto di necrosi colliquativa. Se la necrosi è estesa è frequente la formazioni di cisti
apoplettiche, ripiene di liquido.
Nella cute, in cui l‘evaporazione è abbondante, la colliquazione avviene raramente e il tessuto
morto tende a essiccarsi. Si dice escare una necrosi circoscritta di tessuti superficiali. L‘escara è
secca se interessa la cute, dove l‘evaporazione è forte; è umida se interessa tessuti che si trovano in
zone in cui l‘evaporazione è praticamente impossibile. In ogni caso, il tessuto necrotico dell‘escara
tende a cadere, lasciando scoperto un tessuto di granulazione torpido e di lenta crescita: ulcera.
Se la necrosi interessa un‘estensione cospicua o addirittura un intero organo, essa prende il nome
dicancrena; questa può essere secca, umida e gassosa. In quella secca prevale l‘evaporazione sui
processi litici; in quella umida prevalgono i processi colliquativi(dovuta comunque ad infezioni);
quella gassosa è in rapporto con l‘azione di germi anaerobi (Clostridi che causano il carbonchio
sintomatico e l‘edema maligno) capaci di produrre elevate quantità di anidride carbonica, che
dissocia i tessuti e facilita la diffusione del processo.
I tessuti necrotici vengono rapidamente
demarcati dai tessuti sani circostanti a opera di
una reazione infiammatoria: i tessuti morti,
ormai estranei all‘organismo, esercitano azione
chemiotattica positiva sui granulociti e sui
macrofagi. La riparazione avviene, ove
possibile, per rigenerazione del parenchima,
altrimenti il tessuto perduto viene sostituito da
connettivo cicatriziale.In alternativa abbiamo la
formazione di ascessi o il sequestro connettivale
Patologia cellulare da riperfusione
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Per evitare che l‘ischemia prolungata provochi la morte delle cellule è necessario un pronto
ripristino del flusso sanguigno, che però può, almeno inizialmente, aggravare la situazione tanto da
causare danno da riperfusione. Questo è dovuto a 2 eventi che si verificano nel tessuto ischemico:
1. Diminuzione di ATP e progressiva trasformazione in AMP, con successiva conversione in
adenosina, inosina e ipoxantina.
2. Attivazione di una proteasi Ca2+-dipendente che trasforma la xantino-deidrogenasi (XDH:
prevalente nel tessuto integro) che utilizza come accettore di H il NAD+, in xantino-ossidasi
(XO) che usa direttamente come accettore l‘O2. Quest‘ultima non può funzionare finché il
tessuto resta ischemico; quando si ripristina il flusso la XO trasforma l‘ipoxantina in acido urico,
formando contemporaneamente l‘anione superossido O•−
2 . Per azione della superossido dismutasi
(SOD) si origina H2O2 dalla quale si può formare (in presenza di Fe2+) una specie molto reattiva
come il radicale ossidrile OH•. Specie attive dell‘ossigeno (che si formano in quantità limitata in
condizioni normali) possono anche originarsi in quantità aumentata alla ripresa del flusso di
elettroni lungo la catena respiratoria: si formano prodotti di riduzione parziale dell‘ossigeno, in
prevalenza O2•−, che contribuiscono allo stress ossidativo.
Ciascuno di questi agenti ossidanti può innescare reazioni a catena come ad esempio reazioni di
lipoperossidazione delle membrane, con gravi conseguenze per i tessuti. Il pretrattamento con
allopurinolo (che inibisce la XO), con SOD e con chelanti del ferro, sembra avere effetti benefici
sulle lesioni da riperfusione.
L‘effetto vasodilatatore del NO, potenzialmente benefico, viene vanificato dalla sua natura di
radicale: la sua reazione con O•−
2 è più rapida della dismutazione effettuata da SOD e porta alla
formazione di perossinitrito, da cui può originarsi il ben più tossico OH•. Il perossinitrito, o i suoi
prodotti di decomposizione, possono iniziare la perossidazione lipidica, indipendentemente dal
ferro.
Al complesso degli effetti negativi della riossigenazione è stato dato il nome di “paradosso
dell’ossigeno” a cui si è successivamente associato il “paradosso del calcio”.Il diminuito livello di
ATP sconvolge l‘omeostasi del Ca2+, che è mantenuta da pompe ATP-dipendenti della membrana
plasmatica; la riperfusione aggrava il sovraccarico cellulare di calcio: l‘accumulo di calcio nei
mitocondri può ostacolare la respirazione, rallentare il recupero delle funzioni cellulari e favorire
l‘irreversibilità della lesione.
Se i danni da ischemia non sono gravi, questi effetti vengono antagonizzati e i danni riparati
mediante fenomeni di adattamento (riprogrammazione genica), di cui l‘aspetto più importante è la
sintesi delle proteine da heat shock.
Tuttavia alterazioni indicative di un danno ossidativo sembrano verificarsi già durante l‘ischemia e
preesisterebbero quindi alla riperfusione; è incerto se queste alterazioni siano causate da
un‘aumentata produzione di radicali o da una variazione dello stato ossido-riduttivo delle cellule. Il
parametro meglio correlato con il danno cellulare resta sempre la durata dell‘ischemia: le
alterazioni che seguono al ripristino del flusso sono nel complesso meno gravidi quelle causate
dall‘ischemia stessa e comunque subordinate a quest‘ultima.
Il rigonfiamento delle celluleche si instaura nell‘ischemia può seriamente interferire con la ripresa
del flusso sanguigno nei vasi. Le cellule endoteliali, oltre ad essere particolarmente esposte
all‘azione dell‘O2•− (in quanto ricche di XO), possono inoltre risentire della riduzione di NO: la
patologia dell‘endotelio avvicina il danno da riperfusione ai fenomeni propri dell‘infiammazione.
Tanto più che all‘endotelio leso che esprime molecole di adesione come ICAM e ELAM,aderiscono
i leucociti rientrati in circolo. Questi vanno incontro a degranulazione con rilascio di proteasi e
formazione di ROS (inducendo stress ossidativo e disfunzioni mitocondriali) e formano tappi
ostruenti che costituiscono un ulteriore ostacolo al ripristino del circolo sanguigno (fenomeno del
non reflusso).
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L’apoptosi
L‘apoptosi è spesso definita come morte programmata, anche se questo sinonimo non è appropriato
in quanto esistono programmi cellulari che portano ad altre forme di morte. L‘apoptosi non è
generalmente causata da agenti patogeni esterni, anche se radiazioni o certi agenti chimici possono
provocarlo; è mediata da agenti fisiologici come ormoni steroidei, citochine o paradossalmente
dalla loro assenza in certe fasi di vita di alcuni tipi cellulari. L‘apoptosi viene considerata un
processo fondamentale per l‘organismo atto a mantenere l‘omeostasi dei tessuti(turn-over). È
importante per eliminare cellule potenzialmente dannose o indesiderate,per il controllo delle
risposte immunitarie,per involuzioni fisiologiche anche al livello neonatale;il malfunzionamento o
l‘alterata regolazione dell‘apoptosi causano malattie. L‘apoptosi colpisce singole cellule e presenta
aspetti morfologici e biochimici completamente diversi dalla morte accidentale che, invece, causa
necrosi.Non attiva meccanismi flogisstici.
La cellula nella quale si è attivato il meccanismo dell‘apoptosi tende ad arrotondarsi, diminuisce di
volume e perde i contatti con le cellule vicine: scompaiono le giunzioni cellulari e altre zone
specializzate della membrana plasmatica. Il nucleo si condensa (picnosi) e successivamente si
frammenta. Successivamente dalla superficie cellulare emergono prolungamenti citoplasmatici, in
forma di bolle (blels o zeiosi) a causa di alterazioni a carico del citoscheletro(proteasi). Anche la
cellula si frammenta nei cosiddetti corpi apoptotici, rivestiti dalla membrana plasmatica e
contenenti ciascuno frammenti di nucleo. Questi espongono in superficie marcatori glucidici che
fungono da segnale (spettro molecolare associato alle cellule apoptotiche=altered cell surface
molecules.ACAMP): vengono fagocitati dalle cellule vicine e da macrofagi che li degradano
completamente nei loro fagosomi. Fra i recettori di ACAMP vi sono: quelli che riconoscono
direttamente le molecole espresse dalle cellule apoptotiche (recettore per la fosfatidilserina=EATME signal, gli scavengers receptor, CD14 e varie lectine) e quelli che riconoscono proteine del siero
capaci di fissarsi sulla superficie delle cellule apoptotiche (CR2 e CR3 del complemento, il
recettore per la β2glicoproteina-I, CD36 e l‘integrina αvβ3).
L‘apoptosi avviene rapidamente (2-4 ore) e in modo asincrono nelle varie cellule. L‘apoptosi
avviene senza rilascio di macromolecole intracellulari, in particolare senza rilascio di IL-6, e quindi
senza danno alle cellule vicine e senza induzione di processi infiammatori perifocali.
Gli aspetti morfologici sono il risultato di azioni biochimiche operate su strutture cellulari diverse
dalle caspasi:cisteine proteasi con specificità per residui di acido aspartico. Queste si dividono in
caspasi iniziatrici che attivano le caspasi esecutrici. Come per tutti i processi biologici essenziali
esiste una ridondanza di vie che portano all‘apoptosi, inclusi meccanismi alternativi caspasiindipendenti. La caspasi esecutrice generalmente coinvolta è la caspasi 3, alla cui attivazione si
giunge attraverso due cascate di eventi separate ma comunicanti: una via estrinseca e una via
intrinseca.
La via estrinseca dipende da stimoli esterni che operano attraverso recettori appartenenti alla
superfamiglia di recettori di morte cellulare, situati sulla membrana plasmatica: FAS/CD95, TNFR1 e altri. Il legame con il ligando provoca la formazione di un complesso molecolare che recluta,
attraverso la proteina adattatrice FADD, molte molecole di procaspasi 8. Queste vengono attivate
con un processo di induzione per prossimità e agiscono dapprima sulla procaspasi 10 e insieme a
questa attivano per proteolisi parziale le caspasi esecutrici 3, 7 e 6.
La caspasi 3 agisce su diversi substrati, fra cui la deossiribonucleasi caspasi-dipendente (CAD) che
si trova nel citosol legata ad un inibitore. Una volta attivata, CAD trasloca nel nucleo dove inizia la
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degradazione dei nucleosomi, scindendo il DNA in frammenti di circa 180 paia di basi: fenomeno
della scaletta del DNA, ritenuto impropriamente un marcatore di apoptosi (può essere presente in
forme di necrosi, o assente). Altri bersagli della caspasi 3 sono proteine della matrice nucleare e
proteine del citoscheletro. La degradazione di poli-ADP-ribosio polimerasi (PARP-1) impedisce la
sua funzione di enzima del riparo del DNA e l‘inibizione che esso esercita sull‘attività delle
endonucleasi.
L‘attivazione di Fas induce inoltre, con meccanismi non del tutto chiari, l‘attivazione di
sfingomielinasi che catalizzano la produzione di ceramide. Questo è in grado di alterare la
permeabilità mitocondriale, inducendo il rilascio di citocromo c.In certi tipi cellularila caspasi 8 non
è sufficiente ad attivare la caspasi 3, per cui esercita la sua attività sulla proteina citosolica Bid che,
attivata (t-Bid), trasloca nei mitocondri e induce il rilascio di citocromo c: legame con la via
intrinseca che ha essenzialmente origine mitocondriale.
La via intrinseca è attivata da varie forme di stress cellulare come danni al DNA, raggi UV, agenti
citotossici o privazione di citochine e fattori di crescita.Bax, indotto da p53, eterodimerizza con Bid,
permeabilizzando la MME al citocromo c. Questo si lega nel citosol ad Apaf-1, formando
l‘apoptosoma che recluta e attiva la procaspasi 9 e quindi la 3. Da qui il processo apoptotico
procede come nella via estrinseca.
Le proteine BH3 come Bidraggiungono per prime il mitocondriodove cooperano con altri membri
della famiglia Bcl2 come Bax e Bad, inducendo il rilascio di proteine apoptogene: citocromo c, AIF
e Smac/DIABLO(inattivatore di un‘antiapoptotico). In particolare il rilascio di AIF è
indottodall‘attivazione eccessiva o prolungata di PARP-1 in risposta a stress tossici. AIF a sua volta
causa il rilascio del citocromo c e quel che ne consegue; traslocando nel nucleo induce anche la
condensazione della cromatina e l‘apoptosi attraverso una via caspasi-indipendente. Il ruolo di
PARP-1 sull‘apoptosi è sottolineato dal fatto che la sua inibizione o la delezione del gene parp-1
attenuano o sopprimono i fenomeni apoptotici.
La cellula dispone tuttavia di meccanismi per controllare l‘apoptosi ed eventualmente bloccarla
anche nelle sue ultime tappe; sono fattori anti-apoptotici: c-FLIP (blocca attivazione caspasi 8),
diverse IAP (inibitori delle proteine di apoptosi;si lega alle caspasi impedendone l‘attivaizone),
membri anti-apoptogeni della superfamiglia Bcl-2 come Bcl-2 , Bcl-XL e Bcl-w. Il destino della
cellula dipende dalle reciproche proporzioni fra molecole pro-apoptotiche e quelle anti-apoptotiche.
Gli inibitori dell‘apoptosi possono essere di origine virale(CrmA),possono esser presenti
naturalmente o essere indotti da cellule tumurali
Le molecole proapoptotiche invece si attivano per attivazione dell‘ ―orologio biologico‖,per danni
al DNA o per scompensi nel tempo di raggiungimento dei segnali di proliferazione
La ridotta suscettibilità all‘apoptosi delle cellule neoplastiche rappresenta uno dei meccanismi
attraverso il quale queste si sottraggono all‘omeostasi dell‘organismo. Oltre che all‘aumentata
espressione di IAP e altri fattori anti-apoptotici, la ridotta suscettibilità può essere legata a numerosi
altri meccanismi. Ad esempio si può avere traslocazione del gene bcl-2 in prossimità del locus della
catena pesante delle immunoglobuline: si ha maggiore espressione di bcl-2 e soppressione
dell‘apoptosi.
Geni dell’apoptosi
Quando parliamo di geni dell‘apoptosi intendiamo:
 Recettori di membrana(es Fas)
 Modulatori anti-apoptogeni
 Effettori(caspasi,endonucleasi)
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


Inibitori(cFLIP)
Regolatori\induttori
Promotori(EAT-ME)
L‘apoptosi è un processo attivo che coinvolge l‘espressione di numerosi geni e il livello dei loro
prodotti proteici, spesso controllato dalla degradazione nel proteasoma. Questi geni,sulla base della
loro azione sulla sopravvivenza cellulare, possono essere distinti in oncogeni e onco-soppressori. Il
fattore trascrizionale prodotto dal gene p53 (oncosoppressore) arresta la crescita di certe
popolazioni cellulari aumentando la frequenza di apoptosi: inibisce l‘attività basale di Bcl-2
indirettamente, inducendo il gene Bax. L‘oncogene c-Mycdetermina proliferazione o apoptosi in
rapporto alla disponibilità o alla mancanza di definiti fattori di crescita: nell‘apoptosi Myc ha effetto
a livello mitocondriale, stimolando il rilascio del citocromo c, per attivazione di Bax.
I risultati su questi geni sono spesso contraddittori a causa delle reciproche interrelazioni tra fattori.
I segnali per l‘attivazione dei geni pro-apoptotici(onco soppressori) percorrono vie di trasduzione
ben studiate, ma alle quali è difficile attribuire un ruolo preciso e costante.
- Nell‘attivazione di endonucleasi specifiche, sembra aver un ruolo importante la concentrazione del
Ca2+ intracellulare mediata da fosfoinositidi o da altri eventuali secondi messaggeri.
-Un numero limitato di proteine specifiche è defosforilato durante l‘apoptosi, tuttavia queste non
paiono esser le stesse coinvolte nella trasduzione dei segnali apoptotici.
-La protein chinasiC è stata alternativamente descritta nel circuito di induzione o di inibizione
dell‘apoptosi in diversi sistemi.
- Numerosi tipi di stress possono attivare una sfingomielinasi che agisce come secondo messaggero
dell‘apoptosi attivando la chinasi c-Jun-N-terminale (JNK) che attiva fattori trascrizionali come AP1. JNK sarebbe anche coinvolta nell‘attivazione di caspasi 8 e nell‘inattivazione di Bcl-2.
Quanto descritto si applica tuttavia solo a certi tipi cellulari, mentre per altri questi fattori
potrebbero addirittura giocare un ruolo anti-apoptotico.
Degenerazioni con accumulo di materiali metabolici dentro le cellule
Molti processi regressivi sono caratterizzati dall‘accumulo intracellulare di materiali metabolici di
varia natura.
Si chiamano steatosi le condizioni in cui la sostanza che aumenta è un lipide e in particolare si può
avere accumulo di trigliceridi (steatosi propriamente dette), fosfolipidi (fosfolipidosi), glicolipidi
(glicolipidosi e gangliosidosi). Le sfingomielinosi sono da considerare sia fosfolipidosi che
glicolipidosi. Le colesterinosi sono i processi regressivi con accumulo di colesterolo o dei suoi
esteri.
Glicogenosi sono i processi regressivi con accumulo di glicogeno. Si hanno poi la degenerazione
mucosa, colloide (nella tiroide) e cornea (aumento di cheratina).
STEATOSI
Le steatosi sono processi patologici nel corso dei quali si ha accumulo di lipidi (principalmente
trigliceridi) in cellule dove non è normalmente possibile metterli in evidenza (no adipociti). Le
cellule contengono gocce sudanofile(si legano al colorante sudan) più o meno voluminose, disposte
in modo diverso in rapporto alla morfologia propria della cellula: tra il polo basale e il nucleo nel
rene; in file longitudinali nelle fibrocellule del miocardio; in forma macrovescicolare o
microvescicolare nel fegato.
-La steatosi microvescicolare è caratteristicamente una condizione acuta nella quale l‘impedimento
della β-ossidazione degli acidi grassi riflette un più generale perturbamento delle funzioni
mitocondriali (come nel caso dell‘ipossia stagnante); ha generalmente prognosi infausta e prelude a
morte.
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- La steatosi macrovescicolare invece è associata ad un disturbo di lunga durata, ma reversibile; in
alcuni casi può esitare in forme più gravi di malattia come la steatoepatite e la cirrosi. L‘obesità e le
condizioni del metabolismo ad essa legate possono portare a steatosi epatica.
Le steatosi sono talvolta l‘espressione di una deviazione generale del metabolismo lipidico
(infiltrazione adiposa); altre volte dipendono da una lesione circoscritta alle cellule colpite
(degenerazione vera e propria). È in ogni caso dimostrato che la maggior parte degli acidi grassi che
si accumulano nelle cellule proviene dall‘esterno.
La definizione stessa di steatosi esclude la semplice apparizione di grasso,lipofanerosi, che si
libera dalle strutture cellulari che accompagna la morte delle cellule. Differiscono dalle steatosi le
lipidosio tesaurismosi lipidiche in cui si ha accumulo di lipidi complessi per deficit enzimatici
lisosomiali di natura ereditaria. Nonostante la maggior parte delle steatosi sia generalmente
provocata da cause esogene, esistono almeno due tipi di steatosi geneticamente determinate: morbo
di Wolman (deficienza di lipasi acida) e abetalipoproteinemia (sindrome da malassorbimento dei
grassi a livello della mucosa intestinale per difetto di sintesi delle apo B->le cellule della mucosa
intestinale risultano infarcite di grassi e non riescono ad assorbirne piu‘), alla quale è associata
steatorrea. Più recentemente si è individuata un‘altra forma di steatosi associata alla carenza
ereditaria di apo E che rende il fegato più vulnerabile all‘azione di agenti steatogeni esogeni.
STEATOSI EPATICHE:
Il fegato è spesso soggetto a steatosi per tre diversi ordini di motivi:
1. Gioca un ruolo importante nel ciclo dei trigliceridi e nella sintesi delle lipoproteine che sono la
forma di eliminazione dei trigliceridi dal fegato;
2. Svolge una molteplicità di attività metaboliche e biotrasformazioni;
3. Ha una particolare vascolarizzazione che può portare a degenerazione vacuolare e può esporlo ad
agenti steatogeni esogeni ed endogeni di provenienza gastrointestinale.
Per questo si differenziano le steatosi extraepatiche dalle epatica(quest‘ultime possono determinare
steatoepatite=complicanza necroticofibrotica)
Tuttavia la steatosi può colpire tutti gli organi: ad un diverso atteggiamento del metabolismo
lipidico corrisponde un diverso meccanismo patogenetico di steatosi, i cui aspetti finali simili sono
dovuti alla limitata capacità d‘espressione della risposta cellulare. L‘elemento unificante è
rappresentato dal sovraccarico assoluto o relativo (nel caso di lesione cellulare preesistente),
esogeno o endogeno di trigliceridi e l‘effettiva capacità della cellula di metabolizzarli.
I trigliceridi della dieta vengono in gran parte assorbiti come acidi grassi non esterificati; questi,
entrati nelle cellule della mucosa intestinale, vengono reinclusi in molecole trigliceridiche grazie
alla loro combinazione con il glicerolo. I trigliceridi così formati vengono poi combinati con una
quota proteica e sono immessi in circolo come complessi lipoproteici (chilomicroni). Questi
passano in gran parte nei vasi chiliferi e da qui nel dotto toracico, che li riversa poi nel circolo
venoso (vena succlavia sinistra). Gli acidi grassi a corta catena passano invece nelle radici della
vena porta e raggiungono direttamente il fegato. I chilomicroni circolanti vengono
continuamente rimodellati (chilomicroni secondari). Nelle cellule non entra il chilomicrone come
tale, ma soltanto gli acidi grassi provenienti dalla sua idrolisi a opera della lipoprotein-lipasi.
Tale enzima è localizzato negli endoteli capillari e negli spazi subendoteliali.
A livello dell‘adipocita gli acidi grassi così penetrati vengono nuovamente combinati con il
glicerolo e trasformati in trigliceridi.L‘immissione in circolo di acidi grassi dagli adipociti è
controllata dall‘attività della lipasi;questi, fortemente tensioattivi e in grado di produrre emo- e
citolisi, vengono prontamente legati all‘albumina che li veicola. Il vario grado di attività della
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lipasi è controllato dal cAMP.
Sostanze
come
adrenalina,
noradrenalina, ACTH, cortisone e
glucagone,
che
inducono
l‘adenilciclasi,
promuovo
la
mobilizzazione degli acidi grassi dai
tessuti di deposito. Stesso effetto
hanno anche caffeina e teofillina che
inibiscono la fosfodiesterasi capace di
demolire il cAMP.
Gli acidi grassinon esterificati veicolati dall‘albumina vengono sottratti al sangue dai tessuti. Nel
fegato il fenomeno è mediato dalla presenza di particolari proteine capaci di captare e trasportare
anioni; si dividono in due classi: proteina Y (ligandina) e proteina Z che ha maggiore affinità per
gli acidi grassi, ma è meno concentrata rispetto alla prima. Queste proteine trasportano gli acidi
grassi ai siti intracellulari di utilizzazione. Una parte di essa viene ossidatanei mitocondri e nei
perossisomi, una parte viene inclusa nelle strutture proprie dell‘organo e un‘altra parteabbandona
il fegato sotto forma di lipoproteine. Il fegato, in condizioni di digiuno, è praticamente la sola
fonte di lipoproteine del plasma; la mucosa intestinale contribuisce per un 10%; in condizione di
alimentazione con lipidi, sono i chilomicroni della mucosa intestinale la fonte di lipoproteine del
plasma. Per quel che riguarda le apolipoproteine, le cellule delle cripte intestinali sono capaci di
sintetizzarne vari tipi, ma non la B48; gran parte della apolipoproteine vengono sintetizzate dagli
epatociti.
La classificazione delle lipoproteine può essere fatta in base a due criteri principali: quello della
mobilità elettroforetica (α, β e pre-β) e quello ddella densità. Sulla base di quest‘ultimo si
distinguono: HDL, LDL e VLDL.La quota proteica va aumentando dai chilomicroni fino alle
HDL, mentre quella trigliceridica si comporta in modo opposto. Le VLDL rappresentano la
principale classe di lipoproteine secrete dal fegato: sono ricche di trigliceridie contengono una
modesta quantità di esteri del colesterolo; i residui di VLDL (scarichi di trigliceridi) possono
essere captati dal fegato grazie ad un recettore per apo-B100,oppure trasformati in LDL per
opera di una lipasi di superficie degli epatociti (la transizione avviene attraverso un intermedio
detto IDL). Le LDL che così si formano sono costituite da esteri del colesterolo e apo-B100 e
veicolano il colesterolo alle cellule dei tessuti, munite di apposito recettore per le LDL. Al
legame col recettore segue endocitosi e digestione delle LDL. Le HDl derivano dal fegato e dalla
mucosa intestinale; contengono apolipoproteine, fosfolipidi e una piccola quantità di colesterolo
non esterificato che viene esterificato a opera della lecitin-colesterolo acil-transferasi (LCAT),
attivata da una componente apo-A. Le HDL ricevono il colesterolo non esterificatodai tessuti
periferici, lo esterificano immediatamente e lo trasportano nel fegato, dove viene secreto come
tale o come acidi biliari. Per questa attività si ritiene che le HDL abbiano un ruolo nella
protezione nei confronti dell‘aterosclerosi.
Danni da sovraccarico:
1.aumentato apporto
-Aumentata introduzione alimentare (chilomicroni)
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-aumentata mobilizzazione dei lipidi dai depositi adiposi (acidi grassi non esterificati). Quest‘ultimo
caso si può verificare nei diabeticie nella glicogenosi di tipo I in cui la carenza d‘insulina determina
l‘attivazione della lipolisi, oppure per azione di ormoni e farmaci che agendo sul sistema del cAMP
ne determinano un aumento di concentrazione e quindi l‘attivazione della lipasi. Da un punto di
vista morfologico e biochimico nella steatosi da dieta iperlipidica-normoproteica si ha scarso danno
funzionale delle cellule parenchimali: il grasso, infatti, arriva in cellule perfettamente normali, che
non riescono a smaltirlo solo perché la quantità che giunge è superiore alle possibilità dei loro
enzimi.
Es.diabete→insulinoresistenza→iperinsulinema :-stimola lipogenesi glucidica a cui pero‘ non segue
un adeguato rilascio a causa della riduzione di apolipoproteine→accumulo di lipidi nell‘epatocita
che attiva β-perossidazione(anche per inibizione del malonilcoA)→sovraccarico→accumulo di
grasso nell‘epatocita con steatosi epatica.
L‘aumento di acidi grassi in circolo
stimola anche i PPARs(peroxisome
proliferator-activated receptors)proteine
recettoriali nucleari che agiscono come
fattori di trascrizione e regolano
l‘espressione di geni coinvolti nel
metabolismo(anche nella proliferazione e
nel differenziamento).
Questo stimolo non e‘ sufficente a
eliminare la steatosi ma anzi la aggrava
determinando una steatoepatite.difatti
determina un aumento di ROS che
determina la lipoperossidazione con
conseguente formazione di accumuli di composti di Mallory,richiamo di infiltrato infiammatorio
per attivazione delle citochine,morte dell‘epatocita.
2.aumentata sintesi endogena
Esistono condizioni in cui il sovraccarico lipidico nasce all‘interno della stessa cellula epatica, per
un‘aumentata formazione di acidi grassi .
A) La sintesi ex novo di acidi grassi nel fegato è regolata dal glucosio e dall‘insulina e dipende
essenzialmente da 3 fattori trascrizionali: SREBP-1, ChREBPe PPAR-γ. I primi due sono recettori
nucleari normalmente espressi a basso livello nel fegato: la loro sovraespressione porta a steatosi
dettaadipogenetica. PPAR-α, invece, funziona come sensore lipidico nel fegato e risponde
all‘influsso di acidi grassi stimolando la trascrizione di geni che codificano per i sistemi
mitocondriali, perossisomiali e microsomiali epatici dell‘ossidazione degli acidi grassi.
L‘aumentata lipogenesipuò causare aumento intracellulare di trigliceridi in due modi:
 direttamente per aumentata sintesidi quest‘ultimi .L‘aumentata sintesi di trigliceridi può
avvenire o per maggiore attività dell’enzima trigliceride sintetasi o per aumento dei
precursori(può dipendere da un aumento della sintesi intraepatica a partire dall‘acetil-coA o
da una diminuita utilizzazione per altre reazioni enzimatiche).
 indirettamente per aumentata produzione di malonil-CoA che inibisce la carnitin-palmitoil
trasferasi-1.
In una dieta carente di acidi grassi polinsaturi si produce una sintomatologia complessa con:
aumento della velocità delle ossidazioni, aumentodel consumo d‘acqua, ritardo dell‘accrescimento
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corporeo e accumulo di grasso essenzialmente alla periferia del lobulo. Si evidenziano gravi lesioni
dei mitocondri che si instaurano lentamente e aumento del numero dei perossisomi. Il danno
principale riguarda la sintesi dei grassi a partire da precursori di basso peso molecolare: la carenza
di acidi grassi insaturi determina la derepressione del sistema atto a sintetizzarli nel fegato. Si
verifica dunque un cambiamento nella composizione dei lipidi cellulari, specialmente a livello delle
membrane.Danni a mitocondri, perossisomi (per gli acidi grassi a lunga catena) e reticolo
endoplasmatico provocano necrosi, vacuolizzazione e rigonfiamento cellulare, ai quali si può
aggiungere steatosi per diminuzione dello smaltimento degli acidi grassi stessi. Questa può avvenire
inoltre per blocco dell‘immissione in circolo delle lipoproteine.
B)Steatosi da etanolo
Alla steatosi da etanolo si associa tutta una serie di altri processi regressivi, fra cui spiccano la
fibrosi (cirrosi epatica) e l‘infiammazione (epatite alcolica), fino alla necrosi. Si distingue fra una
steatosi acuta e una cronica da etanolo. Entrambe sono particolarmente rilevabili nel fegato dove
l‘etanolo viene metabolizzato: le conseguenze più gravi dell‘ingestione derivano infatti dai prodotti
del suo metabolismo. Sul piano morfologico si possono osservare alterazioni dei mitocondri, con
rigonfiamento e talvolta frammentazione delle creste e del reticolo endoplasmatico.
L‘etanolo viene ossidato ad acetaldeide attraverso la via principale dell‘alcol-deidrogenasi(a
localizzazione citosolica), con produzione di NADH Oattraverso la via del MEOS (microsomal
ethanol oxiding system;contenente citocromo P450 IIE1)localizzata nel SER, che si attiva
pienamente solo per elevate concentrazioni ematiche di etanolo, con formazione di NADPH.L
acetaldeide viene poi trasformata in acetato dall‘aldeide deidrogenasi con formazione di un altro
NADH. Ciò comporta:
 uno
sbilancio
della
situazione
ossido-riduttiva
dell‘epatocita,
che
facilitaDHAP(diidrossiacetonfosfato) a glicerolo-3P che viene utilizzato per produrre
glicerolo.
 aumenta la concentrazione di acetil-CoA dall‘acetato che viene utilizzato insieme al
glicerolo per trigliceridi.
 ridotta ossidazione nei mitocondri sia perche‘ impegnati nella riossidazione dei cofattori
prodotti sia perche‘ l‘acetaldeide determina danni a livello della catena respiratoria che
determinano aumentata produzione di ROS e danneggiamento dei mitocondri.quest‘ultima
e‘ una delle cause maggiori di accumulo poiche‘essendo l‘aldeide deidrogenasi molto lenta
abbiamo accumuli di acetaldeide piu‘ che formazione di acetato
 l‘acetaldeide riduce la sintesi proteica (arresto sintesi e secrezione delle lipoproteine): le
aldeidi reagiscono sia con i gruppi -SH sia con i gruppi -NH2, impedendo l‘azione degli
enzimi sulfidrilici.
 Abbiamo inoltre danno di membrana innescato dalla perossidazione lipidica, per
formazione di radicali derivati dal metabolismo ossidativo dell‘etanolo e dell‘acetaldeide.
L‘aumentata produzione di H2O2 in seguito all‘ossidazione dell‘etanolo da parte del MEOS
provoca una diminuzione della concentrazione intraepatica degli antiossidanti fisiologici;
l‘H2O2 può dare origine a radicali liberi in presenza di Fe2+ o Fe3+:
H2O2 + Fe2+→ OH• + OH- + Fe3+ (reazione di Fenton)
H2O2 + Fe3+ + O2→ OH• + OH + Fe2++ O2 (reazione di Haber-Weiss)
Il radicale libero OH• può agire sull‘etanolo e formare il radicale libero idrossietilico. Una
parte consistente di radicali si forma però direttamente per intervento del citocromo P450
IIE1 nel MEOS.
 Si verifica inoltre un‘alterazione dei sistemi contrattili (blocco della tubulina) e un‘alterata
secrezione di albumina che spiega l‘iniziale epatomegalia nell‘alcolista. Il danno al
citoscheletro si osserva con la comparsa dei corpi di Mallory costituiti dalla sostanza ialina
alcolica (insieme di proteine contrattili disorganizzate e non funzionanti)sopratutto pero‘
nell‘alcoolista cronico(tutte le altre cose si verificano anche solo nell‘acuto).
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Nelle lesioni croniche, a questi fenomeni acuti reiterati nel tempo, si aggiungono altri fattori
prevalentemente di natura dietetica. L‘etanolo (7 cal/g) soddisfa parte delle esigenze energetiche
dell‘etilista, riducendo l‘appetito e quindi l‘assunzione di cibo: la situazione può essere quindi
ulteriormente aggravata da una steatosi da carenza proteica. Nell‘etilista cronico si ha un aumentato
fabbisogno di colina, forse a causa di un‘aumentata distruzione dei fosfolipidi delle membrane, che
viene dunque ad essere carente. Processi infiammatori e degenerativi delle mucose del tratto
gastroenterico alterano, inoltre, l‘assorbimento di molte sostanze. Si assiste a necrosi degli epatociti,
che si accompagna alla liberazione nel plasma di numerosi enzimi, aventi valore diagnostico. Alla
necrosi seguono localmente processi flogistici che danno origine all‘epatite alcolica. Attraverso
episodi successivi di rigenerazione e di nuovo danno l‘epatite alcolica esita molto spesso in cirrosi
3.steatosi da diminuito smaltimento
Steatosi da carenza di proteine e di fosfolipidi
La ridotta disponibilità di amminoacidi alimentari riduce le dimensioni del loro pool preproteico,
essenziale per la sintesi di apolipoproteine, enzimi e membrane coinvolte nello smaltimento dei
trigliceridi.
Una steatosi di questo tipo si osserva nel Kwashiorkor: diete costituite da proteine vegetali (molto
diverse da quelle umane) o da alimenti a bassissimo contenuto proteico (Africa e India), portano ad
uno squilibrio del pool e riducono la capacità di sintesi proteica nell‘uomo. Nei bambini colpiti,
l‘atrofia delle masse muscolari e del pannicolo adiposo contrasta con la notevole distensione
dell‘addome, che dipende da una cospicua epatomegalia. Il fegato è infatti colpito da un‘intensa
steatosi di tipo periferico. L‘esito è spesso letale: la morte avviene in occasione di malattie infettive
intercorrenti. La sindrome del Kwashiokhor viene oggi distinta in due forme cliniche: il
Kwashiokhor classico e quello marasmatico che presenta carenze multiple, intossicazioni alimentari
e processi infettivi. La carenza di proteine produce alterazioni anche nel contenuto proteico di vari
organelli subcellulari e conseguentemente la loro disfunzione.
Anche un eccesso di alcuni amminoacidi o la loro presenza in rapporti incongrui può provocare o
aggravare una steatosi. Questo fenomeno può essere spiegato con il fatto che la penetrazione degli
amminoacidi dentro le cellule è un processo attivo, che richiede la presenza sulla superficie
cellulare di determinati recettori. Questi sono specificiper classi di amminoacidi. Un eccesso di un
dato amminoacido può provocare la saturazione del recettore cellulare e l‘esclusione degli altri
amminoacidi del gruppo.
Tuttavia alcuni amminoacidi, come la metionina (donatore di metili), antagonizzano l‘accumulo e
favoriscono l‘eliminazione del grasso dal fegato: l’azione lipotropa(antisteatogena) della metionina
si basa sulla capacità di attivare la sintesi endogena di colina e di prevenire la necrosi.
La colina è essenziale per la sintesi dei fosfolipidi e quindi per la formazione di micelle
lipoproteiche. La sua carenza è dunque steatogena e può deviare il metabolismo degli acidi grassi
verso la formazione di trigliceridi: si assiste ad una progressiva diminuzione di fosfatidilcolina,
parzialmente sostituita da fasfatidiletanolammina, che ha carattere meno polare della prima.
Diminuisce così la funzione di veicolo dei fosfolipidi. Nelle carenze di lunga durata esistono gravi
alterazioni dei mitocondri e del reticolo endoplasmatico; si assiste a fenomeni di autofagia, con
comparsa di citolisosomi. Aumentano nettamente anche le lipofuscine, contenute nei citolisosomi.
L‘attivazione della sintesi endogena di metili, indotta con forti dosi di vitamina B12, può
antagonizzare la steatosi da carenza di colina.
Un meccanismo patogenetico simile si ritrova nella steatosi da ipervitaminosi PP: forti dosi della
sostanza finiscono per depauperare il fegato di gruppi metilici labili in quanto la nicotinammide
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viene eliminata come N-metil-nicotinammide. Ciò determina, anche in questo caso, una
diminuzione della sintesi delle lecitine.
Steatosi da inibitori della sintesi proteica
Date le prevalenti modalità di eliminazione dei trigliceridi dal fegato sotto forma di lipoproteine,
ogni inibitore della sintesi proteica dovrebbe provocare steatosi epatica. Tuttavia con molti inibitori
non si riesce a raggiungere in vivo una concentrazione efficace: si provocano lesioni cellulari di tipo
essenzialmente necrotico o si blocca la mobilizzazione degli acidi grassi dai depositi periferici
(actinomicina D). Una delle steatosi di grado più elevato riscontrate nell‘uomo è conseguente
all‘avvelenamento per ingestione del fungo Amanita phalloides: l‘α-amanitina ha azione nucleare
inibendo essenzialmente l‘RNA polimerasi. I trigliceridi epatici non trovano più molecole proteiche
per la formazione delle lipoproteine e cominciano ad accumularsi negli epatociti. Similmente agisce
l‘aflatossina B1 dell‘Aspergillus flavus.La tossina difterica e‘ invece un‘inibitore dell‘allungamento
della catena proteica. Per maggior dettaglio vedi approfondimento pag 297-301 Dianzani.
Steatosi da veleni ambientali: il modello del tetracloruro di carbonio
La lipoperossidazione da CCl4 può indurre steatosi(che prosegue in cirrosi e cancro) per una duplice
serie di motivi:
 Le membrane subiscono un danno molecolare che comporta inattivazione di enzimi, nonché
alterazioni strutturali fino a vere e proprie soluzioni di continuo delle membrane. Quelle più
precocemente colpite sono quelle del RE (dove si formano i radicali derivati dal CCl4).
 La lipoperossidazione causa la formazione di composti idrosolubili e quindi facilmente
diffusibili fra i quali si hanno le aldeidi, molto reattive: generalizzazione del danno all‘intera
cellula. Antiossidanti (antagonizzano la lipoperossidazione) e composti sulfidrilati (reagiscono
con le aldeidi, impedendo la loro azione sui gruppi -SH degli enzimi) hanno azione protettiva.
CCl4 nel RE viene trasformato in CCl3•(clorometile) e Cl.
Il clorometile forma legami coevalenti determinando cloroachilazione e perossidazione lipidica che
comporta la formazione di aldeidi,l‘alterazione delle membrane(conseguente interazione con
proteine=lipofuscine e ceroidi)
Gli aldeidi reagiscono con i gruppi SH e NH2 e inattivano molecole nobili,inibiscono la sintesi
proteica determinando degranulazione del RER e determinano danni a distanza.
Steatosi da blocco della secrezione
Anche l‘interferenza con sistemi contrattili può ridurre o bloccare l‘eliminazione dei trigliceridi
dalla cellula epatica.Abbiamo per esempio:
-CCl4che per azione delle aldeidi inibisce la tubulina.
- colchicina inibitore della polimerizzazione della tubulina
-vinblastina:blocca i monomeri di tubulina nei microtubuli.
L‘accumulo di particelle lipidiche avviene in granuli di secrezione posti alla periferia della cellula;
attorno a queste vescicole si attivano fenomeni di autofagia con segni di fusione fra lisosomi e
vescicole di secrezione.
NAFLD (Non Alcoholic Fatty Liver Disease) e NASH (Non Alcoholic Steatohepatitis)
Le lesioni patologiche e la storia della NAFLD riflettono probabilmente un complesso processo
multifattoriale nel quale possono avere importanza fattori genetici: in questi pazienti alcuni geni che
contribuiscono alla compromessa sensibilità all‘insulina sono sovraespressi, mentre altri geni
importanti per il mantenimento della funzione mitocondriale sono sottoespressi. Quando si
sviluppano lesioni epatiche che assomigliano a quelle osservate nell‘epatite alcolica si ha NASH. Il
fegato steatosico è comune in soggetti con diabete di tipo II e obesità: il NAFLD può essere visto
come aspetto della sindrome da insulino-resistenza. Nei pazienti con NASH sono state dimostrate
lesioni biochimiche e ultrastrutturali dei mitocondri, di cui possono essere responsabili gli acidi
grassi non esterificati, i prodotti della lipoperossidazione e il TNFα. Gli acidi grassi non esterificati
disaccoppiano le fosforilazioni ossidative, con aumentato consumo di ossigeno e aumento della
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produzione di ROS. Questi fanno diminuire la concentrazione di antiossidanti ed innescano la
lipoperossidazione, mediando il rilascio di TNFα dalle cellule di Kupffer. La prolungata presenza di
lipidi nell‘epatocita può innescare ulteriori fenomeni patologici.
Steatosi extra-epatiche
Alcuni tipi di steatosi agiscono con meccanismi almeno parzialmente differenti; è il caso della
steatosi da ipossia, dipendente da un difetto ossidativo degli acidi grassi. Questo genere di steatosi
si verifica in numerosi organi come: muscolo (miopatie lipidiche); miocardio, dovuta ad anemia,
insufficiente irrorazione e danni tossici (tossina difterica); rene; cellule nervose. Sono causa di
steatosi extra-epatica anche difetti congeniti come la già citata abetalipoproteinemia. Sono inoltre
steatogeni anche la carenza di colinae diversi tipi di avvelenamenti.
Patologia elementare dei lisosomi
I lisosomi sono il ―tratto digestivo intracellulare‖; contengono, in forma inattiva, le idrolasi acide
capaci di idrolizzare un gran numero di substrati. Quando materiale estraneo entra nelle cellule per
endocitosi, i lisosomi si avvicinano alll‘endosoma e si fondono con esso (fagolisosoma), liberando
le loro idrolasi; lo stesso accade nel corso del rinnovo del materiale intracellulare (vacuolo
autofagico).
La più elementare delle lesioni dei lisosomi riguarda la loro membrana e determina la disgregazione
degli enzimi in essi contenuti. Una modesta alterazione di permeabilità comporta il facile ingresso
nei lisosomi dei substrati, tale da aumentare l‘intensità delle reazioni istochimiche. Una lesione più
grave, ma limitata, determina fuoriuscita di piccole quote d‘enzimi che rimangono adesi alla
superficie esterna della membrana lisosomiale e vengono dosati come attività libera. Lesioni ancora
più gravi comportano la liberazione di cospicue quote di enzimi che diffondono nel citosol: attività
solubile. Nella maggior parte dei casi la liberazione di enzimi lisosomiali non avviene
indiscriminatamente nel citosol, ma in altre formazioni compartimentalizzate come vacuoli di
fagocitosi e autofagici. I lisosomi entrano in gioco a fenomeni regressivi già avvenuti, in qualità di
―spazzini‖.
Le più importanti patologie lisosomiali oggi note riguardano difetti di capacità digestive, indotte da
agenti esogeni o geneticamente determinate.
Insufficienze lisosomiali acquisite
Un accumulo intracellulare di materiale indigesto si può avere in soggetti sani per insufficienze
lisosomiali dovute a:
1. Inibizione degli enzimi digestivi lisosomiali
2. Incongruità del substrato (primitiva o secondaria)
3. Sovraccarico da eccesso di materiale
(1) Numerosi antibiotici (streptomicina e kanamicina) inibiscono gli enzimi lisosomiali causando
accumulo di materiale e fenomeni di organotossicità. Il farmaco antimalarico clorochina (proposto
anche come farmaco attivo contro l‘HIV), provoca tesaurismosi lipidiche e proteolipidiche. Entra
nei lisosomi in forma elettricamente neutra, quindi si carica assumendo un protone dal mezzo acido:
la molecola diviene più idrofila ed esce difficilmente dall‘organulo, dove si concentra; fa aumentare
il pH all‘interno del lisosoma, inibendo le attività enzimatiche.
(2) Sono esempi di incongruità primitiva del substrato il destrano e il polivinilpirrolidone in quanto
se introdotti non vengono digeriti nei lisosomi. Substrati normali, specialmente i lipidi, vengono poi
resi difficilmente digeribili per azione di farmaci anfipatici, che si accumulano nei lisosomi sotto
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forma di complessi farmaco-lipidi a lenta dissociazione (incongruità secondaria). Una forma
particolare di patologia lisosomiale, prevalentemente legata all‘invecchiamento, è costituita dalle
lipofuscine (accumuli di pigmenti giallastri o bruni) che si depositano specialmente in SN, cuore e
fegato. I granuli sono un conglomerato di residui mal digeriti, derivati dall‘idrolisi e dalle
modificazioni intra ed extra-lisosomiali. La digestione dei lipidi ad opera dei lisosomi è infatti
limitata ed è ulteriormente impedita dalle precoci modificazioni perossidative dei lipidi. Le
lipofuscine possono interferire con le capacità funzionali degli organi nell‘invecchiamento.
(3) Sostanze normali, presenti in quantità elevata, vengono segregate in vacuoli nelle cellule
parenchimali del fegato e del rene. Ne è un esempio la degenerazione a gocce jaline delle cellule
dei tubuli renali, in seguito a malattie infiammatorie che comportano alterazioni della permeabilità
dei capillari glomerulari. Si osserva nel filtrato renale passaggio di proteine plasmatiche ed
eventualmente di eritrociti (che vanno incontro ad emolisi, con liberazione di emoglobina). Le
cellule del tubulo renale riassorbono queste proteine e le segregano nei loro vacuoli apicali,
destinati a fondersi con i lisosomi. Ben presto le capacità di trasporto e digestione intracellulare
saranno sature e le cellule si presenteranno infarcite di vacuoli. Le proteine non riassorbite
compaiono nelle urine.
Tesaurismosi da deficit di enzimi lisosomiali
Se per un‘alterazione genica , un dato enzima è carente nei lisosomi, nei citolisosomi si
verificheranno accumuli del materiale che non può essere idrolizzato, accumuli che raggiungono
con il tempo notevoli dimensioni. Le cellule colpite perdono la loro funzione e vanno spesso
incontro a morte. Poiché gli enzimi lisosomiali sono moltissimi e ciascuno di essi può mancare, ne
deriva una notevole quantità di malattie lisosomiali ereditarie, che si classificano a seconda del
materiale accumulato (substrato dell‘enzima mancante). Si distinguono: trigliceridosi, fosfolipidosi,
sfingolipidosi, ecc. Per una completa classificazione vedi tabelle 11-6 pag 302-303 Dianzani e
tabella 10.2 pag 331 (Pontieri).
Si tratta di malattie autosomiche recessive ad andamento progressivo. Il difetto si traduce o nella
mancata sintesi o nella sintesi di una proteina errata e poco attiva. Nelle malattie lisosomiali
ereditarie l'attività finale e la localizzazione degli enzimi lisosomiali dipende da una serie si
fenomeni post-traduzionali quali:
 inserzione di segnali di posizione nella proteina;
 biosintesi di recettori di trasferimento;
 fenomeni di maturazione, consistenti spesso in una proteolisi limitata;
 biosintesi di proteine attivatrici
 alterazioni nell'assunzione della configurazione appropriata
Perché una malattia possa esser considerata lisosomiale, devono venir soddisfatte le seguenti
condizioni:
 l'enzima deficitario deve aver localizzazione lisosomiale;
 il materiale si deve accumulare in vacuoli positivi per la fosfatasi acida;
 il decorso della malattia deve essere progressivo;
 l'accumulo deve riguardare contemporaneamente più organi.
Gli enzimi lisosomiali si trovano in tutti i tipi cellulari, fatta eccezione per gli eritrociti maturi; il
loro deficit ha conseguenze particolarmente gravi negli istiociti, deputati all'eliminazione di
sostanze estranee e di cellule senescenti. La maggior parte degli enzimi lisosomiali sono esoidrolasi
che agiscono in sequenza: i substrati sono degradati per riduzione graduale dei residui terminali.
Quindi il deficit di un singolo enzima causa il blocco dell'intera sequenza metabolica.Molte di
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queste idrolasi non sono specifiche per un determinato composto, ma per un determinato legame
chimico o per un residuo terminale, che può essere uguale in composti diversi. L'eterogeneità
clinica è dunque una caratteristica delle malattie lisosomiali: tanto minore è l'attività enzimatica
residua, tanto più grave è la malattia (soglia critica di attività). La soglia critica d'attività e la
velocità d'accumulo possono essere diverse nelle varie cellule o nelle stesse cellule in fasi di
sviluppo differenti; influenzano l'età di inizio, la velocità di progressione e la sintomatologia della
malattia.
Trigliceridosi
Il morbo di Wolman è geneticamente determinato ed è caratterizzato dall'accumulo intralisosomiale
di trigliceridi ed esteri del colesterolo, in seguito alla mancanza di attività della lipasi acida
lisosomiale. I fibroblasti di questi pazienti mantengono al capacità di legare ai loro recettori le
lipoproteine a bassa densità: la parte proteica viene digerita, differentemente da quella lipidica che
tende ad accumularsi. I soggetti affetti da questa malattia decedono nella prima infanzia. Una
formapiù lieve in cui la proteina enzimatica mutata conserva fino al 20% dell'attività, viene detta
malattia da accumulo di esteri del colesterolo. Morfologicamente sii distingue dalle statosi in
quanto l‘accumulo è intralisosomiale e le strutture contenenti grasso non hanno tendenza alla
confluenza.
Le sfingolipidosi
Gli sfingolipidi sono composti che contengono un particolare amino-alcol insaturo a lunga catena,
la sfingosina, oppure il suo omologo saturo, la diidrosfingosina. Il legame con acidi grassi al gruppo
amminico di queste due molecole porta alla formazione dei ceramidi. Le sfingomieline risultano
dall‘esterificazione del gruppo alcolico primario delle ceramidi con un ossidrile acido della
fosforilcolina. Le ceramidi, sempre mediante il gruppo alcolico primario, possono unirsi con legame
glucosidico a una molecola di esoso, formando glicolipidi.
Uno stesso enzima può operare a diversi livelli del catabolismo sfingolipidico, per cui accanto al
substrato principale possono accumularsi altre sostanze.
Il morbo di Niemann-Pick è caratterizzato da deficit di sfingomielinasi e relativo accumulo di
sfingomielina associata a pigmenti ceroidi (lipofuscine). Sono colpite soprattutto cellule del SN,
macrofagi, cellule di Kupffer e istiociti: le cellule sono rigonfie e presentano un citoplasma
finemente vacuolizzato che conferisce il caratteristico aspetto schiumoso, risultante dalla scarsa
tendenza alla confluenza delle gocce lipidiche. Esistono almeno 5 forme della malattia, siglate da A
a E, tutte dipendenti da malattie autosomiche recessive. Si ha epato- e splenomegalia, ritardo dello
sviluppo mentale e altrazioni motorie, cecità e cute dal colorito giallo-brunastro se la degenerazione
colpisce gli istiociti del derma.
Il morbo di Gaucher è caratterizzato da un'alterazione della glucocerebrosidasi; sono stati
dimostrati diversi isoenzimi, specifici per i vari tessuti. La gran parte dei cerebrosidi accumulati nel
SNC non si deposita nelle cellule nervose, ma negli istiociti in posizione perivasale, che assumono
la caratteristica morfologia delle cellule di Gaucher. Si tratta di elementi grandi che presentano
nucleo eccentrico e citoplasma infarcito di lipidi PAS-positivi, che all'osservazione in contrasto di
fase appaiono come fibrille: citoplasma a "seta spiegazzata". La splenomegalia che si verifica è
dovuta solo in parte alle cellule di Gaucher: si ha un'ipertrofia compensatoria delle cellule, con
relativo aumento della quantità della proteina enzimatica.
Nel morbo di Fabry (angiocheratoma diffuso) si ha deficit di attività α-galattosidica, con accumulo
di glicosfingolipidi (galattosil-galattosil-glucosil-ceramide): gli istiociti non riescono a demolire i
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lipidi complessi che vengono in buona parte immessi in circolo. Qui vengono assunti dagli endoteli
dei vasi, che a loro volta non riescono a digerirli.
Le gangliosidosi sono malattie dovute a mancanza o grave carenza di specifiche idrolasi
lisosomiali, caratterizzate da accumulo intraneuronale di gangliosidi GM1 o GM2, a cui si
associano frequentemente glicolipidi, mucopolisaccaridi e glicoproteine.
 Le gangliosidosi GM1 sono errori congeniti del metabolismo dovute alla deficienza di una βgalattosidasi, con accumulo intralisosomiale del monosialogangloside GM1. La funzione
dell‘enzima è quella di staccare dal GM1 il galattosile terminale che è legato con legame β. Sono
state descritte due forme di gangliosidosi GM1: gangliosidosi generalizzata o malattia di
Landing (di tipo I) e gangliosidosi GM1 cerebrale (di tipo II); il gene mutante è diverso nelle
due forme.
 Le gangliosidosi GM2 si dividono in: morbo di Tay-Sachso idiozia amaurotica infantile (di tipo
I) è caratterizzato dalla prevalenza di lesioni neurologiche e dal ritardato sviluppo mentale;
morbo di Sandhoff(di tipo II) è caratterizzato dalla concomitanza di gravi lesioni ai visceri;
forma giovanile (di tipo III) è caratterizzato da lesioni neurologiche di più lenta evoluzione. Il
difetto enzimatico riguarda le funzioni dell‘esosaminidasi, enzima composto da due subunità (A
e B) codificate da geni differenti. Per la corretta funzione dell‘enzima è necessario anche un
protide attivatore detto GM2-attivatore. Nel morbo di Tay-Sachs si riscontra la pressoché totale
perdita di attività della GM2-esosaminidasi A; l'attività della forma isoenzimatica B (omodimero
di subunità β) è normale o aumentata. Nel morbo di Sandhoff (forma 0) si ha il deficit di
esosaminidasi A e B; nella forma giovanile manca invece il protide attivatore.
Le mucopolisaccaridosi
La deposizione di mucopolisaccaridi può verificarsi, con diversa gravità in tutti gli organi; interessa
particolarmente ossa, cartilagini e articolazioni, con conseguenti spiccatissime malformazioni. I
mucopolisaccaridi in eccesso si riversano negli spazi intercellulari, favorendo l'insorgere di sclerosi
delle capsule articolari, delle valvole cardiache, delle leptomeningi e del connettivo. L'irregolare
ialinizzazione dei fasci di collageno e la loro successiva separazione, sono fattori che favoriscono
l'insorgenza di ernie. I mucopolisaccaridi passano dunque in circolo e vengono in parte assunti dagli
endoteli vasali. Le cellule endoteliali li accumulano, rigonfiandosi, restringendo il lume dei vasi e
dando origine ad una pseudoateromatosi da mucopolisaccaridi. Questi mucopolisaccaridi passano
infine nelle urine (importante nello screening di massa). La diagnosi è effettuata mediante l'analisi
dei fibroblasti del sottocutaneo che si presentano ingranditi, con granuli metacromatici costituiti da
mucopolisaccaride. Questi fibroblasti sintetizzano normali quantità, ma ne degradano in minima
parte: il difetto risiede nel catabolismo di questi composti. Fattori correttivi specifici e sostitutivi
correggono i vari difetti. Tabella 10.3 pag 332 (Pontieri).
Il prototipo delle mucopolisaccaridosi è rappresentato dalla malattia di Pfaundler Hurler o
gargoilismo (di tipo I), per l‘aspetto grottesco degli ammalati il cui volto somiglia a quello dei
gargoyels. Si ha cifoscoliosi, deficienza mentale, epato- e splenomegalia, opacità corneale. La
malattia è dovuta alla mancanza congenita dell‘enzima lisosomiale α-L-iduronidasi; poiché i
mucopolisaccaridi acidi inibiscono la β-galattosidasi, una diminuita attività di quest‘enzima finisce
per associarsi al quadro. Nei neuroni i gangliosidi sono disposti in caratteristiche lamelle parallele, a
cui è stato dato il nome di corpi zebrati. Esistono altri 8 tipi di mucopolisaccaridosi e sono in
ordine: malattia di Hunter, malattia di Sanfilippo, malattia di Morquio, malattia di Schie, malattia
di Maroteaux-Lamy e malattia di Sly, malattia di Ferrante e malattia di tipo IX.
Le mucolipidosi
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Vengono definite mucolipidosi quelle condizioni in cui si ha natura composita del materiale di
accumulo. Fra queste si ritrovano la α-galattosidasi, la leucodistrofia metacromica e la fucosidasi.
L'attività residua variabile, più a favore dell'uno o dell'altro substrato, determina i diversi segni
clinici. In alcuni casi l'accumulo contemporaneo di lipidi e mucopolisaccaridi non è dovuto a
ragioni genetiche, ma a inibizione secondaria degli enzimi degradativi dei lipidi da parte di
mucopolisaccaridi accumulati per deficit primari della loro via catabolica.
Particolarmente grave è la mucolipidosi II o sindrome di Chediak-Higashi, malattia ereditaria
caratterizzata da accumulo di lipidi e mucopolisaccaridi limitato alle cellule del connettivo e a pochi
altri tipi cellulari. Porta a morte i pazienti fra il quarto e l'ottavo anno di vita. Viene anche definita
malattia a cellule I, dove I sta per "inclusioni"presenti all‘interno dei lisosomi. Nell'urina di questi
pazienti sono presenti numerosi enzimi lisosomiali, ma non mucopolisaccaridi. Nelle cellule di
questi pazienti non viene sintetizzata la porzione marcatrice terminale (mannosio-6P) che guida gli
enzimi lisosomiali all'interno dei lisosomi; questi restano nel citoplasma dove subiscono
modificazioni, per poi essere secreti all'esterno. È caratterizzata da diminuità intensità della
pigmentazione oculo-cutanea (albinismo), aumentata suscettibilità da piogeni e presenza di granuli
di grosse dimensioni interpretati come lisosomi giganti. La mucolipidosi III è una forma meno
grave della stessa malattia.
L'attività di diversi enzimi della degradazione degli sfingolipidi dipende dall'esistenza di alcune
proteine acidiche di basso peso molecolare chiamate Saposine(Sfingolipid Activator Protein).
Queste vengono sintetizzate da un comune polipetptide precursore, scisso proteoliticamente a dare
4 proteine diverse ma strutturalmente omologhe.
La deficienza di una proteina protettiva comune alla β-D-galattosidasi e alla N-acetil αneurominidasi provoca la deficienza funzionale di questi due enzimi, con accumulo prevalente di
oligosaccaridi con galattosio o acido neuraminico terminale.
Colesterinosi
L‘accumulo intracellulare di colesterolo è un evento abbastanza frequente nella patologia
spontanea; le cellule vengono dette schiumose in quanto i numerosi vacuoli contenenti colesterolo
hanno scarsa tendenza alla confluenza e mantengono a lungo la loro individualità. Si distinguono
colesterinosi circoscritte e colesterinosi diffuse o sistemiche.
Il colesterolo può giungere preformato con gli alimenti oppure può essere sintetizzato
dall‘organismo a partire dall‘acetil-CoA nel fegato. L‘inibizione della sintesi del colesterolo da
parte dello stesso prodotto della reazione, di suoi simili o di suoi precursori è un classico esempio di
sintesi controllate. Il controllo si esercita a livello della conversione del β-idrossi, β-metil-glutarilCoA a mevalonato e dipende da un meccanismo di repressione genica. La sintesi è controllata anche
da fattori ormonali: diminuisce in gravidanza, dopo trattamento con estrogeni e nell‘ipotiroidismo,
mentre aumenta dopo trattamento con ACTH. Dal fegato il colesterolo passa agli altri tessuti
veicolato dalle LDL. L‘allontanamento del colesterolo dall‘organismo segue varie vie.
L‘eliminazione più cospicua di colesterolo avviene attraverso la bile o come tale o previa
conversione in acidi biliari. Il sistema che compie questa trasformazione ha sede mitocondriale ed è
inibito dai sali biliari stessi con un meccanismo a feedback negativo. Una quota viene trasformata in
vari composti ormonali contenenti lo schema caratteristico del ciclopentano-peridrofenantrene.
Nell‘intestino sia il colesterolo che gli acidi grassi possono essere riassorbiti e giungere così di
nuovo al fegato (circolo entero-epatico). In genere, però, una quota importante non viene riassorbita
ed è eliminata con le feci. Una piccola parte del colesterolo totale viene infine eliminata con la
desquamazione delle cellule epiteliali, oppure con il sebo.
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L‘accumulo di colesterolo nelle cellule può dipendere da:
 Aumentato arrivo dall‘esterno di colesterolo preformato
 Diminuito smaltimento locale
 Aumentata sintesi a partire dall‘acetil-CoA
Nell‘aorta e nei grossi vasi il quadro morfologico da accumulo di colesterolo è identico a quello
delle placche ateromatose dell‘aterosclerosi spontanea. Nelle fasi iniziali si ha ispessimento di
notevole grado dell‘intima e dello strato sottointimale, a cui si associano evidenti alterazioni della
tonaca media. La zona di endotelio infiltrata appare all‘osservazione macroscopica come una
striscia giallastra: fatty streak, per vacuolizzazione delle cellule endoteliali. Negli ateromi di vecchia
data, la parte centrale è necrotica e occupata da una raccolta liquida derivante in parte dalla lisi
cellulare, in parte dall‘essudazione in rapporto con la componente flogistica evocata dalla necrosi
cellulare. Il liquidotende ad aprirsi un varco per riversarsi nel lume del vaso: si forma
l‘ulceraateromatosa, in corrispondenza della quale il sangue si coagula dando origine a trombi.
L‘istogenesi dell‘ateroma è stata ampiamente studiata con l‘aiuto del microscopio elettronico e può
essere suddivisa in diverse fasi:
1. Comparsa di accumuli di materialeosmiofilo di natura lipoproteica, posti a cappuccio in
corrispondenza della superficie delle cellule endoteliali prospiciente il lume vasale.
2. Il materiale viene ben presto fagocitato tramite vescicole di pinocitosi e si assiste a
vacuolizzazione delle cellule endoteliali (fatty streak). Frequentemente si osserva alla superficie
delle cellule endoteliali, o fra di esse, cellule mononucleate spesso con aspetto schiumoso: si
tratta di macrofagi del sangue ripieni di grassi fagocitati (lipofagi).
3. Precocemente compaiono lesioni locali della lamina elastica interna, con rigonfiamento e perdita
della struttura fibrillare, prevalentemente nello strato sottointimale.
4. Aumenta la permeabilità dell‘endotelio nei riguardi di proteine e altre macromolecole che
portano a ispessimento dello strato sottointimale. Il fenomeno è più evidente nelle aree dei vasi
dove la pressione è maggiore.
5. Con le proteine plasmatiche passano nello spazio sottointimale anche le LDL che contribuiscono
a formare i vacuoli extracellulari e rappresentano la fonte maggiore di lipidi che si accumulano
dentro e fuori le cellule. Le LDL si fissano su appositi recettori delle cellule endoteliali e passano
successivamente dentro la cellula, in vacuoli di pinocitosi,
6. Con meccanismo di transcitosi le LDL vengono riversate nello spazio sottointimale. La presenza
nelle LDL di fenomeni perossidativi facilita la loro internalizzazione.
7. Alla comparsa di vacuoli extracellulari segue quella di cellule che diventano sempre più
numerose e si arricchiscono progressivamente di materiali lipidici per pinocitosi, assumendo le
caratteristiche di cellule schiumose. Sono soprattutto di 3 tipi:
 Cellule scure: miociti modificati colpiti dall‘infiltrazione colesterolica;
 Lipofagi: cellule mononucleate derivate dal sangue;
 Cellule chiare: macrofagi in gran parte derivate dai miociti attraverso lo stadio delle cellule
scure, in parte minore provenienti dal sangue come lipofagi.
In realtà lo slittamento di miocitidalla tonaca media allo spazio sub-intimaleattraverso le
fenestrature della membrana elastica interna è uno dei primi fenomeni a verificarsi dopo
l‘aumento della permeabilità dell‘endotelio. Esso è probabilmente promosso dal
condroitinsolfato e dalle LDL perossidate che esercitano un‘attrazione chemotattica. Le cellule
miointimali vanno incontro a processi sdifferenziativi e proliferativi, trasformandosi in cellule
chiare.
8. Il processo evolve bene presto verso la necrosi, facilitata dall‘attivazione dei lisosomi delle
cellule colpite.
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9. Segue la colliquazione e la liberazione nel mezzo di materiale morto, che può provocare processi
flogistici: vengono reclutati macrofagi differenziati e attivi e linfociti T di origine policlonale.
10. Nella zona lesa si forma una raccolta liquida contenente colesterolo e lipidi, oltre a vari prodotti
del disfacimento cellulare. L‘aumento della tensione di questa raccolta provoca una progressiva
atrofia da compressione dell‘endotelio sovrastante.
11. Si produce in questo modo l‘ulcerazione dell‘ateroma, con conseguente immissione in circolo
del materiale in esso raccolto.
12. La soluzione di continuo che si è creata provoca la liberazione di trombochiansi e quindi la
trombosi.
Nel caso in cui il soggetto non abbia subito conseguenze, si assiste in seguito alla riparazione della
lesione che avviene per proliferazione dei fibroblasti: si forma una vera e propria cicatrice, spesso
infiltrata di sali di Ca2+. Ciò determina la perdita di elasticità della parete dell‘arteria.
Hanno posizione patogenetica più incerta altre forme di colesterinasi sia diffuse che circoscritte.
Tra quelle circoscritte sono da ricordare gli xantelasmie gli xantomi. I primi sono lesioni
caratterizzate da infiltrazione di colesterolo o dei suoi esteri in istiociti(cellule del connettivo lasso
di natura fagocitaria)dermici; sono anche detti nevi gialli per il caratteristico colore: si ritrovano
frequentemente nella cute del volto di persone anziane. Gli xantomi sono invece tumori
caratterizzati dalla proliferazione di istiociti molto ricchi di colesterolo e di suoi esteri; l‘accumulo
dipende dall‘aumentata capacità di sintesi da parte delle cellule neoplastiche. Quelli maligni
prendono il nome di xantosarcomi.
Tra le infiltrazioni colesteriniche diffuse sono sa ricordare la malattia di Hand-Schüller-Christian,
quella di van Bogaert-Schere-Epstein e la malattia di Jervis.
Patologia elementare dei perossisomi
I perossisomi sono granuli che contengono, oltre a varie perossidasi,anche enzimi capaci di ossidare
acidi grassi, specialmente a lunga catena. I perossisomi nascono nel reticolo endoplasmatico, ma
possono in seguito moltiplicarsi. L‘assemblaggio dei vari costituenti richiede l‘intervento di vari
protidi, e quindi di vari geni, e avviene sotto il controllo di vari segnali detti PTS (segnali target dei
perossisomi).
Le malattie dei perossisomi comprendono difetti sia di proteine strutturali che di proteine
enzimatiche e si possono dividere in due gruppi principali:
-alterazioni della biogenesi del perossisoma
-deficienze di singole proteine.
Una mancata o deficiente formazione di perossisomi sta alla base di almeno 3 diverse sindromi
ereditarie dell‘uomo: malattia di Zelleweger, adrenoleucodistrofia neonatale e malattia infantile di
Refsum.
La sindrome cerebro-epato-renale di Zellweger è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica
recessiva. I bambini che ne sono colpiti presentano un caratteristico aspetto del volto con
ipertelorismo(aumentata distanza tra due parti uguali->occhi), fronte alta e labbra contratte; esistono
ritardi di sviluppo sia fisicoche mentale. La mancanza totale di perossisomi determina alterazioni
del metabolismo degli acidi grassi a catena lunga (prevalentemente insaturi), della biosintesi dei
dolicoli, del plasmalogeni e del colesterolo, che spiegano i difetti di mielinizzazione e i numerosi
sintomi neurologici. Non sembra avere gravi conseguenze la riduzione di catalasi sia perché
presenti anche in altri compartimenti sia per l'esistenza di enzimi che possono demolire l'H2O2 per
altre vie.
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L'adrenoleucodistrofia neonataleè trasmessa anch‘essa da un gene autosomico recessivo. Si
manifesta nella forma più grave con diminuzione numerica dei perossisomi epatici, nella forma più
lieve (malattia di Refsum) con deficit di singoli enzimi.
La acatalasemiaè la più lieve fra le perossisomopatie da singoli difetti enzimatici. L'iperossaluria
primaria di tipo I è dovuta al deficit dell'alanina gliossilato aminotransferasi: l'enzima viene
sintetizzato ma è dirottato (per una duplice mutazione puntiforme) verso i mitocondri, dove non
trova le condizioni per funzionare.
Fra le alterazioni indotte da cause esogene (con agenti promuoventi la cancerogenesi epatica) vi è il
trattamento con clofibrato che induce un aumento del numero dei perossisomi.
Patologia elementare degli altri organelli
Le falloidine dell'Amanita falloide agiscono molto più rapidamente dell'amanitina e danno i disturbi
precoci dell'avvelenamento. Agiscono sulla porzione del citoscheletro immediatamente sottostante
alla membrana plasmatica: hanno effetto stabilizzante sui filamenti di actina e determinano
immobilizzazione del sistema contrattile della periferia cellulare. Si verifica così un blocco delle
fasi finali dei processi di secrezione che si traduce di vistosi fenomeni di vacuolizzazione
(degenerazione vacuolare).
Strutture di supporto al nucleo (lamine) sono alterate in alcune malattie note come laminopatie:
vanno dalle distrofie muscolari alle sindromi di invecchiamento precoce. La lamina nucleare,
infatti, non è implicata solo nel mantenimento della forma del nucleo, ma ha un ruolo anche nella
regolazione della trascrizione, nell'organizzazione dell'eterocromatina e nella funzione dei pori
nucleari.
La patologia ereditaria legata a difetti della dineina condiziona il movimento delle cilia nelle cellule
specializzate, con predisposizione a bronchiti, sinusiti, otiti e sterilità nel maschio.
Le glicogenosi
Le glicogenosi sono malattie metaboliche caratterizzate dall'accumulo di glicogeno (aspetto di
cellula vegetale), per incapacità delle cellule di mobilizzarlo a causa di deficienze enzimatiche
geneticamente determinate. Sono essenzialmente colpiti gli organi nei quali il metabolismo del
glicogeno è particolarmente attivo: fegato, muscolo, miocardio e rene. La classificazione delle
glicogenosi si basa sulla natura dei rispettivi deficit enzimatici dato che possono esitare in malattie
non facilmente distinguibili dal punto di vista clinico. All'esame istologico le cellule sono
generalmente ingrandite e contengono glicogeno uniformemente distribuito (fatta eccezione delle
glicogenosi di tipo II) a forma di rosetta nel fegato e nel rene, fra le miofibrille nei tessuti
muscolari. Data la rarità di queste malattie è molto ridotta la possibilità di avere
contemporaneamente diversi difetti genetici nella stessa persona.
La glicogenosi di tipo I (malattia di von Gierke) è caratterizzata da deposito di glicogeno nel fegato
(epatomegalia) e nel rene per un deficit di glucoso-6-fosfatasi (enzima presente solo in questi due
organi). Nonostante il blocco della fosfatasi, il contenuto di glucosio-6P non aumenta
apprezzabilmente per la contemporanea attivazione del flusso metabolico lungo la via dei pentoso
fosfati o della glicolisi: il fegato diventa un produttore, seppur modesto, di acido lattico. La
conversione a ribosio di una quota di glucosio-6P più elevata del solito, aumenta la formazione del
fosforibosilpirofosfato e quindi di acido urico. L'aumentato livello di acido piruvico, da cui
original'acetil-CoA, porta ad un aumento della produzione di colesterolo. L'ipoglicemia, dovuta
all'incapacità di mobilizzare il glicogeno, inibisce la secrezione d'insulina, facilita la mobilizzazione
degli acidi grassi dal tessuto adiposo e inibisce la sintesi delle proteine: può portare a steatosi. Una
variante Ib è dovuta alla mancanza di una proteina microsomiale trasportatrice di glucosio-6P.
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Nella glicogenosi di tipo II (malattia di Pompe o glicogenosi generalizzata) si ha accumulo di
glicogeno segregato in vacuoli in tutti gli organi, per difetto enzimatico della maltasi acida. Il suo
decorso clinico è progressivo e può essere considerata fra le malattie lisosomiali ereditarie in quanto
il glicogeno accumulatoè segregato all‘interno divacuoli autofagici di evidente derivazione
lisosomiale. La segregazione ne impedisce l'attacco da parte di enzimi glicogenolitici presenti nel
citoplasma, dove il metabolismo del glicogeno continua normalmente. Il cuore aumenta di volume e
viene compromesso dal punto di vista funzionale: forma cardiaca della glicogenosi. A differenza di
quanto accade nelle altre glicogenosi, il glicogeno è presente anche nei leucociti (diagnosi
differenziale). La morte è in genere dovuta allo scompenso circolatorio o anche all‘adinamia
muscolare, che è responsabile di polmoni ab ingestis.
Nella glicogenosi di tipo III (malattia di Forbes o destrinosi limite) l'accumulo di glicogeno nel
fegato più elevato che in ogni altra glicogenosi; il glicogeno che si deposita ha struttura anomala,
simile alladestrina limite. Ciò è dovuto ad una deficienza del sistema deramificante che coopera con
la fosforilasi nella demolizione completa del glicogeno.
Nella glicogenosi di tipo IV (malattia di Anderson o amilopectinosi) si ha un deficit dell'enzima
ramificante: il glicogeno è poco aumentato ma strutturalmente anomalo, con catene laterali ridotte
di numero ma molto lunghe (simili a quelle dell'amilopectina). I fenomeni necrotici e
l'infiammazione che ne conseguono spiegano la precoce cirrosi reattiva.
La glicogenosi di tipo V (malattia di McArdel-Schmid-Pearson) è caratterizzata da una deficienza di
fosforilasi muscolare; questa permette una buona qualità di vita, con crampi e insufficienza
funzionale solo in seguito a grossi sforzi. nel siero aumentano LDH, ALD e CPK. Si può
diagnosticare morfologicamente, osservando le particelle glicogeniche nei mitocondri, o
biochimicamente, dimostrando il deficit di attività fosforilasica e modeste riduzioni di attività di
altri enzimi, con glicogeno normale.
La glicogenosi di tipo VI (malattia di Hers) è dovuta ad un deficit di fosforilasi epatica, difficile da
diagnosticare perché l'enzima non è mai attivato per intero in vivo. Da essa sono state derivate le
forme IX (deficit di fosforilasi chinasi->fosforilando la fosforilasi B la rende A(attiva)), X
(fosforilasi chinasi modificata che non più attivata dal cAMP) e VII (fosforilasi a bassa attività,
attivabile con andrenalina e glucagone). In tutte queste forme il glicogeno ha forma a zolle e
filamenti grossolani.
La glicogenosi di tipo VII è caratterizzata da deficit della fruttochinasi muscolare. Si osserva un
aumento di glucosio-6P e fruttosio-6P ed una diminuzione di fruttosio-1,6-PP(che origina dal
Fruttosio 6P per opera della fruttochinasi muscolare).
La glicogenosi epatica è caratterizzata da deficit del trasportatore GLUT2 nel rene ed è associata
alla sindrome renale di Fanconi.
Spie periferiche del danno cellulare
Gli stati di sofferenza cellulare finora esaminati sono spesso accompagnati da alterazioni della
composizione del sangue. I costituenti che presentano variazioni più facili da interpretare e misurare
sono gli enzimi del siero. Le quantità di questi aumentano sensibilmente quando gli enzimi vengono
rilasciati dalle cellule lese o avviate irreversibilmente alla morte. Le molecole enzimatiche
attraversano la membrana cellulare tanto più facilmente quanto più grave è la lesione di questa.
Compaiono in circolo più precocemente gli enzimi a localizzazione citosolica, seguiti da quelli
mitocondriali e solo in condizioni terminali compaiono gli enzimi lisosomiali. Gli enzimi
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diffondono nello spazio interstiziale e sono trasportati al sangue per via linfatica. Hanno accesso
immediato al circolo sanguigno solo enzimi di basso peso molecolare o enzimi rilasciati da cellule a
diretto contatto col sangue (fegato).
Nel passaggio dal suo sito intracellulare al compartimento extracellulare, la molecola enzimatica
subisce delle modificazioni strutturali che ne comportano variazioni dell'attività catalitica. Una
volta raggiunto il circolo, il destino dell'enzima dipende dalla sua vita media. Ad esempio gli
isoenzimi 1 e 2 della LDH (tipo miocardio) sono dotati di lunga vita, differentemente dall'isoenzima
5 (fegato) che si degrada molto rapidamente. Il dosaggio degli isoenzimi dell'LDH viene ora
sistematicamente associato a quello delle troponine cardiache, più specifiche e non influenzabili da
altri fattori. Anche la clearance dell'enzimada parte delle cellule del sistema istiocitario entra in
gioco nella determinazione dei livelli enzimatici.
Dato il loro elevato peso molecolare, gli enzimi serici compaiono solo in piccola quantità nel
filtrato glomerulare, dal quale sono poi completamente riassorbiti nel tubulo contorto prossimale.
Un'importante eccezione è rappresentata dall'α-amilasi, che per il suo basso peso molecolare viene
ampiamente filtrata e solo in parte riassorbita: è quindi determinabile nelle urine (indice di danno
pancreatico).
Gli enzimi presenti nell'urina originano essenzialmente dal rene e sono, fisiologicamente,
l'espressione di un certo ricambio a livello cellulare. Tuttavia la misura di alcuni enzimi può essere
una spia precoce di danno nelle reazioni di rigetto del rene trapiantatoe di alcune malattie renali.
La possibilità di usare i dosaggi enzimatici per la localizzazione del danno è determinata da:
esistenza di enzimi organo-specifici; esistenza di isoenzimi organo-specifici; esistenza di
determinati rapporti fra 2 o più enzimi in diversi tipi cellulari.
ALT e ASP si trovano in quantità bilanciate nel fegato, ma esiste un forte eccesso di AST rispetto
ad ALT nel miocardio. La GGT è un indicatore molto utile di diverse epatopatie. In talune
circostanze è anche possibile un tentativo di valutazione della localizzazione intratissutale del danno
(solo negli stadi iniziali).
In alcuni casi l'incremento delle molecole enzimatiche nel siero si verifica ancor prima delle
manifestazioni cliniche, come nel caso delle CK-MM per le distrofie muscolari progressive. In altri
casi il quadro siero-enzimatico da danno primitivo ad un organo può venire inquinato
dall'emergenza di danni derivato ad altri organi.
La quantizzazione del danno, così come la determinazione della natura del danno pongono qualche
problema. L'entità dell'aumento delle attività enzimatiche non corrisponde alla gravità del danno
delle singole cellule, inoltre fattori tissutali possono complicare l'interpretazione dell'estensione del
danno subito dalle cellule.
DEGENERAZIONI CONNETTIVALI:
 degenerazione amiloide
 degenerazione ialina connettivale
 Degenerazione fibrinoide
 Degenerazione della mucosa connettivale
Processi regressivi della matrice extracellulare (ECM)
Il connettivo, definito dai patologi del passato come terza camera, è quel compartimento interposto
fra le cellule parenchimali degli organi e i vasi sanguigni e linfatici, sede di un intenso traffico
molecolare. I componenti della ECM sono prodotti dai fibroblasti; alla superficie cellulare delle
cellule specifici recettori permettono l'interazione di componenti della matrice con l'interno della
cellula: molte proprietà della cellula (compresa l'espressione genica) sono continuamente modulate
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dall'organizzazione e dalla composizione della matrice. L'ECM comunica con l'interno delle cellule
attraverso una serie di proteine interattive (reciprocità dinamica dei rapporti cellula-ECM).
NB:la sintesi proteica e‘ un processo all‘equilibrio:alcune proteine subiscono un corretto
ripiegamento altre no tanto che le proteine allo stato nativo e quelle allo stato aggregato sono in
equilibrio.
Possiamo considerare tre tipi di patologie da deficit del ripiegamento:
-alterazione del trasporto intrecellulare e di proteine critiche(fibrosi cistica o deficit di alfa-1antitripisina
-misfolding che induce stress reticolare
-aggrgazione di proteine anomale:amiloidosi
Le misfolding proteine vanno o in contro a degradazione o si accumulano negli aggregosomi.
L‘accumulo negli aggregosomi determina stress del reticolo con conseguente attivazione dei geni
d‘allarme(NF-kB e c-JUN) e dei geni d‘adattamentoXBP-1,favorisce l‗espressione delle
chaperonine,ATF-4,favorisce la produzione di geni volti a ristabilire l‘omeostasi del RE,ATF6,che
favorisce la traslocazione delle proteine misfolding al golgi dove vengono proteolise).se lo stress
prosegue abbiamo l‘attivazione dei meccanismi di apoptosi(caspasi 12) fatto importante per
comprendere alcune m.neurodegenerative.
1.LE AMILOIDOSI
Nel connettivo di numerosi organi parenchimatosi di soggetti colpiti da malattie infiammatorie
croniche con episodi di riacutizzazione, da tumori solidi, da malattie proliferative neoplastiche e
non di plasmacellule e linfociti B,si osserva una sostanza che nelle sezioni istologiche si presenta
omogenea e acidofila.La deposizione ha carattere infiltrativo(non degenerativo)=deposizione di
piccoli granuli che poi si trasformano in ammassi sempre piu‘ grandi che determinano fenomeni
compressivi.Per la sua proprietà di reagire con iodio, analoga alla reazione che ha l'amido nelle
titolazioni idometriche, questa sostanza è stata definita "amiloide". La metacromasia con blu di
toluidina e il violetto di metile e la PAS-positività indicano, invece, la presenza di
mucopolisaccaridi acidi.Le varie colorazioni vengono utilizzate anche come metodi di indagine ,se
presentano queste caratteristiche si tratta di materiale fibrillare:
-prova di BENHOLD=effettuata con il rosso congo abbiamo birifrangenza verde alla luce
polarizzata,rosa luce diretta
-pas positivita‘
La sostanza non è amorfa, ma composta da materiale fibrillare che presenta queste caratteristiche:
-Le fibrilleisolate sono rigide, non ramificate, di lunghezza variabile e con un diametro di circa 100
Å.
-Le fibrille sono formate dall'assemblaggio longitudinale di un numero variabile di protofilamenti;
quest'ultimi si formano per apposizione(parallela e antiparallela di catene polipeptidiche che
presentano la conformazione a foglietti pieghettati β (insolita nei mammiferi). Per questa ragione al
termine amiloidosi, si preferisce oggi quello di β-fibrillosi. La configurazione β rende le fibrille
praticamente inattaccabili dalle azioni enzimatiche tissutali, ed è all'origine dei gravi danni
funzionali e morfologici che subiscono i parenchimi degli organi dove si verifica la deposizione.
- Le fibrille, di uguale struttura, hanno tuttavia composizione chimica variabile nei diversi tipi di
amiloidosi, perché essa dipende dalla proteina precursore.
-La metacromasia e la Pas positivita‘ derivano dalla presenza di una glicoproteina associata
glicoproteina globulare(AP) nota come componente P dell'amiloide: appartiene alla famiglia delle
pentrassine ed è legata alle fibrille conun meccanismo calcio-dipendente. La proteina ha un
precursore ematico noto come SAP, sulla quale si fonda la diagnosi scintigrafica in vivo.
β-fibrillosi sistemiche:
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-Le deposizioni sistemiche iniziano e sono più intense in alcuni organi come:
rene(in particolare nel glomerulo a livello del polo vascolare)milza(prevalentemente nei follicoli o
diffusamente nella polpa rossa;si parla di milza a ragu‘ o milza a prosciutto)fegato(specialmente
negli spazi di Disse)cuore(attorno alle arteriole),cervello(depositi nelle placche senili o druse).
Lapresenza della sostanza β-fibrillare(visibile come zone biancastre) nella parete stessa dei vasi
(sede preferenziale di intensa deposizione) e nel compartimento interstiziale, altera profondamente
gli scambi fra sangue e tessuti parenchimali, che ne vengono compromessi fino all‘atrofia e alla
morte.
Le forme sistemiche si suddividono in due gruppi:
primarie: eredofamiliari
secondarie in quattro gruppi: reattive, immunocitiche, da emodialisi.
Ciascuna di queste forme è caratterizzata da β-fibrille, contrassegnate da una sigla dove la A sta per
amiloide e la seconda lettera indica il tipo specifico di proteine nelle diverse forme di β-fibrillosi.
Le β-fibrillosi reattive (AA)
Sono reattive in quanto il loro deposito avviene durante la risposta di fase acuta (da cui la seconda
A della sigla). Si verificano nei soggetti portatori di focolai d‘infiammazione o di fenomeni
necrotici tissutali, ma anche nei portatori di tumori solidi che sono in grado di condizionare la
sintesi e il rilascio di citochine e quindi di attivare le cellule dell‘infiammazione acuta.
