Le geometrie non euclidee
Indice
1 Premessa
1
2 L’opera di Euclide
1
3 Da Euclide a Saccheri
3
4 L’opera di Saccheri
4
5 La nascita delle geometrie non Euclidee
5
6 La geometria iperbolica e la geometria ellittica
6
7 Tre
7.1
7.2
7.3
7
7
7
8
modelli di geometria iperbolica
Il modello di Klein . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il modello del semipiano (Poincaré) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il modello del disco aperto (Poincaré) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8 Il modello di Riemann
10
9 La geometria ellittica
12
10 Considerazioni finali
12
1
Premessa
La scoperta e la diffusione delle geometrie non euclidee sono senza dubbio da annoverare fra
gli eventi che hanno maggiormente influenzato lo sviluppo della matematica nel diciannovesimo
secolo. Entrare nel merito dei loro contenuti è importante non solo dal punto di vista strettamente
matematico, ma anche per le ripercussioni che hanno prodotto sia sulla concezione delle teorie
fisiche, sia sulla riflessione filosofica e scientifica in generale. Ogni persona colta dovrebbe sapere,
almeno a grandi linee, che cosa sono le geometrie non euclidee e quali influenze hanno avuto nello
sviluppo della matematica e del pensiero scientifico.
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L’opera di Euclide
L’opera più famosa di Euclide, gli Elementi, fu scirtta probabilmente intorno al 300 a.C. ad Alessandria d’Egitto, la capitale della cultura del tempo. Essa costituisce il primo vero proprio trattato di
matematica che ci sia pervenuto e compendia ed organizza assiomaticamente i risultati matematici
(geometrici, aritmetici e algebrici) ottenuti durate i tre secoli precedenti. L’opera è composta da
tredici libri; all’inizio del primo libro sono enunciate le proposizioni primitive, divise in tre gruppi:
definizioni (o termini), postulati e nozioni comuni (o assiomi).
Vediamo alcune delle definizioni di Euclide:
Definizione 1 Punto è ciò che non ha parti.
Definizione 2 Linea è lunghezza senza larghezza.
Definizione 3 Estremi di una linea sono punti.
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
Euclide non prevede, almeno in questa fase, che possano esistere linee di lunghezza infinita.
Definizione 4 Linea retta è quella che giace ugualmente rispetto ai suoi punti.
I termini di Euclide non sono vere e proprie definizioni, in quanto il concetto nuovo non viene
definito mediante concetti già definiti (non è stato preliminarmente definito cosa voglia dire ”non
avere parti” , ”giacere ugualmente rispetto ai suoi punti” , ecc.). In effetti, non tutto si può definire,
e quindi necessariamente alcuni concetti vanno assunti come primitivi. Nella concezione classica
dell’assiomatica, i concetti primitivi devono avere un riferimento concreto e i termini in questione
intendono in qualche modo individuarlo.
Un altro tipo di definizione è quella nominale: in essa un concetto nuovo viene costruito in
funzione di concetti già definiti; ad esempio:
Definizione 10 Quando una retta innalzata a partire da un’altra retta forma con essa angoli
adiacenti uguali fra loro, ciascuno dei due angoli è retto e la retta si dice perpendicolare a quella
su cui è innalzata.
Definizione 23 Parallele sono quelle rette che, essendo nello stesso piano e venendo prolungate
indefinitamente in entrambe le direzioni, non si incontrano fra loro in nessuna di queste.
Euclide enuncia poi cinque postulati e cinque nozioni comuni o assiomi. Per Euclide, che
seguiva in questo l’impostazione aristotelica, le nozioni comuni sono verità evidenti applicabili a
qualunque scienza, mentre i postulati sono verità che si applicano solo alla geometria; secondo la
logica aristotelica, i postulati non avevano bisogno di essere dimostrati e derivavano la loro verità
dal fatto che i risultati che si potevano trarre da essi concordavano con la realtà osservata.
Ecco i cinque postulati.
Postulato 1 Risulti postulato che da qualsiasi punto si possa condurre una retta ad ogni altro
punto.
Oggi noi enunciamo lo stesso postulato dicendo che per due punti distinti passa una e una sola
retta.
Postulato 2 E che si possa prolungare una linea retta finita continuamente in linea retta.
Questo non implica ancora che la retta sia infinita; semplicemente è possibile prolungare una
retta (finita) fino a che è necessario.
Postulato 3 E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro e ogni distanza.
Postulato 4 E che tutti gli angoli retti siano uguali fra loro.
Postulato 5 E che se una retta, venendo a cadere su due rette, forma gli angoli interni da
una stessa parte minore di due angoli retti, le due rette, prolungate indefinitamente, si incontrano
dalla parte in cui sono i due angoli minori di due angoli retti.
Nota che, nell’enunciare questo postulato, Euclide evita accuratamente di affermare l’esistenza
di rette che non si incontrano mai, comunque vengano prolungate.
