Review n. 3 – Italus Hortus 13 (1), 2006: 19-31 Stress abiotici e bilancio ormonale nelle piante coltivate Paolo Vernieri1*, Antonio Ferrante2, Sergio Mugnai3 e Alberto Pardossi1 1 Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, viale delle Piagge 23, 56124 Pisa 2 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano, via Celoria 2, 20133 Milano 3 Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, Università di Firenze, viale delle Idee 30, 50019 Sesto Fiorentino (FI) Ricevuto: 12 gennaio 2006; accettato: 30 gennaio 2006 Abiotic stresses and hormonal balance in crops Abstract. Abiotic stresses cause extensive losses to agricultural production worldwide. The most important abiotic stresses, i.e. those causing main losses of productivity, are induced by water deficiency, high salinity, high or low temperatures and nutrient deficiency. From a strictly agronomic point of view, however, we must consider as relevant also other stresses, such as hypoxia due to waterlogging, excessive concentrations of nutrients or the presence of heavy metals in the soil, mechanical perturbation due to intense meteoric events (rain, wind and hail) or to the manipulation to which plants are subjected during cultivation, post production handling and storage. Particular stress conditions are those due to the reduced substrate volume (root restriction), and the elevate plant density, which causes the so-called “shade avoidance syndrome”. These last two stresses are particularly important in nursery and in pot plant production. Plants are able to perceive environmental stimuli and to adapt to different environments; however, the degree of tolerance and adaptability to abiotic stresses varies among species and varieties. Plant hormones are involved in the response to environmental stresses, in many cases acting as chemical messengers and triggering metabolic pathways leading to the acquisition of stress tolerance. It is now widely accepted that abscisic acid (ABA) plays a major role in the physiological changes induced by environmental stresses and endogenous ABA levels significantly increase in response to many environmental stimuli. Also other hormones, however, play an important role in many stress situations. These include ethylene, whose biosynthesis can be considered as a physiological marker of plant health status, or cytokinins which mediate many responses of the plant to abiotic stresses, often interacting with abscisic acid, auxins and ethylene. The present paper is aimed at analyzing the role of endogenous plant hormones in the plant response to different environmental stresses. For each hormone, after a brief description, which also deals with the basic biochemical aspects, we focused our attention on particular stress situations pointing out the possible interactions with other hormones and *[email protected] presenting simple physiological models of the mechanism of stress tolerance acquisition. Key words: drought, growth regulators, hypoxia, salinity, temperature stress. Introduzione In biologia si definisce stress “una pressione di alcune forze avverse che tende ad inibire il normale funzionamento di un sistema biologico” (Short Oxford English Dictionary, 1983). In agricoltura lo stress abiotico è definito come “una qualunque pressione ambientale in grado di ridurre la produttività potenziale di una coltura”. In effetti, gli stress ambientali rappresentano il principale fattore limitante per la produttività agricola. Quando i valori della temperatura, dell’intensità luminosa, della disponibilità d’acqua e/o degli elementi nutritivi si discostano dai livelli ottimali si può infatti avere un forte danneggiamento della coltura fino a provocarne, in casi estremi, la morte. Molte colture non superano, mediamente, il 20% del potenziale produttivo e, secondo alcune stime (Boyer, 1982), gli stress di natura abiotica, legati cioè a fattori ambientali, causano circa il 70% delle perdite produttive delle colture più importanti (tab. 1). Gli stress abiotici principali, quelli cioè che provocano i maggiori danni e per i quali si può parlare di un sistematico lavoro di miglioramento genetico, sono quelli indotti dalla carenza idrica, dall’elevata salinità dell’acqua irrigua e/o del terreno, da livelli sub-ottimali o sovra-ottimali della temperatura e dalla carenza nutritiva. Dal punto di vista strettamente agronomico, comunque, sono rilevanti anche gli stress legati alle condizioni di ipossia provocate dall’allagamento prolungato del terreno, all’eccessiva concentrazione nel terreno di elementi nutritivi o di metalli pesanti, ai danni meccanici determinati dall’azione di eventi meteorici particolarmente intensi (pioggia, vento, grandine, ecc.), oppure dalle manipolazioni cui le piante intere o parti di esse (es. frutti, fiori, ecc.) sono 19 Vernieri et al. Tab. 1 - Perdite di produzione (kg/ha) per alcune colture dovute a stress biotici o abiotici. Tab. 1 - Yield losses (kg/ha) in some important crops as a result of biotic and abiotic stress. Coltura Produzione potenziale* Produzione effettiva Mais Frumento Soia Sorgo Avena Orzo Patata Barbabietola da zucchero % (valori medi) 19.300 14.500 7.390 20.000 10.600 11.400 94.100 121.000 - 4.600 1.880 1.610 2.830 1.720 2.050 28.300 42.600 21,6% Perdite dovute a fattori biotici ed abiotici Malattie (patogeni fungini) Parassiti (Insetti) Piante infestanti Stress abiotici 750 336 269 314 465 377 8.000 6.700 4,1% 691 134 67 314 107 108 5.900 6.700 2,6% 511 256 330 423 352 280 875 3.700 2,6% 12.700 11.900 5.120 16.200 7.960 8.590 50.900 61.300 69,1% *Kg/ ha (da Boyer, 1982). sottoposte durante la coltivazione o nelle successive fasi di lavorazione e conservazione post-raccolta. Infine, particolari condizioni di stress sono quelle indotte dalla riduzione del volume di terreno o substrato a disposizione (restrizione radicale o r o o t restriction) e dall’ombreggiamento o, più esattamente, dall’elevata densità di popolazione che normalmente caratterizza le colture agrarie e che è responsabile della cosiddetta “shade avoidance sindrome”. Questi due tipi di stress assumono una