Stress abiotici e bilancio ormonale nelle piante coltivate

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Review n. 3 – Italus Hortus 13 (1), 2006: 19-31
Stress abiotici e bilancio ormonale nelle piante coltivate
Paolo Vernieri1*, Antonio Ferrante2, Sergio Mugnai3 e Alberto Pardossi1
1
Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, viale delle Piagge 23, 56124 Pisa
2
Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano, via Celoria 2, 20133 Milano
3
Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università di Firenze, viale delle Idee 30, 50019 Sesto
Fiorentino (FI)
Ricevuto: 12 gennaio 2006; accettato: 30 gennaio 2006
Abiotic stresses and hormonal
balance in crops
Abstract. Abiotic stresses cause extensive losses to
agricultural production worldwide. The most important
abiotic stresses, i.e. those causing main losses of productivity, are induced by water deficiency, high salinity, high or low temperatures and nutrient deficiency.
From a strictly agronomic point of view, however, we
must consider as relevant also other stresses, such
as hypoxia due to waterlogging, excessive concentrations of nutrients or the presence of heavy metals in
the soil, mechanical perturbation due to intense
meteoric events (rain, wind and hail) or to the manipulation to which plants are subjected during cultivation,
post production handling and storage. Particular
stress conditions are those due to the reduced substrate volume (root restriction), and the elevate plant
density, which causes the so-called “shade avoidance
syndrome”. These last two stresses are particularly
important in nursery and in pot plant production.
Plants are able to perceive environmental stimuli and
to adapt to different environments; however, the
degree of tolerance and adaptability to abiotic stresses varies among species and varieties. Plant hormones are involved in the response to environmental
stresses, in many cases acting as chemical messengers and triggering metabolic pathways leading to the
acquisition of stress tolerance. It is now widely accepted that abscisic acid (ABA) plays a major role in the
physiological changes induced by environmental
stresses and endogenous ABA levels significantly
increase in response to many environmental stimuli.
Also other hormones, however, play an important role
in many stress situations. These include ethylene,
whose biosynthesis can be considered as a physiological marker of plant health status, or cytokinins which
mediate many responses of the plant to abiotic stresses, often interacting with abscisic acid, auxins and
ethylene. The present paper is aimed at analyzing the
role of endogenous plant hormones in the plant
response to different environmental stresses. For
each hormone, after a brief description, which also
deals with the basic biochemical aspects, we focused
our attention on particular stress situations pointing
out the possible interactions with other hormones and
*[email protected]
presenting simple physiological models of the mechanism of stress tolerance acquisition.
Key words: drought, growth regulators, hypoxia,
salinity, temperature stress.
Introduzione
In biologia si definisce stress “una pressione di
alcune forze avverse che tende ad inibire il normale
funzionamento di un sistema biologico” (Short
Oxford English Dictionary, 1983). In agricoltura lo
stress abiotico è definito come “una qualunque pressione ambientale in grado di ridurre la produttività
potenziale di una coltura”. In effetti, gli stress ambientali rappresentano il principale fattore limitante per la
produttività agricola. Quando i valori della temperatura, dell’intensità luminosa, della disponibilità d’acqua
e/o degli elementi nutritivi si discostano dai livelli
ottimali si può infatti avere un forte danneggiamento
della coltura fino a provocarne, in casi estremi, la
morte. Molte colture non superano, mediamente, il
20% del potenziale produttivo e, secondo alcune stime
(Boyer, 1982), gli stress di natura abiotica, legati cioè
a fattori ambientali, causano circa il 70% delle perdite
produttive delle colture più importanti (tab. 1).
Gli stress abiotici principali, quelli cioè che provocano i maggiori danni e per i quali si può parlare di un
sistematico lavoro di miglioramento genetico, sono
quelli indotti dalla carenza idrica, dall’elevata salinità
dell’acqua irrigua e/o del terreno, da livelli sub-ottimali o sovra-ottimali della temperatura e dalla carenza
nutritiva. Dal punto di vista strettamente agronomico,
comunque, sono rilevanti anche gli stress legati alle
condizioni di ipossia provocate dall’allagamento prolungato del terreno, all’eccessiva concentrazione nel
terreno di elementi nutritivi o di metalli pesanti, ai
danni meccanici determinati dall’azione di eventi
meteorici particolarmente intensi (pioggia, vento,
grandine, ecc.), oppure dalle manipolazioni cui le
piante intere o parti di esse (es. frutti, fiori, ecc.) sono
19
Vernieri et al.
Tab. 1 - Perdite di produzione (kg/ha) per alcune colture dovute a stress biotici o abiotici.
Tab. 1 - Yield losses (kg/ha) in some important crops as a result of biotic and abiotic stress.
Coltura
Produzione
potenziale*
Produzione
effettiva
Mais
Frumento
Soia
Sorgo
Avena
Orzo
Patata
Barbabietola da zucchero
% (valori medi)
19.300
14.500
7.390
20.000
10.600
11.400
94.100
121.000
-
4.600
1.880
1.610
2.830
1.720
2.050
28.300
42.600
21,6%
Perdite dovute a fattori biotici ed abiotici
Malattie
(patogeni fungini)
Parassiti
(Insetti)
Piante
infestanti
Stress
abiotici
750
336
269
314
465
377
8.000
6.700
4,1%
691
134
67
314
107
108
5.900
6.700
2,6%
511
256
330
423
352
280
875
3.700
2,6%
12.700
11.900
5.120
16.200
7.960
8.590
50.900
61.300
69,1%
*Kg/ ha (da Boyer, 1982).
sottoposte durante la coltivazione o nelle successive
fasi di lavorazione e conservazione post-raccolta.
Infine, particolari condizioni di stress sono quelle
indotte dalla riduzione del volume di terreno o substrato a disposizione (restrizione radicale o r o o t
restriction) e dall’ombreggiamento o, più esattamente,
dall’elevata densità di popolazione che normalmente
caratterizza le colture agrarie e che è responsabile
della cosiddetta “shade avoidance sindrome”. Questi
due tipi di stress assumono una particolare importanza
nelle piante in vivaio, soprattutto nel caso delle colture in vaso.
