Capitolo 4. Il contributo di Boole alla logica.

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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Capitolo 4. Il contributo di Boole alla logica.
4.1. Prima di Boole.
L’opera di Boole è considerata una pietra miliare per la logica; il suo contributo
non può essere compreso ed apprezzato senza che venga inquadrato nella cultura
matematica del suo tempo e del suo paese. Per la peculiarità della produzione
scientifica che si vuole illustrare, è bene prendere in considerazione lo stato delle
ricerche in Algebra e Logica che hanno influito direttamente sulla formazione del
pensatore.
George Boole
(1815 – 1864)
4.1.1. La situazione dell’Algebra nel Regno Unito. Alla fine del XVIII secolo, nel Regno Unito (che
in quei giorni comprendeva sia la Gran Bretagna che l’Irlanda) si assisteva ad un progressivo isolamento dalle linee di ricerca attive nel resto di Europa. Dal punto di vista politico, questo isolamento
era, forse, una risposta ai sommovimenti rivoluzionari che stavano scuotendo il continente europeo.
La stagione delle rivoluzioni, anticipata in Gran Bretagna e seguita poi dalla rivoluzione americana,
spingeva i sudditi del Regno Unito a tentare di tenersi alla larga da quanto succedeva altrove.
Il motivo scientifico, una sorta di rifiuto ad immischiarsi in cose che provenivano
da Francia, Italia e Germania, allora nazioni leader per lo sviluppo della Matematica, era anche motivato da una polemica sorta all’inizio del XVIII secolo che aveva
occupato buona parte del secolo stesso, sulla priorità-paternità del Calcolo
Isaac Newton
(1642 - 1727)
analitico, tra Newton e Leibniz, continuata in modo acceso dai sostenitori dei due
matematici. Ciò aveva creato una frattura tra la Matematica del continente e quella
inglese. Nel continente le derivate venivano indicate con la scrittura ‘frazionaria’
d
, mentre in Inghilterra prevaleva la notazione flussionale (usata ancora oggi di
dx
preferenza dai fisici) in cui la derivata è indicata mediante un punto. Ad esempio
nel 1801, uno dei più fortunati trattati di Analisi matematica le Istituzioni analitiMaria G. Agnesi
(1718 – 1799)
che ad uso della gioventù italiana, di Agnesi è stato tradotto in Inglese come testo
e come notazioni, per adattarle allo stile del calcolo delle flussioni.
La situazione di isolamento culturale era sembrata insostenibile ad alcuni studiosi di Cambridge. In
particolare Robert Woodhouse (1773 – 1827) aveva iniziato (1803) a criticare la posizione di ostracismo per i risultati ottenuti sul continente.
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Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Attorno a lui si riuniscono alcuni giovani e tra essi Babbage e
Peacock. Si deve a questo movimento culturale, indicato col
nome di Analytical Society, il cui primo risultato fu la pubblicazione nel 1816 della traduzione inglese del Traité de calcul
Charles Babbage
(1792 – 1881)
différentiel et intégral di François Lacroix (1765 – 1843), uscito a Parigi tra il 1797 e il 1800. In questa traduzione si usavano
George Peacock
(1791 – 1858)
per la prima volta, nel Regno Unito, i simboli leibniziani e il testo veniva poi integrato con due volumi contenenti esempi ed esercizi. Poco dopo, a cura di Babbage e di Herschel , appare un saggio dal titolo The principle of the pure D-ism in opposition to the Dot-age of the university. La campagna condotta dalla Analytical
Society si può dire conclusa nel 1830.
Il compito di questi giovani studiosi non si esauriva nella traduzione e nella
John William Herschel
(1792 – 1881)
divulgazione delle notazioni di Leibniz. Come ‘sottoprodotto’ del nuovo
clima culturale che li aveva portati a prendere posizione contro la tradizione
inglese, essi rivolgevano un’attenzione non già al contenuto, ma alla forma delle dimostrazioni, slegandola dal supporto geometrico prediletto da Newton. Per questi studiosi la Matematica pura applica proprietà formali in campi diversi. Un esempio per tutti: in Analisi matematica si dimostra la
cosiddetta regola della catena, cioè della derivata di funzione di funzione. La dimostrazione richiede
attenzione, ma la formula che spesso viene usata anche solo per scopi mnemonici, ponendo y = g(x)
e (f◦g)(x) = f(y) è
df ( y ) df dy
=
⋅ , proponendo così un’improbabile semplificazione tra ‘numeratodx
dy dx
re’ e ‘denominatore’ delle ‘frazioni’ differenziali.
Così la matematica si libera del cliché di scienza delle quantità e delle grandezze, per iniziare un
percorso di scienza delle forme.
È sintomatico del cambiamento in atto che l’attenzione dei membri della Analytical Society si rivolga maggiormente all’Algebra, che non vedono più nel modo tradizionale, come generalizzazione
dei fatti aritmetici, ma pensandola da un punto di vista strutturale. Si fanno carico di affermare, inoltre, l’indipendenza dell’Algebra dalla Geometria e cercano di dare una giustificazione al problema logico degli immaginari, che era ancora ampiamente dibattuto.
Nel continente qualche cosa stava muovendosi nella stessa direzione. Ad esempio François-Joseph
Servois (1767 – 1847) con un articolo del 1814 aveva presentato una sistemazione del cosiddetto
principio di separazione dei simboli, l’affermazione, cioè, di ritenere indipendenti i risultati
dell’applicazione delle operazioni analitiche dagli argomenti cui venivano applicati, cercando di in-
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dividuare le proprietà algebriche che governano le operazioni analitiche stesse,
anticipando così l’idea moderna che tali operazioni siano degli operatori funzionali. Afferma Gregory :
«Nell’algebra ordinaria si ha un certo numero di teoremi che, malgrado sembrino dimostrati
soltanto per i simboli che rappresentano numeri, ammettono un’applicazione più estesa. Tali
teoremi dipendono soltanto dalle leggi di combinazione a cui i simboli sono sottoposti, e quinDuncan Gregory
di sono veri per tutti i simboli, quale che sia la loro natura, che sono sottoposti alle stesse leggi
(1813 – 1844)
di combinazione. Le leggi di cui trattiamo sono poche e possono essere espresse come segue:
siano a e b due operazioni e u e v due loro possibili argomenti; allora le leggi sono: 1) ab(u) = ba(u); 2) a(u+v) =
a(u) + a(v); 3) aman(u) = am+n(u). La prima di queste leggi è chiamata commutativa, la seconda distributiva,…
Che queste siano le leggi usate nella dimostrazione dei principali teoremi in algebra può essere facilmente dimostrato da un breve esame dei procedimenti; ma esse non sono limitate ai simboli dei numeri: si applicano anche
al simbolo usato per denotare la differenziazione. Infatti se u è una funzione di due variabili x e y, da noti teoremi
d d
d d
del calcolo differenziale si ha
(u ) =
(u ) … » (da Mangione & Bozzi (1993)) 1
dx dy
dy dx
Nello stesso anno Herschel riprende le idee di Servois e poi le ripresenta nel 1820 in trattati
sull’analisi. L’applicazione del principio di separazione ed un trattamento più algebrico si incontra
in un saggio di Woodhouse del 1834. Peacock compie un’ulteriore generalizzazione e presenta una
distinzione tra scienze “speculative” (astratte) e “fisiche” (applicate). Afferma infatti:
«Nelle scienze speculative consideriamo soltanto i risultati della scienza stessa e il rigore logico del ragionamento con cui essi vengono dedotti dai primi principi assunti e tutte le nostre conclusioni posseggono la necessaria
esistenza indipendentemente dalla interpretazione più o meno aderente della natura delle cose. Nelle scienze fisiche i nostri ragionamenti si basano ancora sui primi principi assunti, e analogamente osserviamo l’accuratezza
logica delle deduzioni; ma tanto nei principi quanto nelle conclusioni dedotte guardiamo al mondo esterno che ci
fornisce attraverso l’interpretazione principi e conclusioni corrispondenti… Pertanto i principi primi … nelle
scienze fisiche, non essendo assunzioni arbitrarie né verità necessarie, ma facendo parte delle proposizioni che
costituiscono la scienza, non possono mai cessare di essere indagati ed esaminati in qualche punto delle nostre
ricerche… Ma nelle scienze astratte come la geometria e l’algebra i principi che ne costituiscono il fondamento
rappresentano anche il limite proprio della nostra ricerca, perché, se in qualche modo quelle scienze speculative
sono connesse con le scienze fisiche, la connessione è arbitraria e non tocca la verità delle nostre conclusioni,
che riguarda soltanto la connessione coi principi primi e non richiede, benché permetta, l’aiuto
dell’interpretazione fisica.» (da Mangione & Bozzi (1993)).
Peacock tenta di applicare concretamente queste idee all’algebra e pubblica nel 1830 il Treatise on
algebra. Di esso interessa principalmente la seconda edizione pubblicata in due volumi nel 1842 e
nel 1845. Il secondo è dedicato all’algebra simbolica ed in esso afferma che il “significato” delle
operazioni dipende dai postulati e non dall’interpretazione dei simboli. In questa affermazione c’è il
germe del fatto che un sistema ipotetico deduttivo sia suscettibile di diverse interpretazioni, proprio
negli stessi anni in cui si elaboravano le geometrie non euclidee.
Il limite delle posizioni di Peacock consiste nel fatto che non riesca a sganciarsi
del tutto dalla semantica ‘intesa’ e sottintesa dell’algebra come generalizzazione
di situazioni matematiche specifiche. Giunge infatti alla enunciazione del PrinciHermann Hankel
(1839 – 1873)
pio di permanenza delle forme equivalenti, anticipando il più famoso Principio di
1 Mangione C. & Bozzi S. (1993). Storia della Logica. Da Boole ai nostri giorni. Garzanti: Milano. Da questo testo si traggono mol-
te idee e citazioni de presente capitolo.
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permanenza delle leggi formali, enunciato nel 1867 da Hankel che ispira la costruzione dei sistemi
numerici e il concetto di estensione di campi. In base a tale principio, Peacock vede il ragionamento
simbolico come estensione delle consuete proprietà delle operazioni sui numeri reali a domini più
ampi di oggetti, mantenendo la stessa struttura formale e lasciando cadere le limitazioni
nell’effettuazione delle cosiddette ‘operazioni inverse’.
Nel dibattito sull’algebra si inserisce William Rowan Hamilton, che pur
non facendo parte della Analytical Society è in rapporto, talora molto critico, con i suoi adepti. W.R. Hamilton individua tre diversi aspetti
dell’algebra: il pratico, il filologico e il teoretico. La scuola di Cambridge
William Rowan Hamilton
(1805 – 1885)
per lui era da considerare filologica, in quanto considera l’algebra un linguaggio. L’atteggiamento pratico è proprio di chi considera la disciplina
come uno strumento, mentre quello teoretico è propri di chi usa l’algebra per la contemplazione. Per
W.R. Hamilton l’algebra non può essere assolutamente astratta e quindi afferma che parlare di
scienza per un insieme di simboli e regole per gestirli sia una “cortesia esagerata”. Concorda però
con gli studiosi di Cambridge che non si possa più considerare la matematica come “teoria delle
grandezze”. Gli aspetti linguistici e simbolici, pur essendo importanti sono un primo passo e bisogna puntare a cercare il contenuto puro dei simboli che lui riconosce nel tempo, al modo di Kant,
come possibilità di ordinare in modo progressivo. Ciò che pone Hamilton su una posizione diversa
rispetto ai suoi contemporanei è la sua ricerca di un modello e, nello stesso tempo una fondazione
che giustifichi razionalmente la validità e l’applicabilità delle regole algebriche. Questa ricerca lo
porta da un lato alla giustificazione “logica” dei numeri complessi come coppie ordinate di numeri
reali (1833) e poi (1853) all’introduzione dei quaternioni, come campo non commutativo.
Quest’ultima proposta fece molto scalpore perché violava la diffusa sensazione che i numeri reali
costituissero il modello (unico) dell’algebra.
4.1.2. La Logica inglese prima di Boole. L’indagine logica alla fine del XVIII secolo e all’inizio del XIX era concentrata ancora sul
sillogismo (cfr. Cap.2) . In particolare sviluppando idee di Eulero
e Leibniz (cfr. 2.5.) si investigava lo strumento logico dal punto di
Eulero
(1707 – 1783)
vista estensionale. Condorcet aveva, di nuovo, messo in evidenza
il ruolo di meccanismo insito nel trattamento del sillogismo come
Condorcet
(1741 – 1794)
argomentazione rigorosa, primo passo per il raggiungimento di una perfetta arte del ragionare. Con
la Dialectique rationelle (1816 – 1817) Joseph-Diez Gergonne (1771 – 1859) afferma che la perfezione auspicata da Condorcet si sarebbe potuta ottenere meccanizzando l’argomentazione.
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Per realizzare il suo piano propone di utilizzare cinque relazioni tra le estensioni del soggetto e del
predicato, di cui fornisce una rappresentazione grafica
S
P
S
P
SHP
S
P
SXP
SP
SIP
S
SCP
P
S⊃P
L’autore spiega i motivi dei simboli usati come segue:
«I segni che caratterizzano queste relazioni sono stati scelti in quello che ci sembrato il modo migliore per collegare il segno alla cosa significata, il che stimo di una certa importanza, per quanto a prima vista ciò possa apparire puerile. La lettera H, iniziale della parola Hors designa il sistema di due idee completamente esterne l’una
all’altra, come appunto sono le due sbarre verticali di questa lettera. Queste due sbarre possono poi essere considerate incrociate a formare la lettera X con la quale si intende indicare il sistema di due idee che in qualche modo
si intersecano. Infine le due sbarre possono coincidere sì da formare la lettera I che usiamo per rappresentare il
sistema di due idee esattamente coincidenti l’una con l’altra; inoltre questa lettera è l’iniziale della parola Identità, denominazione opportuna per il tipo di relazione in questione. Si noti che le tre lettere H, X, I sono simmetriche proprio come le relazioni che esse debbono rappresentare, cosicché non cambiano il loro aspetto se sono rovesciate. Questo non avviene per la lettera C che una volta rovesciata diventa ⊃ 2; quindi abbiamo riservato questa lettera per indicare una relazione nella quale le due idee hanno un ruolo differente, una relazione che non è in
generale reciproca. Questa lettera inoltre è l’iniziale comune di entrambe e parole Contenente e Contenuto che
esprimono adeguatamente la relativa situazione delle due idee»
(da Mangione & Bozzi
(1993)).
L’attenzione che Gergonne riserva per i simboli da usare deriva, forse, da una prima intuizione sul ruolo degli insiemi e delle operazioni tra esse, divenendo i cerchi
impiegati per rappresentare, in certo senso, un esempio di oggetti simbolici su cui
Charles Peirce
(1839 – 1914)
operare.
Con l’uso di queste cinque relazioni i quattro tipi di enunciati del sillogismo aristo-
telico possono essere tradotti in vari modi, secondo lo schema seguente:
A) Ogni S è P
SIP oppure SCP
I)
Qualche S è P
SXP oppure SIP oppure SCP oppure S⊃P
E) Nessun S è P
SHP
O) Qualche S non è P
SHP oppure SXP, oppure S⊃P
Per giustificare con queste cinque relazioni il sillogismo nelle sue forme tradizionali, bisogna richiedere che le estensioni siano non vuote. Tra le estensioni di un soggetto ed un predicato sussiste
una ed una sola di queste relazioni, che pertanto sono esaustive (a differenza di quanto avviene con
le forme tradizionali poste nella prima colonna della tavola precedente) e ‘disgiunte’.