particolare importanza nelle piante in vivaio, soprattutto nel caso delle colture in vaso. Molto spesso l’azione di uno stress è combinata a quella di altri stress (Mittler, 2006), esistono infatti stress definiti p r i m a r i , s e c o n d a r i o, addirittura terziari. Ad esempio, nel caso dello stress da freddo, la causa primaria è sì la bassa temperatura, ma uno dei primi sintomi è lo squilibrio idrico, che quindi si instaura come stress secondario. Nel caso delle alte temperature (stress primario), lo stress idrico compare come secondario, ma spesso si ha anche un deficit nutrizionale che, in questo caso, può essere definito stress terziario. Talvolta, si hanno anche interazioni importanti tra fattori di stress di origine biotica ed abiotica. Per rimanere nel campo delle colture in serra, gli attacchi di botrite sugli steli o di patogeni agenti di tracheomicosi possono, ad esempio, provocare una situazione di stress idrico (causato dal blocco del trasporto idrico xilematico) che, in ultima analisi, provoca la morte della pianta. D’altra parte, valori molto al di sopra o al contrario al di sotto delle temperature ottimali a livello di terreno o substrato di crescita possono aumentare la suscettibilità delle piante a patogeni responsabili di gravi marciumi delle radici e del colletto (Pardossi et al., 1992a). Le piante sono in grado di percepire gli stimoli ambientali e di adattarsi ai vari ambienti, tuttavia il 20 grado di adattabilità e di tolleranza ai vari stress ambientali varia da specie a specie. Il processo di adattamento agli stress coinvolge gran parte dei processi metabolici delle piante, ma generalmente si considera che un ruolo di rilievo sia giocato dagli ormoni vegetali e, tra questi, il più importante è sicuramente l’acido abscissico (ABA). I livelli di questo ormone aumentano notevolmente in condizioni di stress e le variazioni nei livelli endogeni di ABA stimolano una serie di eventi metabolici e fisiologici che portano all’acquisizione della tolleranza (Xiong et al., 2002). Comunque, in numerose situazioni di stress giocano un ruolo primario altri ormoni, come l’etilene, la cui biosintesi può essere considerata un vero e proprio indicatore dello stato di salute della pianta, o le citochinine, che mediano molte delle risposte della pianta agli stress anche attraverso interazioni con l’acido abscissico e l’etilene. Il presente lavoro analizza il ruolo svolto dai singoli ormoni nelle varie situazioni di stress; per i vari ormoni, dopo una breve descrizione generale, comprendente anche gli aspetti di basic biochemistry, è stata focalizzata l’attenzione su particolari situazioni di stress, evidenziando anche le possibili interazioni con altri ormoni e presentando semplici modelli fisiologici. Acido abscissico L’acido abscissico è un sesquiterpene a 15 atomi di carbonio. La sua molecola presenta un carbonio asimmetrico in posizione C1 che dà origine a due isomeri ottici: S (+) e R (-). Nei vegetali è presente solo l’enantiomero S (+), mentre la forma R (-) costituisce il 50% dell’acido abscissico ottenuto per sintesi chimica [R,S (±)ABA]. La presenza del doppio legame in Stress abiotici e bilancio ormonale posizione 2 dà origine a due forme geometriche diverse: 2, cis-ABA e 2, trans-ABA. Il primo isomero¸ quello che comunemente si indica come acido abscissico, è molto più diffuso nei tessuti vegetali rispetto al secondo, che possiede un’attività biologica minore. Il ruolo fisiologico dell’acido abscissico è molto complesso e la sua azione investe molte delle funzioni biologiche della pianta. L’ABA, infatti, è coinvolto nei fenomeni di abscissione, dormienza, germinazione, crescita, geotropismo e nell’adattamento a situazioni di stress (Milborrow, 2001; Xiong e Zhu, 2003). L’acido abscissico, in particolare, è stato definito come l’ormone dello stress poiché aumenta la capacità della pianta di adattarsi a stress di diversa origine, soprattutto allo stress idrico. In effetti, una grande quantità di lavori sperimentali sono stati dedicati allo studio del ruolo dell’ABA nella regolazione dello stato idrico delle piante. Lo stress idrico inizia quando la domanda d’acqua da parte della pianta supera la disponibilità nel suolo. Il più rapido segnale di stress è di tipo idraulico e si esplica attraverso cambiamenti della tensione (Comstock, 2002), che portano a variazioni nel turgore fogliare (Pardossi et al., 1991), nell’apertura stomatica e, in tempi più lunghi, nell’accrescimento delle foglie e della pianta in toto (Boyer e Silk, 2004). In aggiunta al segnale idraulico, è stato rilevato un segnale chimico espresso attraverso la variazione del pH e della concentrazione di ormoni nella linfa xilematica, che rappresenta un segnale di tipo chimico responsabile della cosiddetta “comunicazione radicefoglie” (root to shoot communication). Il principale ormone cui è attribuita la funzione di segnalatore chimico è appunto l’acido abscissico (Davies e Zhang, 1991) e la relazione tra la conduttanza stomatica e i livelli di ABA nei tessuti fogliari e nella linfa xilematica è ben documentata (Goodger et al., 2005). Ulteriori conferme dell’importanza del ruolo giocato dall’acido abscissico nel controllo dello stato idrico della pianta derivano dallo studio dei mutanti “A B A - d e f i c i e n t”, come vp di mais, a b a d i Arabidopsis, flacca e sitiens di pomodoro, droopy di patata, nar2a di orzo e w-1 di Helianthus annuus L. (Reid, 1993). Fenotipi con un basso contenuto di ABA endogeno ed un’insufficiente capacità di sintetizzare l’ormone in risposta allo stress idrico dimostrano un’eccessiva traspirazione indotta da un incremento di conduttanza stomatica. In questi mutanti l’appassimento può essere evitato tramite l’applicazione di ABA esogeno o tramite l’innesto sulle radici di un genotipo normale, cioè capace di sintetizzare ABA (Fambrini et al., 1995). L’adattamento allo stress richiede cambiamenti nel profilo dell’espressione genica (fig. 1). I geni coinvolti nei processi di acclimatamento e di adattamento sono molto numerosi e la loro espressione è regolata dalle condizioni di stress (Sharp et al., 2004). Anche se non tutti i geni sono soggetti a regolazione da parte dell’acido abscissico, un grosso numero di questi è controllato dalle variazioni nei livelli endogeni di questo ormone. Recenti studi condotti con l’ausilio di mutanti hanno dimostrato che dalla percezione dello stress idrico all’espressione genica possiamo avere due distinti percorsi: uno coinvolge la produzione di ABA, mentre l’altro è indipendente dalle variazione nei livelli dell’ormone (Riera et al., 2005). Nonostante siano stati condotti numerosi lavori sui sistemi di percezione e di trasduzione del segnale nelle piante sottoposte a stress abiotici (Wilkinson e Fig. 1 - Diagramma del ruolo dell’ABA nella regolazione della risposta delle piante allo stress idrico. Fig. 1 - Diagram of the role of ABA in regulating the plant response to water stress. 