Nonostante che non si parli esplicitamente di rette parallele, il quinto postulato è passato alla
storia come il Postulato delle parallele.
Ed ecco le nozioni comuni.
Nozione 1 Le cose che sono uguali a una stessa cosa sono anche uguali fra loro.
E’ quella che noi oggi chiamiamo proprietà transitiva dell’uguaglianza.
Nozione 2 E se a cose uguali si aggiungono cose uguali, le somme sono uguali.
Nozione 3 E se da cose uguali si sottraggono cose uguali, i resti sono uguali.
Nozione 4 E le cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali.
Questa nozione è quella che, in geometria, garantisce la possibilità di verificare l’uguaglianza
per sovrapposizione.
Nozione 5 E il tutto è maggiore della parte.
Dopo le definizioni, i postulati e le nozioni comuni, Euclide prosegue la sua trattazione con una
serie di proposizioni (per la precisione 48 nel primo libro), cioè affermazioni la cui veridicità deve
essere provata mediante una dimostrazione (i nostri teoremi). Enunciamo solo alcune di queste
proposizioni; teniamo presente che i soli strumenti ammessi nella conduzione delle dimostrazioni
sono riga e compasso.
La Proposizione 4 è quella che noi oggi chiamiamo primo criterio di congruenza dei triangoli
ed Euclide la enuncia in questo modo:
Proposizione 4 Due triangoli sono uguali se due lati e l’angolo compreso di uno di essi sono
uguali alle parti corrispondenti dell’altro.
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
La dimostrazione viene fatta per sovrapposizione di un triangolo sull’altro (nozione comune
4) e mostrando che essi coincidono; una tale dimostrazione viene fatta ancora oggi nella maggior
parte dei testi di geometria del biennio.
La successiva Proposizione 5 riguarda il triangolo isoscele che viene presentato da Euclide nella
Definizione 20 come quel triangolo che ha due lati uguali; non è per niente ovvio, quindi, che il
triangolo abbia anche due angoli uguali. Euclide infatti enuncia questa proprietà e ne dà una
dimostrazione rigorosa.
Il libro contiene un elenco di teoremi che si conclude con la Proposizione 48, il teorema di
Pitagora.
Gli Elementi influenzarono la matematica e la filosofia per i secoli successivi (ricordiamo a
titolo di esempio Newton e Spinoza) e la sua struttura rimane ancora oggi uno dei fondamenti
del pensiero occidentale. Le critiche che sono state mosse in epoca moderna agli Elementi sono
sostanzialmente di due tipi. La prima è relativa alle definizioni date da Euclide, che risultano
essere insufficienti; abbiamo già osservato che un concetto sconosciuto (linea) viene caratterizzato
da altri concetti che non sono anch’essi conosciuti (lunghezza e larghezza).
La seconda riguarda il sistema di postulati e assiomi che risulta essere incompleto. In alcune
dimostrazioni si incontra per esempio l’affermazione che se una retta viene condotta per il vertice
di un triangolo in modo che passi al suo interno, allora la retta deve incontrare il lato opposto.
Questa affermazione è ovviamente corretta, oltre che evidente, ma se lo scopo che ci si è prefissi di
raggiungere è quello di dedurre ogni proprietà dal sistema dei postulati e assiomi, nulla deve essere
dato per scontato. Alla fine dell’ottocento David Hilbert provvide a dare una struttura completa
alla geometria introducendo vari gruppi di postulati nella sua opera Gründlagen der Geometrie
(Fondamenti della geometria). Va detto che nel diciannovesimo secolo si è giunti alla conclusione
che è necessario rinunciare all’idea di definire i concetti geometrici fondamentali: la
geometria deve parlare delle proprietà e delle relazioni reciproche tra i termini primitivi (punto,
retta, piano), e queste vengono assegnate dal sistema degli assiomi che li caratterizzano in modo
completo.
Gli assiomi quindi descrivono completamente la geometria e la sostituzione di uno di essi con
un altro genera altri tipi di geometrie.
3
Da Euclide a Saccheri
L’evidenza del quinto postulato fu messa in dubbio già dall’antichità. Anzi lo stesso Euclide ha
senza dubbio esitato prima di annoverarlo fra i postulati. Si possono evidenziare tre vere e proprie
anomalie del postulato delle parallele:
1. Euclide utilizza il quinto postulato, contrariamente a tutte le altre proposizioni primitive,
molto avanti nel testo: addirittura dopo i primi ventotto teoremi!
