Eco-evoluzione: dallo spazio geografico all`ambiente

S. Casellato, P. Burighel & A. Minelli, eds.
Life and Time: The Evolution of Life and its History. Cleup, Padova 2009.
Eco-evoluzione: dallo spazio geografico all’ambiente vivente
Elena Gagliasso
Dipartimento di Studi filosofici ed epistemologici, Università di Roma La Sapienza
Via Carlo Fea 2, 00161 Roma
Email: [email protected]
Contrasti e contatti tra lo spazio-mezzo e lo spazio-circostante
In quanto ‘mezzo’ della rappresentazione dei luoghi, delle loro relazioni e delle
relazioni tra gli enti, lo spazio è oggetto della matematizzazione, dalla geometria
all’intero apparato delle misurazioni del mondo. In quanto ‘circostante’ al proprio
essere nel mondo invece lo spazio per la fenomenologia fa capo alla centralità di
un sé ‘immerso’ tra le cose e posto al centro ideale di una serie di sfere che sono
esterne e estranee alla propria corporeità, “in questa esperienza della presenza
proprio-corporea ambientale delle cose si produce l’individuazione di un centro e
di un confine, ma soprattutto si danno la differenza tra dentro e fuori e
contestualmente si generano le direzioni” (Böhme 2009).
Ma i termini usati -‘mezzo’ e ‘circostante’- non sono casuali, anche se
possono essere usati in modo superficialmente intercambiabile. Nel primo caso
l’associazione a un mezzo ci riporta alla dimensione meccanica di un veicolo
dell’azione a distanza tra entità fisiche diverse. Dalla nozione di un fluido-veicolo,
come l’etere, si passa alla sottolineatura della astrazione di intermediario tra due
corpi: loro mezzo. Dunque relativo a ciò che sta, letteralmente in-mezzo,‘tra’
(Canguilhem 1965, tr. it. 1976).
Il circostante invece si pone come quello spazio segnato dal suo essere
‘attorno a’, relativo al un centro. Se il centro ideale e soggettivo per la
fenomenologia è il corpo-proprio dell’uomo, per le scienze del vivente, che dal
XVIII secolo trattano congiuntamente gli organismi e i ‘loro’ propri mondi di vita,
l’antropocentrismo è di fatto un’ostacolo metodologico. Sarà però a partire anche
da questo secondo significato di uno spazio-mondo, circostante proprio a ogni
essere, che dalla nozione di spazio, valido come metro standard per tutta la
scienza, si ritaglieranno le articolazioni di un’idea di spazio come ambiente,
milieu: insieme mezzo e circostante, ciò che contiene e ciò che è significante,
cognitivamente, interattivamente, per la vita.
Quella particolare specificazione di spazio che va sotto il nome di ‘spazio
geografico’ ha da sempre funzionato praticando una connessione cognitiva tra le
due modalità: tra lo spazio-mezzo delle misurazioni di porzioni del pianeta esterne
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GAGLIASSO
a noi e solidali tra loro (relazioni, distanze, cartografie), e il suo essere in funzione
nostra, ovvero proiezione di quelle ipotetiche sfere circostanti al soggetto su cui
esso si muove in lungo e in largo e che se vengono sì misurate lo sono con
dispositivi che tengono ben conto dell’uso e del vertice osservativo (pensiamo solo
alla latitudine e alla longitudine, o al fissare il meridiano fondamentale
laddovevolta a volta pulsava il cuore economico e geopolitico di un mondo in una
data fase storica). Da ogni mappa, da ogni rappresentazione del circostante, in
particolar modo se ci soffermiamo sulle cartografie antiche, la centralità del punto
di vista del cartografo incrocia le necessità misurative della matematizzazione e le
topografie dei luoghi, il mezzo-tra, le relazioni-tra, le distanze in scala.