21 Vernieri et al. Davies, 2002; Xiong et al., 2002), non è stata ancora pienamente chiarita la via metabolica che porta dalla percezione dello stress all’espressione genica. Tuttavia, è noto che l’aumento dei livelli endogeni di ABA può indurre la sintesi di nuove proteine (stress proteins), come ad esempio le deidrine, con un ruolo molto importante nella risposta delle piante allo stress idrico (Giordani et al., 1999). Una particolare classe di proteine che vengono sintetizzate in risposta allo stress idrico o termico è rappresentata dalle acquaporine. Si tratta di proteine di membrana caratterizzate dalla presenza di una particolare sequenza di aminoacidi che forma una sorta di canale attraverso cui passano (più o meno) selettivamente le molecole di acqua (Luu e Maurel, 2005) che si muovono passivamente seguendo il gradiente di potenziale idrico. Le acquaporine sembrano in grado di migliorare sensibilmente le relazioni idriche delle piante in condizioni di stress (Maurel e Chrispeels, 2001) e in alcuni casi è stato dimostrato che la loro sintesi è indotta da variazioni nei livelli di acido abscissico (fig. 2) (Ferrante et al., 2005). Un’altra situazione in cui è stato evidenziato un ruolo chiave per l’acido abscissico è lo stress da freddo, che può derivare da temperature al di sotto del punto di congelamento dei tessuti (freezing) o da tem- Fig. 2 - Espressione genica delle acquaporine PIP2-1 e PIP1-3 in foglie di fagiolo (Phaseolus vulgaris L.) durante l’esposizione a bassa temperatura (da: Ferrante et al., 2005a). Fig. 2 - Genic expression of aquaporins PIP2-2 and PIP1-3 in leaves of bean (Phaseolus vulgaris L.) during the exposure at low temperature (from: Ferrante et al., 2005a). 22 perature comprese tra 0 e 10 °C (chilling). Il chilling induce su piante originarie di climi tropicali e subtropicali una serie di danni generalmente raggruppati sotto il termine “chilling injury”; molte colture diffuse nel nostro paese, soprattutto ortive e ornamentali, sono soggette a tali danni in caso di coltivazioni precoci in serra fredda o pien’aria. Uno dei principali effetti del chilling è l’alterazione della struttura delle membrane cellulari, cui si accompagna un evidente squilibrio idrico (Nishida e Murata, 1996). Lo stress idrico indotto dal freddo è causato, da un lato, dal fatto che gli stomi non riescono a chiudersi rapidamente ed a controllare così le perdite di acqua per traspirazione (Eamus e Wilson, 1983), dall’altro, dalla riduzione dell’assorbimento radicale e del conseguente trasporto di acqua attraverso lo xilema verso le foglie (Pardossi et al., 1992b). Il mancato controllo stomatico durante le prime ore di esposizione al freddo è dovuto all’inibizione della sintesi di ABA da parte della bassa temperatura (Vernieri et al., 1991). Infatti, a differenza di quanto avviene nel caso di stress idrico a temperature non limitanti, i livelli endogeni dell’ormone non aumentano nonostante l’elevato grado di disidratazione. Nelle piante sensibili al chilling (es. pomodoro e fagiolo) questa situazione si protrae per un certo periodo (20-30 ore), durante il quale si assiste ad una progressiva disidratazione; successivamente le piante riescono ad adattarsi, si reidratano e riacquistano il turgore, anche grazie ad un recupero della funzionalità idrica della radici. Questa seconda fase è accompagnata da un aumento nella sintesi di acido abscissico (Pardossi et al. , 1992b). Ma qual è il ruolo svolto dall’acido abscissico in questo processo? Sicuramente l’ABA è coinvolto nella regolazione del controllo stomatico della traspirazione, mentre evidenze sperimentali indicano che le modifiche delle proprietà idrauliche delle radici avvengono indipendentemente dalle variazioni nei livelli dell’ormone e sembrano addirittura escludere un segnale di tipo chimico, suggerendo piuttosto l’intervento di un messaggio di tipo fisico (fig. 3) (Vernieri et al., 2001; Aroca et al., 2003). Altra situazione di stress in cui il ruolo dell’acido abscissico appare di rilievo è rappresentata dallo stress salino. L’elevata salinità causa numerose risposte fisiologiche che nelle specie sensibili portano ad una diminuzione della crescita che si traduce in forti riduzioni della produttività. Il primo effetto dell’esposizione dell’apparato radicale ad elevate concentrazioni saline è uno stress di tipo osmotico, legato al ridotto potenziale osmotico della soluzione circolante, che si traduce in uno squilibrio idrico della pianta (Leonardi Stress abiotici e bilancio ormonale Fig. 3 - Un modello semplificato del possibile ruolo dell’ABA nella risposta del fagiolo al freddo (chilling). Fig. 3 - A simplified model of the possible role of ABA in the response of bean plants to chilling. e Martorana, 2005). Il ruolo dell’ABA nella risposta alla salinità si esplica sia a livello di regolazione del bilancio idrico, sia a livello di induzione di tolleranza alla disidratazione cellulare (Zhu, 2001; 2002; Munns, 2002). La regolazione dello stato idrico è legato al controllo esercitato dagli stomi (Kerstiens et al. , 2002), mentre per la tolleranza alla disidratazione appare più importante l’induzione di geni che codificano per la sintesi di particolari proteine (Munns, 2005). Alcuni studi indicano che, in alcuni sistemi