14 Maggio 2016 / 10.00 – 13.00
FABBRICA DEL VAPORE
I LUOGHI DELLA CULTURA
#1 identità culturale e trasformazione cittadina
Carlo Cellamare, docente dell’università di Roma, apre l’incontro partendo dall’analisi dell’evoluzione delle
città, della relazione tra la cultura e tali trasformazioni, prendendo ad esempio la città di Roma.
Proprio a partire dalla capitale, il primo dato da osservare è il suo cambiamento urbanistico: sviluppo di nuove
centralità, come i centri commerciali, accanto a grandi infrastrutture quali autostrade e raccordo anulare. La
maggior parte dello sviluppo urbano è da contemplarsi fuori dalla città, la maggioranza della popolazione vive a
60 km dal centro. E’ necessario poi tenere conto del fatto che 16,5 milioni di persone all'anno visitano la città.
Ricerche nazionali sugli sviluppi delle città metropolitane fanno emergere:
- Delocalizzazione della vita, le persone abitano spazi diversi.
- Frammentazione della vita, soprattutto dei tempi della giornata.
- Cambiamento delle forme di socialità: la città come nucleo unico si sta disintegrando e si diffondono
forme urbane che non “originano” città, come una città all’interno della città.
- Fenomeno della gentrificazione1 con conseguente maggior inclusione delle periferie perché se negli
anni ’70 la periferia andava verso il centro, adesso è il centro che va fuori, si rompe lo schema centroperiferia, dove la periferia non è più concepita come un luogo povero, considerando che la maggior
parte della popolazione cittadina non abita più il centro.
- “Mercificazione della città”, dello sviluppo edilizio e della ricchezza dai fenomeni della socializzazione;
- Aumento dei prezzi in centro storico e conseguente svuotamento abitativo, in questo senso Roma sta
cercando di arginare il processo di museificazione del centro, ma la tendenza sarà quella.
- Aumento di processi di riappropriazione della città e della sua valorizzazione: luoghi abbandonati
vengono riabitati, un po’ anche a far emergere una certa dignità della periferia.
Si tratta di spazi industriali recuperati, orti urbani, edifici ferroviari dismessi a cui si dà nuova identità
come luoghi di servizi di quartiere: scuole di danza, musica, … .
A Roma la periferia è un luogo di rivoluzione culturale: si pensi, ad esempio al film di Gabriele Mainetti del
2015, Lo chiamavano Jeeg Robot, ambientato a Tor Bella Monaca, dove emerge la periferia come luogo di
reazione culturale, nonostante i conflitti evidenti. Altro esempio di spinta culturale in relazione con il territorio
è la street art, un esempio romano è San Basilio Tiburtina, piazza di spaccio, dove alcuni artisti hanno
realizzato alcune opere. Questo primo rilancio del quartiere ha invogliato gli abitanti a organizzare una festa e
ha attirato altri artisti di fama internazionale come Blu2 che ha realizzato un’opera che trasmetteva una lettura
1
In sociologia il termine gentrificazione (adattamento della parola inglese gentrification, derivante da gentry, ossia la
piccola nobiltà inglese e in seguito la borghesia o classe media), indica l'insieme dei cambiamenti urbanistici e socioculturali di un'area urbana, tradizionalmente popolare o abitata dalla classe operaia, risultanti dall'acquisto di immobili da
parte di popolazione benestante.
2
Blu, artista italiano, originario di Senigallia, attivo sotto pseudonimo, nel 2011 Il Guardian l'ha segnalato come uno dei
dieci migliori street artist in circolazione.
1
ironica del quartiere3 regalando un’immagine nella quale gli abitanti della zona di sono sempre riconosciuti.
The Globe, di Agostino Iacurci, Via Recanati, Roma
Murale di Blu a San Basilio nell’aprile del 2015, dedicato a Fabrizio Ceruso, un ragazzo ucciso dalla polizia durante gli sgomberi delle
palazzine occupate l’8 settembre 1974
Tra le realtà interessanti, nate sull’onda di un cambiamento della città bisogna certamente citare quella del
Teatro Valle4, del cinema Amelia5 a Trastevere e di Metropoliz6 e non tralasciare l’interessante percorso
3
L’amministrazione locale è intervenuta cancellando la parte dell’opera che ritraeva i poliziotti.