Se dunque la distinzione dello spazio matematico da quello centrato a partire
dal soggetto (ovvero quello spazio fenomenologico della presenza propriocorporea, ma anche per ogni organismo vivente ‘suo’ circostante) ha un ambito in
cui le loro incommensurabilità filosofiche per necessità pratica invece s’incrociano
con evidenza e entrano in contatto, questo è proprio l’ambito in cui lo spazio
geografico diventa ambiente geografico.
L’ambiente geografico, a partire dai resoconti dei primi esploratori
extraeuropei, e con l’avvento della geografia come scienza consapevole del
proprio metodo, non è però solo cartografie, è vita. Vita multiforme, spesso
stupefacente e lontana, è dimora dell’Altro, degli altri, sono usi e costumi e sono
relazioni tra i viventi, tra le diverse specie 1 .
‘Spazio’ geografico o ‘ambiente’ geografico, sono specchio nel primo caso di
una specificazione dell’astrazione corrente (lo spazio), nel secondo di una
stratificazione epistemologica non banale che lega luoghi, animali, piante,
prodotti, costumi, storia umana. Tanto che, nel XIX secolo, si arriverà a spiegare
le vicende della storia collegandole alle tipologie dei suoli, dei climi, delle
alimentazioni, e, lo “spazio terrestre, la sua configurazione, sono di conseguenza
oggetto di conoscenza non soltanto geometrica, non soltanto geologica, ma
sociologica e biologica” (Canguilhem 1976, p.197).
Eppure, benchè adombrato in questa serie di specificazioni che fanno della
geografia una sorta di scienza dell’ecumene in senso aristotelico, non siamo
assolutamente ancora all’idea di ambiente propria della modernità. Benché già
quasi protesi verso una visione ecologica, con la geografia -sia pure quella una
geografia attenta alla ‘Terra nei suoi rapporti con la natura e la storia dell’uomo’
come quella di Ritter nel 1817- non cè ancora la dimensione evolutiva e dinamica
1
Tra i numerosi geografi ormai consapevoli della dignità della propria disciplina, che da un lato è
geometria e misura, e dall’altro base d’intellegibilità della stessa storia umana, se ne devono
ricordare due particolarmente significativi. Carl Ritter che nel 1817 pubblica Geografia generale e
comparata, ossia scienza della Terra nei suoi rapporti con la natura e la storia dell’uomo e von
Humboldt, che lungo dieci anni, dal 1845 al 1855, produce il suo capolavoro, Kosmos: una sintesi
delle conoscenze dell’epoca sulla vita sulla Terra, nelle sue relazioni con l’ambiente fisico e umano,
riccamente illustrato, e che, possiamo dire, avrebbe inaugurato la geografia botanica, la geografia
geologica, nonchè l’etnologia, e che fu, tra l’altro, un testo fondamentale per la formazione del
giovane Darwin.
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dell’ecologia a venire. Il circostante naturale diventa, oltreché misurabile su molte
scale (termometriche, barometriche, delle distanze), descrivibile anche in base ai
suoi abitatori: dalla vegetazione al rapporto di questa coi climi e coi terreni, dal
mondo animale alle società umane lontane. Comune al pensiero ecologico
moderno c’è quindi un riferimento prioritario alle categorie di totalità e di
interdipendenza multifattoriale.
L’apriori dell’intuizioni sensibili kantiane incontrava sinteticamente l’idea apriori di spazio come luogo di ciò che è esterno a noi e luogo indipendente da noi,
proprio delle relazioni misurative. Relazione tra enti e anche relazione tra il nostro
punto di osservazione in rapporto agli enti (per così dire matematico e
fenomenologico fusi): “Per mezzo del senso esterno (che è una proprietà del
nostro animo) noi ci rappresentiamo gli oggetti come fuori di noi e come tutti
assieme nello spazio” (Kant 1996, p.65).
Nessuna interferenza con la sfera chiusa dei corpi, non diversamente, almeno
per quanto concerne questo aspetto, da quanto era stato messo a tema, pur nelle
profonde diversità da Kant, dall’intera filosofia fisicalista di Cartesio.