vegetali, elevati livelli di salinità possono avere un’azione tossica che riduce o impedisce la sintesi di ABA nei tessuti fogliari, favorendo l’accumulo dell’ormone nei tessuti delle radici (Jia et al., 2002). Alcune proteine sintetizzate in risposta allo stress salino a livello radicale risultano indotte dall’acido abscissico, mentre altre sono prodotte indipendentemente dalle variazioni nei livelli dell’ormone (Chen e Plant, 1999). Studi più recenti hanno evidenziato come, in risposta a stress salino, l’ABA sia coinvolto sia nella regolazione della crescita della pianta che del bilancio idrico, attraverso meccanismi forse indipendenti (Ruggiero et al., 2004). Etilene L’etilene è l’ormone vegetale più semplice (relativamente alla composizione chimica), e si distingue dagli altri per la sua natura gassosa. Questa sua caratteristica ha mascherato per molti anni il suo effetto sulle piante. Gli studi sul ruolo fisiologico dell’etilene nelle diverse fasi di sviluppo delle piante sono stati effettuati dopo gli anni ’60, quando si sono diffusi i primi gas-cromatografi (Abels et al., 1992; Wang et a l., 2002). A partire dal 1901 uno studente russo, Dimitry Neljubow, scoprì gli effetti dell’etilene su pisello ma solo circa dieci anni dopo (1910) H.H. Cousins dimostrò per la prima volta che le piante possono sintetizzare questo ormone. Pochi anni più tardi, nel 1917, fu scoperto il suo ruolo nell’abscissione delle foglie (Abeles et al., 1992). Nel 1934 l’etilene è stato considerato un prodotto naturale delle piante in grado di influenzarne e modularne molti processi fisiologici durante l’intero ciclo vitale esplicando il suo effetto a bassissime concentrazioni, nell’ordine delle nanomoli. Nelle piante non ha un sito preferenziale di biosintesi, ma viene prodotto da tutti gli organi. Tuttavia, la capacità biosintetica e la quantità prodotta variano da tessuto a tessuto, da organo a organo, da pianta a pianta. La biosintesi è principalmente indotta da stress biotici e abiotici, per cui spesso è definito ormone dello stress. Studi fisiologici sull’interazione ormone e pianta hanno dimostrato che la produttività di una pianta è inversamente proporzionale alla concentrazione dell’etilene nell’ambiente, generalmente una forte riduzione è visibile quando la concentrazione dell’etilene varia da 50-100 nmol mol - 1 di aria (Klassen e Bugbee, 2004). La biosintesi di questo ormone è caratterizzata da tre enzimi chiave che catalizzano reazioni sequenziali. La formazione dell’etilene ha inizio con la metionina che viene convertita in S-adenosin-metionina ad opera di un enzima denominato S-adenosin-metionina sintasi (SAM sintasi). Successivamente, la S-adenosinmetionina è convertita in acido 1-amminociclopropano (ACC) tramite l’1-amminociclopropano sintasi (ACC sintasi). Infine, l’ultima fase è catalizzata dall’1-amminociclopropano ossidasi (ACC ossidasi) che porta alla formazione dell’etilene liberando anidride carbonica e cianide (HCN). La produzione di etilene può essere facilmente modulata, data la disponibilità di un’ampia gamma d’inibitori sia di biosintesi che di azione (Mensuali Sodi et al., 2005). Le piante durante la fase di sviluppo e differenziazione sono caratterizzate da una produzione di etilene elevata, poi diminuisce quando raggiungono la maturità ed aumenta di nuovo durante la senescenza (Wheeler et al., 2004). Questo andamento può essere osservato nei diversi organi di una pianta in crescita, 23 Vernieri et al. come ad esempio lo sviluppo ed apertura di una gemma a fiore di giglio, oppure durante la crescita di un’intera pianta. Il picco di etilene, durante la crescita del grano, è stato osservato nello stadio di rapida crescita quando i tassi di fotosintesi, respirazione e assorbimento degli elementi nutritivi erano massimi (Wheeler et al., 2004). È stato osservato che la produzione di etilene aumenta all’aumentare della temperatura entro determinati intervalli (Field, 1981; Ferrante et al., 2005b), in condizioni di stress idrico (Morgan e Drew, 1997), salino (Kamei et al., 2005), meccanico (Morgan et al., 1993; Biddington e Dearman, 1987) e in presenza di ozono inquinante (Vahala at al., 1998). Tuttavia, in alcuni casi, è stata osservata anche una diminuzione della produzione, come in condizioni di eccessi termici (Field, 1981) e/o a basse temperature (Ferrante et al., 2002), o in condizioni di prolungata carenza idrica (Morgan e Drew, 1997). La carenza di ossigeno a livello radicale può essere un buon modello fisiologico e biochimico per comprendere la correlazione tra gli stress abiotici e la produzione di etilene. Infatti, in condizioni di asfissia radicale per eccesso idrico o per compattamento del suolo le radici aumentano la produzione di etilene. La prima osservazione è stata determinata in radici e steli di pomodoro in condizioni di ipossia (Bradford e Dilley, 1978). In condizioni di carenza di ossigeno l’ACC non può essere ossidato, ma viene traslocato nei germogli dove viene rapidamente trasformato in etilene. Le piante di pomodoro che permangono in queste condizioni mostrano epinastia e clorosi. Nelle radici di mais in condizioni di carenza di ossigeno l’etilene attiva un processo di morte cellulare programmato (Programmed Cell Death, PCD) che induce la formazione di sacche aeree, ossia un tessuto lacunoso ricco di aria che prende il nome di aerenchima, a livello radicale (fig. 4) (Drew, 1997; Drew et al., 2000). La lisi cellulare che porta alla formazione dell’aerenchima genera una nuova via di approvvigionamento di ossigeno, ma nello stesso tempo riduce il numero di cellule che consumano ossigeno. Infatti, la morte cellulare è proprio a carico delle cellule che in condizioni di ipossia e/o anossia soccomberebbero. Il ruolo dell’etilene è stato chiaramente dimostrato con l’impiego d’inibitori dell’azione dell’ormone che bloccano la formazione di aerenchima nelle radici anche in condizioni d’ipossia. L’azione dell’etilene sembra essere anche influenzata dalla concentrazione cellulare di calcio libero. La morte cellulare programmata delle cellule radicali è tanto più veloce quando maggiore è la concentrazione di calcio citosolico (Galina et al., 1995). 