4
Il Teatro Valle è stato occupato il 14 giugno 2011, dopo la chiusura dell'ETI, da un gruppo di lavoratori dello spettacolo,
attivisti e liberi cittadini per protesta affinché lo stabile venga mantenuto pubblico attraverso partecipazione popolare e
gestito con criteri di trasparenza. Nei tre anni di autogestione, gli occupanti hanno elaborato nuove proposte di gestione
2
culturale che ha portato alla costruzione di uno spazio espositivo come il Magma Museo7.
Da questi pochi esempi possiamo dire che sono diversi i modi di pensare la città, spesso i luoghi periferici e
abbandonati sono luoghi di presidio dove si svolgono attività direttamente prodotte dal territorio circostante
dove è evidente il forte legame tra luoghi di produzione culturale e il territorio e i territori che producono
cultura dando valore a luoghi rappresentativi, di presidio appunto.
La riflessione di Francesca Serrazanetti, architetto e docente del Politecnico di Milano e giornalista di
Stratagemmi, parte dal pubblico e dal suo processo di trasformazione. Il pubblico vuole essere partecipe del
processo di produzione culturale. Si parte da un dato importante: l'80% degli italiani non va a teatro. Altro dato
da cui iniziare la discussione riguarda le dinamiche nuove che stanno nascendo a Milano, dove la creazione di
nuovi spazi e la rivalutazione di luoghi abbandonati pongono il problema della gestione degli stessi. Da una
parte quindi una scarsa affluenza, dall’altra la nascita di spazi diversi, di difficile gestione, che assecondano le
richieste del pubblico.
Per cercare soluzioni Francesca Serrazanetti propone di rivolgere attenzione a pratiche europee esistenti, ad
esempio, l’Olanda ha visto una fioritura di nuovi spazi teatrali tra il 2014 e il 2015, utili a revitalizzare aree
urbane critiche, investendo in cultura. In Spagna fino al 2008 si è investito in grandi architetture attente ai
linguaggi dell’arte (ricerca, circo, cinema, musica, …) per perseguire gli stessi obiettivi.
In Italia abbiamo bisogno di spazi polivalenti che non perseguano soltanto un ruolo ma forniscano anche
servizi, spesso commerciali, che possano sussisterne l'economia e consentirne un'apertura serale. Dal punto di
vista architettonico, a questa situazione, si risponde progettando spazi teatrali con tre livelli:
dei teatri pubblici ma più in generale come ripensare dal basso nuovi modelli di politiche culturali. Gli occupanti hanno
vinto vari premi e cercavano di prendere legittimo possesso del teatro creando una Fondazione apposta, ma questo
tentativo non ha riscontrato risultati positivi. L'occupazione si è conclusa pacificamente l'11 agosto 2014 con la consegna
libera del teatro alle autorità comunali, con la questione della futura gestione ancora aperta. www.teatrovalleoccupato.it.
5
Edificio abbandonato che l’amministrazione voleva trasformare in complesso residenziale, e che è stato occupato da un
coordinamento in sostegno all'acqua come bene pubblico, formato da giovani e studenti, che hanno trasformato il luogo
in spazio culturale. In questa occasione, sebbene l’azione dei giovani fosse illegale e l’amministrazione abbia sgomberato il
posto, tutto il quartiere ha difeso il comitato.
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Il Metropoliz è l’ex salumificio Fiorucci sito in via Prenestina 913 a Roma. Una fabbrica dismessa che si sviluppa su una
vasta area nel quartiere di Tor Sapienza in cui coabitano circa duecento persone provenienti da diverse regioni del mondo:
Perù, Santo Domingo, Marocco, Tunisia, Eritrea, Sudan, Ucraina, Polonia, Romania e Italia. Il luogo è una grande
architettura industriale che fino a pochi anni fa ospitava il ciclo di produzione di affettati e insaccati, oggi trasferitosi a
Pomezia. La fabbrica è stata occupata nel marzo del 2009 dai Blocchi Precari Metropolitani, un’organizzazione che a Roma
opera attivamente per rispondere al problema dell’emergenza abitativa, in collaborazione con Popica Onlus che si occupa
della scolarizzazione dei bambini rom. www.spacemetropoliz.com.
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Il Museo delle arti in ghisa nella Maremma (MAGMA) è un museo situato a Follonica, presso l'area dell'ex comprensorio
Ilva, inaugurato il 29 giugno 2013. Il Museo è stato progettato dagli architetti Barbara Catalani e Marco Del Francia,
realizzato da Asteria con la consulenza dello storico Tiziano Arrigoni e di Claudio Casini e Marica Pizzetti.