Molto spesso l’azione di uno stress è combinata a
quella di altri stress (Mittler, 2006), esistono infatti
stress definiti p r i m a r i , s e c o n d a r i o, addirittura
terziari. Ad esempio, nel caso dello stress da freddo,
la causa primaria è sì la bassa temperatura, ma uno dei
primi sintomi è lo squilibrio idrico, che quindi si
instaura come stress secondario. Nel caso delle alte
temperature (stress primario), lo stress idrico compare
come secondario, ma spesso si ha anche un deficit
nutrizionale che, in questo caso, può essere definito
stress terziario. Talvolta, si hanno anche interazioni
importanti tra fattori di stress di origine biotica ed
abiotica. Per rimanere nel campo delle colture in
serra, gli attacchi di botrite sugli steli o di patogeni
agenti di tracheomicosi possono, ad esempio, provocare una situazione di stress idrico (causato dal blocco
del trasporto idrico xilematico) che, in ultima analisi,
provoca la morte della pianta. D’altra parte, valori
molto al di sopra o al contrario al di sotto delle temperature ottimali a livello di terreno o substrato di crescita possono aumentare la suscettibilità delle piante a
patogeni responsabili di gravi marciumi delle radici e
del colletto (Pardossi et al., 1992a).
Le piante sono in grado di percepire gli stimoli
ambientali e di adattarsi ai vari ambienti, tuttavia il
20
grado di adattabilità e di tolleranza ai vari stress
ambientali varia da specie a specie. Il processo di
adattamento agli stress coinvolge gran parte dei processi metabolici delle piante, ma generalmente si considera che un ruolo di rilievo sia giocato dagli ormoni
vegetali e, tra questi, il più importante è sicuramente
l’acido abscissico (ABA). I livelli di questo ormone
aumentano notevolmente in condizioni di stress e le
variazioni nei livelli endogeni di ABA stimolano una
serie di eventi metabolici e fisiologici che portano
all’acquisizione della tolleranza (Xiong et al., 2002).
Comunque, in numerose situazioni di stress giocano
un ruolo primario altri ormoni, come l’etilene, la cui
biosintesi può essere considerata un vero e proprio
indicatore dello stato di salute della pianta, o le citochinine, che mediano molte delle risposte della pianta
agli stress anche attraverso interazioni con l’acido
abscissico e l’etilene.
Il presente lavoro analizza il ruolo svolto dai singoli ormoni nelle varie situazioni di stress; per i vari
ormoni, dopo una breve descrizione generale, comprendente anche gli aspetti di basic biochemistry, è
stata focalizzata l’attenzione su particolari situazioni
di stress, evidenziando anche le possibili interazioni
con altri ormoni e presentando semplici modelli fisiologici.
Acido abscissico
L’acido abscissico è un sesquiterpene a 15 atomi di
carbonio. La sua molecola presenta un carbonio asimmetrico in posizione C1 che dà origine a due isomeri
ottici: S (+) e R (-). Nei vegetali è presente solo l’enantiomero S (+), mentre la forma R (-) costituisce il
50% dell’acido abscissico ottenuto per sintesi chimica
[R,S (±)ABA]. La presenza del doppio legame in
Stress abiotici e bilancio ormonale
posizione 2 dà origine a due forme geometriche diverse: 2, cis-ABA e 2, trans-ABA. Il primo isomero¸
quello che comunemente si indica come acido abscissico, è molto più diffuso nei tessuti vegetali rispetto al
secondo, che possiede un’attività biologica minore.
Il ruolo fisiologico dell’acido abscissico è molto
complesso e la sua azione investe molte delle funzioni
biologiche della pianta. L’ABA, infatti, è coinvolto
nei fenomeni di abscissione, dormienza, germinazione, crescita, geotropismo e nell’adattamento a situazioni di stress (Milborrow, 2001; Xiong e Zhu, 2003).
L’acido abscissico, in particolare, è stato definito
come l’ormone dello stress poiché aumenta la capacità
della pianta di adattarsi a stress di diversa origine,
soprattutto allo stress idrico. In effetti, una grande
quantità di lavori sperimentali sono stati dedicati allo
studio del ruolo dell’ABA nella regolazione dello
stato idrico delle piante.
Lo stress idrico inizia quando la domanda d’acqua
da parte della pianta supera la disponibilità nel suolo.
Il più rapido segnale di stress è di tipo idraulico e
si esplica attraverso cambiamenti della tensione
(Comstock, 2002), che portano a variazioni nel turgore fogliare (Pardossi et al., 1991), nell’apertura stomatica e, in tempi più lunghi, nell’accrescimento delle
foglie e della pianta in toto (Boyer e Silk, 2004).
In aggiunta al segnale idraulico, è stato rilevato un
segnale chimico espresso attraverso la variazione del
pH e della concentrazione di ormoni nella linfa xilematica, che rappresenta un segnale di tipo chimico
responsabile della cosiddetta “comunicazione radicefoglie” (root to shoot communication). Il principale
ormone cui è attribuita la funzione di segnalatore chimico è appunto l’acido abscissico (Davies e Zhang,
1991) e la relazione tra la conduttanza stomatica e i
livelli di ABA nei tessuti fogliari e nella linfa xilematica è ben documentata (Goodger et al., 2005).
Ulteriori conferme dell’importanza del ruolo giocato dall’acido abscissico nel controllo dello stato
idrico della pianta derivano dallo studio dei mutanti
“A B A - d e f i c i e n t”, come vp di mais, a b a d i
Arabidopsis, flacca e sitiens di pomodoro, droopy di
patata, nar2a di orzo e w-1 di Helianthus annuus L.
(Reid, 1993).
Fenotipi con un basso contenuto di ABA endogeno
ed un’insufficiente capacità di sintetizzare l’ormone in
risposta allo stress idrico dimostrano un’eccessiva traspirazione indotta da un incremento di conduttanza
stomatica. In questi mutanti l’appassimento può essere
evitato tramite l’applicazione di ABA esogeno o tramite l’innesto sulle radici di un genotipo normale, cioè
capace di sintetizzare ABA (Fambrini et al., 1995).
L’adattamento allo stress richiede cambiamenti nel
profilo dell’espressione genica (fig. 1). I geni coinvolti nei processi di acclimatamento e di adattamento
sono molto numerosi e la loro espressione è regolata
dalle condizioni di stress (Sharp et al., 2004). Anche
se non tutti i geni sono soggetti a regolazione da parte
dell’acido abscissico, un grosso numero di questi è
controllato dalle variazioni nei livelli endogeni di questo ormone. Recenti studi condotti con l’ausilio di
mutanti hanno dimostrato che dalla percezione dello
stress idrico all’espressione genica possiamo avere
due distinti percorsi: uno coinvolge la produzione di
ABA, mentre l’altro è indipendente dalle variazione
nei livelli dell’ormone (Riera et al., 2005).