Immunoglobuline possono talvolta accompagnare in piccola quantità le fibrille. AA sembra derivata
dalla degradazione proteolitica di un precursore plasmatico, la proteina SAA. Questa è sintetizzata
dal fegato e circola legata con le lipoproteine della classe HDL(ha caratteristiche apo dopo la
denaturazione). La concentrazione di SAApuò aumentare anche di 1000 volte in corso di rispostadi
fase acuta.
Metalloproteasi, che lavorano nell‘interstizio e la cui produzione puo‘ esser stimolata da citochine
di origine tumorale, potrebbero essere importanti nel procesare SAA o nel rimodellare l‘ECM, dopo
deposito delle fibrille di amiloide.
Le β-fibrillosi di origine immunocitica (AL)
Questa forma si ritrova in una minoranza di casi di mieloma multiplo e di malattia delle catene
leggere, così come in alcuni portatori di processi proliferativi neoplastici e nondelle plasmacellule
edei linfociti(malattie monoclonali). La frequenza limitata indica che solo alcuni dei prodotti
patologici di queste malattie hanno sequenza amminoacidica compatibile con l‘assunzione della
configurazione β-fibrillare. Il costituente proteico è stato chiamato AL perché costituito da catene
leggere: le catene L-λ sono 2-3 volte più numerose delle catene L-ϰ. Tutti i pazienti con β-fibrillosi
AL sintetizzano un eccesso di catene leggere libere della stessa classe di quelle depositate nei
tessuti: queste catene L sono anormalmente grandi e iperglicosilate; si ritrovano frammentate nei
tessuti. È probabile che le catene L-λ contengano sequenze amminacidiche che consentono alla
molecola di assumere nei tessuti una conformazione a β-foglietto.
Sindromi amiloidosiche eredofamiliari
Sono di due tipi:
-non-neuropatiche : β-fibrille si depositano nel corso della febbre familiare mediterranea; sono
composte di AA, derivate dal precursore SAA. In questi soggetti difetti ereditari della funzione dei
PMN causano processi infiammatori delle sierose e delle articolazioni.
-neuropatiche:le β-fibrillosi dovute a difetti genetici di sintesi delle proteine associate a depositi
amiloidi che si manifestano tardivamente conpolineuropatie, cardiomiopatie o nefropatie. Il difetto
genetico riguarda generalmente la transtiretina(TTR), per cui le fibrille vengono indicate come
ATTR.La TTR non aumenta nel sangue, ma la sua anormalità chimica ne favorisce la deposizione
nel connettivo:insieme a piccole quantità di proteina normale, si trova la proteina mutata per lo più
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in forma di frammenti di varie dimensioni. Ciò rappresenta un tentativo di degradazione non
riuscito in quanto nel corso del processo la proteina ha assunto la configurazione a β-foglietto,
diventando indigeribile. Esistono altre forme familiari con β-fibrille, fra cui si ricorda quella relativa
alla gelsolina che normalmente controlla la polimerizzazione dell‘actina dipendente da Ca2+.
La β-fibrillosi degli emodializzati (AH)
Dopo 7-10 anni di trattamento è frequente la comparsa di una sindome del tunnel carpale, con
lesioni cistiche delle ossa e deposizione amiloide nella sinovia e nelle ossa. Le fibrille, definite AH
(hemodialysis) tendono ad essere ricurve piuttosto che lineari. La proteina che le compone è
tipicamente la β-2-microglobulina (B2M) che aumenta nel siero nel corso di disfunzioni renali.
Essendo a basso peso molecolare (12kD) è filtrata nel glomerulo e riassorbita nel tubulo prossimale,
ma non riesce a passare attraverso le membrane da dialisi. Si accumula dunque nel plasma in
quantità 40-50 volte superiori al normale. Ha la proprietà di legarsi preferenzialmente al collageno,
condizione che favorisce la sua deposizione nel connettivo.
Idea unificante della patogenesi delle β-fibrillosi
Nelle varie forme sistemiche finora analizzate si è sempre trovato un precursore
- aumentato di quantità (SAA, B2M)(es animali da esperim→sovraccarico di caseina,iniezione di
germi o lipopolisaccaridi batterici→β-fibrillosi)
-abitualmente non immesso in circolo come tale (L-λ)
-anomalo perché mutato nella sua composizione.
È estremamente probabile che la formazione delle β-fibrille sia preceduta da un tentativo di
proteolisi (le fibrille sono più piccole del precursore).
L‘amiloide contiene GAG , che hanno una stretta associazione con le fibrille. Si sta affermando
l‘idea che i GAG possano avere un ruolo attivo nella β-fibrillogenesi. Nella β-fibrillosi AA il
proteoglicano presente è l‘eparansolfato (HSPG), componente tipico della membrana basale. I vari
precursori proteici serici anormali o normali, ma in aumentata quantità, devono attraversare le
membrane basali dei piccoli vasi per depositarsi nell‘interstizio: un disturbo accertato della
dinamica molecolare delle membrane basali accompagna la deposizione di amiloide, non solo di
quella sistemica ma anche di quella localizzata (morbo di Alzheimer). La fibrilla sarebbe formata
quindi da un core AP (glicoproteina globulare), circondato da una struttura a nastro di condroitin
solfato ed eparansolfato; la proteina fibrillare formerebbe la superficie più esterna.
β-fibrillosi localizzate
Sono caratterizzate da deposito localizzato di amiloide in un organo o in un tessuto e da un
precursore delle fibrille prodotto localmente. Possono essere: associate a patologie
dell‘invecchiamento, a disordini metabolici, presenti in tumori delle ghiandole endocrine.
Nel primo caso si ritrovano gravi patologie degenerative del SNC, quali il morbo di Alzheimer e
l‘encefalopatia da prioni tipo Gertsmann-Straussler-Scheinlker (GSS), e al cardiomiopatia senile da
aumentati livelli di TRR non mutata. Nell‘Alzheimer abbiamo:
- depositi di amiloide in sede extracellulare =placche neuritiche mature e di depositi
perivascolari. Tali depositi inducono cellule della microglia e astrociti a rilasciare citochine,
chemochine , ROS e Ca++ che hanno come conseguenza ampia perdita di neuroni. Le
citochine possono reclutare cellule del sistema immune, che causano degenerazione di
neuroni specificie rigonfiamento dei neuriti (placche mature). I ROS favoriscono
l‘iperpolarizzazione della proteina tau (con conseguente destabilizzazione dei
microtubuli)danneggiano la membrana cellulare → morte neuronale.
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Depositi intracellulari=grovigli neurofibrillari di una proteina citoscheletrica τ
iperfosforilata che inibisce l‘assemblaggio dei tubuli e si autoassembla in doppi filamenti
elicoidali.I grovigli neurofibrillari favoriscono la formazione delle placche neuritiche.
La componente proteica è formata da peptidi Aβ4, originati,per preotolisi da parte diβ e γsecretasi(regolate dalle presiline), dalla proteina transmembranaria βAPP(β-proteina
amiloide)che e‘ liberata dalle cellule nervose o anche dalle cellule del sangue e degli endoteli.
Nelle rare forme familiari βAPP è mutata (si trova nel cromosoma 21 ed è implicata anche nella
sindrome di Down), mentre in quelle sporadiche è normale ma presenta un aumento di
concentrazione. Nel morbo di Alzheimer le preseline 1 e 2 sono mutate e ApoE (predisponente)
si trova nella forma allelica ε4(iperfosforila tau e funge da chaperonina a Aβ4.
-
Nelle altre forme di amiloidosi localizzate sono interessate le ghiandole endocrine: tiroide, pancreas
e atri cardiaci. La sostanza depositata in questi casi è detta AE(amiloide endocrina) e deriva da
peptidi prodotti localmente, rappresentati rispettivamente da: precalcitonina, amilina (cellule β del
pancreas) e peptide natriuretico atriale. La deposizione di sostanza a configurazione β-fibrillare si
può spiegare con anomalie localizzate del metabolismo delle proteine precursori che, nel caso di
polipeptidi di origine tumorale, sono prodotti in quantità maggiore della norma.
β-fibrillosi, conformazione proteica e malattie da prioni(prionosi)
Le malattie da prioni sono un gruppo di disordini neurodegenerativi associati ad alterata
conformazione di una proteina prionica, per modificazione della sua struttura primaria e secondaria.
I prioni vennero scoperti negli anni ‘80 da Prusiner, data in cui venne formulata l‘ipotesi di
trasmissibilità di alcune malattie neurodegenerative umane solo tramite proteine: ereditarietà
conformazionale.
La proteina prionica normale(PrPc;Proteinauceus infective Only particle E=agente infettivo di
natura proteica privo di acidi nucleici) è una glicoproteina della superficie cellulare presente
costitutivamente in molti tessuti di mammifero;è codificata da un gene PRNP posto sul cromosoma
20.PrPc ha:
- proprieta‘ neuroprotettive(sopravvivenza cellule di purkinje e favorisce sopravvivenza neuronale
dopo ischemia attraverso segnali antiapoptotici)
- ruolo nella trasmissione nervosa(protezione dalla perdita di mielina e ruolo a livello presinaptico
in associazione con cu)
-regola il sonno(promuove la continuita del sonno)
-ruolo del metabolismo di Cu(regola l‘attivita‘ di SOD),Zn e Mn
-permette l‘autorinnovamento delle cellule staminali ematopoietiche(in assenza non si
autorinnovano)
-coinvolto nell‘apprendimento e nella memoria(ippocampo)
Sono proteine resisteni a alte temperature,radiazioni,formaldeidi,varechina ma sensibili a NaOCl e
NaOH e formalina.
Occasionalmente qualcosa va storto in questa proteina che, quindi si accumula in forme anormali,
causando malattie neurodegenerative devastanti.
Alcune di queste malattie umane sono familiari e sono quelle note da più tempo:
 morbo di Creutzfeldt-Jakob (CJD o MCJ, encefalopatia spongiforme):nell‘85%dei casi
sporadica ma puo‘ anche essere ereditaria(autosomica dominante)o iatrogena(iniezioni di
ormoni GH e hCG;impianti tessutali,dura madre cornea e pericardio;strumentazione medica)
sintomi:difficolta
di
pronunciare
paroleatassia
cerebellare,instabilita‘
posturale,compromissione della funzione motoria,demenza.
 +nuova variante di MCJ
 malattia di Gertsmann-straussler-scheinkerGSS,
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
kuru (trasmissione legata alla pratica di cannibalismo→presente sopratutto in donne e
bambini a cui era destinato il cervello)
 insonnia fatale familiare (FFI, abiotrofia talamica):autosomica dominante.si manifesta in
due fasi:
1)esordio:ansia,depressione,debolezza,fragilita‘
2)dopo 1 anno:insonnia(proteine prioniche si accumulano nel talamo che regola ritmo
sonno-veglia) e stanchezza.
Altre encefalopatie spongiformi umane e animali trasmissibili (TSE) sono:
 v-CID
 chronic wasting desease (CDW),
 BSE della mucca pazza (nella mucca si manifesta o BSE,simile a nuova variante
CJ,BASE,simile alla forma sporadica di CJ.primi casi nel 1996)
 la scrapie della pecora e della capra(scarpie=grattarsi=prima fase della malattia)
 Encefalopatia spongiforme felina o degli ugulati esotici in cattivita‘
. Le malattie da prioni hanno rivoluzionato il dogma della biologia, riguardo la trasmissione
della malattia con una proteina infettiva: nuovo meccanismo di malattia che coinvolge la
trasmissione di un alterato ripiegamento conformazionale delle proteine. Dal ripiegamento di
una proteina e dall‘assunzione di diverse conformazioni derivano anche distinte attività
biologiche. Ci sono numerose diversità fra la PrPc e le proteine anormali PrPres (resistente alla
proteolisi, ma non dimostrate infettive) che non riguardano la struttura primaria, ma possono
dipendere da modificazioni post-traduzionali: resistenza alla proteolisi(a differenza di Prpc che
invece viene completamente digerita da proteinasi K)→ foglietto β=formazione di aggregati
amorfi.inoltre possiamo avere attivazione di canali Ca++ con rigonfiamento idropico-vacuolare
e apoptosi.
Per quel che riguarda le forme familiari un‘altra ipotesi è che le molecole mutanti aumentino la
suscettibilità ad una sorgente di infezione non ancora identificata ed ubiquitaria.
Secondo Pruisner ,nelle malattie prioniche non ereditare, la prima molecola di Prpres(o PrpSc)
che puo‘ essere sia di origine esogena che di origine endogena(attraverso conversione
spontanea facilitata da alcuni amminoacidi),interagisce,a livello delle membrane delle cisterne
del golgi o negli astrociti, con le molecole sane determinando un loro misfolding(crescita
esponenziale).modello di polimerizzazione nucleazione-dipendete(aggregati Prpresvelocizzano
mutazioni che senno avverrebbero ugualmente ma piu‘ lentamente) modello del templete
assistence(Prpres e‘ piu‘ stabile ma per e‘ inaccessibile da un punto di vista cinetico quindi la
mutazione non avverrebbe senza una prima molecola innescante)
La malattia e‘ incurabile,ha un‘esito fatale e porta alla morte nel giro di settimane(puo‘ avere
pero‘ un lungo periodo di incubazione che potrebbe esser dovuto alla moltiplicazione dei prioni
all‘ interno di serbatoi come linfonodi o placche di peyer).a livello anatomopatologico il
cervello assume aspetto spongiforme per distruzione tissutale delle zone encefaliche colpite con
formazione di placche amiloidi e per la vacuolizzazione dei neuroni.
PATOLOGIA DEL COLLAGENO
Una macromolecola come il collageno, dotata di polimorfismo e funzionale solo quando
organizzata in una precisa struttura, può andare incontro a numerosi incidenti dipercorso. Alcuni di
questi sono scritti nel codice genetico (difetti primari della molecola del procollageno); per altri
entrano in gioco cause esogene (enzimi che catalizzano le modificazioni post-traduzionali). Poiché
molti di questi enzimi agiscono sia sul collageno che sull‘elastina, le alterazioni di ambedue queste
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componenti del connettivo si associano in una serie di malattie caratterizzate da grande eterogeneità
nelle loro manifestazioni fenotipiche. I segni clinici comuni sono: iperestensibilità della cute,
ipermobilità delle articolazioni, deformazioni ossee, dilatazioni aneurismatiche delle arterie e
facilità di rottura di organi cavi.
Vari tipi di collageno sono espressi solo da alcuni tipi cellulari pienamente differenziati; una singola
cellula può sintetizzare diversi tipi contemporaneamente e in proporzioni strettamente regolate. Il
collageno di tipo I ha struttura fibrillare che conferisce resistenza statica, ed è mineralizzato nelle
ossa solo in certe circostanze. Quello di tipo III è anch‘esso fibrillare, ma scarsamente resistente e
tipico dei tessuti embrionali e degli organi distensibili (vasi). Quello di tipo IV costituisce la
maggior proteina delle membrane basali e, per la sua struttura a reticolo, assolve funzioni di
supporto dell‘endotelio permettendo un definito grado di permeabilità. Alterazioni di trascrizione si
possono osservare nella sindrome di Ehlers-Danlos (ED) dove diminuisce la sintesi di collageno di
tipo III o nella Osteogenesi imperfetta (OI), in cui la diminuzione della sintesi riguarda il
procollageno I, mentre aumenta quello di tipo II. Esiste una variante letale di OI in cui si ha una
delezione della porzione centrale di un allele del gene delle catene pro-α1. La sola catena patologica
di procollageno impedisce la formazione di triple eliche stabili, che vengono rapidamente degradate
(suicidio della proteina). Esistono una serie di difetti diversi della OI che vanno dall‘aumentata
sintesi di acido ialuronico, alla presenza di un collageno insolitamente ricco di idrossilipina
glicosilata.
La carenza di acido ascorbico, come avviene nello scorbuto, determina la sintesi di catene di
procollageno con basso contenuto di idrossiprolina, che non possono formare una triplice catena
stabile.
L‘attività della prolin-idrossilasi risente inoltre negativamente di bassi livelli di α-chetoglutarato e
di ossigeno; ciò spiega l‘assottigliamento cutaneo che si verifica nelle arteriopatie periferiche.
La formazione di gruppi aldeidici alle estremità non elicoidali della molecola di collageno è
effettuata dalla lisil-ossidasi eprecede l‘istituirsi dei legami crociati; molti agenti esogeni hanno qui
il loro punto d‘attacco. Ne è un esempio il latirismo: processo patologico provocato dall‘ingestione
di semi di Lathyrus odoratus (pisello odoroso), il cui principio attivo è il β-aminopropionitrile.
Questo è in grado di inibire la lisil-ossidasi, in quanto esercita un‘azione chelante sui metalli e in
particolare sul rame, necessario per l‘attività di questo enzima. Sono tipiche del latirismo le
alterazioni strutturali delle ossa e dei connettivi, con conseguenti malformazioni scheletriche, ernie
ed aneurismi. Alcune sostanze come la penicillamina, la cisteina, l‘omocisteina e altri aminotioli,
che danno prodotti di condensazione con le aldeidi, possono interferire in questo modo nella
formazione dei legami crociati. Queste sostanze vengono quindi utilizzate per antagonizzare
l‘instaurarsi di fenomeni di fibrosi.
Ruolo della collagenasi
Anomalie di sintesi della collagenasi possono spiegare la ridotta forza meccanica della cornea nella
malattia del cheratocono: protrusione della parte centrale della cornea. I fibroblasti che si ottengono,
coltivati in vitro producono quantità elevate di collagenasi e gelatinasi (malattia collagenolitica).
L‘aumentata degradazione del collageno è uno degli aspetti biochimici più importanti dell‘artrite
reumatoide cronica e di altre forma di artrite. Un‘aumentata attività collagenasica sarebbe
riconducibile anche in certe parodontopatie croniche: la forte riduzione del collageno delle gengice
sembra esser causato dalla popolazione batterica eterogenea (placca dentale) che produce
collagenasi. Accanto a questi fattori esogeni, si attivano anche meccanismi endogeni tissutali: i
fibroblasti della gengivaproducono una collagenasi latente che è attivata dalla tripsin, da un fattore
linfocitario e anche da un fattore derivato dalla placca dentale. Studi ultrastrutturali quantitativi
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dimostrano che la diminuzione del contenuto in collageno sia inoltre dovuto ad un‘inibizione della
sintesi di quest‘ultimo, in seguito ad alterazioni citopatiche dei fibroblasti.
La fibrosi o sclerosi
L‘aumentata deposizione di collageno è l‘aspetto saliente della fibrosi o sclerosi, in cui si ha
aumento del connettivo stromale degli organi parenchimatosi e della sua evoluzione verso il
connettivo fibroso. Si assiste inoltre a modificazioni più fini nella composizione dell‘ECM: eccesso
di idrossilazioni e di formazione di legami crociati del collagenonella fibrosi del polmone;
glicosilazione delle proteine nella fibrosi delle arterie (ateroma) e dei piccoli vasi (microangiopatia)
nel diabete. Ci può essere uno spostamento nel tipo di ECM anche nello spazio sottoendoteliale
della cirrosi epatica.
L‘inclusione della fibrosi fra i processi regressivi non è arbitraria in quanto si ha valore funzionale
ridotto e ridotto numero di cellule che vanno incontro ad atrofia e morte per compressione,
malnutrizione e disorganizzazione architettonica.
Agenti di fibrosi
Le condizioni che più frequentemente precedono l‘instaurarsi della fibrosi sono:
- danni cellulari con necrosi
-stati di infiammazione o di edema persistente (tipica di ammallati con scompenso cardiaco o
soggetti con difetti nel sistema linfatico→elefantiasi)
-deposizione di sostanze estranee(granulomi)
-processi di senescenza
La fibrosi appare dunque come una reazione del connettivo; tuttavia essa può essere anche un
meccanismo primario di attiva sintesi della matrice, collageno e altre proteine costituenti il tessuto
connettivo. In questo caso si preferisce parlare di fibroplasia. Per quanto possano esistere agenti
diretti di fibrosicome alcol etilico, ferro e silicio, il maggior stimolo è mediato da agenti solubili che
regolano l‘attività delle cellule produttrici della matrice cellulare. Questi agenti sono le citochine
elaborate generalmente dai macrofagi attivati, più raramente dai linfociti e nel fegato, dalle cellule
di Kupffer. Le citochine più comunemente interessate nei processi di fibrogenesi sono il TGF-β,
l‘IL-1, il TNF-α e il PGDF;gli interferoni sembrano invece essere inibitori della fibrogenesi.
L‘effetto del mediatore può inoltre dipendere dall‘interazione cellula-matrice ed avere dunque
effetto netto variabile nelle varie fasi del processo.
Il fibroblasto è la cellula più importante nella formazione di glicosamminoglicani (cellula giovane
in fase di sviluppo) e di collageno (cellula matura). Nel fegato, tuttavia, cellule con aspetto di
miofibroblastiderivano molto probabilmente dall‘attivazione dei lipociti (cellule di Ito, anche dette
cellule stellate). Nella cirrosi(sclerosi dei tessuti parenchimali) si evidenzia una transizione
fenotipica dei lipociti che vengono convertiti da quiescenti depositi di vitamina A a cellule
proliferanti e fibrogeniche.
Regolazione molecolare della fibrosi epatica
I danni che portano a fibrosi nel fegato si instaurano in risposta ad una serie di insulti che
comprendono: epatite virale, NASH, abuso di alcol e droghe, malattie metaboliche dovute a
sovraccarico di ferro o rame, attacchi autoimmuni o anomalie congenite. Il danno epatico causa
l‘attivazione delle cellule di Ito che si trovano nello spazio sottoendoteliale dei sinusoidi. Le
modificazioni fenotipiche avvengono in sequenza:
 Fase di iniziazione o pre-infiammatoria: dipende da una stimolazione paracrina delle cellule di
Ito, dovuta ad alterazione dell‘omeostastasi indotta dal danno epatico(necrosi del parenchima)
sulle cellule limitrofe e a cambiamenti della composizione dell‘ECM.
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Gli epatociti e le cellule di Kupffer producono ROS, inoltre le ultime producono una forma
latente di TGF-β e TNF.Le cellule endoteliali rilasciano, invece, la forma attiva di TGF-β e
sintetizzano fibronectina cellulare. In risposta a questi stimoli paracrini, le cellule di Ito vanno
incontro ad un rapido cambiamento di espressione genica: aumenta la loro capacità di risposta a
citochine e fattori di crescita, per aumento dei rispettivi recettori. I geni sovraespressi codificano
inoltre per fattori trascrizionali, molecole di adesione e per la proteina prionica. Le cellule di Ito
cominciano quindi a proliferare e a sintetizzare l‘ECM; acquistano inoltre capacità contrattile per
sintesi di endotelina-1 ed ecosanoidi. Tramite il rilascio di fattori chemiotattici per PMN e
monociti, le cellule di Ito possono amplificare la risposta infiammatoria al danno epatico
 Fase di perpetuazione: si ha un‘aumentata capacità da parte dei miofibroblasti di produrre e
rispondere a citochine (per stimolazione sia autocrina che paracrina) e un accelerato
rimodellamento dell‘ECM.
La ―capillarizzazione dei sinusoidi‖ è il principale esempio di spostamento nel tipo di ECM: lo
spazio sottoendoteliale dei sinusoidi passa da matrice del tipo di membrana basale a matrice di tipo
interstiziale. I sinusoidi perdono la fenestratura e cominciano a sintetizzare lamina e collageno di
tipo IV, trasformandosi in capillari con membrana basale continua; gli spazi di Disse diventano un
interstizio fibroso denso. Alcuni recettori ad attività tirosin-chinasica, chiamati DDR, trasducono
segnali del collageno fibrillare, piuttosto che dei fattori di crescita: la matrice fibrillare determina
l‘attivazione delle cellule di Ito durante la fibrosi dei sinusoidi. Come in tutti i processi fibrotici si
ha contemporaneamente fibrogenesi e fibrinolisi da metalloproteasi MMP2 e stromelisina/MMP3: il
rimodellamento dell‘ECM può ulteriormente attivare le cellule di Ito.
Il rimodellamento dei sinusoidi determina infine obliterazione,ipertensione e ascite.
Aspetti biochimici della fibrosi
Il livello dell‘mRNA per il collageno di tipo I aumenta nelle condizioni che portano a cirrosi
epatica. Allo stesso tempo aumentano i GAG, con incremento relativo delle quote di
dermatansolfato e condroitinsolfato.Nel corso delle cirrosi il pool degli amminoacidi liberi è
espanso ed aumenta la concentrazione di prolina, proporzionalmente al contenuto totale in
collageno. Oltre ad un‘aumentata biogenesi, si ha un‘inibizione della prolin-ossidasi, per gli elevati
livelli di latticidemia.L‘acilazione dei tRNA favorisce inoltre la sintesi delle proteine. I livelli
tissutali di tutti gli enzimi post-traduzionali (in particolare prolin- e lisin-ossidasi e TIMP=tissue
inhibitors of metalloproteinases che inibisco le metalloproteasi che digeriscono i precursori della
matrice) sono aumentati nelle condizioni che portano a fibrosi, prima che si abbia un aumento del
contenuto in collageno; la deposizione di collageno nel viscere cirrotico è dovuto ad un eccesso
nella sua produzione. La topografia della fibrosi è forse più importante della sua estensione: la
capillarizzazione dei sinusoidi, anche se modesta nel contesto generale, ha gravi conseguenze
funzionali in quanto rallenta l‘accesso delle sostanze nutritizie agli epatociti, con gravi disfunzioni
fino alla necrosi.
Tutti i tipi di collageno sono aumentati nel fegato dei cirrotici: nelle fasi più precoci si ha
prevalenza del collageno di tipo III, un aumento del rapporto tipo I/tipo III si ha solo nelle fasi
terminali delle cirrosi. Si ha inoltre aumento di fibronectina e laminina importanti nel cementare le
fibrille neoformate, nel favorire le fibroplasie da parte dei macrofagi e nell‘inibire il legame della
collagenasi al collageno neoformato. La vita media del collageno è di 20-30 giorni nelle fasi
iniziali, ma diviene di 300 giorni nella cirrosi irreversibile.
La fibrosi idiopaticadel polmone è una fibrosi senza vero aumento quantitativo del collageno; il
collageno presente è di tipo giovane, con alterazione nella distribuzione geometrica del collageno e
nella microarchitettura del polmone.
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Patologia del sistema delle fibre elastiche(no slide)
Tutte le fibre elastiche possiedono un nucleo interno di molecole di elastina tenute insieme da
legami criociati e circondate da una guaina di microfibrille. Le malattie genetiche del sistema
elastico ad oggi ben definite sono dovute a mutazioni del gene ELN, che codifica per l‘elastina, e
dei geni FBN1 e FBN 2 che codificano per le fibrilline 1 e 2.
La forma più nota del primo gruppo è la stenosi aortica; quasi tutti i casi di questa malattia sono
dovuti ad aploinsufficienza di ELN: ogni fattore che può influenzare l‘espressione dell‘allele
integro, può aver effetto sulla gravità della malattia. L‘espressione di elastina è aumentata da TGFβ, IL-1β, glucocorticoidi e acido retinoico; mentre è diminuita da TNF-α, interferon γ e vitamina
D3.Mutazione di ENL causano una condizione clinica nota come Cutis laxa; forme acquisite di
cutis laxa sono dovute a infiammazioni del derma con secondaria distruzione delle fibre elastiche.
La proteina anomala può inoltre esser secreta e interferire con la deposizione di elastina normale in
modo dominante negativo.
La mutazione del gene FBN-1 causa la sindrome di Marfan, che da al paziente un aspetto
dinoccolato con alta statura e sviluppo eccessivo delle ossa lunghe e delle dita della mano
(aracnodattilia). Le forme più gravi sono associate ad aneurismi dell‘arco aortico e insufficienza
della mitrale. Le forme più lievi sono definite sindromi marfanoidi; ad una di queste, la sindrome
marfanoide di ipermobilità, Paganini deve la straordinaria agilità delle sue dita. I monomeri di
fibrillina-1, prodotti dall‘allele mutato, ostacolano la polimerizzazione della maggioranza dei
monomeri di fibrillina-1 in aggregati stabili di microfibrille. La fibrillina-1 lega inoltre TGF-β. Una
forma più grave e più rara di aracnodattilia, definita contratturale, origina dalla mutazione del gene
FBN-2.
I difetti molecolari dei geni della fibrillina danno luogo a fenotipi estremamente diversi da quelli
causati da mutazione dei geni dell‘elastina: hanno infatti proprietà e funzioni distinte nella fibra
elastica.
A differenza di quella del collageno, la patologia principale dell‘elastina è in grande prevalenza
acquisita e dipende da azioni esterne distruttive o da fenomeni di invecchiamento. Spesso la perdita
di elasticità dei tessuti è accompagnata da un paradossale aumento del materiale che è in realtà un
prodotto di degradazione delle fibre di elastina; questo non possiede più i caratteri fisici di
elastomero naturale, capace di riprendere la sua configurazione originale anche dopo grandi
deformazioni. È il caso del dell‘enfisema, la cui causa più comune resta il fumo di sigaretta.
Quest‘ultimo determina un considerevole aumento della popolazione macrofagica alveolare e con
essa della carica elettrolitica. Parallelamente si ha una diminuzione delle capacità antielastasiche,
rappresentate principalmente dall‘α1-antitripsina: potente inibitore dell‘elastasi leucocitaria. Questa
viene inattivata per ossidazione diretta della metionina presente al centro del suo sito reattivo. Una
forma di enfisema polmonare si associa ad un deficit geneticamente determinato dell‘α1antitripsina, che rende il soggetto particolarmente suscettibile ad un accumulo di danni acuti.
Un‘alterazione opposta alle precedenti è rappresentatadall‘irrigidimento della fibra di elastina; ciò si
osserva un po‘ in tutti i tessuti durante l‘invecchiamento. Si ha aumento nel tempo dei legami
intramolecolari, con progressiva perdita di resilienza e aumento della rigidità delle fibre stesse per
la calcificazione a cui vanno facilmente incontro le fibre elastiche.
Un‘anomala calcificazione, per deposito sulle fibre elastiche di polianioni ad alta affinità per il
Ca2+, è alla base dello pseudoxantoma elastico.
Degenerazione ialina:
L‘aggettivo ialino (vitreo) ha puro valore descrittivo e definisce ogni sostanza omogenea(con
struttura granulare e non fibrillare) ed eosinofila(non ha affinita‘ per il rosso congo) che si deposita
nella matrice extracellulare e in particolare nelle membrane basali dell‘endotelio.
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È costituita da proteine di composizione variabile(70%glicoproteine(materiale affine al
collagene),fibrina,albumina,frammenti di cellul,proteine plasmatiche).Le tre principali ipotesi
patogenetichesono:
-deposizione dall‘esterno (precipitazione di proteine plasmatiche in un connettivo alterato)
- produzione locale(puo‘ trovarsi anche lontano dai vasi)
-presenza di C3B legato all‘acido ialuronico che determina l‘attivazione della sistema del
complemento attraverso la via alternativa.
La sede piu‘ colpita e‘ la regione sottoendoteliale vasale arteriosa di:
- milza
-rene:nei glomeruli in corso di arteriosclerosi e glomerulonefriti.comincia a livello della membrana
basale dell‘endotelio dei capillari per poi estendersi alla parete dei piccoli vasi e degli spazi
connettivali.le due pareti della capsula di bowman tendono a saldarsi fino all‘obliterazione dello
spazio capsulare →atrofia e fibrosi a livello dei glomeruli.
-cervello.
L‘accumulo della sostanza ialina comprime sempre di più le cellule che vanno in atrofia e finiscono
per scomparire
È molto presente nei tessuti cicatriziali di vecchia data, nei cheloidi e nei dermoidi, nei processi
infiammatori cronici, in varie forme di tumori,nei processi arteriosclerotici(fase iniziale) e in
glomerulonefriti croniche.risulta fisiologica in processi regressivi della parete dei vasi dell‘utore
dopo la gravidanze,nel connettivo dei corpi lutei e nel connettivo periodontale.
Abbiamo anche una degenerazione ialina-epiteliale dove troviamo gocciole da accumulo di
sostanze proteiche:
- rene:eccessivo riassorbimento di proteine (presenti in maniera eccessiva nell‘ultrafiltrato)che
determina nefrosi tubulare a gocce ialine con tumefazione cellulare con riduzione del lume tubulare
, necrosi e desquamazione con formazione di cilindri ialini a stampo del tubulo.si parla di:-calcoli –
cilindri eritrocitari –cilindri ialini(cellule epiteliali e proteine).
-plasmacellule:corpi di russel accumuli di Ab
- fegato:corpi di councilman(eccessivo assorbimento di glicoproteine) o corpi di mallory(alterazione
metabolismo proteico in etilismo)
Degenerazione(necrosi)fibrinoide:
Il termine fibrinoide indica una sostanza omogenea, intensamente eosinofila e finemente reticolare,
che si colora con il metodo di Weigert per la fibrina(e non con i metodi per le fibre
collagene).Dovuta a degenerazione irreversibile della sostanza fondamentale del connettivo ad
opera di proteine basiche(ipotesi:istoni di cellule necrotiche,granuli dei neutrofili in corso di
processi flogistici,prodotti di degranulazione della fibrina).
La sostanza e‘ costituita da nucleoproteine del lupus(origine tissutale), gamma-globuline(natura
ematica),fibre collagene (che si rigonfiano e si trasformano in un ammasso omogeneo a seguito
dell‘interazione con le altre due sostanze).
A differenza della degenerazione ialina porta a distruzione della media,dell‘intima e dell‘avventizia.
Si ritrova in:processi infiammatori cronici,granuloma reumatico,lesioni tissutali di varie malattie
autoimmuni(LES,PN,AR),nello stroma di tessuti neoplastici,nell‘ulcera peptidica,nelle lesioni
difteriche.
Determina alerazione sostanziale della struttura connettivale con ipertensione maligna.
Spie periferiche dei processi regressivi del connettivo(no slide)
I parametri utilizzati per identificare i processi regressivi del connettivo sono i peptidi ammino- e
carbossi-terminali del procollageno e certi peptidi (contenenti idrossiprolina o idrossilisina) che
compaiono in quantitàaumentata nell‘urina di pazienti con disordini generalizzati del metabolismo
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del collageno. Quest‘ultima modalità è ora rimpiazzata dal dosaggio delle piridinoline, molecole
formate durante le condensazioni che portano alla formazione di legami crociati.Il dipeptide valilprolina, prodotto di degradazione specifico dell‘elastina, è aumentato nella ED di tipo V. Si utilizza
inoltre il dosaggio di enzimi delle trasformazioni post-traduzionali del collageno che tuttavia non
sono organo specifici e sono correlati col danno cellulare epatico piuttosto che con il grado di
fibrosi del viscere. Recentemente è stato introdotto il Fibrotest che consiste di 6 marcatori valutati
comparativamente in modo integrato: α-2-macroglobulina, aptoglobina, apolipoproteina A1,
bilirubina totale, GGT e ALT. Se lo score supera un certo livello è consigliabile eseguire una
biopsia epatica.
La degenerazione mucosa del connettivo
Accumulo nella mucosa di mucopolisaccaridi,normalmente presenti nella sostanza fondamentale,
che in questa particolare situazione sono prodotti in eccesso. Tra essi il principale è l‘acido
ialuronico.
Si presenta in corrispondenza con alcuni processi patologici:
-atrofia gelatinosa del tessuto adiposo:a seguito di veloci dimagrimenti per sostituzione del grasso
periviscerale con mucopolisaccaridi.
-neoplasie(polipi,papillomi e mixomi;parotide; muscoli e miocardio)
-sinovie articolari,borse sierose e guaine tendinee(cisti mucosee tendinee)
-mixedema(differisce dall‘edema vero perche‘ la pressione con il dito non lascia impronta)
(ipotiroidismo aumento TSH e aumento di acido ialuronico e condroitinsolfato o anche in alcune
cause di ipertiroidismo);→rigidita‘ articolare per accumuli nel liquido sinoviale si parla
erroneamente di artrite da mixedematosi.
Processi regressivi del tessuto nervoso: (no slide) (s-P)
Alterazioni del pirenoforo:
Le alterazioni del pirenoforo vengono così distinte:
 Rigonfiamento:alterazione più elementare dei neuroni(in risposta a malattie
infettive,intossicazioni acute e croniche,febbre,colpi di sole,epilessia ecc) e può essere
reversibile. Da un punto di vista morfologico, la lesione è caratterizzata dall‘aumento di
volume dei neuroni e dalla trigolisi(degradazione della sostanza trigoide o corpi di
Niss:RE+ribosomi;abbiamo dapprima un detrito granulare poi pulverulento). Abbiamo
quindi riduzione della sintesi proteica.Se il danno cellulare è grave la lesione può evolvere
verso la necrosi caratterizzata da un‘iniziale distruzione delle neurofibrille e poi del nucleo.
Se, invece, il danno cellulare è lieve le lesioni possono regredire completamente, fino al
pieno recupero funzionale.
 Alterazione cellulare retrograda, o reazione assonica: È il complesso di alterazioni che si
verificano nel pirenoforo dopo il taglio del cilindrasse(le alterazioni sono più gravi in tagli
più vicini). Fa parte della cosiddetta degenerazione ascendente o retrograda che colpisce la
porsione centrale del neurite e successivamente il pirenoforo, dopo il taglio del nervo. Nella
reazione assonica si distinguono due fasi, quella di reazione e quella di riparazione( solo se
la cellula sopravvive altrimenti abbiamo manifestazioni necrobiotiche).nel caso che il danno
porta a necrosi abbiamo ingrandimento del nucleolo(per aumentata concentrazione di
RNA)e deplezione nel citosol di RNA e proteine si determinano quindi zone di
vacuolizzazione e un quadro uguale a quello della malattia di Nissl.
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
Sclerosi o raggrinzimento cellulare:compare frequentemente dopo gravi intossicazioni
croniche, dopo malattie infettive di lunga durata, nell‘ateriosclerosi cerebrale e nella
vecchiaia, nonché in malattie specifiche del sistema nervoso. È frequente soprattutto nella
corteccia.La cellula appare raggrinsita e nelle fasi terminali nonn resta altro che un vestigio
lamellare.
 Vacuolizzazione:comparsa nelle cellule di vacuoli di varia forma, dimensione o contenuto.
Spesso si tratta di accumulo di materiali di natura lipidica o glucidica.va differenziata dalla
vacuolizzazione a base d‘acqua.La degenerazione granulo-vacuolare presente nei cervelli
senili è caratterizzata da granulazioni argentofile.
 Fenomeni di accumulo e depositi patologici:abbiamo frequentemente accumuli di
lipofuscine attorno al nucleo che è presente anche in lunghe malattie esaurenti come
l‘alzheimer.
 Alterazioni particolari di strutture intracellulari (nucleo, neurofibrille):Oltre alla
malattia di Nissl in cui le neurofibrilline si degradano esistono alcune situazioni patologiche
in cui, invece della scomparsa o l‘attenuazione delle neurofibrille, si manifesta un loro
ispessimento che le rende più evidenti. Si parla, allora, di alterazione fibrillare. La più tipica
è quella di Alzheimer
 Atrofiasemplice diminuzione del volume del neurone, la cui forma non si modifica in modo
evidente. In genere la diminuzione del volume riguarda il citoplasma, più che il nucleo.
L‘atrofia semplice è frequentemente riscontrabile, insieme con altri processi regressivi, nel
cervello dell‘anziano, oppure dopo soppressione dell‘attività funzionale.Un caso particolare
è l‘atrofia transneuronica(atrofia per denervazione=
 Alterazioni
di
forma
o
di
volume:microgiria(ridotte
circonvoluzioni
erebrali)pachigiria(circonvoluzioni spesse).inoltre nella sclerosi tuberosa abbiamo cellule
grandi e dall‘aspetto irregolare.
 Colliquazione:è irreversibile e deve essere considerata nel quadro delle necrosi. L‘inizio
della colliquazione è contrassegnato dalla comparsa di vacuoli citoplasmatici, che vanno
progressivamente estendendosi, mentre il nucleo diviene picnotico o va incontro a cariolisi.
La colliquazione presuppone un‘attivazione degli enzimi liso somali atti a digerire il
citoplasma. Non è mai un evento primitivo, ma segue a processi regressivi di altra natura.se
il fenomeno degenreativo è molto esteso e non basta una cicatrizzazione si va incontro a
cisti apoplettiche(se la casa è l‘aploplessia:emorragia)
 Coagulazione:manifestazione necrotica che si verifica nelle cellule prima dell‘inizio della
colliquazione. Il citoplasma diviene omogeneo, il nucleo è picnotico oppure va incontro a
cariolisi. Il caso più comune di necrosi coagulativa delle cellule nervose è quello che si
verifica nei focolai ischemici conseguenti all‘occlusione dei vasi; in genere, in questi casi, la
coagulazione è seguita dalla colliquazione, dovuta alla liberazione citoplasmatica degli
enzimi lisosomali.
Alterazioni della Fibranervosa:
si definisce fibra nervosa la soma dell‘assone e della sua guaina.tutte le fibre presentano una guaina
anche quelle che venivano dette amieliniche in questo caso la guaina ha uno spessore minore di 1μ
e
sono
costituite
da
cellule
di
schwann(in
periferia
)o
fibre
gliali
dell‘oligodendroglia(centralmente).lesioni delle fibre nervose interessano quinid tutto il complesso.
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-Degenerazione walleriana:
La tipica lesione in cui i processi regressivi colpiscono tutta la fibra è quella che segueal taglio del
nervo. Questo produce alterazioni sia nella parte prossimale della fibra, sia in quella distale.
Abbiamo già visto che le alterazioni che si producono nella parte prossimale della fibra sezionata e
nel pirenoforo vanno con il nome di degenerazione retrograda o ascendente. Quelle che si
producono, invece, nel moncone periferico o distale del nervo reciso sono comprese nel nome di
degenerazione Walleriana o secondaria. Le alterazioni degenerative della sezione distale del nervo
reciso avvengono in tre fasi; nella prima avviene la disintegrazione del cilindrasse e della mielina,
nella seconda inizia la proliferazione delle cellule di Schwann, che fagocitano la mielina,
nell‘ultima fase, infine, si ha disposizione delle cellule di schwan a mo‘ di tubo(tubo di schwann)nel
quale penetrano le fibrille dell‘assone in caso di riparazione o le cellule conettivali in caso di
cicatriziale (fibrosi).
-Le demielinizzazioni:
Con il termine di demielinizzazioni si indica la scomparsa di mielina dalle guaine dei nervi.
Accanto alle demielinizzazioni pure, in cui la lesione riguarda esclusivamente la guaina mielinica e
sia l‘assone che il pirenoforo appaiono indenni, ne esistono altre in cui, pur prevalendo l‘alterazione
della guaina, non mancano lesioni più o meno gravi dell‘assone o del pirenoforo. Queste ultime si
riavvicinano, sotto molti aspetti, alla degenerazione Walleriana. Le demielinizzazioni si distinguono
in demielinizzazioni diffuse(demielinizzazioni midollo-assoniche o neuronolitiche ossia non pure)se
colpiscono tutto il nervo, oppure multifocalise sono circoscritte a piccole zone, che restano separate
da tratti di nervo normale(per lo più demielinizzazioni pure ).Le demielinizzazioni multifocali
possono essere in rapporto con processi infiammatori, oppure no. Nel primo caso colpiscono
soprattutto tratti di fibre poste in vicinanza di vene (localizzazione perivenosa). Le
demielinizzazioni diffuse o neuronolitiche hanno incidenza familiare, compaiono in età infantile e
colpiscono interi fasci nervosi, nei quali sia gli assoni sia le guaine sono compromessi;vengono
anche dette leucodistrofie.
-Alterazione della glia:
La loro patologia comprende non solo processi regressivi determinati da agenti capaci di indurre
sofferenza cellulare, ma anche fenomeni ipertrofici e particolari atteggiamenti funzionali che
vengono assunti in via secondaria, in risposta a lesioni dei neuroni.possiamo citare le cellule
ameboidi(citoplasma voluminoso e nucleo picnotico),degenerazione mucoide(il neurone contiene
sostanza mucosa e va in contro a necrosi)cellule mieliniche(infarcite di prodotti di degradazione
della glia)gliosi(aumento del numero di produzione di fibrille che può essere isoforma se le fibrille
si dispongono come quelle del neurone o anisoforma se si dispongono in modo disordinato;la gliosi
di antica data è caratterizzata da diminuzione del numero delle cellule e da aumento delle fibre con
formazione di cicatrici che prendono il nome di sclerosi)
Le calcificazioni patologiche: (no slide)
Per calcificazione si intende la deposizione nei tessuti di Sali di Ca insolubili. In certe situazioni
patologiche possono andare incontro a calcificazione anche tessuti nei quali normalmente essa non
si verifica. Si parla allora di calcificazioni patologiche o eterotopiche(nella maggior parte di casi nel
connettivo). Le calcificazioni patologiche sono, essenzialmente, di due tipi:
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
distrofiche: nelle quali i Sali insolubili di Ca si depositano in tessuti che sono stati prima
sede di processi regressivi(necrosi piu‘ o meno ampie;necrosi tubercolari→permettono di
vedere zone colpite con radiografia;aterosclerosi e infarti)
 Metastatiche: in cui la deposizione avviene in tessuti apparentemente sani.dovute ad un‘
aumento del contenuto di Ca nel sangue, in rapporto con un disturbo generale del
metabolismo di questo elemento. I depositi si possono verificare in qualsiasi organo, ma
sono particolarmente frequenti nel rene, nelle pareti degli alveoli polmonari, nella tiroide,
nel timo, nelle membrane mucose dello stomaco e nella cute.
Quanto alla patogenesi delle calcificazioni distrofiche sono state prospettate varie ipotesi. In
ordine di tempo, la prima ad essere presentata è quella secondo cui la necrosi porterebbe alla
liberazione locale di acidi grassi a lunga catena, i cui i Sali di Ca sono insolubili. I saponi di Ca
che precipitano nei tessuti sarebbero poi gradualmente trasformati in Sali inorganici, in
presenza di fosfati e carbonati. Secondo un‘altra teoria, poiché una elevata attività fosfatasica
alcalina è sempre connessa con i fenomeni di calcificazione normale, si pensa che anche nel
caso delle calcificazioni distrofiche possa entrare in gioco un meccanismo simile sopratutto
considerando che nella necrosi abbiamo rottura dei lisosomi e liberazione di qst‘ enzima. I fatti
fin‘ora acquisiti sono i seguenti:
 La calcificazione è in rapporto iniziale con eventi intracellulari
 Il materiale che si deposita è fosfato di Ca; appare, però, probabile che inizialmente il Ca
venga fissato in forma organica
 L‘aumento della concentrazione locale di fosfato è probabilmente la conseguenza
dell‘azione della fosfatasi su fosfati organici.
LE PIGMENTAZIONI PATOLOGICHE(no slide)
In alcune situazioni patologiche, i tessuti vengono a contenere quantità di pigmenti superiore a
quella fisiologica, oppure i pigmenti fanno la loro comparsa in cellule o siti extracellulari in cui
normalmente non sono contenuti. Si tratta, quindi, di processi degenerativi o infiltrativi, in cui il
materiale di accumulo è un pigmento. A queste particolari degenerazioni ed infiltrazioni si da il
nome di pigmentazioni patologiche.
PIGMENTAZIONI PATOLOGICHE ESOGENE
Sono quelle in cui i pigmenti provengono dall‘esterno. Si tratta, quindi, dell‘incorporazione
nell‘organismo di materiali estranei alla sua normale composizione e non metabolizzabili, o
metabolizzabili solo lentamente e parzialmente. Le sostanza pigmentate possono giungere per via
respiratoria, per mezzo di polveri inalate, per via parenterale, accidentalmente, o in occasione di
tatuaggi, o, anche, per via alimentare, in occasione di particolari terapie.
PIGMENTAZIONI PATOLOGICHE ENDOGENE
Ne possiamo distinguere quattro gruppi principali:
 Pigmentazioni di tipo melanico
 Pigmentazioni da lipocromi
 Pigmentazioni in rapporto con alterato metabolismo delle metallo-proteine
 Pigmentazioni itteriche.
PIGMENTAZIONI MELANICHE
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Un eccessivo accumulo di melanina in tessuti che già ne contenevano è detto melanosi. Nella cute
la melanosi può essere la conseguenza di processi infiammatori; quando è diffusa a zone estese si
parla di melanodermia; se è circoscritta si parla, a seconda dei casi, di efelidi, di nevi, di macchie
mongoliche, di discromie. Nella vitiligine, invece, si hanno chiazze non colorate circondate da un
alone iperpigmentoso.
Dai melanoblasti possono originare tumori, i melanomi, la cui malignità è proverbiale. Nel capitolo
delle iperpigmentazioni melaniche va considerata anche l‘ocronosi, un‘alterazione caratterizzata
dalla deposizione della sostanza fondamentale dei connettivi, specialmente in sede para articolare e
nelle cartilagini, di un pigmento derivato dall‘ossidazione dell‘acido omogentistico, il cosiddetto
alcaptone.
PIGMENTAZIONI DA LIPOCROMI
I lipocromi sono costituiti in tutto o in parte da lipidi. Accumuli di lipocromi, oltre che di melanina,
nelle cellule dermiche sono responsabili del cloasma, cioè delle chiazze giallastre che compaiono
sul volto delle donne in stato di gravidanza, o anche in certe fasi del periodo mestruale.
PIGMENTAZIONI IN RAPPORTO CON ALTERATO METABOLISMO DI METALLOPROTEINE
Sono frequenti data anche l‘estensione e la funzione delle metallo-proteine nell‘organismo. Sono
interessate soprattutto quelle contenenti rame e ferro. Accumuli patologici di materiale contenente
rame non sono frequenti. La malattia più interessante in rapporto con un accumulo di materiale
contenente rame è, però, la degenerazione epato-lenticolare o malattia di Wilson. La malattia è in
rapporto con l‘assenza o la mancata funzione della cerulo plasmina, una proteina interessata nel
trasporto del rame nel sangue. Il rame resta, così, segregato nelle cellule, dentro strutture lisosomali.
Molto più frequenti sono i depositi di pigmenti in rapporto con il metabolismo delle ferro-proteine. I
depositi si presentano sia in forma di ferritina, sia di emosiderina. Mentre la ferritina rappresenta la
forma di deposito del Fe metabolicamente utilizzabile, l‘emosiderina rappresenta il risultato della
demolizione intralisosomale dell‘emoglobina da parte dei macrofagi. Il quadro dell‘accumulo negli
organi di Fe organico, sottoforma di ferritina o emosiderina, va con il nome di emosiderosi.
Un‘emosiderosi generalizzata può prodursi in soggetti umani come conseguenza di un‘aumentata
distruzione di emoglobina dopo trasfusioni ripetute. Questa situazione viene anche definita
emosiderosi secondaria, per distinguerla da quella primaria, o idiopatica, o emocromatosi, che è una
malattia sistemica di origine genetica, caratterizzata da enorme di Fe emosiderinico. Un quadro
generalizzato di emosiderosi è la emocromatosi idiopatica, o sistemica. È una malattia ereditaria
caratterizzata da infiltrazione di emosiderina in tutti i tessuti, in rapporto con un alterato
metabolismo del Fe. Il meccanismo di accumulo del Fe in emocromatosi è per lo più legato ad un
difetto nell‘assorbimento. Normalmente le quantità di Fe assorbito oscilla tra 1,5 e 4,4% del Fe
introdotto, mentre nell‘emocromatosi l‘entità dell‘assorbimento arriva al 20-45% del totale. Poiché
l‘uomo non possiede meccanismi per l‘eliminazione del Fe, questo si accumula nei tessuti.
PIGMENTAZIONI ITTERICHE
L‘ittero è una pigmentazione patologica in rapporto con la presenza nei tessuti di pigmenti biliari in
eccesso. La cute, le sclere e tutti gli organi interni assumono colorazioni giallastre per la presenza di
grandi quantità di bilirubina e di altri pigmenti da essa derivati, giunti con il sangue. Le sclere, che
normalmente hanno colore bianco, sono le strutture in cui la tonalità gialla viene avvertita prima; si
parla in tal caso di sub-ittero. Dal punto di vista della patogenesi, gli itteri si possono distinguere in
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preepatici (o emolitici), epatici e meta epatici (o da ritenzione). La determinazione della bilirubina
diretta e indiretta rappresenta, ai fini diagnostici, un parametro importante
LA DEGENERAZIONE MUCOSA DEI TESSUTI EPITELIALI(s-D)
In condizioni patologiche l‘attività delle ghiandole può aumentare, inoltre si assiste ad un notevole
aumento delle cellule secernenti negli epiteli mucipari. Mentre, a rigor di termini, non si può
considerare degenerazione mucosa un aumento di attività secretiva da parte delle cellule ghiandolari
preesistenti, può essere, invece, considerata vera e propria degenerazione la comparsa di mucine in
cellule che prima non avevano attività secretoria. La degenerazione mucosa è frequente nel corso di
processi infiammatori acuti e cronici dei tessuti i cui epiteli di rivestimento contengono
normalmente cellule mucipare.
LA DEGENERAZIONE COLLOIDE
Viene talvolta indicato con questo nome l‘accumulo in organi ghiandolari di sostanza colloide in
quantità superiore al normale. La sostanza si raccoglie per lo più in cavità preformate che già
normalmente ne contengono piccole quantità. Un accumulo di colloide nella cavità follicolare
dipende da uno squilibrio fra produzione e riassorbimento. La produzione può essere aumentata e
superiore, dal punto di vista quantitativo, alle capacità di riassorbimento della cellula; oppure la
produzione è normale e sono soprattutto le capacità di riassorbimento ad essere diminuite.
LA DEGENERAZIONE CORNEA
È un aumento di cheratina in tessuti che normalmente ne contengono, oppure la sua comparsa in
tessuti che normalmente non ne contengono affatto. Nel primo caso si parla di ipercheratosi quando,
più che la quantità di cheratina per cellula, aumenta il numero delle cellule cheratinizzate e quindi
lo spessore dello strato corneo. Discheratosi è, invece, una situazione caratterizzata da irregolarità
distributiva dei processi di cheratinizzazione, per cui nella stessa zona di epitelio si possono trovare
aree di diverso spessore e con diverso grado di cheratinizzazione. In casi di cheratinizzazione
accentuata si può assistere alla presenza in superficie di squame cornee ancora contenenti il nucleo:
si parla allora di paracheratosi. La discheratosi (cioè la cheratinizzazione qualitativamente
irregolare) è frequente in varie displasie cutanee e in modo particolare negli epiteliomi spino
cellulari, ove la presenza delle perle cornee intraepiteliali è un elemento pressoché costante.
L‘ittiosi è una sindrome caratterizzata da ipercheratosi diffusa alla cute di tutto il corpo. La pelle
ipercheratosica è meno elastica del normale e tende facilmente a fessurarsi e a desquamare. La
comparsa di sostanza cornea in epiteli che normalmente non ne contengono è una prosoplasia
quando rappresenta un eccesso di maturazione di un epitelio pavimentoso composto normalmente
non cornificato. È, invece, una metaplasia quando la corneificazione compare in un tessuto
strutturalmente lontano da quello cutaneo.
Heat shock proteins(HSP)(slide):
 Favoriscono la marcatura di proteine da parte dell‘ubiquitina→catabolismo proteico
 Si legano con istoni→riparazione del DNA
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Degradazione cicline→controllo del ciclo metabolico
Modulazione recettori di membrana
Svolgimento e riavvolgimento proteine mitocondriali
Trasporto delle proteine nei vari compartimenti cellulari
Assemblaggio delle proteine del citoscheletro
Rinaturazione di proteine denaturate
Induzione di termotolleranza
Assemblaggio di Ig
Attivazione di recettori per ormoni tiroidei
Ipertrofie, iperplasie e atrofie (g-D-P)
Alcuni organi o tessuti, in situazioni di sollecitazione funzionale (iperlavoro), possono aumentare di
volume: ipertrofia, intesa come incremento di materia vivente strutturalmente e funzionalmente
valida. Sono dunque esclusi dalle ipertrofie: edemi, stasi, steatosi, glicogenosi e amiloidosi, che
vengono definite pseudoipertrofie o ipertrofie spurie. L‘ipertrofia può realizzarsi o per aumento di
volume delle cellule che costituiscono il tessuto (ipertrofia vera) o per aumento numerico delle
stesse; quest‘ultimo caso prende il nome di iperplasia. Esistono casi nei quali le due possibilità si
verificano contemporaneamente: ipertrofia con iperplasia. È sempre più chiaro che i processi che
portano all‘ipertrofia e all‘iperplasia non sono diversi sin dall‘inizio, ma rappresentano quasi
certamente segmenti di diversa lunghezza della stessa storia; l‘opzione fra i due tipi di risposta
viene esercitata dalle stesse cellule. È dunque necessario un richiamo sulla classificazione di
Bizzozzero dei tessuti che si distinguono in labili, stabili e perenni; e sulla classificazione di
Cowdry delle cellule che possono essere cellule intermitotiche o cellule post-mitotiche. Le prime a
loro volta si dividono in differenzianti e vegetative a seconda che subiscano o meno una certa
modificazione fra una mitosi e l‘altra; le seconde si dividono in reversibili e fisse a seconda che
possano replicarsi o meno in situazioni di emergenza. La risposta iperplastica è possibile solo nei
tessuti che contengono cellule capaci di replicarsi.
Qualche esempio
Sia l‘ipertrofia che l‘iperplasia sono caratterizzate dal mantenimento della struttura e della funzione
proprie dell‘organo; in relazione con la differenziazione cellulare, lo stimolo all‘ipertrofia è
strettamente specifico e ad esso corrisponde una specificità di risposta. Gli stimoli che portano
all‘ipertrofia degli organi sono sostanzialmente di 3 tipi:
 Fattori ormonali ipertrofie fisiologiche entro certi tempi e limiti: in questi casi la maggiore
funzione è la conseguenza e non la causa dell‘iperplasia. Gli organi che vanno in ipertrofia o
iperplasia possono essere a loro volta ghiandole a secrezione interna oppure organi di
diversa natura. Tra le ghiandole a secrezione interna sono da ricordare quelle normalmente
controllate dall‘ipofisi: surrene per aumento di ACTH (morbo di Cushing); tiroide per
aumento di TSH; cellule di Leydig per aumento di ICSH. Lo stesso accrescimento corporeo
è condizionato dall‘elaborazione dell‘ormone somatotropo (STH): se vi è iperincrezione
ipofisaria di STH preesistente alla nascita si ha gigantismo, mentre se si verifica in un
soggetto già adulto si ha acromegalia (colpisce solo alcuni organi). Tra le iperplasie da causa
ormonale dell‘utero la più importante è quella che si produce durante la gravidanza:cospicua
iperplasia della mucosa che assume i caratteri della decidua gravidica.
 Fattori meccaniciipertrofia delle masse muscolari o all‘ipertrofia cardiaca. Esistono 3
diversi tipi di aumento di volume del cuore: normale crescita post-natale (eutrofia),
nell‘iperlavoro da elevata attività fisica (ipertrofia fisiologica: cuore da atleta), in condizioni
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patologiche (es.cuore bovino nei bevitori di birra). Fra quest‘ultime si ritrovano: infarto del
miocardio, steno-insufficienze valvolari, ipertensione, disturbi endocrini e talvolta fattori
genetici e malattie del polmone (sclerosi e minore capacità di espandersi dei vasi).in
quest‘ultimo caso si ha ipertrofia della sezione destra del cuore e si parla allora di cuore
polmonare.
L‘ipertrofia può essere estesa a tutto il miocardio o segmentaria(Ventricoli); in quest‘ultimo
caso può essere distinta in eccentricase si ha l‘aggiunta di sarcomeri in serie (sovraccarico
da aumento di volume) o concentrica se si ha l‘aggiunta di sarcomeri in parallelo
(sovraccarico pressorio). Il grado di ipertrofia dipende dalla richiesta funzionale e cioè dalla
gravità del vizio valvolare o del difetto congenito.
Si parla di ipertrofia della muscolatura liscia negli organi cavia monte di una stenosi
sopravenuta per deformazione della parete dell‘organo, come nel caso di retrazione
cicatriziale. Ne è un esempio l‘ipertrofia della parete muscolare della vescica nei casi di
ipertrofia prostatica, molto frequente nell‘anziano: si formano dei rilievi al di sotto della
mucosa, in corrispondenza dei fasci muscolari (vescica a colonne).Altri esempi di ipertrofie
sono quelli che si verificano in alcuni organi pari in seguito all‘asportazione di uno di essi o
qualora l‘organo controlaterale sia parzialmente o completamente distrutto da processi
patologici: ipertrofia vicaria o compensatoria. Ad esempio nel rene superstite l‘aumento di
volume dipende: da un aumento del numero e soprattutto del volume delle cellule dei tubuli
contorti, che ne determina un allungamento; da un aumento di volume dei glomeruli, in
parte anche per aumento delle anse vascolari (non cresce il numero dei glomeruli e
conseguentemente nemmeno quello dei nefroni!). E‘ stato dimostrato che la prevalenza della
reazione ipertrofica su quella iperplastica delle cellule tubulari dipende dall‘elaborazione di
TGF-β, capace di frenare la mitosi.
Iperplasia rigenerativa si verifica anche nel midollo osseo quando il numero di eritrociti
circolanti diminuisce per emorragia o emolisi, ma anche nei soggetti che vivono ad alte
quote o che presentano cortocircuiti arterovenosi nel distretto polmonare, in cui si verifica
una diminuita assunzione di ossigeno da parte degli eritrociti. Un‘aumentata produzione di
quest‘ultimi supplisce alla diminuzione della resa del processo di trasporto dell‘ossigeno.
Anche l‘epidermide va incontro ad iperplasia rigenerativa, come accade nella guarigione
delle ferite.
Fattori genetici
Le ipertrofie congenite sono quelle già presenti alla nascita. Può considerarsi una vera e
propria iperplasia il gigantismo, caratterizzato da un aumento di sviluppo armonico di tutto
l‘organismo. Il gigantismo ha sempre basi disendocrine, perlopiù in rapporto con aumentata
produzione dell‘ormone somatotropo ipofisario. Un‘altra forma di iperplasia congenita può
essere considerata la macrosomia fetale: eccessivo sviluppo corporeo del feto alla nascita,
talvolta in rapporto con un diabete materno che porta ad un maggiore nutrimento del feto.
Tra le iperplasie congenite bisogna ricordare quelle su base ormonale compensatoria, come
ad esempio l‘iperplasia congenita delle isole di Langerhansin figli con madri diabetiche.
Alcune forme di iperplasie congenite riguardano organi cavi con pareti muscolari: ipertrofia
pilorica congenita (richiede intervento chirurgico), megacolon, megasigma, megaesofago
congeniti. Queste alterazioni sono verosimilmente in rapporto con una difettosa
coordinazione di sviluppo dei centri nervosi vegetativi. Altre ipertrofie congenite dipendono
dal permanere oltre il normale volume di organi che subiscono normalmente
un‘involuzione: appendice, pervietà del canale arterioso di Botallo (mancate atrofie).
Un gruppo di cardiomiopatie ipertrofiche (HCM) ha origine genetica, mentre la maggior
parte delle cardiomiopatie dilatative (DCM) o restrittive è dovuta a fattori infettivi, tossici o
ambientali. I geni in rapporto causale con le HCM sono quelli che codificano per miosina,
troponina e tropomiosina: le vie che portano dalla mutazione all‘espressione molecolare non
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sono del tutto chiarite, ma sembra che attivazioni secondarie di Ras e proteine G possano
contribuire al fenotipo. Una forma familiare di DCM è invece associata a mutazioni dei geni
del citoscheletro che alterano la stabilità della membrana e/o impediscono la trasmissione
della forza contrattile.
Nel fegato è possibile indurre fenomeni di pura e semplice ipertrofia con la somministrazione di
xenobiotici (come ad esempio i barbiturici); si incorre nell‘iperplasia diretta per azione di agenti
chimicamente diversi come nitrato di Pb,acido retinoico, triiodotironina,TNF-α e proliferatori dei
perossisomi (PP). Dopo sospensione degli stimoli si ha riduzione delle cellule in eccesso per
apoptosi. Si parla di rigenerazione epatica quando, in seguito ad una riduzione del numero di
cellule epatiche per morte cellulare causata da traumi, agenti tossici o virus (epatite), gli epatociti
quiescenti proliferano fino a riportare alla norma la massa epatica. Si verifica dapprima una
ipertrofia degli epatociti superstiti, seguita dalla loro divisione e da un loro aumento numerico
(iperplasia). Le divisioni cellulari non interessano esclusivamente gli epatociti, ma anche le cellule
di Kupffer, le cellule endoteliali e le cellule dell‘epitelio biliare. Avviene certamente una
rigenerazione, anche se questa non è morfogenetica: non ripristina la forma anatomica del viscere;
si parla dunque di iperplasia rigenerativa o iperplasia compensatoria.
Un caso particolare di iperplasia che si accompagna ad una vera e propria malattia è la
psoriasi:malattia cronica infiammatoria e iperproliferativa della pelle, del cuoio capelluto, delle
unghie e delle articolazioni. A livello cellulare è caratterizzata da: aumento marcato della
proliferazione e incompleta differenziazione delle cellule dell‘epidermide; allungamento,
dilatazione e permeabilizzazione dei capillari del plesso superficiale del derma; infiltrato misto
infiammatorio-immunitario nell‘epidermide e nelle papille dermiche. L‘immunità mediata dei
linfociti Tinduce e mantiene le lesioni psoriatiche (loop):le linfochine da essi prodotte hanno una
forte influenza sulla proliferazione dell‘epidermide; i cheratinociti stimolati rilasciano a loro volta
citochine che aumentano lo stato di attivazione dei linfociti T.
Possiamo anche classificare le ipertrofia in:
Fisiologiche:g.mammaria,utero,muscolischeletrici,cuore
Patologiche:cuore,vicarianti e congenite
Limiti di utilità funzionale delle ipertrofie
L‘osservazione che con il tempo HCM possono divenire DCM e avviare il cuore all‘insufficienza,
consente alcune considerazioni sui limiti di utilità funzionale dell‘ipertrofia.
Assimilando per semplicità la cellula ad una sfera, avremo che la superficie è funzione del quadrato
del raggio, mentre il volume è funzione del cubo del raggio stesso. Attraverso la superficie cellulare
avvengono gli scambi con l‘ambiente, ma è il volume cellulare, che nell‘ipertrofia aumenta
proporzionalmente di più, ad essere correlato con le necessità energetiche. Si crea dunque una
condizione di dissociazione fra consumi cellulari e possibilità di fornitura dei relativi substrati.
Inoltre l‘apporto sanguigno attraverso il sistema coronarico aumenta nel corso dell‘ipertrofia senza
che si abbia tuttavia una sufficiente neoformazione di capillari: si ha dunque difficoltà di nutrizione,
inapparente finché la funzione cardiaca resta a valori normali. I miocardiociti ipertrofici sono
dunque più pronti all‘ischemia di quelli normali e sono più facilmente colpiti da processi
regressivi,favoriti anche dal presentarsi di aritmie(dovute a variazione dei potenziali di membrana)
fino alla morte cellulare per necrosi o apoptosi. Le cellule morte vengono sostituite da tessuto
,fibroso: il cuore ipertrofico di vecchia data è molto spesso anche un cuore fibrotico.
Una seconda possibilità si ritrova nel fatto che l‘apoptosi di miociti può essere indotta da sostanze
che sono coinvolte nell‘ipertrofia cardiaca: angiotensina II, peptide natriuretico atriale, IL-1, TNF-α
e NO.
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Basi biochimiche dell’aumento ponderale
L‘aumento di volume cellulare nell‘ipertrofia si realizza essenzialmente con (1)l‘aumento della
quantità di proteine. Ciò è dovuto essenzialmente a due fattori:aumento della sintesi proteica per
aumento del numero dei polisomi (l‘efficienza dei ribosomi resta praticamente invariata);
diminuzione della degradazione proteica per caduta di attività delle catepsine lisosomiali
(diminuzione selettiva di quantità dell‘enzima). La diminuita degradazione riguarda sia le proteine a
basso che quelle ad elevato turnover ed è il fattore quantitativamente più importante nel determinare
l‘aumento del contenuto proteico totale. L‘esistenza di un meccanismo di limitazione catabolica è
vantaggioso anche dal punto di vista dell‘energia che è richiesta non solo per la sintesi ma anche per
la degradazione delle proteine.Morfologicamente la limitazione catabolica si esprime con una
riduzione del volume e del numero dei vacuoli autofagici; mentre la base ultrastrutturale
dell‘incremento della sintesi è rappresentata da un aumento del numero dei ribosomi e da una loro
accentuata aggregazione in forma di poliribosomi.
Nelle cellule ipertrofiche si nota inoltre un aumento delle molecole di(2)RNA polimerasi e
(3)modificazioni della configurazione della cromatina, nella quale diviene maggiore il numero delle
regioni suscettibili di trascrizione, probabilmente per incremento della quantità di proteine non
istoniche.
Quanto descritto si verifica sia nelle cellule che aumentano di volume senza replicarsi (ipertrofia del
miocardio), sia in quelle destinate a dividersi (iperplasia rigenerativa del fegato). Il fattore
discriminante tra ipertrofia e iperplasia sembrava essere la duplicazione del DNA, che tuttavia è
stata osservata anche nelle cellule ipertrofiche; si ritiene oggi che ipertrofia e iperplasia abbiano in
comune una lunga serie di eventi biochimici preliminari, almeno fino al completamento della sintesi
del DNA (confine fra fase S e fase G2). Le cellule ipertrofiche possono essere considerate, in alcuni
casi, cellule bloccate in G2.
L‘instaurarsi di un‘ipertrofia, nonostante l‘attuazione di un meccanismo doppiamente redditizio,
richiede energia che viene ottenuta attraverso un‘esaltazione delle ossidazioni cellulari. Talvolta si
può verificare una lieve riduzione del controllo respiratorio, ma vengono sempre mantenuti rapporti
P/O normali, tali da riscontrarsi in un aumento effettivo di ATP. Si nota un aumento di volume dei
mitocondri che assumono forma rotondeggiante e creste più spesse.
Fattori di crescita ed espressione di protoncogeni nella rigenerazione epatica
Una biopsia epatica guarisce con formazione di tessuto di granulazione e successiva cicatrice,
mentre la perdita di porzioni più vaste di tessuto (asportazione chirurgica o fenomeni necrotici)
viene riparata per rigenerazione.Già pochi minuti dopo l‘asportazione del 70% del tessuto, gli
epatociti residui passano da G0 a G1; nelle prime ore mostrano modificazioni metaboliche,
strutturali e di espressione genica, preceduta da attivazione di fattori trascrizionali preesistenti come
NF-kB e STAT3; a 30 ore si ha la prima mitosi. La rigenerazione interessa in successione gli
epatociti periportali, mediolobulari e centrolobulari; le cellule dell‘epitalio biliare, le cellule di
Kupffer e quelle endoteliali si replicano più tardivamente: la ricostituzione della massa epatica
avviene in 10 giorni.
I fattori coinvolti nella regolazione del processo sono molteplici:
 citochine come IL-1, IL-6 (essenziale per una normale rigenerazione) e TNF-α;
 fattori di crescita :
EGF(prodotto dai macrofagi e dalle piastrine)
paracrini;transizione da G0 a G1
HGF (epatopoietina A o scatter factor)(cellule di Ito)
TGF-α
autocrini; per la transizione da G1 a S
a -FGF
EGF, TGF-α hanno lo stesso recettore e regolazione eterologa (l‘espressione dell‘uno riduce
quella dell‘altro)Il recettore di HGF ha attività tirosin-chinasica ed è codificato dal
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


protooncogene c-met (attivo in diversi tumori umani). Il rapido aumento di HGF nel sangue
è ritenuto la principale causa di sintesi di DNA negli epatociti: genera una risposta mitogena
completa in assenza di ogni altra citochina
Ormoni anche detti comitogeni sononoradrenalina, vasopressina, angiotensina III,
glucagone ed estrogeni.(agiscono anche nel cuore)
L‘adrenalina regola il rilascio di EGF dalle ghiandole di Brunner, potenzia il suo effetto e
quello di HGF, mentre riduce l‘effetto mitoinibitorio di TGF-β.Il glucagone, che aumenta
nella vena porta parallelamente alla diminuzione di insulina, ha effetto permissivo sulla
rigenerazione (previene ipoglicemia e mantiene il bilancio del glucosio). Caratteristica degli
epatociti è infatti quella di proliferare e contemporaneamente svolgere tutte le funzioni
essenziali per mantenere l‘omeostasi metabolica: non si osservano segni di insufficienza
epatica.
presenza della ECM e di recettori per citochine e fattori di crescita.
Fattori inibitori:
-TGF-β, prodotto nelle cellule di Ito, che controlla l‘azione di TGFα,EGF e HGF;favorisce
inoltre l‘adesione cellulare all‘ECM, aumenta la sintesi di certi componenti dell‘ECM e dei
loro recettori cellulari: è responsabile dunque del blocco della proliferazione cellulare.
IL-6 ha un ruolo importante come regolatore negativo del segnale citochinico ed è uno degli
inibitori del processo rigenerativo del fegato: aumenta l‘espressione di SOCS3 inibendo così
la fosforilazione di STAT3 (uno dei primi fattori trascrizionali coinvolti nel processo
proliferativo) ; IL-6 blocca inoltre il segnale che parte da HGF, inducendo PAI (inibitori
dell‘attivatore del plasminogeno) che impedisce la processazione di pro-HGF.
La rigenerazione epatica è un esempio di integrazione ricostruttiva in quanto la proliferazione delle
cellule parenchimali è associata alla neoformazione connettivale con conservazione del rapporto
parenchima/stroma: l‘ECM funziona da antagonista della fase solida. Il ripristino della
microarchitettura è uno degli aspetti chiave che distingue la rigenerazione epatica dalla cirrosi: una
forma di fibrosi con limitata rigenerazione dopo danno cronico.
La rigenerazione epatica dopo stimoli necrotizzanti (CCl4, epatite fulminante) ha aspetti diversi in
quanto riguarda le ―cellule ovali‖ non parenchimali che sono cellule staminali facoltative localizzate
a livello dei dotti biliari e caratterizzate da alcuni markers degli epatociti (α1-antitripsina) e delle
cellule dei dotti (antigene carcinoembrionale).Le cellule ovali sono capaci di generare epatociti
maturi e cellule dei dotti biliari; la differenziazione in epatociti si osserva dopo esposizione del
fegato a stimoli tossici, agenti cancerogeni, dopo necrosi massiva o in ogni altra situazione in cui la
proliferazione degli epatociti è impedita o rallentata da un danno. In tutti questi casi non si formano
nuovi lobuli epatici, ma sono riparate le zone centrolobulari.
La rigenerazione epatica comporta una parziale e reversibile riprogrammazione dell‘espressione
genica: dapprima aumenta l‘espressione di geni di risposta precoce immediata (c-fos, c-jun e c-myc:
codificano per subunità di fattori trascrizionali), quindi aumenta l‘espressione dei geni di risposta
precoce ritardata (Bcl-xl, gene antiapoptotico con funzione antiossidante e preventiva dei danni da
ROS). In questa seconda fase sono attivi anche geni per proteine che regolano maturazione
dell‘RNA, cicline, chinasi dipendenti dalle cicline e ornitina decarbossilasi: enzima chiave della
biosintesi delle poliammine. Quest‘ultime regolano le sintesi macromolecolari e l‘espressione di
geni, compreso quello che codifica per la ciclina D1: marker più attendibile per la progressione nel
ciclo cellulare. Gli epatociti che esprimono il complesso ciclina D1/CDK4 hanno passato il punto di
restrizione G1 e sono già nella fase di transizione G1/S: questi epatociti sono ormai committed e
sono destinati a replicarsi. Tabella 12.1 pag 366
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Dal segnale alla risposta
I meccanismi di trasduzione del segnale, che avviano la risposta ipertrofica, rigenerativa o
iperplastica, dipendono dalla natura dello stimolo e dal tipo di tessuto sul quale agisce.
Nel muscolo cardiaco un sovraccarico pressorio stimola i meccanotrasduttori per stiramento delle
fibre cardiache, attivando un gene di risposta precoce immediata, c-fos, che può avviare un processo
di riprogrammazione genica. Due vie di trasduzione importanti nel mediare l‘ipertrofia
compensatoria sono rappresentate dall‘attivazione del recettore Fase dal rilascio di cardiotropina 1
che attiva il recettore gp130/LIF. La risposta ipertrofica di entrambi i recettori passa attraverso la
via delle GTPasi: si ha un aumento intracellulare di Ca2+ e del suo sensore calmodulina, come pure
di alcune MAP chinasi,Enzimi Ca2+/calmodulina dipendenti, come CAM-chinasi e calcineurina
(fosfatasi) hanno importanza nell‘attivazione di fattori trascrizionalicome GATA4, NF-AT e MEF2.
NF-AT, attivato per defosforilazione della calcineurina, permette a GATA4di transattivaregeni che
codificano per il fattore natriuretico atriale, per le catene pesanti di miosina α e β e per la troponina
cardiaca I. Nel cuore ipertrofico si verifica una variazione della popolazione delle proteine
contrattili che si esprimono nelle forme isoenzimatiche embrionali e fetali (decremento della
velocità di contrazione delle fibre ipertrofiche). La glicogeno sintetasi chinasi 3β (GSK-3β) è
particolarmente importante in quanto attiva una via inibitoria; agisce a livello della trascrizione
(bloccando l‘attivazione dell‘Heat Shock factor), a livello della traduzione (inattivando NF-AT e
GATA4 e inibendo il legame di c-jun al DNA), a livello dell‘organizzazione del citoscheletro(
favorendo l‘ubiquitinazione e la successiva degradazione delle proteine c-Myc e ciclina D1). GSK3β può inattivare anche il fattore di inizio della sintesi proteica eiF2.
Nella rigenerazione epatica l‘espressione di geni di risposta precoce immediata viene indotta da
fattori trascrizionali preeesitenti nelle cellule epatiche, ma in forma inattiva, come NF-kB e STAT3.
Il primo viene attivato per rimozione di un inibitore, che viene fosforilato e degradato nel
poteasoma. Il secondo viene attivato dalla tirosin-chinasi intracellulare JAK, a sua volta attivata da
IL-6 e TNF-α.La vitalità degli epatociti, nonostante il coinvolgimento di due citochine
proinfiammatorie, dipende dal NO. Altri 2 fattori trascrizionali importanti per la rigenerazione
epatica sono AP-1 e CREB che vengonoattivati da HGF. TNF-α e HGF attivano anche un‘altra via
di trasduzione del segnale, che passa attraverso i ROS: in basse concentrazioni e per brevi periodi
potrebbero stimolare la proliferazione cellulare.
L‘iperplasia diretta è causata da agenti mitogeni come i proliferatori dei perossisomi (PP), il cui
effetto biologico è mantenuto dal recettore di tipo α (PPARα), appartenente alla famiglia dei
recettori nucleari solubili. Anche gli acidi grassi e i derivati si legano a PPARα, che eterodimerizza
con RXRα (recettore nucleare a cui si lega l‘acido 9-cis retinoico). Dopo cambiamenti
conformazionali che portano al reclutamento di coregolatori trascrizionali, il complesso recettoriale
modula l‘espressione genica dei protooncogeni c-myc, c-jun e c-fos e quindi della ciclina D1 e
indirettamente l‘attività di varie chinasi come PKC e chinasi dipendenti dalle cicline (CKD). Questi
mitogeni controllano la progressione del ciclo cellulare e la proliferazione degli epatociti.
Regressione dell’ipertrofia
L‘ipertrofia una volta raggiunta, non è una condizione irreversibile e viene mantenuta solo finché le
richieste di maggior lavoro persistono; non appena queste cessano, le cellule iniziano il processo
della regressione allo stato stazionario di base. Il segnale per la regressione è dunque
essenzialmente negativo. Il rapporto RNA/DNA torna a livelli normali nel giro di poche ore, seguito
da una rapida normalizzazione complessiva dell‘organo sia biochimica sia ultrastrutturale. Nel
corso della regressione aumentano numero e volume di vacuoli autofagici, in un processo di
ipercatabolismo selettivo; non è invece definita quantitativamente la riduzione delle sintesi.
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Nel caso di iperplasia diretta,la diminuzione della massa epatica al cessare dello stimolo dipende
dai processi apoptotici. La denervazione aumenta il catabolismo proteico più nel muscolo
ipertrofico che in quello normale, a indicare che le proteine delle cellule ipertrofiche sono più
―labili‖ e più suscettibili alla proteolisi. Nel caso del miocardio, invece, è improbabile che la
regressione riporti il tessuto alle condizioni che precedevano l‘insorgere dell‘ipertrofia: oltre al
tessuto contrattile specifico, è aumentato anche il connettivo che non va incontro ad un apprezzabile
grado di involuzione.
Nell‘epidermide e nel midollo osseo il ritorno alla normalità avviene per progressivo rallentamento
della replicazione cellulare nel compartimento rigenerativo; le cellule in via di differenziazione
proseguono il loro cammino fino a cellule terminali mature, a cui farà seguito la fisiologica
distruzione.
Ipotrofia
ipotrofia (il termine atrofia è improprio) è uno stato di riduzione di volume di un organo o di un
tessuto determinato dalla diminuzione del volume o del numero delle cellule che lo
compongono.Esistonoipotrofie degenerative nelle quali oltre alla diminuzione del volume cellulare,
si verifica l‘accumulo di sostanze normalmente non rappresentate in quella misura
ipoplasias‘intende invece l‘arresto di crescita avvenuto durante lo sviluppo (embrionale o postnatale): il volume normale dell‘organo non è mai stato raggiunto.
Aplasia o agenesia è il grado estremo dell‘ipoplasia: in essa l‘organo è addirittura assente poiché
non si è mai formato.
Involuzioni Esistono poi ipotrofie fisiologiche dovute al continuo rimodellamento degli abbozzi
degli organi in fasi di sviluppo: regressione dei dotti di Müller nel maschio e di quelli di Wolff nella
femmina, degli archi aortici, dell‘appendice ileo-cecale(prenatali) ,del timo dell‘utero dopo la
menopausa,involuzioni senili(dopo la nascita). A queste si aggiungono le regressioni in rapporto
con i processi di invecchiamento (involuzioni senili).
Atresia:imperforazione congenita
Anche nel caso dell‘ipotrofia, come nella regressione, il segnale è negativo ed è rappresentato da:
 diminuzione del carico funzionale o disuso (ipotrofia da ipofunzione);
 inadeguata nutrizione (ipotrofie da inanizione :generale=iponutrizione o locale=ischemia );
 compressione
locale(ipotrofie
da
inazione
per
motivi
extravascolari
come
tumori,infiammazioni,essudati,corpi estranei);
 occlusione dei dotti escretori di una ghiandola;
 denervazione;
 invecchiamento(atrofia senile)
 deficit di ormoni a funzione trofica
Nella realtà le cause sopracitate presentano spesso ampie interazioni. L‘ipotrofia si realizza con due
modalità: riduzione del numero delle cellule per rallentamento della moltiplicazione o per apoptosi
(atrofia numerica nelle cellule labili); riduzione delle dimensioni cellulari (atrofia volumetrica o
vera nelle cellule stabili). Gli effettori ultimi dell‘apoptosi sono proteasi della famiglia delle caspasi.
Anche il secondo meccanismo coinvolge un‘aumentata degradazione proteica: si ha una via
lisosomiale (per proteine delle membrane cellulari ed extracellulari) e una via che coinvolge il
sistema multienzimatico del proteasoma (per proteine citoplasmatiche degradate previo legame con
l‘ubiquitina). Il meccanismo attuato nel proteasoma comporta la scissione delle proteine in peptidi
molto piccoli, rapidamente convertiti ad amminoacidi nel citosol (evita l‘accumulo). I livelli di
RNA messaggero dell‘ubiquitina e di diverse subunità del proteasoma aumentano, mentre il
contenuto totale dell‘RNA diminuisce.
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L‘ipoplasia volumetrica invece avviene attraverso meccanismi di autofagia(processo di
autodegradazione
lisosoma
mediato)abbiamo
3
tipi
diversi:microautofagia,macroautofagia,autofagia chaperone-mediata(richiede il riconoscimento di
proteine lisosomiali tra le quali Hsp70 e Hsp76.
L‘autofagia e‘ un meccanismo di adattamento che pero‘ puo‘ diventare anche un processo di morte
cellulare anche se non e‘ molto chiaro il meccanismo.
Il meccanismo dell‘autofagia prevede le seguenti tappe:
-attivazione di P3K di classe I attraverso il legame insuluna –R;attivazione di P3K di classe III( hVPS34)→produzione di PIP3(inibita da 3-Methyladenine;promossa da aminoacidi)
-attivazione di Akt\PK3 →attivazione di mTor→produzione di Atg.
-formazione di un complesso tra h-VPS34,Atg14,Atg6 necessario per la localizzazione di Atg5 e
Atg12 i quali si legano alla pre-autofagosoma membrana
-clivaggio di Atg8 e traslocazione della fosfatidiletanolammina nella membrana dell‘autofagosoma
-grazie alla presenza di Rabsl‘autofagosoma si fonde con gli endosomi acquisendo LAMP1&2,catepsine e acidi fosfati,accessibilita‘ai DAMP
Le ipotrofie da ipofunzione possono verificarsi in: individui abituati a condurre vita attiva quando
passano ad abitudini sedentarie; soggetti costretti a letto per molto tempo; individui con arti
ingessati. Un‘altra classica ipotrofia da ipofunzione è quella che si produce nel muscolo dopo taglio
del tendine (tenotomia) o del nervo motore (ipotrofia da denervazione) o anche quella che si
verifica a carico del midollo emopoietico in soggetti sottoposti a ripetute trasfusioni. Un tipo
particolare di ipotrofie da ipofunzione è rappresentato da organi controllati da secrezioni interne:
l‘estirpazione dell‘ipofisi determina ipotrofia della tiroide e delle surrenali.