L’individuo è posto in un isolamento (cognitivo, ancorchè ontologico). E’
irrelato, non è ‘affetto’ dal suo contesto. Tale sarà trattato dall’intero campo della
riflessione scientifica e una parte egemone della biologia lo declinerà in chiave
riduzionista. Infatti, secondo una prospettiva a distanza, proprio quest’oggetto che,
forzando un po’ la mano, chiamiamo di proposito ‘organismo irrelato’ -o
arrivando all’oggi ‘gene irrelato’, a seconda dei livelli di analiticità attuali in
gioco- si profila come un inevitabile dispositivo cognitivo e sperimentale che ha
permesso alla biologia una legittimazione disciplinare in linea con quanto le
scienze esatte e la filosofia della scienza classica indicavano e valorizzavano.
‘Condizioni di vita’ e ‘milieux’ costitutivi
Facciamo allora un passo indietro. Com’è noto la nascita della ricerca scientifica
era stata permessa proprio dalla rottura delle catene circolari tra macrocosmo e
microcosmo del pensiero prerinascimentale. Per passare dal ‘mondo del
pressappoco all’universo della precisione’ (Koyré 1967), le ipotetiche e magiche
reti di relazioni fatte di simpatie, repulsioni, effetti a distanza, in cui le analogie tra
enti creati erano chiave di rimandi infiniti e segno della loro intellegibilità,
dovevano esaurire i loro multipli rispecchiamenti come modello ideale di
conoscenza. Separare oggetti, funzioni, variabili, isolare parti componenti e
accertare come cause reali, solo le causalità lineari e non le circolarità viziose,
ovvero il passo fondamentale per la modernità compiuto dal ‘600, si rivelava
cogente come premessa disciplinare per la nascita della futura biologia. Ma a un
prezzo: occorreva abbandonare quell’integrazione ricorsiva pre-scientifica (confusiva) tra organismi e loro ambienti e distinguere in ambiti separati gli enti e le
loro relazioni misurative nello spazio; ovvero lo studio dell’organismo isolato da
un lato e lo studio dell’ambiente come spazio geografico dall’altro. Un
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GAGLIASSO
disciplinamento dei discorsi questo che avrà i suoi effetti sul lungo termine,
rendendo fino a ieri, non pienamente intergrati i linguaggi dell’ecologia e della
biologia; integrazione cui concorrerà a suo modo la nuova genetica dello sviluppo
(Gilbert 2006). Eppure tra la fine di quella tipica ‘decompartimentalizzazione 2
degli studi rinascimentali, l’identificazione della fisica e della matematica come
scienze guida e la successiva nascita delle discipline del vivente, costituite da
settori separati al loro stesso interno 3 , esiste un breve periodo, una sorta di
parentesi potremmo dire, che incuriosisce proprio in merito al rapporto tra spazio,
ambiente e organismo. Una parentesi breve ma significativa, in cui il pensiero
filosofico, nonché quello naturalistico ed etnografico, hanno ragionato per una
stagione in modo integrato, a partire da una circolarità empirica, monista,
materialista e determinista in cui viventi e ambienti venivano colti nelle loro
transazioni reciproche.
Nella seconda metà del ‘700, un piccolo nucleo di pensatori post-cartesiani,
sensisti, enciclopedisti e giacobini, alcuni naturalisti, altri etnologi o medici,
anticipano, oggi è sempre più evidente, nodi tematici che saranno sì terreno di
incubazione dell’evoluzionismo e di una interpretazione della filosofia del mentale
come strettamente dipendente dal fisico, ma anche, e corollariamente, di una
spiegazione della circolarità trasformativa tra viventi e loro ambienti. Un nucleo
di pensiero quasi pre-ecologico, peraltro ancora lontano da quelle che saranno le
effettive forme d’avvio dell’ecologia come disciplina a sé stante nel XX secolo.