Nonostante siano stati condotti numerosi lavori sui
sistemi di percezione e di trasduzione del segnale
nelle piante sottoposte a stress abiotici (Wilkinson e
Fig. 1 - Diagramma del ruolo dell’ABA nella regolazione della
risposta delle piante allo stress idrico.
Fig. 1 - Diagram of the role of ABA in regulating the plant
response to water stress.
21
Vernieri et al.
Davies, 2002; Xiong et al., 2002), non è stata ancora
pienamente chiarita la via metabolica che porta dalla
percezione dello stress all’espressione genica.
Tuttavia, è noto che l’aumento dei livelli endogeni di
ABA può indurre la sintesi di nuove proteine (stress
proteins), come ad esempio le deidrine, con un ruolo
molto importante nella risposta delle piante allo stress
idrico (Giordani et al., 1999).
Una particolare classe di proteine che vengono sintetizzate in risposta allo stress idrico o termico è rappresentata dalle acquaporine.
Si tratta di proteine di membrana caratterizzate
dalla presenza di una particolare sequenza di aminoacidi che forma una sorta di canale attraverso cui passano (più o meno) selettivamente le molecole di acqua
(Luu e Maurel, 2005) che si muovono passivamente
seguendo il gradiente di potenziale idrico. Le acquaporine sembrano in grado di migliorare sensibilmente
le relazioni idriche delle piante in condizioni di stress
(Maurel e Chrispeels, 2001) e in alcuni casi è stato
dimostrato che la loro sintesi è indotta da variazioni
nei livelli di acido abscissico (fig. 2) (Ferrante et al.,
2005).
Un’altra situazione in cui è stato evidenziato un
ruolo chiave per l’acido abscissico è lo stress da freddo, che può derivare da temperature al di sotto del
punto di congelamento dei tessuti (freezing) o da tem-
Fig. 2 - Espressione genica delle acquaporine PIP2-1 e PIP1-3 in
foglie di fagiolo (Phaseolus vulgaris L.) durante l’esposizione a
bassa temperatura (da: Ferrante et al., 2005a).
Fig. 2 - Genic expression of aquaporins PIP2-2 and PIP1-3 in
leaves of bean (Phaseolus vulgaris L.) during the exposure at low
temperature (from: Ferrante et al., 2005a).
22
perature comprese tra 0 e 10 °C (chilling). Il chilling
induce su piante originarie di climi tropicali e subtropicali una serie di danni generalmente raggruppati
sotto il termine “chilling injury”; molte colture diffuse nel nostro paese, soprattutto ortive e ornamentali,
sono soggette a tali danni in caso di coltivazioni precoci in serra fredda o pien’aria.
Uno dei principali effetti del chilling è l’alterazione della struttura delle membrane cellulari, cui si
accompagna un evidente squilibrio idrico (Nishida e
Murata, 1996). Lo stress idrico indotto dal freddo è
causato, da un lato, dal fatto che gli stomi non riescono a chiudersi rapidamente ed a controllare così le
perdite di acqua per traspirazione (Eamus e Wilson,
1983), dall’altro, dalla riduzione dell’assorbimento
radicale e del conseguente trasporto di acqua attraverso lo xilema verso le foglie (Pardossi et al., 1992b). Il
mancato controllo stomatico durante le prime ore di
esposizione al freddo è dovuto all’inibizione della sintesi di ABA da parte della bassa temperatura (Vernieri
et al., 1991). Infatti, a differenza di quanto avviene nel
caso di stress idrico a temperature non limitanti, i
livelli endogeni dell’ormone non aumentano nonostante l’elevato grado di disidratazione. Nelle piante
sensibili al chilling (es. pomodoro e fagiolo) questa
situazione si protrae per un certo periodo (20-30 ore),
durante il quale si assiste ad una progressiva disidratazione; successivamente le piante riescono ad adattarsi,
si reidratano e riacquistano il turgore, anche grazie ad
un recupero della funzionalità idrica della radici.
Questa seconda fase è accompagnata da un aumento
nella sintesi di acido abscissico (Pardossi et al. ,
1992b). Ma qual è il ruolo svolto dall’acido abscissico
in questo processo? Sicuramente l’ABA è coinvolto
nella regolazione del controllo stomatico della traspirazione, mentre evidenze sperimentali indicano che le
modifiche delle proprietà idrauliche delle radici
avvengono indipendentemente dalle variazioni nei
livelli dell’ormone e sembrano addirittura escludere
un segnale di tipo chimico, suggerendo piuttosto l’intervento di un messaggio di tipo fisico (fig. 3)
(Vernieri et al., 2001; Aroca et al., 2003).
Altra situazione di stress in cui il ruolo dell’acido
abscissico appare di rilievo è rappresentata dallo stress
salino. L’elevata salinità causa numerose risposte
fisiologiche che nelle specie sensibili portano ad una
diminuzione della crescita che si traduce in forti riduzioni della produttività. Il primo effetto dell’esposizione dell’apparato radicale ad elevate concentrazioni
saline è uno stress di tipo osmotico, legato al ridotto
potenziale osmotico della soluzione circolante, che si
traduce in uno squilibrio idrico della pianta (Leonardi
Stress abiotici e bilancio ormonale
Fig. 3 - Un modello semplificato del possibile ruolo dell’ABA
nella risposta del fagiolo al freddo (chilling).
Fig. 3 - A simplified model of the possible role of ABA in the
response of bean plants to chilling.
e Martorana, 2005). Il ruolo dell’ABA nella risposta
alla salinità si esplica sia a livello di regolazione del
bilancio idrico, sia a livello di induzione di tolleranza
alla disidratazione cellulare (Zhu, 2001; 2002; Munns,
2002). La regolazione dello stato idrico è legato al
controllo esercitato dagli stomi (Kerstiens et al. ,
2002), mentre per la tolleranza alla disidratazione
appare più importante l’induzione di geni che codificano per la sintesi di particolari proteine (Munns,
2005). Alcuni studi indicano che, in alcuni sistemi
vegetali, elevati livelli di salinità possono avere un’azione tossica che riduce o impedisce la sintesi di ABA
nei tessuti fogliari, favorendo l’accumulo dell’ormone
nei tessuti delle radici (Jia et al., 2002). Alcune proteine sintetizzate in risposta allo stress salino a livello
radicale risultano indotte dall’acido abscissico, mentre
altre sono prodotte indipendentemente dalle variazioni
nei livelli dell’ormone (Chen e Plant, 1999). Studi più
recenti hanno evidenziato come, in risposta a stress
salino, l’ABA sia coinvolto sia nella regolazione della
crescita della pianta che del bilancio idrico, attraverso
meccanismi forse indipendenti (Ruggiero et al., 2004).