Il tessuto che va incontro ad ipotrofia da inanizione più rapidamente è quello adiposo: la parte
periferica della goccia di grasso viene progressivamente usurata, finché si risolve in minute
goccioline. Alla fine gli adipociti sprovvisti di grasso assumono un aspetto simile a quello degli
istiociti. Il pannicolo adiposo diminuisce di spessore fino a scomparire del tutto. Resistono più a
lungo, fino alla morte del soggetto: grasso sottoepicardico, omentale e della capsula di Gerota del
rene. L‘ipotrofia da inanizione assume talvolta i caratteri di un‘ipotrofia degenerativa: ipotrofia
gelatinosa, per la presenza nell‘interstizio di abbondante quantità di mucopolisaccaridi acidi della
sostanza fondamentale del connettivo, che tendono a rimpiazzare il grasso scomparso. L‘ipotrofia
da inanizione colpisce anche il tessuto linfatico, con diminuita efficienza dei sistemi difensivi
propria dello stato di denutrizione. Anche le mucose di stomaco e intestino vanno incontro
rapidamente ad ipotrofia da inanizione, contribuendo ad aggravarla e causando disturbi all‘atto della
rialimentazione. Le ipotrofie da inanizione locale sono quelle che dipendono dal diminuito afflusso
di sangue ad un determinato organo, che può dipendere da cause intravascolari o extravascolari; è
necessario che la diminuzione dell‘apporto di sangue non sia brusca né eccessiva o si incorrerebbe
nella necrosi ischemica.
Tra le ipotrofie degenerative, oltre a quella gelatinosa, va ricordata l‘ipotrofia bruna caratterizzata
dall‘accumulo intralisosomale di lipofuscine dal colore bruno (combinazione di lipidi perossidati
con proteine denaturate). Il significato di queste formazioni lisosomali è quello di corpi residui
contenenti materiale che la cellula è incapace di digerire.
Il recupero da uno stato di atrofia avviene con arresto dei fenomeni catabolici e la ripresa della
sintesi delle proteine; può verificarsi solo se l‘ipotrofia non ha superato un certo limite, identificato
come massa citoplasmatica critica.
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Autofagosomi si accumulano nel cervello di soggetti affetti da diverse malattie degenerative(no
significato patogenetico ma tentativodi clearance delle componenti danneggiate).due patologie in
cui vediamo atrofia senile sono la S.di Wemer(mutazione dell‘elicasi) e la S.HutchinsonGilford(mutazione del gene della Lamina A).
L‘autofagia e‘ un portante sistema anche nel cancro dove funge da meccanismo oncosoppressore
(beclina e‘ assente in molti tumori=proteina dell‘autofagia) ma anche favorisce la sopravvivenza in
condizioni di stress.
LE NEOPLASIE (mt-Robbins)
Definizioni:
Neoplasia vuol dire ―nuova crescita‖ e la massa che deriva da questa crescita è detta neoplasma o
tumore (con richiami all‘originale significato di tumefazione); l‘oncologia è lo studio delle
neoplasie; con cancro si indicano in generale i tumori maligni. Una neoplasia è una massa anomala
di tessuto con crescita eccessiva(e autonoma) e scoordinata(organizzazione in modo atipico o
somigliante a tessuti embrionali) rispetto al tessuto normale che persiste anche dopo la cessazione
degli stimoli che l‘hanno provocata(def.di Willis). La massa tumorale si comporta in modo
afinalistico ed autonomo, cresce a spese dell‘ospite competendo con le cellule normali per i
nutrienti.
Terminologia:
Tutti i tumori sono costituiti da un parenchima di cellule neoplastiche proliferanti e da uno stroma
di supporto costituito da connettivo e vasi sanguigni. Lo stroma è indispensabile per il sostegno e
la nutrizione del tumore, può a volte essere abbondante (il tumore è molto duro e viene detto
desmoplasia .forme scirrose sono ancora piuà dure), o a volte essere scarso (il tumore ha
consistenza soffice.forme mucoidi,carnose). È il parenchima però che stabilisce la natura del tumore
e in base al parenchima i tumori vengono classificati:
TUMORI BENIGNI:
I tumori mesenchimali si indicano aggiungendo ―-oma‖ al nome del tipo di cellula da cui il tumore
ha avuto origine es. tumore benigno dei fibroblasti: fibroma; dei condrociti:
condroma;ossa:osteoma.
Per i tumori epiteliali ci sono delle distinzioni:
 Adenoma: indica un tumore epiteliale benigno con aspetti ghiandolari o un tumore derivato
da una ghiandola che può avere o no aspetti ghiandolari. Es. è adenoma un tumore dei tubuli
renali che forma delle ghiandole, ma anche un tumore di una surrenale dall‘aspetto
indifferenziato.
 Papilloma: neoplasia benigna epiteliale con proiezioni digitiformi o verrucoidi
macroscopiche e microscopiche.
 Cistoadenoma: grossa massa cistica (frequente nell‘ovaio).Può essere papillifero se ha
formazioni papillifere negli spazi cistici(cistoadenoma papillare).
 Polipo: formazione benigna che forma un‘escrescenza sulla mucosa del lume di organi quali
stomaco o colon. La controparte maligna è detta cancro polipoide.si divide in sessile o
peduncolato.
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Con amartoma si intende un differenziamentoaberrante che causa lo sviluppo di una massa
benigna di cellule specializzate e disorganizzate ma mature: ad es. un amartoma polmonare contiene
vasi sanguigni, tessuto linfatico, cartilagineo e bronchiale. Spesso gli amartomi sono di natura
puramente cartilaginea o angiomatosa.
TUMORI MALIGNI:
 I tumori maligni dei tessuti mesenchimali sono detti sarcomi, hanno poco stroma e
consistenza carnosa. Esempi: fibrosarcoma, liposarcoma, leiomiosarcoma (cancro del
muscolo liscio), rabdomiosarcoma (cancro del muscolo striato) condrosarcoma,
osteosarcoma.
 I tumori maligni dei tessuti epiteliali sono detti carcinomi.A loro volta i carcinomi si
distinguono in adenocarcinomi se hanno aspetto ghiandolare,carcinomi a cellule
squamose se derivano da epiteli stratificati e carcinoma polipoidese forma masse estruse
nella mucosa. Solitamente è indicato anche l‘organo di origine es. adenocarcinoma a cellule
renali, carcinoma squamocellulare broncogeno. È frequente però il caso che il tumore
maligno sia indifferenziato.
 I tumori misti o adenomi pleomorfi sono tumori che, pur derivando da un‘unica cellula,
presentano componenti di diverso tipo, ad es. diverse componenti epiteliali con isole di
tessuto osseo o cartilagineo. Frequenti sono i tumori misti delle ghiandole salivari derivanti
da cellule epiteliali o mioepiteliali.
 I teratomi sono tumori derivanti da cellule totipotenti, colpiscono soprattutto le gonadi e
possono dare origine a strutture appartenenti a tutti e tre i foglietti embrionali: vi si ritrovano
all‘interno cute, muscolo, grasso, denti, epitelio intestinale, peli etc. Comune è il teratoma
cistico dell‘ovaio o cisti dermoide.
 Abbiamo poi alcune variazioni e difficoltà nella classificazione:
-mesoteliomi ambigui(neoplasia del mesotelio ossia delle cellule che rivestono le cavita
sierose.costituito da cellule fusate e simil epiteliale),epiteliomi(tumore maligno epiteliale
che interessa anche organi ghiandolari),neoplasie delle membrane sinoviali.
-tumori molto indifferenziati si riconoscono attraverso varie tecniche:
o Presenza di giunzioni serrate:epitelio
o Desmosomi:Cr.squamocellulari,timomi,sarcomi delle sinovie
o Melanosomi:pigmentate
o Piccoli lumi intercell.,microvilli e granuli:Cr.ghiandolare
o Granuli neurosecr.:Cr.da cellule APUD
o Granuli di langherans:istiocitosi X
-metaplasia tumorale:aree di differenziamento che possono condizionare la diagnosi
-origine incerta di un tessuto:ad esempio dal melanocita abbiamo la formazione di un
sarcoma melanotico o un nevocarcinoma.
-origine da tessuti altamente specializzati che hanno definizioni specifiche:linfomi,
leucemie, gliomi,feocromocitomi.
-origine da tessuti embrionali:da cellule polipotenti o da cellule gia definite.hanno alti gradi
di somiglianza con aspetti istologici simili.Tra questi ricordiamo anche quelli di origine
placentare(annesso embriologico)ossia la mola idatiforme e il coriocarcinoma.
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Nella classificazione dei tumori vi sono però dei termini impropri ma di uso molto comune, ad
esempio melanoma che, malgrado il nome, indica un carcinoma dei melanociti. A volte, inoltre,
si dà un nome che richiama un tumore ad una situazione non propriamente neoplastica: ad es.
con choristomasi indica un residuo ectopico di tessuto normale, come un focolaio di cellule
surrenaliche situate sotto la capsula renale o un nodulo di tessuto pancreatico presente nella
mucosa intestinale. La terminologia, comunque, è in generale molto importante per distinguere
isotipi tumorali con implicazioni cliniche diverse, come ad es. il seminoma e il carcinoma
embrionale, entrambi cancri del testicolo, ma il primo è radiosensibile e ha bassa mortalità, il
secondo no.
I tumori possono essere anche classificati in base al comportamento:
 tumore intermedio:-localmente invasivo(adamantioma,basalioma)
-a comportamento variabile(metastasi di accrescimento in tumori
polimorfi salivari o cancroidi…)
 cancro latente:infiltrante senza metastasi
 cancro in situ
 cancro dormiente(metastasi tardive)
possono esser classificati in base all‘eziologia:
funzionale:gastrinomi,insulinomi,glucagonoma
regressiva sporadica:rara a seguito di minima terapia
Neoplasia
-insorgenza apperentemente spontanea
-stimoli abnormi e genotossici
-procede indip.dallo stimolo
Ha un iter biologico:
-forme benigne:crescita e arresto
-forme maligne:crescita,invasione(locale
mediastatica)
Iperplasia
-risposta ad uno stimolo
-stimoli fisiologici e patologici(irritanti
chimici,ormoni,richieste funzionali)
-Proporzionale allo stimolo
Puo‘ regredire
e
CARATTERISTICHE DELLE NEOPLASIE BENIGNE E MALIGNE
Distinguere un tumore come maligno o benigno permette di prevederne il decorso. La
distinzione tra tumore benigno e maligno è fatta in genere su base morfologica, ma in alcuni
casi con questo solo criterio la classificazione è molto difficile. In generale le differenze
traneoplasia benigna e maligna riguardano il differenziamento, la velocità di accrescimento,
l‘invasività locale e le metastasi.
Differenziamento e anaplasia
Il differenziamento è il grado di somiglianza tra le cellule parenchimali neoplastiche e le
rispettive cellule normali dal punto di vista morfologico e funzionale. I tumori benigni sono ben
differenziati, le cellule tumorali sono quasi indistinguibili dalle normali e si possono riconoscere
come neoplastiche solo perché si ammassano tra loro formando noduli (―talvolta si può essere
così vicini a un albero da perdere di vista la foresta‖). I tumori maligni invece variano da forme
differenziate a forme indifferenziate dette anaplasie. Le cellule malignederivano dalle cellule
staminali presenti nel tessuto: esse possono pertanto maturare e dare forme differenziate con
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cellule morfologicamente quasi normali, forme intermedie moderatamente differenziate e forme
indifferenziate.
Le cellule anaplastiche hanno varie forme e dimensioni (pleomorfismo); i nuclei sono di forma
variabile, esageratamente grandi e ipercromici, scuri per eccesso di DNA; il rapporto nucleocitoplasma tende all‘1:1. I tumori indifferenziati hanno un elevato numero di mitosi e spesso si
riscontrano figure bizzarre come fusi tripolari o multipolari. Nelle anaplasie si formano inoltre
cellule tumorali giganti (da non confondere con le cellule giganti infiammatorie) che possono
avere più nuclei o un solo nucleo enorme. Le cellule anaplastiche inoltre perdono la loro polarità
e si accrescono in modo disorganizzato. Lo stroma vascolare è scarso e sono perciò frequenti
fenomeni necrotici.Nei casi di anaplasia molto vasta abbiamo una classificazione a seconda
dell‘aspetto morfologico posto che quella istologica è inrealizzabile:cancro anaplastico a cellule
rotonde,Cr.anap. a cellule poligonali,Cr.a piccole cellule (microcitoma), Cr. a cellule giganti.
La displasia è una proliferazione disordinata, si riscontra negli epiteli ed è caratterizzata dalla
perdita di uniformità nell‘aspetto delle cellule e nel loro orientamento nell‘architettura del
tessuto. Le cellule displastiche sono pleomorfe con nuclei voluminosi e ipercromici, le figure
mitotiche sono numerose e normalima avvengono anche negli strati superficiali, a differenza di
un epitelio normale in cui le mitosi avvengono solo nello strato basale. Il tessuto è
disorganizzato: ad es. cellule alte basali si trovano anche negli strati superficiali dove
dovrebbero esserci cellule piatte. Se la displasia è marcata e coinvolge l‘intero spessore
dell‘epitelio prende il nome di carcinoma in situ e si considera come neoplasia pre-invasiva.
Una neoplasia è quasi sempre preceduta da una displasia ma una displasia non sempre evolve in
neoplasia: è infatti possibile che, se non si arriva al carcinoma in situ, l‘alterazione è reversibile
e, dopo rimozione del fattore alterante, l‘epitelio torna alla normalità.
Per quanto riguarda il differenziamento funzionale, quanto più una cellula tumorale è
differenziata tanto più conserva le funzioni caratteristiche della sua controparte normale. Ad
esempio carcinomi ben differenziati delle ghiandole endocrine producono gli ormoni tipici della
ghiandola, quelli della cute sintetizzano cheratina e quelli del fegato producono bile. Le cellule
anaplastiche possono invece avere comportamenti imprevedibili ed arrivare a sintetizzare
antigeni fetali o ormoni (secrezione ectopica). Ad esempio carcinomi di origine bronchiale
possono sintetizzare ACTH, insulina etc. In generale tanto più rapida è la crescita di un tumore,
minore è il grado di differenziamento e minore è la probabilità che mantenga le caratteristiche
funzionali normali.
Velocità di accrescimento
La velocità di accrescimento solitamente è correlata col grado di differenziamento: i tumori
benigni in genere crescono lentamente nell‘arco di anni, i tumori maligni crescono rapidamente
e si disseminano nell‘organismo.La velocità di crescita di un tumore benigno dipende da diverse
variabili, tra cui l‘apporto sanguigno o stimolazioni ormonali (ad es. i leiomiomi dell‘utero
sono dipendenti dagli estrogeni: normalmente hanno crescita molto lenta, in gravidanza la
crescita diventa rapida, in menopausa si atrofizzano). I tumori maligni hanno comportamenti
poco prevedibili, possono avere crescita lenta e poi d‘improvviso aumentare di dimensioni quasi
a vista d‘occhio.
Invasione locale
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L‘invasività, dopo le metastasi, è la principale caratteristica che distingue un tumore come
maligno o benigno. I tumori benigni si accrescono come masse coese che si espandono e
rimangono localizzate nel sito d‘origine. Sviluppano infatti una capsula fibrosa derivata dallo
stroma del tessuto e dall‘atrofia del parenchima indotta dalla compressione che li separa dal
tessuto evitando l‘invasione e la metastatizzazione. La capsula permette la palpazione e la
rimozione chirurgica del tumore. Non tutti i tumori benigni hanno però la capsula, ad es. gli
emangiomi, neoplasie composte da un groviglio di vasi sanguigni. I tumori maligni, invece,
infiltrano, invadono e distruggono il tessuto circostante, da cui non sono separate, la rimozione
chirurgica è pertanto difficile.Tumori maligni a crescita lenta possono sviluppare una capsula
ma questa viene frequentemente perforata. I tumori maligni non conoscono limiti anatomici,
potendo penetrate pareti di organi quali colon, utero e addirittura la cute.
Metastasi (da confrontare con la classificazione del Pontieri)
Le metastasi sono impianti tumorali discontinui rispetto al tumore primario. I tumori benigni
non danno metastasi, perciò esse identificano inequivocabilmente un tumore come maligno.
Tutti i cancri possono metastatizzare, ad eccezione dei gliomi (neoplasie maligne del SNC) e dei
carcinomi basocellulari della cute, che sono però altamente invasivi (invasività e
metastatizzazione sono caratteristiche distinte). Circa il 30% dei pazienti con cancro presenta
metastasi già alla prima diagnosi. Più un tumore è aggressivo e cresce rapidamente e maggiore è
la probabilità che metastatizzi, ma il comportamento è molto imprevedibile. La disseminazione
può avvenire con tre diverse vie:
 Impianto diretto in cavità o su superfici del corpo: può verificarsi ogni volta un
cancro penetra uno spazio aperto naturale come la cavità peritoneale, pleurica,
pericardica, subaracnoidea, articolare etc. La disseminazione attraverso il peritoneo è
frequente nei cancri dell‘ovaio (pseudomixoma del peritoneo, a causa dell‘aspetto
gelatinoso delle metastasi peritoneali dovuto alla produzione mucoide dei vari tumori).
 Disseminazione per via linfatica: è la modalità di disseminazione iniziale più
frequente, specialmente nel caso dei carcinomi. La disseminazione ai linfonodi segue le
vie del drenaggio linfatico: ad es. carcinomi della mammella del quadrante superioreesterno metastatizzano ai linfonodi ascellari, mente le cellule di quelli del quadrante
superiore-interno vengono drenati dai linfonodi toracici e successivamente dagli
infraclaveari. I linfonodi costituiscono una barrierache, per un certo periodo di tempo,
ostacola la diffusione del tumore mediante una risposta immunitaria tumore-specifica,
che può però essere scatenata anche solo dal drenaggio di antigeni tumorali o cellule
tumorali distrutte. I linfonodi aumentano in ogni caso di volume (iperplasia reattiva),
perciò un loro ingrossamento non indica necessariamente disseminazione metastatica.
 Disseminazione per via ematica: è tipica dei sarcomi, ma è seguita anche dai carcinomi
dato che sistema circolatorio e linfatico sono intimamente collegati. La disseminazione
per via ematica può avvenire attraverso i capillari e le vene, con difficoltà attraverso le
arterie dato lo spessore della loro parete. Le cellule neoplastiche che invadono le vene
sono trasportate secondo il flusso ematico: gli organi più frequentemente interessati dalla
disseminazione sono pertanto i polmoni (dalle vene cave) e il fegato (dalla vena porta).
Vi sono neoplasie che hanno propensione all‘invasione venosa, come alcuni cancri di
reni e fegato: essi invadono i rami delle vene renali ed epatiche rispettivamente e
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
crescono come serpenti all‘interno delle vene. La crescita intravenosa può non essere
seguita da disseminazione diffusa.
Via canalicolare:trammite dotti escretori o secretori
EPIDEMIOLOGIA
Le cause del cancro vanno cercate a livello cellulare e subcellulare, ma lo studio epidemiologico
contribuisce ad individuare l‘eziologia mettendo la malattia in relazione con determinate condizioni
ambientali, razziali e culturali.
Incidenza del cancro
La probabilità di sviluppare un tumore è espressa dai tassi di incidenza e mortalità specifici per la
nazione in cui si vive. Negli Stati Uniti la probabilità di morire di cancro è uno su cinque, il 23% di
tutte le morti. I tassi di mortalità si modificano con gli anni: negli ultimi 50 anni i tassi di mortalità
per cancro per i maschi sono aumentati, a causa soprattutto del cancro del polmone, mentre per la
femmine sono diminuiti, grazie alla riduzione della mortalità per i cancri di cervice, utero e fegato.
Nel sesso femminile aumentano però le morti per cancro del polmone, per aumento dell‘abitudine al
fumo. Il carcinoma della mammella è molto più frequente rispetto al cancro del polmone ma è più
curabile, così anche il cancro alla cervice, probabilmente a causa dell‘impiego del Pap-test.
Fattori geografici ed ambientali
I tassi d‘incidenza variano anche di molto a seconda dell‘area geografica. Ad es. in Giappone è
molto più frequente il cancro dello stomaco rispetto agli USA, ma negli USA è molto più frequente
il cancro del polmone rispetto al Giappone. Oltre che dai fattori genetici le differenze tra i tassi di
incidenza possono esser date da fattori ambientali quali esposizione ai raggi UV o a composti quali
asbesto, cloruro di vinile e 2-naftilamina sui luoghi di lavoro, ma anche stili di vita ed esposizioni
personali, tra cui le abitudini alimentari. Gli obesi hanno tassi di mortalità per cancro maggiori dei
soggetti in normopeso. L‘alcool provoca carcinomi di faringe, laringe, esofago e fegato, il fumo
quelli di polmone, laringe, esofago e vescica, il cancro della cervice ha trasmissione venerea ed è
correlato col numero di partner sessuali. ―Sembra che qualunque cosa uno faccia per guadagnarsi da
vivere o per divertirsi faccia ingrassare, sia immorale, illegale o, peggio ancora, faccia venire il
cancro‖.
Età
La maggior parte dei carcinomi si manifesta oltre i 55 anni, i tassi di mortalità aumentano tra i 55 e i
74 anni. Ogni fascia di età presenta una predilezione per un particolare tipo di neoplasia, ad es.
leucemie sono molto più comuni negli individui sotto i 15 anni.
Ereditarietà
Molte neoplasie hanno predisposizione ereditaria. Le forme di cancro ereditarie si suddividono in
tre categorie:
 Sindromi neoplastiche ereditarie: comprendono forme di cancro in cui la trasmissione di
un gene mutato aumenta fortemente il rischio di sviluppare la neoplasia. I geni sono
trasmessi secondo modalità autosomica dominante. Esempio tipico è il retinoblastoma dove,
nelle forme familiari, soggetti portatori del gene mutato hanno una probabilità 10000 volte
superiore di sviluppare la malattia rispetto ai non portatori, è inoltre elevato il rischio di
sviluppare un secondo tumore. Soggetti con una mutazione nel gene della
poliposiadenomatosa familiare nascono già con i polipi del colon e hanno quasi il 100% di
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probabilità di sviluppare il carcinoma a 50 anni. Le sindromi neoplastiche ereditarie hanno
caratteristiche specifiche:
o Interessamento di specifici organi o tessuti. Ad es. la MEN (Multiple Endocrine
Neoplasia) interessa tiroide, paratiroidi e surrenali
o Questi tumori hanno marker fenotipici specifici. Ad es. nella MEN sono presenti
numerosi tumori benigni che non vanno incontro a trasformazione maligna
o Hanno penetranza incompleta ed espressività variabile
 Forme di cancro familiari: sono caratterizzate dalla precoce età di insorgenza, dal loro
essere molteplici e bilaterale e dal fatto che colpiscono due o più parenti stretti del soggetti
in esame. Esempi sono i cancri di colon, mammella, ovaio e cervello. La trasmissione non è
chiara, in generale i fratelli dei soggetti affetti hanno un rischio relativo compreso tra 2 e 3.
La predisposizione è dominante ma può essere di tipo multifattoriale
 Sindromi autosomiche recessive da difetti di riparazione del DNA: esempio classico è lo
xeroderma pigmentoso.
Queste categorie comunque rappresentano non più del 10% di tutti i tumori. Le restanti neoplasie
sono dovute a cause ambientali, ma è plausibile che tumori ereditari a bassa penetranza siano
scambiati per tumori sporadici. Inoltre polimorfismi genetici ad esempio di enzimi possono
influenzare le risposte ai cancerogeni e predisporre o meno all‘insorgenza di tumori.
Alterazioni preneoplastiche acquisite
―L‘unico modo assolutamente sicuro per non ammalarsi di tumore è quello di non nascere: vivere
significa infatti correre il rischio‖. Alcune condizioni cliniche predispongono allo sviluppo di una
neoplasia, ad es. proliferazioni rigenerative, iperplastiche o displastiche. Ad es. fegati cirrotici
evolvono quasi sicuramente in epatocarcinomi e c‘è stretta associazione tra displasia bronchiale e
carcinoma broncogeno. Le condizioni precancerose sono condizioni non neoplastiche correlate,
ma non necessariamente, con l‘insorgenza di una neoplasia, ad es. la gastrite cronica. Anche forme
di tumore benigno sono condizioni precancerose (es. un adenoma può diventare adenocarcinoma),
ma la maggior parte delle neoplasie benigne non subisce trasformazione maligna.
LE BASI MOLECOLARI DEL CANCRO
Alla base della cancerogenesi ci sono danni genetici o mutazioni non letali che possono essere
acquisiti per azione di agenti ambientali (sostanze chimiche, radiazioni, virus) oppure essere
ereditate nella linea germinale. Secondo l‘ipotesi genetica, la massa tumorale deriva clonalmente da
una singola cellula prgenitrice che ha subito un danno. I bersagli principali del danno sono costituiti
da tre classi di geni: proto-oncogeni, che promuovono la crescita cellulare, geni oncosoppressori,
che inibiscono la crescita, e geni che regolano l’apoptosi. Anche i geni che regolano i processi di
riparazione del DNA sono coinvolti: essi riparano danni non letali ad altri geni, tra cui protooncogeni, oncosoppressori etc., influenzando direttamente la proliferazione e la morte cellulare.
Deficit di questi geni, solitamente per inattivazione di entrambi gli alleli, predispongono
all‘insorgenza di neoplasie. La cancerogenesi è un processo a tappe successive (progressione del
tumore), in cui si accumulano lesioni genetiche determinando gradualmente il fenotipo tumorale.
ONCOGENI E CANCRO
Gli oncogeni (geni che provocano il cancro) derivano dai proto-oncogeni, geni che promuovono i
normali processi di crescita e differenziamento. Furono scoperti nel genoma di retrovirus
trasformanti acuti: fu notato che questi retrovirus avevano sequenze (dette oncogeni virali o v-onc)
capaci di trasformare le cellule normali; queste sequenze erano quasi identiche a sequenze di DNA
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presenti nel genoma delle cellule normali: si è dedotto che gli oncogeni retrovirali siano stati
catturati dai virus per ricombinazione col DNA di cellule normali infettate. I virus trasformanti lenti
non hanno sequenze oncogene, ma si inseriscono in prossimità di proto-oncogeni, alterandone i
promotori e convertendoli in oncogeni (mutagenesi inserzionale). Mediante esperimenti di
transfezione (trasferimento di DNA da una cellula all‘altra) si è scoperto che anche i tumori non
causati da infezioni retrovirali erano caratterizzati da sequenze oncogeniche. I proto-oncogeni
diventano dunque oncogeni per azione retrovirale o per altri fattori che ne alterano il
comportamento.
Gli oncogeni codificano per oncoproteine, che somigliano alle proteine codificate dai protooncogeni ma che, a differenza loro, sono prive di elementi regolatori e la loro produzione non
dipende da segnali esterni. Normalmente la proliferazione cellulare segue diverse fasi:
 Legame tra un fattore di crescita e il suo specifico recettore
 Attivazione transitoria del recettore che, a sua volta, attiva proteine di trasduzione del
segnale
 Trasmissione del segnale al nucleo mediante secondi messaggeri
 Induzione e attivazione di fattori nucleari che innescano la trascrizione del DNA
 Ingresso della cellula nel ciclo cellulare e divisione cellulare
Le oncoproteine sono versioni alterate degli effettori di queste fasi e in base a ciò si possono
classificare gli oncogeni.
Fattori di crescita
Mutazioni su geni che codificano per fattori di crescita (polipeptidi che inducono proliferazione)
possono generare oncogeni. È il caso del proto-oncogene c-sis, che codifica per la catena β del
PDGF(Platelet Derived Growth Factor), coinvolto in astrocitomi e osteosarcomi; altri esempi sono
oncogeni che producono proteine simili al FGF (Fibroblast Growth Factor), espressi in carcinomi
della mammella, del tratto gastrointestinale o nei melanomi. Può capitare che oncogeni di altre
classi provochino un‘eccessiva espressione di fattori di crescita normali (come nel caso del TGF). I
fattori di crescita danno eccessiva proliferazione stimolando autocrinamente le cellule. La rapida
proliferazione aumenta inoltre il rischio di accumulare mutazioni spontanee.
Recettori per fattori di crescita
Molti oncogeni codificano per recettori per fattori di crescita. I recettori per fattori di crescita sono
proteine transmembrana con una componente esterna che lega il ligando e un dominio
citoplasmatico ad azione tirosin-chinasica. Il legame col ligando normalmente attiva
transitoriamente il recettore che dimerizza e forsorila residui di tirosina dei suoi substrati
innescando la mitosi. Le versioni derivanti da oncogeni si attivano anche senza legame col fattore di
crescita e inviano continui segnali di proliferazione. Questi oncogeni possono essere attivati tramite
mutazioni, riarrangiamenti e iperespressione. Il gene ret codifica un recettore per un fattore
neurotropo espresso su cellule C della tiroide, cellule delle surrenali e paratiroidi; sue mutazioni
puntiformi trasmesse in modo dominante sono associate con la MEN, mentre in alcuni carcinomi
della tiroide ret è riarrangiato formando un gene di fusione: in entrambi i casi il recettore è attivo
pur senza ligando. Alcune leucemie sono causate da mutazioni puntiformi di recettori per il CSF o
da traslocazioni del gene per il recettore del PDGF [t(9;12)] con formazione di geni di fusione.
Una condizione frequente è l‘iperespressione di forme normali di recettori per fattori di crescita,
causata ad es. da un‘amplificazione del gene: è il caso di erb B1, che codifica per il recettore
dell‘EGF, iperespresso nell‘80% dei carcinomi del polmone a cellule squamose; erb B2(detto anche
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c-neu) è coinvolto soprattutto nel cancro della mammella. I tumori con iperespressione di recettori
per fattori di crescita sono molto sensibili anche a piccole quantità di ligando e sono pertanto molto
aggressivi.
Proteine coinvolte nei meccanismi di trasduzione del segnale
Molte oncoproteine mimano l‘azione delle loro controparti nella trasduzione del segnale.
Solitamente si trovano sul versante interno della membrana plasmatica, ricevono segnali
dall‘esterno mediante i recettori e li trasducono a valle. Le proteine più studiate di questa classe
sono quelle della famiglia ras, proteine che legano il GTP. Le proteine ras derivano da oncogeni
virali, sono coinvolte nel 10-20% di tutti i tumori, prevalgono nei carcinomi di colon, pancreas e
tiroide. Ras promuove larisposta proliferativa in risposta a EGF, PDGF e CSF; è localizzata sul
versante citoplasmatico della membrana, a cui è ancorata con un‘ancora farnesilica, e in stato di
quiete lega GDP. Il recettore attivato dal ligando attiva ras che scambia GDP con GTP (la reazione
è mediata da enzimi): in questa forma attivata ras attiva raf dando il via alla cascata delle MAPchinasi.Ras ha attività GTP-asica e idrolizza GTP in GDP tornando nello stato inattivo. L‘idrolisi è
accelerata dal legame con una proteina detta GAP (GTP-ase activating protein), che fa da freno a
ras. Ras mutata perde la sua capacità GTP-asica, pur potendosi legare lo stesso a GAP, e resta
pertanto nello stato attivo trasducendo continuamente segnali mitogeni. Oltre a trasdurre segnali da
fattori di crescita ras ha un ruolo nel ciclo cellulare controllando i livelli di cicline, ma questa sua
funzione è ancora abbastanza oscura. Per cercare di bloccare ras mutato si sta tentando di
sperimentare un inibitore dell‘enzima farnesiltransferasi, essenziale affinché ras sia ancorata alla
membrana e quindi attiva.
Oltre a ras, nella trasduzione del segnale vi sono molecole ad attività tirosin-chinasica non associate
a recettori. Un esempio è il proto-oncogeneabl, una tirosin-chinasi: nella leucemia mieloide cronica
e in alcune leucemie linfoblastiche acuteil gene abl dal cromosoma 9 è traslocato sul cromosoma
22, dove si fonde col gene bcrformando l‘ibrido bcr-abl con attività deregolata. Abl potrebbe
inoltre essere attivato da danni al DNA ed avere un ruolo nell‘apoptosi.
Proteine che regolano la trascrizione nucleare
Le vie di trasduzione hanno il compito di arrivare al nucleo e regolare l‘attività di fattori di
trascrizione coinvolti nella proliferazione cellulare. I fattori di trascrizione hanno sequenze
amminoacidiche capaci di legarsi al DNA ad es. le strutture helix-loop-helix, cerniere di leucina,
dita di zinco e domini omeotici, che permettono loro di attivare o inibire la trascrizione dei geni.
Mutazioni sui geni dei fattori di trascrizione possono dunque essere associati al cancro, ad esempio
gli oncogeni myc, myb, jun, fos.Myc è frequentemente coinvolto nei tumori: appartiene alla
famiglia dei ―geni della crescita a risposta immediata‖, geni rapidamente indotti nelle cellule
quiescenti all‘arrivo di un segnale di replicazione che permettono l‘ingresso in fase S: dopo la
traduzione myc migra nel nucleo interagisce con la proteina max formando un eterodimero che
attiva la trascrizione di geni per la proliferazione come cicline o enzimi per la sintesi proteica
legandosi a sequenze di DNA dette E-boxes. Max può inoltre formare omodimeri inattivi o può
legarsi alla proteina mad formando un dimero che inibisce la trascrizione e regola l‘attività di myc.
Mad può quindi essere considerato un oncosoppressore. Un‘attivazione di myc in assenza di fattori
di crescita manda la cellula in apoptosi. Questa osservazione ha fatto nascere l‘ipotesi del modello
conflittuale, che sostiene che un conflitto tra segnali di ―via‖ (myc) e segnali di ―stop‖ (assenza di
fattori di crescita) innesca l‘apoptosi. Mutazioni del genemyc portano a una iperespressione della
proteina myc, con persistente trascizione di geni critici e possibile trasformazione
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maligna.Traslocazioni di myc si verificano nel linfoma di Burkitt, sue amplificazioni nei cancri di
polmone, colon e mammella.
Cicline e chinasi ciclina-dipendenti
L‘effetto finale degli stimoli proliferativi è l‘entrata nel ciclo cellulare. La progressione del ciclo è
regolata da cicline, chinasi ciclina-dipendenti (CDK) e dai loro inibitori. Mutazioni di questi geni
causano dunque neoplasie. Le CDK fosforilano proteine che permettono la progressione delle fasi
del ciclo, sono espresse costitutivamente in forma inattiva per tutto il ciclo e vengono attivate per
fosforilazione dopo legame con le cicline. Le cicline vengono sintetizzate solo in specifiche fasi del
ciclo, attivano le CDK e vengono rapidamente depresse dai loro inibitori. Nella fase G1 precoce
sono sintetizzate le cicline D che attivano CDK4 e CDK6, in fase G1 tardivala ciclina Eattiva
CDK2. CDK2,4 e 6 fosforilano pRb, liberando E2F che innesca il passaggio dalla fase G1 alla fase
S, un checkpoint estremamente importante, viene infatti qui trascritta la DNA polimerasi. La ciclina
A attiva poi CDK1 e 2 e permette il passaggio dalla fase S alla fase G2; ciclina B/CDK1 il
passaggio fase G2-fase M. Le CDK sono inibite da proteine dette CDKI, tra cui p21, p27 e p57.
Alcune CDKI (p15,16,18,19) sono specifiche per CDK 4 e 6 e sono dette INK4. Le cicline che
sono frequentemente iperespresse nei tumori (soprattutto mammella, esofago, fegato e linfomi)
sono le D, ma anche CDK4 può esser coinvolta in melanomi, sarcomi e glioblastomi.
ATTIVAZIONE DEGLI ONCOGENI
I proto-oncogeni sono convertiti in oncogeni mediante:
 Modifiche nella struttura del gene che provocano la sintesi di una proteina anomala
 Modificazioni nella regolazione dell‘espressione genica che aumentano o riducono la
produzione di proteina, che è però normale
Mutazioni puntiformi
Ras è l‘esempio migliore per l‘attivazione da mutazioni puntiformi: mutazioni sul codone 12
riducono la sua attività GTPasica, rendendolo incapace di inattivarsi. Il 90% dei carcinomi
pancreatici e dei colangiocarcinomi ha mutazioni puntiformi di ras, così come il 50% dei carcinomi
di colon, tiroide e endometrio e il 30% dei carcinomi del polmone e delle leucemie mieloidi.
Solitamente i carcinomi hanno mutazioni su K-ras, mentre le leucemie su N-ras. Il resto dei tumori
ha ras normale e ciò dimostra che sue mutazioni sono importanti per la cancerogenesi ma non
essenziali.
Riarrangiamenti cromosomici
Le forme che possono attivare i proto-oncogeni sono la traslocazione e l‘inversione. La
traslocazione è molto più frequente:
 Nei tumori linfatici iproto-oncogeni vengono posti sotto il controllo dei regolatori dei geni
per la immunoglobuline o per il recettore dei linfociti T.
 Nei tumori emopoietici le traslocazioni formano geni ibridi capacidi promuovere la crescita
cellulare.
Nel linfoma di Burkitt myc viene traslocato vicino al gene per le IgH, venendo a trovarsi sotto il
controllo degli enhancers delle IgH e/o subendo modifiche strutturali: viene così espresso
costitutivamente ad alti livelli. In altri linfomi a cellule B sono coinvolte traslocazioni di cicline che
interessano i geni per le Ig.
Il cromosoma Philadelphia è un esempio di oncogene di fusione. È causa della leucemia mieloide
cronica. Una traslocazione reciproca tra i cromosomi 9 e 22 congiunge i geni bcr e abl, formando il
gene abl-bcr con attività tirosin-chinasica. Altri casi di oncogeni per fusione sono il gene MLL, che
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regola l‘espressione di geni omeotici nei progenitori emopoietici, può subire 25 diverse
traslocazioni e causa la leucemia mieloide-linfoide; e il gene EWS-FL-1, originato dalla fusione del
gene EWS (un fattore di trascrizione) e FL-1, un attivatore di myc, che risulta quindi iperescpresso.
Un altro esempio è PML-RAR(traslocazione 15-18) che determina nella cellula incapacità
maturativa ,transattivazione di alcuni geni e lega l‘acido retinico.
Amplificazione genica
I proto-oncogenipossono venire amplificati in migliaia di copie ed iperesprimere i loro prodotti. I
geni amplificati sono individuabili con ibridazione molecolare con sonde specifiche o mediante
riconoscimento al microscopio di alterazioni gitogenetiche, come le ―particelle duplicate‖ (dms) o
le ―zone uniformemente colorate‖ (HRSs), queste ultime dovute all‘assemblaggio dei geni
amplificati in nuovi cromosomi senza bandeggiatura. Casi frequenti riguardano erb B2 nel
carcinoma della mammella e vari geni myc (N-myc, L-myc, c-myc) in vari tumori. Le
amplificazioni hanno solitamente prognosi sfavorevole.
GENI ONCOSOPPRESSORI
I prodotti degli oncosoppressori regolano la crescita cellulare ponendo dei freni alla proliferazione. I
geni oncosoppressori sono stati scoperti studiando malattie come il retinoblastoma, un tumore in cui
il 60% dei casi sono sporadici e il 40% sono familiari, con predisposizione trasmessa in modo
autosomico dominante. Per spiegare le due forme con cui il tumore si manifesta fu proposta
l‘ipotesi del ―doppio colpo”: nei casi ereditari una prima alterazione genica (primo colpo) viene
ereditata da un genitore ed è quindi presente in tutte le cellule dell‘organismo, la seconda
alterazione (secondo colpo) avviene in una cellula della retina (che ha già la prima mutazione), da
cui poi avrà origine il tumore. Le mutazioni per il retinoblastoma coinvolgono il gene Rb
(cromosoma 13), spesso sono delezioni. Affinchè si abbia il tumore entrambi gli alleli del gene
devono essere inattivati: nei casi familiari, nei bambini portatori già di una mutazione, la seconda
copia viene persa a seguito di una mutazione somatica; nei casi sporadici entrambi gli alleli di un
retinoblasto sono inattivati da mutazioni somatiche. I pazienti con retinoblastoma familiare hanno
anche elevato rischio di sviluppare osteosarcomi e altri sarcomi. Soggetti portatori di un solo allele
di Rb mutato sono comunque perfettamente normali. Il cancro si sviluppa solo quando la cellula
diventa omozigote per l‘allele mutato. Gli oncosoppressori, per questa loro caratteristica, sono detti
geni recessivi del cancro. Dopo Rb furono scoperti numerosi altri geni con un comportamento
simile.
I segnali che inibiscono la crescita originano fuori dalla cellula e esplicano i loro effetti mediante
recettori, trasduttori del segnale e regolatori della trascrizione e del ciclo cellulare.
Nb:nel retinoblastoma e nel tumore renale di willms la reintroduzione del gene wild-tipe reverta la
tumorigenicità cellulare.necessari al mantenimento del fenotipo neoplastico.
Molecole che regolano la trascrizione nucleare ed il ciclo cellulare:
Il gene Rb:
La proteina pRb è una una fosfoproteina nucleare che regola il ciclo cellulare, è espressa in tutte le
cellule e può trovarsi in uno stato defosforilato attivo o in uno stato fosforilato inattivo, allo stato
attivo pRbinibisce il passaggio fase G1-fase S. Le cellule quiescenti presentano pRb allo stato
defosforilato, che lega il fattore di trascrizione E2F sequestrandolo. La stimolazione da parte di
fattori di crescita fa alzare i livelli di cicline D ed E, permettendo la formazione dei complessi
ciclina D/CDK4, ciclina D/CDK6, ciclina E/CDK2,che fosforilano pRb, la quale libera E2F.E2F
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dimerizza con DP-1(dna polimerasi 1) e trascrive geni necessari per passare in fase S. Una recente
ipotesi sostiene che l‘intero complesso pRb-E2F si leghi al DNA e inibisca la trascrizione.
Comunque, assenza o ipofunzionamento di pRb spingono la cellula nel ciclo cellulare. Le mutazioni
di Rb(Rb1=13q14;esistono anche Rb2 e Rb3) sono solitamente localizzate in una regione detta Rbpocket, ovvero la regione della proteina in cui si lega E2F. Pur essendo Rb espresso in tutte le
cellule, sua perdita o mutazione nella linea germinale causano principalmente retinoblastomi (in
minor misura osteosarcomi e altri tumori;soggetti omozigoti per le mutazioni vengono abortiti):
esperimenti in cui venivano deleti entrambi gli alleli di Rb mostrano che un‘eccessiva attivazione di
E2F indotta dalla totale assenza di pRb induce apoptosi cellulare, anche grazie a p53; i retinoblasti
sono un tipo cellulare particolarmente resistente all‘apoptosi, perciò subiscono proliferazione
neoplastica.
Mutazioni a carico di geni che controllano la fosforilazione di Rb mimano l‘effetto della sua
perdita. Ad esempio mutazioni che attivano la ciclina D o CDK4, come amplificazioni o
traslocazioni, provocano continua fosforilazione di pRb, mantenendola sempre inattiva. Anche
mutazioni che inattivano gli inibitori delle CDK spingono la cellula nel ciclo cellulare: una delle più
colpite è p16 (una INK4), le cui mutazioni germinali sono coinvolte nei melanomi, mentre
mutazioni somatiche si osservano in un elevato numero di tumori. La perdita del controllo della
proliferazione è essenziale per la trasformazione neoplastica e nella quasi totalità dei tumori risulta
mutato uno dei regolatori del ciclo: p16, ciclina D, CD4, Rb. La funzione di Rb, comunque, è
alterata anche se è mutato uno degli altri tre geni. Su pRb inoltre convergono altri meccanismi di
regolazione della proliferazione:
 Il TGFβinibisce la proliferazione attivando gli inibitori delle CDK(p27 e p15)
 Le proteine di alcuni virus oncogeni (tra cui il papillomavirus, gli adenovirs, il virus SV40
ed altri) inibiscono pRb legandosi alla sua tasca e impedendole di sequestrare E2F
 P53 inibisce la crescita stimolando la sintesi di p21, un inibitore delle CDK
Il gene P53
P53 è l‘oncosoppressore meglio studiato (assieme a Rb). È localizzato sul cromosoma 17(17p13) e
il suo locus è la seconda sede più frequente di alterazione nei tumori (50% dei tumori).si comporta
in maniera parzialmente dominante poiché funziona in forma omoteramerica. Perdita omozigote
del gene si trova in tutti i tipi di tumori, solitamente sono alterazioni somatiche acquisite, ma
esistono anche mutazioni eterozigoti ereditate in linea germinaleconvertite poi in omozigoti da un
―secondo colpo‖ somatico che disattiva l‘allele funzionante. Questa condizione è detta sindrome di
Li-Fraumeni e aumenta enormemente il rischio di sviluppare tumori multipli in età giovanile. La
proteina p53 funziona come ―guardiano del genoma‖: si trova nel nucleo e in condizioni
fisiologiche ha una emivita di 20 minuti, viene degradato per proteolisi mediata da ubiquitina.
-Quando il DNA è danneggiato da radiazioni ionizzanti o ultraviolette o da mutageni
chimici(esempio chemioterapici e radioterapici), i livelli di p53 aumentano (i meccanismi non sono
ancora chiari), la proteina p53 si attiva(attraverso ATM), si lega al DNA e trascrive alcuni geni che
mediano l‘arresto del ciclo cellulare e l‘apoptosi. L‘arresto del ciclo cellulare è ottenuto dalla
trascrizione principalmente di p21,che inibisce i complessi ciclina/CDK impedendo la
fosforilazione di pRb e l‘avvio della fase S. P53 trascrive inoltre il gene GADD45 (Growth Arrest
and DNA Damage), coinvolto nei processi di riparazione del DNA. Se il danno viene riparato p53
trascrive il gene mdm2,il cui prodotto si lega a p53 e lo inattiva, sbloccando il ciclo cellulare. Se il
danno non può essere riparato p53 trascrive i geni per l‘apoptosi Bax e IGF-BP3. Bax si lega a bcl170
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2 (un inibitore dell‘apoptosi) inattivandolo, IGF-BP3 si lega al recettore per il fattore di crescita
IGFe inibisce la trasmissione del segnale di sopravvivenza.se p53 non funziona allora avremo
proliferazione dovuta all‘assenza dei segnali sopra indicati.
-C‘è anche un altro meccanismo con cui p53 previene la crescita neoplastica: p53 può essere infatti
attivato anche dall‘ipossia. Affinché un tumore possa crescere deve attivarsi l‘angiogenesi. In una
cellula tumorale ipossica si attiva p53, se è funzionante, e la manda in apoptosi. Se p53 è però
mutato le cellule diventano resistenti all‘apoptosi(ricorda che in seguito a chemioterapia e
radioterapia si accumulano mutazioni).
Inoltre l‘assenza di mutazione di P53 in cellule tumorale favorisce la loro morte apoptotica a
seguito di mutazioni del DNA(meccanismo che salta se p53 non funzione)
Le mutazioni più frequenti di p53 colpiscono il domino con cui questa si lega al DNA, impedendo
la trascrizione dei geni bersaglio. Nel caso di perdita omozigote di p53, se il DNA subisce un
danno, questo non viene riparato, la mutazione permane nella cellula che continua a dividersi e
inizia la sua trasformazione maligna.
 mutazioni somatiche o ereditarie p53
 proteine di virus oncogeni (es. papillomavirus) si legano a p53 e la degradano.
 iperespressione di mdm2 a seguito di amplificazione del gene inattiva p53 (mdm2 può
essere considerato un oncogene).
Diversi anni fa è stato scoperto il gene p73,definito il ―fratello maggiore‖ di p53: è infatti
strutturalmente molto simile e ha anche simili effetti e meccanismi d‘azione.
I geni BRCA-1 e BRCA-2
Si trovano rispettivamente sul cromosoma 17 e 13. Sono associati principalmente a neoplasie della
mammella.Mutazioni ereditarie germinali dominante di BRCA-1 predispongono anche al cancro
all‘ovaio, mentre BRCA-2 predispone anche ai cancri di ovaio, prostata, pancreas e laringe. Il 510% dei carcinomi alla mammella sono familiari el‘80 % di essiha BRCA-1 e BRCA-2mutati. A
differenza degli altri oncosoppressori, questi geni non sono associati con neoplasie della mammella
sporadiche. Le proteine BRCA-1 e BRCA-2 si localizzano nel nucleo e :
-attivano processi di riparazione del DNA, in associazione con Rad51.Mutazioni dei BRCA
concorrono a produrre errori nella replicazione del DNA che a loro volta possono causare mutazioni
in altri oncosoppressori o in proto-oncogeni.
-attivare la trascrizione di p21 ,di GADD45(checkpoint enforcement)
-attiva la trascrizione di coupled repair e trascription processing
-attivano segnali di danno del DNA come ATM.
Molecole che regolano la trasduzione del segnale
Alcuni geni oncosoppressori inibiscono i segnali che promuovono al crescita. È il caso ad es. dei
geni NF-1 e APC, le cui mutazioni nella linea germinale sono associate allo sviluppo di neoplasie
benigne che col tempo diventano maligne.
Gli individui con un allele mutato di APC (Adenomatous Polyposis Coli) sviluppano polipi
adenomatosi nel colon durante l‘adolescenza (poliposi adenomatosa familiare, FAP), che col
progredire dell‘età portano a un carcinoma del colon. Per lo sviluppo del tumore bisogna che siano
deleti entrambi gli alleli del gene, per lo sviluppo del carcinoma sono necessarie mutazioni
aggiuntive. APC è mutato anche nell‘80% dei carcinomi del colon non familiari. La proteina APC è
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localizzata nel citoplasma e la sua funzione è di legarsi alla β-catenina( una proteina in grado di
migrare nel nucleo e trascrivere geni per la proliferazione) epromuoverne la degradazione.
Vi sono tumori(5%) in cui APC è normale, ma la β-catenina è iperespressa provocando eccessiva
proliferazione. La β-catenina inoltre si lega alla caderina E, una proteina implicata nell‘adesività
cellulare: mutazionidella β-catenina possono essere responsabili della ridotta adesività delle cellule
neoplastiche.Sindromi associte sono:Gardner,CHRPE,Turcot,APC.
Individui portatori di una mutazione in NF-1, a seguito dell‘inattivazione del secondo allele,
sviluppano la neurofibromatosi di tipo1, una patologia caratterizzata da numerosi neurofibromi
benigni, che successivamente diventano neurofibrosarcomi. NF-1 mutato predispone anche alla
leucemia mieloide acuta. Il gene NF-1 codifica per la proteina neurofibromina, che interagisce con
ras potenziandone l‘attività GTPasica e inattivandola(stessa azione di GAP). Con la perdita di NF-1,
ras resta nello stato attivo inviando continui segnali di proliferazione.
Recettori cellulari di superficie
Alcune molecole espresse sulla superficie cellulare possono regolare la proliferazione, ad es.
recettoriper fattori che inibiscono la crescita o proteine che regolano l‘adesione cellulare. Il
recettore per il TGF-β, dopo il legame col suo ligando, stimola la sintesi di inibitori delle CDK,
impedendo la proliferazione. Mutazioni nel gene per il recettore del TGF-β, o per proteine della sua
via di trasduzione (es. SMAD2 e SMAD4) sono presenti in numerose neoplasie.
Le caderine sono delle glicoproteine mantengono adese tra loro le cellule epiteliali, una loro perdita
consente la disaggregazione delle cellule, favorendo l‘invasione e la metastatizzazione e, dunque, il
fenotipo maligno.L‘ipoespressione di caderina E è stata osservata in molti tipi di neoplasie,
soprattutto tubo digerente e pancreas. La ridotta espressione di caderina E può essere dovuta a una
mutazione nel suo gene o a mutazioni che alterano la funzionalità delle catenine, necessarie alla loro
espressione.
DCC (Deleted in Colon Carcinoma) è un gene frequentemente deleto nei carcinomi del colon a
causa della perdita del braccio lungo del cromosoma 18. Codifica per una proteina espressa sulla
superficie cellulare, con un possibile ruolo nella ricezione di segnali extracellulari e nella
regolazione della crescita. Studi recentiipotizzano però che il suo ruolo sia molto marginale e la
cancerogenesi sia dovuta alla delezione di qualche altro gene sul cromosoma 18.
Altri geni oncosoppressori
 NF-2: sue mutazioni in lenea germinale predispongono alla neurofibromatosi di tipo 2,
caratterizzata da schwannomi bilaterali del nervo acustico. È coinvolto in meningiomi e
ependimomi sporadici. Codifica per la proteina merlin, che si lega all‘actina e CD44
(proteina di membrana che interagisce con la matrice extracellulare), ma il suo ruolo non è
ancora chiaro.
 VHL: mutazioni germinali sono correlate a carcinomi renali, angiomi e feocromocitomi.
Regola l‘allungamento della trascrizione ad opera della RNA polimerasi. Il meccanismo
della cancerogenesi è ignoto.
 PTEN: coinvolto in glioblastomi e carcinomi di prostata, endometrio e mammella. Regola
le interazioni tra cellula e matrice.
 WT-1: è associato allo sviluppo del tumore renale infantile di Wilms (nefroblastoma)
ereditario e sporadico. Inibisce la trascrizione di geni che promuovono la crescita cellulare.
sono possibili alterazioni a livello di 11p13,dello splicing,nei fattori di trascrizione(leucine
zipper o early growth responses).
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
FHIT/FRA3B:delezione
biallelica
che
determina
cancro
sistema
gastrointestinale,mammella,rene,sistema polmonare,cervice.
NB:alcune proteine virali,complessandosi con oncosoprressori ne impediscono la
funzione=oncogeni da onco-DNA.
Abbimo ad esempio per RB E1A(adenovirus)e E7(HPV) per p53 E1B(adenovirus)e E6(HPV).
GENI CHE REGOLANO L‘APOPTOSI
Oltre ai geni che regolano la proliferazione, anche i geni che regolano l‘apoptosi (famiglia bcl)
hanno un importante ruolo nella cancerogenesi. Questi geni si dividono in due gruppi:
gli induttori dell‘apoptosi (bax, bad, bcl-xS, bid)
gli inibitori dell‘apoptosi (bcl-2 e bcl-xL).
Il primo gene coinvolto nell‘apoptosi scoperto è stato bcl-2, un gene antiapoptotico. Fu osservato
che l‘85% dei linfomi follicolari a cellule B presentavano una caratteristica traslocazione in cui il
gene bcl-2 viene giustapposto al gene per le Ig, caratterizzato da attiva trascrizione. L‘aumentata
espressione di bcl-2 impedisce l‘apoptosi dei linfociti B che si accumulano dando la
linfoadenopatia. Poiché il linfoma è dato da assenza di morte e non da eccessiva proliferazione, è
indolente(lento).
Bcl-2 è localizzata sul versante esterno della membrana mitocondriale, del reticolo endoplasmatico
e della membrana nucleare, regola l‘attivazione delle caspasi, enzimi proteolitici responsabili
dell‘apoptosi. L‘apoptosi è il risultato di una cascata di eventi molecolari: la fase critica è
rappresentata da rilascio di citocromo C dal mitocondrio, che attiva l‘enzima proteolitico caspasi 9.
Bax forma un canale sulla membrana mitocondiale che consente al citocromo C di uscire, mentre
bcl-2 inibisce bax. La risposta di una cellula agli stimoli apoptotici dipende dal rapporta tra agonisti
ed antagonisti della morte cellulare: i membri della famiglia bcl dimerizzano in modo competitivo
fra loro, se prevalgono gli omodimeri di bcl-2 la cellula sopravvive, se prevalgono gli omodimeri di
bax la cellula va in apoptosi.
L‘apoptosi è influenzata dai fattori che ne trascrivono i geni. P53 induce la sintesi di bax favorendo
l‘apoptosi. C-myc induce apoptosi quando stimola le cellule a proliferare in assenza di attori di
crescita, forse per attivazione di p53. L‘iperespressione di bcl-2 impedisce però l‘apoptosi indotta
da myc, facendo iniziare in questo modo la proliferazione cellulare.
GENI CHE REGOLANO LA RIPARAZIONE DEL DNA
L‘organismo è costantemente sottoposto ad azioni cancerogene che provocano danni al DNA
(radiazioni, raggi solari, sostanze chimiche, ma anche errori nei fisiologici processi di replicazione).
Non c‘è però un continuo sviluppo di tumori grazie alla capacità che hanno le cellule di ripararne i
danni. Mutazioni di geni che codificano per proteine coinvolte nella riparazione del DNA sono
pertanto correlate con lo sviluppo di neoplasie. L‘HNPCC(Hereditary Nonpolyposis Colon Cancer)
è una condizione causata dall‘insorgenza di carcinomi del colon familiari senza polipi adenomatosi,
causata dall‘alterazione di geni preposti alla riparazione degli appaiamenti scorretti del DNA
(mismatch). I geni che regolano la riparazione del DNA non sono direttamente responsabili dello
sviluppo di neoplasie, ma il loro deficit consente l‘insorgenza di mutazioni in geni critici durante la
normale divisione cellulare. Cellule con queste alterazioni sono definite RER (replication error) e
possono essere identificate dall‘esame delle sequenze di DNA microsatelliti, sequenze ripetute
sparse nel genoma, fisse per tutta la vita e uguali in ogni cellula: contrazioni o espansioni dei
microsatelliti (instabilità dei microsatelliti) indicano alterazioni nella riparazione del mismatch.
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HNPCC può essere causata dall‘alterazione di uno di questi geni: hMSH2, hMLH1, hPMS1 e 2.
Un individuo portatore di mutazione ereditaria subisce il doppio colpo a livello delle cellule
epiteliali del colon (quasi sempre esclusivamente lì), sviluppando una neoplasia prima dei 50 anni,
soprattutto a causa di mutazioni acquisite nei geni per il recettore per il TGF-β o per la proteina bax.
I pazienti con xeroderma pigmentoso hanno elevato rischio di sviluppare neoplasie della cute a
seguito dell‘esposizione ai raggi UV. Ciò è dovuto all‘assenza ereditaria dei sistemi di riparazione
in grado di riparare i legami tra basi puriniche causati dai raggi UV.
Esistono delle sindromi autosomiche recessive caratterizzate da eccessiva sensibilità a radiazioni
ionizzanti (sindrome di Blomm e atassia teleangectasia) o a sostanze che si legano al DNA
(anemia di Fanconi). Queste patologie oltre al cancro manifestano alterazioni dello sviluppo
(sindrome di Bloom), alterazioni neurologiche (atassia teleangectasia) o anemia (anemia di
Fanconi). L‘atassia teleangectasia è caratterizzata da linfomi, immunodeficienza, sensibilità alle
radiazioni ionizzanti e perdita delle cellule di Purkinje del cervelletto. È causata da mutazioni del
gene AT, che normalmente fa da sensore dei danni al DNA causati dalle radiazioni e attiva p53.
L‘assenza di AT permette la proliferazione di cellule con danni da radiazioni, e anche una
radiografia può causare un tumore.
TELOMERI E CANCRO
Dopo un numero definito di divisioni cellulari le cellule vanno in uno stato terminale detto
senescenza, in cui non proliferano più. Ad ogni replicazione si ha l‘accorciamento dei telomeri:
oltre un certo accorciamento le parti terminali dei cromosomi si fondono e la cellula muore. Le
cellule germinali presentano l‘enzima telomerasi, che impedisce l‘accorciamento dei telomeri
permettendo la replicazione indefinita (la telomerasi è normalmente assente nelle altre cellule del
corpo). Nella maggior parte dei tumori si riscontra una riattivazione della telomerasi, che permette
l‘indefinita capacità di replicazione.
BASI MOLECOLARI DELLA CANCEROGENESI MULTIFASICA
I tumori maligni insorgono dopo una sequenza protratta di eventi. Nessun oncogene può trasformare
una cellula da solo, ma serve una cooperazione tra diversi oncogeni, ad es. myc e ras: ras induce la
produzione di fattori di crescita e rende le cellule indipendenti dall‘ancoraggio, myc le rende più
sensibili ai fattori di crescita. Ogni tumore mostra multiple alterazioni genetiche, con attivazione di
diversi oncogeni e perdita di almeno due oncosoppressori. Ogni alterazione è un passaggio della
cancerogenesi a cui corrispondono stadi morfologici definiti: ad es. nell‘epitelio del colon: perdita
APC → iperplasia epiteliale; perdita ras → adenoma; perdita di oncosoppressori → adenoma
intermedio e poi avanzato; perdita p53 → carcinoma. Anche la sequenza temporale con cui
avvengono le mutazioni è importante: ad es. mutazioni di p53 in cellule del colon con APC mutato
provoca cancro, mentre mutazioni di p53 in cellule del colon con APC integro non provoca cancro.
I geni che avviano il processo di cancerogenesi sono detti ―gatekeeper‖ (guardiani). Essi esercitano
un controllo diretto sulla crescita delle neoplasie. Ogni cellula esprime solo pochi gatekeepers,
perciò anche se un gene è mutato in tutte le cellule del corpo, solo uno specifico tessuto svilupperà
cancro (es. APC nel colon). I geni che controllano la stabilità del genoma sono detti ―caretaker”
(che si prendono cura) e sono i geni che controllano la riparazione del DNA es. BRCA-1 e BRCA2. L‘inattivazione di questi geni non genera direttamente una neoplasia ma favorisce l‘insorgere di
mutazioni sui gatekeepers. In un paziente con mutazione germinale di un caretaker, affinché si
sviluppi il cancro deve prima inattivarsi l‘allele normale del caretaker e poi entrambi gli alleli di un
gatekeeper. Pazienti con una mutazione ad un gatekeeper devono solo inattivare l‘altro allele del
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gatekeeper. A livello teorico, tumori con mutazioni dei caretaker dovrebbero rispondere meglio alla
terapia radiante, che provoca danni al DNA.
ALTERAZIONI DEL CARIOTIPO DEI TUMORI
Il danno genetico che provoca il cancro può essere molto piccolo (es. mutazione puntiforme) o
talmente grande da essere rilevato nel cariotipo. Molti tumori, soprattutto leucemie e linfomi
presentano caratteristiche alterazioni del cariotipo quali traslocazioni, delezioni, aspetti citogenetici
dell‘amplificazione genica, acquisizione o perdita di interi cromosomi. Lo studio delle alterazioni
cromosomiche nelle cellule neoplastiche permette di identificare oncogeni e oncosoppressori e,
poiché molte sono specifiche di determinati tumori, permette di fare diagnosi e predire il decorso
clinico.
BIOLOGIA DELLA CRESCITA TUMORALE
Un tumore maligno segue solitamente quattro fasi: trasformazione maligna, crescita delle cellule
trasformate, invasione locale, propagazione di metastasi a distanza. La formazione di una massa
tumorale da una cellula trasformata è un processo complesso, influenzato da fattori propri del
tumore e da risposte evocate nell‘ospite.
CINETICA DI CRESCITA DELLE CELLULE TUMORALI
Una cellula ( 30cicli)= 109 cellule dal peso di un grammo (la più piccola massa rilevabile
clinicamente). Con altre 10 duplicazioni si arriva a 1012 cellule, una massa di un chilogrammo (la
più grande massa compatibile con la vita). Al momento della diagnosi, dunque, il tumore è quasi
alla fine del suo ciclo vitale. La situazione di rapida ed inarrestabile espansione è detta dinamo
patologica, ma è un concetto non del tutto corretto.(IL TUMORE NON è UN DINAMO
PATOLOGICO). L‘alterazione di Rb, p53 e delle cicline nella maggior parte dei tumori permette
alle cellule di entrare con grande facilità nel ciclo cellulare, ma la durata del ciclo cellulare è uguale
a quella delle cellule normali. La percentuale delle cellule di una popolazione tumorale che fa parte
del compartimento proliferativo è detta frazione di crescita.Nella fase iniziale della crescita la
maggior parte delle cellule fa parte del complesso proliferativo, successivamente sempre più cellule
lasciano questo compartimento a causa della diminuzione di substrati nutritivi e si differenzia (fase
G0): in questa fase il tumore diventa evidenziabile clinicamente. La velocità d‘espansione dipende
dal rapporto tra produzione e perdita di cellule: un‘alta frazione di crescita dà un alto rapporto
produzione/perdita e dunque un‘alta velocità di crescita. Le leucemie e i carcinomi a piccole cellule
del polmone hanno solitamente un‘elevata frazione di crescita, la maggior parte dei tumori comuni
ha una bassa frazione di crescita (rapporto produzione/perdita del 10% circa).
La frazione di crescita ha importanti effetti sulla responsività alla chemioterapia: la chemioterapia
colpisce le cellule proliferanti, perciò tumori con elevata frazione di crescita sono più colpiti dal
trattamento rispetto a tumori con bassa frazione di crescita.La riduzione delle dimensioni di una
neoplasia con chirurgia o radioterapia fa entrare nel ciclo cellulare le cellule in G0 rendendole così
responsive alla terapia farmacologica.
In una condizione teorica in cui tutte le cellule di un tumore possono duplicarsi e un ciclo cellulare
dura tre giorni, basterebbero 90 giorni per arrivare da una sola cellula a un tumore clinicamente
apprezzabile. In realtà però il tempo di latenza è sempre più lungo, dell‘ordine di mesi o a volte
anni. La velocità di crescita dipende però da numerosi fattori ed è, pertanto, imprevedibile.
ANGIOGENESI DEI TUMORI
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Il fattore più importante che influenza la crescita tumorale è l‘apporto ematico. Senza
vascolarizzazione un tumore non cresce più di 1 o 2 mm (massima distanza in cui l‘ossigeno riesce
a diffondere dai capillari), poiché l‘ipossia attiva p53 che induce apoptosi. L‘angiogenesi è dunque
un processo fondamentale, non solo perché fornisce apporto ematico, ma anche perché le cellule
endoteliali producono fattori di crescita quali l‘IGF, il PDGF, il GM-CSF. L‘angiogenesi è
importante anche per il processo di metastatizzazione. I fattori angiogenetici possono essere
prodotti dalle cellule tumorali stesse o dalle cellule infiammatorie (es. macrofagi) che infiltrano la
neoplasia. I fattori principali sono il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) e il bFGF (basic
Fibroblast Growth Factor), i cui livelli ematici e urinari possono alzarsi in pazienti con neoplasie.
Le cellule tumorali possono inoltre produrre fattori anti-angiogenetici come la trombospondina-1,
l’angiostatina, l’endostatina e la vasculostatina: la crescita tumorale è così controllata dal
bilancio tra fattori angiogenetici e anti-angiogenetici.
Nelle fasi iniziali della crescita tumorale non si ha angiogenesi: essa inizia dopo un accumulo di
mutazioni che aumentino l‘espressione di fattori angiogenetici e riducano quella degli antiangiogenetici, il che può avvenire anche dopo mesi o anni. Ad es. p53 normalmente induce la
sintesi della trombospondina-1:l‘inattivazione di p53 riduce la sintesi di trombospondina-1 e sposta
il bilancio in favore dei fattori angiogenetici. Si sta attualmente sperimentando una terapia
antitumorale basata sull‘endostatina.
PROGRESSIONE E ETEROGENEITA‘ NEOPLASTICA
Molti tumori, dopo un certo periodo, diventano più aggressivi e maligni, spesso seguendo una serie
ordinata di eventi detta progressione neoplastica. L‘aumento della malignità è dovuto alla
comparsa di sottopopolazioni cellulari fenotipicamente diverse tra loro (ad es. per invasività,
capacità di metastatizzare, velocità di crescita, resistenza ai chemioterapici), il tumore, da clonale
che era, diventa quindi eterogeneo. L‘eterogeneità è dovuta all‘accumulo di mutazioni diverse nelle
varie cellule: le cellule trasformate sono geneticamente instabili (soprattutto se hanno subito
mutazioni dei geni caretaker) e durante l‘espansione accumulano mutazioni spontanee, formando
sotto-cloni soggetti a pressioni selettive immunitarie e non. Ad es. una cellula fortemente antigenica
viene rapidamente eliminata dal sistema immune, una cellula che poco bisogno di fattori di crescita
è selezionata positivamente: un tumore tende perciò ad arricchirsi dei sotto-cloni più capaci di
sopravvivere. La velocità di generazione dei sotto-cloni varia da tumore a tumore.
MECCANISMI DI INVASIONE LOCALE E DI METASTATIZZAZIONE
L‘invasività e la capacità di produrre metastasi sono caratteristiche tipiche dei tumori maligni e
sono la principale causa di morbidità e mortalità dei tumori. Per staccarsi dal tumore primario e
produrre una metastasi, una cellula deve seguire delle fasi, ognuna delle quali è caratterizzata da
diverse variabili e può dunque essere in ogni momento interrotta. Innanzitutto, data l‘eterogeneità
dei tumori, solo alcuni sottocloni esprimono i geni adatti ad espletare tutti i passaggi del processo.
La metastatizzazione è divisa in due principali fasi: invasione della matrice extracellulare e
disseminazione vascolare con impianto delle cellule tumorali.
Invasione della matrice extracellulare
Nei tessuti vi sono due tipi di matrice extracellulare, la membrana basale e il connettivo
interstiziale, organizzate in maniera diversa ma costituite entrambe da collagene, glicoproteine e
proteoglicani.Un carcinoma per raggiungere un vaso sanguigno e metastatizzare deve prima
attaversare questi due tipi di matrice. L‘invasione avviene con i seguenti passaggi:
 Distacco delle cellule tumorali le une dalle altre
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 Attacco alle componenti della matrice
 Degradazione della matrice
 Migrazione
Le cellule tumorali sono attaccate tra loro e con altre cellule del tessuto mediante caderine, adese
al citoscheletroattraverso le catenine. La caderina E è specifica delle cellule epiteliali. Ridotta
espressione della caderine o mutazioni delle catenine riducono l‘adesività delle cellule e
permettono loro di staccarsi dal tumore primitivo. Una volta staccatesi le cellule aderiscono alla
matrice legandosi alla laminina e alla fibronectina: normalmente le cellule epiteliali hanno
recettori per queste molecole solo sul versante basale, mentre le cellule tumorali possono esprimerli
anche su tutta la membrana;la densità di recettori espressi è correlata con la capacità d‘invasione.
Le cellule tumorali esprimono inoltre integrine, con cui possono legarsi alle componenti della
matrice (collagene, vitronectina, laminina etc.).
Dopo l‘adesione alla matrice, le cellule tumorali si creano delle vie di passaggio mediante la
degradazione enzimatica della delle componenti della matrice, effettuata mediante enzimi
proteolitici secreti dalla cellule neoplastiche stesse o da altre cellule (fibroblasti e macrofagi) su
induzione da parte delle cellule neoplastiche. Le proteasi sono di tre tipi: seriniche, cisteiniche e
metalloproteinasi (MMP). Solitamente nei tessuti è presente un equilibrio tra proteasi e
antiproteasi, ma nel caso dell‘invasione neoplastica l‘equilibrio è spostato verso le proteasi. Una
delle proteasi fondamentali è la collagenasi di tipo IV, una MMP espressa ad alti livelli nei
carcinomi invasivi ma a bassi livelli nei carcinomi in situ. Ci sono sperimentazioni per una terapia
basata su inibitori delle collagenasi. Altre proteasi importanti sono la catepsina D (cisteinica) e
l‘attivatore del plasminogeno tipo-urochinasi(serinica), che aggrediscono numerose componenti
della matrice.
La migrazione è la fase successiva: le cellule si muovono nella matrice degradata. La migrazione è
mediata da fattori di motilità e da prodotti della degradazione della matrice. I fattori di motilità
sono:sostanze autocrine, alcuni esempi sonoil fattore di crescita degli epatociti (il cui recettore è
codificato dall‘oncogene met) ,la timosinaβ15 espressa dai tumori della prostata e prodotti
derivanti dalla degradazione di collagene e proteoglicani hanno attività promuovente la crescita e
angiogenetica.
Disseminazione vascolare ed impianto delle cellule tumorali
Una volta raggiunto un vaso, le cellule entrano in circolo. In questa fase le cellule sono
particolarmente vulnerabili all‘attacco da parte del sistema immune, soprattutto da parte delle
cellule NK. In circolo le cellule si aggregano tra loro (adesione omotipica) e con le piastrine
(adesione eterotipica) formando emboli neoplasticiche permettono di aumentare la loro
sopravvivenza. Per uscire poi dal vaso l‘embolo deve prima aderire all‘endotelio mediante
molecole di adesione ed attraversare la membrana basale mediante gli enzimi proteolitici. Tra le
molecole di adesione, una delle più importanti è CD44,molecola che normalmente permette ai
linfociti T di migrare nei tessuti finché non lega acido ialuronico. L‘espressione di CD44 in cellule
tumorali è correlata con la malignità.
Il punto in cui le cellule in circolo escono dai capillari e si insediano dipende solitamente dalla
localizzazione del tumore primario. Ciononostante vi sono tumori che hanno orgsani preferenziali
in cui metastatizzare (ad es. cancro della prostata va all‘osso, carcinoma broncogeno va in surrenali
e cervello). Ciò è dovuto a:
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
Le cellule endoteliali degli organi bersaglio esprimono i recettori per le molecole
d‘adesione espresse dalle cellule tumorali
 Organi bersaglio liberano sostanze chemotattiche che attirano le cellule tumorali
 Il tessuto bersaglio non permette l‘insediamento metastatico producendo proteasi che
impediscono l‘impianto
Genetica molecolare delle metastasi
Non esiste un unico ―gene delle metastasi‖ ma il fenotipo metastatico è dato da un insieme di geni.
Si può però sostenere che vi siano geni ―soppressori delle metastasi‖, la cui espressione riduce la
possibilità di metastatizzare, ad es. i geni per la caderina E o per gli inibitori delle metalloproteine.
Con la tecnica dell‘ibridazione sottrattiva di cDNA tra cellule metastatiche e loro controparte
tumorale non metastatica si sono individuati altri possibili geni soppressori delle metastasi: nm23,
gene la cui mancanza nei carcinomi della mammella è associata a metastatizzazione, ma dal ruolo
incerto; KAI-1, espresso nella prostata normale e perduto nei suoi carcinomi metastatizzanti;
KiSS-1, gene deleto nei melanomi. La funzione di questi geni non è ancora chiara.
AGENTI CANCEROGENI E LORO INTERAZIONI CELLULARI
Gli agenti in grado di provocare danni genetici e indurre trasformazione neoplastica sono di tre
categorie, che spesso agiscono sinergicamente:
 Cancerogeni chimici
 Energia radiante
 Microrganismi oncogeni, soprattutto virus
CANCEROGENESI CHIMICA
Da quando Percival Pott dimostrò la correlazione tra l‘esposizione alla fuliggine e il cancro allo
scroto degli spazzacamini, per numerosissime sostanze chimiche è stata dimostrata capacità di far
insorgere tumori: queste sono principalmente idrocarburi aromatici policiclici (es. derivati dei
carboni fossili o prodotti di combustione incompleta), ma anche prodotti naturali di piante o
microrganismi e molecole sintetiche di uso industriale.
Fasi della cancerogenesi chimica
La cancerogenesi è un processo multifasico diviso in due momenti fondamentali: iniziazione e
promozione.
 L‘iniziazione deriva dall‘esposizione delle cellule ad una dose appropriata di un
cancerogeno iniziante: il danno che ne deriva è irreversibile, ma l‘iniziazione da sola non
basta a causare un tumore.
 Le sostanze promuoventiinducono tumori in cellule iniziate, anche a distanza di tempo
dall‘iniziazione (il danno dell‘iniziazione è permanente).
 I promuoventi da soli non causano tumori, producono infatti danni irreversibili. Da ciò
deriva che applicare un iniziante dopo l‘applicazione del promuovente non dà tumore.
Inoltre non si ha tumore neanche se, dopo applicazione dell‘iniziante, le applicazioni di
promuovente sono effettuate con abbondanti intervalli di tempo tra un‘applicazione e
l‘altra.
Iniziazione della cancerogenesi
Le sostanze inizianti sono molto diverse tra loro strutturalmente. Si possono dividere in due
categorie: composti ad azione diretta, che agiscono senza subire trasformazioni, e composti ad
azioni indiretta (procancerogeni), che diventano cancerogeni dopo conversione metabolica. Tutti i
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cancerogeni sono composti elettrofili (hanno atomi privi di uno o più elettroni) che reagiscono con
componenti cellulari nucleofile (ricche di elettroni). Le reazioni non sono enzimatiche e portano
alla formazione di addotti covalenti tra il cancerogeno e un nucleotide del DNA. Le reazioni
coinvolgono principalmente il DNA (il danno non è però letale), ma anche RNA e proteine.
Attivazione metabolica delle sostanze cancerogene
I cancerogeni chimici per la maggior parte hanno azione indiretta e diventano cancerogeni
terminali dopo attivazione metabolica. Esistono però anche vie di detossificazione che inattivano i
procancerogeni: il potere cancerogeno di una sostanza è dato, oltre che dalla sua reattività,
dall‘equilibrio tra attivazione e inattivazione. La maggior parte dei cancerogeni è metabolizzata
(attivata) dalle monossigenasi P-450-dipendenti, codificate da geni altamente polimorfici con
un‘attività soggetta ad elevata variabilità individuale: la suscettibilità alla cancerogenesi varia
perciò tra i vari individui. CYP1A1 (prodotto del gene P450) metabolizza gli idrocarburi aromatici
policiclici (es. benzopirene), individui con una forma altamente inducibile , soprattutto fumatori,
hanno un elevato rischio di cancro del polmone. Al contrario, l‘enzima glutatione-S-transferasi
detossifica gli idrocarburi aromatici policiclici: anche questo gene è polimorfico e una sua
delezione è associata con aumentato rischio di cancro. Oltre la genetica, anche fattori come sesso,
etò e nutrizione influiscono con la concentrazione dei cancerogeni.
Idrocarburi
Da 3 a 6 anelli(oltre non hanno potere oncogenici).
aromatici
Formazione
di
coniugi
miller(addotto
con
DNA)
policiclici
Coniugi pullman:ogni cancerogeno ha una regione K(elevata densità elettronica)e una
regione L(bassa densità).teoricamente la regione K ha maggior attività di epossidazione e
C.Indiretto
diolizzazioni ma in realtà queste avvengono in delle regioni dette baia(delimitate da
regioni angolari).
vengono attivate(rese maggiormente idrofile e quindi↑ assorbilibilità) o detossificate da
DMES(frazioni microsomiali) generalmente mediante ossidazione nella regione baia(ma
anche riduzione idrolisi, coniugazione e fotoconversione).da questi processi possono
insorgere radicali liberi che determinano la formazione di ROS.
L‘oncogenità può esser dovuta anche a silenziamento di Dnmt1(fisiolog.metilazione del
DNA→silenziamento geni). Es :
-Naftilamina procancerogeno che viene attivato a livello epatico e det tumori vescica.dallo
studio di questo di ipotizza che anche i cancri vescicali spontani originino da idrossi
derivati del met del triptofano
-diamino-difenil-metano(coloranti)
-2 acetominofluorene(AAF)(insetticida molto potente
Amine
aromatiche
Composti azioci Anelli benzenici con un gruppo aminico tra due atomi di N.
Coniugi di miller.
Le vitamine del gruppo B determinano protezione (+DMES)
es.dimetilbenzene(DAB)
Sostanze
Cesisone di gruppi metilici o etilici che sono nucleofilici e quindi si legano a siti
alchilanti
nucleofilici delle basi azotate.
Carc.diretti
Classe eterogenea:
spontanei:mostarde,epossidi,lattoni
non spontanei:nitrosocomposti,nitrosamine,nitrosamidi,azoalcani,carbamati(per anni usati
come anestetici ma c.polmone,mammella e fegato),etionina
Idrocarburi
Composti di varie applicazioni molto utili ma molto tossici.
alogenati
Clorofenoli(insetticidi)clorobifenili(det
epatomi),cloruro
di
vinile(materie
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C.indiretto
Sostanze
naturali
c.indiretto
Composti org.
Nat. e prod.
batterici
C.indiretto
Composti inorg.
c.diretto
plastiche)tetracloruro di carbonio(epatotossico e carcerogeno)
Cicasina(cancerogena per os a seguito della trasformazione
batterica)salfrolo(cosmetici e alimenti
dalla
Composti eterogenei molto utili:cloramfenicolo,fenacetina,nitrofurani,aminotriazolo
Arsenico(tumori polmonari e cutanei),asbesto,cadmio,cobalto,cromo,nickel,piombo
Bersagli molecolari dei cancerogeni
La maggior parte dei cancerogeni chimici sono agenti mutageni. Il potere mutageno di una sostanza
si misura col test di Ames, che valuta la capacità di una sostanza nell‘indurre mutazioni nel
sbatterio Salmonella typhimurium. Il principale bersaglio dei cancerogeni è il DNA, l‘interazione
tra il cancerogeno e il DNA non è casuale: ogni cancerogeno provoca un certo tipo di danno:
analizzando il danno si può risalire alla causa della mutazione. Nessuna alterazione da sola è però
sufficiente a dare iniziazione poiché molte lesioni vengono riparate: il numero di danni subiti dal
DNA è molto maggiore delle neoplasie che insorgono.
Tutti i geni possono essere bersaglio dei cancerogeni mafrequentemente si hanno mutazioni di ras,
e ogni cancerogeno causa una specifica alterazione della sequenza (come fosse un‘impronta
digitale molecolare). Ad esempio un epatocarcinoma con p53 mutato causato dall‘aflatossina B1
(un prodotto metabolico di alcuni funghi), presenta una trasversione G:C → T:A sul codone 249,
mentre epatocarcinomi con p53 mutato dovuto ad es. a epatite da virus B presenta mutazioni
diverse.
La cellula iniziata
Le alterazioni non riparate sono il primo evento essenziale per l‘iniziazione. Affinché però
l‘iniziazione avvenga,la cellula deve fare almeno un ciclo riproduttivo, in modo che l‘alterazione si
fissi e diventi permanente. Nel fegato molti cancerogeni vengono attivati ma generalmente il
tumore non insorge se l‘epatocita non prolifera nella 72-96 ore successive al legame tra
cancerogeno e DNA.La proliferazione nei tessuti può essere indotta dal cancerogeno stesso (le
cellule proliferano per sostituire quelle per cui il danno è stato letale) o da altri fattori virali,
dietetici, ormonali.
Promozione della cancerogenesi
La cancerogenicità è aumentata dalla somministrazione di promuoventi, che da soli non sono in
grado di provocare neoplasie. I promuoventi svolgono il loro effetto in molti modi, principalmente
inducendo la proliferazione. Ad es. il TPA (un estere del forbolo somigliante al diacilglicerolo)
attiva la PKC, che fosforila proteine coinvolte nella risposta a fattori di crescita. Un singolo danno
non è sufficiente ad una trasformazione: anche se viene mutato ras, senza la successiva azione di un
promuovente che scatena la proliferazione, non si avrà un tumore, al massimo un‘iperplasia. Le
cellule iniziate rispondono in maniera diversa ai promuoventi e si espandono selettivamente.
Queste cellule hanno minor bisogno di fattori di crescita e sono meno sensibili alle inibizioni. La
proliferazione farà accumulare mutazioni responsabili della trasformazione: in generale, dove c‘è
proliferazione patologica (es. rigenerazione epatica) c‘è rischio di sviluppare neoplasie.
Cancerogeni chimici
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flora
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
Agenti alchilanti ad azione diretta: agiscono senza attivazione ma hanno in genere azione
debole. Appartengono a questa categoria molti farmaci (es. ciclofosfamide) usati come
antitumorali o come immunosoppressivi, che agiscono alterando il DNA, per questo
possono indurre linfomi e leucemie.
 Idrocarburi aromatici policiclici: sono i cancerogeni più potenti, richiedono attivazione
metabolica e causano numerosi tipi di tumore a seconda dell‘organo con cui vengono a
contatto. Sono prodotti dalla combustione: sono presenti in fumo di sigaretta, grasso
animale cotto alla brace, carni e pesci affumicati.
 Amine aromatiche e coloranti azoici:sono attivati dal citocromo P-450 e provocano
generalmente epatocarcinomi. Sono presenti in genere nei coloranti industriali, ma sono
anche usati per colorare molti alimenti e rendere il loro aspetto migliore. La betanaftilamina è un‘eccezione e causa cancro alla vescica (viene inattivata dal fegato ma
riattivata dalla vescica)
 Cancerogeni naturali: il principale è l‘aflatossina B1, prodotta dal fungo Aspergillus
flavus che cresce su cereali conservati male. Provoca epatocarcinomi, come anche il virus
dell‘epatite B
 Nitrosamine e amidi:si formanonel tratto gastrointestinale partendo dai conservanti
contenenti nitriti per azione dei batteri. Provocano cancri gastrointestinali.
 Agenti vari: l‘asbesto è associato a carcinomi broncogeni, mesoteliomi e neoplasie
gastrointestinali; il cloruro di vinile è correlato all‘emangiosarcoma del fegato; cromo,
nichel e altri metalli causano tumori del polmone
 Sostanze promuoventi: i principali promuoventi esogeni sono il fumo di sigaretta e le
infezioni virali, che causano danno tissutale ed iperplasia reattiva. Tra i promuoventi
endogeni vi sono ormoni, quali gli estrogeni (l‘eccessiva assunzione di estrogeni è correlata
con tumori epatici e del sistema riproduttivo femminile) e i sali biliari, coinvolti nei tumori
del colon.