2 Nel quinto disegno Gergonne usa una C rovesciata che non sono riuscito a riprodurre con un carattere per cui ho usato il simbolo
insiemistico (che è derivato da tale carattere rovesciato). In questa proposta compare esplicitamente, per la prima volta nella Logica
moderna il concetto di inclusione (propria), rappresentato simbolicamente. L’analisi del concetto sarà indagata in modo sistematico
da Peirce nel 1870.
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Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Con questa proposta si ha una notevole semplificazione del sillogismo perché le prime tre relazioni
sono simmetriche e le ultime due sono la conversa una dell’altra. Assunta quindi una qualunque figura tradizionale del sillogismo (cfr. 2.3.2.), ad esempio la seconda
P…M
S…M
S…P
se si inseriscono, al posto dei puntini, le possibili relazioni tra ‘idee’, per ogni fiBernhard Bolzano
(1791 – 1848)
gura si ottengono 53 possibilità tra cui individuare con le condizioni sui termini e
sulle proposizioni i sillogismi corretti.
Una citazione a parte merita Bolzano che con due opere: Dottrina della Scienza
(1837) e I paradossi dell’Infinito (pubblicati postumi nel 1851) elabora idee e
concetti che contribuiranno sia allo sviluppo della teoria degli
insiemi, sia alla nozione di conseguenza logica. L’opera di Bolzano non è ancora completamente nota, perché in vita ha pub-
Gerhard Gentzen
(1909 – 1945)
blicato poco e molti contributi all’Analisi matematica ed alla
Logica sono rimasti o incompiuti o devono ancora essere evi-
denziati nella grande quantità di scritti che ha lasciato in forma non definitiva. Ad
esempio nella Grössenlehre, opera incompiuta, mostra di avere chiara la distinzione tra aspetti semantici e sintattici, mentre nell’introduzione di Del metodo ma-
John Stuart Mill
(1806 – 1873)
tematico, opera altrettanto incompiuta, mostra come porre in equilibrio sintassi e semantica nelle
dimostrazioni e nelle definizioni, anticipando, di circa un secolo, studi di Gentzen. L’influenza
dell’opera di Bolzano è stata, purtroppo, nulla sui suoi contemporanei.
L’inizio del secolo XIX, probabilmente sotto la spinta delle opere di Kant, ha
mostrato poco interesse sulla Logica formale, ma ha dato contributi importanti
sulla Logica intesa come dottrina del sapere e dell’essere, attraverso gli studi dei
filosofi post-kantiani nel continente e di Mill, William Hamilton, da non confondersi con William Rowan Hamilton e Bentham. È da notare
che nel periodo di cui si sta parlando, la Logica era materia
William Hamilton
(1788 – 1856)
propedeutica obbligatoria delle università inglesi, ma non nella accezione della
Logica formale. Qualche contributo di Mill sembra sensibile al valore in sé
dell’argomentazione. I Lineamenti di un nuovo sistema di Logica (1827) di BenGeorge Bentham
(1800 – 1884)
tham, più noto come botanico, introducono la quantificazione del predicato:
«Nel caso in cui entrambi i termini di una proposizione siano entità collettive può avere luogo
identità o diversità: 1) Tra ogni individuo inteso dall’un termine e ogni individuo inteso dall’altro. Ad esempio:
L’identità tra triangoli equilateri e triangoli equiangoli. 2) Tra ogni individuo inteso dall’un termine e ognuno di
una parte soltanto degli individui intesi dall’altro. Ad esempio: l’identità tra uomini e animali. 3) Tra ognuno di
una parte soltanto degli individui intesi dall’un termine e ognuno di una parte soltanto degli individui intesi
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dall’altro. Ad esempio: l’identità tra i quadrupedi e gli animali che nuotano….Le proposizioni semplici considerate rispetto alle relazioni precedenti possono, di conseguenza, essere affermative o negative e ogni termine può
essere universale o parziale. Di conseguenza queste proposizioni sono riducibili alle otto forme seguenti, nelle
quali, allo scopo di astrarre ogni idea non connessa alla sostanza di ogni specie, ho espresso i due termini con le
lettere X e Y, la loro identità col segno matematico =, la diversità col segno ||, l’universalità con le parole in toto,
la parzialità con le parole ex parte; o, per brevità, premettendo le lettere t e p come segni di universalità e parzialità. Queste forme sono:
1. X in toto = Y ex parte
o
tX = pY
2. X in toto || Y ex parte
o
tX || pY
3. X in toto = Y in toto
o
tX = tY
4. X in toto || Y in toto
o
tX || tY
5. X ex parte = Y ex parte
o
pX = pY
6. X ex parte || Y ex parte
o
pX || pY
7. X ex parte = Y in toto
o
pX = tY
8. X ex parte || Y in toto
o
pX || tY.» (da Mangione & Bozzi (1993)).
Poi Bentham riduce gli otto casi a 5 relazioni (che di fatto ripetono quelle di Gergonne) e segnala
come particolarmente importante la relazione tX = tY.
Il problema della quantificazione del predicato ha avuto una notevole importanza nell’ambiente logico inglese, in quanto è stato oggetto di una polemica (gratuita) tra William Hamilton e Augustus
de Morgan. Negli anni ’30 del 1800 si stava discutendo sull’ importanza della
Matematica nell’educazione umanistica (caldeggiata da Whewell) cui Hamilton
aveva risposto con un saggio del 1836 invertendo i rapporti tra Logica e Matematica, in quanto riteneva che la Matematica non abbia alcun valore educativo, perché “blocca il pensiero” invece di educarlo. Per il filosofo Hamilton, fautore di un
William Whewell
(1794 – 1866)
approccio psicologistico alla Logica, l’impiego della quantificazione del predicato doveva essere strumento per una “nuova analitica” che completasse e semplifi-
casse la proposta aristotelica. Per questo propone una tabella di otto proposizioni categoriche 3:
U
I
A
Y
E
ω
η
O
Tutti gli S sono tutti i P
Alcuni S sono alcuni P
Tutti gli S sono alcuni P
Alcuni S sono tutti i P
Nessun S è nessun P
Alcuni S non sono alcuni P
Nessun S è alcun P
Alcuni S sono nessun P
Dove “tutti” va inteso collettivo e non distributivo e “alcuni” va inteso in ‘almeno alcuni e non tutti’. Appaiono evidenti le affinità con la sistemazione proposta da Bentham, quindi ogni pretesa di
originalità e paternità da parte di Hamilton è priva di fondamento, ed inoltre si erano occupati del
problema anche Lambert, Leibniz ed altri ancora.
3 La lista seguente non è quella originale di William Hamilton, ma è ripresa dall’opera di un suo discepolo, il quale ha aggiunto le
lettere.
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Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
La teoria della quantificazione del predicato semplifica la pratica della conversione, ma la proposta
di Hamilton non rappresenta un avanzamento nell’analisi del sillogismo e nello sviluppo della logica formale.
Alcuni studiosi hanno sostenuto che senza Hamilton non avrebbe potuto maturare il pensiero di Boole, sicuramente la polemica tra Hamilton e De Morgan è stata la causa che ha spinto Boole a scrivere nel 1847 The mathematical analysis of logic: being an essay toward a calculus of deductive
reasoning. I seguenti brani, tratto il primo da una lettera scritta da Hamilton a il 13 marzo 1847, e il
secondo dalla pronta risposta di De Morgan, mostrano a che punto era arrivata la disputa:
«Sembra che Lei rivendichi a se stesso la scoperta indipendente della teoria fondamentale del sillogismo che io
Le avevo comunicato privatamente. … Non posso ammettere questa pretesa, anche se intesa a rivendicare
un’originalità di seconda mano. Per me è manifesto che per quanto riguarda il principio della teoria Lei sia completamente indebitato con me; e non posso fare a meno di pensare che se Lei presenta questa teoria come frutto
di una speculazione del Suo pensiero (anche se riconosce a me la priorità sulla questione), ebbene Lei si rende
colpevole – mi perdoni la franchezza – di un abuso di fiducia nei miei riguardi e di condotta sleale nei riguardi
del pubblico.»
«Mi pregio di informarLa che attenderò fino al 10 del mese prossimo per una delle due cose: o una Sua ritrattazione o l’annuncio preciso del tempo e del luogo in cui Ella vorrà sostenere in pubblico la verità dell’accusa che
– mi scusi l’espressione – Ella ha osato avanzare contro di me. Se per la data sopra specificata non avrò ricevuto
una presa di posizione da parte sua in uno dei due sensi sopra citati, procederò immediatamente a stendere una
dichiarazione, della pubblicazione della quale, non occorre dirlo, Ella sarà debitamente avvertito» (da Mangione & Bozzi (1993)).
4.1.3. L’opera logica di De Morgan. La posizione di De Morgan nei confronti di Boole è abbastanza complessa. Dal punto di vista anagrafico sono quasi contemporanei, essendo nato il primo nel
1806 e l’altro nel 1815. Molto diverso è stato il camino accademico dei due: De Morgan a 17 anni
entra al Trinity College di Cambridge ove conobbe Peacock a Whewell. Non riesce a raggiungere
una carica all’Università di Cambridge per motivi religiosi. Nel 1828 viene chiamato alla University
of London (che diverrà poi la University College) come professore di Matematica, e in tale istituzione rimarrà fino alla morte nel 1871, a parte alcun brevi periodi in cui si allontanò
dall’insegnamento per motivi religiosi. De Morgan si colloca a pieno titolo tra partecipanti alla
Scuola di Cambridge.
George Boole, di famiglia assai modesta, studia come autodidatta le lingue classiche e moderne, poi
è costretto da motivi economici ad insegnare alla scuola elementare. Mentre insegna si rivolge, ancora come autodidatta, alla Matematica, e condivide le posizioni della Analytical Society, anche
come conseguenza della sua amicizia con Gregory. Dopo avere pubblicato alcune opere tra cui, nel
1847, l’importante Mathematical logic, viene chiamato nel 1849 come professore al Queen’s
College dell’Università di Cork (in Irlanda) ove insegna fino alla morte nel 1864.
De Morgan pubblica testi importanti anche prima del 1847; i temi che affronta in questo periodo
continuano ad influenzarlo anche dopo la pubblicazione di Mathematical logic. Ma poi si avverte
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Anno Accademico 2009/2010
l’influenza esercitata da Boole sulla sua produzione. E sarà poi lui a comunicare alle Transactions
di Cambridge un’opera postuma di Boole, divenendo da ‘precursore’ un ‘continuatore’ della rivoluzione iniziata dal suo più giovane collega.
De Morgan svolse la maggior parte delle sue ricerche nella sistemazione della logica classica e del
sillogismo (anche se è noto un criterio di De Morgan per la convergenza delle serie). Da un certo
punto di vista, nella polemica che ebbe con William Hamilton, il ruolo di entrambi era quello dei
sistematori della logica antica, piuttosto che quello degli innovatori.
A Boole si assegna, invece, il ruolo di promotore di una nuova concezione.
D’altra parte De Morgan anticipa temi della logica delle relazioni, famoso il suo ‘sillogismo’:
|
Il cavallo è un animale
|
La coda del cavallo è la coda di un animale
e in questo sicuramente De Morgan si pone in una posizione più avanzata di Boole.
Per quanto riguarda il sillogismo Boole affronta il processo inferenziale privilegiando in modo esclusivo l’uguaglianza di classi, quindi rimanendo nella considerazione del rapporto tra soggetto e
predicato, De Morgan accentra l’attenzione alle proprietà delle relazioni, promuovendole in tal modo a oggetti logici come non erano (quasi) mai stati. Propone inoltre di sostituire alla copula, presente in quasi tutte le presentazioni del sillogismo tradizionale una generica altra relazione che goda
delle stesse proprietà della copula, ma questo richiede, appunto, un’analisi delle proprietà stesse.
Il confronto tra le opera di Boole e di De Morgan potrebbe andare avanti ancora a lungo, ma qui
preferisco tratteggiare alcuni aspetti dell’opera del secondo, per mostrare come portino a compimento le idee della Analytical Society.
Vi è un complesso di scritti algebrici in cui, da una parte, De Morgan presenta i fondamenti
dell’Algebra, mettendo in luce il contrasto tra aspetto descrittivo ed aspetto formale ed operativo
della Matematica, dall’altra, illustra i rapporti tra Geometria sintetica e analitica (quando nei
College di lingua inglese, Geometria voleva dire esclusivamente Elementi di Euclide). Tali scritti si
inseriscono in un dibattito molto vivo, in epoca Vittoriana, tra coloro che nel Regno Unito volevano
promuovere l’importanza e la rilevanza sociale dell’insegnamento e della ricerca matematica contro
coloro che riconoscevano alla Matematica solo un ruolo applicativo. In certi momenti, il dibattito,
come visto anche in precedenza, si focalizza sulla contrapposizione tra logica e matematica (in connessione all’insegnamento universitario). Per questo la pubblicazione della Mathematical logic di
Boole ebbe una fondamentale importanza nel panorama culturale del Regno Unito.
Nel volume On triple algebra pubblicato nel 1844, in cui risente delle posizioni di William Rowan
Hamilton, De Morgan esplicita l’esigenza di una analisi logica dell’Algebra, distinguendo tra 1) Algebra logica, la scienza che tratta l’attribuzione di significato ai simboli primitivi e
dell’interpretazione dei risultati simbolici; 2) Algebra tecnica che sarebbe l’arte di usare i simboli
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Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
sulla base delle regole stabilite. La prima è garanzia del processo ipotetico-deduttivo e formale della
disciplina.
L’altra parte maggiore della produzione di De Morgan è relativa al sillogismo. Sull’argomento scrive 6 memorie dal titolo cumulativo On the syllogism che iniziano ad apparire nel 1846 e continuano
fino la 1868. In particolare il volume Formal logic, venne pubblicato nel 1847 lo stesso giorno di
Mathematical logic di Boole. Dalla terza memoria in poi compaiono i primi riflessi delle proposte
booleane; d’altra parte alcune delle idee di De Morgan influenzano il suo collega più giovane, ad
esempio l’uso di termini positivi e termini “contrari”, il concetto di universo del discorso e
l’esplicitazione di quelle che oggi sono indicate come Leggi di De Morgan.
Un brano del Syllabus of a proposed system of logic, del 1860 chiarisce bene le posizioni
dell’autore, che si possono ritenere implicite in molte ricerche svoltesi sotto l’egida della Analytical
Society:
«1. La logica analizza le forme, o le leggi di attività del pensiero. 2. La logica è formale, non materiale: essa
considera la legge di attività indipendentemente dalla materia su cui agisce. Essa non è psicologica né metafisica: essa non considera né la mente in sé né la natura delle cose in se stesse; ma la mente in relazione alle cose e
le cose in relazione alla mente. Cionondimeno , essa è psicologica nella misura in cui si occupa dei risultati della
costituzione della mente; ed è metafisica nella misura in cui si occupa del retto uso di nozioni circa la natura e la
dipendenza delle cose che, siano esse vere o false, in quanto rappresentazioni dell’esistenza reale intervengono
nei modi comuni di pensare di tutti gli uomini.» (da Mangione & Bozzi (1993)).
Le novità proposte da De Morgan nel Syllabus sono le seguenti: i termini negativi vengono indicati
con la stessa lettera dei termini positivi, ma i positivi con le maiuscole e i negativi con le minuscole;
la considerazione dell’universo del discorso, nel senso che un qualunque termine (positivo) X assieme al suo contrario x, esauriscono l’universo, qualunque esso sia; l’universo non è vuoto, quindi
X oppure x non possono riferirsi entrambi a domini vuoti.