2. la proposizione inversa del quinto postulato (proposizione 17) è un teorema
3. il quinto postulato fa in qualche modo intervenire il fatto che la retta è illimitata, dunque
non è cosı̀ immediato come gli altri
Quali proposizioni possono essere dimostrate senza impiegare il quinto postulato? Elenchiamo
le più importanti (che rientrano nelle prime ventotto proposizioni euclidee e fanno parte della
cosiddetta geometria assoluta cioè di quella geometria che non utilizza il quinto postulato): il fatto
che i triangoli isosceli hanno gli angoli alla base uguali (e viceversa), i criteri di uguaglianza dei
triangoli, l’esistenza e l’unicità della bisettrice di un angolo, del punto medio di un segmento, della
perpendicolare condotta da un punto a una retta, le proprietà degli angoli adiacenti, consecutivi
e opposti al vertice, le disuguaglianze tra lati e angoli di un triangolo (un lato è minore della
somma degli altri due e maggiore della loro differenza, a lato maggiore è opposto angolo maggiore,
e viceversa). Un altro teorema di geometria assoluta è il seguente: per un punto P si può sempre
condurre una parallela a una data retta t ; che tale parallela sia unica si può però affermare
solo utilizzando il quinto postulato.
Vediamo ora il contenuto della proposizione inversa del quinto postulato (in una delle formulazioni possibili):
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
in ogni triangolo la somma di due angoli interni è minore di due retti.
Ciò equivale a dire che se due trasversali ad una retta si incontrano, allora esse formano angoli
interni la cui somma è minore di due retti, il che è esattamente l’inverso del postulato delle parallele.
D’altra parte, quasi tutte le proposizioni successive alla 28 dipendono dal quinto postulato; tra
esse ricordiamo il fatto che la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due retti ed il
teorema di Pitagora.
Dall’epoca di Euclide fino agli inizi dell’Ottocento, i matematici si sono impegnati nel tentativo di fare chiarezza sul postulato delle parallele. Già Posidonio (135 - 50 a.C.) e Tolomeo
(100 - 178 d.C.), alquanto scettici sulla sua legittimità, cercarono di dimostrarlo; in realtà le loro considerazioni si basavano su costruzioni geometriche che implicitamente accettavano il quinto
postulato.
Nel 450 d.C., Proclo evidenzia gli errori delle precedenti dimostrazioni e ne dà una sua che
successivamente verrà però trovata errata. A lui va comunque il merito di aver formulato l’enunciato
di unicità della parallela cosı̀ come oggi è riportato da tutti i trattati di geometria: data una retta
r e un punto P fuori di essa, esiste una e una sola retta passante per P e parallela alla retta r.
Nel corso dei secoli le vie percorse per chiarire la questione del quinto postulato furono sostanzialmente due:
1. sostituire l’assioma con un altro che fosse più evidente e che non coinvolgesse l’infinito.
2. tentare di dedurlo dagli altri postulati facendolo in questo modo diventare un teorema, quindi
una verità che non si sarebbe mai potuta negare.
La prima strada portò ad enunciati del tutto equivalenti e non risolse il problema; alcune fra
le enunciazioni che furono proposte sono le seguenti:
In un piano, il luogo dei punti equidistanti da una retta è ancora una retta
Due rette che si intersecano non possono essere entrambe parallele a una stessa retta
In un piano, la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti
Esistono due triangoli simili non congruenti
Per tre punti non allineati passa sempre una e una sola circonferenza
Dall’altra parte, tutti i tentativi di dimostrare il postulato delle parallele furono dei fallimenti;
dimostrazioni in apparenza corrette contenevano spesso errori o semplici sostituzioni del postulato
con un altro equivalente. Nel 1763, l’allora studente Georg Simon Klügel, nella sua tesi di laurea,
esaminò trenta tentativi di provare il quinto postulato concludendo che erano tutti falsi o inesaurienti. Fra tutte le dimostrazioni vale però la pena di ricordare quella del padre gesuita Gerolamo
Saccheri (1667-1733) in quanto il suo approccio fu del tutto innovativo.
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L’opera di Saccheri
Saccheri era docente di Matematica all’università di Pavia e, nella sua opera Euclides ab omni naevo
vindicatus (Euclide emendato da ogni macchia) credette di aver dimostrato il quinto postulato
seguendo un ragionamento per assurdo, cioè negando il postulato delle parallele e cercando di
giungere a qualche contraddizione.
Egli pose il problema in questi termini: si costruisca un quadrilatero ABCD in modo che i lati
AD e BC siano congruenti ed entrambi perpendicolari ad AB ; come sono gli angoli di vertici C e
D?
Il quadrilatero in questione viene detto birettangolo (ha due angoli retti, quelli in A e B ) isoscele
(ha due lati uguali, AD e BC ); il segmento AB viene detto base.
Si vede che dimostrare il quinto postulato equivale a dimostrare che il quadrilatero è un rettangolo, cioè che gli angoli Ĉ e D̂ sono retti. Saccheri quindi, con tale obiettivo finale, comincia
col dimostrare alcune proprietà del quadrilatero birettangolo isoscele.
Proprietà 1 La retta che congiunge i punti medi dei lati AB e CD è perpendicolare a entrambi
i lati.