Etilene
L’etilene è l’ormone vegetale più semplice (relativamente alla composizione chimica), e si distingue
dagli altri per la sua natura gassosa. Questa sua caratteristica ha mascherato per molti anni il suo effetto
sulle piante. Gli studi sul ruolo fisiologico dell’etilene
nelle diverse fasi di sviluppo delle piante sono stati
effettuati dopo gli anni ’60, quando si sono diffusi i
primi gas-cromatografi (Abels et al., 1992; Wang et
a l., 2002). A partire dal 1901 uno studente russo,
Dimitry Neljubow, scoprì gli effetti dell’etilene su
pisello ma solo circa dieci anni dopo (1910) H.H.
Cousins dimostrò per la prima volta che le piante possono sintetizzare questo ormone. Pochi anni più tardi,
nel 1917, fu scoperto il suo ruolo nell’abscissione
delle foglie (Abeles et al., 1992).
Nel 1934 l’etilene è stato considerato un prodotto
naturale delle piante in grado di influenzarne e modularne molti processi fisiologici durante l’intero ciclo
vitale esplicando il suo effetto a bassissime concentrazioni, nell’ordine delle nanomoli. Nelle piante non ha
un sito preferenziale di biosintesi, ma viene prodotto
da tutti gli organi. Tuttavia, la capacità biosintetica e
la quantità prodotta variano da tessuto a tessuto, da
organo a organo, da pianta a pianta.
La biosintesi è principalmente indotta da stress
biotici e abiotici, per cui spesso è definito ormone
dello stress. Studi fisiologici sull’interazione ormone
e pianta hanno dimostrato che la produttività di una
pianta è inversamente proporzionale alla concentrazione dell’etilene nell’ambiente, generalmente una
forte riduzione è visibile quando la concentrazione
dell’etilene varia da 50-100 nmol mol - 1 di aria
(Klassen e Bugbee, 2004).
La biosintesi di questo ormone è caratterizzata da
tre enzimi chiave che catalizzano reazioni sequenziali.
La formazione dell’etilene ha inizio con la metionina
che viene convertita in S-adenosin-metionina ad opera
di un enzima denominato S-adenosin-metionina sintasi (SAM sintasi). Successivamente, la S-adenosinmetionina è convertita in acido 1-amminociclopropano (ACC) tramite l’1-amminociclopropano sintasi
(ACC sintasi). Infine, l’ultima fase è catalizzata
dall’1-amminociclopropano ossidasi (ACC ossidasi)
che porta alla formazione dell’etilene liberando anidride carbonica e cianide (HCN).
La produzione di etilene può essere facilmente
modulata, data la disponibilità di un’ampia gamma
d’inibitori sia di biosintesi che di azione (Mensuali
Sodi et al., 2005).
Le piante durante la fase di sviluppo e differenziazione sono caratterizzate da una produzione di etilene
elevata, poi diminuisce quando raggiungono la maturità ed aumenta di nuovo durante la senescenza
(Wheeler et al., 2004). Questo andamento può essere
osservato nei diversi organi di una pianta in crescita,
23
Vernieri et al.
come ad esempio lo sviluppo ed apertura di una
gemma a fiore di giglio, oppure durante la crescita di
un’intera pianta. Il picco di etilene, durante la crescita
del grano, è stato osservato nello stadio di rapida crescita quando i tassi di fotosintesi, respirazione e assorbimento degli elementi nutritivi erano massimi
(Wheeler et al., 2004).
È stato osservato che la produzione di etilene
aumenta all’aumentare della temperatura entro determinati intervalli (Field, 1981; Ferrante et al., 2005b),
in condizioni di stress idrico (Morgan e Drew, 1997),
salino (Kamei et al., 2005), meccanico (Morgan et al.,
1993; Biddington e Dearman, 1987) e in presenza di
ozono inquinante (Vahala at al., 1998). Tuttavia, in
alcuni casi, è stata osservata anche una diminuzione
della produzione, come in condizioni di eccessi termici (Field, 1981) e/o a basse temperature (Ferrante et
al., 2002), o in condizioni di prolungata carenza idrica
(Morgan e Drew, 1997).
La carenza di ossigeno a livello radicale può essere
un buon modello fisiologico e biochimico per comprendere la correlazione tra gli stress abiotici e la produzione di etilene. Infatti, in condizioni di asfissia
radicale per eccesso idrico o per compattamento del
suolo le radici aumentano la produzione di etilene. La
prima osservazione è stata determinata in radici e steli
di pomodoro in condizioni di ipossia (Bradford e
Dilley, 1978). In condizioni di carenza di ossigeno
l’ACC non può essere ossidato, ma viene traslocato
nei germogli dove viene rapidamente trasformato in
etilene. Le piante di pomodoro che permangono in
queste condizioni mostrano epinastia e clorosi. Nelle
radici di mais in condizioni di carenza di ossigeno l’etilene attiva un processo di morte cellulare programmato (Programmed Cell Death, PCD) che induce la
formazione di sacche aeree, ossia un tessuto lacunoso
ricco di aria che prende il nome di aerenchima, a livello radicale (fig. 4) (Drew, 1997; Drew et al., 2000).
La lisi cellulare che porta alla formazione dell’aerenchima genera una nuova via di approvvigionamento di
ossigeno, ma nello stesso tempo riduce il numero di
cellule che consumano ossigeno. Infatti, la morte cellulare è proprio a carico delle cellule che in condizioni
di ipossia e/o anossia soccomberebbero. Il ruolo dell’etilene è stato chiaramente dimostrato con l’impiego
d’inibitori dell’azione dell’ormone che bloccano la
formazione di aerenchima nelle radici anche in condizioni d’ipossia. L’azione dell’etilene sembra essere
anche influenzata dalla concentrazione cellulare di
calcio libero. La morte cellulare programmata delle
cellule radicali è tanto più veloce quando maggiore è
la concentrazione di calcio citosolico (Galina et al.,
1995).