Con queste premesse, perde di rilevanza il problema delle ‘non entità’ cioè quello delle classi vuote
e del riflesso esistenziale delle proposizioni universali. Di fatto, inoltre, scompare la differenza tra
proposizioni affermative e negative. Così si hanno otto proposizione categoriche
1. Tutti gli X sono Y
2. Tutti gli x sono Y
Universali
3. Tutti gli X sono y
4. Tutti gli x sono y
5. Alcuni X sono Y
6. Alcuni x sono Y
Particolari
7. Alcuni X sono y
8. Alcuni x sono y
La proposta di De Morgan è innovativa anche per quanto riguarda il simbolismo, di cui tuttavia
presenta varie versioni. La definitiva si può ritenere quella del Syllabus, in cui indica come vengano
distribuiti i termini e la qualità affermativa o negativa, tutto ciò mediante simboli molto semplici: le
parentesi e i punti.
108
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Per chiarire: per indicare che un termine è distribuito (ovvero preso universalmente, cfr. 2.4.1.), usa
una parentesi rotonda (che chiama spicula) immediatamente prima o dopo il nome del termine, con
la concavità rivolta verso il termine, mentre per indicare che il termine non è distribuito usa la parentesi con la convessità verso il termine. Le otto proposizioni indicate sopra divengono
1. X))Y
1. Tutti gli X sono Y
2. Tutti gli x sono Y
2. x))Y
Universali
3. Tutti gli X sono y
3. X))y
4. Tutti gli x sono y
4. x))y
5. Alcuni X sono Y
5. X()Y
6. x()Y
6. Alcuni x sono Y
Particolari
7. X()y
7. Alcuni X sono y
8. x()y
8. Alcuni x sono y
Per indicare la presenza della negazione, ad esempio, per esprimere che ‘Tutti gli X non sono Y’, De
Morgan utilizza la simbolizzazione di ‘Tutti gli X sono Y’ introducendo un puntino: X).)Y. Si noti
che non si tratta della negazione di ‘Tutti gli X sono Y’, che è ‘Alcuni X non sono Y’, simbolizzato
da X(.(Y.
Alcuni aspetti complessi del sillogismo tradizionale vengono ora spiegati mediante l’uso dei simboli. Ad esempio si può cambiare la distribuzione dei termini scambiando concavità e convessità delle
parentesi; poi due punti si annullano e sulla base di ciò è possibile cambiare un termine col corrispondente negativo e al contempo modificare la qualità della proposizione. Così ciascuna delle otto
proposizioni della tabella ammette quattro forme equivalenti:
1.
2.
Universali
3.
4.
5.
6.
Particolari
7.
8.
Tutti gli X sono Y
Tutti gli x sono Y
Tutti gli X sono y
Tutti gli x sono y
Alcuni X sono Y
Alcuni x sono Y
Alcuni X sono y
Alcuni x sono y
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
X))Y
x))Y
X))y
x))y
X()Y
x()Y
X()y
x()y
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
(a)
(b)
(c)
(d)
X))Y = X).(y = x((y = x(.)Y
x))Y = x).(y = X((y = X(.)Y
X))y = X).(Y = x((Y = x(.)y
x))y = x).(Y = X((Y = X(.)y
X()Y = X(.(y = x)(y = x).)Y
x()Y = x(.(y = X)(y = X).)Y
X()y = X(.(Y = x)(Y = x).)y
x()y = x(.(Y = X)(Y = X).)y
Tabella 1
È sorprendente come questo modo di esprimere le proposizioni permetta di gestire le trasformazioni
(per equivalenza logica) delle stesse in modo da rispettare le regole della logica classica. Ad esempio le frasi universali si possono tutte simbolizzare nel modo, oggi, consueto come ∀u(φ(u) →
ψ(u)) e le frasi particolari come ∃u(φ(u) ∧ ψ(u)), ove φ(u) è sempre X(u) o ¬X(u), mentre ψ(u) è
sempre Y(u) oppure ¬Y(u). Si possono allora ‘parafrasare’ la terza e quarta colonna della tabella
precedente scrivendo
109
Capitolo 4
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Il contributo Boole alla logica
∀u(X(u) → Y(u))
∀u(¬X(u) → Y(u))
∀u(X(u) → ¬Y (u))
∀u(¬X(u) → ¬Y (u))
∃u(X(u) ∧ Y(u))
∃u(¬X(u) ∧ Y(u))
∃u(X(u) ∧ ¬Y(u))
∃u(¬X(u) ∧ ¬Y(u))
⇔ ¬∃u(X(u)∧¬Y(u)) ⇔ ∀u(¬Y(u)→¬X(u)) ⇔ ∀u(¬X(u)∨Y(u))
⇔ ¬∃u(¬X(u)∧¬Y(u)) ⇔ ∀u(¬Y(u)→X(u)) ⇔ ∀u(X(u)∨Y(u))
⇔ ¬∃u(X(u)∧Y(u)) ⇔ ∀u(Y(u)→¬X(u)) ⇔ ∀u(¬X(u)∨¬Y(u))
⇔ ¬∃u(¬X(u)∧Y(u)) ⇔ ∀u(Y(u)→X(u)) ⇔ ∀u(X(u)∨¬Y(u))
⇔ ¬∀u(X(u)→¬Y(u)) ⇔ ¬∀u(¬X(u)∨¬Y(u)) ⇔ ¬∀u(Y(u)→¬X(u))
⇔ ¬∀u(¬X(u)→¬Y(u)) ⇔ ¬∀u(X(u)∨¬Y(u)) ⇔ ¬∀u(Y(u)→X(u))
⇔ ¬∀u(X(u)→Y(u)) ⇔ ¬∀u(¬X(u)∨Y(u)) ⇔ ¬∀u(¬Y(u)→¬X(u))
⇔ ¬∀u(¬X(u)→Y(u)) ⇔ ¬∀u(X(u)∨Y(u)) ⇔ ¬∀u(¬Y(u)→X(u))
Tabella 2
In ogni riga della quarta colonna della Tabella 1, compare una ed usa sola scrittura con entrambi i
termini positivi (messa in risalto dall’uso del grassetto). Con lo stesso colore, nella Tabella 2 si sono
evidenziate le proposizioni che sono in contraddizione.
Si possono assumere tali otto proposizioni come rappresentanti delle altre e così De Morgan ottiene
otto proposizioni fondamentali (alcune delle quali lette opportunamente):
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
X))Y
X(.)Y
X).(Y
X((Y
X()Y
X).)Y
X(.(Y
X)(Y
Tutti gli X sono Y
Ogni cosa [dell’universo del discorso] è X oppure Y (o entrambi)
Nessun X è Y
Alcuni X sono tutti gli Y [oppure Tutti gli Y sono X]
Alcuni X sono Y
Tutti gli X non sono alcuni Y [oppure Alcuni Y non sono X]
Alcuni X non sono Y
Alcune cose [dell’universo del discorso] non sono né X né Y.
La lettura della 8 si comprende meglio se si scrive X)..(Y e ricordando che i due puntini si ‘elidono’.
Anche la 2 è una interpretazione che non si trova nel sillogismo tradizionale: essa è equivalente ad
una frase universale negativa. Infatti Tutti gli x sono Y, con i simboli adottati si può esprimere dicendo Ogni cosa [dell’universo del discorso] che non sia X è Y.
(Nel disegno il rettangolo con il bordo continuo rappresenta l’estensione di
Y
X
X, mentre quello con il bordo tratteggiato rappresenta l’estensione di Y;
l’unione ‘ricopre’ tutto l’universo del discorso, quindi potrebbe essere una
partizione dell’universo del discorso). Per meglio comprendere la differenza tra la 2 e la 3, si confronti con la ‘traduzione’ della 3 mediante un
Y
X
diagramma di Eulero:
Per altro la 3 non esclude che l’estensione di X e quella di Y rappresentino una partizione
dell’universo del discorso, quindi per particolari termini X e Y, 2 e 3 possono essere equivalenti.
Per l’equivalenza (in logica classica) tra l’implicazione e la negazione della protasi disgiunta con
l’apodosi, e ricordando che due negazioni ‘affermano’ si ha la forma della 2 riportata sopra in cui
interviene la disgiunzione delle due frasi affermative e in cui il quantificatore universale garantisce
l’esaustività (dell’universo del discorso).
110
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Si noti che gli enunciati del sillogismo tradizionale sono riconoscibili come quelli qui enumerati
come 1 (A), 5 (I), 3 (E) e 7 (O); si noti inoltre che in questi casi la parentesi rivolge la concavità
verso il termine garantendo,coerentemente con quanto detto in 2.4.1., che il termine è distribuito o
preso universalmente.
Anche la 8 non si ritrova nel sillogismo tradizionale essendo la negazione della 2, come mostra la
tabella 2. La 8 garantisce che le estensioni di X e di Y non possono essere una partizione
dell’universo del discorso e neppure che l’unione delle loro estensioni esaurisce l’universo del discorso. Quindi la 8 può essere compatibile con la 3, se non avviene che le estensioni di X e di Y siano una partizione dell’universo del discorso.
In questa formulazione del sillogismo il quadrato delle proposizioni (cfr. 2.3.4.) si arricchisce di
rapporti. Sono coppie contraddittorie quelle tradizionali 1 – 7 e 3 – 5, con l’aggiunta di 2 – 8. Apparentemente manca la coppia 4 – 6, ma si tratta scambi del soggetto e del predicato per cui 4 si comporta come 1 e 6 si comporta come 7, quindi, volendo si possono aggiungere alle coppie di proposizioni contraddittorie. La contraddittorietà si coglie dal fatto che in ciascuna coppia una sola presenta
un puntino e la concavità delle parentesi è scambiata.
Con questo simbolismo, De Morgan ha successo nel sistemare il sillogismo nei suo vari aspetti, ma
ha bisogno di scambiare il posto delle premesse, facendo diventare maggiore (quella che presenta il
predicato della conclusione) come seconda e minore (quella che presenta il soggetto come prima).
Presenta inoltre quattro schemi generali di deduzione:
1. )) ))
))
2. () ))
()
3. (( ()
()
4. ((
((
((
Prendendo i tre termini X, Y e Z e le loro negazioni x, y, z. Le possibili disposizioni in cui non può
essere presente una stessa lettera due volte maiuscola e minuscola, si ottengono 8 casi:
1. XYZ, 2. XYz, 3. XyZ, 4. Xyz, 5. xYZ, 6. xYz, 7. xyZ, 8. xyz .
Inserite queste terne nei quattro schemi e considerando anche altri schemi in cui le premesse sono
(), ((; )), (); ecc.. si avrebbero a 64 sillogismi, di cui però sono corretti solo 32 (più dei 19-24 tradizionali) così suddivisi: 8 sillogismi universali (con premesse e conclusioni universali), 8 minoriparticolari (con premessa minore e conclusione particolari), 8 maggiori particolari (con premessa
maggiore e conclusione particolari) e 8 particolari rafforzate (entrambe premesse universali ma
conclusione particolare).
Le regole seguite per l’esclusione dei 32 dei possibili 64 sillogismi sono date dal fatto che in presenza di almeno una premessa universale il termine medio deve essere preso universalmente (o distribuito, come dice De Morgan) una sola volta. Poi la conclusione si ottiene cancellando i termine
medio e le parentesi ad esso aderenti. Ad esempio De Morgan formula Barbara come
Tutti i Greci sono Uomini, Tutti gli Uomini sono Mortali
111
G))U
U))M
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Tutti i Greci sono Mortali
G))M
(si noti che si deve a De Morgan il termine di ‘transitivo’ per la proprietà delle relazioni);
Alcuni Bugiardi sono tutti i Cretesi, Alcuni Cretesi sono Ladri
Alcuni Bugiardi sono Ladri
B((C
Nessun Cretese è Veritiero, Tutti sono Veritieri oppure Bugiardi
Tutti i Cretesi sono Bugiardi
C).(V
V(.)B .
C)..)B cioè C))B
C()L
B()L
Con questa presentazione diventa superflua la nozione di termini presi universalmente, in quanto la
distribuzione è chiaramente indicata, spariscono le quattro figure del sillogismo tradizionale, divengono superflue le conversioni e si possono eliminare alcune forme ridondanti. De Morgan risolve
alcuni problemi lasciati aperti da William Hamilton.
De Morgan affronta con questo strumento simbolico (introducendo alcuni altri simboli) sillogismi
composti, numericamente definiti, sillogismi dall’asserzione indecisa (con determinazioni numeriche di probabilità) e altre forme. Si può ritenere la proposta presentata la più completa realizzazione
degli aspetti formali studiati dalla Analytical Society.
Si deve a De Morgan l’analisi della copula e il superamento di essa con l’individuazione del ruolo
delle proprietà transitiva e simmetrica delle relazioni. Mediante esse offre un’ulteriore generalizzazione del sillogismo tradizionale in cui viene posto in condizioni di anticipare la composizione di
relazione (solitamente detta composizione di Peirce, per l’uso che ne farà in seguito il filosofo statunitense).
4.2. L’opera di Boole.
L’approccio di Boole alla logica risente fortemente degli studi algebrici della Analytical Society: egli infatti cerca di ricondurre la logica ad un’algebra di un sistema che assomiglia, per certi versi,
all’aritmetica dei numeri reali. Ma procediamo con ordine.
4.2.1. Influenza della disputa tra De Morgan e William Hamilton. Come si è detto, le posizioni dei
due ‘contendenti’ non erano così distanti da quanto le lettere da essi scambiate fanno intravedere.
Qui interessa comprendere i riflessi che tale polemica hanno avuto su Boole, divenendo la causa
‘scatenante’ della sua elaborazione culminata nel 1847 con la pubblicazione di The mathematical
analysis of logic: being an essay towards a calculus of deductive reasoning. Nella prefazione di tale
opera egli scrive:
«Nella primavera di quest’anno la mia attenzione fu attratta dalla disputa allora sorta fra Sir W. Hamilton e il
professor De Morgan; e fui indotto dall’interesse che la ispirava a riesumare trame, ormai quasi dimenticate, di
indagini precedenti. Mi sembrava che, malgrado la logica possa essere riguardata con riferimento all’idea di
quantità, essa fosse caratterizzata anche da un altro e più profondo sistema di relazioni. Se era legittimo riguar112
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
darla dall’esterno come una scienza che attraverso la mediazione del Numero si connette con le intuizioni di spazio e tempo, era legittimo anche riguardarla dall’interno come basata su fatti di ordine diverso che hanno la loro
sede nella costituzione della mente. […] Coloro che hanno familiarità con lo stato attuale della teoria
dell’algebra simbolica sono consapevoli che la validità dei procedimenti dell’Analisi non dipende
dall’interpretazione dei simboli che vi sono impiegati, ma soltanto dalle leggi che regolano la loro combinazione.
Ogni sistema di interpretazione che non modifichi la verità delle relazioni che si suppone esistano tra tali simboli
è ugualmente ammissibile, ed è così che il medesimo processo può, secondo uno schema di interpretazione, rappresentare la soluzione di una questione riguardante le proprietà dei numeri, secondo un altro schema quella di
un problema di geometria e, secondo un altro ancora, quello di un problema di dinamica o di ottica. Questo principio possiede un’importanza fondamentale e si può affermare che i recenti progressi dell’Analisi pura sono stati
in larga misura promossi dall’influenza che esso ha esercitato nel dirigere l’indirizzo della ricerca. […] la caratteristica che definisce un calcolo autentico consiste in questo: che esso è un metodo fondato sull’impiego di simboli le cui leggi di combinazione sono note e generali, e i cui risultati ammettono un’interpretazione coerente. Il
fatto che alle forme oggi esistenti in Analisi venga assegnata un’interpretazione quantitativa è il risultato delle
circostanze che determinarono il sorgere di tali forme, e noi non dobbiamo farne una condizione universale
dell’Analisi. Sulla base di questo principio generale, io intendo appunto fondare il calcolo logico, e reclamare per
esso un posto fra le forme di analisi matematica ormai generalmente riconosciute, senza tenere conto del fatto
che, dati il suo soggetto e gli strumenti di cui si avvale, esso deve, per il momento, rimanere isolato. » (da
Mangione & Bozzi, 1993).