Proprietà 2 Gli angoli non adiacenti alla base, cioè gli angoli di vertici Ĉ e D̂, sono uguali.
A questo punto Saccheri prende in considerazione le possibilità che i due angoli Ĉ e D̂ possano
essere entrambi ottusi oppure entrambi acuti nell’intento di trovare un assurdo. Se cosı̀ fosse,
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
Figura 1: Il quadrilatero birettangolo: il quarto lato è incurvato per evitare conclusioni affrettate
sulla misura degli angoli C e D
infatti, la terza ipotesi, cioè che gli angoli siano retti, sarebbe l’unica possibile ed il quinto postulato
verrebbe dimostrato.
Nel suo desiderio di dimostrare il quinto postulato, Saccheri apre la strada, senza rendersene
conto, alle nuove geometrie, infatti esplora ciò che accadrebbe se il quinto postulato venisse negato.
In quest’ottica, il seguente teorema enunciato da Saccheri può essere considerato il primo
teorema di geometria non euclidea della storia:
Teorema In un quadrilatero birettangolo isoscele ABCD di base AB il lato CD è: maggiore
di AB se C e D sono acuti minore di AB se gli angoli C e D sono ottusi uguale ad AB se C e D
sono retti.
Con altre considerazioni di geometria assoluta Saccheri giunge a dimostrare che il supporre che
gli angoli C e D del quadrilatero birettangolo siano acuti, ottusi o retti è equivalente a supporre
che la somma degli angoli interni di un triangolo sia:
• minore di due retti nell’ipotesi dell’angolo acuto
• maggiore di due angoli retti nell’ipotesi dell’angolo ottuso
• uguale a due retti nell’ipotesi dell’angolo retto
Saccheri riesce poi a dimostrare che nell’ipotesi dell’angolo retto e dell’angolo ottuso, una
perpendicolare e un’obliqua a una stessa retta si incontrano. Ma il fatto che una perpendicolare
e un’obliqua si incontrino è una forma equivalente del quinto postulato; quindi ciò significa che
sia nell’ipotesi dell’angolo retto che in quella dell’angolo ottuso vale il quinto postulato. Ora, se
dall’ipotesi dell’angolo ottuso segue il quinto postulato e dal quinto postulato segue che gli angoli
Ĉ e D̂ sono retti, non può valere l’ipotesi dell’angolo ottuso. Saccheri riesce cosı̀ a giungere ad un
assurdo ed afferma: l’ipotesi dell’angolo ottuso è completamente falsa perché distrugge se stessa.
Figura 2: Le rette a e b sono parallele ad r
La confutazione dell’ipotesi dell’angolo acuto è piuttosto laboriosa e porta Saccheri a dimostrare
molti teoremi interessanti sulle rette. Ad un certo punto egli giunge a dire che: dati un punto A
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e una retta r, l’ipotesi dell’angolo acuto implica che nel fascio di rette per A ne esistano due, a e
b, che lo dividono in due parti; la prima parte è costituita dalle rette che intersecano r, la seconda
parte (quella le cui rette attraversano l’angolo α della figura) da quelle che non la intersecano. Le
rette a e b sono quelle che hanno un comportamento asintotico con r.
In base a questo teorema, per il punto A esistono cosı̀ due parallele alla retta r, di nuovo una
anticipazione di quello che sarà uno dei risultati delle geometrie non euclidee. Da questa e da
una serie di considerazioni successive relative al comportamento delle rette nell’ipotesi dell’angolo
acuto, egli arriva ad affermare che le rette a e r dovrebbero avere una perpendicolare comune.
Anche se non è giunto ad alcuna contraddizione, Saccheri ripudia però questo tipo di conclusione
e chiude il discorso dicendo: l’ipotesi dell’angolo acuto è assolutamente falsa perché ripugna alla
natura della linea retta. Di conseguenza, prosegue Saccheri, la sola ipotesi accettabile è quella
dell’angolo retto e questo equivale a dire che il postulato delle parallele di Euclide è vero.
Osserviamo però che, al contrario di quello che aveva affermato nell’ipotesi dell’angolo ottuso,
Saccheri non riesce a trovare alcuna contraddizione logica, semplicemente afferma che le conseguenze dell’ipotesi vanno contro l’intuizione. Un ragionamento di questo tipo non può tuttavia
essere accettato come confutazione dell’ipotesi dell’angolo acuto e il problema del quinto postulato
rimane perciò aperto.
5
La nascita delle geometrie non Euclidee
Dopo Saccheri, molti altri matematici (alcuni per professione, altri per passione) fra cui Lambert
(1728 - 1777), Schweikart (1780 - 1859), Taurinus (1794 - 1874) e il già ricordato Klügel, si ispirarono
all’opera di Saccheri, giungendo alla convinzione che il postulato delle parallele non potesse essere
dimostrato, vale a dire che fosse indipendente dagli altri assiomi di Euclide.