CANCEROGENESI DA RADIAZIONI
L‘energia radiante (raggi UV e radiazioni ionizzanti o corpuscolate) può trasformare ogni tipo di
cellula. Solo una piccola percentuale dei tumori deriva dalle radiazioni, ma il loro studio è difficile
poiché tra l‘esposizione e lo sviluppo della neoplasia passano generalmente diversi anni, inoltre
sono possibili effetti sinergici con altri cancerogeni.
Radiazioni ultraviolette
I raggi UV di origine solare causano carcinomi e melanomi della cute. L‘entità del rischio dipende
dal tipo di radiazione, dall‘intensità dell‘esposizione e dalla presenza di melanina nella cute. La
melanina assorbe i raggi solari: i soggetti di carnagione chiara hanno la più alta incidenza di cancri
della cute. La radiazioni solari ultraviolette sono di tre tipi: UVA (320-400 nm), UVB (280-320
nm) UVC (200-280 nm). Gli UVB sono i responsabili delle neoplasie (in vitro i più pericolosi sono
gli UVC, ma vengono filtrati dallo strato di ozono che circonda l‘atmosfera).
La cancerogenicità dei raggi UVB è data dalla loro capacità di indurre la formazione di dimeri di
basi pirimidiniche nel DNA. I danni vengono generalmente riparati dal sistema NER (Nucleotide
Excision Repair), costituito dai prodotti di venti geni e si svolge in varie fasi:
 Riconoscimento della lesione sul DNA
 Taglio del filamento danneggiato da entrambi i lati della lesione
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 Rimozione degli oligonucleotidi
 Sintesi di un oligonucleotide per sostituire i rimossi
 Legame del segmento neosintetizzato al DNA
L‘eccessiva esposizione ai raggi solarirende insufficiente il sistema NER, non tutti i danni vengono
riparati generando errori trascrizionali e trasformazione neoplastica. Mutazioni dei geni del sistema
NER causano xeroderma pigmentoso, una condizione autosomica recessiva caratterizzata
dall‘impossibilità di riparare i danni al DNA che conferisce un elevata fotosensibilità e un elevato
rischio di sviluppare neoplasie cutanee in seguito all‘esposizione al sole. I raggi UVB provocano
mutazioni di oncogeni e oncosoppressori, in particolare di p53 e ras.
Radiazioni ionizzanti
Le radiazioni elettromagnetiche (raggi X e gamma) e corpuscolate (particelle α, β, protoni e
neutroni) sono cancerogene e le prove sono numerosissime: es. i primi sperimentatori dei raggi X si
ammalarono di tumore, i minatori di metalli radioattivi hanno elevata incidenza di cancro, in zone
quali Hiroshima e Nagasaki dopo la bomba atomica e Chernobyl dopo l‘incidente della centrale
nucleare è aumentata enormemente l‘incidenza di tumori, soprattutto leucemie, carcinomi della
tiroide e della mammella.
Vi è quasi una gerarchia dei tessuti nello sviluppo di neoplasie dopo esposizione a radiazioni: le più
frequenti sono le leucemie, seguite dai tumori alla tiroide (solo nei giovani), poi ci sono i carcinomi
di mammella, polmone e ghiandole salivari, mentre cute, ossa e tratto gastrointestinale sono i più
resistenti alle radiazioni. Non bisogna però dimenticare che ogni cellula esposta a radiazioni può
trasformarsi.
CANCEROGENESI VIRALE E DA MICRORGANISMI
Virus oncogeni a DNA
Numerosi virus a DNA causano neoplasie. I principali (di interesse umano) sono il papillomavirus
(HPV), il virus di Epstein-Barr (EBV), il virus dell’epatite B (HBV) e l’Herpes virus del
sarcoma di Kaposi (KSVH). I virus a DNA si associano stabilmente al genoma dellospite. Il virus
integrato non è più i grado di replicarsi. I geni virali trascritti nelle prime fasi del ciclo replicativo
virale sono importanti per la trasformazione e sono espressi nelle cellule trasformate.
Papillomavirus umano: ci sono circa 70 tipi di HPV.Alcuni causano papillomi squamosi benigni
(verruche). I papillomavirus sono coinvolti nella genesi di carcinomi delle regioni ano-genitale a
trasmissione sessuale, si trova DNA di HPV 16 e 18nell‘85% di questi tumori. Nelle verruche il
DNA virale non è integrato col DNA della cellula ospite, nei carcinomi sì, ciò indica che
l‘integrazione è importante per la trasformazione maligna. Il sito di integrazione è casuale, il tipo di
integrazione è clonale (è lo stesso in tutte le cellule della neoplasia; se l‘infezione fosse successiva
alla trasformazione ciò non accadrebbe). Il sito di interruzione del DNA virale durante
l‘integrazione è costante: si trova nel modulo E1/E2, normalmente E2 inibisce i geni E6 e E7 che,
data l‘interruzione, sono iperespressi: sono le cosiddette proteine precoci responsabili della
trasformazione. La proteina E7lega la forma defosforilata di pRb impedendo il legame diE2F, la
proteina E6 si lega a p53 promuovendone la degradazione: questi due oncosoppressori sono
dunque inattivati senza mutazione dei loro geni. I vari tipi di HPV esprimono forme diverse di
proteine con diverse affinità ad es. per p53: più la proteina è affine, più il tipo virale è oncogeno.
Inoltre anche p53 ha diversi alleli e vi sono alleli più affini alle proteine virali e alleli meno affini.
L‘inattivazione di questi oncosoppressori rende le cellule immortali ma non basta per avere una
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neoplasia: servono eventi promuoventi (ad es. mutazione di ras) dati da altri fattori: fumo,
alterazioni endocrine etc.
Virus di Epstein-Barr: l‘EBV è un herpesvirus implicato in 4 neoplasie: linfoma di
Burkitt,linfoma a cellule B dei soggetti immunodepressi,malattia di Hodgkin, carcinomi
nasofaringei. EBV infetta i linfociti B entrando attraverso la molecola CD21. L‘infezione è latente:
il virus non si replica e le cellule non vengono uccise, sono però rese immortali: i geni virali
modificano i normali segnali proliferativi, ad es. mediante la proteina virale LMP-1 che induce
espressione di bcl-2 e inibisce l‘apoptosi; inoltre la proteina virale EBNA-2 attiva la trascrizione
della ciclina D e di chinasi coinvolte nella trasduzione di segnali di proliferazione. Il linfoma di
Burkitt è una neoplasia dei linfociti B frequente nell‘età infantilein Africa fortemente associato
all‘EBV (nel 90% dei casi si trova il genoma virale), anche se in presenza di altri fattori.
L‘infezione da EBV è presente anche nel resto del mondo dove, però causa la mononucleosi
infettiva; inoltre solo nel 15% dei casi di linfoma di Burkitt non in Africa si trova genoma di EBV.
L‘EBV pertanto non è l‘unico fattore responsabile del linfoma di Burkitt, è necessaria l‘azione di
altri fattori (es. malaria) che stimolino la proliferazione dei linfociti B immortalizzati.La
proliferazione fa accumulare mutazioni, tra cui la tipica traslocazione 8,14 di myc sul gene delle Ig
(stimolata che da EBNA-2 che induce riarrangiamento) e mutazioni di ras, che determinano
l‘insorgenza della neoplasia. Se il controllo del sistema immune sulle cellule B infettate viene
meno, come nei pazienti con AIDS o immunosoppressi a causa di un trapianto, si ha sviluppo di
linfomi a cellule B policlonali che esprimono gli antigeni virali e regrediscono dopo cessazione
della terapia immunosoppressiva. Il carcinoma nasofaringeo è l‘altro tumore associato a EBV: il
DNA virale è presente nel 100% dei casi in tutto il mondo. La maggior frequenza del tumore solo
in alcune aree (Cina, Africa, nell‘Artico) fa supporre che siano coinvolti fattori ambientali e
genetici.
Virus dell’epatite B: l‘infezione da HBV è associata ad epatocarcinoma. L‘HBV è endemico in
Estremo Oriente, dove spesso individui con HBV sviluppano questo cancro. L‘integrazione del
DNA virale è clonale. Un danno al fegato con conseguente iperplasia rigenerativa aumenta il
rischio di trasformazione negli epatociti proliferanti che accumulano mutazioni spontanee o indotte
da altri fattori (es. aflatossine): l‘HBV codifica per la proteina HBx, che attiva la trascrizione di
IGF-2 e dei recettori per IGF-1, inoltre lega p53 inibendola. Pur non essendo un virus a DNA,
anche il virus dell‘epatite Ccausa epatocarcinomi provocando danno epatocellulare cronico
associato a rigenerazione con possibilità di accumulare mutazioni.
Virus oncogeni a RNA
Sebbene molte indicazioni sulle basi molecolari del cancro siano state ottenute con studi sui
retrovirus, solo ilvirus della leucemia umana a cellule T di tipo 1 (HTLV-1) è direttamente
responsabile di neoplasie, causa infatti una leucemia-linfoma a cellule T endemica in Giappone.
HTLV-1 ha tropismo per ilCD4: infetta i linfociti T, che possono essere trasmessi per via sessuale,
con allattamento al seno o con trasfusioni. L‘1% degli infetti, dopo 20 anni di latenza, sviluppa la
leucemia. L‘HTLV-1 codifica per la proteina tax, che stimola la trascrizione dell‘mRNA virale, ma
anche di geni dell‘ospite quali fos, sis, geni per IL-2 e per GM-CSF. Tax inoltre impedisce il
legame tra CDK4 e il suo inibitore p16,alterando il ciclo cellulare. L‘infezione da HTLV-1 dunque
stimola proliferazione dei linfociti mediante tax con stimoli autocrini, il GM-CSF frattanto stimola
i macrofagi a produrre IL-1 e altri fattori di crescita per i linfociti T, che inizialmente proliferano
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policlonalmente, poi con la proliferazione subiscono mutazioni: la cellula trasformata darà inizio a
un tumore monoclonale.
Helicobacter pylori
L‘infezione con H. pylori è associata con linfomi gastrici a cellule B (in minor misura con i
carcinomi). La correlazione deriva da studi epidemiologici e dal fatto che il trattamento
dell‘infezione con antibiotici porta a regressione del linfoma. Questi tumori insorgono nel MALT
(Mucosa Associated Lymphoid Tissue) e sono detti MALTomi, ma anche linfomi della zona
marginale, zona in cui risiedono i linfociti B. L‘infezione produce cellule T contro il batterio, le
quali attivano le cellule B con fattori solubili. Si seleziona una popolazione monoclonale di cellule
B che prolifera dipendentemente dalle cellule T (infatti eliminando l‘infezione si elimina il
linfoma). Quando le cellule proliferanti accumulano mutazioni la loro diventano indipendenti dalle
T.
DIFESE DELL‘OSPITE CONTRO I TUMORI: IMMUNITA‘ TUMORALE
Le alterazioni genetiche responsabili della trasformazione neoplastica possono determinare
l‘espressione di antigeni non self riconoscibili dal sistema immunitario. La capacità del sistema
immune di riconoscere cellule tumorali non self e distruggerle è detta immunosorveglianza.
ANTIGENI TUMORALI
Gli antigeni tumorali capaci di indurre una risposa immune possono essere classificati in due
gruppi: antigeni tumore-specifici (TSA), presenti solo sulle cellule tumorali, e antigeni tumoreassociati (TAA), presenti sulle cellule tumorali ma anche sulle cellule normali. Sperimentalmente
l‘antigenicità è valutata in base alla capacità di un animale immunizzato di resistere all‘impianto di
cellule tumorali, alla capacità di resistere all‘impianto di cellule tumorali e di linfociti T ottenuti da
un donatore immunizzato, e alla dimostrazione in vitro della distruzione delle cellule tumorali da
parte dei linfociti T citotossici. Questi esperimenti hanno dimostrato che molti tumori hanno
antigeni unici non espressi da tumori dello stesso tipo istologico. Poiché i linfociti T riconoscono
peptidi antigenici associati ad MHC, i TSA che evocano una risposta sono quelli espressi sulla
superficie di membrana associati ad MHC di classe I.
 Antigeni tumore-specifici. Sono antigeni codificati da geni normalmente silenti nei
tessutiadulti ma espressi da alcune neoplasie. I prototipi di questi antigeni sono i geni
MAGE, le cui proteine si trovano normalmente solo nel testicolo le cui cellule, però, non
esprimono MHC e dunque non esprimono antigeni. Una cellula che esprime MAGE in
superficie è perciò neoplastica: MAGE-1 è tipica dei melanomi ma è espresso anche da altri
tumori(carcinomi della vescica cute,polmone e prostata) . Antigeni simili sono i BAGE e i
GAGE (anche questi fisiologicamente presenti nel testicolo) e i RAGE (espressi dalle
cellule della retina HLA-negative). Non è nota la ragione per cui le cellule tumorali
esprimono questi antigeni. I peptidi derivati da queste proteine sono legati ad HLA-A1 e
possono esser riconosciuti dai linfociti T CD8+. Altri TSA sono le mucine che nei tumori
vengono glicosilate in modo insufficiente e danno luogo a peptidi riconoscibili dai linfociti
T. Nelle cellule normali infatti la glicosilazione maschera la componente proteica della
mucina.
 Antigeni tessuto-specifici. Sono antigeni espressi dalle cellule tumorali e dalle loro
controparti normali, ad es. la tirosinasi, espressa dai melanomi(in numero maggiore) ma
anche dai melanociti normali. Queste proteine generano peptidi espressi con HLA-I e
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possono essere riconosciuti da linfociti T citotossici specifici che possono attaccare anche
cellule normali: nella regressione spontanea del melanoma, infatti, quel tratto di cute resta
depigmentata. I melanociti si trovano anche in occhio e cervello dunque un‘immunizzazione
verso di loro è pericolosa.
 Antigeni prodotti da mutazioni. Sono antigeni derivati da proto-oncogeni e
oncosoppressori mutati, ad es. p53, ras, CD4, bcr-abl(sono proteine citosoliche→possono
esser processate) Sono TSA. Non vi sono attualmente prove che in vivo vi sia una risposta
immune contro questi antigeni.
 Antigeni iperespressi. Sono proteine normali ma espresse in maniera aberrante dalle cellule
tumorali, ad es. erbB2 nei carcinomi di mammella e ovaio: è espressa anche normalmente in
questi organi, ma in quantità non sufficienti per il riconoscimento da parte dei linfociti T.
 Antigeni virali. Derivano da virus oncogeni, es. la proteina E7 del virus HPV-16, nel
carcinoma della cervice, innesca risposta immune, sono uguli per tutti i tumori prodotti da
quel virus permette quindi di produrre vaccini anti tumorali.
 Altri antigeni tumorali. Molti TAA sono proteine self che non evocano risposta immune.
la loro determinazione sierologica è però importante per la diagnosi e per un‘eventuale
terapia. Gli antigeni oncofetali sono normalmente espressi nei tessuti embrionali: possono
essere espressi anche da cellule neoplastiche con deregolazione dell‘espressione genica. I
principali sono l‘α-fetoproteina (AFP;carcinomi colon pancreas stomaco e mammella) e
l’antigene carcinoembionale (CEA;carcinoma epatocellulare,tumori gastrici,pancreatici e
delle cellule germinali). Gli antigeni del differenziamentosono specifice degli stadi di
differenziamento: ad es. CD10 è espresso dai linfociti B precoci e anche dai linfomi a cellule
B. L‘antigene prostatico specifico è espresso nella prostata normale e neoplastica e può
essere un indicatore diagnostico.
MECCANISMI EFFETTORI ANTITUMORALI
 Linfociti T citotossici. Hanno un ruolo protettivo soprattutto contro le neoplasie associate a
virus (es. linfoma di Burkitt da EBV e neoplasie da HPV), sono però presenti come infiltrato
in molti tumori. Una forma di immunoterapia consiste nel prelevarli, coltivarli in vitro e
reinfonderli, mentre le cellule tumorali sono trasfettate con i geni per le citochine che li
attivano
 Cellule natural killer. Possono distruggere le cellule tumorali senza bisogno di
sensibilizzazione. Sono attivate da IL-2(solo IL-2→LAK=lymphokine activates killer
cells)(IL-12,INF-γ) e rappresentano la prima difesa contro i tumori: riconoscono cellule con
ridotta o assente espressione di MHC-I (che si lega al loro recettore inibitorio) e le mandano
in lisi. Partecipano anche alla citotossicità cellulare dipendente da anticorpo (ADCC)
attraverso il loro recettore FcγRIII che lega le IgG.
 Macrofagi. I macrofagi vengono attivati dai linfociti T e dai natural killer mediante l‘INF-γ.
I macrofagi attaccano le cellule tumorali con metaboliti reattivi dell‘ossigeno e col TNF-α,
che induce lisi.esistono anche macrofagi di tipo M2 che invece favoriscono la progressione
del tumore attraverso produzione di VEGF(fattore di crescita vascolare endoteliare)e TGF-β.
 Meccanismi umorali. Possono contribuire alla distruzione delle cellule tumorali con
l‘attivazione del complemento e l‘induzione dell‘ADCC da parte dei naturla killer.
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
Linfociti T:abbiamo attivazione di CTL(CD8+)trammite l‘esposizione di antigeni attraverso
MHC di tipo 1→fagocitosi di cellule maligne;MHC di tipo 2 attiva invece i
CD4+(Thelper)che producono invece TNF e INF-γ che attivano macrofagi e aumentano
l‘esposizione di MHC di tipo 1.
IMMUNOSORVEGLIANZA
La prova dell‘esistenza dell‘immunosorveglianza è data dall‘aumentata incidenza di neoplasie negli
immunodeficienti (soggetti con immunodeficienza congenita, trapiantati e malati di AIDS),
prevalentemente di linfomi. Indicativa è la XLP, malattia ereditaria recessiva legata al cromosoma
X che causa immunodeficienza: i soggetti affetti, se vengono infettati da EBV, sviluppano linfomi
maligni. L‘immunosorveglianza è però un meccanismo poco efficiente. Le cellule tumorali
sviluppano meccanismi che permettono loro di eludere il sistema immune:
 Predominanza selettiva di varianti antigene-negative. In un tumore i cloni immunogeni sono
eliminati.
 Perdita o ridotta espressione di antigeni di istocompatibilità. In questo modo le cellule non
sono riconoscibili dai linfociti T ma sono attaccabili dai NK.Abbiamo anche il
mascheramento con acido sialico.
 Perdita della costimolazione(B7-1e B7-2). I linfociti T per essere attivati necessitano del
riconoscimento del peptide antigenico associato a MHC e dell‘interazione con molecole
costimolatorie. Cellule che presentano antigeni ma non esprimono le molecole
costimolatorie rendono i linfociti anergici e possono mandarli in apoptosi.
 Immunosoppressione. La risposta immune può essere soppressa dal cancerogeno (chimico o
radiante) che ha causato il tumore, ma può essere soppressa anche dal tumore stesso, ad es.
con la produzione di grandi quantità di TGF-β o con l‘induzione di linfociti T soppressivi.
 Apoptosi delle cellule T citotossiche. Alcuni tumori (es. melanomi e epatocarcinomi)
esprimono il ligando di Fas e uccidono i linfociti con cui vengono in contatto.
Con questi meccanismi i tumori eludono la sorveglianza del sistema immune, anche se questo è
funzionante. Per quanto riguarda gli immunodepressi, si ha insorgenza quasi esclusivamente di
linfomi (benché ci si dovrebbero aspettare tumori di tutti i tipi) dovuta forse a una reazione
immunoproliferativa anomala in risposta a infezioni (es. EBV) o alle terapie cui questi soggetti
sono sottoposti.
CARATTERISTICHE CLINICHE DEI TUMORI
Le neoplasie sono dei parassiti: tutti i tumori, anche i benigni, causano morbilità e mortalità.
Ogni forma di neoplasia deve essere valutata per escludere la malignità: la diagnosi migliore è
quella effettuata istologicamente dopo asportazione chirurgica del tumore. In generale tutti i
noduli vanno analizzati istologicamente (soprattutto nella mammella). In alcuni rari casi ad es. i
lipomi, quasi certamente benigni, possono essere lasciti in situ ma controllati.
EFFETTI DEI TUMORI SULL‘OSPITE
I tumori creano problemi a causa dell‘azione meccanica sulle strutture adiacenti, della loro
attività funzionale (ad es. sintesi di ormoni), dei sanguinamenti ed infezioni
causatedall‘ulcerazione delle superfici adiacenti e dell‘insorgenza di sintomi acuti dati da infarti
o rotture. Nel caso dei tumori maligni si deve aggiungere la metastatizzazione, in cui ogni
metastasi dà le stesse conseguenze, e la cachessia e le sindromi paraneoplastiche.
Effetti locali e ormonali
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Un tumore dell‘intestino può ostruire il lume intestinale. Un tumore o una metastasi ad una
ghiandola, ad es. l‘ipofisi, può distruggere la ghiandola provocando insufficienza funzionale. I
tumori inoltre, solitamente i benigni visto che i maligni sono spesso indifferenziati, producono
ormoni, con molteplici conseguenza. Ad es. un adenoma delle cellule beta del pancreas può
secernere talmente tanta insulina da provocare morte per ipoglicemia. La crescita espansiva dei
tumori benigni e quella erosiva dei maligni provocano spesso ulcerazioni ed emorragie: ad es.
tumori gasteointestinali causano il riscontro di sangue nelle feci (melena), mentre tumori
dell‘apparato urinario possono dare sangue nelle urine (ematuria).
Cachessia neoplastica
I tumori, solitamente i maligni, provocano nel paziente un deperimento caratterizzato da perdita
di grasso e peso, astenia, anoressia e anemia detto cachessia.La cachessia non è dovuta alla
richiesta di nutrimento da parte del tumore: nessun tumore cresce infatti così velocemente, ma è
dovuta a fattori solubili (es. citochine) prodotte dal tumore e dall‘ospite. La ridotta assunzione di
cibo dipende da alterazioni del gusto e del controllo centrale dell‘appetito, ma contrariamente a
ciò che accade nel digiuno (dove il metabolismo basale rallenta e la massa muscolare è
inizialmente preservata), nella cachessia il metabolismo basale aumenta e la massa muscolare
scende di pari passo con la massa grassa. Si pensa ciò sia causato dal TNF-α prodotto da
macrofagi e cellule tumorali, assieme a IL-1, INF-γ e altri fattori solubili che aumentano con
azione diretta il catabolismo dei tessuti muscolare e adiposo senza indurre aumento
dell‘assunzione di cibo.
Sindromi paraneoplastiche
Con sindromi paraneoplastiche si definiscono i complessi quadri sintomatologici dei pazienti
affetti da neoplasie maligne, non spiegabili però sulla base della localizzazione del tumore o
delle metastasi e dall‘elaborazione di ormoni normalmente prodotti dal tessuto sede di
neoplasia. Interessano circa il 10% dei pazienti ed è importante riconoscerle perché possono
essere la prima manifestazione di un neoplasia occulta, possono dare importanti problemi
clinici, possono mimare una malattia metastatica e interferire col trattamento.
Le endocrinopatie sono sindromi paraneoplastiche molto frequenti: sono date da carcinomi di
derivazione non ghiandolare in grado di secernere ormoni (secrezione ectopica). Un esempio è
la sindrome di Cushing, dove è spesso presente un carcinoma polmonare secernente ACTH (si
distingue dalle forme dovute ad ipersecrezione di ACTH da parte dell‘ipofisi perché il
carcinoma oltre all‘ACTH libera in circolo anche POMC, cosa che l‘ipofisi non fa).
L‘ipercalcemia è un riscontro molto comune in caso di tumore. Può essere data da osteolisi
causata da neoplasie primitive dell‘osso (es. mieloma multiplo) o da metastasi ossee (queste due
cause però non sono considerate sindrome paraneoplastica), o dalla produzione da parte del
tumore di sostanze ipercalcemizzanti, come il PTHrP (proteina correlata all‘ormone
paratoroideo) in grado di legarsi ai recettori del paratormone. Sono inoltre coinvolti altri fattori,
quali IL-1 e TNF-α.
Le sindromi paraneoplastiche neuromiopatiche si presentano sotto forma di neuropatie
periferiche, degenerazione della corteccia cerebellare, polimiopatie e miastenie. Sono
probabilmente causate da una cross-reattività del sistema immunitario tra gli antigeni tumorali e
gli antigeni neuronali.
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L‘acanthosis nigricans è caratterizzata dalla formazione di verruche cutanee ipercheratosiche
di colore grigio-nerastro. È una rara malattia genetica ma può essere associata a tumori maligni,
presentandosi prima dell‘identificazione del tumore.
L‘osteoartopatia ipertrofica si riscontra nel 10% dei pazienti con carcinoma broncogeno. La
causa non è nota. Si manifesta con deposizione periostale di tessuto osseo sulle estremità distali
di ossa lunghe, metatarsi, metacarpi, falangi; arterite delle articolazioni adiacenti; dita a
bacchetta di tamburo (clubbing o ippocratismo digitale). L‘ippocratismo digitale può essere
osservato in altre malattie quali epatopatie, pneumopatie, cardiopatie etc.
Varie manifestazioni vascolari ed ematologiche si associano ai tumori, ad es. la tromboflebite
migrante (sindrome di Trousseau) si associa a tumori di pancreas o polmone. La coagulazione
intravascolare disseminata è presente in varie malattie quali leucemie o adenocarcinoma
prostatico. Le endocarditi trombotiche abatterichesono vegetazioni fibrinose che si formano
sulle valvole cardiache di pazienti con adenocarcinomi mucosecernenti, possono essere fonte di
emboli.
GRADO E STADIO DEI TUMORI
Per poter confrontare tra loro le neoplasie vi sono dei sistemi che permettono di esprimere il
livello di differenziamento (grado) e l‘estensione del tumore (stadio). Il grado di una neoplasia
misura la sua malignità in base al livello di differenziamento e al numero di mitosi. Il grado va
da I a IV in base al livello crescente di anaplasia (minor somiglianza alle cellule normali). Il
criterio di classificazione varia in base al tipo di neoplasia. Poiché non c‘è sempre correlazione
tra morfologia e comportamento del tumore, spesso la classificazione si fa con termini
descrittivi es. ―adenoma ben differenziato‖, ―tumore altamente indifferenziato‖.
Lo stadio si determina in base alle dimensioni del tumore primitivo, alla disseminazione nei
linfonodi e alla presenza o meno di metastasi ematiche. I sistemi di stadiazione sono due:
 Il sistema TMN, in cui il tumore va da T0 a T4 in base alla grandezza (T0: tumore in
situ); da N0 a N3 in base al numero di linfonodi coinvolti (N0: assenza di interessamento
linfonodale); da M0 a M2 in base alla quantità di metastasi (M0: assenza di metastasi).
 Il sistema AJC, che divide i tumori in stadi da 0 a IV inglobando in ogni grado le
dimensioni, l‘interessamento linfonodale e le metastasi. L‘attribuzione varia in base al
tipo di neoplasia.
La stadiazione ha una rilevanza clinica maggiore della definizione del grado, soprattutto per la
scelta della terapia.
DIAGNOSI DI LABORATORIO DELLE NEOPLASIE
Metodi istologici e citologici
La validità di una diagnosi di laboratorio dipende dall‘adeguatezza del campione esaminato:
esso deve essere di sufficienti dimensioni,rappresentativo della lesione e correttamente
conservato. Il materiale può essere raccolto con biopsia, agoaspirato e campioni citologici
(strisci). Nelle biopsie occorre selezionare accuratamente il luogodel prelievo, perché i margini
della lesione potrebbero non essere rappresentativi e il centro potrebbe essere necrotico. La
conservazione è fondamentale e viene eseguita immergendo il campione appena prelevato in
una soluzione fissativa (formalina o glutaraldeide) o congelandolo. Il congelamento permette di
analizzare il campione in pochi minuti. Le analisi istologiche consentono di dare diagnosi
precisa, ma in alcuni casi in cui servono precise informazioni che portano a decisioni radicali
(es.amputazioni), si preferiscono tecniche di biologia molecolare, lente ma fini.
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L‘aspirazione con ago delle cellule e del fluido seguita da esame citologico dello striscio è un
esame affidabile, rapido e informativo usato soprattutto per noduli palpabili (tiroide, linfonodi,
mammella, a volte anche la prostata). Gli strisci citologici (Pap) sono molto usati soprattutto per
la diagnosi di tumore alla cervice, ma anche di tumori di stomaco, polmoni, endometrio. Questa
tecnica è usata anche per rilevare la presenza di cellule tumorali nei liquidi peritoneale, pleurico,
articolare.L‘analisi citologica, contrariamente all‘istologica, si basa sullo studio dell‘aspetto di
singole o poche cellule, valutando il grado di anaplasia rispetto alle cellule normali. Si perde
però di vista l‘architettura del tessuto e non si hanno informazioni sul grado di invasione.
Immunocitochimica
Si basa sull‘uso di anticorpi monoclonali specifici per marcatori cellulari. Alcuni esempi:
 Classificazione dei tumori maligni indifferenziati: tumori con origine diversa sono
spesso simili tra loro per via dell‘indifferenziazione, ma le terapie e le prognosi sono
diverse. L‘origine del tumore si può stabilire con l‘uso di anticorpi per i filamenti
intermedi, i quali restano caratteristici delle cellule di origine (es. cheratina indica
origine epiteliale, desmina indica origine muscolare).
 Classificazione delle leucemie e dei linfomi: l‘uso di anticorpi per le varie classi
emolinfopoietiche permette di classicicare le neoplasie di linfociti T e B e dei fagociti.
 Determinazione dell‘origine dei tumori metastatici. Anticorpi per antigeni tessuto
specifici (es. tireoglobulina o antigene prostatico-specifico) su un biopsia di metastasi
permettono di individuare l‘origine del tumore primitivo.
 Identificazione di molecole che hanno significato prognostico o terapeutico.
L‘identificazione di recettori per alcuni ormoni permette di valutare la prognosi di un
tumore (ad es. un tumore alla mammella che esprime recettori per estrogeni risponde alla
terapia anti-estrogenica). Si possono identificare anche prodotti di oncogeni.
Diagnosi molecolare
La tecniche molecolari sono applicate per:
 Definizione diagnostica di neoplasie maligne. Solitamente le tecniche molecolare non
sono di primo impiego per questa necessità ma sono molto utili in alcuni casi, ad es. per
distinguere tra proliferazioni benigne (policlonali) e maligne (monoclonali) dei linfociti
in base al riarrangiamento clonale dei geni del recettore per l‘antigene. Le tecniche
molecolari possono essere utili per la diagnosi di leucemie e linfomi in base
all‘identificazione di specifiche traslocazioni mediante citogenetica classica o FISH. Ad
es. l‘individuazione del gene di fusione bcr-abl permette di fare diagnosi di leucemia
mieloide cronica.
 Definizione prognostica di neoplasie maligne. Alcune alterazioni genetiche sono
associate ad una prognosi peggiore, ad es. l‘amplificazione di myc nel neuroblastoma.
Le analisi sono effettuate con citogenetica classica, FISH o PCR.
 Definizione della malattia residua minima. La PCR permette di verificare la presenza di
cellule residue dopo trattamento di leucemie e linfomi (valutando ad es. bcr-abl) o
recidive di tumori gastrointestinali (valutando ad es. ras nelle feci).
 Diagnosi della predisposizione ereditaria al cancro. Mutazioni in linea germinale di
oncogeni o oncosoppressori sono associate a un maggior rischio di sviluppare cancro.
Queste analisi possono essere effettuate sui familiari di soggetti affetti da neoplasia per
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identificare eventuali portatori. Le diagnosi presintomatiche hanno notevoli implicazioni
etiche.
Citometria a flusso
La citometria a flusso valuta caratteristiche di singole cellule, quali l‘espressione di geni di
membrana o il contenuto di DNA. È usata per classificare le leucemie in base agli antigeni di
membrana e per valutare l‘anomalo contenuto di DNA in cellule tumorali, dato il suo valore
prognostico: l‘aneuploidia è infatti associata a prognosi sfavorevole.
Marcatori tumorali
I marcatori tumorali sono indici biochimici della presenza di un tumore. Comprendono antigeni
di superficie, proteine citoplasmatiche, enzimi e ormoni; solitamente però ci si riferisce alle
molecole riscontrabili nei liquidi biologici. I marcatori tumorali non sono elementi primari per
effettuare una diagnosi ma servono a confermarla, a valutare la risposta alla terapia e a
individuare recidive.
L‘antigene carcinoembrionale (CEA) è una glicoproteina normalmente prodotta nei tessuti
embrionali di intestino, fegato e pancreas; è espresso da vari tipi di neoplasie: carcinomi di colonretto, pancreas, stomaco e mammella sono i più frequenti. L‘aumento del CEA è riscontrabile anche
in cirrosi epatica alcolica, epatite, colite ulcerosa, morbo di Crohn e altre malattie, non è perciò
specifico per l‘identificazione della neoplasia. in alcuni tumori (es. colon) i livelli ematici di CEA
sono correlati con lo stadio del tumore e dunque con la prognosi. Il riscontro di CEA dopo la terapia
chirurgica è indice di recidiva o di metastasi.
L‘alfa-fetoproteina (AFP) è una glicoproteina normalmente sintetizzata dal sacco vitellino, dal
fegato e dal tratto intestinale del feto. Riscontro di AFP negli adulti può essere indice
diepatocarcinoma o tumore a cellule germinali del testicolo, meno frequentemente di altri tumori
quali quelli di colon, polmone e pancreas. L‘AFP può trovarsi nel plasma, però, anche per danni
epatici (cirrosi ed epatite) o in gravidanza (in questo caso indica sofferenza del feto). Il dosaggio
dell‘AFP può essere usato per valutare recidive di epatocarcinomi e tumori a cellule germinali del
testicolo.
IMMUNOPATOLOGIA (mt-D-P)
L’INFIAMMAZIONE
L‘infiammazione o flogosi è una risposta aspecifica dei tessuti connettivi vascolarizzati a stimoli
esogeni o endogeni che causano danno. la presenza di una rete vascolare è
crucialenell‘infiammazione. L‘infiammazione ha un duplice scopo:
 Difesa: è un meccanismo difensivo rapido (minuti-ore) che elimina o contiene la causa
iniziale di danno ai tessuti, tende a fissare la lesione nel punto dove la sua causa ha agito,
pur avendo riflessi a distanza. Per questo è considerata sinonimo di immunità innata.
 Riparo: attiva eventi che riparano o limitano il danno tissutale.
Schematicamente il processo infiammatorio si distingue in acuto, caratterizzato da rapido sviluppo,
edema e reclutamento prevalente di neutrofili; e cronico, a lunga durata, con accumulo di linfociti e
macrofagi e rimodellamento tissutale dovuto a fibrosi e formazione di nuovi vasi.
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L‘infiammazione è una componente di molte patologie, da quelle strettamente infiammatorie o
immunoinfiammatorie a quelle neoplastiche, con un ruolo anche in malattie cardiovascolari come
l‘infarto del miocardio.
CAUSE DELL‘INFIAMMAZIONE:
 Fisiche: radiazioni, caldo, freddo, traumi, ultrasuoni, elettricità.
 Chimiche: qualunque sostanza estranea alla normale composizione del tessuto. Possono
essere esogene o endogene, dovute ad esempio a fuoriuscita di componenti citoplasmatiche
o accumulo eccessivo di metaboliti (es. acido urico).
 Biologiche: organismi estranei che liberano nei tessuti sostanze come tossine o veleni.
Le cause chimiche e fisiche determinano infiammazioni asettiche che possono però
successivamente infettarsi a causa della necrosi che riduce le difese e crea un ambiente favorevole
per i microbi.
RECETTORI ATTIVATORI DELL‘IMMUNITA‘ INNATA E DELL‘INFIAMMAZIONE
Infiammazione e immunità innata sono intimamente connessi nel fronteggiare ed eliminare il danno
tissutale. Infatti l‘immunità innata, filogeneticamente antica e molto conservata, viene attivata come
prima linea di difesa in presenza di un agente microbico patogeno o di danno tissutale e in seguito
sarà essa ad attivare ed orientare l‘immunità adattativa. Immunità innata e adattativa usano strategie
diverse per riconoscere i patogeni:
 i recettori dell’immunità innata sono espressi da tipi cellulari diversi (prevalentemente
macrofagi e cellule dendridiche), sono codificati da geni presenti in forma germinativa (non
subiscono modifiche con la differenziazione cellulare), sono espressi in modo non clonale
(ogni cellula ha più recettori), sono in numero limitato, hanno bassa specificità (ogni
recettore riconosce più molecole) e riconoscono strutture essenziali per la vita dei patogeni.
 I recettori dell’immunità specifica (anticorpi e TCR) sono espressi solo dai linfociti T e B,
i loro geni vengono riarrangiati, sono divesificati e espressi in modo clonale (una cellula, un
recettore), il loro numero è enorme e quasi incalcolabile(repertorio linfocitario→107-109 per
ogni clone linfocitario), hanno specificità assoluta (la cross-reattività è l‘eccezione) e
riconoscono epitopi scelti in maniera casuale.
La risposta adattativa inoltre è caratterizzata da memoria(linfociti B allo stato quiescente che
vengono riattivati se si scontrano con l‘antigene),specializzazione(risposte immunitarie
specifiche per contrastare i diversi tipi di patogeni)e non reattivita al self(meccanismo della
tolleranza immunologica).
I recettori dell‘IMMUNITA INNATA riconoscono:
PAMP(Pathogen Associated Molecular Patterns)(nei virus:RNA a doppia elica;nei batteri DNA
metilato in CpG,N-formilmetionina,LPS=lipopolisaccaridi,acidi lipopteicoici,mannosio)
DAMP(Damage Associated Molecular Patterns o allarmine) come molecole o componenti cellulari
rilasciati dalle cellule danneggiate.HSP(heat shock protein)o HMGB(high-mobility group 1)
I recettori detti anchePattern Recognition Receptors (PRR) e sono presenti sulle membrane
cellulari(dendritiche, fagocitarie,endoteliali e epiteliali) nel citoplasma, nel sangue e nei liquidi
biologici.
Recettori solubili:
 fattori del complemento:
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-via alternativa:C3(c3covertasi)→C3b(C3a va in circolo)→+fattore B(in relta anche questo
viene clivato avremo BBlegato ,mentre BA in circolo)=C3B B-B(stabilizzato dalla
properdina)→si forma un enzima chiamato c3 convertasi→
-via classica:si attiva dopo il legame di IgM e igG con antigeni→C1(costitutia da diverse
subunità C1Q,C1R,C1S.C1Q costitutita da 6 steli se si lega fortemente a Ig che hanno legato
l‘antigene allora attiva C1R e C1S che hanno attività proteasica)+c4→c4 viene clivata da
C1s(c4A va in circolo,C4b rimane legata)→c1+c4b=c3 convertasi→
-via lectinica:molto simile alla via classica ma attivata dalla lectina legante il mannosio
MBL.→
La c3 convertasi si lega a c3b=c5convertasi→c5a va in soluzione,c5b si lega→c5,c6,c8,c9 si
legano alla membrana=MAC(complesso di attacco alla membrana)→lisi cellulare.
 collettine: proteine trimeriche o esameriche con dominio molecolare di tipo collagenico:
lettina legante il mannosio (MBL→opsonizzazione o vial lectinica del complemento) e
proteine A e D del surfattante (SP-A e SP-D→negli alveoli azione opsonizzante e di
attivatori macrofagici);
 pentrassine:
-corte: prodotte dal fegato sotto stimolo di IL-1 e IL-6(normalmente livelli bassi) (proteina
C reattiva PCR→si lega a fosforilcolina e al polisaccaride C dello pneumococco o
sieroamiloide P SAP→si lega a fosfatidiletanolammina)
- lunghe: prodotte in tessuti extraepatici(dendriti,c.endoteliali e macrofagi sotto stimolazione
del TNF)riconoscono batteri e funghi (PXT3).
 Anticorpi naturali:anticorpi (principalmente IgM)a bassa specificità prodotti da una
particolare classi di linfociti B(follicolari) e anti-AB0(importanti nel rigetto).
Poiché vengono prodotte maggiormente durante l‘infiammazione vengono dette proteine di fase
acuta. Affinità e specificità non sono alte ma c‘è elevata avidità di legame. Questi recettori sono
inoltre in grado di riconoscere il self: es. le pentrassine riconoscono cellule apoptotiche e acidi
nucleici di cellule morte, facilitandone l‘eliminazione. Difetti dei recettori solubili si associano ad
aumentata suscettibilità alle infezioni e a patologie autoimmuni.
1)Recettori di membrana:
 Recettori Toll-like(TLR):sono i più importanti tra i recettori dell‘immunità innata
(conservati in tutte le specie dalle piante all‘uomo). riconoscono diverse componeti
microbiche o di cellule danneggiate.strutturalmente costituiti da 16-28 moduli di 20-30
amminoacidi(elevate quantità di leucina)hanno forma convessa e sono fiancheggiati da
catene di cisteina. Nell‘uomo ne sono stati identificati nove, che formano complessi
recettoriali omo- o dimerici e. Il riconoscimento avviene prevalentemente sulla membrana
plasmatica, ma anche all‘interno del fagosoma, dopo la digestione dei microbi.
o TLR4, in forma dimerica associato a CD14 e a MD2, attreaverso cui riconosce LPS dei
Gram -(lipopolisaccaride o endotossina);trasporta al TLR4 da LBS:LPS binding
protein), l‘acido lipotecoico dei Gram+ e le HSP self.
Pazienti con sepsi presentano eccessivo o poco funzionamento di qst
TLR.Làafunzionamento è connesso anche con la sclerosi multipla.
o Eterodimeri TLR1-TLR2 o TLR2-TLR6 riconoscono proteoglicani e altri componenti
delle pareti batteriche o fungine
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o TLR5 è specifica per la flagellina, una componente del flagello presente nell‘ infezione
con la legionella
o TLR3, 7, 8, 9 sono intracellulari(RE e endosomi)riconoscono acidi nucleici: in
particolare il 3 riconosce RNA a doppia elica virale l‘8 RNA a singola elica e il 9 DNA
batterico con sequenze CpG ipometilate.
o TLR9 riconosce un pigmento del protozoe della malaria(se è assente abbiamo sviluppo
della malattia)
I TLR hanno un dominio intracitoplasmatico TIR con cui innescano una via di trasduzione propria
anche dei recettori per IL-1:
-tutti tranne TRL3:reclutamento di proteine adattatrici tra cui MyD88, che ha un dominio DD
(Death Domain) che attiva una cascata chinasica: IRAK → TRAF6 → TAK1e così fino al fattore
di trascrizione NF-kB e AP-1→Citochine,chemochine,molecole di adesione endoteliale,molecole
costimolatorie=INFIAMMAZIONE. Abbaimo attivazione dei linfociti T le cui funzioni sono
modulate dalla classe dei T regolatori che è controllata dall‘interazione con il
microbioma(attenzione a cattivi usi dell‘antibiotico!!!!)
-TLR3(effettuata anche da TLR4) recluta la via TRIF-IRF3 e produce interferone di tipo
1→risposta antivirale.



recettori per peptidi formilati:sono stati i primi ad essere scoperti. Hanno sette domini
transmembrana e trasducono usando proteine G determinando cambiamenti del citoscheletro
e aumento della mobilità. Si distinguono un recettore ad alta affinità (FPR), che riconosce
peptidi che iniziano con una metionina formilata tipici delle cellule batteriche, prototipo dei
quali è la formil-metionina-leucina-fenilalanina (FMLP); e un recettore a bassa affinità
(FPLR1), che oltre ai peptidi formilati riconosce anche strutture self come la β-amiloide, la
proteina di fase acuta amiloide sierica di tipo A (SAA) e le lipossine. Nelle cellule
eucariotiche i peptidi formilati sono espressi solo dai mitocondri.
recettori lettiniciappartengono alla classe lectine C.riconoscono strutture ricche in
mannosio presenti sulle membrane microbiche ed enzimi lisosomiali mannosilati self
tra questi abbiamo CD206(recettore del mannosio)dectin-1(lega beta-glucano della candida
albicans)e dectin-2(ifali:funghi)
recettori scavenger: (es. scavanger receptor A) riconoscono componenti microbiche e
lipoproteine alterate. Hanno un ruolo nel metabolismo delle lipoproteine e nella
patogenesidell‘aterosclerosi, patologia degenerativa con componente γiammatoria.
CD14 è presente associato alla membrana dei fagociti mediante un‘ancora di
fosfatidilinositolo, ma anche in forma libera nei liquidi biologici. CD14 riconosce LPS e
acido lipotecoico: può far parte del complesso recettoriale TLR4 direttamente o, se è in
forma libera, legarsi al TRL4 di cellule che non esprimono CD14 assieme (ad es.) all‘LPS:
questo è il caso delle cellule endoteliali che così riconoscono i microbi e innescano
infiammazione locale o sistemica.
Recettori citoplasmatici:
I recettori della famiglia NOD e riconoscono peptidi derivanti dalla digestione della parete
microbica da parte di enzimi digestivi: è un meccanismo complementare all‘azione degli altri
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recettori. Abbiamo la sottofamiglia contenete CARD(NOD-1,riconosce gram negativi,NOD2,rischio per il morbo di Crohn per un‘alterata risposta alla flora intestinale)attivano il
segnalosoma di NOD;la sottofamiglia contente Pyrin(NLRP→inflammasoma(possono essere
attivati anche da riduzione di K e ATP rilasciato da cellule morte).Se l‘inflammosoma si attiva per
periodi troppo lunghi abbiamo la low grade inflammation.L‘inflammosoma viene però inibito
dall‘autofagia la quale è attivata da curcumina,curry e resveratrolo).NB:terapia con antiossidanti
può risultare dannosa perché elimina ROS e elimina autofagia
I recettori RIG riconoscono acidi nucleici virali a singolo o doppio filamento e danno inizio alla
risposta antivirale. Un riconoscimento da parte loro di DNA self potrebbe causare il lupus.
Il riconoscimento di patogeni o segnali di danno da parte dei PRR converge, mediante vie di
trasduzione, nell‘attivazione di vari fattori trascrizionali, di cui il principale è NF-kB. NF-kB è un
dimero di due proteine, p50 e p65, normalmente complessate con IkB che le inibisce. Danni
tissutali, riconoscimento di patogeni, stimoli chimici, fisici e citochine attivano chinasi (IKK1 e 2)
che fosforilano di IkB liberando p50-p65che migra nel nucleo e trascrive geni per citochine
infiammatorie (IL-1 e 6), chemochine, molecole di adesione, molecole costimolatorie che attivano
la risposta immune e enzimi quali NO sintasi inducibile e ciclossigenasi.
CITOCHINE INFIAMMATORIE
Le citochine sono mediatori polipeptidici che fungono da segnali di comunicazione delle cellule del
sistema immunitario tra di loro e con cellule di altri tessuti. A differenza di ormoni e fattori di
crescita, però, non ci sono cellule specializzate nella loro produzione ma sono secrete da una varietà
di tipi cellulari. Inoltre sono pleiotropiche (ogni citochina ha più effetti su cellule diverse), a volte
ridondanti (più citochine hanno lo stesso effetto) e per lo più agiscono come fattori paracrini che
raramente raggiungono elevate concentrazioni in circolo. Queste sono però caratteristiche generali e
non assolute e sono frequenti le eccezioni. Dal punto di vista funzionale si suddividono citochine:
emopoietiche; dell’immunità specifica; infiammatorie primarie; anti-infiammatorie;
infiammatorie secondarie (chemochine).
La produzione di citochine infiammatorie primarie è indotta dai segnali provenienti dai PRR. Le
principali sono IL-1, TNF e IL-6 e agiscono su quasi tutti i tessuti dell‘organismo: attivano i
mediatori della risposta infiammatoria. IL-1(no esocitosi tradizionale perché no
vescicolazione=rilasciata durante la morte cellulare) e TNF a livello locale inducono inducono
produzione di mediatori quali prostaglandine e NO e la sintesi di chemochine e molecole adesive
che richiamano i leucociti; a livello sistemico agiscono mediante IL-6, che fa secernere dal fegato le
proteine di fase acuta, che amplificano a livello sistemico i meccanismi dell‘immunità innata e del
rimodellamento tissutale.
Le citochine infiammatorie sono regolate negativamente da:
- citochine anti-infiammatorie, IL-10 e TGF-β, prodotte dai macrofagi, che secernono anche IL-1 e
TNF.
- dall‘asse ipotalamo-ipofisario: IL-1 e TNFinducono liberazione di fattori di rilascio ipotalamici →
secrezione ACTH da parte dell‘ipofisi → produzione di glucocorticoidi da parte del surrene che
inibiscono il rilascio di citochine infiammatorie.
Interleuchina-1
Sono in realtà due diverse molecole, IL-α e IL-1β, codificate da geni diversi ma che agiscono sugli
stessi recettori. Le IL-1 sono sintetizzate come pro-peptidi, processate, in particolare IL-1β è
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processata dalla caspasi-1 (anche detta ICE, IL-1 Converting Enzyme), e poi secrete. Sono
sintetizzate da molti tipi cellulari, ma principalmete da macrofagi, su stimoli dei TLR e di altre
citochine infiammatorie. IL-1 interagisce con un recettore, IL-1RI, dotato di domini
intracitoplasmatici TIR che attivano una via di trasduzione analoga a qualla dei TLR, culminando
con l‘attivazione di NF-kB e AP1, un altro fattore trascizionale implicato nell‘infiammazione. La
regolazione di IL-1 è operata da due sistemi: IL-1ra è un antagonista secreto dai macrofagi su
stimolo di citochine anti-infiammatorie, che si lega a IL-1RI senza innescare trasduzione; IL-1RII è
un decoy receptor, un recettore che lega il ligando ma non ha vie di trasduzione: è una trappola
molecolare. IL-1 ha numerosi bersagli e bastano concentrazioni minime per indurre risposte
cellulari:
 Sulle cellule emopoietiche sono stimolate proliferazione e differenziazione. Gli effetti
sono però mediate da IL-6 e fattori di crescita emopioetici.attiva insieme a IL-6 il sistema
del complemento.
 Sistema nervoso:IL-1 è un pirogeno endogeno (mediante la sintesi di prostaglandine
nell‘ipotalamo). Induce inoltre anoressia, astenia e aumento della produzione di ACTH →
liberazione glucocorticoidi dal surrene → inibizione citochine infiammatorie e produzione
di recettori decoy e molecole anti-infiammatorie (feedback negativo)
 Endotelio vascolare: è indotta: sintesi di molecole di adesione e chemochine per il
reclutamento cellulare; produzione di prostaciclina e NO con attività vasodilatatoria;
produzione di fattori che attivano la cascata della coagulazione.
 Ossa, cartilagine e connettivi in generale: è indotta produzione di prostaglandine e
proteasi per il rimodellamento tissutale
 Fegato: IL-1, mediante IL-6, fa secernere proteine di fase acuta
 A livello cardiaco è ridotta la contrattilità e nel muscolo scheletrico è aumentato il
catabolismo energetico.
 Causa obesità
L‘anachirra farmaco inibitore dell‘inflammosoma attiva IL-1 e viene usato nella fibrosi cistica in
via sperimentale.
Fattore di necrosi tumorale (TNF):
deve il suo nome all‘attività necrotizzante che esplica su alcuni tumori sperimentali, ma è in realtà
una citochina infiammatoria. Esistono due isoforme: TNFα, chiamata semplicemente TNF, e
TNFβ, detta linfotossina e prodotta dai linfociti. Il TNFα è prodotta principalmente da fagociti
mononucleati; è sintetizzato come proteina di membrana e in seguito processato da una
metalloproteasi (TACE) che la libera nei liquidi biologici dove si associa in omotrimeri.
Interagisce con i recettori TNFRI, che attiva l‘apoptosi mediata da caspasi, e TNFRII, che invece
attiva la cellula e inibisce l‘apoptosi: attiva NF-kB e innesca un programma
infiammatoriosovrapponibile a quello di IL-1, con la differenza che sulle cellule emopoietiche ha
effetto inibitorio, rendendosi responsabile dell‘anemia associata ad alcune patologie croniche.
Interleuchina-6:
Media e regola molti effetti di IL-1 e TNF. È prodotta prevalentemente da macrofagi e interagisce
con un recettore che ha una catena specifica presente anche in circolo e una catena comune a
recettori di altre citochine: IL-6 può in questo modo avere effettianche su cellule che non
esprimono il suo recettore, come le cellule endoteliali. La trasduzione avviene via JAK-STAT:
IL-6Rα-gp130 attiva la tirosin chinasi JAK che fosforila il recettore richiamando STAT che, dopo
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fosforilazione, dimerizza e migra nel nucleo. IL-6 stimola la proliferazione di megacariociti e
linfociti, amplifica l‘espressione da parte dell‘endotelio di molecole adesive e chemochine
coinvolte nella transizione da infiammazione acuta a cronica; induce inoltre la febbre e la
secrezione di proteine di fase acuta da parte del fegato.
NB:TUTTI QUESTI EFFETTI CAUSANO LO SHOCK SETTICO
Citochine anti-infiammatorie
Le citochine infiammatorie sono regolate con feedback negativo dalle citochine antiinfiammatorie: IL-1ra, IL-10 e TGF-β. IL-10 è prodotta dalle stesse cellule che producono
citochine infiammatorie, ma è secreta tardivamente e ne interrompe la produzione. I mediatori
anti-infiammatori sono indotti da glucocorticoidi e citochine quali IL-4 e IL-13.
INFLAMMOSOMA
L‘inflammosoma(NLRP) è il complesso molecolare responsabile dell‘attivazione della risposta
infiammatoria. È costituito da tre componenti molecolari: una proteina della famiglia NALPo
NLRP (cui appartengono anche le proteine NOD), la proteina adattatrice ASC( che attiva ICE) e
l‘enzima proteolitico ICE(enzima caspasi 1). L‘inflammosoma si attiva nei macrofagi in risposta
a PAMPs eDAMPs: si assembla rendendo attivo ICE che processa pro-IL-1β formando IL-1: si
innesca quindi il processo infiammatorio tipico delle infezioni batteriche o dall‘accumulo di
sostanze esogene (silicosi e asbestosi) o endogene, come l‘urato che causa la gotta.
L‘inflammosoma è coinvolto inoltre in patologie dette auto-infiammatorie, malattie genetiche
dovute a mutazioni in geni organizzatori o regolatori dell‘inflammasoma stesso che causano una
sua impropria attivazione e che sono caratterizzate da febbri ricorrenti, manifestazioni cutanee e
articolari e, a volte, ritardo mentale. Un esempio è la febbre meditarranea, dovuta a mutazione
della pirina, molecola inibitrice dell‘inflammasoma. Queste patologie possono essere trattate con
inibitori dell‘IL-1.nelle slide abbiamo anche S.di muckle-wells:mutazione di NALP3(CRIOPIRINA)
INFIAMMAZIONE ACUTA(angioflogosi)
L‘infiammazione acuta è l‘immediata risposta ad uno stimolo lesivo. Non è quindi uno stato, ma un
processo dinamico con eventi stereotipati (sempre gli stessi qualunque sia la causa) in successione
coordinata, mediati dalle cellule dell‘immunità innata e della parete vascolare. Questi eventi furono
inizialmente descritti da Celso che indicò i segni tradizionali del processo infiammatorio:
 Rubor (rossore): dovuto all‘aumento dell‘afflusso di sangue. Inizialmente è dato da
iperemia attiva (aumento della quantità di sangue per vasodilatazione) e successivamente da
iperemia passiva (aumento della quantità di sangue per ostruzione delle vie di deflusso).
 Calor (calore): nella zona infiammata la temperatura aumenta sia per l‘aumentato contenuto
di sangue, sia per la lesione metabolica delle cellule colpite, i cui mitocondri disperdono
maggiormente come energia termica l‘energia chimica delle loro ossidazioni(anche IL-1
aumenta il mebolismo).
 Tumor (gonfiore): insorge successivamente a causa dell‘iperemia e dell‘aumento della
permeabilità capillare che permette fuoriuscita di liquidi e cellule nel tessuto.
 Dolor (dolore): le terminazioni nervose locali scaricano in risposta alle modificazioni
biochimiche.
 Functio laesa (perdita di funzione): aggiunta nel secolo scorso come conseguenza dei primi
quattro.
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Il processo infiammatorio acuto ha sede prevalentemente vascolare e mesenchimale e segue un‘
ordine ben definito: ad una iniziale e rapida vasocostrizione segue una prolungata vasodilatazione
con iperemia attiva e aumento della permeabilità che causa fuoriuscita di liquido (essudazione) e in
seguito di cellule (diapedesi). Dopo una fase di rallentamento del circolo (stasi) si innesca il
processo riparativo.
Fase iniziale:
Il processo infiammatorio inizia con l‘applicazione di un agente flogogeno. A ciò segue una
immediata vasocostrizione delle arteriole precapillari, rapida e fugace, non osservabile con agenti
flogogeni poco potenti o ad azione graduale (es. luce ultravioletta). La vasocostrizione è data da
liberazione di noradrenalina e adrenalina da parte delle terminazioni nervose, e di endoteline
(ET1, ET2, ET3) prodotte dalle cellule endoteliali. Le endoteline, la cui produzione è stimolata da
citochine e fattori piastrinici e della coagulazione e inibita da prostaciclina e NO, si legano a
recettori delle cellule muscolari lisce e fanno aumentare il calcio citosolico attivando la proteina
chinasi C.
Vasodilatazione:
La fase successiva è la vasodilatazione delle arteriole precapillari e l‘apertura degli sfinteri
precapillari (strutture formate da cellule muscolari che in condizioni di riposo chiudono l‘accesso ad
alcuni capillari): ciò provoca aumento del flusso sanguigno con riempimento dei capillari di sangue
(iperemia attiva, dato che la muscolatura arteriolare ha ruolo attivo). La vasodilatazione è associata
ad aumento della permeabilità capillare, poiché provocata dalle stesse sostanze. Vasodilatazione ed
aumento della permeabilità avvengono in due fasi, immediata e tardiva, distinte tra loro per tempo
di comparsa e per patogenesi.
-La fase immediata dipende in gran parte dalla liberazione di istamina. All‘applicazione ad es. di
uno stimolo meccanico alla cute (strisciare un oggetto appuntito con forza ma senza provocare
ferite) si osserva la ―triplice risposta‖ o triade di Lewis:arrossamento iniziale sul luogo del trauma
(vasodilatazione), diffusione dell‘arrossamento alle zone circostanti (riflesso assonico) e comparsa
di una tumefazione (edema). La vasodilatazione iniziale è dovuta principalmente alla liberazione di
istamina, contenuta in grandi quantità nei granuli dei mastociti (ma anche in basofili e piastrine): i
mastociti la rilasciano per esocitosi a seguito di stimoli aspecifici, come il danno alla membrana
cellulare dato da traumi o da caldo o freddo, o specifici, come le anafilotossine C3a, C4a e C5a, il
cross-linking dei reccetori per IgE FcγR-I e stimoli chemiotattici o neuropeptidi. L‘istamina
provoca vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare interagendo coi recettori H1, ma ha
ruolo anche nel reclutamento leucocitario. Nella fase acuta è presente anche la serotonina,
rilasciata prevalentemente dalle piastrine assieme all‘istamina su stimolo di trombina, tripsina,
collageno, mediatori lipidici prodotti dall‘endotelio come il PAF. La serotonina ha effetti simili
all‘istamina, ma meno potenti, inoltre stimola le terminazioni dolorifiche.
Il riflesso assonico determina la diffusione dell‘alone di vasodilatazione per via riflessa: le
terminazioni nervose sensoriali dell‘area colpita ricevono lo stimolo e, oltre ad inviarlo ai corpi
cellulari dei neuroni, lo inviano antidromicamente ad altre terminazioni che causano
vasodilatazione.
-La fase tardiva della vasodilatazione è caratterizzata da un enorme e duraturo aumento della
permeabilità mediato da mediatori enzimatici e lipidici: compare a seguito della fase immediata
dopo un periodo di latenza in cui la permeabilità è quasi normale. Il danno tissutale che scatena
l‘infiammazione produce danno endoteliale che porta all‘attivazione della cascata coagulativa,
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utile per circoscrivere il luogo del danno soprattutto in risposta ad agenti infettivi: il fattore XII (di
Hageman) attivandosi determina attivazione oltre che della coagulazione anche di altri sistemi di
proteasi plasmatiche: fibrinolitico, che tramite la produzione di plasmina dissolve la fibrina
bilanciando gli effetti della coagulazione; delle chinine, polipeptidi vasoattivi; e del complemento.
Questi sistemi concorrono nell‘attivare il sistema delle metalloproteasi (MMP), endopeptidasi
zinco e calcio dipendenti attivate per scissione proteolitica che, agendo sui costituenti della matrice
extracellulare, favoriscono la diffusione di liquidi e la migrazione di cellule
Mediatori dell‘infiammazione acuta:
 Sistema delle chinine: Con callicreina si intende un insieme di serina proteasi presenti in
sangue, urine e pancreas, con struttura molto simile tra loro ma codificate da geni diversi.
Vengono sintetizzate come precursori inattivi (precallicreine) attivati da tripsina, dal
contatto con le superfici o dal fattore XII. Le callicreine agiscono demolendo
enzimaticamente il chininogeno rilasciando bradichinina e callidina: i due peptidi hanno
stessa sequenza amminoacidica ma la callidina ha un amminoacido in più (può essere
quindi convertito in bradichinina). Dal chininogeno per azione della callicreina vengono
rilasciati anche altri frammenti, tra cui il frammento 2 che inibisce l‘attivazione del fattore
XII e dunque la coagulazione. Inibitori della callicreina presenti nel plasma sono le serpine
e la callistatina, proteina simile all‘α-antitripsina. La bradichinina agisce su specifici
recettori e induce vasodilatazione, edema, contrazione della muscolatura liscia e
stimolazione delle terminazioni dolorifiche, con un effetto molto superiore a quello
dell‘istamina. Dato che il suo precursore è un costituente del plasma viene prodotta
continuamente via via che il sangue passa nel tessuto infiammato: le chinine sono i
principali mediatori della fase tardiva. Particolare importanza in questa fase hanno anche i
lisosomi dei granulocitie delle cellule del tessuto: una loro lesione fa riversare nel tessuto
enzimi che attivano le proteasi plasmatiche, come le chinine, e digeriscono i componenti
della matrice.

Sistema fibrinolitico: La plasmina è una serina-proteasi che deriva dal plasminogeno per
azione di due proteasi plasmatiche e tissutali (uPA e t-PA), inibite dalle antiplasmine. La
plasmina ha come substrato naturale la fibrina (è detta anche fibrinolisina): la sua attività
porta alla graduale dissoluzione del coagulo.

Sistema del complemento: il complemento è un sistema importante nelle prime fasi del
processo infiammatorio. È costituito da frazioni proteiche con attività proteasica che si
attivano a cascata dando luogo a vari effetti, tra cui la liberazione dei peptidi C3a, C4a, C5a
(anafilotossine), che inducono la degranulazione di mastociti ed eosinofili (C5a anche dei
neutrofili), hanno attività proaggregante per le piastrine e leucotattica per i leucociti. Il
complemento inoltre opsonizza e induce lisi diretta dei microrganismi (complesso di attacco
alla membrana).

Mediatori lipidici: Stimoli meccanici/fisici o mediatori come il C5a attivano la fosfolipasi
A2 che libera l‘acido arachidonico contenuto nei fosfolipidi di membrana. L‘acido
arachidonico viene metabolizzato da due diversi enzimi: la ciclossigenasi, in endotelio e
piastrine, e la lipossigenasinei leucociti.
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La ciclossigenasi, presente nelle forme COX-1 e COX-2 (attiva principalmente in
infiammazione cronica), porta alla formazione di PGG2 convertito poi in PGH2, da cui
derivano prostaglandine, prostacicline (nell‘endotelio) e trombossani (nelle piastrine).
o Le prostacicline (es. PGI2) vasodilatano e inibisconol‘aggregazione piastrinica.
o I trombossani (es. TXA2) vasocostringono e favoriscono l‘aggregazione piastrinica.
o Le prostaglandine hanno varie attività a seconda della classe cui appartengono: le
PGE, presenti in alta concentrazione durante l‘infiammazione, sono coinvolte nella
genesi del dolore e della febbre, danno iperemia, aumento della permeabilità
capillare e hanno azione chemotattica per i leucociti (agiscono mediante cAMP). Le
PGF hanno effetto opposto e prevalgono nelle fasi tardive dell‘infiammazione.
COX-1 e COX-2 sono bersaglio di farmaci anti-infiammatori non steroidei FANS (es. aspirina).
La lipossigenasi è presente in due forme:
-5-lipossigenasi, porta alla formazione di leucotrieni, molecole ad attività leucotattica,
vasocostrittiva e attivatoria per le piastrine;
- 12-lipossigenasi che produce lipossine, che hanno azione anti‘infiammatoria (inibiscono la
chemiotassi e l‘adesione dei leucociti all‘endotelio).
Tra i mediatori lipidici compare anche il PAF, sintetizzato ex novo o partendo dal lisofosfolipide
lasciato dalla PLA2. È sintetizzato da cellule endoteliali, macrofagi, neutrofili, piastrine e mastociti;
induce vasocostrizione e aumento della permeabilità capillare, stimola aggregazione e
degranulazione piastrinica e chemotassi.
 Altri mediatori:
o L‘ossido nitrico (NO) è un vasodilatatore, favorisce il rilasciamento della
muscolatura liscia dei vasi mediante aumento del cGMP. È prodotto da cellule
endoteliali, linfociti, neutrofili, macrofagi, mastociti, piastrine ed epatociti
dall‘enzima NO-sintasi (NOS) a partire dall‘arginina su stimolo ad es. della
bradichinina o di alcune citochine. Rilasciato dai leucociti assieme all‘anione
superossido O2.- , NO vi reagisce formando perossi-nitrito OONO-, con proprietà
citotossiche.
o I nucleotidi come l‘adenosina hanno un ruolo nell‘infiammazione: aumentano la
permeabilità capillare. L‘adenosina e altri nucleotidi come l‘ATP rilasciati da cellule
danneggiate, agendo sui recettori P2 sono proaggreganti per le piastrine e inducono
chemotassi e rilascio di citochine da parte dei leucociti.
o Nell‘infiammazione hanno anche un ruolo i neuropeptidi e in particolare la
sostanza P, che stimola le fibre dolorifiche, ma anche la secrezione di cellule
endocrine e del sistema immune.
Essudazione:
La vasodilatazione con aumento della permeabilità causa fuoriuscita dai vasi della fase liquida, che
si raccoglie nel tessuto formando l‘edema infiammatorio. Normalmente il passaggio di liquido
attraverso la parete dei capillari dipende da un equilibrio tra la pressione idrostatica e la pressione
colloido-osmotica (teoria di Starling), oltre che dalla permeabilità della parete: in condizioni
normali la pressione idrostatica supera la pressione oncotica e spinge liquido fuori dal versante
arterioso del capillare ma, poiché diminuisce via via che si prosegue nel capillare, nel versante
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venoso la pressione oncotica supera l‘idrostatica e si ha riassorbimento di liquido dall‘interstizio nel
vaso. Nel processo infiammatorio l‘aumento del flusso ematico dovuto alla vasodilatazione fa
aumentare la pressione idrostatica sia nel tratto arterioso sia in quello venoso: la zona del capillare
in cui la pressione idrostatica supera l‘oncotica è più ampia e il flusso di liquidi è diretto verso
l‘esterno in tutto il capillare, con un riassorbimento molto ridotto nella porzione venulare. Fuoriesce
dal vaso inizialmente solo liquido ma, man mano che la permeabilità aumenta, fuoriescono anche
proteine, ioni (come il calcio) e altre molecole che innalzano la pressione oncotica dell‘interstizio
contribuendo all‘accumulo di liquido nell‘interstizio. Fra queste molecole si accumulano anche
cataboliti come l‘acido lattico che, dissociando, aumentano l‘acidità del tessuto contribuendo
all‘imbibizione. L‘edema favorisce la diffusione di mediatori permeabilizzanti, idrolasi e
metalloproteasi rilasciate dalle cellule flogistiche.
L‘aumento della permeabilità è dato da un meccanismo attivo e uno passivo. Il meccanismo attivo è
detto transcitosi: il plasma e le sostanze disciolte vengono inglobati un vescicole dalle cellule
endoteliali e rilasciati nel versante interstiziale. La transcitosi differisce dalla pinocitosi perché in
quest‘ultima il materiale prelevato con le vescicole viene utilizzato dalla cellula stessa. Il
meccanismo passivo sembra avere il ruolo preponderante e consiste nell‘allargamento di pori e
fenestrature normalmente presenti nella parete capillare e nell‘apertura di nuove aperture data dallo
scollamento delle cellule endoteliali causato dalla loro ―retrazione‖, ovvero una riorganizzazione
del citoscheletro provocata da TNF e IL-1
Reclutamento leucocitario:
La fuoriuscita di liquido è seguita dalla diapedesi, il passaggio selettivo dei leucociti dai vasi al
tessuto infiammato, permesso dal rallentamento del flusso causato dalla vasodilatazione mediata dai
fattori endoteliali (NO e prostaglandine) a loro volta indotti dalle citochine infiammatorie. I
leucociti sono reclutati e direzionati verso il tessuto infiammato da fattori chemiotattici, presenti
con un gradiente che cresce man mano che ci si avvicina al luogo del danno: inducono chemiotassi i
componenti batterici riconosciuti dai PRR, i mediatori infiammatori lipidici quali il PAF e i
leucotrieni e le proteine del complemento. Un ruolo preminente è svolto dalle chemochine, piccole
proteine prodotte da leucociti, fibroblasti, e cellule endoteliali, caratterizzate dalla presenza di ponti
disolfuro tra cisteine delle loro catene che permette di suddividerle in famiglie: CXCL (attive su
neutrofili e linfociti), CCL (monociti, linfociti, NK, eosinofili e basofili), CL e CX3CL (linfociti).
Le chemochine agiscono su recettori (CCR, CXCR etc.) a sette domini transmembrana accoppiati a
proteine G che, mediante aumento del calcio intracellulare, attivano le fosfolipasi e conseguente
sintesi di mediatori lipidici. Nell‘ambito della stessa famiglia un recettore lega più chemochine e
una chemochina lega più recettori. Oltre a richiamare i leucociti le chemochine, che sono pur
sempre citochine, attivano la loro degranulazione e la trascrizione di geni per altre chemochine,
recettori, enzimi e altri meccanismi che amplificano l‘infiammazione.
Giunti nel tessuto infiammato richiamati da vari stimoli (es. i neutrofili da CCL8), i leucociti si
avvicinano all‘endotelio delle venule post-capillari (che nel processo infiammatorio assumono
mofologia chiamate venule a endotelio alto o HEV), a causa del flusso rallentato. L‘attraversamento
si svolge con eventi ordinati: rotolamento, attivazione, adesione e diapedesi.
Il rotolamento sull‘endotelio è mediato da recettori che interagiscono con le
selettine, molecole transmembrana con un dominio lectinico che può interagire con
glicoproteine contenenti acido sialico e fucosio dette addressine o basi di Lewis.
Le selectine E e P sono espresse dalle cellule endoteliali stimolate da IL-1 e TNF,
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mentre i leucociti esprimono selectina L: queste molecole hanno affinità per i ligandi bassa e
permettono interazioni transitorie che rallentano il leucocita senza fermarlo.
Sull‘endotelio il leucocita segue il gradiente di chemochine intrappolate sugli eparansolfati e su altri
proteoglicani delle cellule endoteliali e della matrice. Il legame tra chemochine e recettori trasduce
un segnale di attivazione: sono stimolate motilità, degranulazione e burst respiratorio, inoltre
avviene una modificazione conformazionale delle integrine.
Le integrine sono le molecole che mediano l‘adesione o arresto: sono eterodimeri formati da due
subunità, α e β, di cui esistono varie isoforme, e normalmente mediano l‘adesione stabile tra le
cellule di tutti i tessuti. I leucociti hanno integrine LFA-1 e VLA-4, basalmente inattive che però, a
seguito dell‘attivazione della cellula, vengono fosforilate su tirosinae cambiano conformazione,
aumentando notevolmente affinità per i loro ligandi endoteliali ICAM-1 e VCAM-1, mantenendo
la cellula ferma sull‘endotelio. La corretta interazione tra leucociti e cellule endoteliali è
fondamentale per il funzionamento della risposta immune: esistono due patologie dette LAD
(Leukocyte Adhesion Deficiency) caratterizzate da mancata risposta alle infezioni batteriche per
difetti nell‘integrina LFA-1 (LAD1) o nella fucosiltransferasi coinvolta nella sintesi delle basi di
Lewis (LAD2).
L‘interazione tra integrine e loro recettori, oltre ad arrestare il leucocita, lo induce ad appiattirsi
sull‘endotelio. Il leucocita si fa strada tra due cellule endoteliali adiacenti prima infilando uno
pseudopodio e poi con tutto il corpo cellulare. Questo movimento è mediato dalla molecola di
adesione CD13, che interagisce con altre CD13 espresse sulla membrana laterale della cellula
endoteliale con un gradiente crescente dal lume del vaso fino all‘interstizio, risultando in un
movimento ―a cingolo‖. Durante la diapedesi sono liberate idrolasi che la favoriscono ―allentando‖
la matrice. Durante l‘infiammazione è molto frequente la fuoriuscita di globuli bianchi, mentre è
rara quella di globuli rossi, a meno che non vi sia compromissione dell‘endotelio.
Il reclutamento leucocitario è un processo molto selettivo e determina l‘accumulo di diverse
popolazioni leucocitarie secondo una cinetica definita: sono reclutati in genere prima i neutrofili,
poi i monociti e in ultimo i linfociti. Nelle reazioni allergiche c‘è accumulo prevalente di eosinofili.
La selettività del reclutamento è determinata dalla combinazione di molecole adesive e fattori
chemiotattici, secondo un codice di espressione che tiene conto di tre variabili: selettina/addressina,
chemochina/recettore e integrina/ligando. In questo modo i leucociti saranno reclutati dagli endoteli
che esprimono un codice complementare al loro, ad es. i neutrofili saranno reclutati precocemente
poiché sono attirati dall‘IL-8 e interagiscono con la E-selettina, due molecole espresse
precocemente dall‘endotelio infiammato; al contrario i linfociti hanno una lenta cinetica di
reclutamento perché riconoscono le integrine VCAM-1, espresse dall‘endotelio tardivamente. Il
processo controllato di migrazione di una cellula dal sangue in un tessuto è detto homing.
Stasi:
Col procedere del processo infiammatorio, quindi con l‘essudazione e la diapedesi, la velocità del
flusso sanguigno tende sempre più a diminuire: si ha una fase detta stasi, in cui si ha un contenuto
di sangue superiore al normale dovuto non più alla vasodilatazione attiva ma all‘iperemia passiva: il
circolo rallenta a causa di due fattori. Il primo fattore è l‘aumento di pressione nei tessuti dovuto
all‘essudazionee alla fuoriuscita di cellule: normalmente l‘eccesso di liquido interstiziale è drenato
dal sistema linfatico e dalle vene ma il riassorbimento nelle venule è ostacolato dallo squilibrio tra
pressione idrostatica e oncotica che si crea all‘inizio dell‘infiammazione; inoltre l‘eccessiva
imbibizione della matrice comprime le venule, pertanto restano solo i linfatici, il cui flusso aumenta
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a causa della trazione che esercitano le fibre della matrice gonfia sulle pareti dei vasi linfatici. Il
secondo fattore è l‘inspissatio sanguinis, la diminuzione della parte liquida del sangue per aumento
della permeabilità endoteliale e il relativo aumento della componente figurata: ciò aumenta il
rischio di sviluppare microtrombosi, soprattutto in infiammazioni dovute a ustione o a endotossine.
La stasi ha conseguenze sul trofismo dei tessuti. L‘ossigeno dell‘emoglobina inizia rapidamente a
scarseggiare e i tessuti dirigono il metabolismo verso la glicolisi anaerobica, con accumulo di acido
lattico e diminuzione del pH locale.
Fagocitosi
Il reclutamento leucocitario mediato dalle chemochine ha fatto accumulare nel tessuto cellule del
sistema immunitario, primi fra tutti i neutrofili, che riconoscono strutture tipiche dei patogeni
mediante i PRR e li fronteggiano con la fagocitosi e con i meccanismi citotossici. Le opsonine sono
molecole che si legano al patogeno facilitando il riconoscimento da parte del leucocita mediante
specifici recettori: le principali sono le IgG, riconosciute dai recettori per la porzione Fc (FcγR), e
alcune proteine che derivano dalla cascata del complemento: C3b, C3bi, C1q, riconosciute dai
recettori CR1, 2 e 3. Una volta riconosciuto il materiale da fagocitare, anche con la presenza di
segnali costimolatori (es. citochine), il fagocita lo endocita: protrusioni citoplasmatiche la
invaginano in un vacuolo detto fagosoma, che si fonderà con i lisosomi formando un fagolisosoma,
dove il patogeno sarà distrutto dagli enzimi lisosomiali. Il neutrofilo ha due tipi di granuli: specifici
o secondari che contengono lisozima, fosfatasi alcalina, collagenasi, gelatinasi, lattoferrina e
attivatore del plasminogeno; azzurrofili o primari che contengono mieloperossidasi, idrolasi acida,
proteasi (elastasi, catepsina G) e sostanze antimicrobiche (lisozima, defensine). L‘azione di tutti
questi enzimi è favorita dal pH acido del fagosoma. Un altro meccanismo che hanno i fagociti per
eliminare i patogeni, e che la fagocitosi stimola, è il burst respiratorio, la formazione di metaboliti
reattivi dell‘ossigeno. L‘enzima preposto a queste reazioni è la NADPH ossidasi o ossidasi
fagocitica: questo enzima si assembla a seguito di stimoli infiammatori e produce anione
superossido che sarà convertito in perossido di idrogeno e in seguito in anione ossidrile o ipoclorito
di sodio, tutti composti altamente tossici. La malattia granulomatosa cronica (CGD) è una
situazione in cui difetti dell‘ossidasi fagocitica non permettono la produzione dei radicali
dell‘ossigeno: c‘è dunque molta difficoltà nell‘eliminare i patogeni e si ha formazione di granulomi
in tessuti molli (es. polmoni).
I meccanismi di difesa dei fagociti (enzimi e radicali), in caso di infiammazione protratta
eccessivamente, possono essere rilasciati fuori dalla cellula causando danno tissutale.
CELLULE DEI TESSUTI INFIAMMATI
L‘infiammazione, oltre alla componente emodinamica ha anche una componente cellulare. Sono
dette produttive le infiammazioni in cui è preponderante la componente cellulare, e solitamente
avvengono in risposta a stimoli lievi o di lunga durata; sono invece dette essudative le
infiammazioni con prevalenza dell‘alterazione vascolare e sono caratteristiche di fenomeni acuti. I
due elementi, emodinamico e cellulare, sono però sempre presenti, anche se in tempi diversi. In un
tessuto infiammato si accumulano diversi tipi di cellule che giungono attraverso la via ematica o
sono già presenti nel tessuto (prevalentemente i macrofagi):
Granulociti:
I neutrofili provengono dal sangue per diapedesi. Sopravvivono nel tessuto infiammato circa 24
ore, a meno che le citochine non prolunghino loro la vita. Agiscono fagocitando i patogeni e
degradandoli con i loro enzimi e col burst ossidativo della NADPH ossidasi: morfologicamente ciò
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si esprime con una diminuzione del numero di granuli. Quando la cellula termina i suoi granuli
diventa disarmata e può essere uccisa dai patogeni che ha fagocitato. I resti di neutrofili morti sono
una componente del pus. I neutrofili sono abbondanti negliessudati di origine batterica,
specialmente stafilococchi e streptococchi (detti per questo piogeni = generatori di pus), ma sono
molto presenti anche in infiammazioni asettiche generate da sostanze irritanti. I neutrofili
fuoriescono dai vasi mediante integrine e selectine, dunque in caso di LAD non si ha loro
reclutamento nel tessuto ma si ha spiccata neutrofilia (neutrofili nel sangue) a causa del loro
accumulo in circolo.
Gli eosinofili sono abbondanti negli essudati nei tessuti con infiammazione allergica o da elminti.
Sono però molto numerosi in condizioni normali nella sottomucosa di aree a contatto con
l‘ambiente esterno (stomaco, intestino, polmoni, vagina). Nel sangue sono il 2-5% dei leucociti.
Sono per alcuni aspetti simili ai neutrofili: sono capaci di diapedesi e di fagocitosi, i loro granuli
contengono idrolasi acide e perossidasi, ma non lisozima, hanno inoltre la proteina basica
maggiore (MBP) e proteina cationica, che hanno notevole importanza nella risposta agli elminti.
Gli eosinofili hanno il recettore FcεR-I, che riconosce IgE legate all‘antigene, che aumentano in
infestazioni elmintiche e reazioni allergiche, e ciò determina la loro attivazione, che si manifesta
con degranulazione, fagocitosi e secrezione di radicali dell‘ossigeno e di PAF, un fattore che è in
grado esso stesso di attivare gli eosinofili. Il loro stimolo chemiotattico più potente è
l‘eotassina(recettore: CCR3) e migrano attraverso l‘endotelio mediante l‘espressione di basi di
Lewis (ligandi delle E-selectine endoteliali) e integrine.
Macrofagi
I macrofagi derivano dal differenziamento di monociti provenienti dal sangue per diapedesi. Vi
sono però anche macrofagi tissutali che stabilmente risiedono nei tessuti. Sono cellule molto
grandi capaci di fagocitare particelle anche di discreto volume: nel loro citoplasma sono
evidenziabili granuli con natura lisosomiale e spesso residui di materiale fagocitato. Nei tessuti
infiammati assumono morfologia assai variabile: spesso si stipano fino a comprimersi a vicenda,
assumendo forma simile alle cellule epiteliali, e prendono quindi il nome di cellule epitelioidi; altre
volte più macrofagi si fondono in un‘unica cellula enorme con più nuclei: cellula gigante
plurinucleata. La funzione dei macrofagi è principalmente fagocitare ed eliminare sostanze
estranee, ma sono anche in grado di secernere citochine e chemochine per il reclutamento
leucocitario. Sono presenti prevalentemente in tessuti con infiammazione cronica, assieme a
linfociti e plasmacellule.
Linfociti
Sono sempre presenti nei tessuti infiammati,soprattutto se l‘infiammazione è cronica. Formano
infiltrati attorno ai vasi sanguigni e linfatici (infiltrati parvicellulari); costituiscono inoltre la zona
periferica dei granulomi, specie dei tubercolari. I linfociti sono gli effettori dell‘immunità specifica
e hanno memoria immunologica. Morfologicamente si distinguono piccoli linfociti, forme
quiescenti inattive, e grandi linfociti o blasti, le forme attive che proliferano e acquisiscono
capacità funzionali. I linfociti sono di due principali tipi: B, che differenziano in plasmacellule
secernenti anticorpi; e T, che, a seconda degli stimoli, possono diventare citotossici(CD8+), in
grado di uccidere cellule infettate da virus, e helper(CD4+), che secernono citochine e organizzano
la risposta immunitaria. Nessun linfocita è in grado di fagocitare. I linfociti giungono nel tessuto
infiammato per diapedesi, ma una parte è prodotta in loco per proliferazione dei blasti, soprattutto
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in infiammazioni croniche, che si organizzano a formare infiltrati istologicamente simili ai tessuti
linfatici.
Plasmacellule
Sono la forma differenziata dei linfociti B. Abbondano nei tessuti infiammati, soprattutto in flogosi
cronica, principalmente in presenza di granulomi luetici(lue=sifilide), lesioni allergiche e neoplasie.
Sono cellule grandi con uno sviluppatissimo reticolo endoplasmatico, a testimonianza della loro
attiva sintesi proteica: secernono infatti anticorpi. Al loro interno gli anticorpi aggregati
costituiscono i corpi di Russell o corpi ialini, frequenti in molti granulomi. Le plasmacellule si
trovano raramente nel sangue, solo in presenza di determinate patologie, perciò la loro presenza nei
tessuti è dovuta a proliferazione e differenziazione di linfocici B in loco. Le plasmacellule non
proliferano e hanno vita breve.
Mastociti
Sono presenti normalmente nel connettivo lasso, specialmente in organi quali lingua, prostata,
polmoni, peritoneo, derma. Il loro aspetto è molto variabile, anche in relazione al tessuto in cui si
trovano, ma sono caratterizzati da microvilli che si proiettano all‘esterno della superficie cellulare.
Si distinduono due tipi principali a seconda del contenuto in enzimi proteolitici dei loro granuli: se
contengono solo triptasi le cellule sono definiti con la sigla MCT, localizzati prevalentemente nel
tubo digerente e nel polmone; se contengono triptasi e chimasi la sigla identificativa è MCTC e si
trovano principalmente nella cute. I granuli, però, contengono principalmente istamina ed eparina.
I mastociti sono interessati nella patogenesi delle alterazioni vascolari nel processo infiammatorio:
influenzano la permeabilità vascolare per mezzo delle proteasi e dell‘eparina, e, se attivate da PAF
o da citochine macrofagiche, producono inoltre IL-3, 4, 5, 6, GM-CSF, leucotrieni, prostaglandine e
lo stesso PAF, fattori che reclutano i leucociti (es. eosinofili con IL-3 e 5). L‘eparina potrebbe avere
anche un ruolo anti-infiammatorio, inibendo alcune proteasi. All‘inizio del processo infiammatorio i
mastociti degranulano, liberando le loro sostanze presintetizzate, tra cui istamina, che altera la
permeabilità vascolare. In seguito sono prodotte citochine e mediatori lipidici. I mastociti sono
numerosi in infiammazioni croniche e nei fenomeni neoplastici. Hanno un ruolo nella patogenesi
dello shock anafilattico e in patologia quali l‘orticaria pigmentosa (accumulo di mastociti in
lesioni cutanee e aumento del contenuto di istamina nelle zone colpite ma anche in circolo e nelle
urine).