Da questo brano abbiamo l’informazione che l’argomento ‘Logica’ era presente da tempo nella
mente di Boole, ma solo la polemica epistolare di cui si è detto sopra, ha messo in giusto valore il
tipo di riflessioni che egli aveva svolto, facendo loro assumere dignità di pubblicazione. Il titolo
dell’opera è di per sé un manifesto in cui l’autore si schiera a favore della matematica nei riguardi
della Logica, non per una sterile contrapposizione, ma perché ritiene che la matematica includa la
logica stessa. La seconda parte illustra la posizione assunta da Boole nei confronti dei risultati della
Analytical Society. Per lui, il calcolo, anche se nato in un contesto numerico, ha una natura formale
che ha permesso all’Analisi matematica nuovi risultati. Ma è la natura formale la cosa importante
perché da questa sono possibili diverse interpretazioni, come dice Boole, con cui risolvere problemi
in vari ambiti differenti. Questo atteggiamento si può fare risalire alle intuizioni di Leibniz. Le affermazioni sopra riportate fanno ritenere l’opera del 1847 una sorta di manifesto che propone una
origine e natura della Logica del tutto nuova nel panorama culturale del tempo. D’altra parte nel
brano presente c’è la reminiscenza della impostazione filosofica kantiana, come per affermare che
anche ciò di cui si sta occupando ha la dignità di una scienza, perché trae la sua ispirazione dai giudizi sintetici a priori.
In un brano tratto dall’opera An investigation of the laws of thought, on which are founded the
mathematical theories of logic and probabilities, del 1854, Boole afferma, in modo ancora più radicale, che
«non fa parte dell’essenza della matematica di essere intimamente connessa con le idee di numero e quantità»
quindi una concezione moderna e spostata su aspetti qualitativi della matematica all’interno della
quale egli ‘ritaglia’ il suo calcolo logico. Questa concezione viene talora indicata come “matematismo”. Non è però da trascurare l’impronta psicologistica che ispira tutta la produzione logica di Boole particolarmente esplicita nel titolo dell’opera del 1854. Il Nostro propone che ci sia uno stretto
113
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
rapporto tra le sue leggi del pensiero e la struttura della mente e di queste l’autore mette in luce le
connessioni algebriche. Ed è appunto a questi problemi che dedica la seconda opera specificando:
«La presente opera non è una ripubblicazione di un precedente trattato dell’Autore, intitolato “L’analisi matematica della logica”. La sua prima parte è in effetti dedicata allo stesso oggetto, ed essa comincia con lo stabilire lo
stesso sistema di leggi fondamentali, ma i suoi metodi sono più generali, e il suo campo di applicazione molto
più vasto. Essa presenta i risultati maturati in alcuni anni di studi e riflessione, di un principio di indagine connesso alle operazioni intellettuali, la cui prima esposizione venne scritta in poche settimane dopo che ne avevo
concepito l’idea. […L’intera opera ha lo scopo di] investigare le leggi fondamentali di quelle operazioni della
mente mediante le quali si effettua il ragionamento; di dare ad esse espressione nel linguaggio simbolico di un
calcolo e di stabilire, su questi fondamenti, la scienza della Logica e costruire i suoi metodi; di rendere questo
stesso metodo la base di un metodo generale per l’applicazione della teoria matematica della probabilità; e, infine, di raccogliere dai vari elementi di verità portati alla luce nel corso di questa indagine alcune probabili indicazioni concernenti la natura e la costituzione della mente umana.» (da Mangione & Bozzi, 1993)
È quindi il problema della conoscenza che attira l’attenzione di Boole ed infatti dichiara
«… il solo oggetto della logica non è quello di renderci capaci di dedurre inferenze corrette da date premesse; né
il solo scopo del calcolo delle probabilità quello di permetterci di stabilire su basi sicure le questioni di assicurazioni sulla vita … Entrambi questi studi hanno anche un interesse di altro tipo, che loro deriva dalla luce che essi
gettano sulle capacità intellettuali. Essi ci istruiscono relativamente al modo col quale il linguaggio e il numero
servono come aiuto strumentale al processo di ragionamento; essi ci rivelano in certo grado la connessione fra
differenti capacità dell’intelletto comune; essi ci mostrano quali siano, nei due domini della conoscenza probabile e dimostrativa, gli elementi essenziali della verità e della correttezza – elementi non derivati da alcunché, ma
profondamente fondati nella costituzione delle facoltà umane.» (da Mangione & Bozzi, 1993).
Sicuramente l’opera del 1854 mostra una maggiore maturità rispetto a quella del 1847. A me sembra quasi che la prima opera sia stata una sorta di ‘tentativo’ importante, di presentare in modo più
accettabile al pubblico la nuova tematica di ricerca e poi, vista l’attenzione e l’accoglienza ricevute,
Boole si sia sentito di riprendere, ancora una volta vecchie intuizioni e di spingersi oltre su una strada non battuta.
4.2.2. Impostazione della Logica di Boole. Dopo aver illustrato, mediante una piccola antologia degli scritti di Boole, quali fossero le idee guida delle sue indagini, vediamo nel concreto come presenta gli argomenti. Sarà così facile vedere quanta influenza ha avuto la Analytical Society sulla sua
opera.
Egli accetta un universo del discorso come insieme di cose concrete oppure no, che viene indicato
con 1. Questo simbolo è introdotto nelle Laws del 1854 sulla base di motivazioni di carattere algebrico. Nella prima opera parla genericamente di un ‘contenitore’ che comprende ogni classe concepibile di oggetti, sia esistenti che inesistenti. Poi diviene l’universo del discorso di una teoria, vale a
dire la collezione degli oggetti di cui si parla. Tale universo diviene l’oggetto di cui si illustrano le
proprietà (e la struttura).
Nell’opera del 1847 utilizza il simbolo 0 senza darne una definizione o giustificazione esplicita,
mentre nella seconda opera viene giustificato, anch’esso, su basi algebriche ed interpretato come il
“Nulla”.
114
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Nell’ambito dell’universo si possono isolare degli oggetti che godano di opportune proprietà. Boole
parla di “compiere atti di elezione” ed indica con le lettere minuscole x, y, z, u, v, w,… quelli che
chiama “simboli elettivi”. Con questi simboli vuole indicare, secondo dei casi, sia l’atto mentale di
“elezione” sia la classe degli individui che godono delle rispettiva proprietà X, Y, Z, U, V, W,… I
puntini stanno a dire che ci sono infiniti simboli elettivi.
Ritiene, inoltre, possibile svolgere all’interno dell’universo due successivi atti di elezione, considerando prima x la classe degli elementi che godono della proprietà X e successivamente scegliere tra
quelli prima selezionati, la classe degli y che godono della proprietà Y. Con x × y, o più brevemente
con xy, si indica il risultato dei due atti consecutivi di elezione. L’elezione in ordine scambiato non
altera il risultato, per cui
xy = yx.
Tale legge, proprietà del prodotto logico, viene quindi giustificata in termini linguistici. In essa
compare il segno di uguaglianza, ‘=’ che indica l’uguaglianza in estensione, cioè che le classi scritte
a sinistra e a destra del simbolo hanno gli stessi elementi. L’uguaglianza è il solo simbolo di relazione utilizzato nel sistema di Boole.
Dal significato attribuito al prodotto logico, si ricava con le stesse giustificazioni che
1x = x = x1.
Se si considera anche la classe vuota, si avrà, sempre con le stesse motivazioni, per ogni classe
0x = 0 = x0.
Un diverso tipo di elezione composta si può ottenere isolando dall’universo gli oggetti che soddisfano la proprietà X oppure la proprietà Y, ma non entrambe. Nel caso che le classi corrispondenti
siano disgiunte, non abbiano elementi in comune, questa operazione verrà indicata con ‘+’, pensata
come una “aggregazione di parti in un tutto”, così si esprime Boole.
Come si vedrà questa scelta, dettata forse dalla volontà di essere il più vicino possibile alla aritmetica consueta, è forse suggerita anche dalla necessità di introdurre una sottrazione tra le classi, cosicché le due operazioni ‘+’ e ‘-’ risultino poi l’inversa una dell’altra.
Viene però a mancare una ‘simmetria’ tra le operazioni di addizione e di moltiplicazione e saranno
poi evidenziate altre difficoltà, in particolare, grazie all’opera dei continuatori di Boole sulla strada
intrapresa. Secondo alcuni commentatori, la struttura risultante in base alle idee dell’autore non sarebbe neppure un anello, bensì una sorta di ‘algebra dei mucchi’ e ciò per conservare una sorta di
parallelismo tra la somma logica di due proposizioni e la somma delle probabilità di due eventi. Se
così fosse, il Nostro stava curando una teorizzazione comune tra inferenza deduttiva ed inferenza
probabilistica.
115
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Una volta precisate le operazioni ‘×’, ‘+’ e ‘-’ e le costanti 0 e 1, nonché la relazione ‘=’, Boole definisce il “complemento” di x come 1 – x come la classe che isola nell’universo tutti gli oggetti che
non soddisfano la proprietà X. Il passo successivo è stabilire quella che chiama “legge degli indici”
che si esprime come x2 = x (nelle Laws, mentre nel testo del 1847 la formula – apparentemente – in
termini più generali come xn = x). Tale legge è caratteristica del sistema. In modo esplicito, ma
qualche volta anche implicito, assume le seguenti “leggi del pensiero” per la gestione dei simboli
“elettivi”:
1.
2.
3.
4.
5.
xy = yx
x+y=y+x
z(x + y) = zx + zy
z(x – y) = zx – zy
Se x = y, allora:
a. zx = zy
b. z + x = z + y
c. x – z = y – z
2
6. x = x (equivalente a x(x – 1) = 0)
Commutativa del prodotto
Commutativa della somma
Distributiva del prodotto rispetto alla somma
Distributiva del prodotto rispetto alla differenza
Sostitutiva di ‘=’ rispetto al prodotto
Sostitutiva di ‘=’ rispetto alla somma
Sostitutiva di ‘=’ rispetto alla differenza
Legge degli indici.
Gli assiomi (le “leggi”) da 1 a 5 sono verificate anche nell’aritmetica dei numeri (reali), qualora ai
simboli usati dal Nostro, si attribuisca il significato suggerito dalla prassi aritmetica e i simboli elettivi si interpretino come numeri.
Con la 6. ci si allontana dalla situazione più familiare, anche se come si vedrà in seguito, tale legge
svolge un ruolo fondamentale. Se però ci si chiede quali siano i numeri reali che risolvono
l’equazione x(x – 1) = 0, c’è una risposta immediata: 0 e 1. Boole rivela a questo punto come operare seguendo la sua impostazione generale ed afferma:
«invece di determinare la misura dell’accordo formale dei simboli della logica con quelli dei Numeri in generale,
è più immediatamente suggerito di confrontarli con i simboli di quantità che ammettano solo i valori 0 e 1. […]
le leggi, gli assiomi e i processi di tale algebra saranno identici, nella loro estensione completa, alle leggi, gli assiomi e i processi di un’algebra della logica. Esse sarebbero divise solo da differenze di interpretazione. E il metodo di quest’opera è fondato su questo principio.» (da Mangione & Bozzi, 1993).
Attenzione, non è che Boole affermi che il suo sistema sia un’algebra a soli due valori (anche se poi
si giungerà a questa situazione come ‘esemplare’), in quanto non c’è una legge che espliciti che
se x ≠ 0 allora x = 1,
ma solo che il sistema è interpretabile assumendo come dominio di interpretazione {0,1} (insieme
di numeri reali). Casomai questo esempio permette di garantire della coerenza del sistema assiomatico, visto che in questa interpretazione tutte sei le leggi risultano vere.
Si noti che nel presentare le idee che conducono alla formulazione delle leggi, abbiamo fatto implicito riferimento ad un universo ed ai suoi sottinsiemi. Si è, quindi, implicitamente utilizzata l’idea di
un insieme di parti ed in tale caso non si può affermare, in generale, che si tratti di una struttura su
un insieme con due soli elementi.
116
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Una volta introdotti i simboli e gli assiomi che riguardano il loro trattamento, Boole fornisce indicazioni su come eseguire un ragionamento corretto, affermando:
«1) ai simboli venga assegnata un’interpretazione fissata nell’espressione dei dati; e che le leggi di combinazione di questi simboli siano correttamente determinate da quell’interpretazione;
2) che i processi formali di soluzione o dimostrazione siano condotti sempre in obbedienza a tutte le leggi sopra
determinate, senza riferimento alla questione dei particolari risultati ottenuti;
3) che il risultato finale sia interpretabile in forma e che esso sia effettivamente interpretabile in accordo con quel
sistema di interpretazione che era stato impiegato nell’espressione dei dati.» (da Mangione & Bozzi, 1993)
In questo brano è evidente che il Nostro non pensa ad una unicità di interpretazioni, ma che una volta fissatane una poi bisogna attenersi ad essa. Inoltre è anche chiaro il fatto che il ragionamento si
svolge in ambito sintattico, mediante le leggi formali che sono state enunciate, quindi non è possibile giustificare una conclusione mediante il contenuto della stessa, ma solo a partire dalle leggi. Non
è però che sintassi e semantica vadano su binari paralleli e autonomi, ma hanno entrambi una loro
funzione. Il privilegio dato alla sintassi nel condurre l’argomento, mentre la semantica è attiva
all’inizio ed alla fine.
Applicando queste regole è stato osservato che i passaggi algebrici svolti in alcuni
casi da Boole non sono semanticamente interpretabili, e questo secondo Jevons,
rappresenta una pecca del sistema booleano.
Il Nostro si accorge di questo, ma fa appello ad un principio generale che viene
utilizzato senza troppe giustificazioni nel processo del conoscere. Boole cita, per
William Jevons
(1835 – 1882)
spiegare la sua posizione, il principio in base al quale per trovare radici reali di
un’equazione di terzo grado a coefficienti reali nel caso irriducibile, si abbandona
l’algebra dei numeri reali per fare intervenire la radice quadrata di -1 e, come dice lui, i “calcoli trigonometrici”. Sembra quindi dire che anche in quel caso, usando solo regole formali, si giunge alla
soluzione corretta, anche se alcuni passaggi non possono essere correttamente interpretate nel contesto dei numeri reali.
Di fatto l’affermazione di Boole è prossima al Principio di Hankel (e quindi al Principio di permanenza delle forme equivalenti di Peacock).
L’argomentazione proposta centra un punto essenziale, una sorta di principio di trasfer: se una deduzione è valida in una interpretazione lo sarà in ogni altra che soddisfi le stesse regole del calcolo.
E in questo ha molta fortuna perché, per quanto riguarda le algebre di Boole, il ruolo di 2, qui usata
come garanzia di coerenza, è centrale e insostituibile.
Con questa sua posizione Boole riesce, per la prima volta ad andare ben più in là del modello aristotelico del sillogismo, anzi questo strumento aristotelico risulterà solo un caso particolare di un più
generale calcolo. Si recuperava così l’intuizione dei Leibniz, dandole concretezza.
117
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
4.2.3. Il calcolo di Boole. La scelta di utilizzare l’uguaglianza come simbolo relazionale, invece della inclusione di classi ha un ‘costo’ importante quando si vuole esprimere il sillogismo. Le proposizioni categoriche debbono essere espresse con traducendo affermazioni che ‘qualcosa’ è uguale a 1
o a 0, oppure utilizzando la quantificazione del predicato. È interessante notare che potrebbe fare a
meno della quantificazione del predicato. Infatti è possibile la seguente traduzione
A
E
I
O
x(1-y) = 0 Ogni x è y, vale a dire che x e il complemento di y non hanno elementi comuni
Nessun x è y, pertanto, la parte comune a x e y è vuota.
xy = 0
Qualche x è y, quindi non è vuota la parte comune di x e y
xy ≠ 0
x(1-y) ≠ 0 Qualche x non è y, così la parte comune a x e al complementare di y non è vuota.