24 Fig. 4 - Diagramma del ruolo dell’etilene nell’induzione di tessuto aerenchimatico in radici di mais in condizioni di ipossia, attraverso il processo di Programmed Cell Death (PCD). Fig. 4 - Diagram of the role of ethylene in triggering the formation of aerenchyma in maize roots under hypoxia through the Programmed Cell Death (PCD) process. La risposta fisiologica e biochimica alle condizioni di anossia e ipossia è molto rapida e la produzione di etilene può essere di circa 8-15 volte più alta dei livelli normali. Studi di biologia molecolare hanno evidenziato che le condizioni di carenza di ossigeno determinano l’attivazione di specifiche ACC sintasi stress-dipendenti sia in pomodoro che in riso (Zarembinski e Theologis, 1993; Olson et al., 1995). Questi risultati dimostrano che il fine, ossia la produzione di etilene, non varia, ma i geni attivati pur codificando per la stessa via biosintetica sono diversi. Questa organizzazione genetica probabilmente conferisce alla pianta una flessibilità che la rende in grado di rispondere in modo specifico ad ogni tipo di stress. Citochinine ed auxine Le citochinine sono molecole organiche derivate dalla adenina, con un sostituto N 6 ramificato a 5 atomi di carbonio (allungabile dopo coniugazione). Fra le citochinine, la più diffusa risulta essere la trans-zeatina, ma anche la meno abbondante isopenteniladenina (iP) è comunque molto attiva. Le citochinine giocano Stress abiotici e bilancio ormonale un importante ruolo in gran parte degli aspetti relativi alla crescita vegetale ed allo sviluppo, includendo fra questi la divisione cellulare, la relazione sink/source, lo sviluppo vascolare, la differenziazione dei cloroplasti, la dominanza apicale e la senescenza (Mok e Mok, 1994; 2001). Questi effetti delle citochinine sono spesso il risultato di interazioni con altri ormoni vegetali e con segnali provenienti dall’esterno: uno dei primi studi effettuati su questo ormone (Skoog e Miller, 1957) ha infatti indicato come l’interazione fra le citochinine e le auxine fosse determinante per la tipologia di organi rigenerati dal tessuto calloso indifferenziato in vitro. Studi recenti hanno cominciato a spiegare in maniera più approfondita gli elementi che intervengono nella catena di segnali legata alle citochinine (Rashotte et al., 2005). Dei numerosi composti aventi attività auxinica, il più diffuso nel mondo vegetale è senza dubbio l’acido indol-3-acetico (IAA). Altre sostanze auxiniche sono l’acido indol-3-butirrico (IBA) e l’acido 4-cloroindol3-acetico (4-Cl-IAA). La conoscenza riguardante la risposta delle piante all’applicazione di IAA è senza dubbio enorme, dato l’elevato numero di studi effettuati a riguardo, mentre è inferiore la conoscenza legata al reale ammontare di IAA nei tessuti vegetali. Ancor più basso è il numero di informazioni relative alla regolazione della quantità di IAA nei tessuti e alla relazione fra l’ammontare di IAA endogeno e risposta della pianta. L’azione contemporanea di auxine e citochinine è stata studiata già da diversi decenni, dal momento in cui le citochinine sono state identificate per la loro abilità di stimolare, insieme alle auxine, la divisione cellulare nelle colture in vitro (Miller et al., 1955; 1956). Il rapporto fra citochinine e auxine è infatti fondamentale per determinare la tipologia di organi rigenerati da tessuto calloso indifferenziato in vitro: il callo posto sul substrato con un elevato rapporto citochinine/auxine produce molti germogli e poche radici mentre il callo posto in un substrato con un basso rapporto citochinine/auxine al contrario produce principalmente radici (Skoog e Miller, 1957). Da queste scoperte iniziali, auxine e citochinine hanno dimostrato di poter interagire in numerosi processi fisiologici e di sviluppo, inclusi la dominanza apicale, il controllo del ciclo cellulare, l’iniziazione radicale laterale, la regolazione della senescenza e lo sviluppo dei tessuti vascolari (Coenen e Lomax, 1997; Swarup et al. , 2002). L’interazione può essere sinergica, come nel caso della regolazione del ciclo cellulare, oppure antagonistica, come nel caso della regolazione dei meristemi ascellari gemmari e la formazione di radici laterali. Inizialmente il lavoro effettuato per esaminare Fig. 5 - Un modello delle interazioni tra etilene e gibberelline (GA) nella risposta di piante di tabacco esposte a luce con ridotto R:FR, in grado di provocare la cosiddetta “sindrome da ombreggiamento” (Shade Avoidance Syndrome, SAS). Da Pierik et al., 2004; modificato. Fig. 5 - A model of the interactions between ethylene and gibberelline (GA) in the response of tobacco plants exposed to light with reduced R:FR, causing the “Shade Avoidance Syndrome” (SAS). Modified from Pierik et al., 2004. l’interazione fra auxine e citochinine utilizzava la somministrazione di ormoni esogeni o la rimozione di tessuti che potevano essere sorgente di biosintesi ormonale. Successivamente gli studi si sono indirizzati verso l’utilizzo di piante transgeniche generate appositamente per un’iperproduzione di tali ormoni (Klee, 1994; Davies, 1995). I livelli di auxine e citochinine sono intercorrelati; in molti casi, la modifica nella quantità di uno ha effetti sulla quantità dell’altro (Coenen e Lomax, 1997), sebbene l’effetto dipenda dal tessuto esaminato. Generalmente, elevati livelli di auxina portano ad un decremento nei livelli di citochinine. Per esempio, l’incremento di auxine endogene tramite espressione dei geni iaaM e iaaH ha condotto ad una riduzione dei livelli di citochinine in tabacco transgenico (Eklof et al., 1997). Le auxine incrementano anche il catabolismo delle citochinine mediante la stimolazione dell’attività dell’enzima citochinaossidasi (Palni et al., 1988; Zhang et al ., 1995) e riescono rapidamente a sopprimere la biosintesi delle citochinine (Nordström et al., 2004). Al contrario, l’effetto delle citochinine sui livelli auxinici appare maggiormente variabile. In alcuni casi, un incremento del livello di citochinine conduce ad un aumento nei livelli di