Omelia don Luca Passi

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Predica tenuta da Don Luca Passi a Venezia
nella chiesa dei Carmini il 22 marzo 1861
e nella chiesa di S. Nicola da Tolentino l'11 aprile 1862
Maria, nella passione di Gesù Cristo, va considerata secondo le diverse relazioni che ella ha
contratto, nell'incarnazione del Divin Verbo, colle divine persone dell'augustissima Triade,
quelle cioé di Madre, di Figlia, di Sposa.
Madre del divin Verbo, Figlia dell'Eterno Padre. Sposa dello Spirito Santo.
Considerata Maria come Madre, voi la vedrete addoloratissima, come Figlia, rassegnatissima,
come Sposa la ravviserete generosissima.
Addoratissima, deve risvegliare in voi compassione.
Rassegnatissima, impegnare all'imitazione.
Generosissima, eccitare confidenza e gratitudine.
Eccovela nell'odierno mistero.
Una madre che, a piedi del patibolo, ove pende confitto l'unico suo figlio, sta a
contemplarne lo spasimo delle agonie. La più tenera di tutte le madri, il più amabile di tutti i
figli!
Come sommo fu in Maria ed eccedente ogni limite di natural dilezione l'amore verso di Gesú,
sommo altresì, ed eccedente ogni limite di naturale possibilità, esser dovette il dolore da lei
sostenuto nella passione di Gesù Cristo.
Basterebbe sapere che Maria gli era Madre.
Ditelo voi, o madri, se v'abbia al mondo amore che vinca amor di madre.
Confrontiamo l’amore imperfetto dell'altre madri, coll'amore puro vivo inimitabile con cui la
vergine amava il suo Gesù.
Nell'altre madri o per le passioni lor proprie, o per la ingratitudine de figli, quanti ostacoli trova
l’ amore nel suo sfogo.
Era Gesù l'unico frutto delle sue viscere, non dovendo in altri figli il materno affetto dividere in
lui tutt'era posto. In più gli era figlio per verginale generazione, quindi ad altri non
apparteneva che a lei. Per lei, poscia, educato e cresciuto; per lei campato dal furor di Erode
con lei vissuto sin oltre il trentesimo anno in istretta ineffabile unione di mutua benevolenza.
Maria, che, se tanto pativa al solo immaginarsi che dovea il Divin suo Figliuolo un giorno
patire, qual pena non avrà sostenuto il di lei cuore nel vederlo in realtà a soffrire.
Nè questa pena crediate che si differisce agli estremi giorni della vita mortale di Gesù Cristo,
che più volte le convenne beversi a larghi sorsi questo amaro calice, sebbene agli estremi
soltanto riservato fosse il beverlo sino all'ultima feccia.
Che pena per Maria il vedere nascere questo bambino, che ella riconosce come creator del
mondo, in una vile pubblica stalla nel rigor del verno senza poterlo per alcun modo riparare.
Vedere il suo signore a tale stato condotto da non esservi meschino sulla terra da starsene a
suo confronto.
E' appena comparso sul mondo il Salvatore degli uomini, che già sente i peccatori congiurare
contro di lui. E convien che per camparlo dal furor di Erode che lo vuol morto sen vada in terra
straniera e fugga col Figlio in Egitto. E’ presto detto andarsene col figlio in Egitto, ma non così
presto eseguito. Trattasi d'un viaggio di 400 miglia e 200 di queste in orrido deserto quindi
d'un cammino di trenta, e più giornate per vie, come le descrive S. Bonaventura, aspre,
sconosciute, deserte e disabitate.
In qual stagione? Nel cuor dell'inverno.
Una delicata e tenera donzella non avente nè servo, nè ancella in compagnia sol d'un povero
vecchio suo sposo, di che si cibano?. come alloggiano? ove riposano?. Un tozzo di pan duro o
portato da S. Giuseppe ovver accattato per limosina in qualche rustico casolare, ecco il di lei
cibo. O sulla nuda arena od al coperto di qualche albero ecco dove è costretta a prender riposo
per ristorare le illanguidite sue forze, col pericolo d'esser sorpresa ad ogni istante dai
malandrini od assalita dalle fiere di cui troppo abbondano quelle contrade.
Cuori sensibili, che non sapete leggere in un romanzo un disastro avvenuto senza intenerirvi,
deh, pietà vi prenda della Regina de Celi che in si triste situazione vi si presenta.
E la dimora in Egitto fu ella meno cagione per Maria di guai e di pene?
Forestieri com'erano, sconosciuti, senza rendite, senza danari, senza parenti, senza relazioni di
sorta fa supporre che mancasser persin del necessario. E in Egitto si prolungò sino a sette
anni.
