Duns Scoto e Ockam

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Duns Scoto (1265 – 1308) e Guglielmo d’Ockam (1290 – 1349) furono i principali filosofi della
cosiddetta Scuola di Oxford: con loro, che si richiamano esplicitamente al pensiero di
Sant’Agostino, la scolastica medievale, basata sulla dimostrazione scientifica di Dio, entra
irreparabilmente in crisi in quanto entrambi giungono alla conclusione che fede e scienza sono due
ambiti diversi e separati.
Per Scoto la teologia non può avere carattere dimostrativo, ma solo volontaristico, e la scienza deve
procedere autonomamente nelle sue ricerche senza essere vincolata dalla religione. In altre parole,
la teologia non è mai una scienza, ma ha solo valore pratico, morale e direttivo delle azioni umane.
Ritiene inoltre la volontà superiore all’intelletto sia in Dio che nell’uomo (volontarismo al posto
dell’intellettualismo). Dio è assoluta e infinita volontà libera, da niente condizionato, nemmeno dal
suo intelletto. Egli non vuole ciò che pensa, ma pensa ciò che vuole.
La sua volontà, insomma, non è determinata dalla ragione, ma precede la ragione stessa; anche
nell’uomo è così. Non è l’intelletto che indica alla volontà cosa sia bene o male, ma è la volontà che
liberamente sceglie di agire in un modo o nell’altro, e agisce bene quando ubbidisce al sentimento
innato che ognuno ha di Dio e che è stato storicamente manifestato all’uomo tramite la Rivelazione.
Il contributo più importante che Ockam dà alla filosofia è senz’altro la teoria che unica via di
conoscenza è l’esperienza e l’intuizione sensibile. Reali sono solo gli individui materiali. Egli
considera i concetti e i termini universali un segno della mente che sta al posto delle cose reali. Idee,
essenze, specie, principi, ecc. non sono nulla di reale. Per Ockam non è assolutamente utile
introdurre enti in soprannumero rispetto alle realtà che essi devono spiegare. Gli elementi di
“sostanza”, “forma”, “causa”, “effetto”, tanto per citarne alcuni, non possono essere così provati né
conosciuti appieno dall’umanità, restando nella categoria dell’irrazionale, dell’inconoscibile.
“Bisogna recidere le ipotesi inutili e non bisogna moltiplicare gli enti senza necessità” (rasoio di
Ockam).
L’unica via di conoscenza è l’esperienza, l’intuizione sensibile. La logica è un’operazione
convenzionale della mente perché io posso avere il concetto di “uomo” in testa, con cui raggruppo
mentalmente tutti gli uomini, ma finché non ho esperienza diretta di Pietro, Marco, Giuseppe, ecc.
non conoscerò realmente nessun uomo, pur avendone un’idea vaga in testa dovuta al concetto di
uomo. I concetti aiutano l’uomo a capire il mondo, ma devono essere accompagnati dall’esperienza
perché sono solo dei segni della mente che stanno al posto delle cose reali, privi di una loro realtà
(nominalismo).
Ovviamente questo modo d’interpretare le cose porta Ockam a dire che Dio non può mai essere
oggetto di comprensione e dimostrazione logica, ma solo di fede, ovvero Dio è al di là della
ragione, quindi irrazionale.
Ockham ha lasciato una forte eredità nella storia della filosofia occidentale in quanto:
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pone fine al connubio fede-ragione che la Scolastica aveva stabilito, separando nettamente le
due facoltà ed attribuendo a ciascuna campi ben definiti;
inaugura la linea empirista britannica che tanto influenzerà il pensiero dell’età moderna;
contribuisce alla nascita di una mentalità prescientifica interessata a indagare la natura solo
tramite basi empiriche;
anticipa, nella grande distanza inserita tra il mondo di Dio e quello dell’uomo, alcuni temi
che verranno sviluppati dalla Riforma Protestante;
si dimostra politicamente ostile alla teocrazia medievale, proclamando la totale
indipendenza dello Stato dalla Chiesa e gettando le basi della politica moderna.
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