Fibroblasti
Sono i normali costituenti del connettivo e hanno un ruolo nei tessuti infiammati, presiedendo alla
riparazione delle lesioni con la cicatrizzazione. In questa fase si ha loro proliferazione e
differenziamento da cellule staminali.
CARATTERISTICHE GENERALI DEGLI ESSUDATI
L‘aumento di permeabilità, della pressione idrostatica, la riduzione del ritorno venoso determinano
formazione di edema infiammatorio, costituito da un essudato prevalentemente liquido nelle
infiammazioni acute e tendente al solido (per la grande presenza di cellule) nelle infiammazioni
croniche. L‘essudato si forma nell‘interstizio ma può raccogliersi in cavità preesistenti o
neoformate. Nelle cavità preesitenti (cavo pleurico, peritoneale, pericardico…) l‘essudato prende il
nome di versamento e l‘infiammazione si indica col nome dell‘organo seguito dal suffisso –
iteessudativa (es. pleurite essudativa). L‘essudato ha caratteristiche fisiche e chimiche che variano
a seconda di causa, sede e gravità dell‘infiammazione. Va però distinto dal trasudato, che è la
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fuoriuscita non infiammatoria di liquido dai vasi (per stasi, ipoproteinemia ecc.): anche il trasudato
dà edema e può raccogliersi in cavità dove prende il nome di idrope(idrotorace in cavo pleurico,
ascite in cavo peritoneale, idropericardio etc.).
 L‘essudato ha una parte liquida e una parte cellulare. La parte liquida ha composizione
simile al plasma, contenendo proteine in quantità proporzionale alla gravità
dell‘infiammazione: inizialmente albumine, poi globuline e fibrinogeno, per un contenuto
proteico sempre superiore a 2,5-3 g/100g (nel sangue è 7,5-8g/100g). Il trasudato le
proteine sono scarse e prevalentemente rappresentate da albumine.
 Il pH dell‘essudato è acido e a volte è inferiore a 6. Ciò è dato da accumulo di cataboliti
acidi (es. acido lattico). Nei trasudati la sofferenza cellulare è minore e il pH diminuisce
poco.
 Gli essudati contengono metaboliti dei tessuti (che abbassano il pH) o prodotti derivanti dal
disfacimento, ad es. enzimi come le idrolasi o acidi nucleici e fosfolipidi derivanti dalla
morte dei granulociti e dei microbi (particolarmente nell‘infiammazione purulenta). Gli
acidi nucleici e i fosfolipidi si legano alle proteine dando un fenomeno detto reazione di
Rivalta: una goccia di essudato lasciata scorrere in un cilindro pieno di acqua e acido
acetico dà una nubecola similea fumo causata dalla precipitazione delle proteine legate alle
macromolecole anioniche (particolarmente acido ialuronico). Il trasudato non dà questa
reazione per la scarsità di proteine e soprattutto di altre macromolecole tissutali.
ASPETTI MORFOLOGICI DEL PROCESSO INFIAMMATORIO ACUTO
Le infiammazioni acute presentano quadri morfologici diversi a seconda della causa, dell‘intensità
della causa e della natura del tessuto coinvolto: la classificazione è fatta sulla base dell‘aspetto
dell‘essudato.
Infiammazione sierosa e siero-fibrinosa
È caratterizzata da essudato abbondante, povero di cellule e fibrina. È molto frequente, le cause
sono molto varie ed esprime un‘alterazione della permeabilità capillare moderata, con passaggio di
liquidi e sostanze disciolte ma diapedesi quasi assente. Infiammazione sierosa è la raccolta di
liquido limpido, ad es. tra epidermide e derma dopo ustioni, congelamenti o irradiazione (bolle o
flittene); alcuni batteri, es. M. tuberculosisi, la provocano se colpiscono tuniche sierose (pleura,
pericardio, peritoneo etc.). L’infiammazione siero-fibrinosa è frequente nelle sierositi, malattie
delle sierose. Si formano depositi di fibrina che fanno aderire le superfici opposte della sierosa; in
seguito in queste zone inizia a deporsi connettivo che forma tessuto cicatriziale che attacca tra loro
le due superfici. Talvolta l‘aderenza è solo su una parte della sierosa e non su tutta la superficie: si
formano in questo caso pseudolegamenti detti briglie aderenziali o sinechie, che limitano la
mobilità delle parti contrapposte o possono strozzare organi cavi (es. briglie del peritoneo strozzano
l‘intestino).
Infiammazione fibrinosa
È caratterizzata da un essudato molto ricco di fibrina: affinché avvenga sono necessarie
un‘alterazione abbastanza grave della permeabilità endoteliale che permetta la fuoriuscita di
fibrinogeno (cenvertito in fibrina in sede extravascolare) e la capacità del tessuto di drenare liquido.
L‘essudato è infatti solido e al microscopio appare costituito da una rete di filamenti.
L‘infiammazione è tipica delle sierose, che diventano ruvide, spesse e perdono la loro lucentezza
(sierosite secca). Ne è un esempio la pleurite secca, di natura spesso tubercolare, in cui lo
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sfregamento delle pleure è auscultabile nel torace all‘atto dei movimenti respiratori. I depositi
fibrinosi possono essere risolti da proteasi leucocitarie e plasmatiche. Le sierositi secche hanno
tendenza alla formazione di briglie aderenziali. Le infiammazioni fibrinose sono soprattutto di
origine batterica: esempi classici sono la polmonite e la difterite.
La polmonite, causata da pneumococco o diplococco, ha diversi stadi. Inizialmente c‘è una fase di
congestione data dall‘iperemia attiva, seguita da un passaggio di essudato negli alveoli, inizialmente
sieroso, poi con fibrina e cellule, fino a far passare globuli rossi: l‘alveolo è impedito nello svolgere
la sua funzione respiratoria e intanto l‘area infiammata assume consistenza simile a quella del
fegato. Si parla di epatizzazione rossa. Gli eritrociti vanno in lisi e vengono fagocitati dai
macrofagi. L‘essudato emorragico si riversa nei bronchioli e finisce nell‘escreato (escreato croceo),
la fibrina però non esce dall‘alveolo ma polimerizza formando un reticolo che comprime le pareti
dell‘alveolo stesso e i capillari che decorrono nei setti riducendo il flusso ematico: si parla di
epatizzazione grigia perché in questa condizione risalta il colore del carbone e delle polveri
depositate nei setti. La fibrinaviene in seguito rimossa dai macrofagiper fagocitosi e mediante
secrezione nel tessuto di proteasi: l‘accumulo di leucociti dà alla zona una colorazione giallastra
(epatizzazione gialla). Si ha quindi risoluzione: la fibrina viene eliminata e l‘alveolo recupera la
sua funzione. Complicazioni della polmonite sono l‘ascesso polmonare, in cui si ha una
infiammazione purulenta a causa dell‘elevata virulenza dei microrganismi, e la carnificazione, in
cui la fibrina non è stata efficacemente rimossa e i fibroblasti risolvono deponendo connettivo.
La difterite è causata dal corynebacterium dyphteriae, che si localizza sulle mucose e sulle ferite
superficiali e rilascia una tossina che manda in necrosi i tessuti e passa nel sangue. La tossina
inibisce la sintesi proteica, specialmente in cuore, fegato e rene. Nel tessuto leso, spesso tonsille e
faringe, si produce infiammazione fibrinosa: si parla di angina difterica, la zona infiammata si
presenta intensamente rossa con macchie bianche costituite da fibrina e leucociti (sono dette
pseudomembrane, loro rimozione causa sanguinamento), lo strato profondo è necrotico.
L‘alterazione della permeabilità è molto grave e l‘edema spesso causa morte precoce per occlusione
delle vie aeree.
Infiammazione catarrale
È propria dei tessuti che elaborano muco, principalmente vie aeree, tubo digerente e uretra. Il muco,
prodotto da cellule caliciformi o ghiandole situate nelle mucose o nelle sottomucose, diventa il
principale componente dell‘essudato in caso di infiammazione, oltre alle cellule epiteliali sfaldate.
Le mucose si presentano arrossate e coperte di essudato vischioso e giallastro, il connettivo è
edematoso e pieno di cellule infiammatorieche passano nell‘essudato dando il caratteristico colore
giallo. Se il numero di granulociti è rilevante si parla di infiammazione mucopurulenta.L‘aumento della secrezione di muco è dovuto all‘iperemia che fornisce materiale alle
cellule ghiandolari. Il muco ha funzione difensiva: intrappola gli agenti flogogeni e, nelle vie aeree,
stimola la tosse, permettendo la loro eliminazione. Il muco blocca anche alcuni virus, come quello
influenzale, inibendo il contatto con le cellule e neutralizzando gli enzimi che i virus usano per
penetrare nella mucosa.
Infiammazione purulenta
È caratterizzata dalla presenza di pus, un essudato molto ricco di cellule.
-Il pus si raccoglie in cavità non preesistenti, formando un ascesso, o in cavità preesistenti, e in
questi casi si dà nome all‘infiammazione a seconda della cavità interessata: piotorace (cavità
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pleurica), pioperitoneo,piopericardio, piocele (cavità vaginale del testicolo), pioarto (nella cavità
articolare) etc.
- Le raccolte di pus in cavità che non comunicano con l‘esterno (o che vi comunicano ma il cui
dotto è obliterato dall‘infiammazione, es. la cistifellea) sono dette empiemi;
-se l‘infiammazione non resta circoscritta ma si diffonde usando guaine tendinee, borse sierose etc.
si parla di flemmone, indice di una immunità insufficiente.
L‘infiammazione purulenta è causata quasi sempre da batteri, solitamente ma non esclusivamente
dai piogeni (streptococco e stafilococco), ma anche sostanze irritanti possono dare pus. I piogeni dal
luogo dell‘infiammazione possono diffondersi ad altri luoghi attraverso il sangue (piemia). Si parla
di ascessi metastatici. Il pus è giallo, a volte il suo colore è mascherato dalla presenza di sangue; la
densità varia in base alla fase dell‘infiammazione:diminuisce col tempo (diminuisce la quantità di
cellule che passano per diapedesi e le cellule morte si fluidificano); il pH è più acido degli altri
essudati e, se scende sotto a 6, si ha precipitazione di proteine che arricchiscono la componente
solida. La componente solida è data da cellule, microrganismi e fibrina. Le cellule sono granulociti
che hanno fagocitato i microrganismi e, non riuscendo ad ucciderli avendo terminato i granuli, sono
stati da questi uccisi: appaiono colpiti da fenomeni degenerativi, principalmente degenerazione
grassa. Il pus è bonum et laudabile, poiché indice di risposta immune ma ubi pus, ibi evacua, il pus
va rimosso poiché potrebbe diventare terreno di coltura per microrganismi, che possono diffondersi
nell‘organismo, anche grazie agli enzimi litici rilasciati dai granulociti. La parte liquida del pus,
oltre che dagli enzimi, è costituita da acidi nucleici e lipidi delle cellule morte.
Nell‘ascessocaldo il pus si raccoglie in una cavità le cui pareti sono formate da globuli bianchi in
un reticolo di fibrina:membrana piogena. Questa deve essere eliminata all‘incisione dell‘ascesso
altrimenti il pus si riforma dato che i granulociti sono pieni di microrganismi. All‘interno
dell‘ascesso spesso ci sono frammenti di tessuto necrotico (cencio necrotico). Fuori dall‘ascesso ci
sono segni dell‘infiammazione sempre più attenuati.
L‘ascesso freddo, tipico della tubercolosi, è una raccolta di materiale fluido, torbido, con poche
cellule, prevalentemente linfociti. Non si tratta di infiammazione purulenta ma di una raccolta di
materiale necrotico colliquato dai focolai tubercolari che ne costituiscono le pareti. Esempio tipico
sono gli ascessi freddi che si formano nella fascia del muscolo ileopsoas a causa del materiale
tubercolare derivante dalle lesioni vertebrali nel morbo di Potto spondilite tubercolare. Il
particolare aspetto del pus è dato dal pH<6.
Infiammazione emorragica e necrotico-emorragica
L‘infiammazione è emorragica se si ha rottura dei vasi o alterazione della permeabilità tale da
lasciar passare gli eritrociti. Tipici casi sono dati da infezioni della cute come il carbonchio, il
vaiolo, il tifo esantematico; oppure dalla glomerulonefrite acuta: l‘emorragia è dimostrata dalla
presenza di eritrociti nelle urine (ematuria). L‘infiammazione è necrotico-emorragica se c‘è
presenza di necrosi per azione diretta del flogogeno o per la situazione del circolo ematico.
Manifestazioni necrotico-emorragiche possono aversi anche in stati di sensibilizzazione allergica
verso antigeni batterici (ipersensibilità ritardata), es. nella reazione tubercolinica
Nel carbonchio la necrosi è data dalle tossine. Nel tifo si ha interessamento delle placche di Peyer
per infezione da Salmonella: inizialmente c‘è essudazione con reclutamento prevalente di
macrofagi, poi inizia la necrosi che dà emorragia per rottura della parete vasale: alla rottura del
tessuto morto superficiale (escara) si ha sanguinamento (enterorragia) anche a distanza di anni.
Infiammazione allergica
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È un processo infiammatorio che caratterizza l‘ipersensibilità immediata. Inizialmente si ha
aumento della permeabilità capillare e essudazione a causa della liberazione di istamina, in seguito
si ha diapedesi degli eosinofili, che sono segno patognomonico di infiammazione allergica. Un caso
tipico è la rinite da ipersensibilizzazione verso il polline, in cui il processo evolve poi verso
l‘infiammazione catarrale.
RIPERCUSSIONI SISTEMICHE DELL‘INFIAMMAZIONE
L‘infiammazione consiste generalmente di fenomeni difensivi locali in un tessuto oggetto di danno,
tuttavia è spesso accompagnata da fenomeni sistemici, in proporzione all‘entità dell‘infiammazione
stessa: febbre, aumenta la sintesi di ormoni quali ACTH e cortisolo, aumentano nel sangue le
proteine di fase acuta (PFA) e i leucociti, soprattutto neutrofili (leucocitosi con neutrofilia) indotti
da citochine come GM-CSF. Queste risposte si hanno in seguito alla liberazione di citochine
infiammatorie che sul SNC inducono febbre, alterazioni comportamentali e attivano l‘asse
ipotalamo-ipofisi-surrene, e agiscono anche sul fegato e sul midollo osseo.
Una modificazione ematologica presente nei processi flogistici è l‘aumento della velocità di
sedimentazione degli eritrociti (VES). Normalmente gli eritrociti hanno carica complessiva di
superficie negativa: durante un‘infiammazione questa carica cambia esono favoriti processi di
aggregazione. Il fenomeno è probabilmente dovuto a un aumento di glicoproteine acide nel plasma.
La VES aumenta anche in caso di malattie autoimmuni a causa della deposizione sulla membrana di
complessi antigene-anticorpo.
Proteine di fase acuta
Sono prodotte dal fegato, la loro presenza è sintomo di un processo flogistico. Le principali sono la
proteina C reattiva, il precursore sierico dell’amiloide, l’α2-macroglobulina, l’aptoglobina
(elimina l‘emoglobina dal circolo), il fibrinogeno, (amplifica la componente trombotica
dell‘infiammazione), C4BP (proteina legante il C4), l’α-glicoproteina acida (ha effetti
antiedemigeni), l’ α1-antichimotripsina, la proteina legante il mannosio, la siero amiloide A e
la siero amiloide P. Aumenta anche l‘α-antitripsina, che riduce i meccanismi di danno tissutale. In
concomitanza dell‘aumento di PFA si ha diminuzione di albumina e dei livelli di ferro:
l‘ipoferremia è utile perché il ferro è un fattore importante per la replicazione batterica, in questo
modo si limita loro la disponibilità di questo elemento. Le PFA sono sintetizzate in risposta a
citochine infiammatorie IL-1, TNF, IL-6, che sono coinvolte anche nell‘induzione della febbre e
nella stimolazione di adesività da parte dell‘endotelio. La stimolazione dell‘epatocita con le
citochine infiammatorie attiva il fattore trascrizionale NF-IL6, che induce sintesi delle PFA, e
contemporaneamente riduce i livelli di C/EBP, il fattore di trascrizione dell‘albumina.Le PFA sono
sintetizzate nel reticolo endoplasmatico rugoso, ma passano anche in quello liscio, nel Golgi e
vengono secrete mediante vescicole: è un processo lungo e regolato, occorrono infiatti 24-48 ore
dall‘inizio del processo infiammatorio perché i livelli plasmatici delle PFA aumentino.
La proteina C reattiva (la concentrazione ematica aumenta da 0,2mg/ml a 10mg/ml),
l‘amiloidesierica A e la proteina legante il mannosiosi fissano sulla superficie dei batteri favorendo
l‘attivazione del complemento legandosi anche a C1q, primo componente della via classica.
Funzionano inoltre da opsonine e facilitano riconoscimento e fagocitosi da parte dei fagociti sia dei
batteri, sia delle cellule dell‘ospite morte. Le amiloidi sono inoltre componenti delle matrici
extracellulare e hanno un ruolo nel riparo e rimodellamento tissutale.
Leucocitosi
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L‘infiammazione si associa ad aumento dei globuli bianchi circolanti: sono essi infatti i principali
effettori dell‘immunità. I globuli bianchi aumentano con due meccanismi: le chemochine reclutano
nel midollo il pool di leucociti pronti all‘esportazione; le citochine IL-1, IL-6 e TNF inducono
aumento della produzione di fattori di crescita: IL-6 è esso stesso fattore di crescita per piastrine,
GM-CSF stimola i precursori mieloidi, IL-5 gli eosinofili. I leucociti aumentano a seconda
dell‘origine dell‘infiammazione, così valutando la natura della leucocitosi si può diagnosticare la
causa della flogosi: malattie batteriche sono associate a un aumento di neutrofili, malattie virali
sono associate ad aumento dei linfociti, malattie allergiche o da elminti sono associate ad aumento
degli eosinofili.
Infiammazione sistemica e shock settico
Ci sono circostanze in cui l‘infiammazione è sistemica, ovvero gli induttori della risposta
infiammatoria sono in circolo e attivano tutte le cellule macrofagiche e endoteliali. Si parla di
sindrome infiammatoria sistemica (SIRS): è innescata da presenza in circolo di microbi e loro
prodotti o da fattori di degradazione tissutale presenti ad esempio in grandi traumi o ustioni. La
SIRS non è quindi necessariamente associata a infezione microbica, mentre la sepsi sì. La
manifestazione più grave della sepsi è lo shock settico: i prodotti batterici (es. LPS) attivano i
fagociti, che producono citochine infiammatorie, responsabili del quadro clinico. IL-1 e TNF
agiscono sull‘endotelio attivando programmi proinfiammatori e protrombotici: si ha
ipercoagulabilità con la comparsa di coagulazione intravascolare disseminata (CID).
L‘attivazione endoteliale inoltre causa alterazioni del microcircolo provocando ipotensione,
caratteristica principale dello shock. Le citochine agiscono inoltre anche su determinati organi: sul
cuore diminuiscono la contrattilità dando problemi di pressione sanguigna e di perfusione; col
coinvolgimento del renesi aggrava lo shock; nel fegatol‘aumentata sintesi di fibrinogeno aggrava
l‘ipercoagulabilità. Gli inibitori delle citochine (es. IL-1ra) non danno buoni risultati nella terapia
dello shock settico, forse perché al momento della diagnosi è già stata prodotta una ingente quantità
di citochine che hanno già iniziato ad agire sugli organi. Risultati migliori sono stati ottenuto con la
proteina C attivata (da non confondersi con la proteina C reattiva), un anticoagulante.
EVOLUZIONE DEI FOCOLAI FLOGISTICI
L‘evoluzione di un processo infiammatorio è diversa a seconda delle cause e della gravità. La forma
di evoluzione più grave è la necrosi. Il materiale necrotico viene fagocitato dai macrofagi e
sostituito con tessuto fibroso. Può però accadere che, se l‘area è estesa e le idrolasi sono attive nel
tessuto, il materiale necrotico colliqua e si apre una strada verso l‘esterno, aiutata dagli agenti
patogeni, specialmente se batteri: si parla di fistola.
Un‘evoluzione più favorevole è la guarigione: l‘agente patogeno viene eliminato, i detriti vengono
rimossi dai fagociti e l‘essudato viene riassorbito. La possibilità di guarigione completa dipende
dalla sede e dall‘estensione del processo: in alcune situazioni le cellule perse, ad es. le perenni, non
vengono sostituite e si ha deposizione di connettivo, con compromissione funzionale; altre volte si
ha maturazione di nuovi elementi da parte di cellule staminali. La risoluzione dell‘infiammazione
avviene sia per meccanismi passivi, quali apoptosi delle cellule infiammatorie e catabolismo dei
mediatori infiammatori, sia per meccanismi attivi:vi sono sostanze che bloccano alcuni eventi
prodotti dai mediatori dell‘infiammazione: sono indicate col nome generico di antiflammine. Le
principali sono le lipocortine, proteine che inibiscono la fosfolipasi A2 impedendo la formazione di
PAF su granulociti, macrofagi e cellule endoteliali; inibiscono la chemiotassi e l‘adesione
leucocitaria. Ulteriori sostanze derivano dall‘acido arachidonico come le lipossine, che inibiscono il
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reclutamento dei granulociti, richiamano macrofagi non infiammatori e riducono la permeabilità
vascolare. Altri mediatori anti-infiammatori lipidici sono le resolvine e le protectine. L‘aspirina è
un farmaco che inibisce la produzione di prostaglandine e stimola sintesi di lipossine, resolvine e
protectine.
Una possibilità intermedia di evoluzione è la cronicizzazione, a cui si giunge se le cause flogogene
permangono a lungo o non vengono eliminate.
INFIAMMAZIONE CRONICA
Le infiammazioni croniche si distinguono dalle acute per la prevalenza dei fenomeni cellulari sui
vascolari. Sono definite dalla persistenza di una risposta infiammatoria per un periodo di tempo
protratto (mesi-anni) e dal concomitante persistere di meccanismi di danno e riparo tissutale.
L‘infiammazione può essere cronica dall‘inizio o lo può diventare a seguito di evoluzione di una
forma acuta: questi due tipi di flogosi cronica sono diverse tra loro, perché le infiammazioni acute
cronicizzate mantengono alcune caratteristiche proprie del processo acuto, ad esempio
l‘essudazione.
La risposta cronica è determinata dalla persistenza o mancata eradicazione dell‘agente lesivo,
conpersistenza di attivazione di processi reattivi che causano danno cellulare e che attivano
meccanismi riparativi. La non efficace rimozione dell‘agente lesivo può esser dovuta a condizioni
locali, come la persistenza di materiale necrotico o purulento; condizioni dell‘ospite, come difetti
immunologici (es. deficit di complemento o di radicali dell‘ossigeno nella malattia granulomatosa
cronica); proprietà del patogeno, che lo proteggono dalle azioni dei fagociti, ad es. nel caso di corpi
estranei non degradabili o esposizione continua a sostanze chimiche tossiche esogene o endogene.
Nel passaggio da processo acuto a cronico si ha diminuzione dei fenomeni vascolari e della
componente cellulare nell‘essudato. I granulociti vengono sempre più sostituiti da macrofagi,
linfociti e plasmacellule, che si dispongono a manicotto intorno ai vasi del tessuto interessato
formando piccoli focolai, gli infiltrati o manicotti parvicellulari. La sostituzione dei granulociti
con questi altri tipi cellulari indica che da una fase di emergenza dominata dalla fagocitosi si è
passati a una fase di risposta immune specifica. Si assiste inoltre alla proliferazione di piccoli vasi
(angiogenesi) e a una reazione di rimodellamento e riparo tissutale da parte dei fibroblasti, che
progressivamente sostituisce il parenchima con connettivo (fibrosi). Le forme di infiammazione
cronica che esordiscono già come tali hanno evoluzione insidiosa, con fase acuta spesso inapparente
o paucisintomatica. Queste forme primariamente croniche sono dovute a patologie autoimmuni in
cui vengono danneggiati tessuti che esprimono autoantigene (ipersensibilità di tipo II) o in cui si
depositano immunocomplessi(ipersensibilità di tipo III); oppure ad agenti infettivi poco tossici ma
molto resistenti che inducono risposta cellulo-mediata (ipersensibilità di tipo IV). Le citochine
principali sono INF-γ prodotto dai linfociti T e TNF prodotto dai macrofagi. Entrambe potenziano i
macrofagi. TNF è il principale responsabile del danno tissutale. L‘infiammazione cronica provoca
progressiva obliterazione dei vasi: si hanno disturbi di perfusione che causano degenerazioni.
Esempio: nella gastrite cronica si ha atrofia della mucosa gastrica con achilia (assenza di HCl), che
porta a malassorbimento di ferro, manca inoltre la produzione di fattore intrinseco con incapacità di
assorbire la vitamina B12 e conseguente anemia.
L‘infiammazione cronica ha due aspetti: diffuso (o interstiziale) e granulomatoso.
L’infiammazione cronica diffusa ha aspetti generici, simili da un caso all‘altro. I macrofagi non
sono abbondanti, ci sono infiltrazioni di linfociti e plasmacellule e proliferazione di fibroblasti.
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Esempi tipici sono le malattie autoimmuni. È detta interstizialeperché interessa il connettivo di
organi parenchimatosi: si ha ad es. epatite interstiziale (si forma connettivo in eccesso che manda in
atrofia gli epatociti), nefrite interstiziale (infiammazione con processi regressivi dei tubuli renali).
Le infiammazioni interstiziali hanno per esito la sclerosi, con retrazione cicatriziale che strozza le
cellule epiteliali compromettendone la nutrizione.
L’infiammazione granulomatosa è caratterizzata dalla presenza di granulomi, formazioni
circoscritte con esuberante reazione cellulare e presenza di macrofagi, linfociti e plasmacellule. I
granulomi hanno aspetti variabili in base ai vari casi, ma hanno caratteristiche comuni:
 Fenomeni vascolari fugaci: sono presenti inizialmente, ma sono subito sopraffatti dai
fenomeni produttivi. La diapedesi dei granulociti è quasi assente (ad eccezione degli
eosinofili nel caso di allergie o parassiti).
 Prevalenza dei fenomeni produttivi: nella zona accorrono linfociti, plasmacellule e
macrofagi. I macrofagi in gran numero fanno assumere al tessuto aspetto parenchimatoso, si
ammassano l‘uno sull‘altro appiattendosi e diventando cellule epitelioidi, che comprimono i
capillari ostacolando il passaggio del sangue. Le parti centrali del granuloma sono quindi
malnutrite e vanno incontro a degenerazioni o necrosi. I macrofagi hanno vivace attività
fagocitaria e contengono spesso microbi o materiali fagocitati ma non digeriti.
 Presenza di cellule derivate dai macrofagi: vi sono cellule peculiari di determinati
granulomi, ma alcuni tipi cellulari sono comuni in tutti i granulomi, ad es. le cellule giganti
polinucleate, derivate dalla fusione di più cellule epitelioidi. Nel granuloma tubercolare
prendono il nome di cellule di Langhans.
 Partecipazione dei processi immunitari, dimostrata dalla presenza di linfociti e
plasmacellule e dalle prove sierologiche.
 Evoluzione verso la necrosi, per lo più coagulativa o caseosa nel granuloma tubercolare o
colliquativa nel sifilitico.
 Guarigione con sclerosi e formazione di cicatrici.
Si ha infiammazione granulomatosa in due casi.
 In presenza di materiale corpuscolato inerte ma non digeribile dai macrofagi o tossico si
forma il granuloma non immunologico, in cui al centro c‘è il corpo estraneo circondato da
macrofagi, che si organizzano in cellule giganti multinucleate, e all‘esterno una capsula
fibrosa. I linfociti sono assenti.
 In presenza di agenti non degradabili ma con funzione antigenica (es. microbi fagocitati ma
non digeribili) si forma un granuloma immunologico, caratterizzato da un importante
infiltrato linfocitario oltre che macrofagico. I macrofagi reclutano e attivano linfociti T
helper specifici per l‘antigene, che a loro volta attivano ulteriormente i macrofagi per
eradicare l‘agente infettivo. All‘esterno c‘è una capsula fibrosa, ilcentro va frequentemente
in necrosi.
MEDIATORI CELLULARI E MOLECOLARI
L’infiltrato macrofagico
I macrofagi sono i principali attori dell‘infiammazione cronica. Nel corso dell‘infiammazione
vengono reclutati in 24-48 ore da mediatori locali quali chemochine CC e, in misura minore, IL-1 e
TNF. Alcuni si trovano già quiescenti nel tessuto, ma la maggior parte deriva dal differenziamento
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di monociti circolanti. I fattori infiammatori e il legame dei PRR con i ligandi attivano il macrofago
che secerne citochine infiammatorie, chemochine e fattori per il rimodellamento tissutale. In
seguitosecernono citochine anti-infiammatorie e molecole per angiogenesi e fibrosi.
Linfociti T e polarizzazione delle risposte
Nel granuloma immunologico si ha risposta immune specifica. Il tipo di patogeno (e in parte la
predisposizione genetica dell‘ospite) determina quale tipo di linfociti infiltreranno il tessuto, Th1 o
Th2, che produrranno citochine differenti polarizzando la risposta.
Risposta polarizzata di tipo 1. I Th1 sono presenti in risposte contro patogeni intracellulari. Su
stimolazione dell‘antigene e dei macrofagi secernono INF-γ, che interagisce con un recettore (INFγR) formato da catene che dimerizzano a seguito del legame col ligando e reclutano le tirosin
chinasi JAK1 e 2 che attivano STAT1.STAT1 dimerizza, migra nel nucleo e attiva geni che
contengono sequenze dette IRS(IFN Response Sequences). IFN-γ provoca :
-l‘attivazione classica dei macrofagi:viene potenziatal‘espressione di recettori per opsonine,
MHCII, molecole costimolatorie, e vengono potenziate le proprietà battericide, trascrivendo i geni
per NADPH ossidasi, NO sintasi. Vengono secrete inoltre chemochine CC per reclutare ulteriori
macrofagi e CXCL (9,10 e 11)per reclutare ulteriori Th1. L‘attivazione classica potenzia le attività
infiammatorie e citotossiche del macrofago per l‘eliminazione di patogeni intracellulari
-aumenta l‘autofagia e riduce l‘attivazione dell‘inflammosoma(viene somministrato nelle patologie
come psoriasi,lupus,herpes,epatiti).
Risposta polarizzata di tipo 2. I Th2 sono presenti in risposte allergiche o contro patogeni
extracellulari. I Th2 secernono IL-4, 5 e 13. IL-4 e 13 dopo legame col recettore attivano JAK1 e 3,
che fosforilano STAT6, che fa trascrivere geni responsabili dell‘ulteriore attivazione dei Th2,
dell‘inibizione del‘attivazione dei Th1 e dello switch immunoglobulinico verso le IgE. IL-4 e 13 sui
macrofagi determinano attivazione alternativa: è indotta la secrezione di molecole antiinfiammatorie come IL1-ra, IL-1RII e IL-10 ed è potenziata la fagocitosi, sono inibite le proprietà
microbicide ed è stimolata la sintesi di molecole che favoriscono proliferazione cellulare e
deposizione di collagene. Ciò serve ad isolare l‘agente infiammatorio in una precisa zona e a
favorire l‘eliminazione di detriti e la riparazione delle zone circostanti. Sono inoltre secrete
chemochine CCL che reclutano ulteriori Th2. Alcune CCL, assieme a IL-5 dei Th2, reclutano anche
gli eosinofili. Gli eosinofili hanno granuli che contengono perossidasi, proteina basica maggiore,
proteina cationica e altre sostanze citotossiche in grado di eliminare i patogeni extracellulari, come
gi elminti. In caso di infiammazione allergica però questa risposta è inappropriata e determina
danno tissutale, seguito dalla riparazione con fibrosi.
GRANULOMI
Granulomi da agenti non viventi
Sostanze estranee all‘organismo che penetrano nei tessuto provocano granulomi da corpo estraneo.
I corpi estranei possono essere schegge di legno, proiettili, spine, materiali silicei, fibre tessili, punti
di sutura etc. il granuloma da corpo estraneo è costituito dal corpo estraneo centralmente, circondato
da cellule epitelioidi e giganti plurinucleate allungate o rotondeggiante, numerosi sono i linfociti, le
plasmacellule e i fibroblasti. I fenomeni necrotici sono quasi nulli. I macrofagi vengono attirati dai
materiali estranei; l‘indigeribilità e la non solubilizzazione del corpo estraneo sono causa della
cronicità. Il granuloma ha scarsa tendenza alla riparazione, ma guarisce spontaneamente se il corpo
estraneo viene asportato. I granulomi da agenti non viventi sono spesso dovuti a sostanze chimiche,
ad esempio l‘elaioma o granuloma da olio, causato dall‘iniezione di materiali oleosi, come alcuni
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medicamenti. Il paraffinoma è un granuloma un tempo frequente che si ha a seguito di iniezione di
paraffina in interventi di chirurgia estetica alla mammella. Oggi la paraffina è stata sostituita dal
silicone, che dà raramente granulomi.
Uno dei granulomi più importante è il granuloma da silice tipico della silicosi, una malattia
professionale. Il granuloma da silice nel sottocute è analogo agli altri granulomi da corpo estraneo,
mentre il granuloma polmonare ha aspetti particolari. La silicosi è una patologia tipica di chi lavora
a contatto con polveri (minatori, scavatori, operai che lavorano vetro o acciaio ecc.). Solo la silice in
forma cristallina produce granulomi. Il granuloma ha inizio col giungere dei macrofagi, reclutati da
altri macrofagi per primi venuti a contatto con la silice. Le particelle vengono fagocitate ma sono
indigeribili: si riversa fosfatasi acida nel citoplasma e il macrofago va in necrosi. Inizia un processo
flogistico vascolo-essudativo, seguito da fenomeni produttivi e dall‘elevata attività fibroblastica che
provoca intensa fibrosi per produzionedi abbondanti fibre del connettivo (feltro fibroialino). Le
cellule dei vasi sono colpiti da degenerazione ialina e vasculiti. I granulomi tendono a confluire
formando estese lesioni. Oltre che con la forma granulomatosa propriamente detta, la silicosi può
manifestarsi in forma nodulare (prevale la fibrosi); anodulare o interstiziale diffusa (senza
granulomi definiti, ma con fibrosi diffusa attorno a vasi e bronchioli) che degenera in silicosi
massiva primitiva, quando interessa interi lobi polmonari; silico-tubercolosi, associata alla
tubercolosi, favorita dalla riduzione dell‘attività macrofagica per ingestione di particelle di silice.
Altri granulomi da inalazione di polveri sono la pneumoconiosi da carbonato di calcio, le silicosi
nera e rossa, da limatura di ferro e ematite rispettivamente il granuloma da asbesto. Quest‘ultimo è
tipico dell‘inalazione di amianto (silicato di magnesio). L‘amianto è inalato in forma di cristalli
aghiformi che si depositano nei bronchioli provocando una infiammazione con forte componente
essudativa e neutrofilica. Successivamente prevalgono macrofagi e linfociti, che formano il
granuloma. Le fibre di asbesto vengono circondati da strutture proteiche ricche di Sali di calcio e
prendono il nome di corpuscoli dell‘amianto, ritrovabili anche nell‘escreato. I corpuscoli sono di
grandi dimensioni e vengono fagocitati con fatica, provocando danni al macrofago che va in necrosi
e rilascia enzimi idrolitici lisosomiali, causando necrosi colliquativa neltessuto.
Granulomi da agenti viventi:
Granulomi da macroparassiti
I macroparassiti più frequenti sono la tenia solium, l‘echinococco, le filarie e gli schistosomi. La
tenia penetra nell‘organismo per ingestione di alimenti contaminati da feci contenenti le uova.
L‘uovo si schiude nel tenue e libera la larva che attraverso le vene intestinali raggiunge organi quali
sottocute, encefalo, muscolo o fegato, e lì parte la risposta infiammatoria cronica, in questo caso
chiamata cisticerco. La risposta infiammatoria è blanda ma si accentua se la tenia muore e si arriva
alla calcificazione del cisticerco. Abbondanti sono gli eosinofili.
L‘echinococco provoca cisti idatidee in fegato, polmone, cervello e ossa a seguito dell‘infestazione
causata dall‘ingestione di feci di cane, l‘ospite più comune. Il granuloma ha all‘interno il verme, a
livello intermedio una membrana elaborata dal verme e esternamente un infiltrato infiammatorio di
cellule giganti, eosinofili e fibroblasti.
Le filarie sono trasmesse attraverso le punture di zanzara e si stabiliscono nei tessuti linfatici. Si
forma un granuloma con abbondanti cellule giganti e eosinofili. Il granuloma evolve in sclerosi con
obliterazione dei vasi linfatici e linfedema a monte dell‘infiammazione (elefantiasi). Gli
schistosomi possono localizzarsi nell‘intestino crasso, nella vescica urinaria e nel fegato.
Granulomi da protozoi
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I principali sono le leishmanie e il toxoplasma. Le leishmanie vengono fagocitate da macrofagi che
non sono capaci di digerirle. Si ha spesso splenomegalia e epatomegalia. La forma di granuloma più
comune è dovuta all‘inoculazione della leishmania da parte dei flebotomi: si forma una papula
duraspesso ulcerata e microscopicamente sono presenti infiltrati di linfociti, plasmacellule e
macrofagi. Il toxoplasma si localizza in sistema nervoso centrale, occhio, polmone e miocardio.
Provoca reazione infiammatoria diffusa.
Granulomi micetici (micetomi)
I principali sono causati da actinomiceti. Le actinomicosi sono frequenti in prossimità della bocca,
nelle ossa mascellari o in regione faringea o cervicale, per infezione a causa dell‘introduzione in
bocca di oggetti contaminati. Il granuloma actinomicotico tende alla suppurazione e all‘ulcerazione,
con fuoriuscita di abbondante pus contenente le ife del fungo. La lesione è costituita al centro dalla
colonia del micete circondata da un essudato purulento di neutrofili degenerati ed esternamente un
infiltrato di macrofagi, linfociti, plasmacellule e fibroblasti.
Granulomi batterici:
granuloma tubercolare:
La tubercolosi è una malattia infettiva causata dal Mycobacterium tuberculosis, batterio acido e
alcol-resistente. L‘infezione può essere acuta o cronica: il quadro cronicoè il più comune e si
manifesta con granulomi detti tubercolipresenti prevalentemente nel polmone ma anche in altri
organi. Il tubercolo ha una struttura caratteristica: centralmente ha una zona in necrosi coagulativa
(detta necrosi caseosa per il suo aspetto giallino e la consistenza friabile) costituita da fibrina,
micobatteri, lipidi e cellule morte con degenerazione grassa; esternamente alla zona necrotica c‘è
uno strato di cellule epitelioidi e cellule giganti polinucleate (qui dette cellule di Langerhans,
patognomoniche per la tubercolosi) piene di microrganismi. Le cellule di Langerhans si
differenziano dalle cellule giganti degli altri granulomi per i loro nuclei disposti a ferro di cavallo.
Esternamente alle cellule epitelioidi c‘è un infiltrato di plasmacellule e abbondanti linfociti.
Esternamente all‘infiltrato c‘è una zona di intensa attività di fibroblasti secernenti collagene. La
zona più interna del granuloma non è irrorata a causa dell‘interruzione dei vasi allo strato delle
cellule epitelioidi dovuta sia alla strozzatura da parte delle cellule epitelioidi stesse e sia alle tossine
del micobatterio che uccidono le cellule endoteliali. Non è rara la trombosi.L‘aspetto del tubercolo
può variare tra i vari casi e in base all‘organo colpito ad es. con prevalenza della componente
linfoide sulla macrofagica etc.
Il micobatterio ha un particolare tropismo per il polmone. La risposta all‘infezione inizia con
un‘infiammazione acuta con essudato e accumulo di neutrofili che iniziano a fagocitare i batteri;
poche ore dopo giungono i macrofagimentre il numero di granulociti diminuisce. I macrofagi
fagocitano i micobatteri e si trasformano in cellule epitelioidi che non sono più in grado di
fagocitare ma contengono i batteri precedentemente ingeriti, che sopravvivono nei fagosomi
riuscendo anche a riprodursi. Il batterio ha questa capacità grazie alle cere che proteggono la sua
membrana dall‘azione degli enzimi lisosomiali; c‘è inoltre una teoria che sostiene che il
micobatterio sia in grado di impedire la fusione dei fagosomi con i lisosomi: gli enzimi si
riverserebbero nel citoplasma innescando la trasformazione del macrofago a cellula epitelioide.
Dalle cellule epitelioidi derivano le cellule giganti per fusione di più cellule oppure per divisione
del nucleo senza divisione del citoplasma. La prima ipotesi è la più probabile e la più supportata da
evidenze sperimentali.
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Le ipotesi sulle cause della necrosi sono tre:
 Azione tossica dei microrganismi: i batteri producono tossine, che agiscono però solo in
elevata concentrazione: i macrofagi resistono alle tossine a basse dosi, è perciò necessario
un gran numero di germi per dare effetti tossici. I batteri inoltre sottraggono alle altre cellule
i materiali necessari alla loro nutrizione
 Ipossia e ischemia data dalla compressione dei vasi da parte delle cellule epitelioidi, dalla
stasi ematica e dalla trombosi.
 Sensibilizzazione allergica: animali sensibilizzati rispondono con necrosi emorragica
all‘iniezione del batterio. È pertanto plausibile che avvenga un evento simile nel granuloma,
mediato da linfociti e TNF.
I tubercoli sono generalmente numerosi e disseminati nell‘organo (tubercoli miliari, a causa
dell‘aspetto biancastro dei granulomi). La diffusione è dovuta alla scarsa efficace della risposta
immune: senza antibiotico si esita quasi certamente in morte. In caso di risposta difensiva
l‘infezione cronicizza e ha diverse possibili evoluzioni:
 la più semplice è la fusione di più tubercoli che formano un nodulo, che può poi confluire
con altri noduli. Le masse necrotiche vanno incontro a fluidificazione (passaggio da necrosi
coagulativa a colliquativa) per azione delle idrolasi delle cellule epitelioidi. Il materiale
fluidificato esce dai noduli e si fa strada in altri distretti: al suo posto resta una caverna
circondata da tubercoli, la cui estensione aumenta col progredire della necrosi. L‘evoluzione
cavitaria è tipica del polmone ma è frequente anche nel rene.Il materiale fluido che si riversa
all‘esterno si raccoglie in cavità neoformate formando ascessi freddi, con pochi fenomeni
vascolo-essudativi. La via percorsa dal materiale è costellata di tubercoli. Con questo
meccanismo il batterio si diffonde all‘interno dell‘organismo e, tramite l‘escreato,
nell‘ambiente esterno. L‘evoluzione cavitaria è detta tisi e si può avere anche in altre
patologie quali la sifilide e alcune neoplasie.
 Un‘altra evoluzione è la guarigione, che si ha mediante fibrosi. Minore è l‘estensione della
lesione e più è facile che guarisca: le grosse caverne sono difficili da riempire col tessuto
fibroso. Un metodo usato per facilitare questo processo è lo pneumotorace, l‘immissione di
aria nella cavità pleurica, che fa ridurre il volume del polmone facendo avvicinare le pareti
delle caverne. Se non si ricorre a questo metodo la fibrosi si produce sulle pareti della
caverna irrigidendole. Sono stati descritti casi di detersione, in cui le lesioni
tubercolariscompaiono e vengono sostituite da epitelio bronchiale. Capita spesso, inoltre,
che le lesioni calcifichino, indicando il superamento dell‘attività.
 L‘ultima evoluzione è la quiescenza: il granuloma viene isolato dal tessuto circostante da
una capsula fibrosa che impedisce la diffusione del batterio. Il germe resta però vivo e
pronto a manifestarsi in caso di indebolimento del sistema immune.
Granuloma luetico
La sifilide è una malattia infettiva causata dal Treponema pallidum. La malattia segue tre stadi:
sifiloma primario iniziale, generalizzazione con interessamento di più organi, cronicizzazione. Il
primo stadio inizia con la comparsa del sifiloma nel luogo d‘ingresso del microrganismo,
solitamente mucosa dei genitali esterni, della regione anale o della bocca, data la natura venerea del
contagio. La lesione si manifesta tre settimane dopo il contagio come una tumefazione dura,
indolente, spesso ulcerata. C‘è edema infiammatorio con forte componente vascolare, i vasi sono
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circondati da un infiltrato linfocitario (perivascolite) che spesso penetra nel lume occludendolo
(endovascolite obliterante). L‘infiltrato abbonda anche fuori dai vasi. L‘ulcerazione è dovuta
all‘azione dei microbi e al disturbo nutritizio data dalla stasi e dall‘obliterazione dei vasi. Con la
comparsa del sifiloma si verifica anche la tumefazione dei linfonodi satelliti (gli inguinali in caso di
lesioni ai genitali), che si presentano duri e indolenti, al loro interno proliferano plasmacellule e
cellule endoteliali. Le lesioni primarie guariscono spontaneamente con cicatrici, i linfonodi vanno in
sclerosi.
Dopo 5-6 settimane dalla comparsa del sifiloma iniziale, quando questo è ormai guarito, inizia il
periodo secondario con lesioni polimorfiche: si hanno bolle, pustole, vescicole, roseole (eritemi
puntiformi: vasodilatazioni con infiltrazioni parvicellulari nel derma), papule (rilevatezze rotonde
ipercheratosiche, a volte umide, formate da connettivo edematoso ricco di plasmacellule), placche
mucose (confluenza di più papule). Nelle lesioni secondarie si riscontrano treponemi che in caso di
ulcerazione possono diffondere all‘esterno. Sono presenti fenomeni sistemici quali febbre e
disfunzioni organiche. Le lesioni secondarie guariscono senza lasciar tracce.
Il terzo stadio è caratterizzato da granulomi detti gomme, pieni di liquido bianco e vischioso,
ovvero tessuto in necrosi colliquativa. Le gomme compaiono in quasi tutti gli organi, le dimensioni
variano dal microscopico fino ad occupare un intero lobo polmonare. La parte centrale della gomma
è occupata dal tessuto necrotico, circondato da un infiltrato di plasmacellule, linfociti e cellule
epitelioidi e giganti. Il connettivo è edematoso, i vasi sono spesso preda di vasculiti che finiscono
per obliterarli. La necrosi dipende dalla compromissione dei vasi, ma non sono esclusi fattori
tossici, la colliquazione è dovuta alla ricchezza di liquido che favorisce processi idrolitici. La
gomma può svuotarsi all‘esterno mediante una fistola e/o andare in fibrosi: in questo caso c‘è
compromissione dell‘organo interessato. Il terzo stadio oltre che con le gomme si manifesta anche
con infiammazioni interstiziali diffuse con vascoliti e manicotti perivascolari, che portano a ampie
sclerosi. Esempi sono la sclerosi dell‘aorta o del tessuto nervoso di cervello e midollo spinale con
necrosi e demielinizzazione.
Granuloma della lebbra (leproma)
La lebbra è causata dal Mycobacterium leprae o batterio di Hansen. Si manifesta in due forme:
lepromatosa e tubercoloide. La lebbra lepromatosa è caratterizzata da granulomi (lepromi) su volto
(facies leonina), mani, piedi e organi interni. I granulomi portano necrosi responsabile delle
mutilazione delle parti distali. Il lepromacontiene plasmacellule, linfociti e abbondanti macrofagi
con aspetto di cellule epitelioidi con citoplasma schiumoso, piene di microbi non digeriti nei
fagosomi (cellule leprose). La necrosi centrale è scarsa o assente. Le lesioni vanno incontro a
sclerosi che strozza i vasi, determinando la necrosi delle parti distali. La lebbra tubercoloide o
maculo-anestetica è caratterizzata da macchie pigmentate lungo il decorso dei nervi, associate ad
alterazioni della sensibilità. Le lesioni sono di tipo diffuso, nonproprio granulomatoso, con linfociti,
plasmacellule, cellule epitelioidi e giganti, solitamente sono prive di microbi. Le due diverse forme
dipendono forse dalla resistenza immunitaria dei soggetti.
Granulomi con eziologia incerta
La sarcoidosi (malattia di Besnier-Boeck-Schaumann) è una malattia cronica ed evolutiva ad
eziologia sconosciuta. Sono state fatte alcune ipotesi, ad es. che sia una forma di tubercolosi, ma
non si riesce a mettere in evidenza il batterio, oppure che abbia origine micotica, allergica o da altri
microrganismi, ma nessuna di queste teorie è supportata da dati attendibili. La malattia colpisce vari
organi: cute, polmone, ossa, linfonodi, fegato, iride, corpo ciliare, parotide etc. È caratterizzata da
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un granuloma ricco di cellule giganti e povero di linfociti, la necrosi è rara e al suo posto c‘è una
sostanza ialina eosinofila. Le cellule giganti contengono ―corpi asteroidi‖, strutture a forma di stella
marina a composizione chimica ignota, ritrovabili anche in alcuni granulomi da corpo estraneo. Le
cellule giganti possono contenere anche corpi di Schaumann, formazioni tondeggianti ricche di
calcio, proteine e acidi nucleici tipiche anche della lebbra e del lupus tubercolare.
RIPARAZIONE (j-P)
La riparazione di un tessuto è un processo importante quanto complesso che coinvolge diverse
cellule (sia residenti che infiltranti) le quali devono comunicare non solo tra di loro ma anche con
l‘ECM (che rappresenta molto più di un semplice sostegno). Perché ciò avvenga correttamente
devono essere impiegate un gran numero di citochine, chemochine e molecole di adesione, nonché
dei molti fattori della coagulazione e dell‘infiammazione.
Il grande numero di fattori in gioco ci fa capire come il processo ripartivo sia finemente regolato e
modulato in modo che la risposta sia proporzionale al danno:
 tessuto esposto ad un‘agente lesivo di blanda entità si avrà una semplice risposta
infiammatoria essudativa con propria risoluzione.
 intervento di un‘agente eziologico aggressivo può esserci una perdita di tessuto (necrosi o
apoptosi) che spinge l‘organismo a mettere in atto due meccanismi principali: rigenerazione(
ripristino delle cellule funzionali del tessuto) e reintegrazione (riparo tramite deposito di
connettivo).
La capacità di un tessuto di riacquistare la sua funzionalità originale (restituzio ad integrum)
dipende dal rapporto tra rigenerazione e reintegrazione a sua volta definito dalle caratteristiche del
tessuto e dal grado della lesione.
Appare quindi come i processi riparativi siano diversi a seconda del tipo di tessuto anche se è
possibile individuare degli eventi che sono sempre presenti perchè dovuti a popolazioni cellulari
migranti od ubiquitarie come fibroblasti,cellule endoteliali, linfociti,leucociti e piastrine.Comunque
in generale danni molto estesi con interessamento dello stroma non sono riparabili per rigenerazione
neanche nei tessuti con elevato grado di reintegrazione e si va in contro a fibrosi.
Gli eventi che si susseguono possono essere raccolti nel seguente schema:
lesionecoagulazione infiammazione risposta immunitaria neoangiogenesi rigenerazione
o reintegrazione
nb di particolare importanza è lo step dell‘angiogenesi perché consente l‘accesso a cellule e fattori
trofici al sito di riparo!
RIPARAZIONE DERMO-EPIDERMICA
È un‘evento particolarmente comune e paradigmatico anche per altri tipi di rigenerazione che si
compone di diversi processi di diversa durata e ben coordinati tra loro.
-Se la ferita è a lembi giustapposti e non vi è presenza di infezione o di altri fattori che ostacolano il
processo di riparo la guarigione della ferita avviene per cosidetta prima intenzione:
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1. entro pochi minuti si attiva la cascata della coagulazione con conseguente formazione del
coagulo di fibrina e fibronectina che nella parte più esterna si disidrata divenendo
escara(→previene infezioni)nella parte inferiore fa da collante e da chemioattrente.
2. inizia la risposta infiammatoria e l‘attivazione dei cheratinociti(cellula dermica principale
presente in tutti gli strati della cute)i quali acquisiscono le capacità fagocitaria e migratoria
che gli permettono di spostarsi attraverso la fibrina del coagulo
3. entro 24-48 ore i cheratinociti hanno riepitelizzato completamente l‘area e i
leucocitiincominciano a digerire il coagulo di fibrina(proteasi,ROS e enzimi litici)
4. al terzo giorno l‘ambiante ipossico del coagulo spinge i linfociti a rilasciare fattori che
promuovono la neo angiogenesi.ci troviamo quindi di fronte ad un tessuto estremamente
vascolarizzato che acquista una colorazione particolarmente rosea ed un aspetto granuloso,
prendendo il nome di tessuto di granulazione.Contemporaneamente a questi processi
abbiamo anche l‘attivazione dei fibroblasti che iniziano il deposito di collagene di tipo 1 per
la pelle e di tipo 4 per la rigenerazione della membrana basale.
5. nell‘arco di una settimana la membrana basale si è completamente riformata , lo spessore del
tessuto aumenta (cicatrice in rilievo) ed incomincia la rigenerazione di nervi e vasi linfatici
6. nella seconda setimana la rete vasclare va in regressione e i leucociti rimasti nel tessuto
vanno in apoptosi, continua la deposizione di collagene.
7. dopo un meseil tessuto cicatriziale è maturo(continuano solo processi di legami
intermolecolari tra le fibre di collagene)e mantiene però un grado di resistenza alla tensione
che è solo il 20-30% di quello del tessuto originale dato che elastina ed altre componenti nn
vengono rigenerate.
Data però la notevole capacità del derma di rigenerarsi, se abbiamo una guarigione per
prima intensione, il tessuto è in grado di acquistare la praticamente totale restituzio ad
integrum.
Sono invece diversi i fattori che posssono rallentare il processo di riparo causando così la
formazione di una ferita per seconda intenzione :
eccessiva ampiezza della lesione, eccessiva mobilità del sito di riparo,insulti ripetuti, infezioni
secondarie, ridotta vascolarizzazione (arteriosclerosi, embolia,diabete scompensato).
in tutti questi casi la difficoltà fa si che vi sia necrosi,unfenomeno infiammatorio più intenso con
maggiore deposizione di collagene e conseguente riparazione della ferita per seconda intensione.
caratteristica distintiva della cicatrizzazone per seconda intensione (soprattutto se la lesione è
estesa) è la cosidetta contrazione della ferita dovuta al fatto che i fibroblasti si differenziano in
mio fibroblasti che, grazie a molecole di α- sm actina si comportano similmente a cellule muscolari
liscie causando un‘avvicinamento dei lembi. Lo sviluppo dei mio fibroblasti pare sia indotto da alti
livelli di TGF-β e normalmente questi vengono persi allo stadio di tessuto di granulazione.
Un altro caso che può rendere difficoltosa la guarigione della ferita impedendo la corretta restituzio
ad integrum è una mancata sintesi di collagene dovuta a malattie genetiche(sindrome di EhlersDanlos e làepidermiolisi bollosa)o in casi rari a ipovitaminosi C o ipoproteinemia.
Se abbiamo una disregolazione dei processi che causano la guarigione della ferita dermoepidermica
possono portare allo sviluppo di cicatrici abnormi: un eccessiva proliferazione dei cheratinociti
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porta alla formazione di cisti epidermoidi mentre un mancato controllo della deposizione di
collagene favorisce lo sviluppo di cicatrici ipertrofiche o deturpanti dette cheloidi.
BASI MOLECOLARI
Durante le prime fasi le molecole in gioco seono le stesse dell‘infiammazione poi intervengono
specifici fattori di crescita come:
-PDGF= citochina dimerica rilasciata prima dai granuli delle piastrine poi dai macrofagi e dalle
cellule endoteliali che inizialmente agisce da fattore chemotattico e successivamente promuove la
proliferazione e la diff dei cheratinociti.
-EGFs= si tratta di un‘intera famiglia di fattori di crescita prodotti dai cheratinociti con effetti
paracrini e autocrini
-TGF-β = inizialmente ha funzione chemiotassica poi promuove diversi processi tra cui la
proliferazione e la neoangiogenesi. Il fatto che abbia effetti diversi a seconda della concentrazione
fa pensare che agisca stimolando nelle cellule bersaglio l‘espressione di recettori per altri mediatori
solubili, in particolare pare essere fondamentale per il differenziamento dei fibroblasti in
miofibroblasti e allo stesso modo può essere implicato nella formazine di cheloidi.
-HGF-SF(hepatocyte growth factor/scatter factor)= prodotto dal mesenchima favorisce
l‘attivazione dei cheratinociti,produzione di proteasi e dissociazione,formazione di tessuto di
granulazione.
-FGFs(fibroblast growth factors):prodotto dai cheratinociti ha azione autocrina (e anche nei
fibroblasti)favorendone la proliferazione,inoltre favorisce l‘angioneogenesi e la maturazione del
tessuto cicatriziale(diminuita deposizione di collagene)
-VEGF=si tratta di sei molecole che interagiscono con tre tipi di recettori, in particolare pare sia
importante il legame del VEGF-A con il VEGFR-2. Questo recettore è in grado di dimerizzare
esplicando attività serina treonina chinasica e reclutando molecole SH 2 che attivano le kinasi FAK
(focal adhesion;riarrangiamento del citoscheletro) Akt(inibisce apoptosi e facilita produzione di
NO) e MAPK (favorisce proliferazione)
-angiopoietine
Abbiamo inoltre le proteasi invece giocano un ruolo un po‘ diverso, dato che permettono lo
sposamento delle cellule facilitando il riarrangiamento del tessuto, e tra esse si ricordano :
le metallo proteasi che digeriscono la matrice
le gelatinasi che consumano il collagene di tipo 4
le collagenasiper il collagene di tipo 1 e 3
attivatori del plasminogeno(u PA,t PA) trasformano plasminogeno in plasmina che digerisce il
coagulo.
Dato che si tratta di enzimi potenzialmente lesivi gli stessi cheratinociti sono in grado di produrre
fattori inibitori quali PAI(inibitori del plasminogeno) e TIMPS(inibitori delle metallo proteine)
Vanno infine ricordate leproteine legate all‘ ECM che nn solo forniscono l‘impalcatura ma fungono
anche da fattori di differenziamento e possiamo brevemente ricordare :
La fibronectina : proteina indispensabile per la formazione del coagulo
La laminina : proteina che siassocia al collagene di tipo 4 per stabilizzare la membrana basale.
Il collagene di tipo 1 per la formazione della pelle. Di tipo 3 per la formazione delle pareti dei vasi
nascenti, di tipo 4 per la formazione della lamina e il differenziamento dei cheratinociti.
Proteoglicani che legano i fattori di crescita e avolte fungono da veri e propri corecettori aiutando
in oltre a mantenere l‘elasticità della cicatrice.
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Integrine che partecipano a quasi tutti meccanismi di migrazione e interazione tra cellule con ruoli
molteplici
Elastina e fibrillina (le quali però nn vengono rigenerate e ciò e causa della minore elasticità della
cicatrice)
RIGENERAZIONE ASSONALE
Un danno al sistema nervoso può causare facilmente morte cellulare o danneggiare solo le porzioni
periferiche della cellula.
I due processi sono però sempre collegati dato che un neurone che ha subito resezione dell‘assone
può andare in contro a processi di atrofia detti degenerazione wallneriana e il processo
infiammatorio chene consegue può favorire la necrosi.
Nel SNC nn può esserci una vera restituzion ad integrum dato che il sito di riparo viene riempito di
astrociti che formano la cosidetta cicatrice gliale(gliosi astrocitica;costituita da glyal fibrillar acid
protein GFAP) impedendo la rigenerazione dei processi assonali e quindi la formazione di sinapsi
dannose)
Ciò è dovuta alla limitata capacità rigenerativa dei neuroni ma soprattutto al fatto che il snc si trova
in un sito di immuno privilegio dove non possono avvenire tutte quel risposte infiammatorie tanto
importanti per guidare le prima fasi della rigenerazione.
Nel SNP, anche se le cellule presenano sempre capacità rignenerative limitate , può esserci una
completa ricostruzione dell‘assone reciso.
Per far ciò il neurone, che è una cellula sostanzialmente differenziata e stabile, deve andare in
contro ad un processo di riprogrammazione genica.
I fattori che promuovono questa riprogrammazione sono soprattutto le neurotrofine ,tra cui
NGFnerve grow factor(induce sopravvivenza e differenziamento e anche neoangiogensi) ma anche
le semaforine, netrine,slit(direzionamento dell‘assone che comunque tende a crescere bìnella
regione libera).
Fasi della rigenerazione assonale:
1. il nucleo si sposta, il pirenoforo e il rer aumentano di dimensioni inoltre abbiamo
cromatolisi(il Re si disorganizza).
2. Numerose proteine neosintetizzate vengono portate a livello dell‘assone che va in contro a
rigonfiamento:ovoidi di mielina intanto che la parte recisa dell‘assone subisce un processo
di degenerazione walleriana(liberazione di dentriti,fattori chemiotattici e mielina che
richiamano i macrofagi.
3. dopo 2 o 3 giorni la parte recisa dell‘assone è completamente rimossa dagli assoni, nel
mentre le cellule di schwann proliferano e si allineano lungo la direttrice del vecchi assoni
formando le cosidette bande di brunner al fine di indirizzare le nuove strutture assonali.
4. dall‘ovoide si iniziano a generare nuovi assoni
5. l‘assone che riesce a prendere un contatto funzionale con la cellula bersaglio si fortifica
mentre gli altri vengono eliminati.
RIPARAZIONE dDELLE FRATTURE OSSEE
Nb osteoblasti=sintesi osso
osteoclasti=assorbimento
osteociti=percepiscono lo stress
meccanico e elaborano segnali regolatori inoltre producono fosfatasi alcalina(rimodellamento)
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La frattura di un‘osso è un evento relativamente comune che fa si che si perda l‘architettura del
periostio(riccamente vascolarizzato e innervato) e dell‘endostio. La rottura del letto vascolare fa si
che si generino fenomeni infiammatori necessari all‘inizio di ogni processo ripartivo.
Se la frattura nn è scomposta la riparazione avviene per prima intenzione altrimenti si procede per
seconda intenzione.
1. Le prime fasi sono sostanzialmente simili a quelle della riparazione dermo epidermica così
che alla fine della prima setimana si forma il tessuto granulare.
2. Avviene quindi la ripopolazione da parte dei condroblasti che depositano collagene di tipo 2
e l‘attivazione dei condrociti che diventano ipertrofici e producono collagene di tipo 10
andando a costituire il callo fibroso.
3. Gli osteoblasti sintetizzano tessuto osseo(casualmente orientato) per deposizione
subperiostale(callo esterno) e all‘interno(callo interno)Alla fine dela 5 settimana =callo
osseo (di dimensioni maggiori rispetto all‘osso originale e con architettura nn regolare).
4. Durante la 6 settimana inizia il rimodellamento(osteoclasti attivati da IFN-γ e M-CSF) e la
rimozione della parte del callo in eccesso con restituzio ad integrum.
Tutti i processi sono regolati da diverse molaecole tra cui si ricorano TGFβ PDGF e BMPs
In particolare le BMPs sono proteine secrete in forma in attiva costitutivamente ma che a seguito
del taglio proteolitico si legano a recettori che dimerizzano fosforilando residui di treonina
/serinaattivando una cascata di fattori(Smad) che regola la trascrizione genica.
RIGENERAZIONE EPATICA
Nonostante gli epatociti, in condizioni fisiologiche, siano una popolazione abbastanza stabile il
fegato è in grado di rigenerasi per il 60% in soli 3 mesi.
Questo processo è soprattutto a carico degli epatociti che acquistano capacità proliferativa andando
in contro a due cicli cellulari ma coinvolge anche cellule staminali duttali e periduttali che
rigenerano anche le cellule di dotti biliari.
1. produzione di citochine pro infiammatorie da parte dei macrofagi (c di kupffer), in
particolare TNFα e IL-6 che inducono l‘espressione di STAT-3 e di altri geni fondamentali
per la proliferazione come c-fos c-jun e c-myc (protoncogeni) che portano la cellula in fase
G1.
2. Entro 8ore si innalzano i livelli d‘espressione di geni antiapoptotiche, come bcl-xl(il più
importante negli epatociti) e bcl-2(cellule biliari),favorito da fattori di
crescita(HGF,TGFα,EGF)che determinano la trascrizione di cicline e oncosoppressori (p53)
che fanno entrare la cellula nella fase S. fine dell processo è dovuta al tgfβ dopo circa 2
settimane.
Se il danno è limitato il fegato è in grado di operare una totale restituzio ad integrum ma se il danno
è troppo esteso o continuato nel tempo si passa a fibrosi epatica che sono fattori predisponeti per la
cirrosi (vedi epatiti virali, alcoolismo, farmaci, ecc..).in questo caso il danno epatico scatena
processi infiammatori ai quali partecipano diverse cellule riscontrabili nell‘infiltrato, a seconda
della patogenesi:
-sostanze tossiche:plasmacellule
-epatiti virali:macrofagi
-abuso di alcool:neutrofili
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Le cellule infiammatorie rilasciano citochine(TNFα,IL1),proteasi e ROS con lo scopo di promuove
sviluppo cellulare e neoangiogenesi andando però ad attivare anche le cellule stellate di ito(lipociti)
che si differenziano in miofibroblasti.
I miofibroblasti (c di ito) attivati dalle varie citochine produconocollagene1 e 3 e fibronectina. si
ricorda però che rigenerazione e fibrosi nn sono processi vicendevolmente esclusivi.
RIPARAZIONE DELL‘UCERA PEPTICA.
Nonostante la mucosa intestinale sia parecchio protetta possono verificarsi delle lesioni di varia
intensità.
Spesso vi sono semplici desquamazioni(riparano per semplice proliferazione e migrazione dei
precursori epiteliali), altrimenti, se il danno interessa anche il sottocute, viene definito ulcera. Se
l‘ulcera giunge al peritoneo prende il nome di ulcere perforata ed è particolarmente pericolosa
perché causa peritonite chimica.
Il sistema di riparazione delle ulcere è più complesso e richiede un pool di fattori per la
rigenerazione della mucosa e uno per la rigenerazione degli strati sottostanti (muscolaris mucosee,
muscoli lisci,plessi ecc) inoltre deve avvenire velocemente onde evitare aggravamento della lesione
dovuta alle caratteristiche dell‘ambiente gastrico.
I precursori epiteliali sono stimolati soprattutto dal EGF,che si trova costitutivamente elle secrezioni
epatiche pancreatiche gastriche e duodenali.
In seguito all‘infiammazione le cellule iniziano ad esprimere il recettore per l‘EGF e aprodurre
gastrina per creare un microambiente Protetto nel quale l‘EGF stimola la proliferazione.
Altri fattori sonoTGFα,HGF,PDGF ei peptidi trifoglio(TPs) la cui struttura li rende molto stabili
anche nel microambiente intestinale(mobilitazione cellule epiteliali e protezione della mucosa).
La formazione del tessuto di granulazione eangiogenesi degli strati sottoepiteliali richiede invece
della presenza di VEGFs, FGF2 ,PDGFe TGFβ.
RIPARO IN SEGUITO AD INFARTO DEL MIOCARDIO
I cardiomiociti morti a causa del‘ipossia non sono in grado di essere sostituiti e bisogna quindi
ricorrere a meccanismi di riparo e compenso come la deposizione di tessuto fibroso e l‘ipertrofia.
Queste condizioni però possono esserre la base di complicanze più gravi come l‘insufficienza
cardiaca sx.
1. dopo 6 ore avviene la necrosi del tessuto e dopo 12-16 siamo nella piena risposta
infiammatoria.
2. 24-48 ore abbiamo infiltrato di neutrofili a cui segue quello di linfociti e macrofagi.
3. in 2-3 gg si forma il tessuto di granulazione(fibronectina,tenascina,collagene di tipo3) che
in 2 settimane sostituisce il tessuto leso quindi in 6 settimane viene sostituito dal
cicatriziale.
Interessante è il fatto che il miocardio non può smettere di contrarsi e ciò rende difficoltoso il
riparo. In questa condizione un ruolo importantissimo è coperto dai mio fibroblasti che assumono
funzioni simili a quelle del muscolo liscio. Inoltre, al contrario di quanto avviene nelle riparazioni
dermoepidermiche dove i mio fibroblasti vengono persi a livello del tessuto di granulazione nel
caso di infarto del miocardio questi possono essere ancora rilevabili anni dopo la formazione del
tessuto cicatriziale.
La proliferazione iniziale dei miofibroblasti è dovuta sostanzialmente al TGFβ prodotto dai
macrofagi e poi mantenuta dai fibroblasti .l‘angiotensina II e le catecolammine che ne permettono
la contrazione. Purtroppo gli alti livelli di TGFβ necessari al mantenimento dei miofibroblasti
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possono innescare eventi fibrotici in porzioni del cuore non infartuate predisponendo quindi ad
insufficienze cardiache. Da poco si è scoperto che il miocardio presenta anche cellule staminali che
esprimono il recettore per c-kit ma nn sono in grado di riparare consistenti porzioni di tessuto.
NB l‘abbiamo visto che le rigenerazioni devo essere processi particolarmente controllati xchè
coinvolgono l‘espressione di diversi fattori di trascrizione ed oncogeni. Dato che processi riparativi
abnormi sono fattori altamente predisponenti allo sviluppo di neoplasie è giustificata la complessità
dei meccanismi di regolazione e la ridondanza di fattori.
IMMUNODEFICIENZE
Per immunodeficienze si intende l‘incapacità del SI di assolvere in parte o totalmente ad uno dei
suoi compiti il che porta ad una aumentata suscettibilità alle infezioni (e maggiore rischio di
neoplasie).
Gli immunodeficit si distinguono in primari (ereditari) e secondari (causati da noxa esterna) e
possono interessare sia i meccanismi dell‘immunità innata che quelli dell‘immunità adattativa, tanto
cellulare quanto umorale.
Conoscenze preliminari sulle cellule del sul Sistema Immune:
I FAGOCITI sono tra i principali effettori dell‘immunità innata e riconoscono una grande varietà di
profili molecolari condivisi dalla maggior parte dei patogeni(PAMP)e dalle cellule self
danneggiate(DAMP) grazie a recettori poco specifici chiamati PRR.
Distinguiamo in :
-neutrofili(polimorfo nucleati PMN):nucleo plurilobulato e granuli specifici e granuli azzurrofili
nel citosol
-mononucleati(monociti o macrofagi):nucleo a fagiolo.si dividono in infiammatori o residenti.
Oltre all‘attività fagocitaria producono ROS,citochine,hanno azione APC,riparano i tessuti(gli M2).
Possono maturare in cellule epitelioidi o cellule giganti multinucleate.
La fagocitosi si compone di diverse fasi: riconoscimento > aderenza > internalizzazione tramite il
fagosoma> fusione del fagosoma con il lisosoma=FAGOLISOSOMI> digestione tramite enzimi
litici, nos e radicali dell‘O2.
I radicali dell‘O2 in particolare, vengono prodotti tramite un processo detto brust respiratorio che
utilizza l‘enzima NADPH ossidasi per produrre anione superossido il quale è altamente reattivo e
dovrà essere poi smaltito dalle superossido dismutasi che formeranno acqua ossigenata eliminabile
tramite catalasi o meccanismi glutatione dipendenti.
Patologie dell‘immunitàinnata possono essere dovute a malfunzionamento di una delle prime fasi
della fagocitosi (riconoscimento/ aderenza) oppure a carenza dei meccanismi che permettono il
brust.
I LINFOCITI T rappresentano il 74% dei linfociti circolanti.il loro compito è quello di eliminare
microorganismi intracellulari e attivare macrofagie e cellule B. si differenziano in CD4+ e CD8+
I CD4+anche detti T regolatori, a loro volta si dividono in :
 TH1:si attivano dopo l‘incontro con microbi intracellulari e producono
-INFγ:attivano fagocitosi e microbicida che hanno infettato DC;favoriscono l‘esposizione di
MHC
-IL-12 (ma anche IL-18importante per le risp virali)
 TH2:a seguito del contatto con allergeni o elminti, producono:
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o IL 4swich IgE
o IL-5 l‘attivazione di neutrofili(eosinofili) e mastociti;stimola proliferazione dei
linfociti B
o IL-10inibiscono TGFβ e IL-2 inibendo differenziamento in TH1
o IL-13:produzione di muco
Inoltre agiscono contro gli elminti stimolando la peristalsi.
 TH17:a seguito dell‘incontro conpatogeni extracellulari(batteri e funghi)producono:
o IL-17 richiamano i neutrofili
o IL-21:favorisce Th17
E‘ associata spesso a patologie autoimmuni come psoriasi,vaginite da candida ecc.
 Linfociti T regolatori:regolatori della tolleranza periferica;producono IL-10 che è
un‘antiinfiammatorio.vengono regolarizzate dal microbioma,.
I CD8+ sono attivati da microorganismi attivi all‘interno di altre cellule ;sono detti citotossici CTL
e causano la morte (generalmente per apoptosi tramite il ligando FAS) delle cellule infettate.
Il riconoscimento dell‘antigene(esposto su MHC di classe 1) da parte del linfocita e la sua eventuale
attivazione è dovuto ad una struttura detta TCR( complesso di riconoscimento del linf T).
Abbiamo la formazione di quella che si chiama sinapsi immunologica costituita da
 strutture poste sulla membrana del linfocita:
o TCRcostituito da due catene α e β(legate covalentemente) che riconoscono in modo
specifico il complesso MHC antigene(livello delle3 regioni ipervariabili di V;nella
catena beta è presente anche la regione ipervariabile 4 per il superantigene ).Il
recettore è anche costituito da complesso CD3 e catenaδ che fosforilate a livello di
ITAM→ZAP-70→LAK→
Un altra una via di trasduzione che attiva PIP3k(PIP2→IP3→↑Ca++→NFkB→sintesi di citochine).Ioltre IP3 determina l‘attivazione di Proteine
adattarici(Grb-2 e LAT) che attivano la via SOS→ ras→MAPK→ERK→AP1
o Molecole corecettori CD4 , CD8,CD28,ICOS,CD
o Recettori per le molecole costimolatorie
 Strutture poste sulla membrana dellAPC:
o B7-1 e B7-2, ICOSL
o MHC1 per i CD8 e MHC2 per i CD4
Il TCR può essere costituito anche da catene δ, ε e γ,ma è meno comune.
L‘incredibile varietà di TCR (che ci permette di avere praticamente un clone di linfociti specifico
per ogni antigene) è dovuto al fatto che i geni che codificano per queste molecole nn sono ereditati
in maniera funzionale ma devono subire un processo di ricombinazione genica che permette la
formazione di regioni ipervariabili(VDJ). In ultimo conviene ricordare che, anche se i linf T
provengono da progenitori midollari, la loro maturazione avviene nel timo, dove vengono
selezionati in base alla funzionalità del TCR per il self .
Stadi di maturazione dei linfociti:
1. timociti doppio negativi(no CD4 e CD8)esprimone neanche TCR e CD3
2. Esposizione della catenaβ del recettore TCR associata a proteina invariante preTα→pre
TCR=sopravvivenza
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3. Timociti doppio positivi(sia CD4 che CD8) presentano anche TCR (la formazione del TCR
avviene mentre i timociti si trovano gia all‘interno del timo→corticale)in questa fase
abbiamo anche la formazione di NK un particolare tipo di timociti
4. Nel timo=selezione positiva di quelli che si legano con bassa affinita a MHC che esprimono
AIRE e selezione negativa per quelli ad alta affinità(midollare del linfonodo)
5. Maturazione CD4+ o CD8+ attraverso il metodo stocastico o educativo(a seconda
dell‘incontro).
I LINFOCITI B sono i principali mediatori dell‘immunità umorale ed una volta attivati si
trasformano in plasmacellule che producono anticorpi.
Presentano un recettore detto BCR, costitutito da igM e igD legate covalentemente associate a igα e
igβ,il quale si aggrega a seguito del contatto con l‘antigene.L‘attivazione di BCR(che può avvenire
anche attraverso l‘attivazione di CR2 da parte di C3d)determina l‘innescarsi della cascata di
trasduzione ITAM→SLP-65(o blnk)→Btk→RAS→Rac→…→NF-kB
Nb:NF-kB è un fattore di trascrizione fondamentale per l‘infiammazione,la proliferazione dei
linfociti e la formazione di organi linfoidi secondari.costituzionalmente si trova associato al suo
inibitore IkBα il quale verrà ubiquitinato in lys48 (e quindi degradato dal proteosoma) attraverso
l‘attivazione di IKKβ(subunità appartenente alla proteina NEMO attivata dall‘interazione ligando
recettorre).
Durante le prime fasi di maturazione del linfocita B i geni che codificano per le regioni varaibili
delle immunoglobuline subiscono un processo di ricombinazione VDJ,promosso dai geni rag, che
porta all‘esperessione, sulla cellula matura, dell‘ IgM.
1. Pro B:non presenta recettore BRC ma ha alte dosi di rag attivo che permettono la sintesi
dell‘igH(costuituito solo dalla catena pesante;la prima ricombinazione avviene a livello
dell‘mRNA se funzionala abbiamo il fenomeno dell‘esclusione allelica)
2. Pre-B:presenta il recettore pre BCR (costituito da IgH +catene leggere costitutive)che
favorisce il riarrangiamento della catena leggera(prima nella catena K se qui non è
produttivo allora catena λ).→formazione del recettore BCR(→se il recettore autoreattivo
abbiamo editing recettoriale e se persiste abbiamo delezione clonale;)favorisce la
proliferazione delle cellule B.
3. Maturazione:
-linfociti B1:origine epatica con catene leggere limitate.si trovano nel peritoneo e nelle
mucose
-linfociti B-2:esistono due tipi:
B della zona marginale(simili ai B1)
B maturo follicolare:matura nella midollare e presenta IgM e IgD.Nell‘attivazione a
plasmacellula concorrono l‘antigene(attraverso cross linking dei recettori) o l‘antigene e i
segnali inviati dai linfociti T in entrambi i casi vengono promossi processi come lo switch
isotipico e la maturazione dell‘affinità.
NB:malgrado la selezione positi alcuni linfociti B raggiungono la periferia dove vengono resi
anergici
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Gli anticorpi sono composti da due catene pesanti e due leggere (k o λ a seconda dei processi di
ricombinazione/ esclusione allelica) contenenti regioni costanti, che determinano l‘isotipo, e regioni
variabili, che determinano la specificità all‘antigene.Gli anticorpi possono essere associati alla
membrana o liberi.
Gli anticorpi possono riconoscere come antigene qualsiasi molecola biologica(immunogena).le
funzioni delle immunoglobuline sono quelle di legarsi e neutralizzare fisicamente il
patogeno(formazione di immuno complessi eliminati poi da altre cellule), attivare il complemento
od opsonizzare per potenziare la fagocitosi.
DEFICIT DELL IMMUNITA UMORALE.
Appare dopo i 6 mesi (scomparsa IgA materne) con infezioni respiratorie, diarrea, altre gravi
infezioni ma crescita normale del soggetto.Abbiamo:
 L‘Agammaglobulinemia x linked o di Burton è una malattia caratterizzata dalla completa
assenza di ig dovuta a non funzionalità dei linfociti B. il motivo è una mutazione sul
cromosoma x del gene che codifica per la tirosinkinasi btk essenziale per la maturazionedi
questi linfociti.
 l’immunodeficienza variabile:simile ma meno grave; può essere sia congenita che aquisita.
In questo caso i linfociti B nn sono in grado di differenziarsi in plasmacellule.
 Esistono poi deficit più selettivi come il deficit di IGA (generalmente acquisito a causa di
infezioni nella vita intrauterina) dovuto a bassi livelli di TGFβ o IL5. I pazienti sono di
solito asintomatici ma più suscettibili alle infezioni.
 sindrome da IPER IGM: un difetto a carico dei meccanismi di switch isotipicoche favorisce
la la produzione di IGM a scapito di quella di IgA o IgE quindi, nonostante il numero dei
linfociti rimanga costante, la risposta verso molti tipi di patogeni nn risulta adeguata. Pare si
tratti di una forma ereditaria x linked causata da un difetto del gene che codifica per CD40ligando
 Jobbs syndrome:ipofunzione di STAT3 che determina una non trascrizione di IL-10 e un
iperIgE
DEFICIT DELL‘IMMUNTA CELLULOMEDIATA
Appare evidente fin dalla nascitae presentainfezioni ricorrenti,ipocalcemia e tetania neonatale. Si
riscontrano anche difficoltà nello sviluppo(alterazioni del sistema cardiovascolare,atresia faringea e
spina bifida).Abbiamo:
-forme
acquisite
dovute
generalmente
a
timomi.i
soggetti
presentano
ipogammaglobulinemia,trombocitopenia,leucopenia,anemia e miastenia gravis(gli ultimi 2 si
risolvono per asportazione del timoma)
-le forme ereditarie :l’ipoplasia timica congenita o sindrome di Geordie nella quale l‘assenza di
timo e paratiroidi si associa spesso ad altre malformazioni riconducibili al non corretto sviluppo del
3° e del 4° arco branchiale. È bene ricordare che si tratta di una malattia autosomica dominate
legata ad una delezionea livello del 22q11.abbiamo assenza sia dell‘immunità cellulo mediata che di
immunoglobuline.i sintomi tendono a migliorare con il tempo per maturazione dei linfociti T extra
timica.
DEFICIT COMBINATI:
Spesso l‘impossibilità di sviluppo dei linfociti T causa anche una deficienza nel processo di
attivazione degli B.
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La SCID(severe combine immuno deficiency) è una patologia abbastanza rara che può essere
dovuta a svariate cause e che raccoglie forme di diversa entità ma quasi tutte particolarmente
gravi(viene definita malattia dell‘infanzia perché abbiamo morte entro il primo anno di vita). La
quasi totale assenza dei linfociti T impedisce anche il differenziamento dei B e la risposta umorale .
il quadro clinico è caratterizzato da infezioni polmonari ricorrenti, candida, diarrea cronica, timo e
linfonodi atrofici. In alcuni casi è possibile effettura il trapianto di midollo o, in alcuni casi
trasfezione genica, la malattia porta alla morte nel giro di due anni.
 La forma più grave di scid è detta anche diagenesia reticolare ed è dovuta ad un difetto a
carico delle cellule totipotenti (infatti è associata a agranulocitosi) che porta alla morte in
poche ore o giorni.
 Agammaglobulinemia di tipo svizzero:difetto nelle staminali con alterazione dei linfociti
B e T probabilmente da alterazione nella formazione dei prerecettori.
 SCID del linfocita nudo:principalemente in nord africa.caratterizzata da assenza nella
membrana di MHC di tipo 1 e 2 dovute a mutazione di un gene regolatore nel cromosoma
6.La mutazione determina l‘assenza del MHC di tipo 2 al quale consegue l‘assenza del tipo
1 per non sviluppo dei CD4.
Forme di trasmissione:
 Generalmente però la scid è dovuta ad una mutazione x linked del gene che codifica per la
catena γ del IL2R (presenti anche nei recettori di IL-2,-4,-7-9-15-21)che permette
l‘attivazione dei linfociti B.in questo tipo si scid i pazienti non hanno risposte antocorpali
verso molti antigeni anche se i linfociti B sono sani.
 Deficiti di adenosina deaminasi(ADA cromosoma 20)che determina accumulo dei
metaboliti nucleotidici che sono tossicinei linfociti T.anche i linfociti B sono compromessi.
Viene curata mediante trasfezione di ADA.
 Deficit di purina nucleoside fosforilasi(PNP cromosoma 14)con conseguente accumulo dei
metaboliti tossici nei linfociti T e alterazione nella formazione del DNA→morte per
varicella disseminata o linfosarcoma.
DEFICIT ASSOCIATI AD ALTRE ANOMALIE:
 atassia teleangectasica:autosomica recessiva.tra i vari sintomi prevede immunodeficenza
dovuta a mutazioni cromosomiche che colpiscono i loci per Ig (frequente assenza di IgA
eIgE)e TCR.E‘ presente inoltre assenza di timo e presenza di un timo atrofico.
 sindrome di wiskott-aldrich:è la più grave dopo la SCID.è dovuta ad una mutazione del
gene codificanter WAPS(x-linked)che ha ruolo nella maturazione ematopoietica.triade
sintomalogica:infezioni ricorrenti,piastrinopenia ed eczema cutaneo(associata a anemia
emolitica,artrite reumatoide e vasculiti)+ alta incidenza di neoplasie(linfomi non
Hodcking).abbiamo alti livelli di IgG ma incapacità di reagire ai LPS,compromissione della
risposta citotossica dei CTL e dei macrofagi(che inoltre hanno bassa risposta ai
chemioattraenti.
DEFICIT DELLA FAGOCITOSI
O2 INDIPENDENTI
LAD(deficit di adesione leucocitaria):autosomica recessiva caratterizzata dall‘assenza di leucociti
nel sito di infezione→NO essudato purulento e cicatrizzazione.
Nel tipo 1 abbiamo deficit della catena β delle integrina
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Nel tipo 2 abbiamo deficit di acidi sialici di Lewis(ligandi di E e P selectina).