Non solo, questi personaggi erano convinti che si potesse costruire una geometria coerente introducendo un altro assioma che negasse quello di Euclide; Lambert non si pronunciò mai però sulla
effettiva applicabilità di una tale geometria allo spazio fisico, mentre Schweikart era convinto che
essa si potesse applicare allo spazio interstellare. Tutti questi matematici riconobbero l’esistenza
di una geometria non euclidea, ma mancarono di vederla come un’altra possibile descrizione del
mondo fisico.
Anche Gauss (1777-1855) si occupò di geometrie non euclidee, ma ”temendo le strida dei Beoti”,
come aveva comunicato in una lettera all’amico Bessel, non pubblicò mai i risultati a cui era giunto.
Quelli che sono universalmente riconosciuti come i padri delle geometrie non euclidee sono senza
dubbio Lobacevskij e Bolyai.
Nikolai Ivanovich Lobacevskij (1793-1856) era russo, studiò all’università di Kazan di cui fu
poi professore e rettore negli anni dal 1827 al 1846. Non conosceva l’opera di Saccheri, ma probabilmente aveva sentito parlare di fondamenti di geometria negli ambienti matematici; espose per
la prima volta le sue idee in un lavoro presentato alla sua università nel 1826 che andò poi perso.
Successivamente pubblicò i risultati a cui era giunto in diversi lavori, tutti più o meno simili, il più
significativo dei quali fu forse Nuovi principi della geometria con una teoria completa delle parallele
(1835-1837).
Ianos Bolyai (1802-1860) era un ufficiale ungherese, figlio del matematico Wolfgang Farkas.
Il suo lavoro sulle geometrie non euclidee contava ventisei pagine titolate La scienza dello spazio
assoluto e apparve nel 1832 in appendice ad un libro di suo padre. Sembra che Bolyai abbia
lavorato in modo indipendente da Lobacevskij, anche se in anni successivi, giungendo alle stesse
conclusioni del collega.
Sia Lobacevskij che Bolyai seguirono lo stesso ragionamento che fa capo sostanzialmente alla
figura precedente: le rette del piano che passano per un punto A si possono dividere, rispetto ad
una retta r non passante per A in secanti, parallele (le due rette a e b) ed iperparallele.
Il postulato delle parallele afferma sostanzialmente che le rette a e b sono la stessa retta, ma
se lo si nega e si assume l’ipotesi dell’angolo acuto, le rette a e b sono distinte.
Il quinto postulato può quindi essere sostituito da un’affermazione altrettanto valida: per un
punto A esterno a una retta data esistono due parallele distinte.
Sia Lobacevskij che Bolyai considerarono la loro geometria come un esercizio della mente,
qualcosa che ha un senso solo nell’immaginazione e che non ha necessariamente un riscontro fisico
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
nel mondo osservabile. La nuova geometria pone il problema della coerenza: tutte le ricerche
compiute da Lobacevskij e Bolyai avrebbero potuto rivelarsi prive di senso se si fosse riscontrata
una qualche contraddizione nella teoria. Lobacevskij e Bolyai si erano accorti di questo problema,
ma nessuno di essi era stato capace di risolverlo appieno. Verso la fine del XIX secolo ci si convinse
però che, se un sistema formale (una geometria) possiede un modello euclideo, allora tale sistema
è coerente (o almeno ha lo stesso grado di coerenza della geometria euclidea). Divenne perciò
importante costruire dei modelli (euclidei) delle geometrie non euclidee.
6
La geometria iperbolica e la geometria ellittica
Il postulato delle parallele nella sua formulazione più nota data una retta e un punto non appartenente ad essa, esiste ed è unica una retta passante per il punto e parallela alla retta data è
legato:
1. all’esistenza della parallela
2. alla sua unicità
Le negazioni di questo postulato si possono quindi compiere:
1. negando l’esistenza della parallela: data una retta e un punto non appartenente ad essa, non
esiste alcuna retta passante per il punto e parallela alla retta data.
2. negando la sua unicità: data una retta e un punto non appartenente ad essa, c’è più di una
retta parallela alla retta data.
Tenendo presente che, come più volte ricordato, il quinto postulato è equivalente all’affermazione
che la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti, le precedenti negazioni
diventano le seguenti.
1. In un triangolo la somma degli angoli interni è maggiore di due angoli retti. I triangoli
appaiono in questo modo ´’gonfiati´’.
2. In un triangolo la somma degli angoli interni è minore di due angoli retti. I triangoli diventano
cosı̀ ´’più snelli´’.
Da questi due modi di negare il quinto postulato nascono due geometrie che verranno in seguito
chiamate da Felix Klein (1849-1925) rispettivamente: geometria ellittica (che nega l’esistenza della
parallela) e geometria iperbolica (che nega l’unicità).
Analizziamo ora alcuni modelli di geometrie non euclidee.