24
Fig. 4 - Diagramma del ruolo dell’etilene nell’induzione di tessuto
aerenchimatico in radici di mais in condizioni di ipossia,
attraverso il processo di Programmed Cell Death (PCD).
Fig. 4 - Diagram of the role of ethylene in triggering the
formation of aerenchyma in maize roots under hypoxia through
the Programmed Cell Death (PCD) process.
La risposta fisiologica e biochimica alle condizioni
di anossia e ipossia è molto rapida e la produzione di
etilene può essere di circa 8-15 volte più alta dei livelli normali.
Studi di biologia molecolare hanno evidenziato che
le condizioni di carenza di ossigeno determinano l’attivazione di specifiche ACC sintasi stress-dipendenti
sia in pomodoro che in riso (Zarembinski e Theologis,
1993; Olson et al., 1995). Questi risultati dimostrano
che il fine, ossia la produzione di etilene, non varia,
ma i geni attivati pur codificando per la stessa via biosintetica sono diversi. Questa organizzazione genetica
probabilmente conferisce alla pianta una flessibilità
che la rende in grado di rispondere in modo specifico
ad ogni tipo di stress.
Citochinine ed auxine
Le citochinine sono molecole organiche derivate
dalla adenina, con un sostituto N 6 ramificato a 5 atomi
di carbonio (allungabile dopo coniugazione). Fra le
citochinine, la più diffusa risulta essere la trans-zeatina, ma anche la meno abbondante isopenteniladenina
(iP) è comunque molto attiva. Le citochinine giocano
Stress abiotici e bilancio ormonale
un importante ruolo in gran parte degli aspetti relativi
alla crescita vegetale ed allo sviluppo, includendo fra
questi la divisione cellulare, la relazione sink/source,
lo sviluppo vascolare, la differenziazione dei cloroplasti, la dominanza apicale e la senescenza (Mok e Mok,
1994; 2001). Questi effetti delle citochinine sono
spesso il risultato di interazioni con altri ormoni vegetali e con segnali provenienti dall’esterno: uno dei
primi studi effettuati su questo ormone (Skoog e
Miller, 1957) ha infatti indicato come l’interazione fra
le citochinine e le auxine fosse determinante per la
tipologia di organi rigenerati dal tessuto calloso indifferenziato in vitro. Studi recenti hanno cominciato a
spiegare in maniera più approfondita gli elementi che
intervengono nella catena di segnali legata alle citochinine (Rashotte et al., 2005).
Dei numerosi composti aventi attività auxinica, il
più diffuso nel mondo vegetale è senza dubbio l’acido
indol-3-acetico (IAA). Altre sostanze auxiniche sono
l’acido indol-3-butirrico (IBA) e l’acido 4-cloroindol3-acetico (4-Cl-IAA). La conoscenza riguardante la
risposta delle piante all’applicazione di IAA è senza
dubbio enorme, dato l’elevato numero di studi effettuati a riguardo, mentre è inferiore la conoscenza legata al reale ammontare di IAA nei tessuti vegetali.
Ancor più basso è il numero di informazioni relative
alla regolazione della quantità di IAA nei tessuti e alla
relazione fra l’ammontare di IAA endogeno e risposta
della pianta.
L’azione contemporanea di auxine e citochinine è
stata studiata già da diversi decenni, dal momento in
cui le citochinine sono state identificate per la loro
abilità di stimolare, insieme alle auxine, la divisione
cellulare nelle colture in vitro (Miller et al., 1955;
1956). Il rapporto fra citochinine e auxine è infatti
fondamentale per determinare la tipologia di organi
rigenerati da tessuto calloso indifferenziato in vitro: il
callo posto sul substrato con un elevato rapporto citochinine/auxine produce molti germogli e poche radici
mentre il callo posto in un substrato con un basso rapporto citochinine/auxine al contrario produce principalmente radici (Skoog e Miller, 1957). Da queste
scoperte iniziali, auxine e citochinine hanno dimostrato di poter interagire in numerosi processi fisiologici e
di sviluppo, inclusi la dominanza apicale, il controllo
del ciclo cellulare, l’iniziazione radicale laterale, la
regolazione della senescenza e lo sviluppo dei tessuti
vascolari (Coenen e Lomax, 1997; Swarup et al. ,
2002). L’interazione può essere sinergica, come nel
caso della regolazione del ciclo cellulare, oppure antagonistica, come nel caso della regolazione dei meristemi ascellari gemmari e la formazione di radici laterali. Inizialmente il lavoro effettuato per esaminare
Fig. 5 - Un modello delle interazioni tra etilene e gibberelline
(GA) nella risposta di piante di tabacco esposte a luce con ridotto
R:FR, in grado di provocare la cosiddetta “sindrome da
ombreggiamento” (Shade Avoidance Syndrome, SAS). Da Pierik
et al., 2004; modificato.
Fig. 5 - A model of the interactions between ethylene and
gibberelline (GA) in the response of tobacco plants exposed to
light with reduced R:FR, causing the “Shade Avoidance
Syndrome” (SAS). Modified from Pierik et al., 2004.
l’interazione fra auxine e citochinine utilizzava la
somministrazione di ormoni esogeni o la rimozione di
tessuti che potevano essere sorgente di biosintesi
ormonale. Successivamente gli studi si sono indirizzati verso l’utilizzo di piante transgeniche generate
appositamente per un’iperproduzione di tali ormoni
(Klee, 1994; Davies, 1995). I livelli di auxine e citochinine sono intercorrelati; in molti casi, la modifica
nella quantità di uno ha effetti sulla quantità dell’altro
(Coenen e Lomax, 1997), sebbene l’effetto dipenda
dal tessuto esaminato. Generalmente, elevati livelli di
auxina portano ad un decremento nei livelli di citochinine. Per esempio, l’incremento di auxine endogene
tramite espressione dei geni iaaM e iaaH ha condotto
ad una riduzione dei livelli di citochinine in tabacco
transgenico (Eklof et al., 1997). Le auxine incrementano anche il catabolismo delle citochinine mediante
la stimolazione dell’attività dell’enzima citochinaossidasi (Palni et al., 1988; Zhang et al ., 1995) e riescono rapidamente a sopprimere la biosintesi delle
citochinine (Nordström et al., 2004). Al contrario,
l’effetto delle citochinine sui livelli auxinici appare
maggiormente variabile. In alcuni casi, un incremento
del livello di citochinine conduce ad un aumento nei
livelli di auxina. Per esempio, in piante transgeniche
di Nicotiana glutinosa sovra-scriventi il gene i p t,
codificante l’enzima isopenteniltransferasi, fondamentale per la biosintesi delle citochinine, l’aumento dei
livelli di citochinine conduce ad un incremento nel
contenuto di IAA libero (Binns et al ., 1987).