Sindrome di giobbe patologia caratterizzata da eczemi,infezioni polmonari e ascessi ricorrenti
dovuti ad un‘eccessivo rilascio di istamina a causa dell‘ aumento della risposta IgE (abbiamo anche
riduzione della chemiotassi di neutrofili e monociti). È particolarmente correlata a infezioni da
S.aureus, C albicans e H.influentzia
Sindrome di cheidak-Higaski:autosomica recessiva caratterizzata da albinismo,aumentata
suscettibilità alle infezione delle vie resp,della cute e del sottocutaneo.nel sangue abbiamo
neutropenia associata a trombocitopenia. impossibilità di formare il fagolisosoma il che porta al
classico reperto istologico con fagociti caratterizzati da inclusioni giganti e suscettibilità ai gram-/+.
Gen.morte nella prima decade di vita.
Malattie per alterata secrezione dei neutrofili:variazioni nucleari nei neutrofili e ipoplasia e
ipotrofia dei granuli specifici(inefficacia microbicidica).inefficaci sono anche i sistemi di
chemiotassi.
Deficit di glutatione sintetasi: nei neutrofili il glutatione svolge attivita protettiva nei confronti dei
ROS.Una sua assenza determina capacità lavorative nomali ma aumentato stress ossidativo con
conseguenti danni al citoscheletro=difficolta fagocitorie.
O2 DIPENDENTI
Deficit di glutatione reduttasi: danno ossidtivo scarsa attività microbicida.pazienti caratterizzate
da emezie e crisi emolitiche.
Deficit della glucosio 6p deidrogenasi:(vedi favismo) la carenza di questo enzima nn consente lo
shunt dell‘esoso fosfato con conseguente scarsa capacità di ridurre il glutatione (manca il
NADPH)il che va a ripercuotersi sulla capacità di fare brust respiratorio e di sopportare lo stress
ossidativo.
Èla più comune malattia genetica ma dato che si eredita per via diaginica quasi solo i maschi hanno
livelli di enzima abbastanza bassi (<5%) da far manifestare la malattia.
Sintomi: suscettibilità alle infezioni per scarsa attivitàmicrobicita- crisi emolitiche in seguito ad
esposizione ad agenti ossidanti (fave) perché l‘assenza di glutatione impedisce di ridurre i legami
crociati che vanno a formarsi tra le cisteine dell‘emeglobina o dei filamenti del citoscheletro.
Malattia granulomatosa cronica(MGC): si tratta di un un insieme malattie ereditarie recessive o
diaginiche accomunate dall‘assenza di brust respiratorio per alterata funzionalità delle NADPH ox.
La forma x linked(più grave e più frequente ) è dovuta ad un difetto del citocromo b mentre le
forme recessive sono più varie e meno gravi tanto che possono essere diagnosticate anche alcuni
anni dopo la nascita. I pazienti presentano una storia clinica di ripetute febbri, polmoniti ed
epato/splenomegalia ed ascessi polmonari, cutanei o epatici dovuti al fatto che i fagociti inglobano
ma nn riescono a digerire e quindi si ammassano formando granulomi nel tentativo di arginare
l‘infezione.
Sia nellla MGC che nel deficit di g6dp al test di laboratorio si evidenzia mancata riduzione del nitro
blu di tetraziolio da parte del nadph. Per distinguerle si usa il bleu di metilene che invece viene
ridotto solo dalle cellule dei pazienti con mgc dato che in essi non è inibita la via degli esosi e si
forma abbastanza nadph.
DEFICIT DEL COMPLEMENTO
Sono tutti trasmessi con modalità autosomica recessivatranne il deficit di C1 inibitore trasmesso per
via autosomica dominante e il deficit di properidina trasmesso con modalità etero cromosomica.
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-La componente C3 è fondamentale per l‘opsonizzazione del patogeno quindi un deficit di questo
componente causa una forte suscettibilità ai batteri capsulati (streptococco/pneumococco).
- Le componenti da C5 a C9 servono invece per il complesso di attacco alla membrana per cui
pazienti con carenza di uno solo di questi elementi non possono causare lisi cellulare e riscontrano
difficoltà nel difendersi dai batteri gram negativi(neisserie).
-deficit della via classica del complemento sono associati a malattie autoimmuni come il lupus
eritematoso(les),le glomerulo nefriti e le vasculiti. Questo sembra essere dovuto al fatto che
mutazioni dei loci che codificano per le molecole del complemento vanno ad interessare anche
quelli del complesso maggiore di istocompatiblità (tutti sul 6p) e che le componentiC1,C2, C3 e C4
sono fondamentali per lo smaltimento di immunocomplessi che invece tendono a precipitare.
-Particolare e raro è il deficit di C1inibitore che causa anche abbassamento dei livelli di c2 e c4 ma
soprattutto pare interferire con i processi coagulativi causando angioedemi che possono diventare
anche molto rischiosi per la vita del paziente.
IMMUNODEFICIT SECONDARI O ACQUISITI
Sono dovuti a cause esterne.
Immunodeficenze secondarie a neoplasie ed emolinfopatie: (sia le mutazioni a carico dellee
cellule della linea linfoide che il trattamento chemioterapico possono portare a profonda
immunodeficienza)
Immunodeficenze secondiare all’invecchiamento:diminuita capacità di riparare i danni del DNA
I.s a carenze alimentari: ipoprotineimia, carenza di oligo elementi( rame e zinco sono importanti
per il trofismo timico) ipovitaminosi A (no sintesi selectine),malnutrizione(influenza i rapporti tra
il sistema endocrino e immune riduzione di leptina=riduzione delle capacità immunitarie)
I.S per farmaci: corticosteroidi, antiblastici, radiazioni o farmaci che influiscono con la produzione
di mediatori dell‘infiammazione vanno ad interferrire con la risposta del SI
I.S da traumi o interventi chirurgici: sono deficit transitori e dovuti alla perdita di plasma e
citochine e immunoglobuline con esso.
I.S daVirus: molti virus (morbillo, epatte B, herpes ecc..) possono contrastare e danneggiare i
meccanismi dell‘immunità di difesa antivirali ovvero la produzione di interferoni, l‘attivazione di
CD8+, di NK e la produzione di IGA-IGG.
>>>>sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) a causa del virus dell‘HIV
La diffusione del virus segue poi diverse fasi:
1 infezione acuta: il virus si diffonde nell‘organismo e dopo 3-6 settimane scatena (nel 60%dei
soggetti) una reazione immunitaria simil influenzale con linfonodi tumefatti febbre e rush il tutto
accompagnato da transitorio aumento della viremia, anticorpi anti p24 e anti gp55.
La risposta immunitaria determina una caduta della viremia ma nn la scomparsa del virus che
prolifera nei linfonodi andando ad infettare i linfociti CD4 attivati dalla stessa infezione.
2 fase di latenza: questa fase può durare anche anni, il paziente è asintomatico ma contagioso,
presenta gli anticorpi contro il virus ma nn vi viremia nel sangue. Infatti tutti i virus sono
concentrati nei linfonodi dove proliferano e causano iperplasia delle cellule follicolari mantenedovi
segregati anche i cd4 infettati.
Questo può portare anche ad una linfadenopatia persistente generalizzata (linfonod sparsi superiori
al cm per oltre 3mesi)
3malattia conclamata (AIDS): in questa fase il virus causa una profonda immunodeficienza
(specificatamente a carico dei cd4) che può avere diverse complicanze portando alla morte nel giro
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di un paio di anni. In questa fase degenerano anche le cellule follicolari causando nuovamente un
aumento della viremia.
Classificazione della sintomatologia :
aids –related complex: su sudorazioni, febbricciole, perdita di peso(wasting syndrome) con
l‘aggiunta di ipergammaglobulinemia e piastrino penia dovute ad infezioni secondarie.
Aids-dementia complex: se il virus attacca il sistema nervoso si possono avere disturbi della
memoria e stato stuporoso fino a giungere al coma.
Complicanze infettive: le prime dovute ai microrganismi che nn vengono contrastati dai linf T poi
sempre più frequenti anche quelle da batteri per impossibilità di svolgere anche la risposta
anticorpale.
Neoplasie: l‘hiv è spesso associato a sarcoma di kaposi,linfomi celebrali e linfmi nn hodjkin
maligni.
NB si ricorda che il virus può infettare cellule quiescenti ma si riproduce solo in cellule attivate per
cui l‘uscita dallo stato di latenza può essere fortemente favorita da infezioni secondarie(herpes
epatite citomegalovirus)
Inoltre il virus prolifera nei linfociti T inibendo la loro mobilizzazione determiando cosi una
ingannevole bassa virilemia circolante.
Meccanismi immunopatogeni del HIV:
Il virus danneggia i linfociti T in maniera sia quantitativa che qualitativa.
Il virus ha una diretta azione citotossica (accumolo di dna virale) , stimola la formazione di sincizi
tra cellule infettate e quelle sane,attiva le cellule NK che eliminano i linfociti CD4 esponenti
l‘antigene del HIV,attiva l‘apoptosi in cellule non infette attraverso il legame con TCR in cellule
che precedentemente avevano effettuato il legame tra due CD4 a causa dell‘interazione con GP120.
Il virus è in grado di diffondersi attraverso particelle virali complessate con anticorpi e
complemento intrappolate nelle cellule dendritiche dei centri germinativa.
NB:la diagnosi di HIV viene effettuata attraverso test immunoenzimatici EIA.La cui positività va
convalidata con western-blot(differenzia HV1 da HIV2.attualmente si effettua anche PCR per
visializzare anche la quantità del virus.
Struttura del virus.
Esistono due tipi di virus HIV quasi identici: HIV1 e HIV2 endemico di alcune regioni dell‘africa.
Si tratta di un retrovirus, classificato tra i lentivirus, di forma sferica con un diamento di circa 100
nm.
Il virus è composto da un doppio filamento di Rna associato ad una trascrittasi inversa, un‘integrasi
ed una proteasi e a 4 proteine strutturali p24, p17,p9, p7. In particolare p24 va a formare il capside
(capsula) del virus. Più esternamente il tutto è rivestito da un doppio strato fosfolipidico proveniente
dalla membrana cellula infettata, su questo strato vi sono diverse proteine tra cui quelle di origine
virale gp 120 e gp 41 fondamentali per il legame con le cellule bersaglio e l‘infezione.
Ciclo cellulare
I linfociti cd4 costituiscono il bersaglio preferito del virus proprio perché la proteine gp 120 si
ancora specificatamente al CD4, perché avvenga la fusione però oltre che al cd4 il virus deve
legarsi anche ad altri corecettori come cxcr4(espresso sugli t attivati) o ccr5 (espresso su diverse
cellule del SI)
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NB mentre sui linfociti il virus esplica azione citopatica, macrofagi e monociti nn vengono lisati e
costituiscono serbatoi del virus.
Una volta avvenuta la fusione l‘rna virale viene retro trascritto ed inserito nel genoma cellulare. Il
dna virale però resta in forma extracromosomica quindi perché avvenga l‘integrazione con il
genoma e la replicaione del virus la cellula deve entrare in fase di proliferazione, cosa ce può essere
dovuta a fattori prodotti da infezioni secondarie opromossa dallo stesso virus hiv.
Una volta avvenuta la sintesi delle proteine viraliil virus viene rilasciato per gemmazione con
conseguente lisi della cellula ospite..
È interessante notare che oltre ai classici geni strutturali :gag, pol(trascrittasi e integrasi) ed
env(proteine gp)
vi sono anche geni regolatori : tat, rev(facilitano integrazione e replicazione) e nef(riduce
l‘espressione di cd4 e mhc)
nonché geni accessori: vif, vpr ,vpu ,vpt (favoriscono l‘attività e la liberazione del virus)
MHC
Il complesso maggiore di istocompatibilità corrisponde ad una regione cromosomica situata sul
braccio corto del cromosoma 6 che codifica per le hla : molecole di superficie con la funzione di
presentare gli antigeni ai linfociti ed indirizzare così un‘eventuale risposta immunitaria.
Le HLA(antigene leucucitario umano o molecole mhc) sono di due tipi
I:con la funzione di presentare molecole citosoliche ai CD8. si trovano costitutivamente espresse
su tutte le cellule nucleate (dove fisiologicaente presentano antigeni self) e sono composte da due
catene: una α che presenta tre domini variabili (di cui uno immunoglobulinico) e ed una
βmicroglobulina che è invece costante
II: con la funzione di presentare antigeni precedentemente fagocitati quindi ristrette per i CD4
sono più specifiche delle APC: e presenta una catena α e una β entrambe con dominio ig e una
regione ipervariabile.
I geni che codificano per le HLA hanno la particolarità di essere polimorfi e codominanti il che
spiegà l‘elevata individualità del corredo mhc.
Sul 6p troviamo in questo ordine:
 dp dq dr per l‘ MHC di tipo II;la maggiore variabilità si ritrova nei segmenti DQ DR.inoltre
tra questi geni ntroviamo geni per il processamento dell‘antigene.
 geni che codificano proteine del complemento e citochine.per questo motivol‘INFγ ed altre
molecole pro infiammatorie vanno quindi a stimolare nn solo l‘espressione di mhc II ma
anche di questi componenti.
 B C A che codificano per MHC di tipo I
.
Oltre alla presentazione del peptide non self ,è strato dimostrato cheil complesso MHC-peptideself è
un segnale inibitore per i linfociti NK.
Le MHC sono fondamentali anche a livello dell‘educazione timica, infatti solo i linfociti che
esprimono un TCR in grado di riconoscere le MHC riescono a sopravvivere (sel positiva) me nel
caso l‘affinità sia così alta da dimostrare autoreattività viene indotta apoptosi o aenergia (sel
negativa).
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Data l‘importanza delle mhc nel direzionare la risposta del sistema immune appare intuitivo come
esse siano coinvolte anche nella patogenesi di malattie autoimmuni. Purtroppo si sa ancora poco sul
loro ruolo (non sipuò andare oltre la semplice associazione)ma pare che l‘espressione di alcune
HLA piuttosto di altre sia un fattore predisponete (gli alleli sono presenti anche in pazienti sani)ad
alcune
immunopatologie
ad esempio :spondilite anchilosante e maggiore espressione di HLA-B27.
HLA E RIGETTO
La compatibilità dei profili MHC è un fattore fondamentale per il buon esito di un trapianto.difatti
le molecole riconosciute come non self in un soggerro trapiantato sono proprio quelle del
MHC(geni polimorfi)queste molecole vengono dette alloantigenie vengono riconosciute da quelli
che prendono il nome di linfociti T alloreattivi(teoricamente i linfociti T sono ristretti per l‘MHC
self→ma un 10% può legarsi a MHC non self per cross reattività).Se questi sono linfociti T della
memoria l‘attivazione è anche più energica.
Il riconoscimento può avvenire per via:
-diretta:le APC(o le APC professionali)espongono MHC-peptide self(entrambi alloantigeni) del
donatore e vengono riconosciute dal TCR dei linfociti alloreattivi. Alloreattività.
-indiretta (le cellule dell‘organo trapiantato vengono fagocitate dai macrofagi del ricevente e
quindi le MHC differenti vengono processate e presentate come nn self).
Oltre alle MHC bisogna ricordarsi anche altre molecole esposte (detti antigeni minori di
istocompatibilità)possono concorrere all‘attivazione del SI, e che tutte le molecole pro
infiammatorie che permettono la totale attivazione del linfocita sono già presenti in quanto il
trapianto è di per se un evento traumatico.
In entrambi i casi abbiamo l‘attivazione di TH1 che producendo INFγ attiva i macrofagi che
attraverso sostanze tossiche, enzimi litici e ROS porta la necrosi delle cellule del trapianto.
Abbiamo inoltre morte apoptotica delle cellule sotto azione dei CTL.
Anche gli anticorpi possono contribuire attraverso l‘attivazione del complemento o l‘attivazione
delle NK e dei macrofagi→ citotossicità cellulare-anticorpo dipendente(DCC).
Il rigetto è favorito da alcune citochine:
-IL-2fa proliferare TH1 e CTL
-INF-γ:attiva i macrofagi e aumenta l‘espressione delle molecole MHC sulle cellule trapiantate.
Il rigetto può essere:
IPERACUTO :si attiva in 1-2h e in24h l‘organo è già perso.abbiamo anticorpi preformati (che
riconoscono alloantigeni o antigeni del sistema ABO:caso di trasfusioni di sangue con gruppo
sanguigno non idoneo in individui già sensibilizzati) i quali attivano il complemento causando lisi
cellulare dell‘endotelio vasale→coagulazione con successive trombosi→ischemia d‘organo
ACUTO:si verifica in 7 -14 gg e in un mese si ha il rigetto. si caratterizza per l‘attivazione dei
linfociti T che causano differenti tipi di danno(parenchimale e vasale): i linfocitt t
citotossicicausano lisi cellulare e danni al parenchima mentrew i linfociti TH1vanno a potenziare
l‘infiammazione (e quindil‘attività macrofagica)e aumentonola produzione di anticorpi(→ con
rapido e grave danno ischemico).tenuto sotto controllo con una terapia immunosoppressiva.
CRONICO:forma indolente che può comparire dopo2-8 anni. è una delle realtà più importanti in
capo di trapianti(poiché quello acuto viene combattuto positivamente). Il danno è causato dalla
continua stimolazione del SI che porta ad un‘infiammazione cronica con stimolazione alternativa
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dei macrofagi e forte deposito di connettivo che evolve in fibrosi. Lo stato pro infiammatorio causa
anche proliferazione della muscolare dei vasi andando a causare notevoli danni ischemici
(nefropatia ischemica)
TRAPIANTO DI RENE il rene è ricco di vasi e di cellule che espongono mhc di clase II.. la
percentuale di sopravvivenza in pazienti compatibili è di oltre il 90%(se individuo è stato immuno
soppresso) mentre scende sensibilmente nel caso vi sia anche solo un‘HLA differente. Il ruolo
maggiore nella compatibilità sembra essere affidato alle HLA DR e B.
TRAPIANTO DI MIDOLLO richiede la sostituzione del midollo del ricevente con staminali nuove
e funzionanti.(midollo del donatore aspirato dall‘osso spugnoso mentre viene immesso nel ricevente
,immuno soppresso, per via endovenosa)
Oltre ad essere altamente suscettibile al rigetto il trapianto del midollo è problematico sia perché
prevede un lungo periodo di immunosoprressione sia perché è dalle staminali midollari che si
originano i precursori delle cellule del SI.Si ha quindi un 70% di rischio di GVHD (graft host
versus desease)ossia di attivazione del sistema del donatore contro quello del ricevente.Questa può
presentarsi in forma acuta(1 -2 mesi) con danni alla cute, all‘apparato gastroenterico e severo
immunodeficit che porta a morte o cronica(2-3 mesi) con fibrosi e atrofia di cute e gastroenterico e
dei polmoni.(un aggiunta nel trapianto di t regolatori riduce la possibilità di sviluppare la patologia)
L‘incidenza di GVHD è del 20% se il trapianto avviene tra consanguinei perfettamente compatibili
(20% perché c‘è da considerare antigeni minori e altri fattori) ma sale praticamente al 90% se solo
uno degli alleli è differente.
TRAPAINTO DI CUORE
Nel trapianto di cuore oggi si riesce ad avere un succecco dell‘80% .
Ci si concentra più che altro sul gruppo sanguigno sia per la scarsità di cuori che per il fatto che le
MHC sembrano giocare un ruolo di minore importanza.
TRAPIANTO DI FEGATO pare che la Compatibilità HLA influenzi solo parzialmente l‘esito del
trapianto di fegato mentre sia molto più importante l‘antigene di consanguinità.
TEST DI COMPATIBILITA‘: CROSS MATCHING (per vedere se il siero contiene anticorpi
preformati contro il donatore) , REAZIONE LINFOCITARIA MISTA(indice prognostico del
trapianto si guarda quanto proliferano i linfociti T).
TERAPIA metodi di immunosoppressione:
ciclosporina e fk 506 inibiscono la produzoione di citochine in particolare di IL-2(inibita attivazione
di TH1)
Steeroidi /cortisone:riducono la risposta infiammatoria inibendo la produzione di citochine dai
macrofagi
Anticorpi anti CD25 o CD3(OTK3)
Molecole che si legano alle molecole costimoblatorie B7 impedendo il loro legame con CD28 e
quindi impedendo l‘attivazione dei linfociti T.
La prolungata immunosoprressione aumentà però la possibilità di leucemie e rende più sensibili a
infezioni virali (epstain barr, erpes virus, citomegalovirus) che favoriscono lo sviluppo di
carcinomi.
MALATTIE DA IPERSENSIBILITA‘
Si parla di ipersensibilità quando ci troviamo difronte a esagerate risposte in confronto all‘antigene
di individui che sono già precedentemente venuti in contatto con questo.
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In base al meccanismo del danno immunologico possono esser presenti quattro tipi:
Ipersensibilità di tipo1 : reazione allergica dovuta a IgE,mastociti,basofili e eosinofili.viene anche
detta immediata
Ipersensibilità di tipo2: anticorpi(IgG e IgM) diretti contro un tessuto (di solito globuli rossi)
Ipersensibilià di tipo3: immunocomplessi circolanti, sintomatologia estesa
Ipersensibilità di tipo4: detta anche ritardata o DTH.dovuta all‘attivazione dei linfociti th1 e CTL
con formazione di granulomi.
IPERSENSIBILITà DI PRIMO TIPO
Si manifesta in soggetti (detti atopici) con un predisposizione alla produzione di IGE verso
determinati antigeni detti allergeni che sono antigeni comuni e bivalenti (devono legarsi a due IgE
per consentire la de granulazione) solubili e stabili che nei soggetti normali nn scatenano alcuna
reazione.
L‘anomalo switch ige invece è dovuto principalmente ai livelli di IL4 prodotta dai linfociti th e
dalle natural linfoid cell
Queste IgE vanno a legarsi a FCR1 degli endoteli e con più alta affinità FCR2 dei mastociti
rendendoli pronti a scatenare una potente risposta immunitaria (tramite la de granulazione e il
rilascio di istamina) già pochi mituti dopo il contatto.
Poiché nel primo incontro le IgE sensibizzano il mastocita senza attivarlo, perché un‘individuo
possa avere una reazione allergica( anafilassi) debba essere stato precedentemente sensibilizzato
entrando in contatto con l‘allergene per via alimentare, inalatoria o transcutanea.
Negli incontri successivi il mastocita si degranula liberando istamina,eparina,proteasi neutre e attiva
prostaglandine e leucotrieni→vasodilatazione, bronco costrizione, rossore ,orticaria ed
eczema.l‘Istamina attiva diversi tipi di recettori: H1 che aumenta il gmp causando vasodilatazione
bronco costrizione e aumento della peristalsi- H2 che aumenta il camp causando aumento delle
secrezioni ed inotropismo cardiaco- H3 per regolazione
Normalmente può esser sufficienete il trattamento con antinfiammatori/antistaminici leggeri, ma, se
la reazione è particolarmente imponente si può giungerealla fase tardiva dell‘ipersensibilità che
porta allo shock anafilattico.
A livello molecolare queste reazioni sono dovute a fattori come TNFα(neutrofili),IL-4,IL5,chemiotattici(basofili e eosinofili).
L‘ASMA BRONCHIALE
È una malattia complessa, multifattoriale e molto diffusa (3% della popolazione) caratterizzata da
ipeirritabilità della mucosa bronchiale rispetto ad alcuni antigeni o allo stress fisico, il che causa
attacchi acuti di dispnea.
Durante gli episodi si ha intensa costrizione dei bronchi di grosso e medio calibro (difficoltà
nell‘inspirazione) con produzione di secrezioni che possono portare all‘ostruzione bronchiale.
Inoltre si associa vasodilatazione con conseguente edema ed un infiltrato bronchiale ricco di
eusinofili, mastociti, macrofagi e linfociti.nella fase tardiva le cellule dell‘infiammazione
determiano danni del parenchima che aumentano le difficolta respiratorie
Possiamo distinguere l‘asma in:
estrinseco o atopico: dovuto a reazioni di ipersensibilità di primo tipo e spesso stagionale, gli
attacchi hanno un picco dopo circa 15, 20 minuti dall‘esposizione e si risolvono nel giro di un‘ora
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intrinseco o nn atopico: appare dopo il 20 anno di età e può essere moderatamente persistente.
nonostante sia simile al all‘asma atopico l‘iper responsività delle mucose bronchiali non è dovuta al
contatto con gli allergeni.
in entrambi i casi oltre che al rilascio di mediatori solubili la sintomatologia si può imputare anche
ad attivazione del sistema nervoso: mentre l‘ acetilcolina costringe i bronchi la adrenalina li rilascia.
La noradrenalina può avere effetti diversi a seconda che agisca su rec α o β.
IPERSENSIBILITà DI II°TIPO
È dovuta ad anticorpi che si dirigono contro un tessuto causando lisi cellulare dovuta ad attivazione
del complemento o danno citotossico mediato dalle cellule NK. Sono reazioni che coinvolgono
principalmente i globuli rossi.
-Gruppi AB0 e trasfusioni
Esistono quattro tipi di gruppi sanguigi: A B AB e 0 dovuti al fatto che esiste un enzima, una
glucosil transferasi, che può essere codificato da tre geni diversi: A, B (codominanti) ed H
L‘enzima ha lo scopo di aggiungere zuccheri al fucosio terminale dei glicosfingolipidi presenti sulla
membrana dei globuli rossi.
l‘enzima codificato dal gene A, aggiunge n-acetil galattosammina, quello codificato dal gene B vi
aggiunge galattosio mentre l‘enzima codificato da h nn è funzionante e quindi l‘ultimo zucchero del
glicolipide resta il fucosio.
L‘interazione con la flora batterica fa si che l‘individuo produca costitutivamente anticorpi detti
Iso-emoagglutinine(IgM naturali)che sono anti A nei soggetti con gruppo sanguigno b,anti b nei
sogeeti con gruppo sanguigno a, sia anti a che anti bnei soggetti 0 mentre i soggetti che esprimono
sia il gene a che b presentano sia nacetilgalattosammina che galattosio e quindi non generano
anticorpi.
Se viene quindi effettuata una trasfusione con un gruppo sanguigno nn compatibile gli anticorpi
vanno ad attivare il complemento causano lisi cellulare, liberazione di bilirubina e anemia.
-Fattore rh
Un altro fattore importante per la compatibilità è il fattore rehsus dovuto ad un mosaico di geni
chiamati C, c , D, E. i soggetti che esprimono D sono considerati rh positivi, gli altri rh negativi.
Anticorpi anti rhnon si trovano naturalmente nel siero ma la loro produzione può venire indotta
dopo sensibilizzazione
Una ipersensibilità legata al fattore rh è la malattia emolitica del neonato nella quale una madre rh
negativo già sensibilizzata a causa di una prima gravidanza con feto rh positivo va incontro ad una
seconda gravidanza.se anche il secondo figlio è rh positivo gli anticorpi anti-rh possono attraversare
la placenta causando: 1 morte intrauterina tra la 25° e la 35° settimana, 2 idrope fetale, 3 ittero
grave e danni celebrali per intossicazione da bilirubina.
Si può prevenire effettuando il test di combos e somministrando alla madre anticorpi anti
rh(Anticorpi rocam) subito dopo il primo parto in modo che non ci sia la formazione delle
plasmacellule(i GR del feto vengono eliminati prima) e quindi non avvenga la memorizzazione
-legata ai farmaci
Segue diversi meccanismi:
1)la penicillina può funzionare da aptene modificando alcune delle proteine presenti sui globuli
rossi e scatenando una risposta anticorpale contro di essi
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2)le chinidine vanno a formare immunocomplessi che si legano agli eritrociti e attivano il
complemento,
3)l‘alfa-metildopa si lega ai globuli rossi fungendo da carrier e inducendo l‘attivazione dei linfociti
th che vanno a stimolare una massiccia produzione di anticorpi antieritrocitari.
IPERSENSIBILITà DI III TIPO.
E‘ mediata da immunocomplessi(infiammazione acuta→IgM e IgG contro antigeni solubili)che
vanno a depositarsi nei vasi di varie strutture (nelle sinovie articolari, nei glomeruli renali, nelle
sierose
e
sugli
endoteli
dei
capillari
cutanei
e
polmonari)
attivando
il
complemento(anafilotossine→macrofagi→shock settico)e richiamando i neutrofili(che non
riescono ad eliminarli perché adesi alle pareti)con conseguente attivazione dell‘infiammazione e
danno tissutale(normalmente si dovrebbero legare a GR e venir smaltiti da fegato e milza). La
sintomatologia quindi non è organo specifica ma generalizzata (tranne nel caso della reazione di
arthus)
L‘eccessiva produzione di anticorpi con conseguente deposizione di immunocomplessi può essere
dovuta ad antigeni estremamente immunogeni, ma vale la pena ricordare che molti dei meccanismi
delle reazioni da ipersensibilità di 3 tipo rientrano anche nella sintomatologia di diverse malattie
autoimmuni (les, ar debbre reumatica, poliarterite nodosa).
I fattori che favoriscono la deposizione di immunocomplessi sono: vasodilatazione indotta dalla
stessa infiammazione e la formazione di immunocomplessi di piccole dimensioni che tendono a
sfuggire ai macrofagi e alle proteine del complemento venendo smaltiti più difficilmente.
Reazione di Arthus(locale)
È una ipersensibilità indotta sperimentalmente. Consiste nella somministrazione di una certa
quantità di antigene nella cute di un‘animale iperrimmunizzato il che causa una reazione
cutanea(area arrossata e rigonfia)
Malattia da siero(sistemica)
È una malattie caratterizzata da lesioni vascolari, cutanee e cardiache in seguito all‘inoculazione di
siero eterologo (bovino)→le proteine di altri animali sono per noi antigeniche. Tra i sintomi più
caratteristici vi sono l‘artrite, la vasculite e la glomerulo nefrite.
La vasculite è un‘infiammazione dei vasi saguigni caratterizzata dalla presenza di infiltrato
sottoendoteliale di cellule mononucleate, neutrofili e linfociti.
Necrosi della tonaca media:Distruzione della membrana elastica, soprattutto nei vasi di medio
calibro. Necrosi di tipo fibrinoide della tonaca media(rara)
La glomerulonefrite comprende un gran numero di lesioni flogistiche a carico dei glomeruli renali.
il deposito di immunocomplessi porta ad infiltrazione leucocitaria ed infiammazione con
conseguenti eventi proliferativi che tendono ad occludere molti glomeruli (causando insufficienza
renale acuta) , inoltre gli enzimilitici prodotti dai fagociti portano a distruzione di molte delle
membrane dei glomeruli restanti e la perdità della carica negativa del filtro con conseguente perdita
di proteine nell‘urina(proteinuria). i glomeruli ancora funzionali attivano meccanismi di compenso
ma l‘ipertensione e le altre complicanze della insufficienza renale portano ad uno stress sempre
maggiore che è causa di un circolo vizioso di distruzione glomerulare che porta all‘insufficienza
renale cronica(meccanismi di danno nn immunitari ma scatenati da una reazione immunitaria)
istopatologicamente la glomerulonefrite e può essere suddivisa in:
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gn proliferativa: proliferazione delle cellule degli endoteli e del mesangio con restringimento del
lume glomerulare e delosito di neutrofili soprattutto sul versante epiteliale.
Gn membranosa: inspessimento della membrana basale glomerulare con drammatiche
conseguenze sulla VFG
Gn membranoproliferativa: sia inspessimento delle membrana basale che occlusione dei
glomeruli dovuta a proliferazione cellulare.
La deposizione degli immunocomplosse può invece avere diverse cause:
-eccesso di immunocomplessi dovuto a malattia autoimmune,
-eccesso di ic dovuto a deficit del fattore c3 del complemento;si evidenziano soprattutto depositi di
C3 e properdina(i pazienti affetti da glomerulo nefrite spesso presenano un‘anticorpo anti C3 detto
fattore nefritogeno)
-eccesso di anticorpi in seguito a infezione: glomerulonefrite post streptococcica
si manifesta di solito 1-3 settimane dopo un‘infezione da streptococco(beta emolitico di gruppoA)
che stimola forte produzione anticorpale grazie ad antigeni fortemente immunogeni: componete C,
proteine M e T ,streptichinasi ed emolisine.
Artrite reumatoide
È una malattie autoimmune di tipo flogistico con andamento cronico che colpisce in maniera
bilaterale le articolazioni distali. è dovuta alla produzione di IGG o IGM (fattore reumatoide)
dirette contro il frammento fc delle stesse IGG del paziente - si formano immunocomplessi di
grandi dimensioni che precipitano nelle sinovie.
Nella sinovia poi si riscontra anche infiltrato di linfociti T che producono molecole come IL2 IL6 e
TNFα alimentando la reazione autoimmune.
IPERSENSIBILITà DI IV TIPO.
È detta anche sensibilità ritardata dato che è dovuta all‘attivazione dei linfociti T che richiede alcuni
giorni. Nella maggior parte dei casi la reazione è dovuta all‘attivazione dei linf T CD4+, ma che
caso del rigetto d‘organo è invece mediata dai CD8+(vedi rigetto)
Nell ipersensibilità mediata dai CD4 la reazione clinicamente rilevabile è dovuta all‘effetto di
potenziamento che i linfociti t hanno sui macrofagi. Infatti nel caso di organismi resistenti alla
fagocitosi l‘organismo tenta di arginare l‘infezione tramite formazione del granuloma: una struttura
composta esternamente da linfociti T helper ( che producono citochine al fine di potenziare la
produzione di enzimi litici da parte dei macrofagi) ed internamente da un‘ammasso di macrofagi
che si dispongono l‘uno sull‘altro fino ad assumere una forma epitelioide o diventare cellule giganti
plurinucleate che circondano e contengono il patogeno. Dato che il patogeno no può essere digerito,
all‘interno del granuloma, si crea la cosidetta necrosi caseosa dovuta alla morte dei fagociti.
Questo meccanismo quando gestito correttamente è alla base della della difesa da molti virus e
batteri con capsula resistente e permette la sopravvivenza alle infezioni dovute al micobatterio della
tubercolosi.
(secondo la Romani)Non potendo fagocitare il micobatterio i granulomi ci permettono di arginarlo
e si instaura una sorta di convivenz. l’impotenza dei fagociti di eliminare il batterio e lo stato, quasi
di simbiosi che si forma, è il motivo principale per cui il vaccino contro il micobatterio nn ha mai
funzionato.
Test della tubercolina o mantoux
Vengono iniettati antigeni derivanti dal bacillo della tubercoline e se vi è stato precedente contatto
(ovvero ci sono gi° linfociti T della memoria) nel giro di un paio di giorni si sviluppa il granuloma
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con notevole proliferazione di elementi linfo-monocitariintorno alle venule del derma. Nb se un
sogetto ha un immunodeficienza a carico dei cd4 (AIDS) nn è in grado di portare avanti la risposta
quind il test sarà un falso negativo.
Dermatite allergica da contatto
È un tipo di ipersensibilità ritardata (DTH) dovuta al fatto che alcune sostanze dette apteni (ioni
ferro rame e dinitrofluorobenzene) possono legarsi covalentemente alle proteine, modificandone la
struttura, e rendendole la base per l‘attivazione della risposta cellulomediata.
Le prime fasi dell‘infiammazione vengono reclutati dei linfociti t ―inizianti‖ e successivamente i
cd4 con produzione di citochine pro infiammatorie. In questa reazione però un ruolo importante è
svolto anche dai cd8 che causano il danno citolitico responsabile della comparsa delle vescicole.
LE BASI PATOLOGICHE DELLE MALATTIE AUTOIMMUNI
L‘auto immunità è una reazione che avviene contro antigeni self ed è dovuta a:
 fallimento di alcuni dei sistemi di tolleranza (sviluppo cloni linfocitari autoreattivi,rottura
anergia,mimetismo molecolare)
 rottura di un sito di immunoprivilegio
 alla modificazione di antigene self
 alterazioni del microbioma(più frequente nella donna dove i firmi cutes sono maggiori)
È importatne ricordare che un minimo di autoreattività è fisiologico nel corpo umano
(autoreattività): è dovuto ai meccanismi di restrizione e aiuta la regolazione dell‘omeostasi
(sembrano svoglere un‘azione positiva nella difesa contro le malattie immuni). In particolare sono
stati osservati cloni di linfociti b che producon ig naturali contro il self.
Caratteristiche comuni a tutte le ig autoreattive:
 appartengono alla clase IGM (mentre le ig coinvolte nelle autoimmuni sono igg)
 sono presenti a basso titolo (tranne nel caso di policitemia)
 presentano un ideotipo non reattivo
 sono polispecifiche: riconoscono sia alcuni antigeni self che nn self
Esiste anche una classe di linfociti T autoreattivi che reagiscono con MHC di tipo2
RICHIAMO SUI MECCANISMI DELLA TOLLERANZA
Tolleranza = incapacità del sistema di reagire contro il self;viene indotta dal contatto dell‘antigene
con con cellule funzionalmente immature.difatti l‘esposizione ad una sostanza nella vita intrauterina
o perinatale induce non responsività verso la stessa.Anche in fase adultà per la graduale e ripetuta
esposizione ad antigeni non nocivi si può indurre tolleranza(sistema che dipende dalla presenza
delle dosi di antigene:basse o alte;non intermedie).
La tolleranza può essere indotta a livello centrale (organi linfoidi primari) o periferico.
Secondo studi recenti si ritiene che la risposta immune dipende dalla prevalente capacità
dell‘antigene di attivare T helper o T regolatori.
MECCANISMI DI TOLLERANZA CENTRALE:vedi sopra(maturazione dei linfociti)
MECCANISMI DI TOLLERANZA PERIFERICA
1. Doppio segnale: l‘attivazione dei linfociti T richiede l‘interazione di TCR e il doppio
segnale:B7 (che lega cd‖( sul linfocita) e CD40; molecoleepresse sulle APC in seguito alla
produzione di molecole pro infiammatorie. Ne cosegue che se un linf T viene attivato dal
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self ma nn c‘è infezione non riceve il doppio segnale e quindi va in anergia (inattivazione);
allo steso tempo infezioni che avvengono contemporaneamente a questo tipo di selezione
possono far sfuggire cloni autoreattivi dai meccanismi di toleranza.
modalità di somministrazione: se somministro un‘antigene per via orale c‘è più facilità che
esso induca tolleranza perché viene legato a MHC dette tollerosomi che facilitano lo
sviluppo di linfociti t regolatori.
ignoranza clonale: barriere fisiche impediscono che il linf venga a contatto con l‘antigene
presente in siti di immunoprivilegio.
cooperazione b-t e t-t : perché un linfocita b venga attivato completamente c‘è bisogno di
secondi segnali dovuti ai linfociti t e quindi, se esistono cloni b autoreattivi questi nn
possono essere attivati a meno che nn esista anche il corrispondente clone T. Allo stesso
modo i linfociti t per proliferare hanno bisogno di molecole predotte dai propri simili quindi
una sola attivazione casuale difficilmente porta alla proliferazione di un intero clone.
IL2: essedo fondamentale per la proliferazione dei linf T ,variazioni dei livelli di il 2
regolano le risposte
Cellule CD4+ CD25:sono il 2-4%dei CD4;sebbene producano anche IL-10 svolgono la loro
maggiore funzione attraverso l‘inibizione della produzione di IL-2 nelle CD4
normali.hanno quindi azione di t reg.
T regolatori:popolazione molto eterogenea fondamentale per il controllo delle rispose
immunitarie. Agiscono con diversi meccanismi:
 produzione di IL10 e TGFβ che riducono l‘infiammazione e riducono l‘espressione
di molecole costimolatorie sulle apc
 si legano fisicamte alle molecole costimolatorie o a recettori promuovendo
l‘espressione di fattori di trascrizione dell‘aenergia
 competono per IL2
Bisogna inoltre ricordare che i recettori dell‘antigene presenti sulle cellule dell‘organismo
presentano una grande variabilità che nel suo insieme prende il nome di network ideotipico.
Modificazioni del network possono indurre tolleranza o autoimmunità(anticorpi ant ideotipotireodite autoimmune)
LE MALATTIE AUTOIMMUNI
Sono malattie molto comuni nel mondo industrializzato (3-5%della popolazione) e sono
caratteristiche per la loro complessità e multifattorialità.
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Il disordine può essere mediato sia dai linfociti t (sclerosi multipla, diabete ) che dagli anticorpi
prodotti dai linfocit b (les, artrite reumatoide ma a me pare di ricordare che anche nella sclerosi e
nel diabete c’entravano gli anticorpi…)
Sono molti i fattori che predispongono l‘individuo allo sviluppo di una m. autoimmune ma perché
ciò si verifichi deve esserci concomitantanza di FATTORI ENDOGENI(mutazioni o particolari
cluster di geni, età sesso) e FATTORI ESOGENI (ambiente, esposizione all‘antigene, ma
soprattutto infezioni concomitanti)
FATTORI GENETICI la predisposizione genetica è probabilmente il principale fattore che porta
allo sviluppo dell‘autoimmunità.spesso vengono coinvolti veri e propri cluster di geni tanto che nei
familiari di pazienti con lupus siè facile riscontrare altre malattie autoimmuni(addison diabete,
celiachia, vitiligine). Data la complessità dei meccanismi che regolano il SI una sola mutazione può
avere ripercussioni quanto mai varie: ad esempio, mutazioni del gene Idd3 che codifica per IL2
puòessere associata tanto al diabete quanto alla encefalo mielite allergica sperimentale. Un ruolo
particolarmente importante quindi sembra essere giocato dai geni che codifica per le interluchine,
dai geni ARC del timo e dai geni che codificano per MHC (soprattutto classe II che presenta il
self).
RUOLO DELL‘AMBIENTE
1. infezioni concomitanti possono fornire le molecole coattivatorie necessarie a far sfuggire
alcuni cloni autoreattivi dai processi di aenergia.In particolare il lipopolisaccaride e i dna
batterico e virale sono potenti stimolatori produzione di citochine infiammatorie e
soprattutto delle mhc di classe II
2. cross reazioni (anticorpo specifico per un antigene nn self riconosce anche un self perché di
struttura simile) es.gli anticorpi contro gli antigeni della borrelia riconoscono anche la
molecola di adesione LFA1 e causano artrite reumatoide nei pazienti con malattia di lyme.
3. Citolisi: libera antigeni self in condizioni infiammatore
4. Iodio,UV,e alcuni farmaci
NB:in ambienti iper igenici vi è uno squilibrio tra T-REG e THELPER.
PRINCIPALI MALATTIE AUTOIMMUNI
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LES
Il lupus eritematoso sistemico è una malattia autoimmune cronica( anche se con fasi di remissione e
riacutizzazione) che colpisce prevalentemente le donne tra i 20 e i 60 anni.
La sintomatologia è la classica da deposito di immunocomplessi : glomerulo nefrite, eruzioni
cutanee, artrite e vasculite; a questi sintomi si associano anemia emolitica, piastrinopenia e danni
al SNC.
PATOGENESI: la malattia è di solito dovuta ad anticorpi antinucleorivolti contro il DNA cellulare
(ma anche contro istoni e altre proteine nucleari) che formano immunocomplessi che si depositano e
scatenano l‘infiammazione.
La piastrinopenia e l‘anemia sono invece dovuti alla possibile presenza di anticorpi antieritrocitari.
La produzione di questi anticorpi da parte dei linfociti b è strettamente dipendente dalla
cooperazione con i linfociti t, i quali vengono stimolati da antigeni che si liberano durate
l‘apoptosi(secondo il libro) e la necrosi. L‘esposizione a raggi uv, che promuovono la morte
cellulare, aggrava i sintomi del lupus!
Fattori di rischio relativo per l‘insorgenza del lupus sono l‘espressione di HLA DR 2 e/o HLA DR3
nonché deficit dei fattori c2 e c4 del complemento (in un 10% dei casi)
PROSPETTIVE TERAPEUTICHE
La terapia delle malattie autoimmuni si basa su farmaci immunosoppressori:
corticosteroidi,azatioprina, ciclosporina, ripampicina ecc.. che però devono essere assunti per tutta
la vita anche con pesanti effetti collaterali e nn estirpano la malattia.
Dato che la reazione autoimmune non sono dirette verso il self in generale ma verso determinati
antigeni che non hanno rappresentato la base per i meccanismi di selezione clonale ora si sta
pensando a terapie che siano in grado di indurrre la tolleranza per quello specifico antigene.
TERAPIA CON ANTIGENE
Somministrazione di antigene mediante modalità che inducono tolleranza. Si sfruttano 3 modalità:
via parenterale, via orale o con analoghi dell‘antigene.
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La somministrazione per via orale di mielina ai pazienti con sclerosi o di collagene ai pazienti fa
aumentare i livelli di tgfβ con buoni risultati. L‘utilizzo di analoghi dell‘antigene pure risulta
efficace dato che compete per le mhc e antagonizza con la popolazione di linfociti attivata.
TERAPIA CON ANALOGO DEL TCR
Non se ne conoscono meccanismi ma secondo alcuni somministrare molecole simili ai tcr andrebbe
a scatenare una risposta rivolta contro il recettoore del linfocita t (anti idiotipo) o a stimolare i TREG
TERAPIA CON ANTICORPI MONOCLONALI
Nelle malattie in cui il danno è mediato da particolari popolazioni di CD4 ;che esprimono la catena
Vβ, possono essere usati anticorpi anticatena per bloccare la proliferazione del clone. L‘utilizzo di
anticorpi antiCD4 impone uno stato di tolleranza duraturo e stabile (pare addirittura che linfociti
provenienti da animali così trattati possano indurre tolleranza in animali nn trattati)
USO DI RECETTORI SOLUBILI PER IL TNF E ANTICORPI ANTI TNF: blocccano la
principale molecola infiammatoria, anche anticorpi anti IL2 si sono dimostrati utili.
Molte nuove terapie si stanno concentrando sull‘induzione degli T REGOLATORI tramite elminti e
citochine.
La prof ha citato anche:
-sindrome di Sjogren:secchezza della mucosa orale ,xerostomia,secchezza vaginale,secchezza
delle viee aeree e oculari→distruzione delle ghiandole salivatorie
-sclerodermia:alterato meccanismo di riparo che comporta aumento della rigidità di cute e polmoni
Fisiopatologia della termoregolazione:ipetermie e febbre (an-P)
Mammiferi e uccelli sono omeotermi ossia in grado di mantenere la temperatura entro livelli
costanti,a differenza dei poichilotermi la cui temperatura varia insieme a quella ambientale.
Negli omeotermi si osservano variazioni di temperatura giornaliere e fisiologiche di 0,5-0,8 °C. Che
raggiungono il massimo tra le ore 15-18.
Il meccanismo di termoregolazione prevede la presenza di:
-sensori di temperatura periferici e centrali
-un centro neuronale di elaborazione dei dati che determina un set point(36,8 +/- 0,4 °C)
-una serie di effettori.
I sensori di temperatura rivelano sia la temperatura in periferia,terminazioni nervose per il caldo e il
freddo,sia del sangue circolante,neuroni W del nucleo ipotalamico.
Il centro neuronale di elaborazione si trova nei nuclei preottici termoregolatoridell‘ipotalamo
anteriore tali nuclei sono costituiti dai neuroni w ,che hanno funzione sia di sensori che di
controllori della termodispersione,i neuroni c ,che controllano la termoproduzione attraverso la
regolazione dell‘adenoipofisi,e i neuroni i,che sono prevalentemente integratori.
I meccanismi con cui viene controllata la temperatura sono:
-termodispersione:aumento della vasodilatazione ,della sudorazione e delle perspiratio insensibilis.
-termoconservazione:shift del circolo dalla superficie verso i visceri.
-neotermogenesi:aumento del metabolismo basale
Differenza tra febbre e ipertermia:
la febbre e l‘ipertermia sono entrambe caratterizzate dall‘aumento della temperatura ma presentano
una differente patogenesi.
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Mentre la febbre prevede un ‗ alterazione del set point nel centro regolatore,l‘ipertermia e‘ il
risultato dell‘inefficacia dei meccanismi di termoregolazione.Un tipico esempio di ipertermia e‘
quella del colpo di calore che e‘ favorito da un‘ambiente caldo e umido.
Il colpo di calore viene distinto in:
-colpo di calore a riposo
-colpo di calore da esercizio
-colpo di calore da farmaci:anfetamine,cocaina,LSD ecc.
-colpo di calore da condizioni fisiopatologiche.
Negli ultimi tre casi alla difficile dispersione dovuta al clima si aggiunge anche l‘aumento del
metabolismo basale con conseguente incremento delle temperature a valori letali.
Patogenesi della febbre:
E‘ noto che la febbre e‘ associata ad un‘evento dannoso e al danno da esso prodotto.
I batteri liberano delle sostanze dette pirogeni esogeni(lipopolisaccaride endotossico dei batteri
Gram-,le tossine batteriche degli stafilococchi aurei A eB)che agiscono attraverso dei recettori
TOLL-LIKE attivando NF-KB e la produzione di prostaglandine.
Anche
la
necrosi
cellulare
libera
pirogeni
esogini
di
origine
endogena(HMGB1,ATP/ADP,frammenti di membrana ad alto contenuto di fosfatidil-serina)che
interagiscono con i toll like di cellule vicine attivando NF-KB e i geni delle citochine
pirogeniche(non deve esserci per forza un‘attacco batterico o virale per lo sviluppo della febbre).
Le cellule attivate dai pirogeni esogeni producono citochine pirogeniche tra cui IL-1,TNF-α,IFNγe IL-6 e alcune prostaglandine(PGE₂).
Non e‘ ancora chiaro come queste citochine raggiungano l‘ipotalamo ma esistono 3 ipotesi:
1. Queste molecole giungono ai nuclei preottici termoregolatori attraversando l’organum
vasculosum della lamina terminalis dell‘ipotalamo dove l‘endotelio appare di tipo
fenestrato.
2. Le citochine possono determinare la produzionedi PGE₂ da parte delle cellule endoteliali dei
vasi ipotalamici.PGE₂presenta 4 tipi di recettori ,indicati come EP,tra cui EP3abbondante
nelle cellule gliali determina la liberazione di cAMP e altri nucleotidi ciclici che nel cervello
influenzano direttamente l‘attivita‘ dei termoregolatori(firing) o facilitano la liberazione di
trasmettitori monoamminici.(nelle slide c‘è solo questa)
3. Le citochine pirogeniche vengono prodotte direttamente nel microambiente ipotalamico sia
per una risposta intracelebrale al danno sia per una risposta alle cellule endoteliali.
Nella sepsi e nello shock tossico la febbre si mantiene soprattutto con i pirogeni endogeni dovuti
al danno necrotico cellulare che generano una tempesta citochinica.questo tipo di febbre viene
iperpiressia ed e‘ associata spesso alla rottura della barriera ematoencefalica .
Dall‘ipofisi partono una serie di segnali diretti ai vari tessuti:
 Neuroipofisi:principali segnali pe rla ridistribuzione del circolo dalla superficie corporea
ai tessuti interni
 Adenoipofisi:segnali endocrini per la termoregolazione tra cui il principale e‘ l‘asse
TSH/T₃-T₄.
Esistono due tipi di recettori degli ormoni tiroidei:
-recettori collocati a livello della membrana plasmatica:hanno effetti immediati
attraverso l‘attivazione di numerose citochine e del metabolismo glicidico e lipidico.
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-recettori collocati nel citosol:attivano la trascrizione di geni dipendenti dalle seguenze
TRE che hanno effetti a lungo termine.questi geni sono:
1)geni delle ATPasi ioniche che consumando ATP aumentano ADP che stimola la
fosforilazione ossidatica
2)termogenine I e II=proteine disaccoppianti che dissipano il potenziale protonico
determinando un‘aumento di ADP
3)enzimi del metabolismo energetico e lipolitico che facilitano la produzione di ATP.
In alcuni tipi di febbre, non c‘è la mediazione da parte dei pirogeni endogeni :
 febbre ipotalamica :quando e‘ dovuta ad alterazioni dell‘ipotalamo
(trauma,emorragia,compressione da tumore,o altre condizioni patologiche
dell‘ipotalamo).essa si presenta raramente perche‘ generalmente si presenta una perdita
di funzione ipotalamica che determina ipotermia.
 Febbre da ipertiroidismo primitivo o secondario:La temperatura aumenta quando
aumenta il signalling dell‘asse TSH/T₃-T₄ .
 ipertermia maligna :il cui innalzamento della temperatura dipende da neotermogenesi
sostenuta dall‘attivazione di vari metabolismi e funzioni Ca⁺⁺-dipendenti che determina
una variazione degli equilibri di omeostasi del Ca++ citosolico che determina elevato
consumo di ATP.
 Sindromi febbrili ereditarie:
-febbre mediterranea familiare(FMF):mutazioni di una proteina detta pirina o
marenostrima importante nella differenzazione e nella funzione infiammatoria dei
granulociti.questa mutazione danno luogo a risposte infiammatorie patologiche.
-febbre periodica associata a mutazioni del recettore per il TNF:mutazioni che
impediscono la proteasi del recettore TNF-α e quindi determinano un eccessivo
signalling infiammatorio da TNF.per la cura vengono utilizzati anticorpi monoclonari
inattivanti specifici per questi recettori mutati.
-Hyperthermia-IgD syndrome:febbre periodica associata ad elevati livelli di IgD che
sembrano dovute a mutazioni del gene MVK che codifica per la mevalonato chinasi un
enzima che agisce nel metabolismo del colesterolo.
Aspetti clinici della febbre:
L‘andamento della febbre viene descritto da una curva che evidenzia aspetti qualitativi e
quantitativi della febbre(logicamente antifebbrili e antibiotici modificano profondamente queste
curve).
La curva presenta tre fasi(senza contare la fase iniziale di situazione basale):
 rialzio termico:puo‘ essere lento o rapido a seconda di come avviene il resettaggio da parte
dei
centri
termoregolatori.
un‘innalzamento rapido generalmente e‘ caratterizzato da brividi e eventi di neotermogenesi
ed e‘ tipico della polmonite lobare da pneumococco.
 fastigio:indica il periodo di mantenimento della condizione febbrile.la febbre puo‘ essere
bassa o febbricola(innalzamento non superiore ad 1 °C),media(1-2 °C )alta(2-3 °C)e
altissima(anche detta iperpiressia se e‘ al di sopra di 41,5 °C).questi valori possono esser
mantenuti in maniera continua o discontinua.inoltre la durata varia a seconda del processo
dannoso.
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
defervescenza:dipende da come avviene l‘eliminazione e la scomparsa dei pirogeni
esogeni;puo‘ avvenire rapidamente per crisi,come nella polmonite pneumocitaria,o
lentamente per lisi,tipiche dell‘influenza o dell‘endocardite batterica.
Tipi clinici di febbre:
1. febbre continua della polmonite pneumocitaria:
ha comparsa improvissa,fastigio con valori molto alti(40-41,5 °C ) mantenuti per 4-5
giorni e defervescenza per crisi.
2. febbricola dell’adenomesenterite:febbricola con fastigio di lunga durata ma non
costante.tipica di processi con scarsa carica batterica e modesta virulenza come
tonsillite,granuloma dentario colecistiti e sinusiti.
3. febbre remittente dell’endocardite batterica subacuta:caratterizzata da variazioni
giornaliere superiori ad 1 grado senza mai raggiungere la defervescenza e di lunga durata.
4. febbre erratica della cistite:caratterizzata da un picco medio alto dove innalzamento e
defervescenza si presentano nello stesso giornoma presenta recidive.viene detta erratica per
la sua occasionalita‘ ed e‘ tipica nella cistite per escherichia coli.
5. febbre ricorrente o periodica:caratterizzata da picchi ricorrenti con una periodicita‘ tipica
per ogni tipo di infezione.La sepsi gonococcica e la leishmaniosi viscerale ha frequenza
biquotidiana ossia due picchi al giorno.La malaria da plasmodium vivax e‘ detta terzana
poiche‘ il picco febbrile avviene a giorni alterni con intensi brividi e sudorazione.nella
malaria da plasmodium malariae si ha la quartana.
6. febbre ondulante:caratterizzata da picchi che vengono raggiunti periodicamente senza una
prevedibile durata di ogni ciclo dovuta o a eventi di necrosi o a citochine immesse dai
tumori.
E‘ una condizione tipica del linfoma di Hodgking,altri linfomi e altri tumori.
Trattamento della febbre:
L‘utilizzo immediato di farmaci antiperetici non e‘ consigliato avendo la febbre vantaggi
teraupetici.
E‘ anche vero che però sopra i 41;5 gradi le cellule iniziano la risposta da stress termico e molte
proteine possono essere danneggiate.
I farmaci antipiretici sono:
 gli inibitori della ciclossigenasi:inibiscono la produzione di PGE₂ annullando il resettaggio
dei neuroni termoregolatori.
Tra questi abbiamo i FANS(antiinfiammatori non steroidei),l‘aspirina,l‘acetominofene(e‘ un
poco efficace inibitore della COX ma giunto al cervello viene ossidato e diventa molto
attivo).
E‘ importante considerare come l‘uso di FANS non abbassa ulteriormente il set point
 glucocorticoidi:inibiscono la fosfolipasi A₂ rendendola disponibile per la sintesi di PEG₂ e
inibisce geni proinfiammatori.
NB:i bambini sono facilmente soggetti ad ipotermie e ipertermie(in questo caso sono frequenti
convulsioni sostitutive al brivido)
Negli anziani le temperature sono spesso sotto il dovuto
NB2:per ogni grado in più abbiamo 8 pulsazioni in + e aumento della frequenza
respirtoria.(frequenza resp/frequenza polso=1/4)
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Aspetti fisiopatologici del sistema integrato ipotalamo-ipofisario
Il sistema nervoso e il sistema endocrino sono in stretta correlazione tra loro difatti:
1)a livello molecolare entrambi operano attraverso un sistema ligando-recettore e inoltre presentano
molte molecole in comune
2)a livello anatomico troviamo un centro di interazione e coordinazione : l‘ipotalamo.
L‘ipotalamo trasforma segnali neuronali in segnali ormonali che hanno come bersaglio
l‘adenoipofisi(raggiunta attraverso il sistema portale ipotalamo ipofisario)o cellule tubulari del rene
e cellule muscolari lisce(questi ormoni raggiungono per via assonica la neuroipofisi dalla quale
vengono rilasciati).
L‘ipotalamo è anche sede di importanti centri regolatori di funzioni mediate dal sistema nervoso
autonomo e inidispensabili per la sopravvivenza quali:
-centri per la termoregolazione
-centri regolatori del ritmo sonno-veglia
-centri della regolazione del ricambio idroelettrico
-centri regolatori delle funzioni nutrizionali.
L‘ipotalamo è collegato con strutture superiori del sistema limbico e della corteccia.
Il sistema nervoso e il sistema endocrino risultano inoltre in rapporto con il sistema immunitario
attraverso le citochine, sia perché hanno azione endocrina sulle cellule vicine per via autocrina e
paracrina, sia perché vengono prodotte sia dal sistema endocrino che dal SNC.
-Il controllo nervoso della funzione endocrina
E’ esercitato da:
1)Il sistema nervoso autonomo agisce attraverso una via indiretta , che prevede la modulazione
dell‘afflusso ematico, e una via diretta ,che regola direttamente la sintesi e il rilascio di ormoni.
La via diretta si verifica solo in poche ghiandole quali:
-epifisi(o ghiandola pineale)
collocata posteriormente al corpo calloso e al 3°ventricolo e costituita da pinealociti(cellule ormono
secretrici)associati ad uno stroma di origine gliale, che vanno in contro a calcificazione con un
processo che inizia nell‘infazia.
I pinealociti producono melatonina(sintetizzata anche dall‘ipotalamo)secondo un ritmo
circadianocon picchi nelle fasi notturne,quando la retina non è esposta a radiazioni
luminose,determinando stati di benessere e di sonnolenza(utilizzata contro il Jet-lag).
L‘informazione retinica(assenza di luce) raggiunge infatti i nuclei soprachiasmatici che inviano
informazioni ai gangli superiori cervicali che attraverso neuroni adrenergici(inibiti dalla presenza di
luce) favoriscono la produzione nei pinealociti dell‘ enzima N-acetiltrasferasi che trasforma la 5idrossitriptammina in melatonina.
La produzione di melatonina si riduce con la crisi puberale(aumento di depositi di calcio
nell‘epifisi).
La melatonina ha anche un ruolo inibenti la produzione di GnRH(ormone stimolante le cellule
gonadotrope dell‘adenoipofisi) da parte dell‘ipotalamo generando ipogonadismo,in alcuni animali,
nei periodi invernali(probabile ruolo regolatorio del ritmo riproduttivo)
Negli anfibi induce riduzione dei pigmenti cutanei.
-midollare del surrene:
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origina dalle cellule della cresta neuronale,i simpatogoni(da cui derivano anche le cellule del SNA),
che danno origine ad un parenchima costituito da cellule cromoaffini.
Essa secerne catecolamine a seguito dello stimolo colinergico effettuato dai neuroni pregangliari
simpatici.
i neuroni simpatici a loro volta vengono attivati attraverso il CRH (corticotropich releasing
hormone) che attiva il locus coereuleus;si parla quindi di asse ipotalamo-sistema simpaticomidollare del surrene.
Il CRH stimola anche l‘adenoipofisi a produrre ACTH che agisce nella corticale del surrene.
-rene:
in esso la secrezione di renina e eritropoietina è regolata anche dalla stimolazione adrenergica sui
recettori β
-paratiroidi:
dove la secrezione di paratormone è controllato anche dall‘attivazione dei recettori β-adrenergici
-pancreas:
dove il SNAmodula insieme ad altri fattori la secrezione di insulina(parasimpatico)e del
glucagone(simpatico).
2)neurotrasmettitori che modulano l‘attivita secretoria dell‘adenoipofisi.
GH
PRL
LH/FSH
TSH
ACTH
Acetilcolina
incrementa
Incrementa
Incrementa
Non
effetto
Dopamina
Incrementa
Diminuisce
Diminuisce
Diminuisce
Gaba
Incrementa
Incrementa
Incrementa
Non
effetto
Noradrenalina
incrementa
Non ha effetto Incrementa
Incrementa
Entrambi
Adrenalina
incrementa
Incrementa
entrambi
Incrementa
diminuisce
ha Incrementa
Incrementa
ha Diminuisce
3)ormoni ipofisotropi: neurormoni prodotti dai nuclei ipotalamici-ipofisotropi che sono sotto stretto
controllo di centri neuronali superiori che ne determina il ritmo di secrezione(circadiano,circa orario
o circa mensile o trigiuntano).
Questi neurormoni hanno azione modulatoria a livello del parenchima dell‘adenoipofisi.
L‘ipotalamo contiene anche il nucleo sopraottico e paraventricolare inviano assoni alla
neuroipofisi,centro di stoccaggio di vasopressina e ossitocina.
Lo stress e la sindrome generale di adattamento:
Un‘esempio dell‘interazione tra il sistema nervoso e quello endocrino è quella della risposta ad uno
stress.
nel linguaggio biomedico la parola stress indica qualsiasi sollecitazioni psichica e fisica (shock) che
induce nell‘individuo una sensazione di insicurezza e di minaccia, definita reazione di allarme,
contemporanea all‘attivazione del sistema dello stress, insieme di strutture che rispondono per
superare questo agente stressante.
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il sistema dello stress è connesso con il sistema mesocorticolimbico, con l‘amigdala ,l‘ippocampo, i
centri termoregolatori e i centri della fame e della sazietà.
lo stress può essere acuto, ossia dovuto ad un‘ impatto occasionale con uno stressor, o cronico,
quest‘ultimo genera fenomeni patologici fisici o comportamentali definiti nel loro insieme allostasi.
Come afferma Selye alla molteplicità degli stimoli stressanti l‘individuo risponde con un‘ unico tipo
di risposta definita sindrome generale di adattamento.
Tutti gli impulsi(sotto forma di neurotrasmettitori principalmente serotonina e GABA) provenienti
dalle aree corticali superiori o dalle terminazioni periferiche vengono integrati dal nucleo
parvicellulare dell‘ipotalamo che rilascia nel circolo portale CRH(corticotropin releasing hormone)
e ADH-vasopressina, che ha attività sinergica al CRH(NB:fino a poco tempo fa si pensava che
veniva rilasciata solo nella neuroipofisi).
Il CRH è sintetizzato anche dai neuroni del locus coeruleus,dai nuclei parabranchiali e dal nucleo
paragigantocellulare del midollo.
Il CRH
1)agisce sulle cellulle corticotrope determinando il rilascio dei derivati del
proopiomelanocortina(POMC) che sono:
-ACTH che stimola la corticale del surrene a produrre glicocorticoidi(fascicolare)e in minor parte
anche androgeni(reticolare)e aldosterone(glomerulare)
-β-endorfina che inibisce il rilascio di CRH e controbatte lo stato psichico di abbattimento indotto
dallo stress
-α-MSH(melanocyte stimulating hormone)
2)SNC:Sistema limbico,locus coeruleus,centri noradrenergici.si determina l‘attivazione del sistema
nervoso simpatico con liberazione di catecolamine e anche di CRH e peptide Y(questo ha attività
stimolante la secrezione di CRH)liberati dalle sinapsi del SNA.
3)cellule di tessuti periferici
La prima fase di shock oltre ad una serie di segnali emotivi,cognitivi e sensoriali prevede
ipotensione,ipoperfusione tissutale agli organi centrali che genera malessere e lipotimia.
L‘omeostasi viene ristabilita dalla sindrome di adattamento attraverso il rilascio nel sangue di
glicocorticoidi e catecolamine che innalzano la pressione sanguigna, ristabilizzano una gittata
cardiaca normale e normalizzano il livello glicemico.
Inoltre l‘attivazione di alcune aree del SNC rende l‘individuo vigilee talora in uno stato di euforia
con perdita dell‘appetito e della sensazione di dolore.
L‘aumento dei glicocorticoidi attraverso un feedback negativo inibisce la produzione di ACTH e di
CRH.
Se questo feedback però non si verifica, poiché ci troviamo di fronte ad uno stress cronico,
abbiamo:
-ipertensione(con accidenti cardiovascolari)
- iperglicemia e conseguenti turbe metaboliche
-disturbi dell‘apparato riproduttivo(dovuti alla riduzione di GnRH causato dall‘eccesso di CRH e
glicocorticoidi)
-disturbi dell‘ apparato immunitario(inibito dall‘elevata presenza di glicocorticoidi)
-riduzione della crescita dovuto all‘ inibizione delle cellule somatotropiche da parte della
somatostatina(per aumentati livelli glicemici nel sangue)
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-riduzione della produzione di TRH e TSH per inibizione effettuata dalla somatostatina.
-alterazioni di processi di apprendimento e di memorizzazione e comparsa di stati depressivi dovute
a ipercortisolemia.
Effetti di alcuni ormoni sul sistema nervoso centrale:
gli ormoni agiscono a livello del sistema nervoso centrale attraverso una via indiretta,basata
sostanzialmente su disequilibri di tipo metabolico ossia variazioni a livello delle concentrazione
plasmatiche,e una via diretta,che viene messa in atto dagli ormoni che possono attraversare la
barriera ematoencefalica ossia gli steroidi e le amine non legati a proteine vettrici e ormoni peptidici
come l‘angotensina 2,l‘insulina e la leptina(questi sembrano penetrare o attraverso transcitosi o
attraverso filtri neuroematici ossia regioni specifiche della barriera ematoencefalica che presentano
Tight junctions meno occludenti).
normale e iper
IpoGlicocorticoidi
Feto:differenziamento in senso Nell‘adulto
iposecrezioni
adrenergico dei neuroni
possono generare psicosi
Infante:differenzazione
neuroni seratoninergici
Adulto:ipersecrezioni
generare psicosi
Ormoni tirodei
Ipertiroidismo
incremento
sinaptica
in
possono
nell‘ adulto: Ipotiroidismo fetale:cretinismo
dell‘attivita endemico e riduzione dello
sviluppo di coni e bastoncelli e
di cellule cocleari
Adulto:riduzione della densita
sinaptica
Testosterone
Presenza in un periodo critico
determina la formazione di
NB:secondo alcuni autori non circuiti neuronici di tipo
è il testosterone ad agire ma gli maschile
estrogeni che nella femmina
non attraversano la barriera
ematoencefalica perché legati a
SHBG(sex hormone binding
globulin)
Estrogeni
In soggetti castrati prima del 5°
giorno dalla nascita l‘assenza
di testosterone genera un
comportamento
di
tipo
femminile.
Negli animali forniti di ciclo
estrale determinano il desiderio
sessuale durante il periodo del
calore(ovulazione)
Nella donna non è collegato con
la libido ma genera rialzo
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termico
Progesterone
Attivita antiandrogenica inibisce
l‘enzima che trasforma il
testosterone
in
diidrotestosterone(piu attivo).
Agisce
in
estrogeni.
sinergia
con
Neuroimmuno-endocrinologia:
il sistema immunitario viene regolato attraverso meccanismi di autoregolazione o segnali
provenienti dal sistema nervoso centrale e da quello endocrine,inoltre secerne molecole che
trasmettono informazioni al sistema nervoso si parla per cui di circuiti neuro-immuno-endocrini.
Andiamo ad analizzare alcuni tipi di circuiti:
1)le citochine secrete dal sistema immunitario possono raggiungere il SNC;ad esempio:
- INF-γ incrementa l‘espressione del complesso di istocompatibilità di classe 1 o 2 nelle cellule
nervose.incrementa l‘autofagia e riduce l‘attivazione dell‘inflammasoma.
- IL-1 e pirogeni endogeni intervengono nella genesi della febbre inoltre IL-1 favorisce il rilascio di
CRH e di ACTH.
Le citochine inoltre possono anche esser sintetizzate dal tessuto nervoso o endocrino:
-IL-6 viene secreto dall‘adenoipofisi(inibita in questa funzione dai glicocorticoidi)
-IL-1 viene secreto dalle cellule cromaffini del surrene e da quelle delle gonadi.
2)il timo oltre a secernere gli ormoni timici propriamente dette secerne anche:
-ormoni ipofisotropi quali CRH e GnRH infatti i topi atimici vanno in contro a degranulazione delle
cellule somatotrope(che cessa con un trapianto di timo).
-ormoni ipotalamici quali ADH-vasopressina,ossitocina e relative neurofisine.
-ormoni anteroipofisari(PRL,GH,TSH,ACTH,FSH,LH)
-glicocorticoidi,sintetizzati dalle cellule dell‘epitelio timico,che sono coinvolti nei meccanismi di
selezione negativa e positiva.
3)Si è inoltre notato nei topi uno stretto legame tra alterazioni timiche e adenoipofisarie infatti:
- topi trattati con siero anti-cellule somatotrope perdono le capacita immunitarie
-topi con Ipopituitarismo congenito (mancanza di GH e TSH)presentano ipoplasia timica e
riduzione dei processi immunitari cellulo-mediata che si riducono per somministrazione di GH e
tiroxina.
-L‘ipofisectomia causa atrofia degli organi linfoidi e del timo che diminuisce per somministrazione
di PRL(sembra esser il più importante perché se viene soppresso con bromocriptina genera
immunodeficenza) e GH
4)le cellule del sistema immunitario producono e hanno recettori per GH e PRL che probabilmente
agiscono con un meccanismo autocrino.
5)interazioni timo-surrene:
surrenectomia bilaterale induce iperplasia del timo, difatti i glicocorticoidi hanno azione immuno
depressiva.
timectomia determina iperplasia del surrene,difatti sostanze prodotte dal sistema immunitario
bloccano l‘azione dell‘ACTH sul surrene.
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6)alcuni linfociti rilasciano peptidi simili per struttura e probabilmente per funzioni ad alcuni
ormoni ipotalamici(CRH e GnRH),ipofisari(ACTH,TSH,PRL,β-endorfine)si pensa per questo che
dopo l‘ipofisectomia i linfociti possano aver funzione sostitutiva l‘adenoipofisi.
Inoltre i linfociti risultano esser modulati da alcune sostanze endocrine quali α e βendorfine,ACTH,met e leu-encefaline
7)glicocorticoidi hanno azionhye immuno depressiva mentre GH,PRL,insulina e tiroxina hanno
azione favorenti le risposte immuni.
L’adenoipofisi:
L‘ipofisi è una ghiandola posizionata nella sella turgica e rivestita superiormente dal diaframma
fibroso che la separa dal chiasma ottico.
Essa è suddivisibile in tre regioni:
-posteriore anche detta neuroipofisi: costituita di cilindrassi amielinici appartenenti a neuroni
ipotalmici
-intermedia: priva di funzioni endocrine
-anteriore: anche detta adenoipofisi connessa con l‘ipotalamo attraverso il sistema portale ipofisario.
L‘adenoipofisi ha un parenchima costituito da vari citotipi:
Cromofile
Acidofile
Basofile
Cromofobe
Somatotrope
GH
Proteico
Mammotrope
PRL
Proteico
somatomammotrope
GH e PRL
Proteico
Corticotrope
ACTH
Proteico
Gonadotrope
LH e FSH
Glicoproteico
Tireotrope
TSH
Glicoproteico
Ormoni
glandotropi
Non producono ormoni ma possono differenziarsi in acidofile o basofile
Gli ormoni glandotropi sono ormoni che hanno per bersaglio una ghiandola endocrina specifica e
che sottostanno ad un meccanismo di controllo comune.
Le cellule ipofisotropiche dell‘ipotalamo secernono un fattore di rilascio XRH(o un fattore
inibente) che attraverso il sistema portale giunge all‘adenoipofisi dove stimola(o inibisce)la sintesi e
il rilascio dell‘ormone (XTH).L‘ormone glandotropo entra in circolo e raggiunge la ghiandola
periferica che produce l‘ormone X.
In questo sistema si aggiungono tre circuiti di feedback negativo:
1)meccanismo di lungo feedback negativo: L‘ormone periferico X agisce a livello delle cellule
ipofisotropiche dell‘ipotalamo inibendo il rilascio degli ormoni ipofisotropici
2)meccanismo di corto feedback negativo:L‘ormone periferico X agisce a livello dell‘adenoipofisi
inibendone le funzioni di rilascio
3)meccanismo di cortissimo feedback negativo:un elevato livello di ormoni adenoipofisari nel
sangue ha funzione inibente sulle cellule dell‘adenoipofisi.
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Nel caso delle cellule gonadotrope esiste un meccanismo di feedback positivo che si attua durante
l‘ovulazione in cui l‘estradiolo determina un aumento della produzione di LH(fattore stimolante la
produzione di estradiolo)
Ormone della crescita o ormone somatotropo GH:
GH è un polipeptide di 191 amminoacidi, con un peso di 21,5-22 kDa codificato da un gene del
cromosoma 17.
nel sangue è in massima parte veicolato dalla GHBP(GH binding protein)
La sua biosintesi e secrezione è stimolata dall‘ormone ipofisotropico GHRH( che presenta un
meccanismo autocrino di auto inibizione),dall‘ipoglicemia, dal sonno e in piccola parte da ADHvasopressina, ACTH,α-MSH, TRH, GnRH , mentre è inibita da glicocorticoidi(che hanno azione
contraria in quanto facilitano il riassorbimento osseo e il catabolismo proteico) e somatostatina.
La secrezione di GH avviene secondo un ritmo circadiano pulsatile con picchi durante il sonno nonREM.
Il GH ha un andamento bifasico difatti presenta effetti immediatiinsulino-simili che persistono per
3-4 ore e effetti diabetogenici che subentrano dopo i primi e persistono per molte ore.
Negli effetti tardivi il GH:
-è un ormone diabetogeno favorisce glicogenolisi e gluconeogenesi (aumento del glucosio)
-favorisce la produzione di insulina,che favorisce la produzione di IGF-1, ma rende i tessuti insulino
resistenti favorendo cosi il dirottamento del glucosio al cervello durante il digiuno e la riduzione del
quoziente respiratorio(favorisce uso dei lipidi).
Inoltre l‘insulinastimola anche essa la crescita se l‘apporto dietetico è ottimale.
-favorisce la ricaptazione di amminoacidi dal muscolo aumentando la sintesi proteica e favorisce la
stabilita proteica determinando positivizzazione del bilancio di azoto.
-aumenta la lipolisi con chetogenesi
- a livello epatico determina la produzione del fattore insulino simile IGF-1(somatomedina) che
insieme a GH agisce a livello del nucleo paraventricolare anteriore favorendo il rilascio di
GHIH(somatostatina=fattore inibente la produzione di GH).
IGF-1 aumenta la sintesi proteica, la crescita ossea e la massa magra(effetti indiretti del GH).si
pensa che il GH abbia azione preparativa dei tessuti all‘azione dell‘IGF-1.
GH lavora in sincronia con altri ormoni;i più importanti sono gli ormoni tiroidei che hanno azione
permissiva nei confronti del GH e gli ormoni sessuali che stimolano la produzione di GH.
I glucocorticoidi(stimolati dallo stres) hanno azione contraria a quella del GH favorendo il
riassorbimento osseo e il catabolismo proteico.
Stimolanti
il Inibente
il Effetti
Effetti tardivi
rilascio
rilascio
precoci
GH
GHRH
Glicocorticoidi Insulino
simili
Somatostatina
Ipoglicemia
Sonno
REM
ADH-
non
-diabetogeni(gluconeogenesi e glicogeno
lisi)
-posivitizzazione del bilancio di azoto
-lipolisi e chetogenesi
-insulino resistenza
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vasopressina
ACTH
α-MSH
-produzione di insulina e
1(favorita anche dall‘insulina)
di
IGF-
-effetti indiretti:IGF-1 determina crescita
ossea e aumento della sintesi proteica
TRH
GnRH
Prolattina PRL:
polipeptide di 199 amminoacidi(3 ponti di solfuro) con un peso molecolare di 122 kDa
il controllo ipotalamico è per lo più di tipo inibitoria attraverso la dopamina(PIF prolactin inhibiting
factor)e la somatostatina. Il rilascio di PRLè favorito invece dal polipeptide vasoattivo
intestinale(VIP) e a livello farmaceutico da α-metildopa e da farmaci competitivi o inibenti la
dopamina(che comportano però anche riduzione della libido).
La secrezione ha un ritmo pulsatile e circadiano con incremento nelle ore notture.
Dopo la crisi puberale PRL insieme a estrogeni, progesterone, GH, steroidi, ormoni tiroidei e
insulina favorisce lo sviluppo del sistema dutto-alveolare che nel maschio è inibita dal testosterone.
dopo il partocon la caduta degli estrogeni e del progesterone inizia anche l‘effetto stimolante la
lattazione che dura 7 giorni al termine dei quali i livelli di prolattina si ri-abbassano per rialzarsi
ogni qual volta avviene la suzione.
A livello patologico esiste una netta correlazione tra iperprolattinemia(spesso dovuta a prolattinomi)
e ipogonadismo che si ritiene esser dovuta ad una competizione del PRL con i recettori per gli
ormoni gonadotropici.
Inoltre l‘iperprolattinemia comporta intolleranza al glucosio,ritenzione d‘azoto,mobilizzazione
lipidica,modesto accrescimento di tipo acromegaloide.
L’ormone corticotropo ACTH(corticotropina):
polipeptide di 39 amminoacidi con peso di 45kDa.
L‘ACTH deriva da un precursore che è il pre-pro opiomelanocita il quale in seguito a idrolisi
diventa pro-opiomelanocita(POMC).
Il clivaggio di POMC da origine a due peptidi:
-β-lipotropina
-pro-ACTH:da cui si formano e vengono secreti contemporaneamente l‘ACTH e il pro-γMSH(Melanocyte stimulating hormone)quest‘ultimo da origine a vari ormoni(N-POMC,α-MSH,βMSH e γ-MSH).
La produzione di ACTH è favorita dall‘ormone ipofisotropico CRF(o CRH inibito dal meccanismo
a feedback cortissimo dall‘ACTH),dallo stress(inibisce i sistemi inibenti e favorisce la secrezione di
ADH e CRH che hanno azione attivante) e dall‘angiotensina 2,mentre il cortisolo e l‘ossitocina
hanno azione inibente(meccanismo di corto e lungo feedback). L‘ACTH agisce a livello della zona
fascicolata e reticolare del surrene determinando la produzione di pregnenolone che favorisce la
steroidrogenasi surrenica e la sintesi proteica determinando la sintesi di cortisolo.
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La liberazione di CRF avviene secondo un ritmo circadiano con picchi nelle prime ore notturne fino
alle 8 di mattina che si riflettono nella secrezione di ACTH e corticolo.
L’ormone tireotropo TSH:
polipeptide con peso molecolare di 30kDa costituito da due subunità α(simile a quella del LH e del
FSH) e β(è quella attiva e anche quella che viene ricercata per valutare i dosaggi di TSH).
La secrezione del TSH viene favorita dal TRH(che è influenzato dal TSH,dallo stress e dalla
temperatura ambientale) prodotto dall‘ipotalamo mentre viene inibita dalla somatostatina e da alti
livelli di ormoni tiroidei(che agiscono con un meccanismo di corto o lungo feedback negativo).
Le gonadotropine:
le cellule gonadotropiche dell‘adenoipofisi(si pensa un solo citotipo) secernono l‘ormone
luteotropo(LH)e l‘ormone follicolo stimolante(FSH).questi ormoni sono costuiti da una subunità α e
una β(di cui quest‘ultima è quella attiva).
Le gonadotropine vengono rilasciate sotto stimolo ipotalamico del GnRH e agendo a livello
gonadico determinano la liberazione di steroidi gonadici e di inibina, i quali agiscono come inibenti
a livello ipofisario e ipotalamico(qui agiscono anche gli ormoni gonadotropici).caso particolare è
l‘estradiolo che nel periodo dell‘ovulazione agisce secondo un feedback positivo.
Ai recettori del LH e del FSH si legano anche la gonadotropina corionica(huG)e la
menotropina(presente durante la menopausa)
Gli ipopituarismi:
con la parola ipopituarismo si intende l‘insufficenza o assenza di uno o più ormoni adenoipofisari.
Gli ipopituarismi possono essere:
 -globali(panipopituarismo)quando la deficienza interessa tutti gli ormoni adenoipofisari;
-parziali;
-monotropici(interessa la biosintesi di un solo ormone)
 -primari(se l‘alterazione riguarda direttamente l‘adenoipofisi)
-Secondari
Le cause eziologiche sono diverse ma innescano comunque compressione dell‘adenoipofisi o del
circolo portale,lesione di tutti o solo alcuni nuclei dell‘ipotalamo.(le 9I)
Compressive(injury) -tumori: adenomi(NB: gli adenomi fino a che non assumono dimensioni
sufficienti a generare compressione generano ipersecrezione dell‘ormone da
essi sintetizzati)craniofaringiomi , tumori del SNC o delle cellule cromofobe.
-cisti
-aneurismi
Vascolari
(infartuale)
-fenomeni ischemici
-lesioni vascolari
-sindrome di Sheehan(ipovolemia post-partum)
Infiltrativi
Emocromatosi idiopatica o post trasfusionale(accumulo di ferro nei tessuti)
Traumatiche
Traumi cranici
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immunologiche
-infezioni granulomatose
-ipofisiti autoimmuni
Iatrogene
-lesioni conseguenti a interventi chirurgici
Non
definite -di cui non si comprende la causa e si pensa ad un motivo genetico.
(idiopatica)
Deficienza monotropica di GH:
può essere congenita o acquisita.
Quando è congenita determina un quadro clinico detto nanismo ipofisario caratterizzato da
- marcato ridotto accrescimento(max 1,40 m)
- armonico sviluppo di tutti gli organi
-discrepanza tra età ossea e età anagrafica:un paziente di 20 anni ha un età ossea di 12-13 quindi
continua ad avere un leggero accrescimento.
-deficienza nel sangue di IGF-1 che però non è patognomica in quanto può esser anche dovuta a
iponutrizione, ipopituarismo, nanismo di Laron.
È dovuta ad una lesione del gene GHN( 17q22-24).esistono altri nanismi ereditari di origine
adenoipofisaria coinvolti in sindromi di ipopituarismo parziale dove la deficienza di GH è connessa
a quella di TSH e PRL(gene PIT1)o a deficienza di TSH,ACTH,gonadostimuline(gene PRP1).
Un‘altra forma di nanismo ipofisario congenito è quella dovuta alla liberazione di GH non
funzionante.
Tra le forme di deficienza monotropica di GH è bene considerare il nanismo ipotalamico(e quindi
secondario)che può essere ereditario o congenito. Quest‘ ultimo è dovuto ad eventi emotivamente
stressanti che determinano il blocco della secrezione di GHRH(ipersecrezione di glicocorticoidi).
Esistono altre forme di nanismo:
-nanismo di Laron: non prevede mancanza di GH ma di recettori di GH che determina l‘assenza di
IGF-1;in questa sindrome i fibroblasti sono sensibili all‘IGF-2 mentre non si formano colonie
eritroidi a causa della non sensibilità al GH. La somministrazione di hGH è inutile.
-nanismo ereditario dei pigmei(=alti un cubito)dell‘africa=dovuto ad una forma di resistenza
periferica al GH.IGF-1 è presente in circolo ma in basse dosi.
-sindrome di Merimée: deficienza di IGF associata a diabete insulino dipendente.
Anche nell‘adulto si manifestano assenze di GH dovute a tumori dell‘ipofisi, sospenzione della
terapia sostitutiva con GH e interventi radioterapici sulla ghiandola.
Deficienza monotropica di ACTH:
può essere primaria o secondaria(problemi ipotalamici, insufficiente secrezione di CRH e
ipersecrezione di γ-LPH).
Determina il morbo di Addison che prevede i seguenti sintomi:
-debolezza
-affaticamento
-depressione
-anoressia
-pressione bassa e svenimenti
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-dolore addominale
-pelle bronzea
Deficienza monotropica di gonadotropine:generalmente secondaria(deficienza di GnRH)dovuta a
mutazioni del gene KAL(Xp22).
I sintomi si manifestano nel periodo della pubertà con un ridotto sviluppo dei caratteri sessuali
secondari a cui si associa cecità ai colori e sordita,difetti dell‘olfatto(sindrome di Kallmann)
Deficienza monotropica di TSH:dovuta a iposecrezione di TRH viene definita ipotiroidismo
terziario.