auxina. Per esempio, in piante transgeniche di Nicotiana glutinosa sovra-scriventi il gene i p t, codificante l’enzima isopenteniltransferasi, fondamentale per la biosintesi delle citochinine, l’aumento dei livelli di citochinine conduce ad un incremento nel contenuto di IAA libero (Binns et al ., 1987). Applicazioni di citochinine esogene a radici di mais e Pisum hanno portato ad un incremento dei livelli di 25 Vernieri et al. IAA (Bourquin e Pilet, 1990; Bertell e Eliasson, 1992). In linea con questa risposta, il decremento del contenuto di citochinine endogene in A r a b i d o p s i s mediante la sovra-espressione della citochinina-ossidasi, un enzima che irreversibilmente degrada le citochinine, ha comportato un decremento del livello di auxine (Werner et al., 2001). Comunque, alcuni studi hanno anche dimostrato il risultato opposto, ovverosia che le citochinine hanno un effetto negativo sui livelli auxinici. Piante di tabacco sovra-esprimenti il gene agrobatterico ipt avevano sia bassi livelli di IAA che ridotta sintesi dello stesso (Eklöf et al., 1997). Analisi recenti usando il gene ipt glucocorticoide-inducibile hanno dimostrato che livelli elevati di citochinine endogene in piante transgeniche di Arabidopsis conducono ad una riduzione nel pool di IAA, ma questo effetto risulta lento: il tasso di biosintesi di IAA decresceva 24 ore dopo l’aumento di citochinina mentre le dimensioni nel pool di auxina non mostravano un decremento significativo almeno fino alle 48 ore successive (Nordström et al., 2004). Gli autori hanno concluso che le citochinine probabilmente influiscono sui livelli auxinici attraverso cambiamenti nello sviluppo, piuttosto che attraverso un effetto diretto. La biosintesi dell’etilene è modulata da vari ormoni vegetali quali le citochinine, le auxine, l’acido jasmonico, i brassinosteroidi e l’etilene stesso (Schlagnhaufer et al., 1984; Mattoo e Suttle, 1991; Woeste et al., 1999a). Numerose interazioni fra questi ormoni sono state descritte focalizzando l’attenzione sulla biosintesi dell’etilene, incluso l’effetto sinergico dell’auxina e delle citochinine. In semenzali eziolati di Arabidopsis sia le auxine che le citochinine, somministrate separatamente, stimolano la produzione di etilene, ma trattamenti con entrambi gli ormoni simultaneamente conducono ad una biosintesi notevolmente incrementata (Woeste et al., 1999b). I meccanismi con i quali le auxine e le citochinine incrementano la biosintesi di etilene sono stati studiati in dettaglio, suggerendo un modello per spiegare l’effetto sinergico di questi due ormoni sulla sua produzione. Il trattamento con auxina provoca un rapido accumulo di trascritti da una porzione di geni ACS in vari tessuti, come l’ipocotile in fagiolo, i frutti in zucchino e semenzali eziolati di Arabidopsis (Sato e Theologis, 1989; Botella et al., 1992; Abel et al., 1995; Kim et al., 1997). Inoltre, trattamenti esogeni di IAA in ipocotili di fagiolo aumentano drammaticamente i livelli di tre geni ACS (ACS1, ACS6 e ACS7), grazie alla loro attivazione trascrizionale (Yi et al., 1999). Auxina e citochinine hanno un effetto sinergico sull’incremento dei livelli di trascritti di ACS (Sato e Theologis, 1989; Yi et al., 1999). Recenti studi sul 26 meccanismo di regolazione della biosintesi di etilene per mezzo delle citochinine suggeriscono un modello alternativo per poter spiegare la sinergia fra questi due ormoni (Woeste et al., 1999a; Chae et al., 2003; Wang et al., 2004). In questo modello auxina e citochinine incrementano le funzioni dell’ACS attraverso meccanismi distinti: le auxine aumentano i livelli di trascritti da parte dei geni ACS e le citochinine stabilizzano la proteina ottenuta. Le citochinine rivestono un ruolo particolare nel ritardo della senescenza fogliare (Nooden, 1988; Van Staden et al., 1988), visto che risulta normalmente collegata ad un decremento nel contenuto di citochinine nei tessuti fogliari (Buchanan-Wollaston, 1997; Nooden et al., 1997). Applicazioni esogene di citochinine inibiscono la degradazione della clorofilla e delle proteine dell’apparato fotosintetico (He e Jin, 1999). La strategia per il ritardo della senescenza coinvolge l’espressione transgenica del gene i p t dell’Agrobacterium, che codifica un’isopentenil-transferasi (Robson et al., 2004). Un decremento del contenuto di citochinine a livello fogliare e radicale in risposta a condizioni di stress idrico è stato lungamente osservato (Pospìšilovà, 2003), sebbene sia difficile poter prevedere la reale variazione nella quantità di ogni specie citochininica. Ad esempio, la disidratazione in semenzali di grano riduce il contenuto di zeatin-nucleotide e zeatin-9-N-glucoside, ma il contenuto totale di derivati della zeatina così come il contenuto della base libera di zeatina rimane pressoché costante (Mustafina et al., 1997; 1998). Uno stress idrico di lieve entità non ha avuto alcun effetto sulla concentrazione xilematica di zeatin-riboside (ZR) in girasole, bensì un ridotto flusso di ZR verso la parte aerea. Uno stress idrico più severo, invece, può ridurre sia la concentrazione che il flusso di ZR (Shashidhar, 1996). Comunque, un contenuto maggiore di citochinine è stato osservato in litchi sotto stress idrico da Stern et al. (2003), così come in semenzali di grano da Vysotskaya et al. (2003) dopo parziale recisione radicale. Pospìšilovà (2003) ha focalizzato il proprio studio sull’interazione fra ABA e citochinine nella regolazione dell’apertura stomatica, il tasso traspiratorio e l’assimilazione fotosintetica. In piante di fagiolo sufficientemente rifornite di acqua, la benziladenina (BA) fornita alle foglie o addizionata al substrato insieme con l’ABA ha parzialmente alleviato gli effetti di quest’ultimo. Allo stesso modo, in barbabietola tutti i parametri di scambi gassosi erano più elevati dopo l’applicazione di ABA e BA al substrato rispetto alla singola applicazione di ABA. Invece, i valori dei parametri di scambi gassosi in mais venivano ridotti dalla combinazione di Stress abiotici e bilancio ormonale ABA+BA, così come dopo la singola applicazione di ABA (Pospìšilovà e Bat’kovà, 2004). Quando ABA e BA venivano applicati simultaneamente, BA riusciva a ribaltare parzialmente l’effetto dell’ABA sulla chiusura stomatica in fagiolo (Tichà, 2004). L’effetto specie-specifico dell’applicazione di BA è stato anche riscontrato durante condizioni di stress idrico quando il contenuto di ABA endogeno incrementava (Pospìšilovà, 2003; Pospìšilovà e Bat’kovà, 2004). In piante di tabacco, applicazioni di BA non influivano sull’incremento di ABA endogeno indotto da stress idrico (Pospìšilovà et al., 2005), mentre l’accumulo di ABA indotto da stress veniva inibito da BA in fagiolo e mais. Pretrattamenti con BA miglioravano gli effetti dello stress idrico sui parametri di scambi gassosi in senna, fagiolo e cotone (Singh et al ., 2001; Pospìšilovà, 2003; Pandey et al., 2003; Pospìšilovà e Bat’kovà, 2004). Al contrario, la conduttanza stomatica, il tasso traspirativo e la fotosintesi in barbabietola e mais decrescevano maggiormente durante lo stress idrico in piante pretrattate con BA rispetto al controllo o a piante trattate con ABA (Pospìšilovà e Bat’kovà, 2004). Questi esperimenti hanno confermato come l’interazione fra ABA e citochinine avviene a diversi livelli. Le citochinine possono operare non solo a livello delle cellule di guardia alleviando l’effetto dell’ABA, ma possono anche inibire parzialmente l’accumulo di ABA indotto dallo stress idrico. Comunque, i cambiamenti nel contenuto di ABA fogliare e nel contenuto e composizione delle citochinine, durante lo stress idrico e durante la successiva reidratazione, così come l’interazione fra ABA e citochinine sono decisamente specie-specifici. Tuttavia una più rapida modifica da parte della pianta del rapporto ABA/citochinine, in seguito ad esposizione a deficit idrico, potrebbe determinare una migliore e più efficiente capacità di adattamento a situazioni di stress (Pospìšilovà et al., 2005). Gibberelline Le gibberelline (GA) sono normalmente classificate sulla base della struttura chimica e denominate con un numero progressivo (GA1, GA2….) che indica l’ordine di identificazione delle più di cento GA ritrovate in piante (Angiosperme e Gimnosperme), funghi e batteri (Sponsel, 1995). L’acido gibberellico GA3 è stata la prima gibberellina ad essere caratterizzata strutturalmente. Dal punto di vista chimico, le GA sono diterpeni costituiti da 19 o 20 atomi di C, raggruppati in 4 o 5 anelli. L’acido mevalonico è il com- posto di partenza per la biosintesi dei terpenoidi ed è sintetizzato a partire dall’acetil-CoA. Le GA sono normalmente produzione nei tessuti giovani, compresi i semi in germinazione, anche se ci sono evidenze sulla sintesi in foglie mature. Le GA attive (GA1, GA4, GA3, GA7, …) sono coinvolte in molti processi fisiologici in funzione del tipo di GA, dell’organo e della specie. Ad esempio, le GA favoriscono l’allungamento degli steli stimolando sia la divisione che la distensione cellulare; stimolano la fioritura o la prefioritura in molte piante (soprattutto longidiurne); rompono la dormienza di quei semi che richiedono, ad esempio, la stratificazione come trattamento pregerminativo; nelle cariossidi dei cereali attivano la sintesi dell’enzima alfa-amilasi necessario alla mobilizzazione delle riserve amilacee; possono indurre lo sviluppo di frutti partenocarpici in diverse specie coltivate; rallentano la senescenza delle foglie e dei frutti (ad es. dei limoni). Tra i vari ormoni, le GA sembrano quelle meno coinvolte nella risposta delle piante allo stress o comunque sono state meno studiate da questo punto vista rispetto ad altri ormoni, come l’ABA o l’etilene. Le GA, comunque, hanno un ruolo importante nella cosiddetta “sindrome da ombreggiamento” (s h a d e avoidance sindrome, SAS) (Ballaré, 1999), che è scatenata da particolari condizioni di crescita ed ha riflessi importanti sul piano pratico, perlomeno in alcuni sistemi di coltivazione, soprattutto nel caso della produzione (in serra od in vivaio) delle piante ornamentali in vaso. Per queste ultime, il mercato richiede un habitus compatto, con internodi corti, ben ramificate e con foglie spesse e di un colore verde intenso. La SAS, invece, produce sulle piante effetti del tutto opposti, stimolando la lunghezza degli internodi e dei piccioli, riducendo la ramificazione, la colorazione e lo spessore fogliare, talvolta anche anticipando la fioritura o inducendo l’iponastia (curvatura verso l’alto) delle foglie. Molti sono i fattori ambientali e colturali responsabili della cosiddetta “filatura” delle piante in serra od in vivaio, quali le irrigazioni e le concimazioni abbondanti, l’elevata temperatura e, almeno in serra, l’assenza del vento e della radiazione UV (notoriamente capace di un’azione ‘brachizzante’). Il fattore più importante, comunque, è l’elevata densità di coltivazione. Le piante possiedono un complesso e ancora poco conosciuto sistema di sensori biologici, grazie al quale sono in grado di rilevare la presenza delle piante vicine, di valutare in questo modo il rischio legato alla competizioni per risorse fondamentali (come la luce) e 27 Vernieri et al. conseguentemente di alterare il proprio sviluppo per adattarsi all’ambiente circostante. Questa risposta fisiologica può comportare effetti indesiderati da un punto di vista agronomico. All’origine della SAS, infatti, c’è la capacità delle piante di rilevare le variazioni nella qualità della luce provocate dalle piante vicine. In una coltura, le piante si ombreggiano inevitabilmente tra di loro e ciò determina non solo una diminuzione dell’intensità della luce, ma anche una modifica del suo spettro. Le foglie assorbono maggiormente il rosso (R; radiazione compresa tra 600 e 700 nm di lunghezza d’onda) rispetto al rosso lontano (FR; compresa tra 700 e 800 nm di lunghezza d’onda); conseguentemente, la luce trasmessa o riflessa dalla vegetazione ha un rapporto R/FR più basso (0,2-0,5) rispetto alla luce diretta (circa 1,0). La qualità della luce è rilevata dalle piante per mezzo di vari sistemi di fotorecezione, legati alla presenza di pigmenti: fitocromo, criptocromo ed un più o meno ben