Come movimento di pensiero intriso di domande scientifiche e ideologie
filosofiche, questo degli enciclopedisti e sensisti, prendeva distanza dal
meccanicismo cartesiano e spostava il baricentro della riflessione dal mondo della
fisica a quello vivente.
Ciò che sembra interessante è che in questi pensatori, gli ambienti non sono
più totalmente esterni a quella barriera che è il corpo vivente. I corpi, gli
organismi con la loro pienezza, stanno sì dentro allo spazio, sono in relazione
nello spazio-ambiente geografico, popolano gli ambienti intesi sì come scenari, ma
l’ambiente non è più solo il loro fuori è anche loro elemento costitutivo.
Tra gli esponenti più noti, Diderot, Helvetius, Maupertuis, Condillac,
Cabanis, D’Alembert, Volney, Maine de Biran, Lamettrie, fino al vero e proprio
iniziatore della tematica ‘ambiente’ in senso eco-evolutivo, Lamarck, che
idealmente appartiene ancora allo stesso Zeitgeist (Barsanti 2005).
A partire dall’interesse prioritario della condizione di vita dell’essere umano
e dall’utopia politica di una sua concreta modificabilità, al pari degli altri animali,
2
Tale la denominazione di Panofsky nel suo celebre saggio Sulla prospettiva come forma simbolica
del 1974.
3
Separate e non comunicati, almeno fino alla nascita a metà secolo scorso, della Nuova Sintesi
Evolutiva, sono state sistematica, genetica, paleontologia, alla cui integrazione ha contribuito in
quegli anni la nuova genetica di popolazioni e, solamente negli ultimi vent’anni, col formarsi della
Biologia Sintetica, si vanno integrando biologia dello sviluppo, epigenetica, genomica, etologia ed
ecologia sistemica.
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ECO-EVOLUZIONE
l’uomo è considerato come prodotto dalle condizioni climatiche, alimentari e in
genere ‘di contesto’ in cui vive e con cui interagisce. Lo si riconosce come
“condizionato nei suoi pensieri, nelle sue decisioni, nel suo comportamento dalle
vicende fisiche che si svolgono dentro e attorno a lui” (Omodeo 2000, p.45).
L’attenzione è dunque sul flusso di rapporti materiali tra l’individuo e
l’ambiente cui esso appartiene, invece che sull’ente-oggetto, in quanto tale isolato.
I sensisti, gli enciclopedisti, gli Ideologues sono un movimento composto da
filosofi, medici, etnografi e naturalisti e inaugurano una stagione di pensiero in cui
emerge innanzitutto la contingenza della condizione stessa della vita, il suo essere
relativa rispetto alle condizioni mutevoli degli stati in cui si può modulare e il
legame integrato tra mondo vivente e pianeta tutto.
Se filosofi come Diderot, D’Alembert e D’Holbach ragionano
speculativamente “combinando le tesi della nuova cosmogonia con le tesi del
necessario equilibrio tra i viventi e il loro ambiente” (Omodeo 1975, p.37),
Buffon, talora in disaccordo, talora in consonanza con alcuni di essi 4 , come
naturalista, ne articola una visione sistematica, benchè dettagliata e descrittiva,
talora confusa, ma che agirà sul pensiero lamarckiano e sulle successive
controversie tra fissisti e trasformisti. Dall’evoluzione geologica del pianeta alle
spiegazioni antropogeografiche, a una serie di letture di etologia animale, l’azione
dell’habitat, del clima e dell’alimentazione svolge sull’organismo un ruolo
costuitutivo, per Buffon perlopiù di tipo ‘degenerativo’. Da medico, Cabanis, sulla
scia di Condillac, sostituisce allo studio dell’anima quello della fisiologia,
sostenendo l’influsso del fisico sul morale (inteso come mentale), prospettiva che
da Lamettrie verrà ulteriormente radicalizzata: posta una transizione che è già
graduale e non più sostanziale tra uomini e animali, le condizioni organiche sono
dipendenti dai contesti di vita e in interazione con questi, e proprio questi sono il
motore di ogni forma e cambiamento nel fisico e nel mentale. Il fisico attraverso i
sensi, ma anche attraverso le sue varie funzioni, respiratoria, digestiva e
circolatoria, si rappresenta come un’interfaccia pervia con l’ambiente ad esso
esterno. Per questo intero movimento di pensiero francese dunque l’ambiente
diventa così parte integrale della stessa essenza organica, dei suoi ‘flussi’, e non
più soltanto luogo esterno spaziale in cui sono ‘disposti’ gli enti.