Deficienza monotropica di PRL:molto rara perché di solito associata a iposecrezione di TSH.
Paniipopituarismo:
-dell‘età evolutiva: coinvolge principalmente GH e gonadotropine. se l‘assenza delle gonadotropine
è maggiore di quella del GH avremo un soggetto enucoide(iper-sviluppo arti in confronto al tronco
e assenza di caratteri sessuali secondari).il neonato, anche se affetto da anencefalie e agenesia
dell‘ipofisi ,ha dimensioni normali perché soggetto a GH materno e gonadotropina fetale.
-dell‘adulto :il più grave è la sindrome di SHEEHAN dovuta a necrosi ipofisaria da emorragia postpartum in quanto durante la gestazione l‘ipofisi va in contro a ipertrofismo(le emoraggie in stati
normali distruggono una minor parte di adenoipofisi)
In generale la riduzione della sintesi dei vari ormoni avviene nel seguente ordine: gonadotropine,
TSH, ACTH, MSH, GH.
Anche i sintomi quindi presentano un ordine preciso: sintomi a carico dell‘apparto genitale,
manifestazioni mixedematose(edema del sottocute dovuto a accumulo di mucopolisaccaridi),
ipocorticosurrenalismo ,pallore cutaneo(riduzione MSH)e riduzione delle masse muscolari(GH).
Se la lesione coinvolge anche la neuroipofisi avremo anche diabete insipido.
Iperpituarismi:
può essere primaria(generalemente dovuta ad un tumore funzionante e legata ad un solo ormone)
,secondaria(legata all‘ipotalamo o dovuta a ridotto funzionamento della ghiandola bersaglio che
altera i meccanismi di feedback).
È bene considerare che l‘ipofisi va in contro ad iperfunzione in gravidanza e nel puerperio.
Iperprolattinemia:
può esser dovuta a:
- adenoma funzionante(prolattinoma)
-craniofaringioma o altre neoplasie che comprimono il sistema portale ipotalamo-ipofisario
contrastando l‘azione della dopamina e di PIF(prolactin inhibiting factor)
-fenomeni che interferiscono con il sistema dopaminergico come ad esempio farmaci psicotropi,
antiipertensivi e anticoncezionali estroprogestinici.
Le conseguenze sono:
-galattorea non sempre presente perché necessita anche degli ormoni gonadici
-amenorrea anovulatoria(assenza di ciclo ovulatorio e mestruale)
-nell‘uomo riduzione della libido
-ipogonadismo ipogonadotropico dovuto a riduzione del GnRH ipotalamico e alla riduzione della
risposta periferica alle gonadotropine(probabilmente perché il PRL ha ruolo competitivo sui
recettori)
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Gigantismo e acromegalia:
sono due manifestazioni differente di ipersecrezione di GH da parte di un‘adenoma acidofilo
ipofisario(somatotropinoma) che presenta un ritmo pulsatile disordinato,non risente del controllo
glicemico e è stimolato da GnRH e TRH(che fisiologicamente non hanno questa funzione) .
Gigantismo:dovuto ad ipersecrezione nel periodo dell‘infanzia e della pubertà. comporta:
-accrescimento strutturale soprattutto degli arti
-stigmati acromegaloidi
-splancnomegalia
-ipogonadismo(dovuto a iposecrezione delle gonadotropine)
-iposurrenalismo(iposecrezione di ACTH di origine compressiva a causa dell‘espanzione tumorale)
Acromegalia: dovuto ad ipersecrezione nel periodo adulto. comporta:
-inspessimento delle ossa del cranio, della faccia, della mandibola che comporta la facies leonina.
-inspessimento delle estremita degli arti:iperostosi .dovuto al fatto che le cartilagini epifisarie sono
già state saldate.
-osteoartropatia acromegalica che può condurre a gravi deformità della colonna vertebrale.
-macroglossia, splancnomegalia , cardiomegalia(accrescimento dei visceri)
-sudorazione perfusa
-astenia crescente(riduzione della forza muscolare dovuta anche alle difficolta circolatorie e
respiratorie);
-cardiomiopatia acromegalica dovuta a eccesso cronico di GH e IGF-1→inizialemente in realta
abbiamo un miglior funzionamento del sistema circolatorio ma con il passare del tempo si
verificano ipertrofie concentriche,fibrosi interstiziale e scompenso.
Man mano che il tumore si accresce abbiamo:
-cefalea e compressione del chiasma ottico
-intolleranza al glucosio,iperinsulinismo,ipogonadismo,iposurrenalismo.ipotiroidismo
NB:DOSAGGI:
-GH≥5-10ng/ml in controlli ripetuti→non si riduce con carico di glucosio
-IGF-1≥300 ng/ml
Nb sia nel gigantismo che nell‘acromegalia la morte si raggiunge principalmente per alterazioni
sistemiche di notevole entità.
I fattori che condizionano l‘andamento delle due patologie sono:
-dimensioni del somatotropinoma
-la quantità di GH prodotto
-la durata dell‘ipersecrezione
-i concomitati deficit ormonali.
Morbo di cushing:causato da un adenoma basofilo ipofisario secernente ACTH che determina
ipercorticosurrenalismo.
Sindrome di Nelson:corticotropinoma che nel 30% dei casi insorge in seguito a surrenectomia
bilaterale dovuta a sindrome di cushing.l‘eziologia non è certa ma si pensa che o il corticotropinoma
era gia presente prima della surrenectomia o si è originato a causa del mancato feedback negativo
degli ormoni glicocorticoidi.
Esternamente è visibile una melanodermia dovuta alla contemporanea iperproduzione di MSH.
Iperpituarismi rari :
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-ipersecrezione di TSH causato da tireotropinoma che provoca ipertiroidismo e grave tireotossicosi
-ipersecrezione di gonadotropine causato da gonadotropinoma che si origina in soggetti ipogonadici
o in donne dopo la menopausa e si ritiene esser dovuto ad un‘alterazione dei meccanismi di
feedback negativo.
Tumori ipofisari:
-adenomi:10%dei tumori endocranici
Sono tumori benigni che possono essere attivi (somatotropinoma , prolattinoma, corticotropinoma,
gonadotropinoma, e ademoni misti bi o polisecernenti) o inattiva(costituiti da cellule non secernenti
dette cellule null o cellule dette oncocitomi non attive ma ricche di mitocondri).
Possono essere microadenomi e macroadenomi(sopra i 10mm);non invasivi o invasivi(caratterizzati
da fenomeni erosivi e compressivi sulle strutture parasellari con tendenza recidiva post-terapeutica
ma rara trasformazione in maligni),intra o extrasellari(quest‘ultimi generano emianopsia bilaterale).
La terapia utilizzata può essere chirurgica o farmacologica.
Sintomatologia locale dei tumori ipofisari:
-cefale:stiramento dura o idrocefali
-difetti del campo visivo:compressione del nervo ottico
-rinoliquorea:estensione inferiore deltumore
-paralisi dei n n cranici
NB:craniofaringioma :non è un tumore ipofisario ma si origina nella tasca di Rathke e ha azione
compressiva sull‘ipofisi.
Può essere di due tipi:
-cistico: costituito da cavita cistiche contenenti un liquido oleoso con cellule esterne molto simili
agli adamantinomi
-solido: molto simile ad adamantinomi ma con cellule squamose corneificanti e foci di
calcificazione.
Aspetti fisiopatologici della tiroide (an-P)
La tiroide e il metabolismo dello iodio:
La tiroide è una ghiandola endocrina preposta al metabolismo dello iodio per la sintesi di ormoni
tiroidei.
Un sufficiente apporto di Iodio nella dieta,circa 50-70μg/die, è il fattore indispensabile affinchè la
tirodie possa sintetizzare i suoi ormoni.
L‘acqua rappresenta una delle prime fonti di Iodio ,a seguire abbiamo alimenti vegetali e animali e
farmaci(da tener presente per valutare la funzionalita tiroidea in soggetti che seguono lunghe terapie
farmaceutiche).
La deficienza di apporto di iodio era tipica nelle aree dette gozzigene dove attualmente si utilizza la
profilassi con somministrazione di sale iodato o di cibi addizionati di iodio(ad esempio in america
l‘apporto di iodio è per tale motivo esagerato=500μg/die)e può esser favorito da alimenti con azione
antitiroidea come alcune specie di cavolo.
Lo iodio negli alimenti è presente come iodio inorganico, assorbito cosi, o organico che viene prima
trasformato in ioduro. L‘assorbimento avviene nell‘ intestino tenue e in piccola parte anche nello
stomaco.
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È importante tener presente che lo iodio circolante non è solo di origine esogena ma anche
endogena; la tiroide libera 30-40μg di ioduro inorganico mentre il fegato deiodizza circa il 92%
degli ormoni tirodei mettendo in circolo circa 60μg/die di ioduro(il restante 8%di ormoni tiroidei
viene coniugato nel fegato con acido glicuronico o solforico ed escreto nella bile e quindi nelle
feci).
La concentrazione di ioduri nel sangue è di 10μg/litro ma dipende dalla quantità di ioduri eliminata
dal rene (poco meno della quantità di quello esogeno),dalle feci(circa il 3%di quello esogeno)e per
via cutanea e respiratoria e dalla quantità di ioduro intrappolato dalla tiroide che lo restituisce nel
70%come ormoni tiroidei e il 30%come ioduro inorganico.
La tiroide è una trappola di iodio che fin dalla 12° settimana dello sviluppo embrionale sviluppa la
capacità di concentrare iodio per creare una riserva di 8000μg.
Sintesi,secrezione e degradazione metabolice degli ormoni tiroidei:
1)penetrazione dello ioduro nei tireociti.
La funzione di trappola dello ioduro dela tiroide è permesso da un meccanismo di concentrazione
contro gradiente elettrochimico detto pompa dello ioduro(attuato anche da ghiandole
salivari,ghiandole gastriche,ghiandole mammarie,placenta,plesso corioiodeo).
il meccanismo viene effettuato attraverso un cotrasportatore Na-I sgm-poter(NIS)che agisce grazie
all‘energia fornita dalla pompa Na-K ATPasi,generando una concentrazione di iodio 30 volte
maggiore di quella del LEC.
Il trasportatore NIS viene stimolato dal TSHe dalle deficienza di ioduro; viene invece inibito
dall‘eccesso di ioduro e da perclorato e pertecnato(due competitori dello ioduro);come quest‘ultimi
due abbiamo anche:
Il 99𝑚𝑚 𝑇𝑐𝑂4 è un radioisotopo γ-emittente a breve vita che viene adoperato nello scanning della
tiroide.
2)ossidazione dello ioduro e iodazione dei residui tirosinici della tireoglobulina:
Lo ioduro rimane solo alcuni istanti all‘interno della cellula, qui interagisce con TPO(perossidasi
tiroidea)che in presenza di 𝐻2 𝑂2 lo trasforma in 𝐼 0 (ioduro nascente),che dopo esser stato
trasformato in 𝐼2 incorporato a residui tirosinici della tireoglobulina in posizione 3,5 creando MIT e
DIT.TPO
può
essere
inibito
da
farmaci
antitiroidei(tiourea,propiltiouraciloe,metilmercaptoimidazolo)o composti gozzigeni.
Quest‘ultimi vengono definiti cosi in quanto riducono la formazione di 𝑇3 e 𝑇4 riducendo il
meccanismo di feedback negativo del TSH.Il TSH in eccesso determina iperplasia della tiroide.
La tireoglobulina(glicop.di 600kDa costituita da 2 subunità differenti)iodata viene quindi liberata
nella coloide.
I residui di tirosina non iodati possono esser iodati nella colloide grazie all‘espulsione di Ioduro da
parte di un carrier detto pendrina(gene SLC26Au)la cui assenza genera la sindrome di Pandred.
3)la reazione di condensazione delle tirosine iodate:
Le tirosine iodate(MIT e DIT)vanno in contro ad un processo di condenzazione ossidativa detto
coupling di cui non si conosce il meccanismo ma se ne ipotizzano due tipi:
-reazione di condensazione intramolecolare:le iodotirosine non sono legate alla tireoglobulina
-reazioni di condensazione intermolecolare :un Dit libero viene trasformato da una transaminasi
nella suo analogo acido piruvico(acido diiodoidrossifenilpiruvico)in forma chetonica e poi in
formaenolica quindi viene trasformato da una perossidasi in idrossiperossido che viene accopiato ad
un MIT molecolare per formare 𝑇3 o con DIT per formare 𝑇4 .
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4)endocitosi del colloide e secrezione degli ormoni tiroidei:
Per essere utilizzata la tireoglobulina viene endocitata.Le vescicole pinocitotiche si fondono con i
lisosomi dando origine ai fagolisosomi dove ha luogo l‘idrolisi della tireoglobulina. Da essa si
originano 𝑇3 𝑒 𝑇4 che diffondono e MIT e DIT che vengono deiodate da una iodotirosindeiodasi.
Già all‘ interno della tiroide la𝑇4 (molecola maggiormente prodotta ,80%, ma non attiva)può esser
trasformata in 𝑇3 da una T4-5 deiodasi. In periferia troviamo 2 deidosasi extracellulari; una agisce a
livello dell‘anello fenolico esterno generando 𝑇3 mentre l‘altra(deiodasi di tipo 3)agisce nell‘anello
fenolico interno generando r𝑇3 (𝑇3 inversa poco attiva).
5)𝑇3 può essere ancora deiodata in diiodotironine e questa in monoiodotironine.
È questo uno dei meccanismi di degradazione che avviene nel fegato,nel rene e nel muscolo(ma
anche nell‘encefalo e nella milza).
Oltre a quello della deiodazione esistono altri sistemi catabolici:
-deaminazione ossidativa che porta alla formazione di a.triiodotiroacetico o tetraiodiotireoacetico
-coniugazione fenolica con a.glucuronico o solforico(fegato e rene)
-decarbossilazione con formazione di tiroxamina.
Trasporto degli ormoni tirodei nel sangue:
nel sangue 𝑇3 e 𝑇4 si trovano quasi sempre legate a proteine vettrici(secondo un interazione debole
che sottosta alle leggi d‘equilibrio).solo lo 0,4%di 𝑇3 e lo 0,004% di 𝑇4 circolano liberamente e
possono penetrare nelle cellule e agire a livello ipotalamico(il superamento della barriera
ematoencefalica avviene attraverso due proteine carrier OATPG1 e MCT8).
Le proteine vettrici sono:
-TBA(Thyroxine binding albumin):poco affine ma la piu presente
-TTR(Transtiretina)anche detta TBP(thyroxine binding prealbumine):lega quasi esclusivamente 𝑇4 .
-TBG(thyroxine binding globulin):bassa concentrazione ma elevata affinità
-lipoproteine:HDL
Controllo della funzione tiroidea e della secrezione ormonale:
La secrezione tiroidea è controllata da :
1)TSH(controllato a sua volta dal TRH di origine ipotalamica)che agendo sui recettori aumenta il
C-AMP.
Esso ha azione difasica:
a)effetti immediati:
-endocitosi del colloide
-formazione di fagolisosomi
-idrolisi della tireoglobulina
-organificazione dello iodio
-incremento di altre attività metaboliche.
b)effetti tardivi:
-aumento della captazione di iodio
-aumento della sintesi di tireoglobulina
-se protratta abbiamo iperplasia e ipertrofia dei tireociti.
𝑇4 (trasformato nella forma attiva 𝑇3 all‘interno della tiroide)riduce l‘espressione dei recettori per
TRH,blocca la sintesi ipotalamica di quest‘ormone e quindi anche quello di TSH(meccanismi di
corto e lungo feedback).
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2)a modulare il rilascio degli ormoni tiroidei abbiamo anche
-somatostatina e dopamina inibiscono la liberazione di TSH.
Ormoni glicoattivi e prostaglandine
3)meccaismi di autoregolazione della tiroide:
-Blocco di wolff-chaikoff: avviene per eccessi di ioduro intratiroideo. il blocco avviene perché lo
ioduro trasformato in forma reattiva complessa con altri ioduri dando origine ad una forma che non
può effettuare la iodazione delle tirosine della tireoglobulina.
In concentrazione fisiologica la tiroide sfugge a questo controllo attraverso una riduzione della
captazione di iodio riducendo la sua risposta al TSH.
Questo meccanismo viene invece sfruttato nel trattamento dell‘ipertiroidismo in cui elevate
somministrazioni di iodio riducono la sintesi ormonale.
-aumento della captazione dello ioduro in condizioni di ipotiroidismo
-basse concentrazioni di ioduro determinano da parte della tiroide produzione preferenziale di 𝑇3 .
-controllo da parte di catecolamine e prostaglandine(dimostrato dalle frequenti disfunzioni dovute
alle gravidanze)
Interazione degli ormoni tiroidei coi recettori:
i TR sono i recettori degli ormoni tiroidei e appartengono alla superfamiglia dei recettori nucleari(a
cui appartengono anche i recettori per i retinoidi e per la vitamina D).essi sono codificati da due
geni distinti,TRα e TRβ(inidspensabili nello svilippo dell‘udito), collocati nei cromosomi 17 e 3
costituiti da 6 regioni e 3 domini funzionali ,che per opera dello splicing alternativo danno origine a
diverse isoforme come TRα1(attiva a livello cardiaco), TRα2(attivo nella crescita), TRα3, TRβ1 e
TRβ2.
I TR prima di agire a livello dei geni bersaglio interagiscono con 𝑇3 RE(specific 𝑇3 response
element=sequenze di DNAcon particolare configurazione).i TR si possono legare al 𝑇3 RE( come
monomero, omodimeri o eterodimeri(di questi la forma più frequente è quella con i recettori
dell‘acido retinoioco).
Il legame con 𝑇3 RE può essere costitutivo(inibizione della trascrizione di un gene)o può avvenire
solo in presenza di 𝑇3 entrambe le attività sono favorite da co-repressori e co-attivatori.
Principali effetti metabolici degli ormoni tiroidei:
i più noti effetti degli ormoni tiroidei sono l‘ aumento del consumo basale(e di consumo di ossigeno
),che interessa tutti i tessuti tranne le cellule nervose,spleniche e testicolari, e la
termogenesi(aumento della produzione di calore che non risiede nella aumentata dissociazione della
fosforilazzione dell‘ossidazione ma nell‘ aumentato consumo di ATP dovuto una maggior
disponibilità e attivazione delle ATPasi.
Inoltre agisce nel:
1)metabolismo proteico:
-a piccole dosi:stimola la sintesi proteica riducendo l‘escrezione di azoto
-a grandi dosi: determina un blocco della sintesi e un‘ incremento del catabolismo a causa
dell‘aumento di necessità di energia.
Inoltre stimola la sintesi e la secrezione degli ormoni GH e IGF-1.
2)metabolismo glucidico: ha un azione regolatoria perché il ruolo principale spetta ad insulina e
glucagone.
-a piccole dosi:favorisce la glicogenosintesi epatica
-a dosi elevate:provoca glicogenolisi
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Ha inoltre funzione di favorire l‘assorbimento intestinale di zuccheri e di facilitare la penetrazione
del glucosio nelle cellule adipose e muscolari.
3)metabolismo lipidico:
ipertiroidismo: incremento dell‘ attività lipolitica(riduzione massa grassa) e riduzione della
concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.
Ipotiroidismo: riduzione dell‘attività lipolitica(aumento massa grassa) e aumento della
concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.
Effetti sui vari organi:
1)cuore:inotropo e cronotropo positico +aumento del numero e della sensitbilità dei recettori
βadrenergici.inoltre diminuisce le resistenze periferiche riducendo il riempimento arterioso e
conseguentemente aumentato il riassorbimento di Na++→ipervolemia
2)stimolo dell‘ematopoiesi
3)osso:stimolazione del turn over
4)muscolo:aumento della velocità di rilassamento muscolare
Ipotiroidismo: dovuto a insufficiente o mancante formazione di ormoni tiroidei.
Viene distinto in:
 primario: dovuto ad alterazioni della tiroide
 secondario: dovuto a deficienza di TSH(si riconosce dal terziario perché iniezioni di TRH
non hanno alcun effetto).
 terziario: dovuto a deficienza di TRH.
 Sindrome di Refetoff :resistenza dei tessuti periferici all‘azione degli ormoni tiroidei.
Può essere distinto in :
-acquisito:processi infiammotiri(tiroidite autoimmune di hashimoto,tiroidite di riedel,sequela
tiroidite subacuta)
-iatrogeno(tiroidectomia,farmaci antitiroidei,terapia radiometabolica ipertiroidisimo,Rx terapia
esterna regionale cervicale)
-altre condizioni (carenze di iodio o eccesso di iodio)
L‘ipotirodismo congenito(primario o sindrome di refetoff)è difficilmente riconoscibile nei
primissimi mesi di vita in quanto i sintomi iniziali sono tutti poco correlabili alla causa( disturbi
digestivi, scarso aumento di peso, pianto rauco ,sonnolenza, addome globoso, pelle secca).
La malattia viene identificata a causa del ritardo con cui il bambino impara a camminare e a parlare
sintomi che culminano nel cretinismo.(importante quindi effettuare un controllo dei livelli degli
ormoni tiroidei che ci permette di identificare il problema prima che sia troppo tardi).
Nel cretinismo il sistema nervoso centrale presenta alterazioni delle connessioni e della
mielinizzazione che comporta ritardo mentale mentre l‘apparato scheletrico si sviluppa nella
classica conformazione del nanismo ipotiroideo(esagerate dimensioni del cranio in confronto a
quelle del corpo dovuto ad un rallentamento dei centri di ossificazione).
Le stesse manifestazione si verificano se l‘ipotiroidismo si presenta per mancanza di iodio in
periodo infantile(questa forma di cretinismo si dice endemico perché diffuso in aree gozzigene ,per
distinguerlo dal precedente detto sporadico ).
L‘ipotiroidismo giovanile presenta manifestazioni cliniche che dipendono dalla precocità
dell‘insorgenza; avremo ritardo strutturale e mentale e mixedema a cui si sommeranno con il
passare del tempo le manifestazioni dell‘età adulta.
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Ipotiroidismo nell’adulto(dovuta principalmente a tiroidite di hashimoto):ipotermia(causata dal
rallentamento
del
metabolismo
basale),astenia(insufficenza
di
ATP
a
livello
muscolare),bradicardia,apatia , letargo fisico e psichico,mixedema generalizzato(accumulo nel
connettivo di mucopolisaccaridi acidi semplici e complessi)che può degeneralizzare in coma
mixedematoso(deterioramento progressivo di quasi tutti gli apparati).
L‘ipotiroidismo secondario e terziario vengono detti centrali e possono essere congeniti o acquisiti
ma non superano il 5%di tutti i casi di ipotiroidismo .il secondario generalmente è associato a
quello di altri ormoni dell‘adenoipofisi che può sfociare in panipopuitarismo.
NB:può esser dovuto anche a condizione estreme di lavoro (ambientali/termiche o sfrozo
strenuo),malnutrizione,farmaci,traumi fisici,malattie gravi (infarto del miocardio o
ustioni)→sindrome con bassa T3
Ipertiroidismo: complesso di sintomi dovuto all‘eccesiva sintesi di ormoni tiroidei che può
sfociare in tireotossicosi(eventi con cui le cellule rispondono a quest‘eccesso di ormoni).
I principali sintomi sono: dimagrimento(anche se vi è un incremento dell‘appetito dovuto
all‘aumento del consumo energetico) , ipertermia, sudorazione, nervosismo, tachicardia, accellerata
crescita delle ossa, frequente diarrea e amenorrea o dismenorrea(nell‘uomo infertilità),esoftalmo,
mixedema pretibiale.
1)Morbo di Flajani-Basedow-Graves: malattia autoimmune con incidenza maggiore nel sesso
femminile e con elevato grado di familiarità.
Prevede la sintesi di autoanticorpi(TSI=thyroid stimulating immunoglobulins) che reagendo con i
recettori del TSH determinano un rilascio di 𝑇3 𝑒𝑇4 che sfugge ai meccanismi di controllo. inoltre i
tireociti acquisiscono la capacità di esprimere antigeni dello MHC 2.
I sintomi più appariscenti del morbo di flajani-basedow-graves sono:
 Oftalmopatia:i TSI sono anche anti tireoglobulina.quando i due composti si incontrano nel
sangue(la tireoglobulina non è un antigene segregato ma circola sia nel sangue che nella
linfa)si ha la formazione di immunocomplessi che giungendo nel cavo orbitale si
intrappolano nei muscoli orbitali innescando una reazione flogistica che comporta il rilascio
di antigeni muscolari e conseguente risposta autoimmune su quest‘ultimi.
Oltre all‘oftalmopatia la reazione flogistica genera esoftalmo bilaterale con compressione
del nervo ottico , impossibilità di chiudere le palpebre e conseguente formazione di ulcere
corneali.
 dermopatia: mixedema pretibiale ossia la pelle risulta inspessita e violacea a causa di un
accumulo di glucosamminoglicani solo sulla parte anteroinferiore della tibia.
 gozzo:dovuto ad iperplasia dei tireociti.
Altre forme di ipertiroidismo possono esser dovute a:
-Adenoma tossico(morbo di plummer):ipertiroidismo non di origine autoimmune dovuto alla
presenza di noduli adenomatosi ipercaptanti detti noduli caldi. generalmente la resezione chirurgica
degli adenomi determina regressione della malattia. Può essere mono o multinodulare(sindrome di
Marine-Lenhard).
 Tiroidite: processo flogistico della tiroide a seguito di eziologia infettiva che determina un
iper produzione degli ormoni tiroidei.
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 Thyreotoxicosis factitia: tireotossicosi dovuta ad assunzione di ormoni tiroidei a fine
dimagrente.Cessata l‘assunzione la sintomatologia regredisce ma si richiede una cura
psichiatrica.
 Tessuto tiroideo in sede ectopica(teratomi, metastasi, coriocarcinoma)
 ipertiroidismo iatrogeno:può presentarsi a seguito della somministrazione di INFα,Litio,iodio radiattivo.
 incapacita dell‘adenoipofisi di rispondere al meccanismo di down-regulation
Gozzi:
ingrossamento del collo dovuto all‘aumento del volume della tiroide. Esso può essere tossico, se
genera ipertiroidismo, o non tossico(non associato all‘aumentata produzione di ormoni tiroidei).
il gozzo non tossico può esser dovuto a :
-deficienza di iodio(gozzo endemico se presente in più del 10%della popolazione)
-assunzione di sotanze gozzigene
-tiroidite di hashimoto
-tiroiditi infettive
-difetti genetici della sintesi ormonale
-deficienza dei recettori TR
-tumori
-morbo di Flajani-basedow-graves.
Il gozzo può essere totale o parziale ossia nodulare.
attraverso la scintigrafia è possibile studiare la funzionalità iodica e identificare noduli
freddi(ipocaptanti)e noduli caldi(ipercaptanti).I noduli caldi producendo un‘iperquantità di ormoni
tiroidei determinano la riduzione del TSH e la formazione di noduli freddi nel parenchima normale
questo implica che non sempre la presenza di noduli caldi determina ipertiroidismo e tireotossicosi.
Nel follicolo tiroideo iper e ipotiroidismo si manifestano in maniera differente:
-se il follicolo è iperfunzionante avremo cellule più voluminose e iperplasiche con frequente
pluristratificazione del tessuto;inoltre lume follicolare e colloide sono ridotti
-se il follico è ipofunzionante avremo cellule meno voluminose,mentre lume e colloide aumentano.
CLASSIFICAZIONE CLINICA DEI GOZZI:
-0:assenza di gozzo
-IA:palpabile e non visibile
-IB:palpabile e visibile
-II:ben visibile
-III:visibile a distanza
Le tiroiditi:
sono processi infiammatori nel contesto della ghiandola che possono essere acuti o cronici –
raramente troviamo essudato.
 tiroidite di De Quervain: processo flogistico ad inizio brusco e decorso subacuto che si
manifesta durante infezioni virali. colpisce principalmente donne di media età e si manifesta
con dolore al collo e un leggero ipotiroidismo a causa della reazione flogistica
granulomatosa che manda in necrosi vari follicoli richiamando vari macrofagi che si
trasformano in cellule giganti.Si risolve in 10 giorni e il processo di guarigione è favorito
dall‘uso di antivirali e antinfiammatori.
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 tiroidite di hashimoto: malattia autoimmune che colpisce principalente il sesso femminile e
ha decorso ingravescente.E‘ caratterizzata da atrofia del parenchima ghiandolare o sua
distruzione per necrosi conseguenti alla reazione flogistica;la tiroide risulta piena di
linfociti(struma
linfoideo),di
autoanticorpi(anti-tireoglobulina
e
anti-antigeni
microsomiali).La distruzione dei tireociti avviene sia per meccanismi cellulo-mediati che
per via del sistema del complemento.Può presentarsi associata ad altre sindormi autoimmuni
come gastrite atrofica,diabete mellito di tipo 1,celiachia,vitiligine m.di addison(o morbo di
schmidt).
Può presentarsi all‘interno della sindrome di Schmidt associata a anemia perniciosa,
insufficenza surrenalica autoimmune, ipoparatiroidismo.
La patologia è caratterizzata da ipotiroidismo nel decorso del quale si possono verificare
episodi acuti di ipertiroidismo(hashitossicosi) dovuti o all‘azione del TSH sulle regioni sane
o al TSI.può evolvere in linfoma.
Base genetica:HLD:DR3/DR5(non HLA)
 tiroiditi di Riedel: variante della tiroidite di hashimoto caratterizzata da una estesa reazione
fibrotica.
Tumori della tiroide:
la tiroide è frequentemente sede di tumori benigni e soprattutto di adenomi.
Gli adenomi possono riprodurre l‘architettura della tiroide embrionale, di quella fetale, di quella
adulta o avere forma cistica o cistopapillifera.
Una forma particolare è l‘adenoma a cellule di Hurtle, costituito da grosse cellule acidofile
disposte a trabecola, particolarmente presente nel lobo superstite dopo tiroidectomia
parziale(probabilmente è determinato dall‘iperproduzione di TSH).
I tumori maligni a maggiore incidenza sono i carcinomi e gli adenocarcinomi che prendono origine
sia dalle cellule follicolari che dalle parafollicora:
-Ca.differenziati(papillare o follicolare)
-ca.anaplastico(a.piccole cellule o a grandi cellule)
-ca.midollare(sulle cellule parafollicolari:sporadico o familiare)
-altri: (linfomi e sarcomi)
Un particolare tumore maligno è l‘adenoma metastatizzante costituito da cellule molto diverse
(come l‘adenoma)ma fornite di fenotipo metastatico.
Semeioticamente si riconosce per presenza di linfonodi satelliti,segnali di compressione o metastasi.
Fisiopatologia del surrene
I surreni sono due piccole ghiandole collocate nello spazio retroperitoneale in corrispondenza del
polo superiore dei reni.
Essi sono costituiti per circa l‘80 %dalla corticale, che ha un colore giallognolo a causa della grande
presenza di lipidi,e dalla midollare, che ha un colore bruno rossiccio e si origina per migrazione dei
simpaticogoni della cresta neuronale.
Nel periodo embrionale hanno dimensioni superiori a quelle definitive e sono importantissimi
produttori di androgeni.
Biosintesi degli ormoni steroidei nella corticale del surrene:
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le cellule della corticale del surrene sono in grado di prelevare colesterolo dal sangue e accumularlo
in gocce lipidiche citoplasmatiche dalle quali viene rimosso per produrre ,attraverso questo, ormoni
steroidei ossia che presentino il nucleo ciclopentanoperidrofenantrenico (3 anelli a 6C +uno a 5C).
1. nell‘uomo il colesterolo utilizzato è principalmente quello contenuto nelle LDL.Le LDL
interagiscono con i recettori(la cui espressione è favorita dall‘ACTH)creando il complesso
LDL-recettore che viene endocitato in vescicole che venendo inglobate dai lisosomi
vengono idrolizzate e rilasciano amminoacidi e esteri di colesterolo.Gli esteri di colesterolo
vengono trasformati da una lipasi acida in colesterolo libero.
2. Il colesterolo libero viene trasferito all‘interno dei mitocondri dalla proteina carrier
StAR,Steroid Acute Regulatory ,proteina che è codificata da un gene del cromosoma 8 la
cui trascrizione è regolata dall‘ACTH nel surrene e dalle gonadotropine ipofisarie nelle
gonadi.(la mancata sintesi della proteina StAR in una forma di iperplasia congenita del
surrene blocca la sintesi di tutti gli ormoni steroidei anche se non interferisce con la
conduzione della gravidanza dove questi vengono prodotti dalla placenta che presenta una
proteina carrier differente).
3. a questo punto il colesterolo viene trasformato in pregnenolone dal cholesterol Side Chain
Cleavage Enzyme(CYP 11 A1)
4. quindi abbiamo processi differenti,grazie alla presenza di differenti enzimi all‘interno delle
cellule delle varie regioni della corticale, che portano alla formazione di differenti ormoni
steroidei.Questi generalmente non vengono accumulati all‘interno della cellula ma vengono
secreti contemporaneamente alla loro sintesi.
Prima di addentrarci nello studio della formazione dei vari ormoni steroidei possiamo ripassare
qualche legge fondamentale della loro nomenclatura.essa dipende da:
1)il numero di atomi di carbonio da cui sono costituiti mineralcorticoidi e glicorticoidi sono infatti
composti C21,gli androgeni(deidroepiandrosterone,androstenedione,testosterone) sono composti
c19 mentre gli estrogeni sono C18(estriolo e β-estradiolo)
2)il suffiso che permette di identificare alcune caratteristiche molecolari al di fuori della catena
carboniosa.
3)anche gli enzimi presentano una nomenclatura specifica che ci permette di identificare la reazione
che svolgono;i piu importanti sono le idrossilasi che appartengono alla superfamiglia di
emoproteine del citocromo P450 e per questo indicata con la sigla CYP(i geni di queste proteine
sono identificati con lettere maiuscole e corsive:CYP) .
A)Ormoni sintetizzati nella zona glomerulare:
Le cellule della zona glomerulare non presentando l‘enzima 17α-idrossilasi(CYP17),che converte il
progesterone e il pregnenolone nei rispettivi 17α-IDROSSI-,producono quindi solo
mineralcorticoidi.
-il pregnenolone abbandona il mitocondrio e raggiunge il RE qui l‘enzima 3-βidrossisteroidodeidrogenasi (HSD o 3B2) lo trasforma in progesterone
-il progesterone viene trasformato in deossicorticosterone dalla 21 idrossilasi(CYP 21) quindi viene
trasportato nel mitocondrio
-nel mitocondrio abbiamo un complesso enzimatico detto aldosterone sintetasi (CYP 11B2)
costituito da tre enzimi:
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l‘11βidrossilasi che trasforma il deossicorticosterone in corticosterone,la 18-idrossilasi che permette
la formazione del 18-idrossicorticosterone e la 18ossidasi che forma l‘aldosterone.
La secrezione di aldosterone è stimolata da:
1)sistema renina-angiotensina:
il rilascio di renina da parte delle cellule dell‘apparato juxaglomelurale,è dovuto a percezione di
ipovolemia(anche ipotenzione statica ossia passaggio dalla posizione supina a quella
eretta)deplezione sodica,iperkaliemia mentre è inibita dall‘ aldosterone stesso in quanto antagonista
delle condizioni precedenti. La renina nel sangue agisce come enzima proteolitica a livello
dell‘angiotensinogeno staccando da questo l‘angiotensina 1.L‘angiotensina I viene poi privata di
due amminoacida dall‘ Angiotensin-converting Enzyme(ACE)che la trasforma in angiotensina II(il
processo può continuare con la formazione dell‘angiotensina III che è molto meno attiva.
L‘angiotensina II agisce a livello della glomerulare del surrene favorendo la produzione dei
recettori per l‘angiotensina II e la sintesi degli enzimi che portano alla formazione di aldosterone.
2)ACTH
3)MSH
4)iponatriemia(in forma indiretta attivando il sistema renina-angiotensina)
5)iperkaliemia:determinando depolarizzazione della membrana delle cellule della zona glomerulare
e loro attivazione per entrata di Ca++
Viene inibita da:
1)somatostatina
2)ANP(peptide natriuretico atriale):interagisce con recettori della glomerulare che trasducono un
segnale inibente.
L‘aldosterone essendo un ormone steroideopenetra all‘ interno della cellula e raggiunge il
citoplasma dei tubuli convoluti distali e dei dotti collettori del rene dove sono presenti recettori
citosolici(presenti anche nelle ghiandole salivari e sudoripare,nell‘endotelio vascolare negli
enterociti e nelle ghiandole mammarie).
Questo recettore può essere attivato anche dalcortisolo,che essendo presente in concentrazioni
maggiore avrebbe anche maggiore effetto,ma in condizioni fisiologiche ciò non avviene poiché nel
citoplasma delle cellule dei tubuli distali del rene è contenuto l‘enzima 11-βidrossisteroidodeidrogenasi(11β HSD)che trasforma il cortisolo in cortisone che non interagisce con
i recettori. Nella sindrome da apparente eccesso di mineralcorticoidi si ha deficienza congenita
di 11β HSD e i recettori oltre che dall‘aldosterone vengono attivati dal cortisolo inducendo gli stessi
effetti dell‘ ipermineralcorticoidismo.
L‘aldosterone ha funzione di regolatore della concentrazione degli elettroliti e quindi anche della
volemia , della pressione arteriosa e del PH.
Agisce principalmente favorendo la ritenzione sodica che porta con se l‘acqua e aumenta
l‘assorbimento dal liquido tubulare,e l‘estrusione di questo dalle cellule tubulari ai capillari
peritubulari aumento della volemia.
Inoltre il liquido tubulare va incontro ad una negativizzazione che incrementa la differenza di
potenziale tra esso e il liquido peritubulare che favorisce l‘escrezione di K+ e H+ nel lume
tubulare(mediato da canali ionici per K+ e H+ ,scambiatori NA++/K+ ATPdip o scambiatori
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Na++/H+) NB: L‘escrezione di K+ avviene solo se la concentrazione di NA++ è elevata poiché
regolato dalla natriemia.
Favorisce inoltre la secrezione di Mg++ e di 𝑁𝐻3 .
Deficienza
Eccessiva produzione
Iponatriemia
Ipernatriemia
Ipovolemia
Ipervolemia
Ipotensione
Ipertensione
Iperkaliemia
Ipokalemia
Ridotta escrezione di acidi e acidosi metabolica
Alcalemia che può culminare in alcalosi
metabolica e tetania
B)Ormoni sintetizzati nella zona fascicolata e reticolare:
i glicocorticoidi sono sintetizzati nella zona fascicolata e in quella reticolare(dove avviene anche la
sintesi di steroidi sessuali)
-nel RE attraverso due vie diverse che iniziano entrambe dal pregnenolone abbiamo la formazione
dell‘ 17-αidrossiprogesterone :nella prima la 17-α-idrossilasi(CYP17)lo trasforma in 17-α-idrossi
pregnenolone sul quale agisce la 3β-idrossisteroidodeidrogenasi(HSD 3B2) che lo trasforma in 17αidrossiprogesterone;nella seconda agisce prima HSD 3B2che lo trasforma in progesterone e poi
CYP17 che lo trasforma in 17-αidrossiprogesterone.
-sul 17-αidrossiprogesterone agisce la 21-idrossilasi(CYP21)che lo trasforma in 11-deossicortisolo.
-quindi agisce la 11 idrossilasi(CYP11B1)che forma il cortisolo. Di questo solo piccole quantità
vengono messe in riserva quindi la maggior parte viene sintetizzato e secreto a richiesta(assieme a
questo vengono secreti composti intermedi).
La sintesi e la secrezione di cortisolo vengono controllate dall‘ ACTH(aumenta c-AMP che ha
funzione di secondo messaggiero)che attiva gli enzimi produttori e favorisce il trofismo delle
cellule della zona fascicolata e di quella reticolare(iposecrezione di ACTH determina riduzione
della secrezione ormonale e ipotrofia,il contrario nell‘ipersecrezione).
La liberazione di ACTH e di cortisolo presenta un ritmo circadiano con picco massimo intorno alle
6-8 del mattino e fluttazioni lievi nell‘arco della giornata strettamente connesse con la presenza di
stress di vario genere(determina incremento della produzione di ACTH e CRH).
Nel sangue il cortisolo è trasportato per l‘80%dalla transcortina,per il 15%dall‘albumina e per il
5%si trova in forma libera.
La forma libera è quella in grado di interagire con i recettori del nucleo e del citoplasma e formare
complessi ormone-recettore che interagiscono con seguenze specifiche del DNA
(HRE=hormoneresponse elements)che ha attività regolatrice sull‘espressione di determinati geni
connessi con tutti i processi metabolici;il cortisolo è dunque indispensabile per la sopravvivenza.
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Effetti del cortisolo e dei glicorticoidi:
Metabolismo
glucidico
-determina iperglicemia(ormone anti-insulinuco)
-ridotta penetrazione intracellulare del glucosio
-incremento della gluconeogenesi;per stimolazione nel fegato della sintesi di
enzimi coinvolti nel processo, aumento di substrati per aumentato
catabolismo proteico e lipolisi e aumento della sensibilità al glucagone.
-favorisce la secrezione di insulina e determina iperplasia delle cellule
βpancreatiche.(meccanismo indiretto dovuto all‘iperglicemia)
-in caso di ipersecrezione abbiamo oltre all‘incremento della gluconeogenesi
anche quello glicogenosintesi(per iperglicemia).ma rendono i tessuti insulino
resistenti.
-in caso di deprivazione abbiamo riduzione della gluconeogenesi e della
glicogenosintesi e aumento della sensibilità all‘insulina con conseguente
ipoglicemia.
Metabolismo
lipidico
Presenta effetti ambivalenti infatti in caso di ipercorticosteroidismo determina
lipogenesi in alcune regioni(volto,nuca, regione intrascapolare e
addome)dovuta a riduzione della formazione di acidi grassi a lunga catena e
risposta all‘iperinsulinemia,mentre lipolisi in altre(arti).quest‘ultima, dovuta
probabilmente alla ridotta captazione di glucosio e quindi all‘assenza di
glicerolo necessario per la riesterificazione,determina colesterolemia e
trigliceridemia.
Metabolismo
proteico
-proteolisi per aumentare la disponibilità di amminoacidi a livello epatico
-incremento della sintesi proteica a livello epatico per favorire gluconoegenesi
Metabolismo degli -effetto inibitorio sulla sintesi di DNA e RNA con conseguente involuzione
acidi nucleici
dei tessuti.questo non avviene a livello epatico.
Effetti
-inibizione della sintesi delle citochine(in particolare IL-1,IL-2,IL-3,ILimmunosoppressori 6,TNF-α e INF-γ) attraverso il blocco del fattore A-P1 che controlla
e antiinfiammatori l‘espressione dei geni di queste citochine attraverso l‘induzione
dell‘espressione di IkBI inibitore di NFkB che impedisce a quest‘ultimo di
agire.
-inibisce la liberazione di acido arachidonico e il suo utilizzo in
prostaglandine trombossani e leucotrini.
-inibisce la formazione di PAF e NO
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-attivazione del programma apoptotico dei linfociti attraverso l‘attivazione
dell‘endonucleasi e il blocco della sintesi degli enzimi inibenti.
-ha azione anche a livello dei processi infiammatori poiché inibendo la sintesi
proteica inibisce anche la sintesi delle molecole di adesione e delle varie
molecole connesse con il riconoscimento di antigeni.
-per questi motivi vengono usati nella terapia contro il rigetto dei trapianti
anche se determinano rallentamento del processo riparativo
Apparato
cardiocircolatorio
-aumento gittata cardiaca e tono vascolare che determinano ipertensione
Rene
Incremento della filtrazione glomerulare ,stimolazione della sintesi di
renina,riduzione del riassorbimento del calcio e del fosforo(ipocalcemia che
induce produzione di paratormone)
Osso
Incremento osteoclasti=incrmento riassorbimento di calcio=osteoporosi e
ipercalciuria
Agonisti del cortisolo sono:
-corticosterone :hanno la stessa affinità del cortisolo per i recettori ma sono fisiologicamente meno
attivi in quanto meno presenti.
-aldosterone:ha bassa affinità per i recettori del cortisolo .
-steroidi sintetici di impiego teraupetico(prednisolone e desametasone)
Questi interagendo con i recettori dei glicocorticoidi,a causa delle modificazioni conformazionali
che presentano,non permettono il raggiungimento del nucleo e l‘interazione con i glicorticoid
responsive elements del DNA(HRE).
Questi antagonisti vengono utilizzati come terapia nell‘Ipercorticosurrenismo(sindrome di cushing).
La degradazione metabolica dei glicocorticoidi avviene a livello del fegato(infatti sebbene vengono
filtrati dal rene poi vengono quasi totalmente riassorbiti),dalla midollare del surrene e dalla placenta
che li trasformano in prodotti idrofili.
In particolare a livello della corteccia surrenalica il cortisolo viene ossidato per azione dell‘ enzima
11-β idrossisteroidodeidrogenasi formando il cortisone(idrofilico) che poi subisce la stessa
degradazione del cortisolo.
Il cortisone ha un ampio utilizzo teraupetico difatti nel sangue cortisolo e cortisone sono in
equilibrio.
C)Sintesi degli steroidi sessuali nel corticosurrene:
vengono prodotti nella zona reticolare(e in parte in quella fascicolata) attraverso due vie:
-la17-20liasi(CYP17)agisce
sul
17α-idrossipregnenolone
e
lo
trasforma
in
deidroepiandrostenedione(DHEA) che può o subire l‘ azione di una solfochinasi che lo trasforma in
deidroepiandrostenedione solfato(DHEA-S)che raggiunge le gonadi dove viene desolfatizzato e da
origini ai vari ormoni sessuali o subire l‘azione di HSD3B2 che lo trasforma in androstenedione
- la17-20liasi(CYP17) agisce sul 17αidrossi progesterone formando l‘androstenedione
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Dall‘androstenedione per azione della 17-chetosteroidoreduttasi(HSD 11B3) si ottiene il
testosterone.
La produzione di estrogeni è molto scarsa per via diretta ma elevata per via indiretta infatti gli
androgeni sono precursori della formazione di estrogeni a livello periferico.
La produzione di ormoni sessuali surrenalici è controllata dagli stessi meccanismi che controllano la
secrezione dei glicocorticoidi.
Nel sangue gli ormoni sessuali circolano legati ad albumina o TeBG(Testosterone-estrogen binding
globulin).
Gli androgeni surrenalici hanno un effetto sul sistema pilifero cutaneo(in caso di ipersecrezione
nella donna si verifica irsutismo),inoltre nei due sessi poco prima della crisi puberale si ha
ipersecrezione di DHEA-S ,detta adrenarca ,che determina l‘aumento staturale e la comparsa di
peluria.
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Ruolo del corticosurrene durante la vita fetale:
anche il corticosurrene fetale ha attività ormone sintetica ma questa ha azione limitata a causa dell‘
incompleto corredo enzimatico;essendo difatti privo di 3β-idrossisteroidodeidrogenasi(HSD3B2)
non può sintetizzare aldosterone e cortisolo.
Esso produce :
-DHEA-S che viene utilizzato dalla placenta per produrre estrogeni
- glicocorticoidia partire dal progesterone di origine materna o placentare ;questi glicocorticoidi
sono però insufficenti per il feto che ne necessita per :
 stimolare la produzione di surfattante,
 sviluppare l‘arco ipotalamo-ipofisi-surrene,
 regolare la funzione della placenta e della formazione di liquido amniotico,
 innescare reazioni endocrine che inducono il parto,
 sviluppare il corredo enzimatico che presiede alla neoglicogenesi.
I glicocorticoidi provengono in massima parte dall‘organismo materno e in piccola parte dalla
placenta.
Patologie:
-Iperglicocorticoidismo(sindrome di cushing):
Suddiviso in:
-morbo di cushing:ipersecrezione di glicocorticoidi dovuta a iperplasia della zona fascicolata e
reticolare dovuta a ipersecrezione dell‘ACTH da parte dell‘adenoipofisi(corticotropinoma).
-sindrome di cushing:ipersecrezione autonoma di glicocorticoidi da parte dei tumori del
corticosurrene
Da pochi anni però quest‘ultima è stata suddivisa ancora in:
-sindrome di cushing surrenalica:dovuta ad adenomi(secernono solo cortisolo) o ad
adenocarcinomi(secernono anche altre molecole biologicamente attive)
-sindrome di cushing ectopica:dovuta a somministrazione di glicocorticoidi,o a tumori producenti
ACTH o CRH.
Nel morbo di cushing abbiamo quindi:
-ipersecrezione di ACTH,con scomparsa del ritmo circadiano e di risposta allo stress
-iperplasia bilaterale della zona fascicolata e reticolare
-eliminazione del controllo a feedback negativo sull‘adenoipofisi da parte degli ormoni
-eventuale alterata secrezione ipotalamica di CRH,TRH e GnRH.
Nella sindrome di cushing surrenalica:
-livello ematico di glicocorticoidi e androgeni elevato
-livello ematico di ACTH basso.
Nella sindrome di cushing ectopica abbiamo:
-ACTH elevato(a meno che l‘eziologia sia iatrogena da iperdosaggio)
In tutti i casi i sintomi sono:
-obesità con habitus particolare caratterizzato da faccia a luna piena,collo di bufalo,arti sottili
-.cute atrofica e solcata da strie e chiazze dovute alla maggior superficialità dei capillari dovuta a
ridotta sintesi del collagene.
-ipertensione
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-osteoporosi
-ipotrofia muscolare
-iperglicemia con diabete mellito
-atrofia testicolare(se l‘ipercorticosurrenalismo si associa ad ipersecrezione surrenalica di
androgeni→feedback negativo sulla produzione di GnRH)nella donna amenorrea,irsutismo e
alopecia.
-suscettibilità alle infezioni
-sintomi dovuti alla neoplasia
Ipocorticosurrenalismo(morbo di addison):
1)primario:può esser dovuto a
-processi patologici del parenchima(morbo di addison)(autoimmuni o per tubercolosi)
-surrenectomia bilaterale
-corredo enzimatico surrenalico non ottimale(adrenoleucodistrofia X linked)
-resistenza familiare all‘ACTH
-altro:sarcoidosi,amiloidosi,micosi,emoraggie da setticemia meningiococcica,
2)secondario:
-ridotta produzione di ACTH
-blocco della secrezione di CRH e ACTH dovuto a somministrazione teraupetica di glicocorticoidi.
Quest‘ultimo non comporta segni evidenti di ipomineralcorticoidismo e manca anche
l‘iperpigmentazione tipica del primario.
La causa principale(75%)dell‘insufficenza corticosurrenalica primaria è l‘aggressione
autoimmunitaria del parenchima→infiltrato linfomonocitario e presenza di anticorpi(ACA) diretti
contro l‘enzima 21-idrossilasi.
La sintomatologia ,che si presenta quando il 90%del parenchima è distrutto ( prima in casi in cui il
soggetto è sottoposto a stress a cui l‘organismo non riesce a ripondere);si presenta in maniera
brusca se la distruzione del parenchima avviene rapidamente e in maniera subdola se progredisce
gradualmente.
I sintomi sono:
-incapacità a rispondere allo stress
-anoressia e astenia
-aumento nel sangue della secrezione di ACTH,β-lipotropina eMSH;quest‘ultimo determina
iperpigmentazione tanto che la patologia viene definita morbo bronzino
-ipoglicemia
-ipomineralcorticoidismo:iponatriemia(fame di sale),iperkaliemia,ipotensione e conseguente
sensazione di debolezza(non presente in quello secondario)
DOSAGGIO:
cortisolo basale
Normale
Morbo di addison
6-24 g/dl
≤3 g/dl
Cortisolo dopo ACTH ACTH
test
≥20 g/dl
5-45
Nessun aumento
≥100
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In soggetti con insufficenza surrenalica possono presentarsi,a seguito di stress, quelle che prendono
il nome di crisi surrenaliche(i pazienti con diagnosi nota devono portare una targhetta):
-s.gastrointestinali
-disidratazione,ipotensione,febbre,coma
Il morbo di addison è curabile con terapia ormonale sostitutiva.
Ipermineralcorticoidismo:
determina aumento della ritenzione sodica e idrica e della secrezione di potassio e idrogenioni con
conseguente:
-ipernatriemia
-ipervolemia e ipertensione
-ipokalemia
-polidipsia(Sete intensa che porta il paziente a ingerire notevoli quantità di acqua)
-alcalosi metabolica
-poliuria(escrezione di urine superiore all‘introduzione di liquidi)
-debolezza muscolare associata a contrazioni spastiche.
Esso può esser dovuto a deficienza di CYP B2 e CYP 17 che determina l‘iperproduzione di
corticosterone e deossicorticosterone(non è possibile la formazione ne dell‘aldosterone ne del
cortisolo e degli ormoni sessuali)
1)Iperaldosteronismo primario:
può esser dovuta alla presenza di un adenoma(sindrome di Conn) o carcinoma surrenalico
secernenti aldosterone(a cui bisogna rispondere chirurgicamente) o a iperplasia bilaterale della zona
glomerularosa(a cui si risponde con terapia medica).
L‘ipervolemia e l‘ipernatriemia inducono l‘iporeninemia (e riduzione del contenuto di sodio nelle
feci importante reperto di laboratorio)il che indica che l‘ipertensione non è dovuta al sistema reninaangiotensina me all‘ipernatriemia.
2)Iperaldosteronismo secondario:
è molto frequente ed è dovuto ad un iperattivazione del sistema renina-angiotenisina indotto
dapatologie che riducono la perfusione renale che possono essere:
-extrarenali:insufficenza cardiaca congestizia,cirrosi con ascite,stenosi dell‘arteria renale
-renali:arteriosclerosi,infarto renale,cisti renale,idronefrosi,sindrome nefrosica.
NB:ricorda che in situazioni di esercizio fisico la renina viene maggiormente prodotta perché
abbiamo aumentata produzione di catecolammine e aumentata perdita di liquidi (per
sudorazione)che determina ipoperfusione renale e aumetata attivazione del sistema renina
angiotensina.→in questi soggetti l‘esercizio fisico aggrava la situazione.
Inoltre può essere indotto da tumori che producono reninao dovuto a deficienza della degradazione
epatica(tipico nella cirrosi) o dalla sindrome di Bartter(capitolo 49.8)
Nei pazienti con edemi diffusi ,insufficenza cardiaca congestizia,sindrome nefrosica e cirrosi
epatica l‘iperaldosteronismo si manifesta senza ipertensione.
3)pseudoiperaldosteronismo:
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dovuto alla deficienza dell‘ enzima 11β-idrossisteridodeidrogenasi(11β HSD) che trasforma il
cortisolo in cortisone.il che determina una riduzione della degradazione epatica del cortisolo,un‘
aumento della sua presenza in circolo e nell‘ultrafiltrato a cui consegue una maggior penetrazione
nelle cellule e lo svilupparsi di una competizione con i recettori dell‘aldosterone che comporta
pseudoiperaldosteronismo.
Le stesse conseguenze possono esser dovute
- all‘abuso di liquirizia che contiene acido glicirrizinico che viene trasformato in acido glicirrizetico
forte inibitore dell‘11β HSD
-a una somministrazione incongrua di farmaci ad attività mineralcorticoide.
-alla sindrome di Liddle dove una mutazione del gene del canale ENaC che prevede il
riassorbimento di Na++
Ipomineralcorticoidismo:
Comporta:iponatriemia,iperkaliemia,acidosi metabolica,ipovolemia,ipotensione.
-primario:comprende forme congenite(ridotta sintesi di ormoni mineralcorticoidi dovuti a
deficenze nel corredo enzimatico)facenti parti dell‘iperplasia congenita del surrene;e forme
acquisite ossia distruzione del parenchima dovuto a processi patologici.
Si può presentare anche in forma temporanea(durata di 1-2 anni) in seguito a surrenectomia
monolaretale.
-secondario:caratterizzato da iporeninemia e ipoproduzione di angiotensina.
Può esser dovuto all‘assunzione incongrua di mineralcorticoidi(che si manifesta inizialmente con
sintomi di ipermineralcorticoidismo)all‘ assunzione prolungata di farmaci eparinosimili(meccanismo ancora sconosciuto),da farmaci inibitori della sintesi della renina(come β
bloccanti e antiinfiammatori non steroidei)o di ACE-inibitori,in altri casi può esser dovuto ad un
danno dell‘apparato juxtaglomerulare o a condizioni di insufficenza renale con deficit tubulare.
-pseuoipomineralcorticoidismo:
elevata concentrazione di aldosterone ma evidenti sintomi di ipoaldosteronismo dovuto a mancata
sintesi recettoriale.
Iperplasia congenita del surrene:
sono diverse condizioni patologiche che hanno in comune la trasmissione ereditaria di mutazioni a
carico di geni che codificano per enzimi catalizzanti le reazioni .Le conseguenze sono a via triplice:
-mancata sintesi del prodotto terminale
-accumulo dei precursori dei vari ormini non portati a termine
-deviazione della steroidogenesi in direzione delle vie integre.
Se colpisce la via del cortisolo abbiamo anche ipersecrezione di CRH e ACTH,mentre se interessa i
mineralcorticoidi abbiamo iperattivazione del sistema renina-angiotensina.
Poiché le conseguenze sono differenti a seconda del sesso a causa dell‘ alterata produzione degli
ormoni sessuali ,pure se la trasmissione del gene mutato avviene per via autosomica recessiva
,l‘iperplasia congenita del surrene venne definita sindrome surreno-genitale.
Midollare del surrene:
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costituita da cellule cromaffini che secernono per l 80% adrenalina,per il 20%noradrenalina e in
piccola parte anche alcuni tipi di oppioidi(se ne distinguono due tipi: quelli che presentano la
sequenza tipica della met-encefalina(tirosina-glicina-glicina-fenilalanina-metionina)e quelli che
presentano quella della leu-encefalina(tirosina-glicina-glicina-fenilalanina-leucina)).
Le catecolamine originano a partire dalla tirosina la quale viene captata con un meccanismo di
trasporto attivo quindi subisce una serie di reazioni meteboliche:
-viene trasformata in DOPA(3-4-diidrossifenilalanina)dall‘enzima tirosina-idrossilasi
-su essa agisce la dopa-decarbossilasi che la trasforma in dopamina
-la dopamina viene poi trasformata in noradrenalina dalla dopamina-β-idrossilasi.
Parte di questi processi avvengono all‘interno di granuli ,i quali contengono proteine solubuli,
lipidi, cromogranine(che partecipano alla complessazione delle catecolamine con l‘ATP),complessi
catecolamine-ATP.
La noradrenalinasintetizzata all‘interno di queste vescicolepuò essere rilasciata dai granuli
direttamente nel sangue o esser trasportato direttamente in granuli elettrondensi contenenti
feniletanolamina-N-metiltrasferasi che la trasforma in adrenalina(questa reazione necessita di
elevate concentrazione di glicocorticoidi che raggiungono la midollare attraverso un sistema
portale presente nella ghiandola).
Lo stimolo dell‘esocitosi dei granuli viene dato dall‘acetilcolina(liberata dalle fibre colinergiche)da
istamina,serotonina e nicotina.
Le catecolamine vengono veicolate da proteine di trasporto(principalmente albumina)ma essendo
idrosolubili è presente anche un aliquota libera.
Le catecolamine possono dare una risposta eccitaria,se interagiscono con i recettori α(stimolando
l‘attivazione di proteine G attivatorie)o inbitoria,se interagiscono con i recettori β(stimolando
l‘attivazione delle proteine Ginibitorie).(NB:questa suddivisione non è da tutti accettata).
L‘espressione dei vari tipi di recettore è ubiquitaria,varia però il rapporto di espressione nei vari
citotipi.
𝛼1
Aumenta la concentrazione di Ca++ eccitando il m.liscio
𝛼2
Si trova nella membrana presinaptica e Diminuisce cAMP inibendo il
rilascio di catecolamine
𝛽1
Aumenta cAMP eccitando il muscolo cardiaco
𝛽2
Dimuniusce cAMP inibendo la muscolatura liscia di vasi e bronchi
𝛽3
Aumenta l‘attività lipolitica
L‘espressione inoltre non è costante ma modulata attraverso due diversi meccanismi:
-desensibilizzazione(down regulation)che consiste in una ridotta esposizione dei recettori
quandoaumenta la concentrazione di catecolamine extracellulari
-ipersensibilizzazione:aumento dell‘espressione dei recettori adrenergici quando la concentrazione
degli agonisti si riduce.
Inoltre a questa modulazione concorrono anche ormoni steroidei e tiroidei.
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Le catecolamine possono essere o captate a livello postgangliare e venir metabolizzate(in tutte le
cellule) o venir incamerate in vescicole e esser riutilizzate(questo soprattutto per la noradrenalina e
solo a livello neuronale).
Le catecolamine hanno effetti:
-diretti
-indiretti:determinati da altri ormoni il cui rilascio è stato deteminato dalle catecolamine o dalla
variazione della perfusione tissutale dei distretti da esse modulata.
Le principali funzioni delle catecolamine sono:
livello metabolico
- recettori∝2 (inibitorio) collocati a livello pancreatico inibiscono la
liberazione di insulina determinando iperglicemia
𝛽2 azione a livello dei tessuti determinando iperglicemia(effetto
diretto)
-stimolano la glicogenolisi
-stimolano la neoglicogenesi
-stimolano il consumo di a.grassi(favorisce la lipolisi)
Termogenesi
-aumentani il consumo di ossigeno
-determinano vasocostrizione a livello del distretto cutaneo
-nel ratto è stato dimostrato che la noradrenalina favorisce la
liberazione di termogenina per la quale l‘ossidazione del grasso
bruno libera una maggior quantità di calore
Secrezione di ormoni
-recettoriβstimolano la liberazione di ormoni
-recettoriα inibiscono la liberazione
-a livello ipotalamico ha effetto inibitorio
Apparato circolatorio:
-incremento della pressione sistolica e riduzione di quella
diastolica=aumento della differenziale
La noradrenalina aumenta anche la p.diastolica incrementando la
pressione media
-tachicardia(la noradrenalina induce bradicardia)
-vasocostrizione a livello cutaneo,mucoso,renale
-vasodilatazione nell‘apparato muscolare o scheletrico
-incremento del flusso ematico epatico
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-la noradrenalina genera vasocostrizione generalizzata
Bronchi
Occhio
Broncocostrizione
Midriasi(applicazione topica)
La
degradazione
metabolica
delle
catecolamine
avviene
ad
opera
di
due
enzimi,MAO(monoaminossidasi) e COMT(catecol-O-metiltransferasi)attraverso due vie:
-MAO trasforma le due catecolamine in acido 3,4-diidrossimandelico che viene trasformato da
COMT in a.vanilmandelico.
-COMT trasforma i due in metadrenalina e metnoradrenalina quindi su queste agisce MAO che li
trasforma in acido vanilmandelico.
Ipofunzione della midollare del surrene:
Poiché la concentrazione ematica di catecolamine dipende solo per il 2-8%dalla midollare del
surrene,la surrenectomia bilaterale non è seguita da sintomi riportabili a deficienza di catecolamine
ma solo di mineralcorticoidi e glicocorticoidi.L‘assenza di catecolamine diviene evidente in caso di
stress
Le patologie cliniche riportabili ad insufficenza della branca adrenergica del sistema nervoso
autonomo consistono essenzialmente nella comparsa di ipotensione ortostatica che si manifesta
come deficienza dei riflessi che favoriscono l‘apporto ematico al cervello in fase ortostatica.
Iperfunzione della midollare del surrene:non sono noti manifestazioni e si esclude che abbia un
ruolo nell‘ipertesione essenziale sebbene in essa si riscontra un‘ aumentata concentrazione di
catecolamine.
L‘iperplasia bilaterale della midollare può precedere l‘insorgenza di un feocromocitoma.
Tumori della midollare del surrene:
-feocromocitoma(cromaffinoma)tumore
funzionante
delle
cellule
cromaffini
del
organismo(90%midollare del surrene,10%altri tessuti).
Il feocromocitoma surrenalico secerne catecolamine e anche altri peptidi e può essere mono o
bilaterale mentre il feocromocitomi extrasurrenalici secernono noradrenalina.
Il feocromoblastoma è la forma maligna(solo10% dei casi) che è invasiva e metastatica o secernente
dopamina.
Oltre che in forma sporadica nel 5%dei casi si manifesta in varie sindromi neoplasiche con
caratteristiche ereditarie quali:
-MEN2 in associazione ad adenomi della paratiroide e a carcinomi midollari della tiroide
-morbo di Recklinghausen
-sindrome di sturge-weber(atassai cerebrale ereditaria)
-sindrome di von Hippel-Lindau(emangioblastomatosi retinica e cerebellare)
-Neurofibrimatosi di tipo1
L‘eccesso di catecolamine nel sangue determina ipertensione resistente alle comuni terapie
antiipertensive caratterizzata da crisi parossisticheche durano da qualche minuto ad ore e
compaiono a seguito di stress o cambiamenti posturali.
Le crisi si presentano con cefalea,palpitazioni,profusa sudorazione e vomito.
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La diagnosi di feocromatocitoma in un paziente iperteso e con crisi parossistiche è avvalorata dalla
presenza di glicosuria,dall‘identificazione del tumore con metodi radiografici e dalla concentrazione
ematica e urinaria delle catecolamine.
Altri tumori secernenti catecolamine prendono origine dal neuroblasto ;anche essi possono essere
surrenalici o extrasurrenalici.
Di questi menzioniamo:
-neuroblastoma: altamente indifferenziato e precoce
-ganglioneuroblastoma: meno maligno
-ganglioneuroma:benigno
Fisiopatologia generale degli ormoni calciotropi
Caratteristiche del tessuto osseo:
Prima di addentrarci nella regolazione ormonale del calcio e‘ buono tener conto dell‘istologia della
massa ossea.Il tessuto osseo puo‘ esser suddiviso in:
1)Componente cellulare dell‘osso:
-osteoblasti:deputati alla sintesi dell‘osteoide e alla mineralizzazione di questo.
Dalla loro membrana plasmatica si dipartono sottili prolungamenti che si immettono nell‘osteoide
creando un rete che mette in contatto tra loro tutti gli osteoblasti e gli osteociti.
-osteociti:osteoblasti che restano imbrigliati in lacune osse dopo aver prodotto e mineralizzato la
matrice.sembrano esser attivati dal PTH e partecipare al processo di riassorbimento.
-osteoclasti:cellule giganti multinucleate di origine emopoietica che sono preposti al riassorbimento
attraverso la liberazione di protoni ed enzimi lisosomiali.
La maturazione degli osteoclasti avviene ad opera del PTH,delle interleuchine 1,6,11 ,del fattore
Pu-1,e del M-CSF(macrophage-colony stimulating factor).Quest‘ultimo permette il contatto tra gli
osteoclasti(recettore RANK)e gli osteoblasti(RANK ligando)che determina la maturazione di
entrambe.
2)Componente extracellulare:
-aliquota organica:osteoide costituito da collagene e proteine leganti il calcio come l‘osteocalcina
(caratterizzata da siti di legame per collagene e calcio)
-aliquota inorganica:contiene il 99%del Ca++ dell‘organismo,il 90% di fosfato,il 50%del magnesio
e il 33%di sodio.i primi due si trovano principalmente come cristalli di idrossiapatite.
La mineralizzazione e‘ favorita dalla presenza sulla membrana degli osteoblasti dell‘enzima della
fosfatasi alcalina.
Nel corso della vita il tessuto osseo va in contro ad una fase di modellamento e una di
rimodellamento.
La fase di rimodellamento avviene nell‘osso gia‘ formato e consiste in processi,mantenuti
all‘equilibrio:
 demolizione e rimozione: effettuato dalle BMU(basic multicellular units)che assorbendo la
matrice generano lacune nelle quali muoino per apoptosi,e dai monociti macrofagi che
terminano il lavoro iniziato dalle BMU.
 ricostruzione della matrice ossea:effettuato dagli osteoblasti che vengono richiamati da
chemochine a livello delle lacune osse.
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I fattori che presiedono al rimodellamento osseo,nonche‘ il ricambio calcio-fosforo sono divisi in:
1)generali:
-paratormone(PTH)
-calcitonina(CT)
-1,25diidrossicolicalciferolo
-insulina,glicocorticoidi,ormone della crescita,ormoni tiroidei e sessuali,fattori di crescita
2)locali:sintetizzati dalle cellule dello scheletro attivate dagli ormoni
-citochine(IL-1α,IL-1β,IL-6),TNF,CSF(colony stimulating factors),M-CSF(monocyte-Macrofage
stimulating factor)che favoriscono la proliferazione degli osteoclasti
-osteoprotegerina(OPG):proteina che si lega a RANKL(degli osteoblasti)impedendo il contatto tra
osteoblasti e osteoclasti nonche‘ la loro maturazione
E‘ bene considerare che durante la demolizione e il riassorbimento si liberano alcune molecole
intrappolate nella matrice, che hanno recettori sia a livello degli osteoblasti che degli osteoclasti ,tra
le quali si ricordano TGF-β,IFN-γ,IGF I e IGFII,PDGF(platelet derived growth factor),BMP(bone
morphogenetic protein),PGE₂.
Paratormone:
Ormone prodotto,immagazinato e secreto dalle 4 ghiandole paratiroidi a seguito della riduzione
ematica del Ca++.Oltre alla calcemia anche la concentrazione ematica di
P,Mg++,1,25(OH)₂D,catecolamine e alcuni peptidi,steroidi e farmaci influenzano la secrezione di
PTH.
Alcuni tessuti producono un peptide definito PTHrP(PTH related peptide)il cui ruolo fisiologico
non e‘ del tutto chiaro ma puo‘ determinare una sindrome paraneoplastica definita ipercalcemia
maligna paraneoplastica.
I recettori del PTH si trovano:sugli osteoblasti,sulle cellule glomerulari e tubulari del rene,sugli
epatociti e sulle cellule di Kupffer(queste ultime si occupano della sua degradazione).
L‘interazione PTH-recettore determina l‘attivazione dell‘adenilato ciclasi con conseguente
incremento del c-AMP;tale incremento e‘ talmente elevato il c-AMP viene rilasciato anche nel
sangue, pochi minuti dopo la liberazione di PTH,senza pero‘ aver effetti biologici.
Il PTH agisce:
1)nel tessuto osseo:stimola gli osteoblasti a sintetizzare osteoclast activating factors(OAF),tra i
quali troviamo anche l‘IL-1,che attivano gli osteoclasti.
Inoltre gli osteoblasti ,sotto stimolo del PTH,producono anche IGF I e IGF II che per via per via
paracrina/autocrina stimola gli stessi osteoblasti a riformare la matrice ossea.
2)nel rene:
-attivando l‘1-α-idrossilasi renale che determina la formazione del‘1,25(OH)₂D e quindi incrementa
l‘assorbimento di calcio e fosfato a livello intestinale.
-stimola nei tubuli distali la sintesi delle proteine che permettono il riassorbimento del calcio(in
media nelle urine troviamo il 2-3%del calcio filtrato)
-inibisce nei tubuli
contorti prossimali il riassorbimento di bicarbonato
e
fosfato.conseguenzialmente si determina ipofosfatemia(poiche‘ il fosfato mobilitato a livello osseo
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e‘ minore di quello eliminato con le urine) ,che viene subito compensato dall‘1,25(OH)₂D, e
abbassamento del PH ,che riduce l‘affinita‘ dell‘albumina con il calcio favorendo la presenza di
calcio ionizzato.
3)nell‘intestino:agisce indirettamente attraverso l‘attivazione del 1,25 (OH)₂D.
Gli iperparatiroidismi:
iperproduzione di PTH con conseguente ipercalcemia e ipofosfatemia.
Esso viene distinto in :
1) primario:dovuto a:
-adenomi:possono essere sia di origine eutopica che ectopica; sono spesso connessi con sindromi
endocrine plurineoplastiche(Multiple endocrine neoplasia=MEN)ossia rare condizioni patologiche
ereditarie trasmesse con meccanismo autosomico dominante(anche se possono verificarsi per
mutazioni somatiche)che comportano la comparsa di tumori in tessuti non endocrini.
Vengono distinti in 3 tipi:
 MEN-1:comparsa di adenomi a carico dell‘adenoipofisi,delle isole pancreatiche e delle
parotidi intorno ai 30-40 anni.
 MEN-2 A:detta anche sindrome di Sipple caratterizzata da tumore invasivo e
metastatizzante a carico delle cellule C della tiroide(carcinoma della midollare della
tiroide=MTC),tumore della paratiroide e della midollare del surrene.In alcune occasioni
puo‘ presentarsi anche solo il familial medullary thyroid carcinoma (=FMTC)
 MEN-2B:caratterizzato dallo sviluppo di MTC,di feocromociti e di ganglioneuromima
nondi adenomi delle parotidi. Inoltre i soggetti presentano spesso aspetto marfanoide e
malformazioni della faccia.
MEN-2 A,MEN-2B,FMTC sono causati da mutazioni del protoncogene ret che codifica per un
recettore transmembrana che risulta costitutivamente attivo(altre mutazioni lo rendono inattivo e
sono alla base del megacolon congenito o morbo di Hirschspung)
-carcinomi:frequentemente metastatizzante.
Puo‘ esser dovuto a forme connesse con MEN-1 e MEN-2 o da una mutazione del gene HRPT2 che
determina una sindrome detta Iperparatiroidismo-Tumori della guancia(HPT-JTS) caratterizzata da
fibroma ossificante della mandibola,cisti del rene e iperproduzione di PTH.
-iperplasia:coinvolge contemporaneamente tutte e 4 le paratirodi.caratterizzato da proliferazione
policloniale.
-o dovute a disturbi ereditari:ipercalcemia familiare ipercalciuria e iperparatirodismo neonatale
2)iperparatiroidismo secondario:dovuto all‘ipocalcemia,all‘iperfosfatemia e alla ridotta
concetrazione di 1,25(OH)₂D che innescano processi fisiologiciche possono divenire patologici se
generano iperplasia.
Queste condizioni possono esser scatenate dall‘allattamento prolungato,l‘abuso di
diuretici,ipercalciuria,terapia con bifosfati e insufficenza renale cronica.
L‘insufficenza renale cronica determina riduzione della produzione di calcitriolo(ipocalcemia)e
incremento della ritenzione renale di fosfato(iperfosfatemia)con conseguente aumento della
produzione di PTH.L‘aumentata produzione di PTH determina l‘insorgere dell‘ osteodistrofia
renale o uremica in cui oltre alla sintomatologia dell‘osteite fibroso-cistica sono presenti lesioni
tipiche dell‘osteomalachia o del rachidismo(a seconda dell‘eta‘ del paziente).
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L‘osteodistrofia renale e‘ notevolmente aumentata a causa della lunga sopravvivenza dei pazienti
sottoposti a dialisi.La patologia e‘ inoltre favorita da complicanze della dialisi ossia l‘accumulo di
β2-macroglobulina(ancora non si riesce a filtrare)che provoca la formazione di sostanza amiloide e
l‘ormai
eliminata
intossicazioni
di
alluminio(che
inibisce
la
formazione
di
idrossiapatite).L‘intossicazione di alluminio era dovuta sia alla somministrazione per via orale ai
pazienti in dialisi per ridurre l‘assorbimento di fosforo,sia alla diffusione attraverso la membrana
dialitica .
3)iperparatiroidismo terziario: in cui le paratiroidi sfuggono al controllo della calcemia.
L‘iperparatiroidismo inizialmente risulta asintomatico e generalmente individuato attraverso esami
di laboratorio che rivelano ipercalcemia e una concentrazione ematica di PTH elevata.
In assenza di terapia la sintomatologia diventa conclamata.
-A livello osseo comporta osteite fibroso-cistica o morbo di Recklinghausen.
Caratterizzato da un‘ iniziale iperattivazione degli osteoblasti con la formazione di tessuto osteoide
in eccesso a cui segue un‘aumento,disequilibrato, delle BMU(unita‘ multicellulari di base)che
determinano un riassorbimento osseo con formazione di cavita‘ pseudocistiche riempite di materiale
fibroso molto vascolarizzato che, a causa dell‘accumulo diemosiderina, vengono definite tumori
bruni.
Negli stati avanzati il tessuto fibroso giunge ad occupare anche la regione midollare.
La sintomatologia dolorosa e‘ grave con frequenti fratture patologiche o spontanee,mentre in
laboratorio l‘aumentato riassorbimento osseo e‘ identificabile attraverso l‘aumento di molecole
derivate dal catabolismo del collagene.
-A livello renale abbiamo la formazione di calcoli di fosfato di calcio e nefrocalcinosi.
Ipoparatiroidismo:
determina iperfosfatemia e ipocalcemia.
La riduzione della concentrazione di calcio specialmente se avviene in maniera brusca determina la
comparsa di potenziali di azione spontanei che inducono un aumento dell‘eccitabilita‘ muscolare
che culmina nella tetania paratireopriva ossia contrazioni spastiche muscolari principalmente degli
arti,del volto , del collo e della laringe(questo puo‘ provocare morte per asfissia) spesso precedute
da parestesie.Semeioticamente si ricercano i segni di Chvostek(spasmo facciale conseguente alla
stimolazione del nervo facciale ) e di Trosseau(spasmo carpale conseguente alla compressione
dell‘arto).l‘ipocalcemia puo‘ provocare anche problemi allo smalto dei denti,alterazione
elettrocardiografiche e fenomeni psicotici.
L‘ipoparatirodismo puo‘ essere:
1)primario:dovuto ad alterazioni delle paratiroidi. Particolare interesse suscitano:
-l’ipoparatiroidismo familiare (anche se di raro riscontro nei membri di uno stesso gruppo
familiare)che viene trasmessoautosomicamente attraverso una via recessiva(dove abbiamo o la
formazione di PTH inattivo o la delezione del gene Glial cell missing B che sovraintende allo
sviluppo delle paratiroidi;quest‘ultimo caso viene definito anche ipoparatiroidismo persistente del
neonato)e una via dominante(dove abbiamo una mutazione attivante il gene che codifica per i
CaSR,calcium sensing receptors,che in tal modo perdono la capacita‘ di dare informazioni riguardo
alla calcemia.Il PTH non viene piu‘ secreto).
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-la sindrome Di George(vedi patologia genetica)caratterizzata da disgenesia del timo e delle
paratiroidi associata ad anomalie craniche e cardiache.
2)secondario:dovuto ad alterazioni esterne alla paratiroide.
- idiopatico(=non dovuto a cause esterne;in questo caso sarebbe piu‘ corretto definirla
autoimmune)che puo‘ manifestarsi sia come ipoparatiroidismo puro che come endocrinopatia
polighiandolare autoimmune di tipo 1(APS I) caratterizzata da candidosi mucocutanea,insufficenza
surrenale,insufficenza gonadica e ipoparatiroidismo.originato da mutazioni del gene
AIRE(cromosoma 21) espresso soprattuto nel timo.
-postchirurgico:asportazione delle paratiroidi durante interventi(ormai molto raro)o
riduzione,postchirurgica, dell‘apporto ematico alle paratiroidi .
-iatrogeno:dovuto ad irradiazioni del collo
-funzionale:dovuto a ipomagnesia che inibisce la liberazione di PTH.
3)pseudoipoparatiroidismo:ipocalcemia e iperfosfatemia che si presentano nonostante la normale
presenza di PTH in circolo.esse sono causate da una mutazione inattivante del gene GNAS che
codifica per la subunita‘ α della proteina G stimolatoria collegata al recettore del PTH con
conseguente inefficacia del legame PTH-recettore.
Sono stati identificati 3 tipi di pseudoipoparatiroidismo:
-tipo1:osteodistrofia di Albright caratterizzata da alterazioni dismorfiche dello scheletro,ritardo
mentale,bassa statura,ipocalcemia e iperfosfatemia.
-tipo1A: recettore del PTH,TSH,FSH e LH costitutivamente attivi.
-tipo1B:resistenza delle cellule bersaglio al PTH
-tipo2:caratterizzato da autoanticorpi anti-PTH che si legano al recettore mascherando il sito di
legame.
La calcitonina(CT):
e‘ un polipeptide di 32 amminoacidi secreto dalle cellule parafollicolari della tiroide(cellule C che
costituiscono solo lo 0,1% del parenchima della tiroide).
Dal gene della calcitonina per splicing alternativo si possono formare due polipeptidi:
-la pre-pro-calcitonina dal cui clivaggio si formano 3 peptidi il piu‘ importante dei quali e‘ la
calcitonina
-e un secondo peptide da cui si origina il calcitonin gene related protein(CGRP);la sintesi di questo
polipeptide prevale principalmente a livello del SNC(ipotalamo e ipofisi)dove ha azione di
vasodilatatore e neurotrasmettitore.
La calcitonina contrasta gli effetti del PTH, viene secreta in condizioni di ipercalcemia(nelle quali
la secrezione di PTH e‘ inibita)e ha difatti un azione ipocalcemizzante.
A livello osseo:inibisce l‘ attivita‘ degli osteoclasti
A livello renale:incrementa l‘eliminazione di calcio,fosfato e sodio;inibisce la formazione di
1,25(OH)₂D.
A livello nervoso:ha un effetto analgesico mediato dalla liberazione di endorfine.
L‘ipo e l‘iper produzione di CT non provocano variazioni significative della calcemia.
Una forma di iperproduzione di CT si presenta nel carcinoma midollare della tiroide dove pero‘ la
CT prodotta e‘ per lo piu‘ anomala.
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I calciferoli(o vitamina D):
esistono due tipi di Vitamina D:
-Vitamina D₂(ergocalciferolo):prodotta farmauceticamente a partire dall‘ergosterolo di origine
vegetale
-Vitamina D₃(colecalciferolo):si forma nella cute per azione dei raggi ultravioletti sul 7deidrocolesterolo.
Entrambe le due forme di vitamina D non esercitano alcune funzioni nell‘uomo poiche‘ devono
esser prima trasformate attraverso idrossilazioni.
La vitamina D viene asssorbita a livello del tenue quindi trasportata dalla transcalciferina al fegato
dove un‘ idrolasi determina laformazione del 25idrossicolecalciferolo. Il25(OH)D raggiunge i
mitocondri delle cellule tubulari del rene dove l‘1-α-idrossilasi lo trasforma in
1,25diidrossicolecalciferolo o calcitriolo.
Tutti questi composti sono veicolati dall‘α-globulina vettrice.
Il calcitriolo ,la cui formazione e‘ stimolata dal PTH(che attiva l‘1-α-idrossilasi),innesca un
meccanismo a feedback negativo e inibisce la liberazione di PTH.
Il calcitriolo agisce:
-nell‘intestino:favorisce l‘assorbimento di Ca++incrementando la trascrizione di proteine vettrici di
calcio
-nel rene:favorisce il riassorbimento di Ca++e riduce quello di fosfato.
-nel tessuto osseo:azione antirachitica con blocco dell‘attivita osteoclastica e aumento della
mineralizzazione.
Osteomalachia e rachitismo:
caratterizzate da un difetto di mineralizzazione del tessuto osseo che comporta una maggiore
percentuale dell‘aliquota organica che rende l‘osso molle.
L‘osso molle si incurva facilmente causando fratture del periosto,deformita da carico e pseudo
fratture.
Alle malformazioni osse si aggiunge inoltre l‘ipotonia muscolare che aggrava il quadro.
Nel rachitismo ,che e‘ anche definita come osteomalachia del bambino,abbiamo anche insufficente
calcificazione della cartilagine di accrescimento con ipertrofia delle cartilagini ipofisarie,dove pero‘
i condrociti vanno in contro a fenomeni degenerativi, e riduzione dell‘accrescimento osseo.
Per numerosi anni la causa principale di queste due patologie era il ridotto apporto alimentare di
vitamina D e la ridotta esposizione alla luce.Queste forme carenziali sono attualmente quasi
scomparse nei paesi industrializzati grazie sia ad un miglior stile di vita che alla somministrazione
di vitamina D a scopo profilattico (un‘ esagerata somministrazione pero‘ provoca emoraggie
dell‘apparato digerente,ipercalcemia,calcificazioni eterotopiche metastatiche principalmente a
carico della parete arteriosa).Oltre che a un deficente apporto alimentare ,il rachitismo e
l‘osteomalachia possono esser dovute anche a :
1)fattori acquisiti:
-difetti nell‘assorbimento intestinale di vitamina D
-patologie a carico delle idrossilasi epatiche e renali
-patologie che incrementano l‘escrezione di fosfato
-inadeguata somministrazione di alcuni farmaci
-intossicazione di metalli
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2)fattori ereditari:
-assenza dei recettori per il calcitriolo
-deficenza genetica di 1-α-idrossilasi
-deplezione di fosfato dovuta a difetti genetici dei tubuli renali
L‘inattivita del calcitriolo determina ipocalcemia che viene recepita dalle paratiroidi che producono
PTH.L‘ipersecrezione di PTH ha lo scopo di favorire la formazione di calcitriolo ma determina
anche il riassorbimento osseo e fosfaturia che aggravano la demineralizzazione del tessuto.
Il quadro ematico inizialmente presenta ipocalcemia,ipofosfatemia e iperconcentrazione di PTH.
Esistono forme di osteomalacia e rachitismo dovute all‘accumulo di FGF-23,fattore prodotto dagli
osteoblasti con azione regolatrice sull‘escrezione di fosfato dalle cellule tubulari del rene,che
determina fosfaturia e quindi ipofosfatemia.