Con questa scelta è evidente che A e O sono contraddittorie, come E e I. Ma si è utilizzata la relazione ‘≠’, l’uguaglianza letta negativamente. Per Boole ciò non è accettabile e pertanto negli enunciati particolari passa alla quantificazione del predicato, introducendo un particolare simbolo elettivo, v che ha la funzione di rappresentare i quantificatori linguistici ‘qualche’ o ‘alcuni’. Ne risulta
così una diversa formalizzazione degli enunciati particolari
Boole
Ogni x è y, vale a dire che x e il complemento di y non hanno elementi comuni
E xy = 0
Nessun x è y, pertanto, la parte comune a x e y è vuota.
xy = 0
I xy ≠ 0
xy = v
Qualche x è y, quindi v è la parte comune a x e y
Qualche x non è y, quindi v è la la parte comune a x e al compleO x(1-y) ≠ 0 x(1-y) = v
mento di y
La natura del simbolo elettivo v è non è chiara, è paragonabile a quella delle costanti di integrazioA x(1-y) = 0
x(1-y) = 0
ne. Boole afferma che può essere qualunque, purché non vuoto. Si tratta di un espediente, che però
potrebbe essere pericoloso perché la natura di tale simbolo. Se quindi x = v e y = v, di qui non si potrebbe inferire che x = y! Ma Boole riesce sempre ad evitare casi di questo tipo. Per ‘uniformare’
enunciati universali e particolari introduce un secondo simbolo elettivo w, del tutto simile a v. Con
questa scelta si ha
A x(1-y) = 0
Boole
x = vy
Ogni x è y, x è ottenuto come parte di y
Nessun x è y, pertanto x è ottenuto come parte del complemento di
E xy = 0
x = v(1-y)
y.
I xy ≠ 0
vx = wy
Qualche x è y, c’è coincidenza tra una parte di x ed una di y
Qualche x non è y, cioè parte di x coincide con parte del compleO x(1-y) ≠ 0 vx = w(1-y)
mento di y
Con questa seconda proposta, si riesce a ‘tradurre’ tutta la teoria del sillogismo e dei vari tipi di trasformazioni sugli enunciati riconducendola alle proprietà algebriche dei simboli, mediante
l’eliminazione del simbolo elettivo utilizzato per il termine medio, dunque date due equazioni (le
premesse) la deduzione consiste nel determinarne una terza che non contiene il termine medio.
118
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
Si noti che data la simmetria di ruoli di x e y in un enunciato universale negativo, si può considerare
equivalente anche y = v(1 – x) (per una conversione semplice).
Ad esempio è semplice per
Barbara (1a figura) y = vx, z = wy
z = vwx
Darapti (3a figura) y = vx, y = wz
vx = wz
Più complessa è la giustificazione di altri esempi:
Cesare (2a figura) x = v(1-y), z = wy
z = u(1-x)
ha come premesse x = v(1-y), z = wy; dalla prima, mediante il metodo di eliminazione che si vedrà
in seguito si ha xy = 0, dalla seconda premessa, z = wy, moltiplicando entrambi i membri per x si ha
zx = wyx = 0, e questa può tradursi in z = u(1-x). Si osservi che in modo più semplice si poteva
convertire Cesare (2a figura) in Celarent (1a figura), in quanto il corrispondente della conversione
semplice porterebbe a y = v(1 – x), da cui z = vw(1-x).
Per Fresison (4a figura) x = v(1-y), wy = uz
uz = v(1-x)
Le premesse sono x = v(1-y), wy = uz, una volta ricavato dalla prima, con lo stesso procedimento, xy
= 0 quindi si ha uzx = 0, da cui uz = v(1-x). Anche qui la conversione semplice condurrebbe a y =
v(1-x) e pertanto a Ferio (1a figura).
Ma torniamo al calcolo generale. L’idea centrale di Boole è il concetto di sviluppo di una funzione
ed infatti nel trattato del 1847 indica uno sviluppo molto simile a quello di Taylor, per altro senza
giustificarlo in modo adeguato. Il termine forse gli deriva dall’Analisi matematica. Si consideri una
funzione f(x), ove x sia un simbolo elettivo. Per chiarire cosa sia da ritenersi una funzione, bisogna
abbandonare il concetto (allora assai diffuso) che la funzione sia un ente a valori numerici. Qui una
qualunque espressione contenente x si utilizza come funzione di x. Si ha una ovvia estensione a funzioni di più variabili. Quelle funzioni in cui le variabili sono simboli logici, vale a dire che possono
assumere solo i valori 0 e 1, quindi che (numericamente) soddisfano la legge degli indici, si riesce
a trovare una forma standard, lo sviluppo della funzione come
f(x) = ax + b(1-x)
in cui a e b sono determinati in modo che l’uguaglianza sussista, quindi se x = 0, f(0) = a0 + b(1-0)
= b; f(1) = a1 + b(1-1) = a. Così si trova
f(x) = f(1)x + f(0)(1-x).
Un esempio numerico se f ( x) =
1 + 3x
4
4
, si ha f(0) = 1, f (1) = , per cui f ( x ) = x + (1 − x) . Ora il
1 + 2x
3
3
119
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
risultato numerico così trovato non ci consente di dire che
1 + 3x 4
= x + (1 − x ) , ma l’uguaglianza
1 + 2x 3
vale per i valori 0 e 1.
La cosa, con un poco di pazienza, si estende a funzioni di più variabili (logiche). Un esempio:
f(x,y,z) = f(1,1,1)xyz + f(1,1,0)xy(1-z) + f(1,0,1)x(1-y)z + f(1,0,0)x(1-y)(1-z) + f(0,1,1)(1-x)yz +
f(0,1,0)(1-x)y(1-z) + f(0,0,1)(1-x)(1-y)z + f(0,0,0)(1-x)(1-y)(1-z).
In ogni sviluppo i valori della funzione calcolata opportunamente si dicono coefficienti o moduli
dello sviluppo, mentre i termini che comprendono i simboli elettivi (con eventuali loro complementi) si dicono costituenti dello sviluppo. Si hanno poi le seguenti osservazioni
Se t è un costituente, allora, t(1-t) = 0.
In ogni sviluppo il prodotto di due arbitrari costituenti diversi è 0.
In ogni sviluppo, la somma di tutti i costituenti è 1.
Le prime due osservazioni sembrano abbastanza banali, ed in generale la prima vale per qualsiasi
simbolo elettivo, la seconda discende dalla prima perché due costituenti diversi differiranno per il
fatto che in almeno uno di essi c’è un simbolo elettivo e nell’altro il complemento di tale simbolo e
ciò garantisce che si può considerare l’addizione dei singoli termini tra loro, perché ‘disgiunti’. La
terza condizione richiede una verifica, che si fa sull’esempio della funzione con tre variabli.
xyz + xy(1-z) + x(1-y)z + x(1-y)(1-z) + (1-x)yz + (1-x)y(1-z) + (1-x)(1-y)z + (1-x)(1-y)(1-z) = xy(z +
(1-z)) + x(1-y)(z + (1-z)) + (1-x)y(z + (1-z)) + (1-x)(1-y)(z + (1-z)). Prima di procedere si osserva
che z + (1-z) = z + 1 – z = 1, quindi la somma precedente può scriversi come xy + x(1-y) + (1-x)y +
(1-x)(1-y)= x(y + (1-y)) + (1-x)(y + (1-y)) = x + (1-x) = 1.
Boole osserva che tali proprietà valgono sempre e si possono interpretare quando i simboli assumono esclusivamente i valori 0 e 1 e di lì generalizza che qualora i simboli usati siano interpretabili
(anche se non assumono i valori detti) ed anche se la funzione non è interpretabile, dopo lo sviluppo
il risultato è comunque in forma di equazioni interpretabili. I costituenti, per le proprietà dette, sono
sempre interpretabili in quanto rappresentano partizioni dell’universo del discorso. Per questi motivi
propone una regola del tipo: si consideri un’equazione e si sviluppi la funzione associata, poi si uguaglia a 0 ogni costituente con coefficiente non nullo (avendo eliminato a priori i costituenti con
coefficienti nulli). L’interpretazione complessiva della equazione risulta data in tale modo. Un esempio tratto dalla Bibbia: una prescrizione di purità riconosce puri i quadrupedi che hanno il piede
caprino e ruminano (La Bibbia ha strane idee biologiche, ad esempio il coniglio lo considera un ruminante!). Se ora x indica gli animali puri, y quelli col piede caprino e z quelli che ruminano, la prescrizione di purità si può scrivere x = yz, vale a dire x – yz = 0. La funzione di tra variabili è pertanto
f(x,y,z) = x – yz. Applicando lo sviluppo a tale funzione si ha f(x,y,z) = f(1,1,1)xyz + f(1,1,0)xy(1-z)
120
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
+ f(1,0,1)x(1-y)z + f(1,0,0)x(1-y)(1-z) + f(0,1,1)(1-x)yz + f(0,1,0)(1-x)y(1-z) + f(0,0,1)(1-x)(1y)z + f(0,0,0)(1-x)(1-y)(1-z), ma nel caso particolare:
f(1,1,1) = 1 - 1×1 = 1 – 1 = 0;
f(1,1,0) = 1 - 1×0 = 1 – 0 = 1;
f(1,0,1) = 1 - 0×1 = 1 – 0 = 1;
f(1,0,0) = 1 - 0×0 = 1 – 0 = 1;
f(0,1,1) = 0 - 1×1 = 0 – 1 = 1;
f(0,1,0) = 0 - 1×0 = 0 – 0 = 0;
f(0,0,1) = 0 - 0×1 = 0 – 0 = 0;
f(0,0,0) = 0 - 0×0 = 0 – 0 = 0.
Si ha pertanto 0 = x – yz = xy(1-z) + x(1-y)z + x(1-y)(1-z) + (1-x)yz. In base alla regola espressa da
Boole l’interpretazione logica si ottiene ponendo xy(1-z) = 0, quindi non esistono animali puri che
hanno il piede caprino e non ruminano (il maiale); ponendo x(1-y)z = 0 otteniamo che non esistono
animali puri che non hanno il piede caprino e ruminano (il coniglio); ponendo x(1-y)(1-z) = 0 si ha
che non esistono animali puri che non hanno il piede caprino e non ruminano (il cane) ed infine da
(1-x)yz = 0 la classe degli animali che ruminano e hanno il piede caprino e non sono puri è vuota. Si
esaurisce così in modo completo l’informazione logica contenuta nella equazione x = yz. Si osservi
però una particolarità, che l’autore non chiarisce appieno. Nel valutare f(0,1,1), si è ‘imposto’ che
-1 = 1, o, detto in altro modo che 1 + 1 = 0. Ciò può sorprendere, soprattutto se si associa (in modo erroneo) all’opposto il ruolo di complementare, costruzione che viene sempre indicata con (1- x),
ma si ricordi che la somma logica è connessa con l’operazione insiemistica di unione di insiemi disgiunti, caso che non può realizzarsi quando gli addendi sono entrambi l’universo del discorso. Più
in generale si dovrebbe aggiungere alle leggi indicate da Boole (anche se è una conseguenza delle
altre leggi ed in particolare della legge degli indici) la legge, per qualunque x,
x + x = 0,
ma questo caso, secondo le idee di Boole, non può essere preso in considerazione in quanto è ovvio
che la classe x non è disgiunta da se stessa.
Al termine dell’esempio Boole osserva che ogni proposizione (categorica) può
«essere risolta in una serie di negazioni di esistenza di certe definite classi di cose e, da questo sistema di negazioni, può essere a sua volta ricostruita […] la mente assume l’esistenza dell’universo non a priori come fatto indipendente dall’esperienza, ma a posteriori come deduzione dall’esperienza, o ipoteticamente come fondamento
della possibilità del ragionamento assertorio» (da Mangione & Bozzi, 1993).
In questo modo Boole giustifica come sia possibile attraverso sole negazioni passare ad una affermazione positiva. Per certi versi sembra esserci una influenza hegeliana.
Ma lo sviluppo di funzioni può presentare problemi interpretativi, per esempio con funzioni che non
siano della forma g = 0 oppure g = 1, ma abbiano invece la forma g = w, ove w è un simbolo elettivo indefinito. Per chiarire le sue idee, Boole fa un esempio che qui si ripete.
121
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Si consideri lo stesso caso di prima x = yz. Risolvere rispetto a z porta a scrivere z =
x
. Questo riy
sultato non è interpretabile logicamente, dato che la divisione non è contemplata tra le operazioni
introdotte. Però è possibile eseguire lo sviluppo, ottenendo
z = xy + 1/0×x(1-y) + 0(1-x)y + 0/0×(1-x)(1-y)
Bisogna ora interpretare le frazioni (con denominatore nullo) o più in generale, coefficienti numerici che possano risultare dalla generica funzione. Boole si avvale di analogie algebriche, che però risultano poco convincenti, ed interpreta questi nuovi enti come ‘gradi di presenza’ (e di ‘assenza’).
Ogni funzione ha un insieme di costituenti (un numero pari a 2n, ove n è il numero delle variabili)
che individuano lo “spazio logico” della proposizione data.
« 1) Il simbolo 1 come coefficiente di un termine indica che va presa la totalità della classe che quel costituente
rappresenta.
2) Il coefficiente 0 indica che quella classe non va considerata.
3) Il coefficiente 0/0 indica una porzione del tutto indefinita della classe, ossia che vanno presi alcuni, tutti o
nessuno dei sui membri.
4) Ogni altro simbolo (quindi in particolare 1/0 e ogni altro valore diverso da 0 e da 1 come coefficiente), indica che il costituente cui esso è prefisso va uguagliato a 0.» (da Mangione & Bozzi, 1993)
In uno scritto inedito posteriore alla Laws del 1854, Boole propone una interpretazione diversa di 1,
0, 0/0 e 1/0, rispettivamente, come le quattro categorie del pensiero, ovvero: 1 l’universale; 0 il
non esistente; 0/0 l’indefinito e 1/0 l’impossibile. Ritiene in questo modo di avere trovato categorie
del pensiero che migliorano quelle proposte da Kant. Solo in seguito Jevons proporrà
un’interpretazione di questi simboli puramente logica.
Accanto allo sviluppo, Boole presenta un altro procedimento fondamentale del calcolo: la eliminazione. Sia data una funzione f e sia x un simbolo elettivo e si consideri l’equazione f(x) = 0. allora la
relazione f(1)f(0) = 0 è vera indipendentemente da x. L’equazione f(1)f(0) = 0 rappresenta il risultato dell’eliminazione di x, dall’equazione f(x) = 0.
Fornisce anche delle regole per l’eliminazione.
1) Si portano tutti i termini al primo membro (con i relativi cambiamenti di segno).
2) Si dà al simbolo da eliminare prima il valore 1, poi il valore 0.
3) Si moltiplicano i due risultati delle sostituzioni dette e si uguaglia il prodotto a 0.
Si consideri la frase, ‘Ogni x è y’, simbolizzata come x = vy; su essa compiamo l’eliminazione di v.
1) x – vy = 0
2) per v = 1, si ha x –y = 0; per v = 0, si ha x = 0.
3) x(x – y) = 0 , da cui, per la distributiva, xx – xy = 0 e per la legge degli indici, x – xy = 0, da
cui x(1-y) = 0.