identificato recettore della luce UV. La SAS appare regolata soprattutto dal sistema fitocromo (Ballaré, 1999). Attraverso il fitocromo la pianta riesce così a percepire la presenza delle piante vicine e ad avviare quei cambiamenti morfofisiologici tipici della SAS, capaci di aumentare la sua competitività, ad esempio attraverso una maggiore intercettazione della radiazione fotosinteticamente attiva. Le GA sembrano coinvolte nella trasduzione del segnale a monte della SAS, come dimostrato dall’efficacia dei brachizzanti di sintesi nel contenerne gli effetti. Infatti, i metodi maggiormente diffusi per il contenimento della taglia delle piante, non solo nell’ortoflorovivaismo, si basano sul trattamento con sostanze (es., 2-cloroetil-trimetilammonio, daminozide, flurprimidol, paclobutrazolo, ancimidolo) che interferiscono con il metabolismo delle GA, inibendone la sintesi oppure accelerandone il catabolismo o la trasformazione delle forme attive in altre inattive (o meno attive). Diversi lavori hanno dimostrato che l’allungamento dello stelo mediato dal fitocromo (Chory e Li, 1997) o stimolato, nelle piante acquatiche come Rumes palustris e riso, dall’etilene (Rijnders et al., 1997; Voesenek et al., 2003), dipende da un aumento dell’attività delle GA, legata ad una maggiore sintesi e/o sensibilità dei tessuti coinvolti. Grazie ad una serie di esperimenti con piante di tabacco normali (wild-type) oppure modificate per la sensibilità all’etilene (piante Tetr, trasformate con l’allele mutante etr1-1 da Arabidopsis e per questo con una S A S attenuata), esposte a luce con alto o 28 basso R:FR e trattate o meno con GA3 esogeno e/o un inibitore della sintesi di GA (paclobutrazolo), Pierik et al. (2004) hanno permesso un avanzamento fondamentale nella comprensione della relazione tra etilene e GA nella SAS mediata dal citocromo. Questi autori hanno osservato che i due effetti morfologici più evidenti della SAS in tabacco, l’iponastia fogliare e l’allungamento dello stelo e dei piccioli, sono regolati in modo indipendente, secondo un modello diverso per quanto riguarda l’interazione tra i due tipi di ormone. In particolare, come esemplificato dalla figura 5, l’iponastia può verificarsi anche indipendentemente dall’etilene, ma quando questo ormone è coinvolto, è richiesta anche la sintesi di GA. Invece, l’allungamento di stelo e piccioli richiede sempre una sintesi delle GA, indipendentemente dal tipo di segnale (etilene o basso R:FR) che induce la risposta. Infatti, in presenza di luce a basso R:FR, l’allungamento non si verifica né nel wild-type né in Tetr, quando le piante sono trattate con paclobutrazolo. Ad ulteriore dimostrazione del ruolo chiave delle GA nella SAS, si ricorda che di recente sono stati ottenuti dei crisantemi transgenici con una ridotta sensibilità alle GA, grazie all’espressione eterologa di un gene mutante (gai o gibberellic acid insensitive) di Arabidopsis. Proprio per il gene gai, le piante sono molto compatte e ne sembra possibile la coltivazione in vaso senza il ricorso ai tradizionali brachizzanti. Una nota società americana ha recentemente brevettato questo tipo di sfruttamento del gene gai per lo sviluppo di nuovo varietà di piante ornamentali (http://www.novaflora.com/height.html). Linee di ricerca e prospettive L’attività di ricerca sugli ormoni vegetali è orientata verso lo studio della percezione e della trasmissione dei segnali, mediante tecniche di biologia molecolare. La maggior parte della ricerca di base è effettuata utilizzando mutanti di Arabidopsis o di altre specie che siano facilmente trasformabili per lo studio della funzionalità dei singoli geni. L’impiego di tecniche di silenziamento genico stanno permettendo di ottenere in tempi rapidi importanti informazioni per la modulazione dello sviluppo delle piante ai fini di ottimizzare la produzione agricola. Tuttavia, la maggior parte degli studi sugli stress abiotici sono stati finora condotti in ambiente controllato, in laboratorio o in celle climatiche e per questo non riflettono propriamente le reali condizioni che si verificano in campo, dove spesso le situazioni di stress sono molteplici ed interconnesse. Stress abiotici e bilancio ormonale Ciò rende spesso assai problematico utilizzare le conoscenze acquisite per l’ottenimento di piante caratterizzate da un elevato grado di tolleranza agli stress in condizioni di campo. Appare quindi importante estendere la ricerca verso lo studio dei cosiddetti “stress combinati” e del ruolo che il sistema ormonale svolge nei processi di percezione e trasmissione del segnale sotto l’azione contemporanea di diversi fattori di stress. Riassunto Gli stress abiotici rappresentano una delle principali cause di perdita di produzione per molte colture agrarie in ogni parte del mondo. Nella risposta delle piante a gli stress ambientali un ruolo di rilievo è giocato dagli ormoni vegetali, che in molti casi agiscono come veri e propri messaggeri chimici in grado di attivare i processi metabolici che portano all’instaurarsi di fenomeni di resistenza o adattamento. Il presente lavoro si propone di analizzare il ruolo svolto dai singoli ormoni nelle varie situazioni di stress, evidenziando anche le possibili interazioni con altri ormoni e presentando alcuni semplici modelli fisiologici relativi al meccanismo di acquisizione della tolleranza delle piante agli stress ambientali. Parole chiave: fitoregolatori, ipossia, salinità, siccità, stress termico. Bibliografia ABEL S., N GUYEN M.D., C HOW W., T HEOLOGIS A., 1995. ACS4, a primary indoleacetic acid-responsive gene encoding 1-ami nocyclopropane-1-carboxylate synthase in Arabidopsis thalia na. J Biol Chem 270: 19093–19099. ABELES F.B., M ORGAN P.W., SALTVEIT M.E., 1992. Ethylene in Plant Biology. 2nd Edn. Academic Press. A R O C A R., V E R N I E R I P., I R I G O Y E N J.J., S A N C H E Z - D I A Z M . , TOGNONI F., P ARDOSSI A., 2003. Involvement of abscisic acid in leaf and root of maize (Zea mays L.) in avoiding chillinginduced water stress. Plant Sci. 165: 671-679. BALLARÉ C.L., 1999. 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