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7.1
Tre modelli di geometria iperbolica
Il modello di Klein
Nel piano ordinario euclideo consideriamo una conica qualsiasi, per esempio una circonferenza G.
Diamo ora un nuovo significato ai termini primitivi punto e retta: supponiamo che i punti
siano i soli punti interni a G (cioè che il piano sia formato dal cerchio delimitato da G privato
della circonferenza) e che le rette siano le corde di G private degli estremi.
Si può verificare che in questo modello valgono tutti gli assiomi della geometria assoluta, cioè
gli assiomi di appartenenza (per esempio due punti distinti individuano ancora una retta), d’ordine
e di continuità che valgono nella geometria euclidea; in base a questi assiomi possiamo definire i
semipiani, le semirette, i segmentoi, gli angoli. Esistono però infinite rette passanti per un punto P
che non intersecano una retta AB cui P non appartiene, cioè in questo modello non vale il quinto
postulato di Euclide! Fra le rette passanti per P ci sono anzi infinite rette non secanti AB e queste
sono separate dalle infinite secanti dalle due rette PA e PB che sono dette parallele (le altre non
secanti si chiamano iperparallele).
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Figura 3: Il modello di Klein: t ed s sono le due parallele ad r mentre u è un’iperparallela
7.2
Il modello del semipiano (Poincaré)
Il matematico francese Henry Poincarè costruı̀ due famosi modelli di geometria iperbolica. Vediamo
in dettaglio il primo.
Nel piano ordinario euclideo consideriamo il semipiano aperto α delimitato dalla retta a. Prendiamo poi in considerazione le semicirconferenze che hanno centro in un punto di a e che chiameremo ortogonali in quanto le rette ad esse tangenti negli estremi del diametro sono perpendicolari
ad a; casi limite delle circonferenze ortogonali sono le semirette aventi origine in un punto di a e
ad essa perpendicolari.
Chiamiamo: punto ogni punto del semipiano aperto α e retta ogni semicirconferenza ortogonale
oppure ogni semiretta perpendicolare ad a
Figura 4: Il modello del semipiano di Poincaré: s e t sono le due parallele ad r passanti per P,
mentre u e v sono rispettivamente un’iperparallela ed una secante
Anche in questo modello gli assiomi di appartenenza, d’ordine e di continuità sono verificati;
per esempio possiamo ancora dire che per due punti passa una e una sola retta: dati due punti
A e B del semipiano α, l’unica retta che passa per essi è la semicirconferenza che ha il centro nel
punto di intersezione dell’asse di AB con la retta a. Se i due punti A e B si trovano su una retta
perpendicolare ad a allora si considera la semiretta che ha origine su a e che passa per essi.
Vediamo come si modifica in questo modello la situazione relativa al quinto postulato. Presi
una retta r ed un punto P non appartenente ad essa, per P passano infinite rette secanti ed infinite
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
non secanti. Di nuovo, tra queste ultime ve ne sono due che separano i due insiemi (vedi fig.) e
che si diranno parallele ad r, mentre le altre rette non secanti si diranno iperparallele.
7.3
Il modello del disco aperto (Poincaré)
É possibile costruire anche un secondo modello, detto del disco aperto, nel quale si considera un
cerchio J arbitrariamente grande; in esso
• punto è un qualsiasi punto interno a J (esclusi quindi i punti della circonferenza)
• retta è ogni diametro privato degli estremi oppure ogni arco di circonferenza interno a J che
sia ortogonale alla circonferenza che lo delimita (in pratica negli archi ortogonali la retta
tangente all’arco stesso, dovendo essere perpendicolare alla tangente alla circonferenza di J,
deve passare per il centro di J)
In un modello di questo tipo è anche facile vedere che la somma degli angoli interni di un
triangolo è inferiore a due retti.
Figura 5: Il modello del disco di Poincaré: s e t sono le due parallele ad r passanti per P, mentre
u e v sono rispettivamente un’iperparallela ed una secante
Anche in questo caso per un punto P non appartenente a una retta r passano infinite secanti
e infinite non secanti e ci sono due rette che separano i due gruppi.
Figura 6: Nel modello del disco di Poincaré si può visualizzare un quadrilatero birettangolo isoscele
con due angoli addirittura nulli!
Quali sono le proprietà delle figure nelle geometrie non euclidee? Come si modificano i teoremi
che conosciamo? L’argomento è molto vasto ed esula dagli scopi di questo riassunto: vediamo solo
una interessante proprietà dei triangoli.
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
Figura 7: Il triangolo verde è un triangolo equilatero quasi euclideo, mentre le rette r, s e t formano
il triangolo limite e sono parallele tra loro, quindi la somma degli angoli interni è nulla
Nella geometria iperbolica si può dimostrare che esistono triangoli la cui somma degli angoli
interni assume un valore qualsiasi compreso fra zero e due retti. Per illustrare come ciò possa
accadere consideriamo un triangolo equilatero e vediamo cosa succede all’aumentare del lato. Più
il triangolo è ”piccolo”, più assomiglia a un triangolo euclideo, per cui i suoi angoli hanno valore
prossimo a 60◦ e la somma degli angoli interni tende a 180◦ . Più il lato aumenta, più l’angolo
diminuisce (e nella figura, per rendere visibile questa circostanza, abbiamo ”incurvato” i lati).
