L’UTILIZZO DELLE CELLULE STAMINALI IN MEDICINA VETERINARIA Nell’ultimo decennio la ricerca sulle cellule staminali è divenuta un’area di grande interesse data la potenziale applicazione in medicina rigenerativa. La possibilità di riparare organi danneggiati o di creare in vitro tessuti da trapiantare è oggi ormai una realtà. Menzionare le cellule staminali suscita in genere dubbi e perplessità nell’opinione pubblica; questo è dovuto al fatto che inizialmente le ricerche erano sviluppate esclusivamente partendo da embrioni, l’utilizzo dei quali ha suscitato discussioni e dubbi etici. A differenza delle cellule staminali embrionali, le cellule staminali adulte vengono isolate partendo dal cordone ombelicale, dagli invogli fetali o più semplicemente dal tessuto adiposo o dal midollo osseo di soggetti adulti senza nessuna compromissione del donatore, permettendo anzi un prelievo autologo, cioè destinato a curare il donatore stesso, come diremo in seguito. Il termine “cellule staminali”, usato per indicare cellule germinali primordiali, venne coniato per la prima volta da Edmund Beecher Wilson nel 1896. Molto sinteticamente, le cellule staminali sono in grado di dividersi per un certo periodo di tempo, dando origine ad un elevatissimo numero di cellule uguali, prima di “differenziarsi”, di perdere cioè la potenzialità e di assumere determinate caratteristiche tipiche della cellula matura con funzioni specifiche a seconda del tessuto di appartenenza. Schematicamente la cellula staminale per antonomasia è lo zigote, cioè la cellula uovo fecondata, definita TOTIPOTENTE, in grado cioè di dare origine ad un intero individuo e alla placenta. Le cellule dell’embrione sono invece definite PLURIPOTENTI, in grado cioè di dare origine a tutti i tessuti ma non alla placenta. Molti tessuti dell’individuo adulto (il tessuto adiposo, il midollo osseo, la cute, il sangue) hanno al loro interno alcune cellule MULTIPOTENTI, in grado di differenziarsi in cellule adulte NULLIPOTENTI, di trasformarsi cioè in tessuto osseo, piuttosto che in cartilagine o muscolo, prendendo parte in questo modo a processi riparativi-ricostruttivi di un tessuto danneggiato. In Medicina Veterinaria recentemente alcune strutture private hanno intrapreso studi e sperimentazioni molto promettenti per un utilizzo pratico delle cellule staminali mesenchimali adulte con la prospettiva di ampliare le potenzialità riparative dei tessuti danneggiati nei nostri animali, nonché il grande vantaggio di rappresentare un modello di studio e applicativo per la medicina umana. Particolare successo ha rappresentato l’impiego del trapianto autologo; le cellule staminali adulte prelevate dal midollo osseo di un paziente vengono coltivate in particolari e rigorose condizioni di sterilità in modo da accrescerne il numero e vengono reimpiantate nel paziente stesso. Le cellule così ottenute possono essere inoculate nel distretto di utilizzazione (articolazioni danneggiate, tendini lesionati etc..) oppure iniettate in circolo da cui fattori chimici le indirizzano e “ attirano” nel tessuto danneggiato in riparazione. Le applicazioni variano dall’ortopedia (riparazioni ossee e cartilaginee in caso di gravi artrosi), alla cardiologia (riparazione del cuore infartuato, delle pareti vascolari danneggiate), all’oftalmologia (coadiuvanti nella riparazione corneale) all’epatologia (inoculate nel fegato partecipano alla rigenerazione). Numerose altre applicazioni sono in fase sperimentale avanzata anche in medicina umana: ricostruzione del midollo spinale danneggiato, cura di malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer), cura di malattie metaboliche quali il diabete, e molti altri potenziali campi di utilizzo. Lo studio e l’applicazione delle cellule staminali rappresenta una delle più innovative e affascinanti frontiere della medicina, sia umana che veterinaria, rappresentando un comune terreno di confronto dove le due medicine si avvalgono l’una dei progressi dell’altra con l’obiettivo di liberare noi e i nostri amici animali da malattie che spesso ci trovano impotenti.