Applicazioni di citochinine esogene a radici di mais e
Pisum hanno portato ad un incremento dei livelli di
25
Vernieri et al.
IAA (Bourquin e Pilet, 1990; Bertell e Eliasson,
1992). In linea con questa risposta, il decremento del
contenuto di citochinine endogene in A r a b i d o p s i s
mediante la sovra-espressione della citochinina-ossidasi, un enzima che irreversibilmente degrada le citochinine, ha comportato un decremento del livello di
auxine (Werner et al., 2001). Comunque, alcuni studi
hanno anche dimostrato il risultato opposto, ovverosia
che le citochinine hanno un effetto negativo sui livelli
auxinici. Piante di tabacco sovra-esprimenti il gene
agrobatterico ipt avevano sia bassi livelli di IAA che
ridotta sintesi dello stesso (Eklöf et al., 1997). Analisi
recenti usando il gene ipt glucocorticoide-inducibile
hanno dimostrato che livelli elevati di citochinine
endogene in piante transgeniche di Arabidopsis conducono ad una riduzione nel pool di IAA, ma questo
effetto risulta lento: il tasso di biosintesi di IAA
decresceva 24 ore dopo l’aumento di citochinina mentre le dimensioni nel pool di auxina non mostravano
un decremento significativo almeno fino alle 48 ore
successive (Nordström et al., 2004). Gli autori hanno
concluso che le citochinine probabilmente influiscono
sui livelli auxinici attraverso cambiamenti nello sviluppo, piuttosto che attraverso un effetto diretto.
La biosintesi dell’etilene è modulata da vari ormoni vegetali quali le citochinine, le auxine, l’acido
jasmonico, i brassinosteroidi e l’etilene stesso
(Schlagnhaufer et al., 1984; Mattoo e Suttle, 1991;
Woeste et al., 1999a). Numerose interazioni fra questi
ormoni sono state descritte focalizzando l’attenzione
sulla biosintesi dell’etilene, incluso l’effetto sinergico
dell’auxina e delle citochinine. In semenzali eziolati
di Arabidopsis sia le auxine che le citochinine, somministrate separatamente, stimolano la produzione di
etilene, ma trattamenti con entrambi gli ormoni simultaneamente conducono ad una biosintesi notevolmente incrementata (Woeste et al., 1999b). I meccanismi
con i quali le auxine e le citochinine incrementano la
biosintesi di etilene sono stati studiati in dettaglio,
suggerendo un modello per spiegare l’effetto sinergico di questi due ormoni sulla sua produzione. Il trattamento con auxina provoca un rapido accumulo di trascritti da una porzione di geni ACS in vari tessuti,
come l’ipocotile in fagiolo, i frutti in zucchino e
semenzali eziolati di Arabidopsis (Sato e Theologis,
1989; Botella et al., 1992; Abel et al., 1995; Kim et
al., 1997). Inoltre, trattamenti esogeni di IAA in ipocotili di fagiolo aumentano drammaticamente i livelli
di tre geni ACS (ACS1, ACS6 e ACS7), grazie alla
loro attivazione trascrizionale (Yi et al., 1999).
Auxina e citochinine hanno un effetto sinergico sull’incremento dei livelli di trascritti di ACS (Sato e
Theologis, 1989; Yi et al., 1999). Recenti studi sul
26
meccanismo di regolazione della biosintesi di etilene
per mezzo delle citochinine suggeriscono un modello
alternativo per poter spiegare la sinergia fra questi due
ormoni (Woeste et al., 1999a; Chae et al., 2003;
Wang et al., 2004). In questo modello auxina e citochinine incrementano le funzioni dell’ACS attraverso
meccanismi distinti: le auxine aumentano i livelli di
trascritti da parte dei geni ACS e le citochinine stabilizzano la proteina ottenuta.
Le citochinine rivestono un ruolo particolare nel
ritardo della senescenza fogliare (Nooden, 1988; Van
Staden et al., 1988), visto che risulta normalmente
collegata ad un decremento nel contenuto di citochinine nei tessuti fogliari (Buchanan-Wollaston, 1997;
Nooden et al., 1997). Applicazioni esogene di citochinine inibiscono la degradazione della clorofilla e
delle proteine dell’apparato fotosintetico (He e Jin,
1999). La strategia per il ritardo della senescenza
coinvolge l’espressione transgenica del gene i p t
dell’Agrobacterium, che codifica un’isopentenil-transferasi (Robson et al., 2004).