L‘accumulo di FGF-23 si verifica in 4 condizioni patologiche(le prime due ereditarie,le ultime
2acquisite):
-rachitismo ipofosfatemico etero-cromosomico X-linked :dove abbiamo una mutazione inattivante
del gene PHEX(Phosphate regulating endopeptidase X chromosome) che codifica per una
idrossilasi del peptide FGF-23
-rachitismo ipofosfatemico autosomico dominante:dove il gene mutato e‘ proprio quello che
codifica per FGF-23 che risulta resistente all‘idrossilasi
-osteomalacia oncogenica
-osteodistrofia fibrosa:mutazione attivante(e per questo differente da quella dello
pseudoipoparatiroidismo) postzigotica(quindi l‘individuo e‘ un mosaico) del gene GNAS(porzione
α stimolante della proteina recettrice del PTH).gli osteoblasti che presentano la mutazione
presentano alterazioni morfologiche e sintetizzano FGF-23 in eccesso determinando deplezione di
fosfato.
Altri fattori calciotropici:
-estrogeni:dimostrato dall‘incidenza dell‘osteoporosi dopo la menopausa
-glicocorticoidi:determinano riduzione della massa ossea poiche‘ attivano gli osteoblasti a rilasciare
fattori di crescita per gli osteoclasti ma ne riducono l‘attivita‘ sintetica.Riducono la produzione di
calcitriolo(inibendo 1-α-idrossilasi) determinando Ipocalcemia e secrezione di PTH.
-ormoni tiroidei:stimolano il riassorbimento tanto che nell‘ipertiroidismo abbiamo ipercalcemia e
calciuria
-ormone della crescita e somatomedine:stimolano osteoblasti
-fattori di crescita e citochine
-derivati dell‘acido arachidonico come PGE₂ e leucotrieni determinano osteolisi e ipercalcemia.
Osteoporosi:
riduzione equipollente della componente organica e inorganica della massa ossea che inizia come
osteopenia fino a giungere ad un grado di fragilita‘ tale che abbiamo rischio di fratture(osteoporosi
vera e propria).
Esistono 2 tipi di osteoporosi:
1)primitiva:si suddivide in
 giovanile:anche detta osteoporosi ideopatica giovanile dovuta a deficenza di vitamina D
 senile:dovuto alla riduzione dell‘assunzione di calcio e del suo assorbimento(riduzione di
1,25(OH)₂D) e alla vita piu‘ sedentaria.
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
post-menopausa: secondo alcuni autori questo e‘ dovuto alla minor massa ossea delle donne
e alla riduzione di CT,secondo altri e‘ dovuto ad una riduzione degli estrogeni.
2)secondaria:consegue ad altre disendocrinopatie.in particolare e‘ frequente nei pazienti
 affetti da morbo di Cushing
 nei pazienti sottoposti a terapia con glicocorticoidi
 affetti da artrite reumatoide(in questo caso non e‘ chiaro se e‘ dovuto ad inattivita‘ o ridotto
impiego teraupetico dei glicocorticoidi)
 affetti da tireotossicosi
 affetti da diabete mellito:poiche‘ l‘insulina stimola la sintesi di collagene e di fattori di
crescita.
 nei pazienti neoplastici a causa della produzione di PGE₂
 nell‘iperparatiroidismo secondario che subentra nei gastroresecati o nei soggetti con
deficenza di lattasi a seguito della non assunzione di calcio.
 nei soggetti con epatopatie croniche evolutive dove abbiamo deficenza di idrossilazione
epatica.
Calcificazioni eterotopiche:
-distrofiche:in esse la concentrazione ematica di calcio e fosfato non e‘ alterata;la calcificazione
avviene infatti solo in tessuti alterati o necrotici che rilasciano enzimi che favoriscono la formazione
dei Sali di calcio
-metastatiche:la concentrazione ematica di calcio e fosfato e‘ alterata,cio‘ determina calcificazione
in tessuti sani;per lo piu‘ la calcificazione avviene principalmente a livello renale abbiamo infatti
calcolosi e nefrocalcinosi (a seguire abbiamo calcificazioni nel polmone,nello stomaco,nella cornea
e nei vasi sanguigni).La persistenza di depositi di calcio puo‘ esser dovuta ad una reazione flogistica
culminante in fibrosi.
Alterazione del bilancio idroelettrolitico(no slide)
L‘acqua contenuta all‘interno di un‘individuo di sesso maschile corrisponde al 60% del suo peso
corpore,nella donna essa corrisponde al 50%a causa del maggior rapporto massa grassa(piu‘
idrofobica)/massa magra mentre nel bambino fino a 10 anni e‘ maggiore del 60%.
L‘acqua e‘ distribuita nel compartimento intracellulare(66%dell‘acqua totale)e nel compartimento
extracellulare(34%).
Il compartimento extracellulare puo‘ esser a sua volta suddiviso in 3 subcompartimenti:
-subcompartimento interstiziale(25%)
-subcompartimento intravascolare o plasmatico(9%):costituente il volume circolante effettivo
cosi‘ definito poiche‘ le variazione dei suoi parametri determinano meccanismi riflessi alla base del
bilancio idricoelettrolitico.
-subcompartimento transcellulare(1-3%):sudore,liquido cefalorachidiano,intraoculare e liquidi
delle cavita‘ celomatiche,sinoviali,dell‘apparato digerente e urinario.
Poiche‘ nell‘acqua di tutti i compartimenti sono contenuti numerosi soluti si e‘ soliti parlare di
fluidi dell‘organismo.
I fluidi dell‘organismo,anche se elettricamente neutri ossia la totalita‘ degli anioni eguaglia quella
dei cationi, presentano composizioni differenti in particolare:
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-nel compartimento intracellulareprevalgono potassio(140mEq),magnesio,fosfato,solfato e proteine.
-nel compartimento extracellulare prevalgono sodio(140mEq),cloro,bicarbonato.
Queste condizioni fisiologico vengono mantenute attraverso diversi meccanismi come la pompa
sodio-potassio(espelle Na++nel compartimento extracellulare e K in quello intracellulare agendo
contro gradiente attraverso l‘energia ottenuta dall‘idrolisi di ATP),la differenza di potenziale di
membrana(che favorisce la fuoriuscita dal compartimento intracellulare di Cl e HC0₃(bicarbonato))e la veloce metabolizzazione all‘interno del compartimento intracellulare.
La composizione differente dei fluidi genera diversi gradi di osmolarita‘(=osmoli di soluto/L di
acqua o osmolalita=osmoli di soluto/Kg di acqua)con una conseguente distribuzione dell‘acqua fino
al raggiungimento dell‘equilibrio.L‘osmolalita‘ gioca un ruolo molto importante nella distribuzione
dell‘acqua nei compartimenti,mentre la pressione idrostatica regola principalmente gli scambi idrici
a livello capillare(dove la differenza di osmolalita‘ e‘ minima).
E‘ quindi chiaro come il bilancio degli elettroliti e dell‘acqua sia essenziale per la sopravvivenza
umana.Questo bilancio e‘ mantenuto in pareggio attraverso un equilibrio tra i liquidi e gli elettroliti
assunti con la dieta(bevande e ossidazione di molecole introdotte con l‘alimentazione)e quelli
eliminati(urina,perspiratio insensibilis,via respiratoria,feci).
Regolazione del bilancio idroelettrico:
variazioni dei valori del volume circolante effettivo attivano meccanismi riflessi preposti a regolare
il bilancio idroelettrico.
Queste variazioni vengono recepite da:
 recettori di volume:posizionati nelle vene toraciche e nei due atri sono sensibili al grado di
distenzione e trasmettono attraverso il nervo vago informazioni al centro vasomotorio del
midollo allungato.
 barocettori:posizionati a livello del seno carotideo e dell‘arco aortico sono sensibili a
variazioni di pressione e attivano il centro vasomotorio del midollo allungato.
 cellule granulari dell‘apparato juxtaglomerulare:sono sensibili alla riduzione della pressione
sanguigna nel rene,attivano la branca simpatica del SNA e liberano renina
 osmorecettori:posizionati
nei
nuclei
sopraottico
e
paraventricolare
dell‘ipotalamo,percepiscono minime variazioni dell‘osmolarita‘ che in media ha un check
point a 287 mOsm/kg.In caso di aumento di questo parametro inviano informazioni al SNC
che determina la sensazione di sete(dovuta all‘inibizione della secrezione della saliva)e
favoriscono la sintesi e la secrezione della vasopressina(ADH o AVP)che determina il
riassorbimento facoltativo dell‘acqua.
Nb:non e‘ noto quale sia il meccanismo con cui subentra la sensazione di sazieta‘ idrica ,che
difatti subentra subito dopo l‘ingestione di acqua,si ipotizzano per cio‘ recettori orofaringei
e gastrici.Inoltre alla modulazione della liberazione di ADH contribuiscono anche i
barocettori e i recettori di volume solo pero‘ per variazioni acute.
Andiamo quindi a analizzare l‘azione delle varie risposte:
1)ruolo del SNA:in caso di ipovolemia e ipotensione si attiva la branca simpatica che determina
vasocostrizione e tachicardia(ipertensione->parasimpatico->vasodilatazione e bradicardia)
2)Ruolo dell‘ormone antidiuretico (ADH o AVP):viene secreto dalla neuroipofisi in condizioni di
incrementi dell‘osmolarita‘ e acute condizioni di ipovolemia e/o bassa pressione.la secrezione e‘
inoltre controllata da altri stimoli ―non osmotici‖ come l‘ingestione di alcool etilico,l‘esposizione al
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freddo e a vari tipi di agenti stressanti che ne riducono la secrezione favorendo la diuresi o
anestetici,etere,morfina,barbiturici,sensazione di nausea,dal vomito,dall‘ipoglicemiae dal dolore che
invece ne aumentano la secrezione riducendo la diuresi(quest‘ultimo gruppo di elementi e‘ causa
del lieve calo della natriemia nei soggetti ospedalizzati).
La vasopressina viene recepita dai recettori V2o AVP-R(cromosoma X) disposti sulla faccia
basolaterale delle cellule dei tubuli distali e dei dotti collettori.
-L‘interazione ligande-recettore determina l‘attivazione dell‘adenilato ciclasi che genera c-AMP
che attiva la proteinchinasi A(PKA).La PKA attiva le acquaporina 2(AQP2,canale idrico sensibile
all‘acqua)e ne stimola l‘esposizione(effetto a lungo termine se la concentrazione di AVP si
mantiene elevata per piu‘ di un ora).
-L‘AVP favorisce l‘esposizione dei trasportitori dell‘urea(UT1)favorendone il riassorbimento
-L‘AVP incrementa la permeabilita‘ delle proteine preposte al riassorbimento del sodio.
-L‘AVP favorisce l‘espressione dei recettori EP3e PGE2.
La mancata interazione tra AVP e V2 determina la comparsa del diabete insipido mentre
un‘eccessiva produzione determina una sindrome detta SIADH.
3)Ruolo del sistema renina-angiotensina:
La renina e‘ un enzima aspartil-proteaisico liberato dall‘apparato Juxtaglomerulare localizzato nel
punto di contatto tra il tratto ascendente spesso dell‘ansa di Henle e le due arteriole (afferente e
efferente).
L‘apparato Juxtaglomerulare e‘ costituito da:
-cellule della macula densa:cellule dell‘epitelio tubulare che presentano sensori che eseguono un
monitoraggio della composizione e del flusso del liquido tubulare e inviano segnali che regolano la
velocita‘ di filtrazione(feedback tubulo glomerulare)
-cellule extraglomerulari mesangiali:collocate tra la macula densa e le arteriole permettono la
trasmissione del segnale.
-cellule granulari:contengono vescicole contenenti renina che esocitano qualora si riduce il flusso
nell‘arteriola efferente.
La renina contribusce indirettamente alla regolazione del flusso,essa infatti agisce
sull‘angiotensinogeno trasformandolo in angiotensina 1.L‘angiotensina 1 viene convertita in
angiotensina 2 da ACE(angiotensin converting Enzyme)presente principalemente nei piccoli vasi
polmonari.
L‘angiotensina 2 e‘ la forma piu‘ attiva che pero‘ viene attaccata da diverse peptidasi e trasformata
in angiotensina 3.
L‘angiotensina2 interagendo con il suo recettore AT1 aumenta la pressione sanguigna inducendo i
seguenti effetti:
 Stimolazione delle cellule della granulosa del corticosurrene al rilascio di aldosterone
 Stimolazione della midollare del surrene alla liberazione delle catecolamine
 Vasocostrizione con conseguente aumento delle resistenze e quindi della pressione arteriosa
 Contrazione della parete delle venule con incremento del ritorno venoso
 Stimolazione del rene nel riassorbimeno di H₂O e NaCl
 Incremento della sintesi e secrezione di AVP
 Stimolazione del centro della sete
4)ruolo dell‘aldosterone:prodotto sia in seguito a stimolazione da parte dell‘angiotensina 2 che per
iperkaliemia.
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Agisce a livello del tratto di connessione e dei dotti collettori inducendo l‘aumento numerico dei
carrier per il Na++ e stimolando l‘attivita‘ della pompa Na++/K+.Il riassorbimento di Na++ induce
il riassorbimento di acqua.La riduzione della concentrazione di Na++(se questo era elevato a livello
del liquido intratubulare e quindi dipende dalla quantita‘ di sodio assunta nella dieta)determina una
progressiva negativizzazione del liquido e secrezione di K+ e H+.
5)Ruolo dell‘ormone natriuretrico atriale(ANP):sintetizzato e rilasciato dai miocardiociti
atriali(atrio destro) a seguito dell‘aumento del RV
Induce:
 Vasodilatazione e conseguente abbassamento della pressione e aumento dell‘escrezione
urinaria(determina infatti dilatazione dell‘arteriola afferente)
 Ha effetteo natriuretrico e diuretico riducendo l‘assorbimento di sodio nei tubuli prossimali
 Inibisce il rilascio di renina e quindi di aldosterone
 A livello neuroipofisario inibisce la secrezione di vasopressina
L‘effetto dell‘ANP nel rene viene modulato anche dall‘urodilatina(secreto dalle tubulari distali ha
azione simile),l‘ormone simile alla digitale(sintetizzato dai cardiomiociti ventricolari inibisce la
pompa Na++/K+),alcune prostaglandine,guanidina e uroguanidina(ormoni natriuretici intestinali)
6)Ruolo del sistema nitrossidergico:
il monossido di azoto viene sintetizzato da due nitrossido sintetasi:
-costitutiva(cNOS) che a sua volta si divide in endoteliale(eNOS)e neuronale(nNOS)
-inducibile (iNOS):nel rene sono presenti solo in condizioni patologiche
NO ha un emivita molto breve(1-5sec)per questo agisce per lo piu‘ con azione paracrina ma puo‘
anche giungere nel sangue e legarsi all‘emoglobina acquisendo stabilita‘.
Essendo liposolubile attraversa le membrane e nel citoplasma e‘ in grado di legarsi con il Fe++
della guanilato ciclasi citosolica attivandola determinando la produzione di cGMP.
La vasodilatazione indotta dall‘aceticolina presenta come intermediario NO.
La nitroglicerina usata nell‘angina pectoris sfrutta la capacita‘ del NO di
determinarevasodilatazione.
NO :
 ha azione anche sulle piastrine nelle quali inibisce l‘aggregazione e il rilascio di molecole
vasocostrittrici
 ha azione sulle cellule muscolari lisce delle arteriole inducendo vasodilatazione(importante a
livello renale)
 inibisce la secrezione di renina
 modula la ripartizione del flusso ematico tra corticale e midollare.
7)Ruolo del sistema delle endoteline:Le endoteline (ET-1,ET-2,ET-3)interagendo con i recettori
(𝐸𝑇𝐴 𝑒 𝐸𝑇𝐵 )determinano vasocostrizione.Nel rene in realta 𝐸𝑇𝐵 ha azione modulatoria.a livello
renale inoltre le endoteline hanno azione anti AVP e modulano il riassorbimento di sodio nei tubuli
prossimali e collettori.
8)Ruolo del sistema dopaminergico:la dopamina,sia rilasciata dal SNA che prodotta per
decarbossilazione a livello renale di L-DOPA,determina:
 dilatazione dei vasi renali
 inibizione della pompa Na++/K+
 inibizione del rilascio di renina.
Patologie da alterato bilancio idroelettrolitico:
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1)Disidratazione:puo‘esser suddivisa in:
 disisdratazione idrica pura:ridotta o mancata ingestione di acqua in assenza di perdita di
elettroliti.Rara in soggetti sani ,con l‘eccezione di naufraghi e dispersi,mentre si presenta in
soggetti che presentano alterazioni fisiche(disfagia,perdita della sensazione della sete,gravi
cerebropatie,coma diabetico iperosmolare o grave diabete insipido)e psichiche(forme di
anoressia).viene considerata di media entita‘ se la perdita di acqua e‘ minore del 6%del peso
corporeo mentre e‘ grave quando la perdita e‘ di 5-10kg.I primi sintomi si presentano
quando la perdita corrisponde al 2%del peso e consistono in sensazione di sete,difficolta ad
ingogliare per deficente salivazione,debolezza e oliguria(ridotta produzione di urina).o
l‘individuo viene trattato con infusioni di soluzioni glucosate prive di Sali (o acqua)oppure
andra‘ in contro a morte per disidratazione cellulare(dovuto all‘aumento dell‘osmolarita‘ del
liquido extracellulare).
 Disidratazione salina pura:anche detta ipotonica;ad un eccessiva perdita di elettroliti e
acqua tipica del colpo di calore non vi e‘ un adeguata rintroduzione di Sali(es il soggette
beve acqua e basta).caratterizzata da sensazione di sete e gravissima astenia.
 Disidratazione salina mista o isotonica:perdita di acqua e elettroliti associata a
disequilibrio acido-base.frequente nel calo fisiologico dei neonati.
2)iperidratazione:
 Ipotonica(eccessiva diluzione degli elettroliti):non interessa mai i pazienti sani ma e‘
una complicanza che si verifica nei pazienti che presentano insufficenza cardiaca,epatica
e renale che dopo interventi chirurgici bevono smisuratamente sfuggendo ai controlli o
soggetti portatori di tumori che producono l‘AVP.La sintomatologia prevede
cefalea,disturbi visivi,crampi muscolari convulsioni e stato stuporoso(acinesia e stati di
mutismo).La terapia consiste nella somministrazione di agenti osmotici associati a quelli
diuretici
 Ipertonica:si verifica in soggetti che hanno ricevuto per via parenterale soluzioni molto
ricche di cloruro di sodio o bicarbonato
 Iperidratazione isotonica:incremento idrico e salino contemporaneo;tipico dei soggetti
con edemi diffusi
3)diabete insipido:
caratterizzato da poliuria(circa 5-10 Litri di urina al giorno,quantita‘ che non varia per riduzione di
apporto idrico)e conseguente polidipsia(assunzione di liquidi)che puo‘ produrre manifestazioni
psicotiche nel soggetto(riduzione del sonno).
Il diabete insipido viene classificato in:
 Neurogeno:se dovuto alla mancata sintesi e/o rilascio di AVP
 Nefrogeno:se dovuto ad una resistenza periferica all‘AVP(che si trova in circolo in
concentrazioni fisiologiche)
Questo puo‘ esser di origine ereditaria:
-mutazione del gene che codifica per il recettore della vasopressina V2=
AVPR2(cromosoma X->si manifesta nei maschi).il recettore V2 puo‘ non essere
esposto,essere incapace di interagire con l‘AVP o non trasdurre il segnale.In generale la
terapia consiste in una dieta iposodicae con elevata somministrazione di acqua che evita la
disidratazione,l‘ipernatremia e l‘ipertermia che nei bambini generano ritardo mentale(con
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l‘amniocentesi e‘ possibile identificare la malattia precocemente e ridurre i danni).E‘
importante considerare inoltre che per i casi in cui il recettore e‘ esposto ma non interagisce
con l‘AVP sono in corso di studio ricerce su particolari antagonisti dell‘AVP,detti chaperoni
chimici, che legandosi a recettori mutati ne determinano una conformazione simile a quella
normale.
-mutazione del gene delAQP2 che determina la formazione di acquaporine che non
adempiono al passaggio di acqua.
Il diabete nefrogeno puo‘ esser dovuto anche a forme acquisite con eziologia iatrogena o
patologie renali.
4)polidipsia neurogena(potomania): sintomi psichici che determinano continua sensazione di sete
per cui i pazienti ingeriscono molta acqua con conseguente poliuria(presente anche nel diabete
insipido ma con rapporto causa effetto invertito)
5)sindrome da aumentata produzione di AVP:SIADH(syndrome of inappropriate secretion of
ADH).
Caratterizzata da iponatremia,ipoosmolarita‘,ritenzione idrica e oliguria.
L‘ipersecrezione e‘ presente in:
-soggetti affetti da tubercolosi polmonare,ascesso subfrenico,malattie infettive(polmonite)
-soggetti affetti da endocrinopatie e alterazioni di natura infettiva o traumatica del SNC
Ipernatriemia e iponatriemia:nell‘organismo sono presenti circa 4000 mEq di sodio pari circa a
90g di questi il 60%si trova nel compartimento extracellulare, il 3%in quello intracellulare, il
37%nell‘osso.
Giornalmente assumiamo con la dieta 35-45 g di NaCl.Il Na++ viene assorbito nel tenue e nel
crasso(una piccola parte rimane nele feci con cui viene eliminato) e non si accumula negli enterociti
poiche‘ viene pompato nel liquido interstiziale da una pompa Na++/K+ATPasi.Il bilancio del sodio
viene mantenuto all‘equilibrio grazie al sudore e all‘escrezione renale.in quanto all‘escrezione
renale, la concentrazione di sodio nel filtrato glomerulare e‘ uguale a quella plasmatica cio‘ inidca
che ogni giorno vengono filtrati circa 25000 mEq di sodio di cui solo una piccola parte viene
eliminata con le urine mentre un‘aliquota viene riassorbita.
La concentrazione di sodio fisiologica e‘ 140-147 mEq/L.
Ipernatriemia:quando la sodiemia supera i 150-160 mEq/L e quella del cloruro supera i 125mEq/L.
Puo‘esser dovuta a:
 Deplezione idrica:la terapia consiste in infusioni di liquidi isotonici,privi di
sale,generalmente glucosate.Puo‘ esser dovuto a:
-ridotto apporto idrico
-eccessiva perdita di acqua come nel diabete insipido e nell‘encefalopatia
ipernatriemica(poliuria conseguente a lesioni a livello del nucleo sopraottico
dell‘ipotalamo).
 Aumento assoluto della quantita‘ di sodio:
-aumentata assunzione di sodio:incongra assunzione di soluzioni saline ipertoniche o di
bicarbonato di sodio nei pazienti affetti da acidosi o di sale(nei bambini)
-eccessiva ritenzione di sodio:dovute a riduzione della filtrazione glomerulare(aumentano la
ritenzione di sodio per sistema renina-angiotensina),iperaldosteronismo(sindrome di
conn)iperglicocorticosteroidismo(morbo di cushing)poiche‘i glicocorticoidi hanno anche
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azione mineralcorticoide,sindrome di Liddle(mutazione attivante del canale che riassorbe il
Na++).
Iponatriemia:se la sodiemia scende sotto i 125 mEq/L.
Cio‘ si verifica per:
 Ritenzione idrica:si puo‘ presentare con o senza edema;tipica dei pazienti con SIADH si
presenta anche in pazienti che presentano polidipsia o sono sottoposti a fleboclisi glucosate
in eccesso o sono affetti da scompenso cardiaco o sindrome nefrosica o cirrosi
 Perdita di sodio:
-via renale:insufficenza renale acuta,ipoaldosteronismo,pseupoipoaldosteronismo di tipo
1(mutazione inattivante del canale del sodio aldosterone dipendente),abuso di alcuni diuretici
-via extrarenale:vomito,diarrea,colpo di calore e fistole
-deficente assunzione a causa di prolungate diete iposodiche(di solito in soggetti con gravi
insufficenze cardiache congestizie).
NB:pseudoiponatriemia o iponatriemia spuria:falso di laboratorio,in siero iperlipidemico o
iperprotidemico, dovuto al fatto che i fotomeri a fiamma con cui si misura il Na++ sono in
grado di misurarlo soltanto nell‘aliquota acquosa e non in quella proteica o lipidica.
Iperkaliemia e ipokaliemia:
in un soggetto di 70kg sono mediamente contenuti 3600 mEq di K+ che corrispondono a circa
133g.come prima accenato la concentrazione di K+ nel liquido intracellulare(160mEq/L)e‘ di gran
lunga maggiore di quella del compartimento extracellulare(3,5-5,5 mEq/L) grazie alla presenza
della pompa Na++/K+.
Questa diversa distribuzione determina sia il mantenimento del volume cellulare sia e‘ il principale
determinante del potenziale di membrana.
Il K+assunto con la dieta(50-80 mEq/die ottenuti da latte,banane,succo di pomodoro e frutta)viene
assorbito quasi interamente nel tenue mentre viene eliminato principalmente con le urine.Alla
regolazione del bilancio del potassio partecipano l‘aldosterone e l‘insulina(sfruttata in clinica in
stati iperpotassiemici).
Dopo somministrazione di un carico di K+e‘ fisiologico il presentarsi di un breve stadio di
Iperkalemia a cui segue l‘attivazione del sistema dell‘aldosterone(attivato dalla iperkalemia stessa)e
l‘introduzione del potassio nel compartimento intracellulare.
Il K+e‘ completamente filtrato dal glomerulo e viene in massima parte riassorbito a livello del
tubulo convoluto prossimale e nella branca ascendente di henle.In quest‘ultimo tratto il K+ viene
assorbito per opera del cotrasportatore 1Na+-1K+-2Cl-(alterato in una forma della sindorme di
bartter sindorme dovuta a differenti mutazioni che determinano tutte ipokaliemia e ipocloremia)e
riversato nel liquido tubulare attraverso un trasportatore dettoROMK.in media una quantita‘
costante di K+arriva ai tubuli distali dove abbiamo un meccanismo di scambio Na++/K+
aldosterone dipendente.
Iperkaliemia:quando la kaliemia supera i 6-7mEq/L(se sopra i 10-12 mEq/L subentra la
morte).caratterizzata dall‘abbassamento del potenziale di riposo e quindi da un‘aumentata
eccitabilita‘ in particolari dei muscoli che vanno velocemente in contro a fascicolazione e
contrazione.se la situazione si aggrava la depolarizzazione risulta bloccata con conseguente paralisi
muscolare flaccida.
Il K+ ha un elevata cardiotossicita‘ che puo‘ portare asistolia e fibrillazione ventricolare.
Ipokaliemia:quando la concentrazione di K+si abbassa sotto i 3,5mEq/L.
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E‘ causata da vari meccanismi patogenetici:
 Iperaldosteronismo,morbo di cushing o trattamento prolungato con glicocorticoidi(gli ultimi
due determinano pseudoiperaldosteronismo)che determina escrezione di K+
 Diabete mellito scompensato con acidosi metabolica:sia la poliuria che l‘acidosi(acidi
acetoacetico e β-idrossibutirrico)determinano la secrezione nel liquido tubulare di K+ e
H+tesi a neuttralizzarli
 Acidosi tubulare
 Eccessivo assunzione di liquirizia:contiene acido glicirrizinico che metabolizzato
dall‘organismo viene trasformato in acido glicirrizetico che inibisce l‘enzima 11-βidrossisteroidrogenasi inibendo cosi‘ il meccanismo di catabolismo del cortisolo che agisce
sui recettori dell‘aldosterone determinando pseudoiperaldosteronismo
 Tubulopatie ereditarie
L‘ipokalemia determina astenia(che puo‘ culminare in paralisi),insufficenza respiratoria,alterazioni
elettrocardiografiche che compaiono se siamo sotto i 3 mEq/L(appiattimento onde P,allungamento
del tratto Q-T,comparsa dell‘onda U,slivellamento del tratto ST,aritmie atriali,disturbi della
conduzione atrioventricolare).
Ipercalemia ed ipocalemia:
Nell‘individuo adulto abbiamo una distribuzione di calcio media di 20g/Kg di peso corporeo(a
fronte dei 9,2g/kg del neonato).
Il fabbisogno alimentare giornaliero di calcio e‘ di 800-1200 mg/die di cui piu‘ del 50%di origine
alimentare.
Dei 1000mg assunti giornalmente il nostro canale digerente e‘ in grado di assorbire solo il 25%;In
particolare se il Ca++ e‘ presente in alte concentrazioni allora viene assorbito nel tenue per via
paracellulare,se invece e‘ presente in basse concentrazioni allora viene assorbito per lo piu‘ nel
duodeno e nel digiuno per via transcellulare sotto il controllo dell‘1,25(OH)₂D₃ che stimola la
sintesi di Epithelial calcium channels.Nell‘ultimo caso il calcio penetrato nel citoplasma si lega alla
calbindina che lo trasporta fino alla membrana basolaterare dove per azione di una Ca++ ATPasi
viene versato nel liquido interstiziale.
Nell‘individuo trovaiamo calcio princialmente:
 Nel plasma:in una concentrazione tra 4,4-5,2mEq/L(pari a 8,5-10,2mg/dl).Qui il calcio si
trova per il 50%in forma ionizzata(funzionalemente attivi),per il 10%complessato con
anioni come il bicarbonato,il citrato ed il fosfato,per il 40%legato a proteine plasmatiche.la
concentrazione di calcio e‘ in rapporto inverso con quella di fosfato(Ca++ x PO₄⁻⁻=K.il
controllo di questi equilibri viene effettuato dagli ormoni calcitropi di cui il piu‘ importante
e‘ la calcitonina
 Tessuto osseo:che e‘ il primo magazzino di calcio
 Compartimento intracellulare:la concentrazione di calcio ionizzato(la gran parte e‘ legato a
proteine come calmodulina,catene della miosina ecc) nel citosol e‘ molto bassa(10⁻⁶M )e
viene in tal modo mantenuta attraverso un meccanismo di pompa che estrude il calcio nel
compartimento extracellulare o lo accumula all‘interno del mitocondrio.La fuoriuscita del
calcio dai mitocondri e‘ sotto il controllo dle PTH.
Il rilevante incremento di Ca++nel sangue genera necrosi.
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L‘escrezione di calcio avviene per via renale.Nel rene vengono filtrati giornalmente 5-8g di Ca++ al
giorno ma quasi la totalita‘ vengono riassorbiti nei tubuli contorti prossimali,nel tratto ascendente
dell‘ansa di henle,nei tubuli distali e nei dotti collettori quindi il ca++eliminato con le urine e‘ pari
al 1-2% del totale.
L‘ipercalcemia:reperto ematochimico che si riscontra in varie condizioni patologiche come
l‘iperparatiroidismo, le sindromi paraneoplastiche con produzione ectopica di PTH(o di PTHrp che
determina ipercalcemia paraneoplastica),il mieloma multiplo,ecc in cui si presenta un aumentato
riassorbimento osseo,alterazioni renali che riducono l‘escrezione di Ca++ e l‘aumentato
assorbimento intestinale dovuto all‘aumentata sintesi di 1,25(OH)₂D₃.Si parla di sindrome da
ipercalcemia quando vi e‘ la comparsa di sintomatologia.i sintomi sono vari abbiamo precipitati di
Sali di calcio in vari organi ma principalemente nel rene(nefrocalcinosi e
calcolosi),osteopenia,osteite fibrocistica.se le concentrazione superano i 12,5mg/% compaiono
alterazioni psichiche,nausea,vomito e coma.
L‘ipocalcemia:prima manifestazione dell‘insufficenza renale cronica(ridotto assorbimento tubulare
di Ca++ e ridotta sintesi di calcitriolo),rachitismo e osteomalacia,ipoparatiroidismo,o nei pazienti
con metastasi scheletriche non osteolitiche(accumuli di calcio).
Iperfosfatemia e ipofosfatemia:
nell‘organismo umano sono presenti circa 700 g di fosforo di cui 600 sono contenuti nel tessuto
scheletrico,50 in quello muscolare e il restante nei fluidi e nelle cellule.
L‘apporto giornaliero di fosforo,presente in molti alimenti come carne,latte,uova e farine,e‘
superiore al fabbisogno alimentare per questo giornalemente assorbiamo tra il 70-90%del fosforo
ingerito.Il fosforo si presenta sia in forma inorganica(NaHP0₄,CaHPO₄,MgHPO₄ ecc)che
organica(fosfolipidi e fosfoproteine)quest‘ultima per essere assorbita viene trasformata dalla
fosfatasi intestinale in fosforo organico.L‘assorbimento intestinale del fosforo viene favorita dal
calcitriolo(e quindi anche dal PTH indirettamente) mentre viene ostacolato dall‘abuso di antiacidi
con base di idrossido di alluminio che legando il fosforo lo rendono insolubile.Il rene presiede
all‘escrezione del fosforo;sebbene nel glomerulo filtriamo la quasi totalita‘ di fosforo 95%, nei
tubuli viene riassorbito l‘85%.in particolare nei tubuli prossimali e‘ presente un cotrasportatore
calcio-fosfato che viene inibito dal PTH e stimolato dal calcitriolo.
Il fosforo e‘ contenuto:
 Nel compartimento extracellulare:
-70%forma organica
-30% forma inorganica (di cui il 12%legata a proteine):e‘ la forma attiva che viene dosata nella
fosfatemia il cui valore deve aggirarsi tra 2,7-4,5 g/dl pari a 1,12-1,23 mmol/L.
 Nel compartimento intracellulare:sottoforma di ATP,Nucleotidi,fosfoglicidi e fosfolipidi.
 Nel tessuto osseo:dove e‘ contenuto l‘85%del fosforo
L‘iperfosfatemia:si verifica:
- nell‘insufficenza renale uremica e nell‘ipoparatiroidismo
-in patologie che determinano la lisi delle cellule e la liberazione di fosforo:rabdomiolisi,lisi delle
cellule neoplastiche nel corso di chemioterapia
-abuso di lassativi ricchi di fosforo(incremento momentaneo)
La sintomatologia e‘ la stessa dell‘ ipocalcemia che stimolano il PTH e quindi il riassorbimento
osseo
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L‘ipofosfatemia:si manifesta in seguito a condizioni che incrementano il flusso del fosfato nel
compartimento intracellulare e osseo o eccessiva eliminazione renale del fosfato.
Diventa sintomatica quando la fosfatemia scende sotto i 0,8-1mg/dl e determina astenia e
anoressia,puo‘ culminare in coma e morte.
Ipermagnesia ed ipomagnesia:
anche l‘apporto di magnesio e‘ superiore al fabbisogno per questo il 50%del magnesio introdotto
viene assorbito nel tratto duodenodigiunale e nell‘ileo attraverso diffusione semplice o facilitata
mentre il restante viene eliminato con le feci.
Dei 25g che un‘individuo in media contiene il 50%si trova a livello scheletrico(superficie cristallina
dell‘osso mineralizzato),il 45%nel compartimento intracellulare(indispensabile per la sopravvivenza
cellulare)e il restante nel plasma dove abbiamo una contrazione di 1,6-2,1mEq/L(normalmente non
deriva da interscambi con l‘osso a meno che non c‘e‘ una grave carenza).
Il rene anche in questo caso svolge il ruolo di regolatore del bilancio filtrando solo l‘aliquota libera
di magnesio e riassorbendola per il 95%;questa funzione e‘ Tm dipendente.
L‘ipermagnesia:origine iatrogena si manifesta in pazienti con insufficenza renale che assumono
purganti o antiacidi a base di magnesio.i sintomi si manifestano solo se superati i 10mEq/L e
consistono in astenia,sonnolenza,ipotensione, insufficenza respiratoria e cardiaca,ariflessia.
L‘ipomagnesia:si manifesta quando il livello e‘ inferiore a 1 mEq/L e‘ di difficile diagnosi perche‘
la concentrazione ematica non corrisponde alla effettiva concentrazione del catione.
Se presente e‘ dovuta a insufficente assunzione o eccessiva eliminazione.
Ipercloremia e ipocloremia:
il cloruro viene assunto giornalemente in quantita di 50-250 mmol ed e‘ presente nel
plasma(insieme al bicarbonato consiste nel 85%del contenuto anionico)nel sudore e nei succhi
gastrici,pancreatico e biliare.
Viene filtrato nel glomerulo e riassorbito a livello dei tubuli prossimali e distali e viene eliminato
sotto forma di NH₄Cl.L‘escrezione di Cl e‘ in rapporto diretto con quella del Na mentre indiretto
con il bicarbonato(piu‘ bicarbonato va assorbito piu‘ cl va eliminato).
Se le variazioni di Cl seguono quelle del sodio la sintomatologia e‘ uguale a quella delle iper o
iponatriemie,si parla di ipocloremia, mentre,Si parla di ipercloremia, quando si riduce la differenza
tra la contrazione di Na+ e Cl(eccessiva assunzione di cloro ealterazioni acido
base)(ipocloremia:acidosi respiratoria,alcalosi metabolica,ipokaliemia,vomito e diarrea).
La variazione della concentrazione del bicarbonato si riflette nell‘equilibrio acido-base.
Alterazione dell’equilibrio acido-base(no slide)
Ogni giorno l‘individuo produce:
 Acidi fissi:ossia di derivazione metabolica;in una dieta mista se ne producono circa 1-1,5
mEq/L
Si dividono in:
-acidi inorganici quali l‘acido solforico e l‘acido fosforico
-acidi organici quali l‘acido lattico(derivato dal metabolismo anaerobico del glucosio),l‘acido
acetoacetico(derivato
dal metabolismo dei trigliceridi.
 Acido volatile:ossia l‘acido carbonico che si forma in presenza di H₂O a partire da CO₂.
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 Basi
Sebbene la produzione di acidi e di basi e‘ contemporanea in una dieta mista prevale la formazione
di acidi mentre in una dieta vegetariana prevale la formazione di Basi.
Alla formazione e all‘assorbimento di queste acidi e di queste basi e‘ contrapposto un sistema
tampone che in condizioni fisiologiche e‘ in grado di neutralizzare le variazioni di pH nel sangue.
Il pH del sangue deve difatti rimanere costante al suo valore di 7,40 (+/- 0,05);i valori estremi di pH
compatibili con la sopravvivenza sono 6,85 e7,65.(NB:il pH non e‘ uguale in tutti i fluidi
dell‘organismo,ad esempio i succhi gastrici hanno un pH tra0,7-3,8)
Alterazioni del pH determinano:
 Alterazioni dell‘eccitabilita‘ delle cellule nervose e muscolari(acidosi genera depressione
del SNC ,alcalosi genera ipereccitabilita‘
 Alterazioni dell‘attivita‘ enzimatica
 Alterazioni nella concentrazione di K+(acidosi->incremento escrezione di H+e riduzione
dell‘escrezione di K+)
I sistemi tampone sono sistemi in grado di:
-accettare H+ se il pH diminuisce
- fornire H+ quando il pH si innalza es OH⁻+HB↔B⁻+H₂O
Possono essere:
 coppie coniugate di acidi debolie basi forti:HB↔H⁺+B⁻
 un‘acido debole(H₂CO₃) e un suo sale(NaHC0₃);ad esempio:
HCl(acido forte)+NaHC0₃(bicarbonato di sodio)↔H₂CO₃(Acido debole)+NaCl (NON
VARIANO IL PH)
L‘acido forte HCl in tal caso non riesce ad indurre un abbassamento del pH cosi‘ come
avviene nella miscela di sodio monoidrato,base debole,(Na₂HPO₄)e di fosfato di sodio
diidrato,acido debole(NaH₂PO₄)
HCl+ Na₂HPO₄↔ NaH₂PO₄ +NaCl
La stessa cosa avviene anche con le basi forti come:
NaOH+ NaH₂PO₄↔ Na₂HPO+H₂O
 Proteine che esplitano le loro capacita anfotere;si comportano da acidi in presenza di basi
forti,mentre si comportano da basi in presenza di acidi forti
I sistemi tampone sono affiancati nel controlle dell‘equilibrio acido-base da polmoni e rene i quali
cooperano con il principale sistema tampone rendendolo un sistema tampone aperto.
Sistema tampone del bicarbonato:
Il principale sistema tampone del compartimento extracellulare e‘ dato dalla coppia acido carbonico
e bicarbonato dove:
H⁺+HCO₃⁻↔H₂CO₃↔CO₂+H₂O
Quando viene aggiunta una base forte il sistema si sposta versa sinistra(tamponamento della base
con H⁺ e formazione di HCO₃⁻) mentre quando viene aggiunto un acido forte il sistema si sposta
verso destra(HCO₃⁻ accetta l‘idrogenone formando CO₂+H₂O ).poiche‘ H₂CO₃ poiche‘ si dissocia
velocemente in H⁺+HCO₃⁻ la sua concentrazione e‘ molto bassa e la reazione precedente si puo‘
scrivere come:
H⁺+HCO₃⁻↔ CO₂+H₂O
Considerando l‘equazione di Henderson-Hasselbach
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pH=pK+log( 𝐻𝐶𝑂₃⁻ / 𝐶𝑂₂
Poiche‘ il pK della reazione ,6,1,e‘ distante dal pH che vogliamo ottenere sappiamo che
𝐻𝐶𝑂₃⁻ deve esser maggiore di
𝐶𝑂₂ ;e infatti 𝐻𝐶𝑂₃⁻ = 24𝑚𝑚𝑜𝑙/𝑙 e 𝐶𝑂₂ =1,2mmol/l
Se aumenta 𝐻𝐶𝑂₃⁻ allora il pH aumenta e andremo in contro ad alcalosi,se aumenta 𝐶𝑂₂ allora il
pH diminuisce e ci spostiamo verso l‘acidosi.
I due costituenti del sistema vengono modulati dal rene e dal polmone il che rende il nostro un
sistema aperto e quindi un ottimo tampone.ad esempio se aggiungiamo un acido forte il bicarbonato
si riduce ma non aumenta eccessivamente l‘anidride carbonica che viene espulsa determinando una
variazione di pH di gran lunga inferiore.
Regolazione polmonare dell‘equilibrio acido-base:
La CO₂ presente nel sistema non e‘ nulla di diverso dall‘anidride carbonica prodotta nella
respirazione cellulare;essa e‘ una molecola molto diffusibile che attraversa le membrane solo in
funzione del suo gradiente pressorio PCO₂.
Della CO₂ che raggiunge il sangue capillare:
 7% si discoglie e circola nel sangue come molecola gassosa
 Il 70% viene trasformata in HCO₃⁻ attraverso due vie:
-una parte attraverso spontanea idratazione con l‘acqua CO₂+H₂O→ H⁺+HCO₃
-una parte penetra negli eritrociti dove la reazione precedente avviene piu‘ velocemente grazie
alla presenza dell‘enzima anidrasi carbonica.
A reazione avvenuta H⁺ reagisce con la deossiemoglobina mentre HCO₃⁻viene rilasciato nel
sangue attraverso uno scambiatore che rilascia Cl⁻ che fa si che HCO₃⁻ eritrocita=
HCO₃⁻ plasma(effetto boor)
 Il 23%reagisce con la deossiemoglobine formando carbammino emoglobina
CO₂+HbNH₂↔HbNHCOO⁻+H⁺
Questa interazione con i globuli rossi permette il mantenimento di un equilibrato sistema tampone
permettendo il trasporto di CO₂ al polmone dove questo viene espulso(se non venisse espulso il
sistema andrebbe in contro ad acidosi poiche‘ l‘equilibrio della reazione si sposterebbe verso
sinistra).
A livello polmonare troviamo due eventi che determinano l‘incremento della dCO₂(anidride
carbonica disciolta)
1)l‘ossigenazione dell‘ emoglobina dovuta all‘incremento della pO₂ determina una variazione
conformazionale con conseguente liberazione di H⁺ spostando l‘equilibrio della reazione
verso:H⁺+HCO₃⁻→ CO₂+H₂O:
La riduzione di HCO₃⁻ 𝑒𝑟𝑖𝑡𝑟𝑜𝑐𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑜 richiama HCO₃⁻ all‘interno dell‘eritrocita dove l‘anidrasi
carbonica favorisce la reazione.(effetto haldane)
2)l‘emoglobina rilascia CO₂
I polmoni espellendo CO₂ sono organi che partecipano fortemente alla regolazione dell‘equilibrio
acido base.
Sappiamo che sia la PCO₂ che il pH hanno effetto regolatorio a livello dei centri respiratori del
bulbo del tronco dell‘encefalo.
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Se la concentrazione di CO₂aumenta e il pH diminuisce→i centri vengono stimolati e si produce
tachipnea e iperventilazione che favoriscono l‘eliminazione di CO₂e il ritorno del sistema alla
posizione di equilibrio.
Se la concentrazione di CO₂ diminuisce e il pH si alza→i centri vengono repressi e si determina
bradipnea e ipoventilazione nonche‘ ridotta eliminazione di CO₂.
Regolazione renale dell‘equilibrio acido-base:
Nello svolgere questa funzione il rene presenta due sistemi che utilizza contemporaneamente:
1)estrusione di idrogenioni(=70mmoli/die) nel liquido tubulare dove sono presenti sistemi
tampone(senno‘ si scenderebbe ad un pH di 1,3 mentre il minimo pH urinario e‘ 4,5)
2)riassorbimento del bicarbonato dall‘ultrafiltrato che permette il mantenimento dell‘equilibrio nel
sistema tampone.
In molti casi i due eventi avvengono contemporaneamente.
Il riassorbimento del bicarbonato dal liquido tubulare avviene attraverso due meccanismi:
 Rigenerazione del bicarbonato:la CO₂ prodotta all‘interno della cellula reagisce con H₂0
formando HCO₃⁻ che viene liberato nel circolo ematico e H⁺ che viene liberato nel lume
tubulare attraverso uno scambiatore Na⁺/H⁺ appartenente alla famiglia NHE.
 Recupero del bicarbonato: HCO₃⁻ del liquido tubulare reagisce con H⁺ in esso liberati
formando H₂CO₃ che si dissocia ad opera dell‘anidrasi carbonica CA-IV,presente sulla
membrana apicale delle cellule tubulari(principalmente quelle prossimali) ,in CO₂ e
H₂O(che viene espulsa con le urine). CO₂ penetra nelle cellule tubulari dove l‘anidrasi
carbonica intracellulare CA-II permette la formazione di HCO₃⁻ e H⁺.
A livello del tubulo prossimale e‘ presente principalmente lo scambiatore NHE3 la cui
attivita‘ e‘ modulata positivamente dall‘angiotensina II(aumenta riassorbimento di Na++
contro ipovolemia) ed inibita dalla PKA.
NB:l‘aumento di secrezione di H+ dovuto all‘angiotensina favorisce la ricaptazione si
HCO₃⁻→ci spostiamo verso alcalosi.
Poiche‘ gli ioni bicarbonato vengono ricaptati mentre gli idrogenioni no, H+libero nel liquido
tubulare prevede la presenza di sistemi tampone:
 HPO₄⁻⁻ Sebbene viene per lo piu‘ riassorbito,30-40mmol/die sono utilizzate come tampone
urinario.
HPO₄⁻⁻+H⁺→H₂PO₄ che reagendo con Na da NaH₂PO₄(fosfato di sodio)che viene espulso
nelle urine.
Il cotrasportatore Na+/fosfato viene inibito da un pH luminare basso favorendo l‘azione
tampone.
 Il sistema del metabolismo della glutammina.
La glutammina filtrata dal glomerulo viene riassorbita dalle cellule del tubulo prossimalee
viene scissa in NH₄ e glutammato;questo viene ulteriormente scisso in α-chetoglutarato e
NH₄ .Abbiamo quindi la formazione di 2 moltecole di NH₄⁺che vengono estruse nel liquido
tubulare sotto forma di 2NH₃ e 2H⁺ dove riformano NH₄⁺ e si combinano con Cl- formando
cloruro di ammonio che troviamo nelle urine.
Inoltre α-chetoglutarato reagendo con 2H⁺ (provenienti da H₂CO₃→si formano anche 2 ioni
bicarbonato)formano glucosio che viene riassorbito.
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Il metabolismo della glutammina quindi permette l‘eliminazione di 2 NH₄⁺ e di 2H⁺e la
formazione di HCO₃⁻
L‘acidosi incrementa la sintesi della glutaminasi favorendo il metabolismo della
glutammina.
 NH₃ puo‘ esser liberato anche come tale,dalle cellule intercalate del tubulo collettore, nel
liquido tubulare e qui reagire con H+
Se il pH del sangue si innalza anche l‘urina vira verso l‘alcalemia poiche‘ i meccanismi di recupero
del bicarbonato necessitano di idrogenioni.L‘eccesso di HCO₃⁻ passa nelle urine.
Se il pH del sangue si abbassa gli H⁺ vengono eliminati nelle urine mentre incrementa il
riassorbimento di HCO₃⁻.
Alterazioni dell’equilibrio acido-base:acidosi e alcalosi.
le alterazioni dell‘equilibrio acido base sono suddivise in due macrogruppi:
1)respiratorie:dovute ad alterazioni dell‘eliminazione di CO₂
-incremento di pCO₂→acidosi→la reazione si sposta verso la formazione di H⁺
-riduzione di pCO₂→Alcalosi →la reazione si sposta verso la formazione di CO₂
2)metaboliche:dovute ad un‘aumentata produzione degli acidi fissi.
-riduzione di HCO₃⁻(impiegato a tamponare gli acidi)→acidosi→la reazione si sposta verso la
formazione di HCO₃⁻ ma anche H⁺→diminuisce CO₂
-aumento di HCO₃⁻→alcalosi→la reazione si sposta verso la formazione di CO₂
Questa suddivisione sebbene ufficialmente accettata e‘ imprecisa poiche‘:
-CO₂ e‘ un prodotto del metabolismo
-non tutti i casi di alterazione metaboliche hanno un‘effettivo riscontro nelle alterazioni metaboliche
-ciascuna modificazione del sistema respiratorio genera variazioni nel sistema meabolico.
I principali parametri da tener presenti sono:
-pH
-pCO₂
- 𝐻𝐶𝑂3−
Acidosi respiratoria:dovuta a qualsiasi problema respiratorio che riduce l‘eliminazione di CO₂
determinando ipercapnia(innalzamento della pCO₂):
 Asfissia
 Processi patologici che determinano ipoventilazione:estese fibrosi polmonari,broncopatie
ostruttive,pneumopatie,asma
bronchiale,ostruzione
delle
vie
aeree,versamenti
pleurici,pneumotorace,patologie osse e muscolari
 Depressione dei centri respiratori nervosi dovuti a morfina,alcol,barbiturici,anestetici
L‘ipercapnia determina lo spostamento dell‘equilibrio della reazione verso CO₂+H₂O
→H⁺+HCO₃⁻ determinando un‘abbassamento del pH e un aumento della concentrazione di HCO₃⁻.
L‘ipercapnia,l‘abbassamento del pH e l‘ipossia generano uno stimolo a livello dei centri regolatori
del polmone con lo scopo di attivare il compenso iperventilario che ha funzione o meno a seconda
del livello di alterazione polmonare
l‘ipercapnia di lunga durata riduce la funzione dei chemocettori che in questo caso vengono
stimolati solo dall‘ipossia,questo fatto va tenuto presente al fine di somministrare un‘adeguata dose
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di O₂ in modo da mantenere in vita il paziente ma non la stimolazione dell‘ipossia sui centri
regolatori.
Tardivamente in confronto al compenso iperventilatorio sopraggiunge il compenso renale che riesce
a normalizzare il pH eliminando piu‘ idrogenoni e generando HCO₃⁻(→quest‘ultimo passaggio
pero‘ incrementa ulteriormente pCO₂)
Alcalosi respiratoria:dovuta invece a eccessiva eliminazione di CO₂(iperventilazione polmonare)
che determina lo spostamento della reazione: CO₂+H₂O ←H⁺+HCO₃⁻ e conseguente innalzamento
del pH e abbassamento della concentrazione di HCO₃⁻.L‘innalzamento del pH e l‘abbassamento
della concentrazione di HCO₃⁻ determinano un‘iniziale riduzione della ventilazione a cui segue
l‘intervento del rene con riduzione dell‘escrezione di idrogenioni e del riassorbimento di
bicarbonato con conseguente alcalinizzazione dell‘urina.L‘intervento del rene tardivo ma efficace
riporta il valore del sangue a pH nella norma mentre riduce la concentrazione di HCO₃⁻ e CO₂.
E‘ una complicanza frequente nei pazienti affetti da:
 Patologie dell‘apparato respiratorio(asma,enfisema,polmonite,embolia polmonare)
 Disturbi neurologici con alterazione dei centri respiratori a causa di processi flogistici
 Disturbi psichiatrici come l‘isterismo che genera iperventilazione emotiva
 Intossicazioni che attivano i centri respiratori,nei bambini e‘ frequente quella dei sialiciati
 Febbre alta persistente
 Soggiorno ad altitudini elevate
Acidosi metabolica:e‘ il disturbo piu‘ frequente e piu‘ grave;ha un‘eziopatogenesi varia e
complessa:
 Aumentata(>50-80mEq) produzione di acidi fissi derivati dal metabolismo delle proteine e
dei grassi.
-diabete mellito scompensato:deficente stimolazione insulinica che determina un‘eccessiva
mobilitazione degli acidi grassi con eccessiva formazione di corpi chetonici che
accumulandosi all‘interno delle cellule danno origine a H⁺.dalla decomposizione dell‘acido
acetoacetico si formano a livello degli alveoli e della vescica l‘acetone
-digiuno prolungato:aumentato metabolismo dei lipidi
-febbre elevataprolungata,epatopatie e insufficenza circolatoria:nel fegato si riducono le
riserve di glicogeno e conseguenzialmente aumenta il metabolismo lipidico.
-shock:determina ridotta perfusione e glicolisi anaerobico con formazione di acido lattico
 Ridotta escrezione renale dei suddetti acidi fissi
 Perdita delle basi dovuta a cause esogene(uso incongruo di diuretici)e endogene(diarrea
profusa,fistole biliari o pancreatiche)o patologie renali.
-insufficenza renale:deficente escrezione della normale quantita‘ di acidi fissi
-acidosi tubulare distale:deficente escrezione tubulare di H⁺
-acidosi tubulare prossimale:ridotto assorbimento di HCO₃⁻
 Intossicazione da composti che sono convertiti in acidi.
-avvelenamento da glicole etilenico(formazione di acido ossalico) o da
metanolo(formazione di acido formico).
Nella fase acuta abbiamo abbassamento del pH e riduzione dei bicarbonatoioni mentre la
pCO₂ rimane invariata;
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Queste variazioni determinano turbe neurologiche,collasso cardiocircolatorio e fame d‘aria.
La fame d‘aria genera iperventilazione che comporta il passaggio alla fase cronico dove
abbiamo unanormalizzazione del pH e un‘abbassamento notevole del CO₂ e del
HCO₃⁻.nella fase cronica la sintomatologia consiste in:iperventilazione(respiro di
Kussmaul),sonnolenza,stato stuporoso e coma.
NB:l‘eccessiva riduzione di pCO₂ puo‘ indurre alcalosi metabolica.
Come abbiamo detto l‘acidosi metabolica puo‘ esser dovuta a eccessivo accumulo di acidi o
da perdite renali di bicarbonato;per determinare in quale situazione ci troviamo In
laboratorio e‘ molto utilizzato il calcolo degli anioni residui(AR) anche detto anion gap:
anion gap=cationi plasmatici(Na⁺+K⁺)-anioni plasmatici(HCO₃⁻+Cl⁻)
15mEq/L=145mEq/L-130mEq/L
-Se l‘acidosi e‘ dovuta all‘eccessivo accumulo di acidi poiche‘ questi reagiscono con HCO₃⁻
determinando la produzione di CO₂ abbiamo un‘aumento dell‘anion gap(i nuovi anioni nn
vengono misurati)->intervallo anionico aumentato
-se l‘acidosi metabolica e‘ causata da perdite di HCO₃⁻ a livello renale queste vengono
compensato con un‘aumentato riassorbimento di cloruri e quindi AR rimane invariato
Alcalosi metabolica:eliminazione di idrogenioni e accumulo di HCO₃⁻ che determinano un‘
innalzamento del pH e un modesto innalzamento del pCO₂.all‘alcalosi e‘ spesso associata
una deplezione di K⁺ che va a incrementare l‘alcalosi poiche‘ determina l‘attivazione di
sistemi cotrasporto H⁺/K⁺ che liberano K⁺nel plasma ma trasportano H⁺(o Na⁺)all‘interno
della cellula.
i sistemi di compenso sono 2:
-a livello polmonare abbiamo ipoventilazione indotta dall‘innalzamento del pH;questo
sistema viene inibito molto rapidamente difatti all‘ipoventilazione corrisponde
un‘incremento di HCO₃⁻ e un livello d‘ipossia che quando superano una certa soglia
stimolano i centri respiratori
-a livello renale abbiamo un‘incremento dell‘eliminazione dei bicarbonatoioni e nel
recupero di idrogenioni.
Nello scambio H+/Na+ si ha pero‘ anche riassorbimento di NaHCO₃ e HCO₃⁻.
Le principali cause di alcalosi sono:
 Eccessiva ingestine di alcali come bicarbonato di sodio
 Il vomito incoercibile(perdita di HCl)
 Esagerata escrezione di acidi come puo‘ avvenire nell‘iperaldosteronismo
 L‘uso incongruo di diuretici che causano un‘eccessiva eliminazioni di ioni sodio che nel
liquido tubulare vengono scambiati con H⁺
 L‘accumulo intracellulare di idrogenioni
Alterazioni miste dell‘equilibrio acido base:spesso le alterazioni dell‘equilibrio acido-base sono
dovute alla sovrapposizione di piu‘ disordini a cui e‘ difficile attribuire il ruolo primario.
Possono essere
-sinergiche:es alcalosi respiratoria+alcalosi metabolica
-antagoniste:es acidosi respiratoria e alcalosi metabolica.in questo caso i risultati di laboratorio
possono essere menzonieri e per un‘esatta diagnosi bisogna ricorrere ad accurate anamnesi.
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L’edema(no slide)
Per edema si intende l‘accumulo di eccesso di fluido di origine plasmatica nel subcompartimento
interstiziale del compartimento extracellulare.
A seconda della localizzazione gli edemi presentano nomenclature differenti:
 Anasarca=tutto lo spazio interstiziale
 Idrope=una o piu‘ cavita‘ celomatiche
 Idrotorace=cavita‘ pleurica
 Idropericardio=cavita‘pericardica
 Ascite=cavita‘ peritoneale
 Idrato=cavita‘ articolare
 Idrocefalo=ventricoli encefalici
 Idrocele=vaginale del testicolo
L‘edema puo‘ essere di due tipi:
 edema infiammatorio:il cui liquido prende nome di essudato,ed ha le seguenti
caratteristiche:
-aspetto torbido
-reazione acida
-contenuto proteico di 3-4 g/100ml
-presenta mucopolisaccaridi per cui la reazione di rivalta risulta positiva(aggiunta di acido
acetico determina la formazione di un precipitato a forma di fumo di sigaretta.
 Edema non infiammatorio:il cui liquido versato ha nome di trasudato,ed ha le seguenti
caratteristiche:
-aspetto limpido
-reazione alcalina
-contenuto proteico minore ai 2,5g/100ml
-mucopolisaccaridi assenti per cui la reazione di rivalta risulta negativo.(in realta‘ se il
trasudato ha qualche giorno allora compaiono anche i mucopolisaccaridi).
Per quanto riguarda l‘edema infiammatorio si rimanda al capitolo sull‘infiammazione.
L‘edema non infiammatorio e‘ dovuto ad alterazione dei normali meccanismi di interscambio di
molecole che avvengono in corrispondenza dei capillari del microcircolo ossia:
-diffusione:scambio di molecole secondo gradiente di concentrazione,e secondo la permeabilita‘ di
membrana, tra sangue e fluido interstiziale.
-filtrazione:che viene regolata dal rapporto tra pressione idrostatica(espelle acqua)e
colloidosmotica(assorbe acqua).
Nella porzione prossimale del capillare la pressione idrostatica(35mmHg)e‘ maggiore di quella
colloidosmotica (25mmHg)il liquido si sposta dal sangue all‘interstizio
Nella porzione intermedia le due pressione si eguagliano non c‘e‘ spostamento netto di fluido.
Nella porzione terminale la pressione colloidoosmotica(25mmHg)prevale su quella
idrostatica(15mmHg)il sangue richiama fluido dall‘inerstizio.
-transicitosi:meccanismi di endocitosi e esocitosi.
Il fluido in eccesso viene inoltre riassorbito dal circolo linfatico che riassorbe 5L di liquido al
giorno.
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Le cause di edema sono quindi:
 Ostacolo al ritorno venoso che determina un incremento della pressione idrostatica a valle
 Ostacolo del drenaggio da parte del sistema linfatico
 Aumento della pressione colloido-osmotica del liquido interstiziale
 Riduzione della pressione colloidoosmotica del plasma.
Edemi localizzati:compaiono in assenza di variazioni della quantita‘ di sangue circolante e sono
dovuti ad ostruzione venosa o del circolo linfatico.
 da ostacolo o impedimento venoso:L‘aumento di pressione idrostatica determina filtrazione
di liquido in eccesso con formazione di tumefazioni indolenti.La persistenza del trasudato
finisce con il causare danni ai tessuti.
Tipico di compressioni esercitate da estese fibrosi o da fasciature strette,da
ingessature,trobosi venose e tromboflebiti , presenza di vene varicose(generalmente
posizionate o a livello degli arti inferiori o nel plesso venoso emorroidario:emorroidi).
 Da ostruzione linfatica:patologia ingravescente perche‘la linfa ristagnante determina
un‘incremento del gradiente osmotico che richiama man mano sempre piu‘ fluidi.
puo‘ esser dovuto a:
-linfoedema ereditario:malformazione a carico dei vasi linfatici
-ostruzione totale o parziale o distruzione dei vasi linfatici(es dopo mastectomia:pulizia
delle stazioni linfoghiandolari)
-Wuchereria bancrofti=nematode che determina parossitosi(filariosi)e si riproduce
all‘interno del sistema linfatico formando ammassi di parassiti che riducono il diametro del
lume occludendolo.determina un edema esteso agli arti inferiori e/o a carico dei genitali.
 Edema polmonare
 Edema cerebrale:il SNC e‘ particolarmente sensibile alla formazione di edemi sia perche‘ in
esso sono assenti vasi linfatici sia perche‘ la scatola cranica e‘ inestensibile.
I tessuti cerebrali si imbebono di trasudato(ricco di sodioioni)aumentando di volume.si
determina un‘aumento della pressione endocranica con possibilita‘ di erniazioni del
parenchima cerebrale(pericolo di vita)i cui primi sintomi consistono in cefalea,vomito a
digiuno.
L‘edema intracellulare o citotossico si presenta in seguito all‘occlusione vascolare e
e‘dovuto all‘aumento della permeabilita‘ della membrana neuronale e gliale a diversi ioni in
particolare sodioioni.dovuto principalemente ad una deplezione di ATP che blocca la pompa
Na⁺/K⁺ ATPasi.
Se la riperfusione e‘ lenta abbiamo la formazione di edema vasogenico dovuto a danno
endoteliale che comporta aumento della permeabilita‘ capillare.
Un altra forma di edema cerebrale e‘ quello dovuto a lesioni cerebrovascolari emorragiche
che determiano ostruzione del circolo liquorale e stravaso di liquor nelle aree cerebrali
periventricolare.
 Glaucoma:patologia dell‘occhio caratterizzata da incremento della pressione intraoculare(da
15-20mmHg fino a 60-100mmHg,)provocata generalmente da una resistenza al deflusso di
umor acque,che determina danno alla pupilla e progressiva perdita della vista.
Nell‘eziologia sembra avere un valore notevole l‘eriditarieta‘ di tipo poligenico difatti i
parenti di 1 grado dei pazienti glaucomatosi hanno una pressione oculare sopra la norma.
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Puo‘ esser dovuto pero anche a :anomalie congenite del sistema di drenaggio,patologie
oculari(glaucoma secondario),alterazioni dell‘idrodinamica oculare,da terapia prolungata
con corticosteroidi(glaucoma jatrogeno).
Le lesioni a carico della retina e del nervo ottico non sono solo di origine compressoria ma
dovute anche:
- all‘ attivazione di risposte immunitarie cellulomediate.l‘aumento della pressione genera
danni emato-oculari facendo perdere all‘occhio la sua caratteristica di sito privilegiato ossia
rendendolo accessibili al sistema immunitario
-all‘ipossia e allo stress cellulare
Edemi generalizzati:
L‘edema sistemico(anasarca)si forma in seguito a due alterazioni:
-aumento della pressione idrostatica intracapillare
-riduzione della pressione colloidosmotica del plasma.
La presenza di anasarca puo‘ sfuggire all‘inspezione fino a che il volume del liquido
interstiziale non ha subito un‘aumento del 10% in tal caso la cute mantiene l‘incavatura
prodotta dalla pressione esercitata su di essa con un dito.
La persistenza dell‘edema e‘ mantenuta dalla ritenzione renale di acqua e sale difatti
l‘ipovolemia stimola la secrezione di aldosterone e AVP.
 Edema cardiogenico:La ridotta funzionalita‘ di un ventricolo determina un‘aumento di
pressione nell‘atrio sovrastante e nel sistema circolatorio a monte con conseguente
edema(scompenso ventricolare sinistro→edema polmonare;scompenso ventricolo
destro→edema a livello del grande circolo; scompenso cardiaco totale→somma dei due).
 Edema nefrosico:
-insufficenza renale cronica:alla riduzione della filtrazione glomerulare,dovuta alla
costrizione delle arteriole afferenti, che determina oliguria e ridotta natriuresi si aggiunge
anche un‘elevato riassorbimento di sodio e di acqua con conseguente aumento del liquido
extracellulare
-alterazioni della permeabilita‘ determinano la perdita di proteine con le
urine(albuminuria)che comporta una riduzione della pressione colloidosmotica plasmatica
con netta prevalenza della pressione idrostatica.si forma edema generalizzato favorito anche
dalla ritenzione sodica.
-aumento della liberazione di renina che attraverso l‘angiotensina 2 stimola la produzione di
aldosterone e quindi la ritenzione sodica.
 Edema epatico:nel caso di cirrosi abbiamo diversi fattori che deteminano la formazione di
ascite:
-insufficente drenaggio dal linfatico
-compressione delle vene epatiche e aumento della pressione a nella vena porta con
conseguente aumento della pressione idrostatica nel microcircolo e quindi di filtrazione.
-ipoprotidemia da ridotta sintesi epatica
-Iper produzione di renina anche in assenza di ipovolemia con conseguende ritenzione
sodica favorita anche da un difettoso metabolismo epatico dell‘aldosterone
-aumentato rilascio di vasopressina ,dovuta all‘aumentata osmolarita dovuta alla ritenzione
sodica,che determina ritensione idrica.
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L‘ascite determina un‘incremento della presdione addominale tale che puo‘ contrastare il
ritorno venoso dagli arti inferiori rendendoli edematosi.
Inoltre il trasudato puo‘ essere cosi‘ tanto da richiedere svuotamento che viene effettuato
con la tecnica della paracentesi(che pero‘ aggrava l‘ipoprotinemia)o attraverso un intervento
chirurgico che prevede l‘inserimento di un sottile tubo di plastica che pesca nella cavita‘
pertironeale e si apre nella giugulare.
L‘ascite puo‘ esser dovuta in alternativa a metastasi peritoneali che producono fattori che
modificano la permeabilita‘ capillare.
Edema da fame:kwashiorkor=dovuto a riduzione della pressione colloidosmotica causata da
dieta ipovolemica.
Edema da gravidanza:generalmente fisiologico ed associato a ipervolemia e modica
ritenzione sodica.se pero‘ si associa a proteinuria va tenuto sotto controllo perche‘
rappresenta una condizione preeclamptica.
Edema idiopatico femminile:dovuto a ritenzioni di sodio nel periodo fecondo
Angioedema ereditario:malattia autosomica dominante con deficit dell‘inibitore della C1
esterasi.
Edema Jatrogeno:dovuto a prolungata terapia con corticosteroidi e associata ritenzione
idrosalina.
Diabete mellito
Si definisce diabete mellito un gruppo di patologie metaboliche caratterizzate da iperglicemia
dovuti a deficit della secrezione o dell‘azione dell‘insulina che possono esser causate da fattori
ereditari e non ereditari.
Il diabete mellito e‘ ampiamente diffuso,in italia la prevalenza della malattia e‘ stimata attorno ai 34%della popolazione,ed assorba il 5-10%della spesa sanitaria complessiva mondiale.
Il diabete mellito e‘ la principale causa di:
 insufficenza renale cronica
 cecita‘ nell‘adulto
 amputazione degli arti inferiori
Inoltre e‘ uno dei maggiori fattori di rischio per patologie cardiovascolari e malformazioni fetali.
Le diverse forme di diabete mellito hanno in comune l‘iperglicemia,per questo la determinazione
dei valori glicemici e‘ essenziale ai fini della diagnosi.
normale
Alterata
Diabete
Glicemia a digiuno
<100mg/dl
Glicemia 2h dopo carico orale di <140mg/dl
glucosio
100-125mg/dl
>140mg/dl
200mg/dl
Glicemia casuale
>126mg/dl
e<di >200mg/dl
>200mg/dl
Dal punto di vista sintomatologico l‘iperglicemia e‘ associata a glicosuria(glucosio nelle urine a
causa del superamento della soglia di riassorbimento=170-180mg/dl)che determina
poliuria(glucosio attrae acqua)e conseguente polidipsia.
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Nei casi di deficit totale di insulina oltre a queste manifestazioni si presenta perdita di peso e
chetoacidosi che possono portare al coma.
Regolazione fisiologica della glicemia:
La glicemia a digiuno generalmente deve avere un livello tra 70-90mg/dl mentre dopo i pasti tra 70139mg/dl.
Livelli troppo bassi di glicemia generano ipoglicemia che danneggia il tessuto nervoso e a livello
sintomatologico si manifesta in condizioni modeste conturbe comportamentali,sudorazione
accentuata,cefalea e tremori, mentre in condizioni piu‘ acute con convulsioni e coma.
L‘iperglicemia cronica invece danneggia gli occhi,i reni,il tessuto nervoso e i vasi sanguigni.
il mantenimento della glicemia all‘interno dei valori fisiologici, che e‘ evidentemente
fondamentale,viene effettuato dalla presenza di ormoni ipoglicemizzanti e ormoni
iperglicemizzanti.
Ormoni ipoglicemizzanti:
 INSULINA:
 Insulin-like growth factor 1 e 2:legandosi al recettore IGF1R sono in grado di svolgere la
loro funzione ipoglicemizzante ma hanno ruolo principalmente nella crescita cellulare.IGF1e‘ stata comunque sfruttata per sostituire l‘insulina in forme di diabete legate al mal
funzionamento del recettore dell‘insulina.
 Incretine:
-GIP(glucose-dependent insulinotropic peptide):potenzia,durante la digestione, la secrezione
di insulin in risposta al glucosio
-GPL1(glucagon-like peptide-1):sopprime la secrezione di glucagone.
 Molecole che sensibilizzano i tessuti all‘insulina:
-leptina
Adinopectina
Tra questi il piu‘ importante e‘ certamente l‘insulina.
L‘insulina viene prodotta dalle cellule beta del pancreas che vengono attivate dalla presenza in
circolo di glucosio,amminoacidi,acidi grassi.
Il glucosio,principale stimolatore delle cellule beta,viene trasportato all‘interno della cellula dal
trasportatore GLUT2(insulino indipendente),qui interagisce con la glucochinasi intracellulare che
trasformandolo in glucosio-6-fosfato lo avvia alla glicolisi.La glicolisi determina un‘aumento di
ATP che va a chiudere i canali del potassio ATP-sensibili.Lo stato di depolarizzazione (causato
dalla chiusura dei canali K+)promuove l‘ingresso di ioni calcio a cui consegue la liberazione di
insulina.
A livello di questi passaggi possiamo avere mutazioni che determinano la comparsa di forme
monogeniche di diabete caratterizzate dalla mancata secrezione di insulina.
I difetti monogenici delle cellule beta comprendono:
-forme che insorgono nel periodo neonatale=diabete prenatale permanente o transitorio
-forme che insorgono in eta‘ giovanile= maturity onset diabetes of the young=MODY
caratterizzate da eredita monogenica , assenza di obesita‘ e di trattamento insulinico.
Patogenesi legata a fattori di trascrizione HNF1A,HNF1B,HNF4A
che
regolano
la
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nucleare
trascrizione dei geni:
-NEUROD1che attiva la trascrizione dei geni
dell‘insulina ed e‘ necessario per il normale
sviluppo delle isole pancreatiche
-KLX11 che codifica per un fattore di
trascrizione inducibile dal glucosio che regola la
trascrizione dell‘insulina
-PAXfattore necessario per lo sviluppo del
pancreas esocrino
Patogenesi legata a disfunzione del pancreas Difetti del gene CEL ,enzima
esocrino ed endocrino
necessario per l‘idrolisi degli esteri.
digestivo
Patogenesi legata a deficit di sensibilita‘ al Difetti del gene che codifica per la
glucosio
glucochinasi→le cellule beta non hanno piu‘ una
chiara misura della glicemia con conseguente
incapacita‘ di immettere la giusta quantita‘ di
insulina
Patogenesi
legata
deplessione/secrezione
a
di Si manifestano in eta‘ neonatale.
defici
Sono mutazioni attivanti dei geni KCNJ11 e
ABCC8 che codificano per subunita‘ dei canali
del potassio ATP-sensibili che risultano quindi
sempre chiusi
Patogenesi legata a difetti dell‘imprinting sul Determinanono tre tipi di alterazioni:
cromosoma 6q24
-disomia uniparentale paterna
-duplicazione 6q24 paterna
-metilazione con inattivazione della trascrizione
del 6q24 di origine materna
Diabete da mutazione del DNA mitocondriale
MIDD(maternally
deafness)
Forme rare
inherited
diabetes
-ereditarieta‘ materna
and -deficit di secrezione insulinica
-insulino resistenza nel tessuto muscolare
Mutazione dei geni che codificano per l‘insulina
Se invece tutti i passaggi sopra detti vanno per il verso giusto l‘insulina viene secreta e interagisce
con il suo recettore.
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Il recettore dell‘insulina e‘ una molecola tetramerica costituita da due subunita‘ alfa
extracellulari,che presentano siti di legame per l‘insulina, e due subunita‘ beta transmembrana che
possiedono attivita‘ enzimatica tirosinchinasica.
Quando avviene il legame Ligando-recettore vengono attivate due vie di trasduzione del segnale:
1)substrato SHC2 che attiva una cascata di trasduzione che attiva MAPK che media segnali di
crescita ,secrezione di endoteline con conseguente vasocostrizione.
2)substrato della famiglia IRS che attiva PI3K e PDK1 che determinano attivazione della famiglia
di serin/treonin chinasi AKT che mediano i segnali di sopravvivenza cellulare,favoriscono la
produzione di NO con coseguente vasodilatazione e attivano le vie metaboliche dell‘insulina.
Questa via ha anche una piccola capacita‘ attivante MAPK.
Mutazione dei geni del recettore e di AKT2 generano insulina dipendenza.
Ormoni iperglicemizzanti:
 GLUCAGONE
 Catecolamine
 Glucocorticoidi
 Ormone somatotropo
 Resistina
 RELM-beta
 Ormoni tiroidei
Tutti quelli sopra elencati svolgono un azione diretta determinando glicognelisi e/o
gluconeogenesi;gli ormoni tirodei agiscono potenziando anche il riassorbimento intestinale
mentre i glucocorticoidi generano anche insulino-resistenza
 ACTH , TNF-alfa e in gravidanza il lattogeno placentare generano un‘azione
iperglicemizzante indiretta
 Somatostatina e aldosterone:inibiscono la secrezione insulinica
Oltre agli ormoni iper e ipoglicemizzanti anche il SNC partecipa alla regolazione della glicemia
attraverso:
 Il controllo dell‘assunzionedi cibo e quindi di glucosio
 Attraverso il controllo della secrezione di ormoni iperglicemizzanti ipotalamicoipofisari(ACTH e GH)e surrenalici(catecolammine e corticosteroidi
 Impulsi nervosi vagali che inibiscono la produzione epatica di glucosio
 Partecipando alla regolazione della secrezione di insulina e al mantenimento delle cellule
Beta.
I tre tessuti piu‘ importanti nel controllo della glicemia sono:
-il tessuto epatico:svolge un ruolo chiave nella produzione endogena di glucosio a digiuno
-il tessuto muscolare e adiposo che presentano il recettore GLUT4che e‘ insulino dipendente e
favorisce l‘ingresso di glucosio dopo i pasti.
Regolazione della glicemia dopo i pasti:
dopo i pasti la glicemia tende a salire e va ad attivare il rilascio di insulina da parte delle cellule beta
e ad inibire il rilascio di glucagone da parte delle cellule alfa.
L‘insulina:
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-legandosi con il recettore del tessuto adiposo e muscolare attivndo la traslocazione di GLUT4 ttiva
l‘effetto tampone di questi due tessuti che rimuovono una gran parte del glucosio ematico
-inibisce la gluconeogenesi epatica e la glicolisi sia inibendo la produzione di glucagone sia
legandosi direttamente alle cellule epatiche
-favorisce la glicogenosintesi epatica
-aumenta l‘attivita‘ della lipoprotein-lipasi endoteliale(rimozione dei chilomicroni e delle VLDL)
-inibisce l‘attivita‘ delle lipoproteinlipasi intracellulare(ridotta liberazione di acidi grassi non
esterificati)
-favorisce la captazione delle lipoproteine da parte del fegato
-inibisce la formazione di Apo B100 con conseguente riduzione delle VLDL.
L‘insulina post-prandiale deve essere velocemente eliminata dal circolo onde evitare l‘ipoglicemia
post-prandiale questa demolizione viene effettuata dal recettore insulinico stesso che internalizza
l‘insulina legata consentendo la degradazione intracellulare.
Regolazione della glicemia a digiuno:
in condizioni di digiuno la glicemia tende a scendere abbiamo quindi
- la riduzione della liberazione di insulina:ne rimane pero‘ una secrezione basele che regola la
produzione epatica di glucosio bloccando l‘iperglicemia a digiuno
-l‘aumento della liberazione di glucagone e degli altri iperglicemizzanti che attivano la
gluconeogenesi e la glicogenolisi a livello epatico.
Classificazione eziologica:il diabete mellito comprende un gruppo di piu‘ di 50 patologie diverse
che possono essere suddivise in vari gruppi:
1. Forme legate a tratti complessi(piu‘ fattori genetici e non genetici concorrono alla formazione
della malattia)anche detto PRIMITIVO:
sono le piu‘ diffuse e sono:
-diabete mellito di tipo 1:che a sua volta si divide in tipo1 a(distruzione autoimmune delle cellule
beta)e tipo 1b(distruzione idiopatica delle cellule beta)
-diabete mellito di tipo 2: insulino-resistenza associata ad un deficit relativo o assoluto d‘insulina.
2. Forme legate a Patologia monogenica:la mutazioni monogeniche in quanto mutazioni a carico di
un solo allele e‘ sufficente a creare il diabete determinando deficit nelle cellule beta(vedi tabella
sopra)
3. Forme legate a Disturbi del pancreas che generano distruzione delle beta cellule
come:pancreatiti,trauma pancreatectomia,fibrosi cistica,talassemia,emocromatosi,pancreatopatia
fibrocalculosa,neoplasia ecc
4. Forme legate a infezione:come rosolia congenita,citomegalovirus e altri
5. Forme legate a farmaci o a sostanze chimiche:vacor(veleno per ratti)e pentamidina(farmaco
antiprotozoario) inducono malfunzionamento e/o distruzione delle cellule beta mentre antiinfiammatori steroidei aggravano l‘insulina resistenza.I diuretici tiazidici inducono entrambe le
risposte
6. Forme legate ad endocrinopatie:che determinano eccessiva liberazione degli ormoni
iperglicemizzanti
7. Forme rare:associate a liberazione di anticorpi bloccanti o a patologie genetiche come la
sindrome di down
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8. Diabete gestazionale:puo‘ aver conseguenze sullo sviluppo fetale e post-natale causando
macrosomia fetale,ipoglicemia,ittero,policitemia,ipocalcemia,ipomagnesiemia,aumento del
rischio della sindrome da distress per incompleta maturazione dei polmoni.
E‘ generalemente frequente in1-14%delle gestazioni e generalmente regredisce dopo il parto
anche se il rischio di diabete in queste donne aumenta del 70%.
Il diabete di tipo 1 e di tipo 2 sono le due forme di diabete piu‘ diffuse e appartengono al gruppo
delle patologie a tratti complessi perche‘ numerosi fattori ereditari e ambientali contribuiscono alla
loro patogenesi.
Oltre a fattori che aumentano il rischio abbiamo anche fattori che giocano un ruolo protettivo per
questo nei tratti complessi e‘ estremamente difficile tracciare un tratto preciso del rischio
individuale contando soprattutto che molti fattori sono ancora sconosciuti.
Diabete mellito di tipo 1:
caratterizzato da una carenza grave o assoluta di insulina,quale risultato della distruzione
progressiva delle cellule beta in individui predisposti.
Esistono due forme di diabete di tipo 1 ;una forma autoimmune definita 1 a e una forma idiopatica
definita 1b(non presenta segni di autoimmunita‘;molto rara).
Aspetti caratteristici:
-insorgenza giovanile
-esordio acuto
-patogenesi autoimmune
-insulina endogena
-C-peptide indosabile
A livello sintomatico perdita di peso,poliuria,polidipsia,associati a livelli di glucosio plasmatico,
chetoni e varie forme di anticorpi anti-insulina nel plasma in un giovane suggeriscono la diagnosi di
diabete di tipo 1.
Epidemiologia:
presenta maggior incidenza nelle fascie di eta‘ tra 7-8 anni e tra 13-15 anni.
L‘incidenza presenta notevole variabilita‘ geografica
Stagionalita‘:maggior incidenza nei periodi freddi dell‘anno.
Fisiopatologia:la carenza assoluta di insulina fa si che vengano inibiti i processi anabolici quali la
sintesi dei depositi di trigliceridi nel tessuto adiposo e di glicogeno nel fegato e nel tessuto
muscolare mentre vengono favoriti i procssi catabolici quali la glicogenolisi,la lipolisi e la proteolisi
con conseguente dimagrimento degli individui e aumento della chetoacidosi che puo‘ portare a
morte.
Dopo il pasto avremo iperglicemia dovuta all‘inibizione dell‘effetto tampone di tessuto muscolare e
adiposo e alla mancata sopressione dell‘attivita‘ di gluconeogenesi e glicolisi del fegato.
A digiuno inoltre l‘assenza di insulina,che prodotta in condizioni basali regolava comunque l‘azione
epatica,genera iperglicemia da eccessiva glicogenolisi e gluconeogenesi.
Fattori eziologici:
 Fattori genetici:
l‘analisi del DNA ha dimostrato il coinvolgimento di oltre 20 geni.tra questi un ruolo
primario e‘ stato dato al MHC(sistema maggiore di istocompatibilita‘),che nell‘uomo viene
detto HLA ,e in particolare al HLA di classe2.
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In particolare il 90-95%degli individui affetti presenta HLA-DR3 e/o HLA-DR4(la presenza
di uno solo di questi alleli aumenta il del 5%la probabilita‘ di sviluppare la malattia).la
patologia e‘ associata anche alla presenza di HLA-DQ,associata in linkage disequilibrium
con HLA-DR.
Oltre ai geni di HLA,la cui associazione conferisce maggiore o minore suscettibilita‘ alla
malattia,le indagini genetiche hanno identificato altri loci in grado di aumentare il rischio di
diabete:
-VNTR:gene dell‘insulina
-CTL-4:recettore inibitore della proliferazione dei linfociti T
-PTPN22:codifica la proteina LYP che modula la trasduzione del segnale delle T cell.
 Fattori ambientali:agiscono sulla base della suscettibilita‘ genetica fungendo da eventi
scatenanti.
-allattamento materno breve o precoce assunzione di latte vaccino che genera reazioni
immunologiche contro l‘albumina bovina
-infezioni
da
coxackieB4,rosolia,morbillo,parotite,varicella,mononucleosi
infettiva,rotaviru,possono portareattivazione del sitema immunitario o per danno tissutale e
rilascio di antigeni normalemente sequestrati o per mimetismo molecolare.
Patogenesi:
inizialmente un‘evento scatenante innesca reazioni autoimmunitarie verso le cellule beta,
evidenziabile solo dalla presenza di autoanticorpi nel siero (che puo‘ comparire anni prima dalla
comparsa della malattia=campanelli di allarme)e insulite.
Questa fase prosegue fino a quando viene distrutto l‘80%delle cellule beta e il diabete diventa
clinicamente evidente.
Le lesioni sono dovute sia a un processo cellulare che coinvolge CD4⁺e CD8⁺ che ad un processo
flogistico mediato da citochine pro-infiammatorie,enzimi lisosomiali,ossido nitrico e intermedi
reattivi dell‘ossigeno rilasciati dai macrofagi.
In particolare l‘INF-γ induce l‘attivazione dei macrofagi ma anche l‘espressione di molecole MHC
di classe II da parte delle cellule Beta rendendole APC.
Gli antigeni self che vengono riconosciuti sono l‘acido glutammico decarbossilasi ,l‘insulina e la
proinsulina.
La rottura della tolleranza puo‘ dipendere da :
-una potenziata interazione del complesso MHC/antigene-insulare con il recettore TCR di linfociti
T autoreattivi favorita da disfunzioni dei meccanismi di controllo delle molecole co-stimolatorie
come B7-1,B7-2 e CTLA-4.
- mimetismo molecolare:antigeni virali simili ad antigeni self
-effetto bystander.
Diabete mellito di tipo 2:iperglicemia correlata a insulino resistenza a cui segue deficit relativo o
assoluto(generalemente inizia come relativo ma si aggrava) nella secrezione insulinica.il deficit
della produzione