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Ritratto d’autore
Luigi Pirandello
Il percorso
> La vita e le opere
> La visione del mondo e la
poetica dell’umorismo
> Le Novelle per un anno
> I romanzi: dal Verismo
ai romanzi umoristici
> Il teatro del grottesco
> Il «teatro nel teatro»
> Verifica
Obiettivi
> Conoscere gli elementi
biografici dell’autore che
contribuirono alla sua formazione psicologica e letteraria e
ne segnarono profondamente
l’opera.
> Cogliere il rapporto tra la
personalità di Luigi Pirandello
e il contesto storico-ideologico-culturale degli ultimi anni
dell’Ottocento e dei primi
decenni del Novecento.
> Riconoscere le tappe evolutive
nella produzione di Pirandello
attraverso le novelle, i romanzi e le opere teatrali.
> Applicare ai testi l’analisi
stilistica e narratologica.
Un «flusso indistinto» di eventi
L’opera di Luigi Pirandello rispecchia la crisi della società borghese dell’Otto-Novecento – descrivendone la dissoluzione dei
valori fino alle sue estreme e paradossali conseguenze – e, parallelamente, quella della cultura positivista, che di tale classe
sociale era stata espressione.
La concezione del mondo di Pirandello risente del pensiero irrazionalistico (Schopenahuer, Binet) e vitalistico (Bergson, Simmel): non esiste niente di stabile, la vita è un continuo divenire,
un «flusso indistinto» di eventi. Ciò che si distacca da questo
flusso diventa forma individuale, s’irrigidisce, comincia a «morire».
L’uomo cerca di arrestare questo flusso, di “fissarsi” in una
personalità e così finisce per separarsi dal resto della vita. Il contrasto tra «vita» (ciò che siamo) e «forma» (ciò che sembriamo)
genera la crisi di identità e la dissociazione dell’Io. Poiché ciascuno di noi ha una propria visione della vita e una sua verità, non
è possibile stabilire un’autentica comunicazione con gli altri: incomunicabilità e solitudine sono il destino dell’uomo.
Il contrasto vita-forma si traduce nella poetica dell’umorismo (espressa nel saggio omonimo del 1908), intesa come
«sentimento del contrario», ossia come capacità di cogliere le
contraddizioni della condizione umana. I personaggi delle opere pirandelliane (novelle, romanzi, drammi), sono schiavi della
«forma», oppressi dall’ambiente familiare e prigionieri di un lavoro frustrante, ma quando all’improvviso, per un evento casuale, comprendono la propria condizione esistenziale e il carattere
fittizio dei rapporti sociali, allora scelgono di fuggirne. Quasi
sempre, però, risultano sconfitti e finiscono con l’accettare la situazione, continuando la «recita» della vita.
>1919
La moglie viene ricoverata in casa di cura
>1921
Prima rappresentazione
dei Sei personaggi
insuccesso a Roma;
trionfo a Milano
>1867
Nasce ad Agrigento
>1894
Sposa
Maria Antonietta
Portulano
>1891
Si laurea a Bonn in
Filologia romanza
>1904
Pubblica
Il fu Mattia
Pascal
>1909
Esce il saggio
L'umorismo
>1925
Uno, nessuno e
centomila
1934 <
Premio Nobel
per la letteratura
1936 <
Muore a Roma
il 10 dicembre
| L’età delle Avanguardie | Ritratto d’autore | 841
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L’impegno letterario e accademico
La vita e le opere
Gli anni della formazione e l’esordio letterario
L
uigi Pirandello nacque nel 1867 in una località di campagna nei pressi di Girgenti (odierna Agrigento), denominata
“Caos”. I genitori appartenevano a famiglie agiate che erano
state antiborboniche e avevano partecipato alle lotte risorgimentali. Il padre, Stefano, aveva preso parte all’impresa dei Mille e aveva seguito Garibaldi in Aspromonte; la madre, Caterina
Ricci-Gramitto, a tredici anni aveva dovuto seguire i genitori esiliati dai Borboni a Malta. Soprattutto da lei Luigi avrebbe assimilato quel sentimento di delusione per la nuova realtà unitaria a
tratti presente nella sua opera; più in generale ereditò da lei un
certo pessimismo, alimentato dal senso della sproporzione che
intercorre tra ideali e realtà.
Luigi fu indirizzato dal padre agli studi tecnici, con il progetto
di affiancarlo nella gestione delle miniere di zolfo di famiglia.
Tuttavia il ragazzo, presa coscienza della propria vocazione letteraria, passò al ginnasio e completò gli studi al liceo di Palermo,
dove la famiglia si era trasferita in seguito a un rovescio finanziario. Dopo il diploma, nel 1886, accettò di lavorare nell’impresa
paterna, che ora si era spostata a Porto Empedocle; contemporaneamente si iscrisse alla facoltà di Legge e di Lettere dell’Università di Palermo. Intanto, dal 1883, aveva incominciato a scrivere alcune delle poesie che entreranno a far parte della sua prima
raccolta, Mal giocondo, pubblicata a Palermo nel 1889.