3
-
All’interno, la sala;
A livello intermedio, lo spazio di accoglienza pubblico e operatori che lavorano;
A livello esterno; uno spazio per il rapporto con la città.
Negli ultimi decenni il luogo teatrale ha consumato il primo livello per dare maggior spazio al secondo e terzo,
che si sono allargati, guardando a quello che succede “fuori”. È emersa la necessità di avere nuovi servizi
attorno alla sala teatrale, un allargamento degli spazi che cercano una continuità con il luogo dove avviene lo
spettacolo.
Nel rapporto con la città, il teatro ha sempre cercato di rappresentare una dimensione urbana (si pensi ad
esempio alle scenografie che ritraggono paesaggi italiani), la ricerca di questa continuità oggi si manifesta con
una sempre maggiore porosità tra l'ingresso e la strada. Se guardiamo gli esempi di teatri realizzati in Europa
notiamo che sono composti da grandi vetrate che consentono la percezione di ciò che accade all'interno,
sintomo di una volontà di trasparenza, ed una continuità con i materiali dei pavimenti, c’è una ricerca di
identificazione tra il cittadino e lo spazio teatrale. A Liverpool uno studio di architettura ha progettato un teatro
su un edificio esistente, pensando alla struttura a tre livelli di cui sopra, si tratta dell'Everyman & Playhouse
Theatre8. Il coinvolgimento dei cittadini è subito evidente anche solo dalla facciata, realizzata con pannelli
metallici raffiguranti incisioni che rappresentano i cittadini che hanno preso parte alla nascita della struttura.
8
Situated on Hope Street, the new Everyman has won a host of awards regionally, nationally and internationally including
the 2014 RIBA Stirling Prize for architecture and World Architecture News Best Performance Space 2014. But it's so much
more than just a theatre, offering a wide range of opportunities to entertain and host events, meetings, celebrations and
conferences. www.everymanplayhouse.com.
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Il teatro
Sala prove 1 (60 post di capienza e agibilità
di pubblico spettacolo)
Sala riunioni 1
Sala riunioni 2 (utilizzata sia per meeting
che come spazio per catering o party)
Sala riunioni 3
Sala riunioni 4 (per piccolo meeting)
Bar del teatro
Sala prove 2
In Italia, oltre ad un ritardo nella riflessione sull’utilizzo dello spazio teatrale e della sua trasformazione in linea
con le esigenze del pubblico e degli operatori, che non significa necessariamente perdita di ruolo e di identità
5
rispetto alla propria mission culturale, c’è un grosso problema relativo alla tutela degli edifici. Sarebbe
necessario pertanto attivare un dialogo concreto tra chi lavora in teatro e gli operatori dell'architettura.
Francesca Serrazanetti e Carlo Cellamare sono concordi nel dire che le amministrazioni locali, in Italia, sono in
difficoltà, non prendono decisioni adeguate, dovrebbero avere un ruolo abilitante, fare interventi più
integrativi, dare sostegno e supporto. Si porta ad esempio, l’esperienza del Teatro Valle, dove
l'amministrazione ha perso l'occasione di integrare questa esperienza nel tessuto cittadino.
L’attuale momento storico vede da una parte spazi con forti investimenti istituzionali che, nella migliore delle
ipotesi, sono diventati politeatri o multisala, e dall’altra creazione o rivalutazione di spazi “dal basso”. Si è
creato un contrasto tra i due e non c’è dialogo, come se il teatro istituzionale vedesse l'altro di secondo livello,
certamente non sempre in queste operazioni c'è valore culturale e distributivo, ma la componente emergente
del settore culturale/teatrale vuole essere riconosciuta perchè spesso il suo è un vero processo di condivisione
che molte volte il teatro istituzionale non fa.
È vincente attivare sinergia tra utenze e proposte artistiche differenziate senza aver paura di perdere la propria
identità nella collaborazione con altri soggetti (istituzionali in un caso ed emergenti nell’altro) perché è
necessario ripensare i teatri e i luoghi di cultura per il non pubblico teatrale.