Di questo esempio Boole fornisce un’interpretazione a parole. Su x sta per ‘è uomo’ e y sta per
‘mortale’, allora x = vy traduce ‘Ogni uomo è mortale’, frase affermativa universale. Con x(1-y) = 0
si afferma che non esistono uomini non mortali. Ma ulteriori informazioni si hanno dallo sviluppo:
122
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
la relazione x(1-y) = 0 si ‘può’ scrivere come 1 – y = 0/x. Sviluppando la funzione f(x) data dal secondo membro si ha f(x) = f(1)x + f(0)(1-x) = 0x + 0/0 (1 – x) = (1 – y). Si ha pertanto 1 – y =
0/0(1 – x). In coerenza con quanto detto prima , 0/0 “indica una porzione del tutto indefinita della
classe”, paragonabile cioè ad un simbolo elettivo indeterminato, il che traduce che “coloro che non
sono mortali non sono uomini”, ottenuta per contrapposizione dall’equazione di partenza.
Applichiamo il procedimento di eliminazione alla equazione x = v(1 – y) incontrata sopra nel trattamento del sillogismo Cesare. Boole propone di considerare x per ‘uomo’ e y per ‘perfetto’.
L’equazione di partenza traduce ‘Nessun uomo è perfetto’. Procediamo come detto
1) x – v(1-y) = 0;
2) per v = 0 si ha x = 0; per v = 1 si ha x – 1 + y = x + y – 1 = 0;
3) x(x + y – 1) = xx + xy – x = x + xy – x = xy = 0.
Si può sviluppare la funzione data da y = 0/x come y = 0/0×(1-x), da leggersi, ‘nessun essere perfetto è uomo’. Sviluppando invece 1 – y = 1 – 0/x, si ha 1 – y = x + 0/0×(1 – x) da interpretarsi gli
esseri non perfetti sono uomini più una porzione indeterminata degli esseri che non sono uomini’.
Un ultimo processo è quello di riduzione, che permette di ricavare da più equazioni una sola equazione che conservi l’interpretazione logica delle equazioni date.
Per gli scopi del corso non è importante entrare in maggiori dettagli. Quello che emerge è che Boole
predispone un calcolo algebrico che gli permette di riottenere i procedimenti classici di inferenza,
generalizzandoli. Si tratta quindi di un superamento effettivo della logica aristotelica presentata dal
punto di vista estensionale. La forza della proposta di Boole è che il calcolo delle classi (realizzato
mediante i simboli elettivi e le loro combinazioni) ed il calcolo delle proposizioni hanno la stessa
struttura e si differenziano solo a livello di interpretazioni. Ad esempio i costituenti di una funzione
di due variabili sono xy, x(1-y), (1-x)y, (1-x)(1-y) e queste espressioni, essendo costituenti hanno
per somma 1. Se si considerano le proprietà X e Y corrispondenti ai simboli elettivi, si possono interpretare i costituenti (nel caso facciano 1 e quindi, per le proprietà di 1, nel caso che siano uguali
a 1 entrambi i fattori) come i 4 casi di una tavola di verità, cioè, nell’ordine, X e Y vere contemporaneamente, X vera e Y falsa, X falsa e Y vera, X e Y false entrambe. Di qui si svolge un calcolo assai simile a quello che si presenta oggi. Ma Boole va avanti, in quanto offre anche una ‘lettura’ probabilistica dei costituenti (dato che la loro somma è 1).
4.2.4. Un breve confronto tra le opere d Boole e di De Morgan. Da quanto precede emergono alcuni
punti fondamentali della produzione dei due logici. Entrambi sono stati influenzati dalle idee sviluppate nel seno della Analytical Society.
123
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
De Morgan ha portato al massimo grado lo sviluppo del simbolismo sfruttandone aspetti, anche geometrici dei segni, per recuperare la logica tradizionale, ma ampliandola con la considerazione di
nuovi tipi di proposizioni. Continuando su questa strada ha aperto la considerazione alla logica delle
relazioni.
Boole ha aperto un nuovo campo della matematica mostrando come essa si potesse applicare ad enti
non numerici né legati ai numeri, ma con prevalenti aspetti qualitativi. Inoltre egli ha preferito mostrare la duttilità dell’algebra anche nello studio delle leggi del pensiero, costruendo quindi una sorta di logica algebrica (dicitura che ha mutato di significato nel tempo) in quanto con la sua investigazione si mostra che è possibile individuare una struttura algebrica sottostante alla logica e che gli
strumenti algebrici, anche se ‘localmente’ possono perdere di significato logico sono affidabili per
svolgere analisi logiche (e probabilistiche). Si può ritenere che entrambi abbiano sviluppato al massimo grado idee presenti nella scuola di Cambridge ed aperto, con le loro anticipazioni, nuove strade alla logica ed alla matematica.
4.3. Logica di Boole dopo Boole.
Quindici anni dopo la morte di Boole, Frege propone una presentazione della Logica, ispirata a idee totalmente diverse, che supera l’approccio algebrico proposto
in precedenza e che tutt’oggi è adottata rimanendo pressoché invariata. L’opera del
Tedesco sarà interpretata come una contrapposizione da quanto
fatto dall’autore delle Laws. Ma nel frattempo gli studi logici ave-
Gottlob Frege
(1848 – 1925)
vano sviluppato e ‘migliorato’ l’approccio di Boole e il filone algebrico in esso inaugurato porterà altri contributi allo studio della
Logica, soprattutto ad opera di Peirce e Schröder, fuori del Regno
Ernst Schröder
(1841 – 1902)
Unito e di Jevons e Venn in Inghilterra. Di rilievo l’opera di Louis
Liard: Les logiciens anglais contemporaines, del 1878, in cui si
forniva un quadro abbastanza informativo di ciò che stava svol-
John Venn
(1834 – 1923)
gendosi nel Regno Unito nel campo della logica. Per l’Italia, le opere logiche più
rilevanti, anche se collegate a Boole in modo assai particolare, sono dovute a Peano
Giuseppe Peano
(1858 – 1932)
e ai suoi discepoli, Del Re e Nagy. Non mancarono però altri studiosi europei che si
cimentarono con vari esiti nello studio della logica sia come loro ricerca principale
che come interesse secondario. Il tema ‘Logica’ nel XIX secolo ha avuto molta attenzione anche sul
versante filosofico, nelle varie correnti post-kantiane, ma chi si è occupato di essa in modo scientifico dopo il 1847 non ha potuto prescindere all’impianto booleano, ad eccezione di Frege.
124
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
4.3.1. I nei di Boole. Ancora vivo Boole, la sua opera, pur essendo riconosciuta come un caposaldo
dello studio della Logica, era stata sottoposta ad una revisione mirante a eliminare i ‘nei’ che rendevano ‘oscura’ in certi punti la trattazione algebrica, nonché nei rapporti tra trattamento algebrico e
interpretazione logica. Parlando in termini moderni, il trattamento algebrico della logica presente
nelle Laws si può considerare analoga alla struttura di ciò che oggi viene chiamato un Anello di Boole, vale a dire un anello con unità in cui ogni elemento è idempotente (cioè vale la legge degli indici). La richiesta che sia un anello richiede le proprietà associativa, commutativa della addizione che
ha elemento neutro e ogni elemento ha inverso. La condizione di idempotenza basta per dimostrare
che anche la moltiplicazione è commutativa e che l’anello ha caratteristica 2, vale a dire per ogni x,
x+x = 0. Si noti che l’identificazione tra la struttura algebrica usata nella Laws e quella di anello di
Boole non è completamente adeguata, dato che Boole considera la somma solo come unione di
classi nel caso di classi disgiunte.
In un certo senso c’è una dissimetria di richieste tra le proprietà dell’addizione, date come assiomi e
quelle della moltiplicazione ottenute come teoremi da altre richieste.
Uno dei punti su cui si accentra l’attenzione dei continuatori dell’opera booleana è sul come togliere
la limitazione imposta alla addizione che risulta un’operazione non ovunque definita. Altro punto
delicato è la divisione e i coefficienti ‘frazionari’ con denominatore 0, nonché la presenza di coefficienti numerici diversi da 1 e da 0; ed inoltre l’uso ‘vago’ della classe indeterminata v, per la quale
si attiva tutto il procedimento di eliminazione. Jevons, scolaro di De Morgan, nel 1864, ancora vivo
Boole, presenta un testo, Pure logic, or the logic of quality apart from quantity: with remarks on
Boole’s system and on relation of logic and mathematics, in cui si inizia la revisione dell’opera del
docente di Cork. In questo trattato ed in altri si precisano i filoni di ricerca principali che sono:
1. la critica alla concezione esclusiva della addizione, con l’introduzione della disgiunzione
non esclusiva con le relative proprietà. A questa indagine contribuirono
Jevons, Peirce, Robert Grassmann (1815 – 1901), Hugh McColl (1837 –
1909) e Schröder);
2. come esprimere l’esistenza (Peirce e McColl), in quanto Peirce osserva
che
«la notazione di Boole è solo capace di esprimere che qualche descrizione di cose non
esiste, e non è in grado di dire che qualcosa esiste»;
3. l’analisi della relazione di identità ‘=’ (Jevons, Peirce e Schröder);
Alexander Macfarlane
(1851 – 1913)
4. introduzione di nuove notazioni per estendere l’algebra di Boole ad un’algebra di relazioni
(De Morgan, Peirce, Macfarlane , Schröder).
125
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
4.3.2. Jevons. Lo studioso, discepolo di De Morgan, e che oltre di Logica diede contributi anche
all’economia, va ricordato come un sistematore dell’opera di Boole, ma anche per le molte critiche
all’idea di fondo che la matematica potesse con i suoi simboli ed i suoi calcoli giustificare il pensiero. Per questo cerca di ‘ripulire’ il calcolo booleano dai numerosi casi in cui la matematica ha il
‘sopravvento’ sulla Logica, cioè le occasioni in cui vengono accettate analogie matematiche che secondo Jevons non sono giustificate, giustificabili o interpretabili in termini logici. Ecco perché intitola la sua opera del 1864 come “Logica pura”, per lui ciò che corrisponde appieno al pensiero comune. La sua opera più importante è The principles of science. A treatise on logic and scientific method del 1874, in cui oltre a presentare i disegni di una ‘macchina’ per eseguire inferenze, presentata
alla Royal Society nel 1870, elabora una concezione unitaria dei metodi deduttivi, induttivi (probabilistici e non) e della scienza. Scrive infatti:
«Nella mia opinione la logica è la scienza superiore, la base generale della matematica come di tutte le altre
scienze. Il numero non è che discriminazione logica e l’algebra una logica altamente sviluppata. Così è facile capire la profonda analogia che Boole ha sottolineato fra le forme di deduzione algebrica e logica.» (da Man-
gione & Bozzi, 1993).
Nell’ultimo anno di vita di Boole, Jevons ebbe con lui uno scambio epistolare in cui discusse la disgiunzione esclusiva e questo avrebbe impedito di adottare una legge del pensiero che gli pareva evidente, la “legge dell’unità” vale a dire che per ogni x, x + x = x. Questa legge, assieme alle leggi di
identità, dualità, terzo escluso esprimerebbero la vera natura della capacità di discriminazione della
mente, accanto al principio di indiscernibilità degli identici.
Il punto di partenza assunto da Jevons è quello che dare strumenti per descrivere, una volta date un
qualunque numero di premesse, ogni classe di oggetti ed ogni termine dipendente dalla premesse; in
questo la sua elaborazione è superiore a quella di Boole e spiega lui stesso i motivi:
«1) Ogni processo è di natura e forza autoevidente ed è governato da leggi altrettanto semplici e primarie degli
assiomi di Euclide;
2) il processo è infallibile e non fornisce risultati anomali o non interpretabili;
3) le inferenze possono essere condotte con molto meno lavoro di quello richiesto nel sistema del prof. Boole,
dove in generale si richiedono un calcolo ed uno sviluppo particolare per ogni inferenza. » (da Mangione e
Bozzi, 1993)
In realtà le inferenze di Jevons non sono meno complicate di quelli di Boole, che talvolta vengono
fraintese. Però alcune scelte fatte dall’allievo di De Morgan rappresentano un avanzamento nel trattamento della Logica, anche se vengono presentate in termini intensionali.
Simboli
A, B, C,…
a, b, c,…
A=B
A •|• B
Significati intensionale
Qualità o gruppi di qualità
Corrispondenti termini negativi, “contrari”
“identità di significato”
“alternazione non esclusiva” così A •|• B indica la qualità di A oppure di B senza escludere la coincidenza
AB
“la somma delle qualità significate dalle due lettere”
0
Ciò che è contraddittorio o “ciò che è escluso dal pensiero”
126
Significato estensionale
Classi
Classi complementari
Identità di estensione
Ciò che è A oppure è B oppure
entrambe
Ciò che A e contemporaneamente B
Classe vuota o Niente
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
La scelta del simbolo della disgiunzione non esclusiva, è fatta per identificare nettamente la differenza con la interpretazione esclusiva usata da Boole, ma data per semplicità, si preferisce utilizzare
ancora il simbolo ‘+’, usato or con significato diverso. Si noti però che nel caso di classi disgiunte il
risultato dell’operazione di Jevons coincide con quello dell’operazione booleana.
Le leggi proposte da Jevons sono le seguenti
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
11)
Leggi
Se A = B e B = C, allora A = C
AB = BA
A(B + C) = AB + AC
AA = A
A+A=A
A+B=B+A
A+0=A
A + AB = A
A=A
A = AB + Ab
Aa = 0
Spiegazione
Transitiva di ‘=’
Commutativa della giustapposizione
Distributiva
“Legge di semplicità”
“Legge di unità”
Commutativa di +
Jevons la usa senza spiegarla
Assorbimento (può essere estesa ad un numero qualunque di termini).
Identità
Dualità (o terzo escluso)
Contraddizione
A Jevons manca un simbolo per l’universo del discorso. Afferma che applicando la legge di dualità
a due, tre, … termini, si sviluppa un alfabeto logico che corrisponde all’elenco dei costituenti di
Boole. Come visto la somma (in senso di Boole) dei costituenti è 1, e quindi ciò tiene il posto
dell’universo del discorso.
Come unica regola di inferenza, si usa la ‘sostituzione degli identici’. Si assume però che ogni termine abbia il suo contrario e questo permette di ridurre gli schemi di inferenza. Con queste posizioni enuncia un “criterio di coerenza” dicendo:
«Due o più proposizioni sono contraddittorie se e solo se, dopo aver effettuato tutte le possibili sostituzioni, esse
originano la scomparsa totale di un qualunque termine, positivo o negativo, dell’alfabeto logico.» (da Mangione & Bozzi, 1993).
Applicando questo criterio si giunge ad una sorta di semantica i cui modelli sono i ‘costituenti’ e su
questa semantica si trattano problemi di coerenza, equivalenza, deducibilità, fra insiemi di proposizioni.
Vediamo come viene trattato il sillogismo. Anche in questo caso l’unica relazione ammessa è
l’uguaglianza e per questo il trattamento non si discosta troppo da quello booleano. Le proposizioni
categoriche del sillogismo tradizionale diventano (anche qui con l’uso della qualità indefinita)
A
E
I
O
‘Ogni A è B’
‘Nessun A è B’
‘Qualche A è B’
‘Qualche A non è B’
A = AB
A = Ab
CA = CAB
CA = CAb
Jevons presenta un esempio di una procedura assai simile alla eliminazione di Boole, ma invece di
svolgere calcoli algebrici sviluppa l’alfabeto logico. Si consideri l’equazione A = BC, come premessa; si vuole esprimere b in dipendenza di tale premessa. Dato che l’equazione viene scritta con tre
lettere, l’alfabeto logico è dato dagli otto elementi
127
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
ABC, ABc, AbC, Abc, aBC, aBc, abC, abc.