E’ proprio a partire dal gioco delle influenze dei diversi ambienti che la scala
dei viventi da fissa e preordinata comincia a farsi mutevole e l’ipotesi del divenire
del mondo nel corso del tempo inizia a circolare in comunità di pensiero sempre
più vaste. Psicologia, storia della Terra, antropologia ed effetti del milieu
sull’organico, ma anche -ricordiamolo- degli organismi sui loro ambienti, mutano
radicalmente il clima filosofico scientifico, nonché politico, del tempo.
Dalle precedenti isolate ed episodiche opere letterarie su una sorta di protoecologia comparata degli abitanti del sistema solare, o del susseguirsi di epoche e
4
Per un rifererimento a tale interessante dialettica, si veda ad esempio il saggio ‘L’abate Condillac e
la finzione della statua’ in Omodeo, 2000.
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di abitatori della Terra 5 , si passa ad ipotesi di trasformazioni incessanti. Ipotesi
che, come forma mentis, prima ancora che pre-evolutive possono considerarsi preecologiche, benchè talora tutto ciò, soprattutto negli Ideologues, fosse più un
prodotto di deduzioni mentali che di vere e proprie osservazioni naturalistiche.
I vari Sistemi della Natura, Interpretazioni della Natura, Filosofie della
natura, si succedono e si accavallano gli uni sugli altri. Da Maupertuis a Diderot, a
D’Alembert, a D’Holbach, e prima ancora di arrivare alla teoria trasformista
lamarckiana, tutto ruota attorno al cambiamento, talora ipotizzando molecules
organiche seminali dotate di memoria, appetenze, repulsioni, che possono
cambiare modificando ereditariamente tratti dei caratteri. Ci si chiede: “Non si
potrebbe forse su quesa base, spiegare come è potuta avvvenire la moltiplicazione
di specie molto diverse a partire da una coppia iniziale? Dette specie avrebbero
preso origine da alcuni individui nei quali le particelle elementari non avrebbero
conservato, per caso, quell’ordine che avevano presso i loro genitori. Ogni
variazione erratica avrebbe prodotto una nuova specie e, a forza di salti ripetuti,
sarebbe sorta la diversità infinita di animali che vediamo oggi” (Maupertuis, in
Omodeo 2000, p. 86). Tanto che il filosofo più radicale e visionario tra loro,
Diderot, dialogando con Buffon e Maupertuis, si domanda:
“Ciò che noi stimiamo essere storia della natura non è altro che la storia
molto incompleta di un istante (…) Così come nel regno vegetale e in quello
animale un individuo comincia si accresce, dura deperisce e passa, non potrebbe
avvenire lo stesso con le specie intere?” (Diderot , in Omodeo 2000, p.86).
