Circolare n - Filosofia Urbino

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Passo della Scienza della Logica, in cui Hegel chiarisce la corrispondenza tra
filosofia ed idealismo e come l'idealismo a rigor di termini non sia una corrente
filosofica, bensì coincida con la stessa filosofia (ma anche con la religione).
[Da: Scienza della Logica (ed. 1832), trad. it. Bari 1978, pp. 192-194]
Nota II
La proposizione, che il finito è ideale, costituisce l'idealismo. L'idealismo della
filosofia consiste soltanto in questo, nel non riconoscere il finito come un vero
essere. Ogni filosofia è essenzialmente idealismo, o per lo meno ha l'idealismo
per suo principio, e la questione non è allora se non di sapere fino a che punto
cotesto principio vi si trovi effettivamente realizzato. La filosofia è idealismo
com'è idealismo la religione. Perocché nemmeno la religione riconosce la finità
come un vero essere, come un che di ultimo ed assoluto, o come un che di non
posto, d'increato, di eterno.
L'opposizione di filosofia idealistica e realistica è quindi priva di significato.
Una filosofia che attribuisse all'esistere finito, come tale, un vero essere, un
essere definitivo, assoluto non meriterebbe il nome di filosofia. I principi delle
filosofie antiche o moderne, l'acqua, oppur la materia, oppur gli atomi, son
pensieri, universalità, idealità, non cose quali immediatamente si trovano, vale a
dire nella loro individualità sensibile.
Nemmeno quell'acqua taletica; poiché, sebbene sia anche l'acqua empirica, è
però in pari tempo, oltre a questo, l'in sé o l'essenza di tutte le altre cose; e
queste non sono indipendenti, fondate in sé, ma poste da un altro, dall'acqua,
ossia sono ideali. Siccome dianzi il principio, l'universale, fu chiamato l'ideale (e
più che mai è da chiamare ideale il concetto, l'idea, lo spirito), e siccome poi,
dall'altro lato, le singole cose sensibili sono idealmente nel principio, nel
concetto, e più ancora nello. spirito, ossia vi sono come tolte, così in cotesto è
intanto da far notare la medesima doppiezza che venne a mostrarsi nell'infinito,
cioè che una volta l'ideale è il concreto, ciò che veramente è, l'altra volta, invece,
anche i suoi momenti son l'ideale, ciò che in esso è tolto, mentre nel fatto è
soltanto un unico concreto Intiero, dal quale i momenti sono inseparabili.
Colla parola <ideale> vien soprattutto intesa la forma della rappresentazione,
chiamandosi ideale ciò che è nella mia rappresentazione in generale, oppur nel
concetto, nella idea, nell'immaginazione etc., cosicché l'ideale in generale vale
anche per le immaginazioni, per le rappresentazioni, cioè, che non solo son
distinte dal reale, ma debbono anzi essenzialmente non esser reali. Infatti lo
spirito è in generale il vero e proprio idealista. Nello spirito, già in quanto sente,
rappresenta, e più ancora in quanto pensa e concepisce, il contenuto non come
un cosiddetto esserci reale. Nella semplicità dell'lo un tale esterno essere è
soltanto tolto, è per me, è idealmente in me. Questo idealismo soggettivo, sia
come idealismo inconsapevole della coscienza in generale in quanto venga
consapevolmente enunciato e stabilito come un principio, non tien di mira altro
che la forma della rappresentazione, secondo la quale un certo contenuto è mio.
Questa forma viene affermata nell'idealismo sistematico della soggettività, come
l'unica vera, come la forma esclusiva contro quella dell'oggettività o realtà, vale
a dire contro la forma dell'esserci esteriore di quel contenuto. Un tale idealismo
è formale, in quanto non tien conto del contenuto del rappresentare o del
pensare, contenuto che nel rappresentare o nel pensare può, in cotesto idealismo,
rimanere interamente nella sua finità. Con un tale idealismo non si perde nulla
sia perché la realtà di un tal contenuto finito - l'esserci riempito di finità - è
conservata, sia perché, in quanto si astrae da essa, di cotesto contenuto si ritiene
che in sé non debba importar nulla. Né nulla si guadagna, appunto perché non si
perde nulla; l'io, la rappresentazione, lo spirito rimangono riempiti dello stesso
contenuto della finità. L'opposizione della forma di soggettività ed oggettività è
ad ogni modo una delle finità. Ma il contenuto, cosi come viene ricevuto nella
sensazione, nell'intuizione, o anche nel più astratto elemento della
rappresentazione, del pensiero, contiene grande abbondanza di finità, e queste
finità, coll'essersi esclusa quella sola forma di finità - la forma del soggettivo e
dell'oggettivo -, non sono state ancora fatte andar via e meno che mai son cadute
di per se stesse.
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