Giustapponendo ciascuno di questi otto termini, rispettivamente, con i due membri della premessa,
sulla base delle leggi logiche
Termine
Primo membro della premessa A
Secondo membro della premessa BC
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
ABC
ABC
ABC
ABc
ABc
ABCc
AbC
AbC
ABbC
Abc
Abc
ABbCc
aBC
AaBC
aBC
aBc
AaBc
aBCc
abC
AabC
aBbC
abc
Aabc
aBbCc
In rosso si sono indicati i termini contraddittori. Con lo sfondo rosa si indicano quelle che Jevons
chiama “soggetto escluso” in quanto generano combinazioni contraddittorie sia col primo, sia col
secondo membro della premessa. Con lo sfondo azzurro si indica il caso del “soggetto incluso”,
cioè termini non contraddittori con entrambi i membri della premessa. Nei casi di soggetto escluso o
incluso, si dice che sono combinazioni possibili, mentre nel caso di contraddizioni si dice che è un
“soggetto impossibile”. Questa distinzione riguarda il fatto che la premessa è un’uguaglianza, quindi non può accadere essa sia soddisfatta se uno dei due membri è un termine non contraddittorio e
l’altro membro lo è. La possibilità è pertanto relativa al fatto che possa sussistere l’uguaglianza.
Cancellate ora le combinazioni contraddittorie si cercano le combinazioni possibili che contengono
b e si considerano i simboli del linguaggio logico (nella seconda colonna) corrispondenti: abC e
abc, si pone allora b = abc + abC. Questo procedimento è assai simile ai moderni metodi di decisione fondati sulle forme normali disgiuntive e ciò giustifica il fatto della costruzione di un meccanismo per svolgere il calcolo logico.
Questo metodo ha molti punti di contatto con quello dei diagrammi di Venn, ed è perfettamente
leggibile in termini booleani sostituendo linguaggio logico con costituenti.
Offre però la possibilità di interpretare in senso logico i coefficienti ‘frazionari’ di Boole come segue: si considerino le varie possibilità date dal soggetto contraddittorio, dal soggetto incluso e dal
soggetto escluso ad esse corrispondono, rispettivamente, i coefficienti booleani 0, 1/0, 0/0 o il simbolo elettivo indefinito v. L’identificazione è ottenuta considerando quali sono i termini che Boole
uguaglia a zero. Si è però osservato che questo procedimento di Jevons ha il pregio della uniformità,
ma ha il difetto della complessità: se si considerassero tre equazioni contenenti, complessivamente,
6 termini, l’alfabeto logico sarebbe formato da 26 = 64 termini e ciascuno di essi dovrebbe essere
‘confrontato’ con entrambi i membri delle tre equazioni per un totale di 192 coppie tra cui distinguere i tre casi di soggetto. A favore dell’approccio di Jevons si nota che con l’introduzione della
disgiunzione non esclusiva scompaiono la sottrazione e la divisione, inoltre non c’è più bisogno di
128
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
coefficienti numerici diversi da 0 e 1. Ma il suo maggior vanto è di avere individuato il ruolo della
legge di assorbimento che sarà poi assioma chiave nella teoria dei reticoli.
4.3.3. Venn e altri. Con Venn la Logica torna a Cambridge, dove il matematico insegnava in qualità
di lettore di logica e scienze morali. Le sue idee pù interessanti sono contenute nelle due edizioni di
Symbolic Logic, la prima del 1881 e la seconda del 1884. Si deve a Venn l’attributo di ‘simbolica’
riservato alla logica che sarà fatto proprio dalla più importante associazione mondiale di logici: la
Association of Symbolic Logic e della più importante rivista del settore edita da tale associazione,
Journal of Symbolic Logic. Alcuni commentatori ritengono Symbolic Logic il primo compito tentativo di presentazione della logica formale, così come la si intende oggi.
L’obiettivo dichiarato da Venn è
«l’esame della logica simbolica, ossia le sue relazioni con la logica comune e il pensiero e il linguaggio comuni:
la determinazione e spiegazione di ogni regola ed espressione simbolica generale sulla base di principi puramente logici, piuttosto che semplicemente sulle loro giustificazioni formali; l’invenzione e l’impiego di un nuovo
schema di notazione diagrammatica che risulterà in perfetta armonia con le nostre generalizzazioni. » (da Man-
gione & Bozzi, 1993)
I rapporti tra Logica e Matematica non sono, a suo parere, quelli di una forte contrapposizione, come invece era stata presentata da Whewell, De Morgan e William Hamilton (con l’implicita presunzione di una superiorità di una disciplina sull’altra), in quanto considera
«[…] la logica simbolica e la matematica come branche di un linguaggio di simboli che posseggono alcune, anche se assai poche, leggi di combinazione in comune. Questa comunanza di legislazione o uso, nella misura in
cui esiste, è la nostra principale giustificazione per l’adozione di un sistema uniforme di simboli per entrambe»
(da Mangione & Bozzi, 1993).
Non si può neppure pensare che si possa sostituire la logica “comune” con la logica formale, quindi
la seconda non è una schematizzazione imprescindibile del modo di ragionare comune, ma solo uno
dei vari modi con cui si può ragionare.
Per illustrare più nei dettagli la proposta di Venn, facciamo un cenno ai simboli da lui usati: le classi
vengono indicate con lettere minuscole e la negazione si segnala con un soprassegno, per cui
l’equazione scritta x y rappresenta la classe degli elementi appartenenti a x e non a y. Questo modo
di scrivere la negazione si è conservato, dal 1881 ad oggi, su alcuni manuali scolastici, anche se nelle riviste scientifiche e nei manuali universitari di Logica è quasi scomparso. Utilizza il simbolo 0,
non l’universo del discorso. Tra le relazioni considera l’identità e una relazione d’ordine, indicata
con ‘>’. Con questi simboli scrive le proposizioni categoriche tradizionali come:
A:
E:
I:
O:
x y = 0;
xy = 0;
xy > 0;
x y > 0.
129
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
La relazione d’ordine mette in luce l’aspetto esistenziale delle proposizioni particolari e questo porta con sé l’impossibilità di praticare la conversione per accidens delle proposizioni universali positivi e quindi il rapporto di subalternità, riducendo il numero dei sillogismi corretti. Questi aspetti, da
cui prenderà le mosse Schröder, sono un primo esempio di considerazione della cosiddetta logica
libera quella che prende in considerazione anche domini eventualmente vuoti (che, tra le altre cose,
sacrifica localmente la proprietà transitiva dell’implicazione).
Venn svolge molta della sua trattazione mediante diagrammi (che nella scuola italiana vengono detti diagrammi di Eulero-Venn) per la conduzione e verifica delle inferenze. Si tratta però, come mette in luce l’autore stesso di un metodo affine ma diverso da quello proposto nelle Lettere ad una
principessa, perché tiene conto di una “quantità di informazione” delle premesse permettendo una
specifica conclusione, analizzata in modo completo.
I diagrammi di Venn sono rappresentazioni delle classi con parti di piano ed ogni possibile combinazione è associata ad una diversa parte, rendendo così in un disegno quello che Jevons chiama “alfabeto logico”. Un esempio è dato dal sillogismo (nella disposizione di De Morgan sull’ordine delle
premesse)
Ogni uomo è animale
Ogni animale è mortale
Ogni uomo è mortale
Ci sono tre classi (quattro se si considera anche l’universo del discorso, il corrispondente diagramma di Venn è dato da:
animale
uomo
*
mortale
In esso il rettangolo è la rappresentazione dell’universo del discorso e in molti casi non viene neppure rappresentato. Le parti tratteggiate rappresentano classi vuote, in quanto, sulla base delle premesse non vi sono uomini che non siano mortali né animali e non vi sono animali che non siano
mortali. Purtroppo per difficoltà grafiche non è tratteggiata la parte che indica gli uomini mortali
che non sono animali. L’asterisco indica che la corrispondente classe (quella degli oggetti che sono
mortali, animali e uomini non è vuota. Il confronto con il metodo ed i simboli di Jevons è presto fatto:
130
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
amu
aMU
amU
Amu
AMU
AmU
aMu
AMu
In questo modo risulta evidente l’equivalenza tra le proposte di Venn e Jevons.
Il metodo diagrammatici è teoricamente applicabile ad un qualsiasi numero di termini e sarebbe
possibile utilizzare una generica linea chiusa. Ma ben presto si vede che i cerchi (se si vuole che il
diagramma sia in sintonia con l’alfabeto logico) possono applicarsi solo con due o tre termini (cui
corrispondono, rispettivamente 4 e 8 simboli dell’alfabeto logico. Con quattro e cinque (quindi con
16 o 32 simboli) non è possibile utilizzare cerchi, ma è possibile avvalersi di ellissi; aumentando il
numero dei termini, la complessità aumenta in modo esponenziale e diviene assai
difficile individuare curve chiuse semplici opportune.
Citiamo in breve che anche altri studiosi del Regno unito hanno dato contributi a
questi studi. Un analogo metodo diagrammatico (diagrammi di Carroll) fu proposto da Dodgson che nel 1896 pubblicò un trattato dal titolo Symbolic Logic.
Più rilevante l’opera di McColl: partendo da considerazioni probabilistiche af-
Charles Dodgson
(1832 – 1898)
fronta i problemi della logica delle proposizioni, indipendentemente dalle classi, rovesciando il punto di vista di Boole. Questi, infatti, nella presentazione assiomatica dell’algebra delle classi implicitamente accetta che sia possibile avvalersi di una argomentazione proposizionale: si pensi al privilegio dato ai simboli elettivi x, y,… rispetto alle proposizioni corrispondenti X, Y,… Le leggi del
calcolo sono relative alle classi e solo occasionalmente si fa ricorso alle proposizioni.
Il rovesciamento completo, vale a dire la subordinazione delle algebra delle classi al calcolo logico
delle proposizioni, sarà evidenziato da Frege nel 1879, ma già nel 1872 era stato affrontato da
McColl, seppure in modo non completamente esauriente. Per l’autore della Gran Bretagna, il momento logico fondamentale è la fase enunciativa, si deve però superare la predominanza data dal
linguaggio comune al nesso soggetto – predicato. Pone la sua attenzione alla frasi condizionali del
tipo ‘se A allora B’. Per l’implicazione egli usa il simbolo ‘:’, ma non accetta la interpretazione filoniana dell’implicazione perché in questo modo si costituirebbero legami logici tra enunciati che non
sono logicamente necessari, ma dipendono dalla specificazione delle circostanze in cui si realizzano. McColl si attesta su una posizione vicina all’interpretazione dell’implicazione maturata da Diodoro Crono. Per questi motivi si colloca tra i precursori delle logiche modali e libere.
131
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
4.3.4. Peirce e Schröder. Dall’esame sommario di cosa è accaduto già nel Regno Unito dopo la
comparsa delle opere di Boole si può cogliere una lenta evoluzione della ricerca in direzioni che
sempre più si distaccano dai presupposti che sono alla base della Algebra della Logica, per approdare ad altri lidi. La Mathematical analysis e le Laws rimangono comunque una sorta di fondamento
comune e pietra di paragone accettato dai ricercatori, seppure per criticarle e per migliorarne vari
aspetti, ma mai per rifiutarle. L’importanza delle opere di Boole (e di De Morgan) è tale da condizionare pesantemente la ricerca in Gran Bretagna, per cui gli aspetti più innovativi, provengono da
altri paesi (e da altre lingue). Si distinguono per originalità, acutezza e varietà gli apporti di Peirce
(negli Stati Uniti) all’Algebra della Logica, mentre una sistemazione organica la si deve a Schröder
(in Germania) e si può considerare il complesso degli scritti di questi due autori come l’analogo di
quanto fece Paolo Veneto per la Logica della Scolastica, ma con l’aggiunta di nuove idee e linee di
sviluppo.
I due pensatori ebbero numerosi rapporti epistolari, l’americano lesse e recensì le opere di Schröder;
il tedesco, sistematico e pignolo traduce in modo operativo le suggestioni ed idee che gli provengono dal collega. Di fatto Peirce si muove in un ambito più indipendente da Boole, grazie ad una personale e profonda speculazione, Schröder è invece culturalmente più legato alle proposte booleane,
che assume come unico metodo di ragionamento.
4.3.4.1. Peirce. Figlio di un matematico che insegnava ad Harvard, dopo aver ottenuto i titoli accademici in quella università, si applica alla statistica per conto di una agenzia statale, si dedica
all’insegnamento in varie università per singoli anni, alcune volte. Dal 1891, quindi a 52 anni diviene insegnante presso la John Hopkins University di Boston e qui intorno a lui si forma un gruppo di
studiosi che poi hanno avuto fama in campo matematico o in campo filosofico. Come filosofo è riconosciuto il fondatore del pragmatismo americano.
La maggior parte dei suoi scritti rimasero inediti, ma le sue idee circolarono negli ambienti scientifici. La raccolta Collected papers, apparsa postuma, pubblicata in otto volumi dal 1931 al 1958, ha
due volumi dedicati alla logica: Elements of logic e Exact logic. In essa sono presenti due scritti abbastanza sistematici, rimasti incompiuti, The grand logic o How to reason: a critic of arguments e
tre capitoli di Minute Logic.
Nelle opere logiche di Peirce, di difficile lettura proprio per la loro a-sistematicità e la ricchezza di
spunti, si individuano tre principali filoni di ricerca:
1. Approfondimento e sistemazione del calcolo booleano nel contesto più ampio di una chiarificazione dei rapporti tra logica e matematica.
132
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
2. Interpretazione proposizionale del calcolo booleano con anticipazione di
risultati ritrovati indipendentemente da Frege, Henry Maurice Sheffer
(1883 – 1964) e Wittgenstein.
3. Impostazione e sviluppo della logica delle relazioni con notevoli anticipazioni sulle opere di Russell e Frege, anticipando la sistemazione logicista della logica.
Ludwig Wittgenstein
(1889 – 1951)
Nel primo filone di indagini, Peirce elaborò una serie di dodici scritti a partire dal
1867, cioè dall’età di 28 anni, e continuò fino al 1902. Si tratta quindi di una costante presenza nella sua ricerca. Boole aveva individuato la somma esclusiva e
per mezzo di essa poteva introdurre la differenza, nel senso che se a + b = c allora
a = c – b, e così pure con il prodotto logico, se ab = c, allora a = c/b. Però queste
Bertrand Russell
(1872 – 1970)
operazioni si comportano diversamente dalle operazioni numeriche. Ad esempio se con [x] si indica il numero (naturale - cardinalità) degli elementi che appartengono alla classe x, si ha [a+b] = [a]
+ [b] e [a-b] = [a] - [b], purché sia soddisfatta la condizione di disgiunzione proposta da Boole.
Quindi le operazioni di addizione logica e l’operazione inversa differiscono da quelle aritmetiche
per il solo fatto di avere per elementi classi (e di conseguenza sono connesse a proprietà dei cardinali anche trasfiniti). Ben diversa è la posizione del prodotto logico e della operazione inversa. Si ha
infatti [ab] = [a]×[b] solo se i valori numerici coinvolti sono 1 e 0, quindi se si sta trattando di classi
vuote o singoletti, ma in questo caso se a ≠ b, si ha che la classe ab è vuota, mentre [a]×[b] = 1. Analoghe osservazioni per l’operazione inversa, con in più la condizione che potrebbe apparire anche
0 a denominatore.
Peirce era a conoscenza della proposta di Jevons di introdurre la somma non disgiuntiva, ma propone una strada diversa, anche se si rifà alla somma non disgiuntiva, ma da utilizzare solo in presenza
di identità. Queste considerazioni servono a Peirce per ‘disancorare’ la logica dalla matematica. Ad
esempio afferma che le operazioni inverse non hanno significato logico ed in particolare propone,
con la sua scrittura, le due leggi a +,a = a e a,a = a, che mettono in evidenza una simmetria delle
operazioni già proposta da Jevons.