L’angolo diviene sempre più piccolo e tende a zero e il triangolo si approssima sempre di più
alla figura formata dalle tre rette r, s e t parallele a due a due in un verso e detta triangolo
limite. In sostanza, anche se i lati aumentano indefinitamente, l’area del triangolo, pur crescendo,
non aumenta indefinitamente, ma è superiormente limitata da quella del triangolo limite. Infatti in
geometria iperbolica l’area A di un triangolo è proporzionale al difetto angolare, cioè alla differenza
d = 2R − S tra due retti e la somma degli angoli interni; detta k 2 la costante di proporzionalità, si
ha: A = k 2 (2R−α−β −γ). Se ora si osserva che, per definizione, il difetto angolare è superiormente
limitato (d ≤ 2R), ne segue che lo è anche l’area dei triangoli.
A differenza di quanto accade in geometria euclidea, in geometria iperbolica l’area dei triangoli
non cresce a piacere, ma è superiormente limitata, e l’estremo superiore è 2Rk 2 , pari all’area dei
triangoli limite.
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Il modello di Riemann
Nel 1854, Georg Bernhard Riemann (1826-1866), su sollecitazione del suo maestro Gauss, presentò
all’università di Göttingen un lavoro dal titolo Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria. In
esso egli pose la negazione del quinto postulato affermando che: dato un punto P non appartenente
a una retta r, non esiste alcuna parallela a r passante per P (assioma di Riemann). In pratica ciò
significa che non esistono rette parallele.
La geometria sferica e quella ellittica corrispondono all’ipotesi dell’angolo ottuso di Saccheri.
In esse valgono teoremi quali La somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di due retti;
In un quadrilatero ABCD birettangolo in A e B e isoscele (AD = BC), gli angoli in C e D sono
ottusi e CD < AB ; L’angolo inscritto in una semicirconferenza è ottuso.
Ma nella geometria assoluta si può dimostrare che esistono rette parallele (Proposizione 31
degli Elementi di Euclide) e che la somma degli angoli di un triangolo non può superare due
retti (Teorema di Saccheri-Legendre). Pertanto, se si aggiunge l’assioma di Riemann o l’ipotesi
dell’angolo ottuso agli assiomi della geometria assoluta si ottiene una teoria contraddittoria. Se
si vuole costruire una geometria coerente nella quale si assume l’assioma di Riemann occorre
modificare, oltre al V postulato, qualche altro assioma della geometria assoluta.
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
Un modello molto intuitivo di geometria sferica è quello che si realizza sulla superficie di una
sfera. Chiamiamo:
• punto ogni punto della superficie sferica
• retta ogni circonferenza massima1
Figura 8: Il modello di Riemann: si osserva che per il punto P non passa alcuna parallela alla retta
r ; si vede inoltre come si possano costruire triangoli in cui la somma degli angoli interni supera
due retti
In una geometria di questo tipo tuttavia, non valgono tutti gli assiomi classici della geometria
euclidea. Bisogna infatti abbandonare l’idea che per due punti distinti passi una ed una sola retta
perchè per due punti diametralmente opposti sulla superficie sferica passano infinite rette. Anche
gli assiomi di ordinamento non valgono. A proposito di questo segnalo che Euclide non ha messo
fra i postulati alcune proposizioni che di fatto ha impiegato negli Elementi, tra cui ad esempio:
Dati tre punti di una retta, ve ne è uno ed uno solo che sta fra gli altri due. Come è evidente dalla
figura, nessuno dei tre punti A, B e C della retta r sta fra gli altri due, nel senso che, partendo da
uno qualsiasi di essi, si può raggiungere uno degli altri due restando sulla retta e senza passare per
il terzo punto.
Figura 9: Nel modello di Riemann non valgono gli assiomi di ordinamento
Tra i teoremi della geometria sferica, facilmente visualizzabili nel modello, vi sono i seguenti:
Tutte le rette hanno la stessa lunghezza finita; Il piano ha area finita; Tutte le perpendicolari a una
stessa retta si incontrano in due punti. Fatto notevole è che, nella geometria sferica, i segmenti
hanno, al pari degli angoli, un’unità di misura naturale (l’intera retta è come un angolo giro).
Un teorema di geometria della sfera è che l’area A di un triangolo sferico di angoli α, β e γ è data
dalla formula A = k 2 (α + β + γ − 2R), dove R rappresenta l’ampiezza dell’angolo retto. Questa
1 Ricordo che si dice circonferenza massima ogni circonferenza che ha centro coincidente con il centro della
superficie sferica
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
formula si può leggere, in analogia con la corrispettiva formula della geometria iperbolica: L’area
di un triangolo è proporzionale al suo eccesso angolare.