E poi sarebbe a dire del dolore per lei sofferto nello smarrimento del figlio in Gerusalemme.
Dolore, che a prima vista può sembrar leggero, ma che, un vero amante di Gesù Cristo, non
può che giudicar gravissimo, e forse tra gli accennati il maggiore. Patì ella è vero pel vaticinio
fattole da Simeone, patì nella fuga in Egitto, ma patì almeno in compagnia di Gesù.
Nell'altre pene, ben ne intendea la cagione e il fine, cioé la redenzione del mondo. In questa
amara separazione la di lei profonda umiltà le fe’ forse credere che divenuta fosse indegna di
più possederlo. E di fatti in niuna altra pena proruppe in lamenti o querele. in questa
dolcemente si lagnò col Figlio, allorché lo rinvenne: Fili quid fecisti nobis sic Pater tuus ed ego
dolentes querebamus te. Parole che non esprimono già un correzione a Gesù Cristo, ma
soltanto il dolore dimostrano gravissimo da lei provato per la lontananza dell'amato suo bene.
Lascio alla pietà vostra immaginare il dolore sostenuto da Maria nel licenziamento che da lei
prese il suo Gesù Cristo allorché, stava per darsi in mano a suoi nemici.
Che se il dolore che afflisse Maria sino a quel punto fu tale da potersi dire che la sua vita fu un
continuo ed un vero non interrotto martirio, pensate sino a qual segno dovette crescere,
quando Gesú prese da essa commiato e sola lasciolla coi suoi pensieri a ragionare di morte.
Ma ahimè una scena ancor più tragica ci si para innanzi; il doloroso incontro di Maria con Gesù.
Povera Madre vedersi innanzi il Figlio carico di catene tra mezzo ad una ciurmaglia che lo
insulta e porta, come in trionfo, gli strumenti di sua passione: chiodi, martelli, funi, scale; tutto
una piaga per la flagellazione, col capo coronato di spine grondar sangue per ogni parte e così
sfinito mirarlo carico (Ah barbarie inaudita) del proprio patibolo.
E non potergli recar conforto! Vederselo cadere dinanzi sotto del carico enorme.
-A me, ella grida, quella croce! ed invece mirare quegli inumani, chi pigliarlo pei capelli, chi
percuoterlo con dei calci perché si levi senza pur torgli di dosso la croce, indi vederlo a forza
spinger innanzi.
Povero cuor di una madre. Ma non per questo si ritira. Lo segue anzi animosa su per l'erta del
calvario par che amor le presti l'ali. Vede tutta bagnata di sangue la via per cui cammina. Si
sente venir meno, ma le fa forza e la spinge innanzi amore. Già arriva alla sommità del monte
già vede quelle cime ondeggianti di popolo. Già uno schiamazzo ascolta come di gente che
tripudia e gode, già i replicati colpi sente de martelli.
Amor però sempre più la trasporta, e gia fende animosa la calca già si fa innanzi, già si trova
d'appresso. Ma, oh Dio, che qui tutto all'intorno è sangue, e rivi scorrono per ogni parte di
sangue, ed essa pure è costretta calpestare, d'orrore tutta compresa, il Sangue.
Oh, Sangue innocente del mio Gesù, ella esclama. Oh mio sangue tradito!
Leva in quel mentre lo sguardo, vede il suo Gesù pendente da un patibolo tra due ladri. E in
tale compassionevole stato che, a pietà, mosso avrebbe le fiere, sentire una moltitudine
frenetica da lui tante volte beneficata prorompere in mille sarcasmi ed ingiurie, rinfacciandogli
persino gli stessi ricevuti benefici.
Vederselo sotto gli occhi agonizzante, bruciar di sete, nè potergli porgere un sorso d'acqua, e
mirare, invece, per insulto, offerirgli dell'aceto. Udirlo querelarsi col padre per doloroso
abbandono ed impotente vedersi di recargli conforto. E mirarlo rivolgere a lei un languido
sguardo, quasi in atto di darle l'ultimo addio e sentirsi con fioca e tremante voce chiamar
Donna, non più madre.
Donna, ecco in Giovanni tuo figlio. Dolorosa sostituzione.
2
E finalmente intravede che il Figlio per dolore più non regge, già socchiude le smorte luci par
che spiri. Che doloroso contrasto per Maria.
Vorrebbe pure che di penare egli finisse, ma come poi soffrir che lui muoia? Vorrebbe che ei
vivesse, ma come poi soffrire che ancor patisca. Le pare ogni tratto che spiri e s'addolora
inconsolabile perché muore. S'avvede che vive ancora e, senza misura s'affanna, perché
languisce. Povera madre, fuvvi mai al mondo dolore al vostro comparabile!