Un ulteriore passo nella separazione tra logica e aritmetica è l’introduzione della inclusione, che
non ha una controparte aritmetica. Il simbolo utilizzato è < che esplicita essere una relazione
transitiva e antisimmetrica, quindi si tratta della stessa relazione che oggi, solitamente, si indica
come x ⊆ y. Con questo ottiene una sistemazione dell’algebra delle classi assai vicina a quella in
uso oggi. Poi Peirce si accorge che la nuova relazione ha un aspetto importante: può essere posta a
fondamento di tutto il calcolo perché (essendo di fatto una relazione d’ordine tra le classi) permette
di definire la somma (unione) di due classi come il loro estremo superiore e il prodotto di due classi
133
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
(intersezione) come l’estremo inferiore delle due classi. Privilegiare così l’inclusione anticipa il trattamento reticolare delle algebre di Boole (non ancora esplicitamente definite) e permette di assumere l’operazione logica di implicazione (filoniana) a fondamento.
Per quanto riguarda il secondo filone di indagini, Peirce si accorge che la relazione A < B, da intendere ora come “A implica B” o “se A è vero, allora B è vero”, non è applicabile solo alle proposizioni categoriche, ma anche alle proposizioni “ipotetiche”, vale a dire quelle in cui compaiono dei
connettivi (si veda 2.6.1.), purché si consideri l’interpretazione filoniana, che tra l’altro giustifica
anche con motivazioni storiche. Successivamente realizza che si può impostare il calcolo (implicativo) con l’uso della sola regola del modus ponens. Questo avviene in uno scritto datato al 1885,
quindi successivo alla pubblicazione nel 1879 del Begriffschrift – Eine der arithmetischen nachge-
bildete Formelsprache das reinen Denken, ma pare che l’elaborazione di Peirce sia del tutto indipendente (anche come simboli) da quella di Frege.
In uno scritto del 1880, il filosofo e matematico statunitense propone che invece di usare i segni =,
> (come Venn, per esprimere le particolari), +, ×, -, 1, 0, uno solo, anticipando così lo “stroke” di
Sheffer del 1913. Peirce usa le tavole di verità, prima che siano esplicitate da
Schröder e da Wittgenstein, per provare che una proposizione è tautologica ed
anticipa il metodo del controesempio, che sarà parte essenziale delle tavole di
Beth . Dice Peirce:
«Una proposizione della forma x < y è vera se x = f o y = v. Una proposizione della forma
( x < y ) è vera se x = v e y = f. Di conseguenza, per trovare se una formula è necessariamente vera [è una tautologia] si sostituiscono v e f alle lettere e si veda se può essere supposta
falsa mediante ognuno di tali assegnamenti di valore. Prendiamo ad esempio la formula
(x<y) < {(y<z) < (x<z)}. Per renderla falsa dobbiamo prendere (x<y) = v e (y<z) < (x<z) =
f. L’ultima dà (y<z) = v e (x<z) = f, x = v, z = f. Sostituendo questi valori in (x<y) = v e (y<z) = v, abbiamo (v<y) = v e (y<f) = v, che non possono essere contemporaneamente soddisfatte» (da Mangione &
Evert Willem Beth
(1908 – 1964)
Bozzi, 1993)
L’argomento cui Peirce ha dato il maggiore contributo è relativo alla logica delle relazioni (o dei
“relativi”, come si esprime). Egli prende le mosse da quanto fatto da De Morgan nel Syllabus, trovandolo però insoddisfacente da più punti di vista e si propone di estendere l’algebra di Boole, per
cui ha parole di encomio, oltre l’ambito di cui si è occupato l’inglese. Il sistema dell’americano si
applica per lo più a relazioni binarie, ma il simbolismo è applicabile a relazioni arbitrarie. Peirce definisce un “termine relativo duale” come un nome che significa una coppia di oggetti, cioè la coppia
ordinata costituito dal “relato” e dal “correlato”, ad esempio considerando la relazione scritta come
“… è benefattore di ---” in cui i puntini indicano il relato e i trattini il correlato. Nel seguito, detti A,
B, C, … individui dell’universo del discorso considera le scritture (organizzate in forma di matrice)
A:A
B:A
A:B
B:B
134
A:C
B:C
…
...
C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
C:A
…
Anno Accademico 2009/2010
C:B
…
C:C
…
…
…
Peirce definisce un “relativo generale” come un aggregato di un certo numero di relativi individuali.
L’esempio è “… amante di ---”, indicata con l e si scrive
l = ∑i ∑ j (l ) ij ( I : J )
ove (l)ij è un coefficiente numerico che assume 0 o 1, secondo che I non sia amante o sia amante di
J. Con il linguaggio odierno, sarebbe una relazione binaria sottinsieme di un prodotto cartesiano di
cui (l)ij è la funzione caratteristica di l. I simboli di somma sono un modo di indicare l’insieme definito mediante elencazione. Però la lettura di oggi tradisce il senso che Peirce dà ai simboli: il relato
non è considerato come una classe perché un relativo generale è una sorta di relativo individuale (una coppia ordinata) non specificata. Così non si supera un problema già presente in De Morgan, di
utilizzare lo stesso simbolo per indicare la classe o l’individuo che sta nelle relazione. Il simbolo
(l)ij è visto come una funzione proposizionale, ove gli indici hanno il ruolo di variabili, è quindi da
pensare come “i è amante di j” che può essere vera o falsa in corrispondenza dei valori che assumono i e j, tra gli individui dell’universo del discorso. Peirce non si accontenta di questo, ma estende a
queste funzioni le operazioni logiche, facendo così il primo esempio di calcolo proposizionale.
Anzi introduce anche la quantificazione, così come la si intende oggi, a partire da un lavoro del
1883, identificando la possibilità di considerare forme prenesse e chiarendo il ruolo fondamentale di
‘qualche’ e di ‘tutti’
I lavori che presentano questi importanti risultati sono successivi al 1879, ma è assai probabile che
siano frutto delle riflessioni dell’americano indipendenti da Frege. Ma è anche da pensare che Frege
era allora considerato un filosofo e non si era ancora rivelato appieno il contenuto matematico della
sua opera, tanto che suoi lavori e le sue idee furono a lungo quasi ignoti ai matematici suoi contemporanei (e anche conterranei) o, se noti, valutati con poca attenzione.
In realtà alcune delle idee di Frege erano implicite nel testo di Dedekind del 1888, Was sind und
was sollen di Zahlen? che era influenzato dalla posizione logicista di Frege, testo che Peirce conosceva. E contro l’interpretazione logicista della Logica, l’americano prende netta posizione. Questo
rifiuto da parte di Peirce che forse, professionalmente, doveva essere più sensibile alle idee filosofiche che tale approccio sottintende, furono invece da lui non accettate, dato che egli riteneva logica e
matematica come una sorta di ricerca strutturale sul simbolismo. La possibile analisi e revisione critica della matematica mediante la logica, secondo l’americano, non fa assumere a questa un ruolo
fondante della matematica stessa, considerando, di fatto, la logica come parte della matematica (retaggio booleano).
135
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Peirce ha poi un netto atteggiamento contro lo psicologismo che allora era sostenuto dai più famosi
logici, e anche da Schröder ed in generale dalla logica europea, allora assai lontana dalla tesi di
Bolzano che la logica ha una natura oggettiva che ha per oggetto la verità in sé e le proposizioni in
sé, cioè rivolta all’oggetto del pensiero e non alle modalità del pensiero.
Peirce ha avuto il ruolo di anticipatore di molti temi e ricerche che saranno sviluppate nella Logica
matematica del XX secolo. La scarsa produzione pubblicata da lui in vita non ha certo contributo a
metterne in luce le sue doti di pensatore, e per questo è più famoso al grande pubblico come filosofo
che come matematico.
4.3.4.2. Schröder. Fu professore a Karlsruhe dal 1876 al 1902 e sicuramente ha dato un importante
contributo all’Algebra della Logica. Nella prima opera pubblicata nel 1877 su temi di logica, adotta
la posizione di Jevons riguardo alla considerazione della disgiunzione non esclusiva identificando
l’importante (meta)legge di dualità (termine usato in senso diverso da Jevons) che permette di
scambiare somma logica (inclusiva) e prodotto logico, 1 e 0, ‘raddoppiando’ in questo modo i teoremi. Già in questa prima opera compaiono tutti i connotati della Algebra della Logica come è intesa oggi, anche se la presentazioni più rifinita compare nei tre volumi delle Vorlesungen über die Al-
gebra der Logik (exacte Logik) pubblicati tra il 1890 e il 1905, quindi in parte postumi, destino che
ebbe il secondo tomo della seconda parte, uscito nel 1905. Anche altre opere di Schröder sono state
pubblicate nel 1910.
La sistemazione della Algebra della Logica, dovuta all’autore tedesco, oggi non appare più molto
interessante, ma si tenga conto che ha costituito un punto di riferimento per la ricerca di molti altri
logici che si sono formati sui suoi testi. Sono più interessanti le motivazioni e le concezioni di fondo che traspaiono dagli scritti, e che giungono a giustificare un’opera così complessa e completa.
Per Schröder la logica è un’indagine sulle «regole seguendo le quali si ricerca la conoscenza della verità»,
ma in questo modo, visto che la conoscenza è un atto del
pensiero, oggetto della logica è «il pensiero in quanto ha come suo fine ultimo il conoscere».
Sono questi, appunto gli aspetti psicologistici che non trovavano
d’accordo Peirce, e che il matematico tedesco deriva dal filosofo Sigwart.
L’ideale di Schröder, che ispira la sua opera, è quello di:
Cristoph von Sigwart
(1830 – 1904)
«portare alla coscienza le leggi del pensiero consequenzialmente corretto, di dar loro
un’espressione generale che sia la più semplice possibile, di ridurle al minor numero di principi o assiomi e, soprattutto, di improntare tale pensiero ad una consapevole abilità» (da Mangione e Bozzi, 1993).
Egli ritiene i tempi ormai maturi per una sistemazione migliore e perfezionata dell’intera Algebra
della Logica, raccogliendo i risultati venutisi a stabilire dopo la pubblicazione delle opere di Boole.
Con questo non ritiene che la materia sia una disciplina ormai completamente ‘sfruttata’ e chiusa in
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C. Marchini – Appunti delle lezioni di Fondamenti della Matematica
Anno Accademico 2009/2010
sé, anzi prospetta per essa uno sviluppo ulteriore illimitato. Progetta di discutere e commentare tutti
i lavori usciti sull’argomento, allo scopo di preparare il terreno per gli ulteriori sviluppi, di cui si diceva. Così le Vorlesungen divengono essenziali come punto di riferimento sui quanto già fatto, ma
in esse compaiono notevoli contributi tecnici, importanti e chiarificanti osservazioni delle opere di
chi l’ha preceduto con una visione corretta della loro importanza.
Alcuni commentatori hanno suggerito che questa esigenza di completezza ha, di fatto, fatto perdere
a Schröder l’occasione di una visione critica generale della logica del suo tempo, come mostra il
suo atteggiamento nei confronti di Frege.
Il punto di partenza dell’opera del matematico tedesco è il calcolo delle classi, quindi si muove in
ambito estensionale, ad esso tuttavia viene ricondotto l’aspetto intensionale considerando proposizioni con l’aggiunta di un postulato di bivalenza: «se x ≠ 1, allora x = 0 e se x ≠ 0, allora x = 1».
Ma così facendo egli considera esclusivamente l’algebra di Boole 2, vincolando l’universo a contenere solo due elementi. Può così introdurre in modo sistematico le tavole di verità per la valutazione
delle formule proposizionali.
Il calcolo delle classi viene da lui chiamato “calcolo identico” per cui parla di somma e prodotto identici e non di somma e prodotto logici, ciò perché per lui il calcolo delle classi è una sorta di disciplina ausiliaria, puramente matematica, che precede la logica.
Anche se riprende da Boole numerosi concetti, si mette al riparo dai punti deboli che abbiamo evidenziato nell’opera dell’autore inglese, ad esempio le operazioni inverse e la non interpretabilità dei
singoli passaggi. Gli aspetti più innovativi sono dati dall’introduzione della classe vuota, vista come
una classe e non solo come etichetta del ‘Niente’, assume l’inclusione (che chiama “sussunzione”)
come relazione fondamentale, usa costantemente la legge di dualità e si avvale di una esposizione
dettagliata, minuziosa e precisa. Egualmente la lettura delle Vorlesungen non è agevole per
l’intricata rete di considerazioni tecniche con altre intuitive e di carattere informale, presentate assieme in modo inestricabile. Un esempio di questo tipo è la discussione fatta da Schröder sul concetto di universo del discorso come presentato da Boole. Di essa mostra che può condurre a contraddizioni (anticipando in tal modo i paradossi matematici) e nella sua analisi presenta temi che saranno ripresi da Russell nella formulazione della teoria dei tipi, in
quanto propone una sorta di gerarchia dell’universo del discorso. Altra importante
distinzione (che verrà ripresentata da Cantor ) è la distinzione tra molteplicità coerenti e incoerenti. Questi aspetti sono stati introdotti da Schröder in modo del tutto
indipendente dalle antinomie della teoria degli insiemi.
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Georg Cantor
(1845 – 1918)
Capitolo 4
Il contributo Boole alla logica
Per quanto riguarda la logica delle relazione Schröder esplicitamente si rifà a Peirce, ma la materia
viene presentata dal tedesco con la sistematicità che gli è propria e con la completezza che non si
può riscontrare nell’americano.
Il terzo volume delle Vorlesungen è stato il punto di riferimento per tutti i logici, come simbolismo
e come concetti per una decina di anni, fino alla pubblicazione dei Principia
Matematica di Russell e Whitehead.
Sono da notare due punti importanti: Schröder presenta una applicazione
della teoria delle relazioni alle ‘catene’ di Dedekind ed al processo di inferenza per induzione matematica ad esse associato, ma il tentativo risulta abAlfred North Withehead
(1861 – 1947)
bastanza complicato e poco chiaro senza alcun vantaggio rispetto alla trattazione mediante ricursione.
Un secondo esempio, più rilevante, è il tentativo di stabilire la validità ‘assoluta’ (indipendente dal
dominio di interpretazione) di una formula, ciò mediante un opportuno procedimento di decisione.
Ed anche se pure questo tentativo non ha avuto successo, è stato poi ripreso da altri logici. Nel 1907
Alvin Korselt dimostra che la congettura che esista una siffatta procedura di
decisione, è non applicabile a classi di formule, ma è proprio a partire da questo risultato negativo che Löwenheim dimostra nel 1915 in Über Möglichkei-
ten im Relativkalkül il primo teorema limitativo della Logica moderna.
L’opera sistematica di Schröder ha mostrato in modo inconfutabile che la
Leopold Löwenheim
(1878 – 1957)
complessità della trattazione algebrica non era seguita da un approfondimento
di contenuti nella Logica e nella sua interpretazione filosofica. C’era dunque
bisogno di lasciare questa via ed inoltre, invece di appropriarsi di vari ‘frammenti’ di sistemi filosofici precostituiti, bisognava affrontare il simbolismo che sembrava reggere tutta l’impalcatura della
logica. Da un punto di vista filosofico diverso. Si può dire che ciò fu compiuto da Peirce e se la disorganicità delle sue proposte poteva sembrare, alla fine del XIX secolo una pecca nei confronti della proposta elaborata da Schröder, poi si è potuto apprezzare che la ricchezza dei contenuti ( e non
delle tecniche) era a favore dell’americano. Uguale paragone può essere fatto sostituendo al posto di
Peirce, Frege, perché anche il filosofo ha contribuito maggiormente allo sviluppo della Logica.
Ma l’Algebra della Logica, sviluppatasi fino alla sua sistemazione nelle Vorlesungen, assieme
all’impostazione logicista è stata poi il motore primo per la nascita, negli anni ’30 del XX secolo,
della Logica algebrica, cui si deve la teoria dei reticoli, e di qui, filtri e ideali, strumenti poi applicato in vari campi della Matematica, l’Algebra universale ed una parte consistente della Metamatematica.
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