D’Holbach nel Systhème de la nature del 1770 combina le tesi della nuova
cosmogonia con l’attenzione al necessario equilibrio tra viventi e loro ambienti
“Se per qualche evento accidentale il nostro globo si dovesse spostare, tutti i suoi
prodotti sarebbero obbligati a cambiare, dato che mutando le cause o non agendo
più nella stessa maniera, i loro effetti cambierebbero necessariamente. Tutti i
prodotti per conservarsi, o per continuare a vivere hanno bisogno di coordinarsi
con il tutto di cui essi sono emanazione, senza di ciò non possono sussistere”
(D’Holbach, in Omodeo ivi, p. 88) 6
Tra questi personaggi che stiamo cogliendo per così dire come ‘attori
genealogici in ruoli ecologici’ (Hull 1987), protagonista di primo piano è
certamente Jean Baptiste Lamarck. Formatosi su Condillac e in stretta rapporto
con Buffon, nonchè istitutore del figlio di quest’ultimo, inventore con Treviranus
della definizione stessa di ‘biologia’, Lamarck introducendo il termine di milieu e
di ambient profila l’ambito in cui operano le azioni che si esercitano dall’esterno
5
Sulla ‘storia fantastica della Terra e dell’origine dei suoi abitanti’, dalle Conversazioni sulla
pluralità dei mondi di Fontenelle del 1686, al romanzo filosofico di Benoist de Maillet, Teillamed,
uscito anonimo nel 1740, si rimanda a Omodeo 2000, p. 80.
6
Come ha sottolineato Omodeo: “Questa proposizione di D’Holbach non ha ricevuto molta
attenzione, ma la merita poiché essa contiene l’argomento più valido che ancor oggi si può
enunciare a favore delle tesi evoluzionistiche: al mutar dell’ambiente i viventi o cambiano o sono
costretti a perire” (Omodeo 1989, p.43)
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ECO-EVOLUZIONE
su un essere vivente, le cosiddette ‘circostanze che esercitano un’influenza’ 7 , e
propone le leggi della ereditabilità di tali modifiche organiche da parte della
progenie. Ma non è su questo secondo aspetto nomologico delle discusse leggi
lamarckiane che mi voglio soffermare; bensì sul modo di pensare che le produce.
A partire dalla sua critica di Linneo e del metodo linneiano di classificare le specie
in base alla morfologia e non per le funzioni che intrattengono con gli ambienti
alla luce delle loro ‘condizioni di vita’, ma ancora, dalle prime opere geologiche
come l’Idrogeologia, fino alla Philosophie zoologique del 1809, l’ambiente
diventa il cuore pulsante della dinamica del vivente e l’organismo vi è integrato
come sua parte attiva: i mutamenti delle circostanze portano a mutamenti nei
bisogni di animali e piante, e bisogni mutati mutano i comportamenti (Barsanti
2005); questi ultimi poi, è noto, passano per Lamarck alla progenie e le specie
cambiano nel tempo per progressivo trasformismo. Tra l’organismo e il suo
circostante il rapporto diventa parte-tutto e l’organismo non è più delimitato e
chiuso nel suo confine ectodermico, posto isolatamente in uno scenario spaziale.
Si ragiona in termini di rapporti funzionali, di circolarità, in quanto l’organismo è
anche riconosciuto come parte attiva nella costruzione (e distruzione) del milieu,
proprio e altrui. Quella circolarità organismi/ambienti proposta in chiave
filosofica dal sensismo e dagli Ideologues come sistema di rapporti, ma i cui
supporti concreti erano ignoti, entra così nella prima biologia, appena battezzata da
Lamarck stesso.
Co-evoluzione ed eco-evoluzione
A lungo si dovrà aspettare prima che questo tipo di ragionamento per connessioni
entri in modo esplicito nella metodologia delle scienze della vita più mature.
Dovranno compiersi due passaggi fondamentali.
Il primo: la rivoluzione dell’evoluzionismo di Darwin. Ai fini del nostro
discorso, dell’intero corpus teorico darwiniano, di quella ‘teoria composita’, come
verrà chiamata da Mayr, interessa qui una componente metodologica essenziale:
l’approccio globale al sistema complesso dei rapporti tra i viventi e il loro
ambiente di vita.