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14 Maggio 2016 / 14.00 – 16.00
FABBRICA DEL VAPORE
I LUOGHI DELLA CULTURA
#2 evoluzione degli spazi ed innovazione sociale
Marianna D'Ovidio, sociologa dell’Università di Bari, introduce il tema partendo da un discorso generale sulla
trasformazione della città e sul ruolo che le produzioni dal basso possono avere nel territorio cittadino. Lo
spazio pubblico è interessante da osservare tenendolo presente come fosse la sfera pubblica della massa
societaria. Lo spazio pubblico è sia luogo pubblico che sfera pubblica, ha un’ampia accezione, fisicità e
materializzazione della sfera pubblica nello spazio pubblico. Lo spazio pubblico è anche luogo di contesa,
scontro e incontro tra autorità e cittadini (si pensi che molte delle regole della società sono regole fissate per la
nostra azione nello spazio pubblico, come ad esempio il permesso per manifestare).
Doppia essenza dello spazio pubblico: luogo del pubblico e luogo del controllo. Nello spazio pubblico avviene
una relazione fondamentale per la produzione culturale: incontro con persone diverse da noi. George Simmel9
sosteneva che la “relazione tra città e cultura è lo specchio della città moderna ipertrofica”, noi non possiamo
conoscere tutta la produzione culturale di oggi, perché c’è una sovrabbondanza. Il cittadino della città moderna
può incontrare lo straniero, nello spazio pubblico. In poche parole, si può dire che la città di oggi è lo specchio
della città contemporanea.
Lo spazio urbano si modifica e segue gli schemi propri della città, che anch’essa si modifica. Che ne è dello
spazio pubblico nella città contemporanea? Lo Spazio pubblico sta scomparendo: ad esempio la zona Bicocca a
Milano è di proprietà del Qatar, il suolo è privato e l’uso è pubblico.
Lo spazio pubblico si sta sempre più erodendo e mantiene il suo essere solo quando ci dà la possibilità di
consumare, abbiamo la possibilità di starci solo in qualità di consumatori. Le conseguenze sono profonde in
termini di disintegrazione, e mettono in crisi il modello di città basato sullo spazio pubblico e sull'incontro. Si
9
Georg Simmel (Berlino, 1 marzo 1858 – Strasburgo, 28 settembre 1918) è stato un filosofo e sociologo tedesco.
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nota una tendenza sempre più forte alla privatizzazione e monetizzazione dello spazio dove la “pacificazione”
avviene è attraverso il cappuccino10 venduto in un parco di New York, fino a quel momento luogo di spaccio e
degrado completamente risanato da un processo di monetarizzazione del luogo. Se osserviamo questo tipo di
trasformazione notiamo come il consumo attraverso il denaro sia la soluzione usata per risanare un luogo.
La seconda questione trattata dalla dott.ssa D’Ovidio riguarda la competizione tra le città e la città creativa.
Fulcro dello sviluppo locale non è più fornire infrastrutture ai cittadini ma l'azione politica è portata ad aprire
luoghi culturali e di riqualificazione urbana, volti ad un abbellimento dei quartieri. Gli effetti sul budget
cittadino, sono da riscontrarsi in un maggior investimento in musei ed eventi anziché in asili e ospedali, ad
esempio. L’operazione è fatta per inserirsi in una competizione internazionale, nella dimensione dei cittadini
abbienti. La città "creativa" è stata la città neoliberale "creativa" dove la cultura veniva considerata solo se
funzionale allo sviluppo economico: cultura che deve vendere -Anche in quest’ottica si privilegiano i grandi
eventi. Quando la cultura crea consumo diventa remunerativa per la città. Per creare consumo si tende alla
diversificazione massima dell’offerta. In tale dimensione la diversità è accettata solo quando crea consumo, ad
esempio gli stranieri sono accettati solo se consumatori. A questo punto bisogna chiedersi se vogliamo davvero
la città creativa? Significa: esclusione della cultura antagonista, gentrification, precarietà. Come reagisce la
società? Si riscontra un aumento delle pratiche di innovazione sociale: processo politico che dà una risposta ad
esigenze sociali, quando stato e mercato non sono in grado di rispondere, soddisfazione dei bisogni attraverso
un processo di empowerment e incremento dello spazio pubblico.