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La geometria ellittica
La geometria ellittica differisce da quella sferica per il fatto che accettando il postulato di Riemann
(non esistono rette parallele) recupera il postulato classico per cui due punti del piano individuano
una ed una sola retta.
Un modello di geometria ellittica si può costruire nel modo seguente: consideriamo un emisfero
nel quale i punti diametralmente opposti che si trovano sull’equatore sono da considerare identici.
In tale situazione:
• punti sono i punti dell’emisfero
• rette sono le semicirconferenze massime
É facile controllare che in questo modello per due punti passa una ed una sola retta e che non
esistono rette parallele. Inoltre, nella geometria ellittica anche gli assiomi di ordinamento sono
validi, quindi questa geometria, e non quella sferica, è da considerarsi come la geometria non
euclidea per eccellenza.
Figura 10: Un modello di geometria ellittica: sono rappresentate due rette secanti nel punto P
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Considerazioni finali
Può sembrare sconcertante avere a che fare con teorie assiomatiche coerenti, ma in contrasto fra
loro. Ad esempio, nelle tre geometrie euclidea, iperbolica, ellittica, al triangolo viene attribuita
la proprietà di avere somma degli angoli interni rispettivamente uguale, minore, maggiore di due
angoli retti. Sembra naturale affermare che il triangolo può avere una sola delle tre caratteristiche,
per cui, delle tre geometrie, una sola può essere vera.
Verso la fine dell’Ottocento, si è lentamente affermata la visione moderna dell’assiomatica secondo la quale i concetti primitivi delle teorie matematiche non hanno più bisogno di un preliminare
riferimento ad enti esterni e, di conseguenza, gli assiomi non sono più considerati né veri, né falsi:
gli enti primitivi non vengono definiti e gli assiomi sono le proposizioni che stabiliscono i
legami tra gli enti primitivi: essi si assumono senza dimostrazione e da essi si può incominciare a
dedurre logicamente i teoremi. In tal modo le teorie matematiche assumono la veste di linguaggi
non interpretati e non ci si pone più il problema della verità degli assiomi.
Si assume inoltre che il requisito della coerenza degli assiomi sia non solo necessario, ma anche
sufficiente per dichiarare legittima una teoria matematica. Per esempio la geometria iperbolica, in
cui i termini primitivi di punto e retta sono interpretati in un modello (per es. quello di Klein),
è una teoria coerente e quindi può essere legittimamente assunta fra le teorie matematiche. Nota
anche che una teoria matematica modernamente intesa può avere più modelli, anche molto dissimili
fra loro, e questa, tra l’altro, è la principale ragione dell’enorme ampliamento delle applicazioni
delle teorie matematiche nei più diversi settori del sapere scientifico.
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Sintesi sulle geometrie non euclidee
Le teorie matematiche, venendo concepite come sistemi ipotetico-deduttivi, hanno perso la
necessità di un aggancio preliminare con la realtà. Secondo un famoso aforisma di Bertrand
Russell, ”la matematica è quella scienza in cui non si sa di cosa si sta parlando, né se ciò che si
sta dicendo è vero”. Questo non significa che non hanno applicazioni, ma che va distinto il piano
sintattico, in cui si svolgono le dimostrazioni, dal piano semantico, in cui si interpretano i concetti
primitivi e si trovano i modelli delle teorie, che sono gli ambiti di realtà, concreta o astratta, nei
quali esse sono vere.
Ci possiamo porre ancora una domanda: quale tipo di geometria descrive meglio la realtà?
Sembra che in questo caso non ci siano dubbi: la geometria euclidea è quella su cui è fondata la
fisica, anche se si sente spesso dire che Einstein ha scoperto che la geometria dello spazio è non
euclidea. Espresso in questi termini ciò è falso. Einstein ha scoperto che i raggi di luce si incurvano
in presenza di masse. Lo stesso fenomeno può essere interpretando dicendo che i raggi di luce vanno
secondo le linee rette di una opportuna geometria ellittica i cui parametri sono determinati dalle
masse presenti. Le due descrizioni sono del tutto equivalenti, ma nella prima lo spazio conserva
la geometria euclidea e nella seconda si assume (per mantenere la legge fondamentale dell’ottica
geometrica secondo cui la luce si propaga in linea retta) che la geometria sia ellittica. Ciò che
Einstein ha scoperto è che, adottando la seconda descrizione, la teoria globale risultante è regolata
da leggi geometriche e fisiche molto più semplici. Nella teoria della relatività generale Einstein
ha preferito adottare una geometria non euclidea, in sé più complicata, per formulare una teoria
fisica complessivamente più semplice, ma avrebbe potuto continuare a usare la geometria euclidea
formulando leggi fisiche più sofisticate.
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