L’idea darwiniana di mutua dipendenza tra i viventi e la coscienza di una rete
di relazioni che sono sia di concorrenza sia di co-adattamento tra gli organismi, si
manifesta in tutta la sua produzione, comprese le sue opere cosiddette minori
(Gagliasso 2004). Gli organismi co-evolvono perchè al tempo stesso condividono
tra loro - e costituiscono gli uni per gli altri - un certo ambiente di vita, il loro
proprio ambiente di vita, ‘attraversato da una reciprocità costante di azioni e di
7
“Per Lamarck le circostanze sono un genere di cui il clima, il luogo e il mezzo sono le speci (…)
Lamarck aveva preso da Newton il modello di spiegazione fisico-matematica del vivente, basato su
un sistema di connessioni di questo con l’ambiente circostante. Il rapporto di Lamarck con Newton,
sul piano intellettuale è diretto, su quello storico è indiretto. Lamarck si connette a Newton
tramite Buffon”(Canguilhem 1976, p.188)
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GAGLIASSO
reazioni’ (Tort 2000). Il rapporto biologico fondamentale di un vivente per Darwin
è con gli altri viventi e proprio questi danno consistenza all’ambiente relazionale
di ciascuno; un ambiente prioritario, sotto questo punto di vista co-evolutivo,
rispetto all’ambiente-spazio o a quello delle forze fisiche e dei passaggi di materia
ed energia alimentari.
Il secondo passaggio sarà più recente e di dipo disciplinare: nascerà una vera
e propria scienza dello studio dell’ambiente 8 , anch’essa composita dal punto di
vista del concorso di sottodiscipline che la formano: partirà infatti dagli studi
chimici dei fitogeografi, dalle matematizzazioni della dinamica di popolazioni, per
arrivare alla spiegazione integrata e sistemica degli scambi di materia, energia e
informazione dell’intera biosfera e a una vera e propria concezione eco-evolutiva
dell’ambiente.
Ciò che noi oggi definiamo ‘ambiente’ è anche il risultato (e il prodotto) del
nostro definire, interpretare, classificare, gerarchizzare, e insieme dell’esperienza
del nostro manipolare, trasformare, distruggere, creare porzioni di realtà che
diventano il nostro mondo di vita.
Tanto che, proprio quest’entità che sto nominando come ‘noi’ -qualunque
cosa essa sia e a qualunque livello d’organizzazione del vivente la si voglia
cogliere- la si può oggi in ultima analisi trattare solo integrando il soggetto stesso
attraverso le relazioni o meglio ancora le transazioni che intrattiene con
l’ambiente. Un ambiente costantemente costituito e ri-costituito, lungo differenti
scale temporali dalle relazioni dei viventi tra loro e con il mondo abiotico.
Dunque relazioni ‘costitutive’ d’ambienti e non solo inclusive o
d’appartenenza locale ad essi, e non più spazialmente specificate in un ‘dentro’ e
un ‘fuori’. Ciò implica forme di scambio, di compenetrazione, di percolazione e di
osmosi, chimismi e metabolismi tra gli elementi costitutivi che stanno all’esterno
del confine corporeo e ciò che invece ne costituisce il sottostante -come ad
esempio organi, apparati, funzionalità metaboliche, dinamiche cellulari, processi
epigenetici, di sviluppo e maturazione (Gilbert 2006; Jablonka & Lamb 2007) Ma,
di converso, ciò implica anche modificazione continua che gli organismi operano,
con il loro stesso vivere, sui mondi che abitano. E ciò a partire dal mondo
batterico, attraversando i vari rami dell’esteso cespuglio del mondo vivente fino
alle specie comparse più recentemente, come noi.
L’ambiente non sta dunque là, esterno al nostro corpo, quale puro spazio
appunto in cui esso è ‘immerso’, piuttosto il tipo di relazioni, di chimismi, di
8
Lo storico dell’ecologia Déleage ha sottolineato alcuni momenti e autori topici nell’avvio del
percorso scientifico dell’ecologia: i suoi primi vent’anni. Ovvero la matematizzazione delle relazioni
trofiche per fluttuazioni periodiche tra prede e predatori in precise nicchie ecologiche di Lotka
(1925), la successiva sistematizzazione delle ‘associazioni biologiche’ che istituisce un importante
settore, la ‘dinamica di popolazioni’, ad opera dei matematici italiani Volterra e d’Ancona (1935); e
ancora: Elton, studioso dell’ecologia animale o Tansley teorico del concetto di ‘quasi-organismo’ per
le comunità vegetali, negli anni ‘40, per fermarci a Lindeman e Hutchinson che inaugurano
l’approccio trofico-dinamico per vasti ecosistemi nel 1942 (Déleage 1994).