Emergono tante nuove pratiche tra cui l'innovazione culturale e cioè l’attivazione dal basso di produzioni locali,
biblioteche di quartiere, pensieri alternativi, … . Queste pratiche, innovative e dal basso, non sono esperienze di
volontariato, stanno dentro al mercato ma non necessariamente rispondono alla logica della
strumentalizzazione della cultura tout court. L’innovazione culturale è una particolare forma di innovazione
sociale che risponde a bisogni, problemi, istanze tipiche della cosiddetta città creativa.
In che modo l'innovazione culturale, come espressione di innovazione sociale, si può inserire nella “città
creativa” e rappresentare una risposta ad essa?
1. Attraverso la capacità di produrre relazioni sociali “liberate” dai gruppi sociali dominanti l’individuo
10
Il riferimento è a Starbucks.
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trova la sua dimensione e con la forza che gli è propria aggrega masse di consenso impensabili e noneterodirette capace di bypassare i trend proposti.
2. Il modello di produzione flessibile lascia aperti spazi per recepire i contributi di cittadini e lavoratori,
perché questo risulta essere un modo estremamente efficiente di generare innovazione.
3. L’auto-sostentamento, se pur visto da alcuni come stato di debolezza, si è verificato in più occasioni
come modello flessibile capace di superare la cronica debolezza dello stato e la conseguente erosione
dello spazio pubblico
Kate Zligave di Trans Europe Hall11 interviene illustrando l’attività della rete che racchiude più di sessanta centri
in tutta Europa, che hanno utilizzato spazi pubblici in disuso restaurandoli direttamente o indirettamente e
progettando dei processi di integrazione tra artisti e territori. In particolare Kate racconta la propria esperienza
di operatrice culturale proveniente dai Paesi Scandinavi, dove le politiche sono fortemente orientate all’ambito
sociale più che artistico. Grazie alla rete TEC e alla tenacia di NOASS, che dirige, si è riusciti a cambiare le policy
locali facendo comprendere come l’arte e gli spazi relativi siano luoghi che promuovono l'inclusione sociale.
I paesi Baltici hanno risentito a luogo dell’influenza della cultura russa, il che ha creato uno sviluppo anomalo
rispetto ai paesi occidentali dove i termini consumo sono orami associati alla cultura. La cultura ha un valore di
per sè. Entrando nel circuito delle città europee anche a loro è stato chiesto di guardare di più allo sviluppo
urbano e sociale e si stanno ora misurando con i cambiamenti già ampiamento in atto nelle nostre città.
NOASS arts center riga. Residenza per artisti
Gabriele Boccaccini di Stalker12 racconta che alla loro realtà viene chiesto di porsi problemi relativamente
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Network nato anni fa mette in rete una serie di spazi pubblici e privati che hanno una funzione importante. In Italia ne
fanno parte Interzona a Verona e Manifatture Knos a Lecce. Rete che si occupa di supportare realtà indipendenti dove è
forte il lavoro di sviluppo cittadino attraverso l’utilizzo di pratiche artistiche e produzioni culturali. www.teh.net.
12
La Compagnia Stalker Teatro è attiva professionalmente dagli anni '70 nel campo del teatro d'innovazione ed è
riconosciuta dal Dipartimento dello Spettacolo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali; sviluppa la propria ricerca
nel rapporto tra teatro e arti visive, producendo spettacoli ed eventi performativi partecipati, con una forte vocazione
sociale, che spesso prevedono il coinvolgimento diretto degli spettatori. Gli spazi di cui si parla sono quelli delle Officine
Caos: un grande spazio teatrale polivalente dedicato alla produzione artistica con gli abitanti del territorio. Sale di lavoro
per l’educazione, per la formazione e per la ricerca teatrale. Un programma anche di ospitalità: festival, rassegne di
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all’utilizzo degli spazi e alle esigenze che soddisfano. Al momento si tratta di luoghi deputati al consumo, sono
centri accessibili che rispondono a diverse esigenze, dove la figura dell’artista e lo strumento dell’arte per
veicolare messaggi, diventa quasi secondario. È quindi in atto una revisione del ruolo dell’artista e
dell’operatore culturale che deve essere un mediatore verso qualcosa che non è evidente, trattato, tangibile.
Gabriele Boccaccini continua raccontando le diverse esperienze che la Compagnia ha fatto in quarant’anni di
vita: spazi fisici spazi psicologici e spazi sociali sono diventati un tutt'uno per la compagnia perché deve
coincidere in modo forte l’identità tra luogo teatrale ed edificio teatrale, senza “piegarsi” ai dettami della
scienza attuale che vuole agevolare l’accessibilità al pubblico. Mantenere l'identità dell'artista che non deve
pensare a se stesso ma deve arrivare gli altri.