E voi gia la vedete, esclama fuori di sè per la meraviglia il Crisostomo, starsene immota a piè
della croce spettatrice della morte del suo unigenito senza versar una lagrima. E vero ella è
madre di Gesù Cristo e come madre è tra tutte le madri la più tenera, la più amante, più
risente i dolori del figlio che se fosser suoi propri, ma nello stesso tempo ella è anche figlia
ubbidientissima dell’ Eterno Padre.
Quindi essendo volere dell'Eterno che il figliuolo per soddisfare alla divina giustizia si
sottometta ai mali inneffabili di sua passione, deve Maria a sentimenti di Lui, accordare quegli
del suo cuore, malgrado le leggi del sangue e della reclamante natura.
Quindi deve volere ciò che più rifuggiva, e perfin amare ciò che il suo cuor naturalmente
aborre.
Abramo deve sacrificare è vero un figlio che ama. Ma quale ha confronto tra l'amor di Abramo
per Isacco, coll'amor di Maria verso Gesù. Abramo si dispone è vero a sacrificarlo, ma non lo
sacrifica di fatto, quindi non vede né ferite, né sangue, che anzi al tragico sacrificio del figlio
vede sostituito in miglior punto un ariete. Povera madre deve vedersi il suo Gesù rapire di
mano da perfida gente tradurre a tribunali ove è accusato qual empio bestemmiatore di Dio, e
malizioso sovertitor della plebe, flagellato barbaramente ad una colonna, coronato di spine,
percosso e, a iterate grida di popolo, udirlo posporre ad un ladro, e con insani schiamazzi
domandarlo a morte né udir mai tra tanta moltitudine da lui beneficata fin con miracoli, una
parola in sua difesa.
Vederselo inchiodar su d'un patibolo in mezzo a due ladri. Vederselo pendere per ore e ore in
dolorosa agonia insultato dal popolo abbandonato da discepoli derelitto dal Padre. E poi
vederlo chiuder gli occhi chinar il capo e messo uno strido dolorosissimo vederselo morir
innanzi. Fin dopo morte, veder un soldato con una lancia squarciargli il petto, aprirgli il cuore.
E pur mai un lamento mai un sospiro mai una lagrima. O costanza eroica, o rassegnazione
senza esempio. Veramente degna della figlia dell’ Altissimo Eterno Padre.
Eterno Padre se era segnato in Cielo che il Divin vostro figlio dovesse patire e morire per la
redenzione degli uomini perché volerne testimonio la madre perché non permetterle almeno
uno sfogo all'immenso suo dolore. Fratelli questo è un mistero insieme di giustizia e d'amore e
vedrete se le convenga il titolo di Sposa dello Spirito Santo e di corredentrice nostra.
Noi costiam dunque a Maria il sacrificio più doloroso, e ben ne portò tutto il peso quando,
dall'agonizzante divin suo figlio a Lei rivoltosi dandole l'ultimo addio, si sentì chiamar donna
non più madre, e tale udì chiamarsi, come osserva un S. Padre per il sacrificio della di lui vita
che appunto offeriva alla divina giustizia per la nostra redenzione.
Madre SS. noi sentiamo quanto sia stata grande la nostra ingratitudine in offendere il Divin
vostro Figlio, che ha dato la vita per noi, ed insieme offender voi che per nostro amore
volentieri avete sacrificata una vita così preziosa. Ah cara Madre non sianvi per l'avvenire tra
noi di questi ingrati, anzi la nostra gratitudine in cambio, ed il nostro amore in compenso
divengano in qualche guisa all'immenso vostro spasimo sostenuto per nostro amore.
Fa che impariamo da te, che fosti così addolorata nella passione del tuo figliuolo, a spesso
meditarla e addolorarsene; da te che ne tuoi patimenti fosti cosi rassegnata, apprendiamo a
conformarci in tutto a divini voleri.
E finalmente giacché per la redenzione del genere umano, volentieri sacrificando il tuo
unigenito, il glorioso titolo hai meritato di corredentrice, deh, la grazia ci accorda, ti
scongiuriamo che l'opera della nostra redenzione si compia col guidarci da questa valle di
pianto all'eterno riposo ove per sempre canteremo le tue miserazioni.
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Sì, figli del mio dolore - immaginate che ella dica a ciascuno di voi - che, se sapeste quanto
siate costati al mio Cuore, deh, non vogliate dimostrarvi ingrati, o almeno non vogliate
rinnovare il più crudele dei miei dolori, che mi squarciava il cuore ai piè della Croce, qual si era
il pensiero che, dopo l'atroce supplizio del Divin mio Figlio, vi sarebbero state ancora delle
anime così ingrate che avrebbero offeso un Dio di tanta carità e misericordia.
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