Un decremento del contenuto di citochinine a
livello fogliare e radicale in risposta a condizioni di
stress idrico è stato lungamente osservato
(Pospìšilovà, 2003), sebbene sia difficile poter prevedere la reale variazione nella quantità di ogni specie
citochininica. Ad esempio, la disidratazione in semenzali di grano riduce il contenuto di zeatin-nucleotide e
zeatin-9-N-glucoside, ma il contenuto totale di derivati della zeatina così come il contenuto della base libera di zeatina rimane pressoché costante (Mustafina et
al., 1997; 1998). Uno stress idrico di lieve entità non
ha avuto alcun effetto sulla concentrazione xilematica
di zeatin-riboside (ZR) in girasole, bensì un ridotto
flusso di ZR verso la parte aerea. Uno stress idrico più
severo, invece, può ridurre sia la concentrazione che il
flusso di ZR (Shashidhar, 1996). Comunque, un contenuto maggiore di citochinine è stato osservato in litchi sotto stress idrico da Stern et al. (2003), così come
in semenzali di grano da Vysotskaya et al. (2003)
dopo parziale recisione radicale. Pospìšilovà (2003)
ha focalizzato il proprio studio sull’interazione fra
ABA e citochinine nella regolazione dell’apertura stomatica, il tasso traspiratorio e l’assimilazione fotosintetica. In piante di fagiolo sufficientemente rifornite di
acqua, la benziladenina (BA) fornita alle foglie o
addizionata al substrato insieme con l’ABA ha parzialmente alleviato gli effetti di quest’ultimo. Allo
stesso modo, in barbabietola tutti i parametri di scambi gassosi erano più elevati dopo l’applicazione di
ABA e BA al substrato rispetto alla singola applicazione di ABA. Invece, i valori dei parametri di scambi
gassosi in mais venivano ridotti dalla combinazione di
Stress abiotici e bilancio ormonale
ABA+BA, così come dopo la singola applicazione di
ABA (Pospìšilovà e Bat’kovà, 2004). Quando ABA e
BA venivano applicati simultaneamente, BA riusciva
a ribaltare parzialmente l’effetto dell’ABA sulla chiusura stomatica in fagiolo (Tichà, 2004). L’effetto specie-specifico dell’applicazione di BA è stato anche
riscontrato durante condizioni di stress idrico quando
il contenuto di ABA endogeno incrementava
(Pospìšilovà, 2003; Pospìšilovà e Bat’kovà, 2004). In
piante di tabacco, applicazioni di BA non influivano
sull’incremento di ABA endogeno indotto da stress
idrico (Pospìšilovà et al., 2005), mentre l’accumulo di
ABA indotto da stress veniva inibito da BA in fagiolo
e mais. Pretrattamenti con BA miglioravano gli effetti
dello stress idrico sui parametri di scambi gassosi in
senna, fagiolo e cotone (Singh et al ., 2001;
Pospìšilovà, 2003; Pandey et al., 2003; Pospìšilovà e
Bat’kovà, 2004). Al contrario, la conduttanza stomatica, il tasso traspirativo e la fotosintesi in barbabietola
e mais decrescevano maggiormente durante lo stress
idrico in piante pretrattate con BA rispetto al controllo
o a piante trattate con ABA (Pospìšilovà e Bat’kovà,
2004). Questi esperimenti hanno confermato come
l’interazione fra ABA e citochinine avviene a diversi
livelli. Le citochinine possono operare non solo a
livello delle cellule di guardia alleviando l’effetto
dell’ABA, ma possono anche inibire parzialmente
l’accumulo di ABA indotto dallo stress idrico.
Comunque, i cambiamenti nel contenuto di ABA
fogliare e nel contenuto e composizione delle citochinine, durante lo stress idrico e durante la successiva
reidratazione, così come l’interazione fra ABA e citochinine sono decisamente specie-specifici. Tuttavia
una più rapida modifica da parte della pianta del rapporto ABA/citochinine, in seguito ad esposizione a
deficit idrico, potrebbe determinare una migliore e più
efficiente capacità di adattamento a situazioni di stress
(Pospìšilovà et al., 2005).
Gibberelline
Le gibberelline (GA) sono normalmente classificate sulla base della struttura chimica e denominate con
un numero progressivo (GA1, GA2….) che indica
l’ordine di identificazione delle più di cento GA ritrovate in piante (Angiosperme e Gimnosperme), funghi
e batteri (Sponsel, 1995). L’acido gibberellico GA3 è
stata la prima gibberellina ad essere caratterizzata
strutturalmente. Dal punto di vista chimico, le GA
sono diterpeni costituiti da 19 o 20 atomi di C, raggruppati in 4 o 5 anelli. L’acido mevalonico è il com-
posto di partenza per la biosintesi dei terpenoidi ed è
sintetizzato a partire dall’acetil-CoA. Le GA sono
normalmente produzione nei tessuti giovani, compresi
i semi in germinazione, anche se ci sono evidenze
sulla sintesi in foglie mature.
Le GA attive (GA1, GA4, GA3, GA7, …) sono
coinvolte in molti processi fisiologici in funzione del
tipo di GA, dell’organo e della specie. Ad esempio, le
GA favoriscono l’allungamento degli steli stimolando
sia la divisione che la distensione cellulare; stimolano
la fioritura o la prefioritura in molte piante (soprattutto longidiurne); rompono la dormienza di quei semi
che richiedono, ad esempio, la stratificazione come
trattamento pregerminativo; nelle cariossidi dei cereali
attivano la sintesi dell’enzima alfa-amilasi necessario
alla mobilizzazione delle riserve amilacee; possono
indurre lo sviluppo di frutti partenocarpici in diverse
specie coltivate; rallentano la senescenza delle foglie e
dei frutti (ad es. dei limoni).
Tra i vari ormoni, le GA sembrano quelle meno
coinvolte nella risposta delle piante allo stress o
comunque sono state meno studiate da questo punto
vista rispetto ad altri ormoni, come l’ABA o l’etilene.
Le GA, comunque, hanno un ruolo importante nella
cosiddetta “sindrome da ombreggiamento” (s h a d e
avoidance sindrome, SAS) (Ballaré, 1999), che è scatenata da particolari condizioni di crescita ed ha riflessi importanti sul piano pratico, perlomeno in alcuni
sistemi di coltivazione, soprattutto nel caso della produzione (in serra od in vivaio) delle piante ornamentali in vaso. Per queste ultime, il mercato richiede un
habitus compatto, con internodi corti, ben ramificate e
con foglie spesse e di un colore verde intenso. La SAS,
invece, produce sulle piante effetti del tutto opposti,
stimolando la lunghezza degli internodi e dei piccioli,
riducendo la ramificazione, la colorazione e lo spessore fogliare, talvolta anche anticipando la fioritura o
inducendo l’iponastia (curvatura verso l’alto) delle
foglie.
Molti sono i fattori ambientali e colturali responsabili della cosiddetta “filatura” delle piante in serra od
in vivaio, quali le irrigazioni e le concimazioni abbondanti, l’elevata temperatura e, almeno in serra, l’assenza del vento e della radiazione UV (notoriamente
capace di un’azione ‘brachizzante’). Il fattore più
importante, comunque, è l’elevata densità di coltivazione.
Le piante possiedono un complesso e ancora poco
conosciuto sistema di sensori biologici, grazie al quale
sono in grado di rilevare la presenza delle piante vicine, di valutare in questo modo il rischio legato alla
competizioni per risorse fondamentali (come la luce) e
27
Vernieri et al.
conseguentemente di alterare il proprio sviluppo per
adattarsi all’ambiente circostante. Questa risposta
fisiologica può comportare effetti indesiderati da un
punto di vista agronomico.