Lo spazio che hanno preso in gestione, Officine Caos, è uno spazio nato sotto ad una chiesa, polifunzionale
dedicato alle arti performative, dimenticato dalla città in un quartiere ai limiti. In tale spazio i progetti creati
hanno da sempre cercato inclusione dei cittadini, coinvolgimento degli abitanti del territorio nella produzione
degli spettacoli. Per integrarsi ancor di più con il territorio Officine Caos è entrato in una rete torinese che si
chiama Case di Quartiere volta a sviluppare iniziative ad opera dei cittadini.
Marco Zanini racconta del suo progetto Va’Rese13: il lavoro è partito da una suggestione di George Perec14 nel
testo "interrogare l'abituale"15 che ha messo in chiaro il desiderio di far emergere alcuni luoghi della città, che
spettacoli di teatro e di tutte le forme artistiche performative, di giovani formazioni e di compagnie di interesse nazionale
ed internazionale, nel campo dell’innovazione dei linguaggi artistici. Un centro stabile di aggregazione culturale per tutti gli
abitanti del territorio, con particolare attenzione alle problematiche del disagio e dell’integrazione sociale.
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Collettivo di artisti, musicisti, urbanisti. www.varesemicrovalorizzazione.wordpress.com
14
Georges Perec (Parigi, 7 marzo 1936 – Ivry-sur-Seine, 3 marzo 1982) è stato uno scrittore francese, membro dell'OuLiPo,
le cui opere sono basate sull'utilizzo di limitazioni formali, letterarie o matematiche.
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“Interrogare l’abituale. Ma per l’appunto ci siamo abituati. Non lo interroghiamo, non ci interroga, non ci sembra
costituire un problema, lo viviamo senza pensarci, come se non contenesse né domande né risposte, come se non
trasportasse nessuna informazione. Non è neanche più un condizionamento, è l’anestesia. Dormiamo la nostra vita di un
sonno senza sogni. Ma dov’è la nostra vita? Dov’è il nostro corpo? Dov’è il nostro spazio? Come parlare di queste “cose
comuni”, o meglio, come braccarle, come stanarle, come liberarle dalle scorie nelle quali restano invischiate; come dar loro
un senso, una lingua: che possano finalmente parlare di quello che è, di quel che siamo. Forse si tratta di fondare
finalmente la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà a cercare dentro di noi quello che abbiamo
rubato così a lungo agli altri. Non più l’esotico, ma l’endotico. Interrogare quello che ci sembra talmente evidente da
averne dimenticata l’origine. Ritrovare qualcosa dello stupore che potevano provare Jules Verne o i suoi lettori di fronte a
un apparecchio capace di riprodurre e trasportare i suoni. Perché è esistito, questo stupore, e con esso, migliaia di altri, che
ci hanno plasmato. Ciò che dobbiamo interrogare, sono i mattoni, il cemento, il vetro, le nostre maniere a tavola, i nostri
utensili, i nostri strumenti, i nostri orari, i nostri ritmi. Interrogare ciò che sembra aver smesso per sempre di stupirci.
Viviamo, certo, respiriamo, certo; camminiamo, apriamo porte, scendiamo scale, ci sediamo intorno a un tavolo per
mangiare, ci corichiamo in un letto per dormire. Come? Dove? Quando? Perché? Descrivete la vostra strada. Descrivetene
un’altra. Fate il confronto. Fate l’inventario delle vostre tasche, della vostra borsa. Interrogatevi sulla provenienza, l’uso e il
divenire di ogni oggetto che ne estraete. Esaminate i vostri cucchiaini. Cosa c’è sotto la carta da parati? Quanti gesti
occorrono per comporre un numero telefonico? Perché? Perché non si trovano le sigarette in drogheria? Perché no? Poco
10
di fatto sono spazio pubblico, ma che non vengono percepiti dalla collettività come tali. La prima fase del
progetto ha previsto una mappatura dei luoghi, segnalati sulla mappa con bollini, suggeriti dai membri del
collettivo e dalle persone, alle quali è proprio stato chiesto di dare suggestioni in merito a spazi che avrebbero
voluto segnalare. La seconda fase del progetto ha previsto l’attivazione di tali luoghi: eventi (che usufruissero
dello spazio pubblico e privato), visite teatralizzate della città, … .
