Uso della biodiversità vegetale per la produzione di nuovi

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Uso della biodiversità vegetale per la produzione di nuovi farmaci
T. Cardi
CNR-IGV, Istituto di Genetica Vegetale, Consiglio Nazionale delle Ricerche, via
Università 133, 80055 Portici
Dall'antichità le piante sono una preziosa fonte di molecole d'interesse farmaceutico.
Tradizionalmente, queste includono composti bioattivi, generalmente metaboliti
secondari, sintetizzati in gruppi di piante specifici, sfruttando l’immensa diversità
chimica delle molecole vegetali. Più recentemente, però, le piante hanno acquisito un
grande interesse anche per la produzione su larga scala di proteine ricombinanti di
interesse terapeutico (Leone et al. 2009).
E’ stato stimato che il 25% dei farmaci attualmente prescritti contengono composti
estratti o derivati dalle piante (Raskin and Ripoll 2004), ma considerando
esclusivamente i farmaci ad attività antitumorale ed antibatterica in commercio, la
percentuale di molecole di origine naturale usate sale al 60% (Schmidt et al. 2007). Il
mercato mondiale di farmaci che contengono molecole estratte da piante o derivate da
molecole di origine vegetale aveva un valore di 18 miliardi di dollari nel 2005, con un
valore atteso di 26 miliardi nel 2011 (Saklani and Kutty 2007).
Solo il 10% delle specie vegetali è stato però saggiato per qualche attività biologica,
per cui molta della biodiversità vegetale disponibile deve essere ancora esplorata
(DellaPenna and Last 2008). Una nuova disciplina, la metabolomica (Summer et al.
2003), che permette di definire il fingerprinting metabolico di un determinato
organismo sta contribuendo in maniera significativa alla scoperta di nuove molecole
bioattive di origine vegetale e alla caratterizzazione biochimica delle specie vegetali di
interesse. La metabolomica è una disciplina complementare della genomica e della
proteomica, in quanto permette d'integrare l’enorme massa di dati e di informazioni
generate dal completamento del sequenziamento del genoma di molte specie vegetali,
con la conseguente necessità di assegnare una funzione ai molti geni “orfani” che si
stanno identificando. Il rapido sviluppo delle tecnologie di analisi genomica sta anche
contribuendo ad analizzare e valutare in maniera più efficiente l'enorme biodiversità
delle specie vegetali, consentendo di sviluppare nuovi marcatori molecolari per la
caratterizzazione della variabilità genetica in popolazioni naturali e in collezioni di
germoplasma, la selezione di genotipi con caratteristiche migliorate, il fingerprinting
genetico e la protezione dei genotipi di pregio.
L’approvvigionamento di biomassa vegetale sufficiente per estrarre grandi quantità
dei prodotti farmaceutici d'interesse costituisce un punto critico non solo per
l'utilizzazione su scala industriale, ma anche per lo sfruttamento eccessivo delle risorse
naturali e la salvaguardia della biodiversità vegetale. Nella maggior parte dei casi, la
molecola di interesse è sintetizzata in quantità tanto basse da renderne impraticabile
l’uso a livello commerciale, soprattutto se il metabolita secondario bioattivo è stato
identificato in qualche rara specie spontanea. Per l’immissione sul mercato di
formulazioni farmaceutiche contenenti metaboliti secondari bioattivi, l’industria
farmaceutica deve poter contare su un costante approvvigionamento di materia prima
con caratteristiche standardizzate, dalla quale il prodotto bioattivo sia facile da estrarre e
purificare a costi contenuti. Questi pre-requisiti essenziali hanno dato notevole impulso
alle ricerche volte ad ottimizzare la produzione di molecole bioattive in piante in vivo o
in sistemi di colture in vitro su larga scala (Koehn and Carter 2005).
In molti casi, colture massive di cellule vegetali e/o di tessuti vegetali costituiscono
una fonte alternativa attrattiva per l’estrazione di metaboliti secondari bioattivi per
l’industria farmaceutica (Kolewe et al. 2008, Smetanska 2008), quali la sciconina,
l’acido rosmarinico, la scopolamina, il tassolo ed altri. Per molti metaboliti secondari di
interesse farmaceutico che si accumulano nelle radici, la produzione di colture massive
di radici avventizie, mediante infezione e trasformazione con Agrobacterium rhizogenes
della pianta medicinale che produce il metabolita secondario bioattivo è un’altra
strategia di grande interesse industriale (Guillon et al. 2006). Oltre i miglioramenti nella
tecnologia delle fermentazioni (Kim et al. 2002), come l’identificazione, mediante
selezione clonale, di colture cellulari a crescita rapida e produttive, l’immobilizzazione
delle cellule o delle radici, l'ottimizzazione della composizione del substrato di coltura e
dei parametri ambientali (temperatura, aerazione, luce ecc), l'aggiunta di molecole con
attività stimolante (elicitori) permette di modificare e regolare l’espressione genica di
geni chiave o set di geni delle vie biosintetiche dei metaboliti secondari, dirigendo il
flusso metabolico preferenzialmente verso la sintesi di determinati composti di interesse
(Leone et al. 2009). Diversi elicitori sono stati usati per aumentare la biosintesi di
numerosi metaboliti secondari in numerosi sistemi vegetali, come la produzione di
isoprenoidi, sesquiterpenoidi, cumarine, podofillotossina, tassolo ed altri (Smetanska
2008).
Man mano che si accumulano nuove conoscenze sui pathway biosintetici dei
composti d'interesse, i geni responsabili vengono identificati ed isolati, e tecnologie di
trasformazione genetica vengono messe a punto in nuove specie, la produzione di
metaboliti secondari in pianta o in colture in vitro può essere migliorata mediante la
modificazione dell’espressione di uno o pochi geni con strategie d'ingegneria
metabolica (Oksman-Caldentey and Inzé 2004, Leone et al. 2007, Gomez-Galera et al.
2007). Queste includono: a) la sovraespressione di un gene codificante un enzima la cui
attività è limitante o l’espressione di un gene che regola in modo coordinato l’azione di
più geni; b) il blocco della sintesi di composti secondari indesiderati, che competono
con la sintesi del composto di interesse, mediante soppressione dell’espressione di geni
codificanti enzimi coinvolti in tali vie biosintetiche o, alternativamente, inibizione degli
enzimi coinvolti nel catabolismo di tale molecola; c) la compartimentalizzazione del
metabolita, per evitare l’inibizione da feedback e/o la tossicità cellulare, legata ad alte
concentrazioni. Gli approcci citati sono stati già applicati con successo per migliorare i
livelli produttivi di molti composti d'interesse (Leone et al. 2009). Ci si attende che, nel
prossimo futuro, tali conoscenze consentano di identificare i meccanismi utilizzati dalla
cellula vegetale per regolare il repertorio di reazioni biochimiche per produrre
metaboliti secondari e prodotti di interesse, aprendo nuovi scenari per la modificazione
dei flussi metabolici, rendendo ancora più efficiente l’uso delle piante come sistema di
produzione di sostanze di valore commerciale, secondo i principi della sostenibilità e
della economicità richiesti dall’industria farmaceutica e dal mercato.
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Riferimenti bibliografici
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Link utili
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www.rsc.org/ebooks/archive/free/BK9780854044900/BK9780854044900-00001.pdf
http://www.ga-online.org/
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