All’origine della SAS, infatti, c’è la capacità delle
piante di rilevare le variazioni nella qualità della luce
provocate dalle piante vicine. In una coltura, le piante
si ombreggiano inevitabilmente tra di loro e ciò determina non solo una diminuzione dell’intensità della
luce, ma anche una modifica del suo spettro. Le foglie
assorbono maggiormente il rosso (R; radiazione compresa tra 600 e 700 nm di lunghezza d’onda) rispetto
al rosso lontano (FR; compresa tra 700 e 800 nm di
lunghezza d’onda); conseguentemente, la luce trasmessa o riflessa dalla vegetazione ha un rapporto
R/FR più basso (0,2-0,5) rispetto alla luce diretta
(circa 1,0).
La qualità della luce è rilevata dalle piante per
mezzo di vari sistemi di fotorecezione, legati alla presenza di pigmenti: fitocromo, criptocromo ed un più o
meno ben identificato recettore della luce UV. La
SAS appare regolata soprattutto dal sistema fitocromo
(Ballaré, 1999). Attraverso il fitocromo la pianta riesce così a percepire la presenza delle piante vicine e
ad avviare quei cambiamenti morfofisiologici tipici
della SAS, capaci di aumentare la sua competitività,
ad esempio attraverso una maggiore intercettazione
della radiazione fotosinteticamente attiva.
Le GA sembrano coinvolte nella trasduzione del
segnale a monte della SAS, come dimostrato dall’efficacia dei brachizzanti di sintesi nel contenerne gli
effetti. Infatti, i metodi maggiormente diffusi per il
contenimento della taglia delle piante, non solo nell’ortoflorovivaismo, si basano sul trattamento con
sostanze (es., 2-cloroetil-trimetilammonio, daminozide, flurprimidol, paclobutrazolo, ancimidolo) che
interferiscono con il metabolismo delle GA, inibendone la sintesi oppure accelerandone il catabolismo o la
trasformazione delle forme attive in altre inattive (o
meno attive).
Diversi lavori hanno dimostrato che l’allungamento dello stelo mediato dal fitocromo (Chory e Li,
1997) o stimolato, nelle piante acquatiche come
Rumes palustris e riso, dall’etilene (Rijnders et al.,
1997; Voesenek et al., 2003), dipende da un aumento
dell’attività delle GA, legata ad una maggiore sintesi
e/o sensibilità dei tessuti coinvolti.
Grazie ad una serie di esperimenti con piante di
tabacco normali (wild-type) oppure modificate per la
sensibilità all’etilene (piante Tetr, trasformate con
l’allele mutante etr1-1 da Arabidopsis e per questo
con una S A S attenuata), esposte a luce con alto o
28
basso R:FR e trattate o meno con GA3 esogeno e/o un
inibitore della sintesi di GA (paclobutrazolo), Pierik et
al. (2004) hanno permesso un avanzamento fondamentale nella comprensione della relazione tra etilene
e GA nella SAS mediata dal citocromo. Questi autori
hanno osservato che i due effetti morfologici più evidenti della SAS in tabacco, l’iponastia fogliare e l’allungamento dello stelo e dei piccioli, sono regolati in
modo indipendente, secondo un modello diverso per
quanto riguarda l’interazione tra i due tipi di ormone.
In particolare, come esemplificato dalla figura 5, l’iponastia può verificarsi anche indipendentemente dall’etilene, ma quando questo ormone è coinvolto, è
richiesta anche la sintesi di GA. Invece, l’allungamento di stelo e piccioli richiede sempre una sintesi delle
GA, indipendentemente dal tipo di segnale (etilene o
basso R:FR) che induce la risposta. Infatti, in presenza
di luce a basso R:FR, l’allungamento non si verifica
né nel wild-type né in Tetr, quando le piante sono trattate con paclobutrazolo.
Ad ulteriore dimostrazione del ruolo chiave delle
GA nella SAS, si ricorda che di recente sono stati
ottenuti dei crisantemi transgenici con una ridotta sensibilità alle GA, grazie all’espressione eterologa di un
gene mutante (gai o gibberellic acid insensitive) di
Arabidopsis. Proprio per il gene gai, le piante sono
molto compatte e ne sembra possibile la coltivazione
in vaso senza il ricorso ai tradizionali brachizzanti.
Una nota società americana ha recentemente brevettato questo tipo di sfruttamento del gene gai per lo sviluppo di nuovo varietà di piante ornamentali
(http://www.novaflora.com/height.html).
Linee di ricerca e prospettive
L’attività di ricerca sugli ormoni vegetali è orientata
verso lo studio della percezione e della trasmissione dei
segnali, mediante tecniche di biologia molecolare. La
maggior parte della ricerca di base è effettuata utilizzando mutanti di Arabidopsis o di altre specie che
siano facilmente trasformabili per lo studio della funzionalità dei singoli geni. L’impiego di tecniche di
silenziamento genico stanno permettendo di ottenere in
tempi rapidi importanti informazioni per la modulazione dello sviluppo delle piante ai fini di ottimizzare la
produzione agricola. Tuttavia, la maggior parte degli
studi sugli stress abiotici sono stati finora condotti in
ambiente controllato, in laboratorio o in celle climatiche e per questo non riflettono propriamente le reali
condizioni che si verificano in campo, dove spesso le
situazioni di stress sono molteplici ed interconnesse.
Stress abiotici e bilancio ormonale
Ciò rende spesso assai problematico utilizzare le conoscenze acquisite per l’ottenimento di piante caratterizzate da un elevato grado di tolleranza agli stress in condizioni di campo. Appare quindi importante estendere
la ricerca verso lo studio dei cosiddetti “stress combinati” e del ruolo che il sistema ormonale svolge nei
processi di percezione e trasmissione del segnale sotto
l’azione contemporanea di diversi fattori di stress.
Riassunto
Gli stress abiotici rappresentano una delle principali cause di perdita di produzione per molte colture
agrarie in ogni parte del mondo. Nella risposta delle
piante a gli stress ambientali un ruolo di rilievo è giocato dagli ormoni vegetali, che in molti casi agiscono
come veri e propri messaggeri chimici in grado di attivare i processi metabolici che portano all’instaurarsi
di fenomeni di resistenza o adattamento. Il presente
lavoro si propone di analizzare il ruolo svolto dai singoli ormoni nelle varie situazioni di stress, evidenziando anche le possibili interazioni con altri ormoni e
presentando alcuni semplici modelli fisiologici relativi al meccanismo di acquisizione della tolleranza
delle piante agli stress ambientali.
Parole chiave: fitoregolatori, ipossia, salinità, siccità,
stress termico.
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