Il progetto si pone l’obiettivo di ri-mappare tutto sulla base delle immagini che ciascuno ha derivanti dalle
proprie esperienze, così da dare nuovi punti di riferimento ai cittadini? L’obiettivo è volutamente ambizioso e
paradossale, perché vuole lanciare una provocazione: necessità da parte dei cittadini di riappropriarsi della
propria città, necessità dei giovani di “fare tantissimo con pochissimo” ridando significato a quello che c'è.
L’ultimo intervento della giornata è di Sergio Zinna di Spazio Zo di Catania. Sergio Zinna presenta brevemente il
proprio spazio: centro di cultura contemporanea, nato quindici anni fa', dal basso con la collaborazione del
Comune di Catania, si tratta di un’ex fabbrica di zolfo ristrutturata (anche grazie all'intervento di un architetto
inglese), spazio mutante e multiforme che non sottovaluta anche una serie di attività meno ortodosse, più
commerciali (ad esempio il ristorante, bar, …). È anche un centro anche di musica elettronica, spazio molto
complesso, polifunzionale, raccoglie numerosi spettatori con un target diversificato. La sua conformazione è
strategica perché dà la possibilità di lavorare su un pubblico molto ampio.
Spazio Zoo non riceve alcun finanziamento pubblico, uno dei pochi in Italia, perché l’attività è stata ritenuta
addirittura all’avanguardia per le politiche di finanziamento ministeriali. Dopo averlo gestito per quindici anni,
tramite una convenzione con il Comune di Catania, l’amministrazione ha deciso di emettere un bando al quale
l’associazione sta partecipando, che prevede un ampliamento del centro, ed un suo potenziamento, per
coinvolgere più presenze e realtà del territorio. L’obiettivo del prossimo periodo è coinvolgere maggiormente
la fascia giovane di pubblico, cercando di uscire dallo spazio e di fare attività fuori da Zo, come i festival:
Mappefestival16 e Sofarfestival. Nel primo caso viene indagato il territorio dal punto di vista urbanistico,
interessante collegamento con il progetto Va’rese e con una evidente propensione degli operatori culturali ad
ibridare le proprie discipline con quelle dell’architettura e urbanistica.
L’identità artistica e dello spazio ed il rapporto con il pubblico sono i punti fondamentali, ogni spazio e ogni
struttura deve rendere conto del territorio in cui opera.
m’importa che queste domande siano frammentarie, appena indicative di un metodo, al massimo di un progetto. Molto
m’importa, invece, che sembrino triviali e futili: è precisamente questo che le rende altrettanto, se non addirittura più
essenziali, di tante altre attraverso le quali abbiamo tentato invano di afferrare la nostra verità.” Da George Perec, L’infraordinario, Bollati Boringhieri, 1994, traduzione di Roberta Delbono.
16
Mappe è un festival internazionale interdisciplinare sul tema della città, in cui il nucleo urbano diventa luogo di indagine
e fonte di ricchezza culturale. Evidenziando la componente artistica e spettacolare, si stimolano parallelamente riflessioni
e spunti teorici sulla città contemporanea. In ciascuna edizione, una parola-chiave, metafora aperta a interpretazioni
teoriche, funge da filo conduttore a tutti gli eventi previsti. Una parte della manifestazione si svolge in spazi urbani,
tracciando sul corpo della città percorsi itineranti con eventi progettati in situ. Attraverso la realizzazione di eventi
spettacolari, incontri, workshop e produzioni, il festival incentiva un rapporto di scambio con il territorio, tracciando segni
fecondi sul corpo della città. Il festival si tiene nel mese di settembre e si articola in quattro sezioni. La sezione introduttiva
al festival Caminanti, si svolge in spazi urbani mentre le restanti tre sezioni si svolgono all’interno del Centro Zo, casamadre del festival. Mappe è ideato dalla cooperativa Officine e sostenuto dal Comune di Catania.
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Sala Verde: una sala polifunzionale di 300 mq attrezzata con tribuna “telescopica” da 250 posti a sedere, impianto audio, impianto luci e
video per spettacoli dal vivo, proiezioni audiovisive, meetings e convegni
Sala Grigia: Grande 230 mq circa, è la zona dedicata
ai corsi e laboratori e all’attività produttiva relativa
alle arti performative.
Bar/Ristorante
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