292
ECO-EVOLUZIONE
comportamenti che ci attraversano e che mettiamo in atto costruendo e
distruggendo porzioni di pianeta, si sono rivelati oggi di una profondità e intimità
tale che lo stesso concetto di ambiente, può sì indicare ancora in senso lato ciò che
è esterno all’organismo, ma anche, e in modo ben significativo, ciò che passa
direttamente all’interno dell’organismo, componenti materiali, scambi di materia e
energia per dirla in linguaggio tecnico, che ne diventano componente costitutiva
essenziale, secondo maggiore o minore intensità, a seconda delle fasi di sviluppo o
di degrado della singola vita, dal concepimento alla sua fine.
L’ambiente in questa prospettiva, sempre più lontano dallo spazio o dalla
topologia di scenario, diventa un ‘mondo’ 9 popolato, costruito dagli altri viventi, e
questi quindi, a seconda del tipo di relazioni possibili, sono volta a volta gli uni
l’ambiente degli altri, cosicché lo stesso scambio tra il sé e l’altro da sé trasforma
ricorsivamente l’uno nell’ambiente relazionale dell’altro (si pensi soltanto alle reti
di relazioni co-evolutive tra eucarioti e batteri, tra noi e i nostri parassiti o i nostri
virus). Secondo questa prospettiva multifattoriale l’ambiente è dunque una trama
attiva e vibrante che lega e slega comunità (gruppi, sottogruppi, specie,
sottospecie, generi); è analizzabile come catena trofica e dunque fonte di materia e
energia per l’intero processo della vita, e insieme è analizzabile come produzione
comunicativa e transattiva tra tutti gli organismi, di per sé ‘ambientati’. Esso ci
coglie e ci permea dunque tutti come suoi abitatori, fruitori e trasformatori lungo i
tempi evolutivi, condiziona indirettamente la filogenesi, ne è modificato e coevolve con noi, o meglio, eco-evolve.
L’ambito specifico di ciò che modernamente s’intende con ambiente non
cancella dunque la sua dimensione spaziale, ma la integra con la significativa
esistenza dinamica delle reti di relazioni. Di modo che alla condizione base del
vettore dello spazio (geografico) subentra quella, ben più complessa e significante,
determinata dalla densità delle funzioni, in cui spazio e tempo, più che indicatori
di misura, agiscono come fattori di trasformazione: e degli oggetti e dei contesti.
Fattori di trasformazione che permettono oggi un nuovo ascolto curioso e attento
alla visione del mondo che già tre secoli fa aveva parlato di contesti costitutivi di
vita, di milieux trasformativi e che aveva immerso l’organismo nelle reti di
relazioni materiali di un ambiente. Un’accezione di ambiente che già allora non
era più la purezza astratta dello spazio dimensionale.
9
Sulla differenza tra ‘ambiente’ e ‘mondo’ la maggior parte della letteratura fenomenologica ha
tracciato il discrimine tra umani e altri animali: noi saremmo gli unici possessori di mondo in quanto
prodotto storico delle nostre forme simboliche, comunicative e tecniche. In realtà con ‘mondo’
(Umwelt) un’importante tradizione di pensiero biologico (si pensi ad esempio a Von Ûxekull,
maestro del fondatore dell’etologia Lorenz) ha voluto intendere l’accezione di corrispondenza con la
realtà di tipo costruttivo, attraverso il ritaglio percettivo, attivo e interattivo che ogni specie animale
complessa si dà.
293
GAGLIASSO
Bibliografia
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