Gli studi universitari
Fallita l’esperienza lavorativa, Luigi decise nel 1887 di proseguire
gli studi a Roma, alla facoltà di Lettere. Per contrasti con il preside, però, due anni dopo decise di trasferirsi a Bonn, in Germania, dove approfondì la conoscenza dei romantici tedeschi (Jean
Paul, Tieck, Chamisso, Heine e Goethe) e dove si laureò, nel 1891,
in filologia romanza. Quello stesso anno pubblicò un secondo
libro di poesie (Pasqua di Gea), dedicato alla ventenne Jenny
Schulz-Länder, presso la cui famiglia aveva trovato alloggio e
con la quale aveva imbastito una relazione amorosa.
Pirandello al lavoro nel suo studio.
842 | L’età delle Avanguardie | Ritratto d’autore |
Il ritorno a Roma
Ritornato in Italia, nel 1892 si stabilì a Roma, dove, tramite lo
scrittore Luigi Capuana, anch’egli siciliano, entrò presto in contatto con l’ambiente culturale della città. Su consiglio di Capuana cominciò a impegnarsi nella narrazione in prosa e nel 1893
scrisse il suo primo romanzo Marta Ajala, pubblicato solo nel
1901 con il titolo L’esclusa. Intanto iniziò a collaborare, attraverso
recensioni e poesie, con giornali e riviste (“La Tavola rotonda”,
“La Nazione letteraria”, “La Critica”, “La Tribuna illustrata”, e dal
1896, “Il Marzocco” e “Nuova Antologia”). Al centro dei suoi interessi, il problema della lingua e la crisi dei valori positivistici,
come attesta il saggio Arte e coscienza d’oggi (1893).
Il matrimonio, i figli e l’impegno letterario
Nel 1894, su pressione del padre, sposò la figlia di un socio in
affari, Maria Antonietta Portulano, e la dote della moglie fu investita nelle miniere di zolfo. Dalla loro unione nasceranno tre
figli: Stefano (1895), Lietta (1897) e Fausto (1899).
Quello stesso anno pubblicò la prima raccolta di novelle,
Amori senza amore, e il poemetto Pier Gudrò. Al 1895 risale la
stesura del secondo romanzo, Il turno (uscito nel 1902), e la pubblicazione delle Elegie renane, composte negli anni di Bonn, sulla scia della traduzione – allora avviata – delle Elegie romane di
Goethe, pubblicate a Livorno da Giusti nel 1896.
Nel 1897 accettò l’incarico di docente di stilistica presso l’Istituto superiore di Magistero di Roma. Successivamente contribuì
alla fondazione della rivista letteraria “Ariel”. Ne facevano parte,
tra gli altri, Giuseppe Màntica, il letterato messinese Ugo Fleres
(1857-1939), Luigi Capuana, Nino Martoglio. Per due anni dalle
sue pagine fu condotta una battaglia contro il misticismo e
l’estetismo dannunziano, allora dominante.
Nel 1901, oltre al volume di liriche Zampogna, apparve a puntate il romanzo L’esclusa, pubblicato poi in volume nel 1908.
La malattia della moglie e i primi successi letterari
Nel 1903 la famiglia Pirandello subì un grave dissesto economico: una frana in una delle zolfare provocò la perdita dei capitali
investiti, compresi quelli portati in dote da Antonietta, la quale,
alla notizia, ebbe un grave crollo nervoso, che compromise per
sempre il suo equilibrio psichico.
Per far fronte al rovescio, Pirandello dovette, oltre che assistere la moglie, impartire lezioni private e intensificare le collaborazioni ai giornali e alle riviste. Nel 1904 sulla “Nuova Antologia”
apparve a puntate Il fu Mattia Pascal. Il successo del romanzo,
che fu presto tradotto in tedesco (1905) e in francese (1910), gli
aprì le porte dell’importante casa editrice Treves di Milano.
Tra il 1908 e il 1909 uscirono due importanti saggi: Arte e
scienza e L’Umorismo, e a puntate, sulla “Rassegna contemporanea” il romanzo I vecchi e i giovani (in volume nel 1913). Ha
inizio anche la collaborazione al “Corriere della Sera”, sul quale
continueranno ad apparire sue novelle fino al 9 dicembre 1936,
il giorno precedente la sua morte. Seguirono quindi il romanzo
Suo marito (1911), l’ultima raccolta poetica, Fuori di chiave, e Si gira... (1915), prima a puntate su “Nuova Antologia”, poi in volume
da Treves nel 1916, infine nel 1925 edito con il titolo Quaderni di
Serafino Gubbio operatore.
L’esordio teatrale
Il primo contatto di Pirandello con il teatro era avvenuto nel
1910, allorché la compagnia di Nino Martoglio aveva messo in
scena due suoi atti unici: La morsa e Lumìe [Limoni] di Sicilia. Nel
1915, al teatro Manzoni di Milano la compagnia di Marco Praga
mise in scena la sua prima commedia in tre atti, scritta diversi
anni prima, Se non così… . Fu a partire da questa esperienza che
Pirandello incominciò a impegnarsi nella scrittura teatrale. Dopo l’atto unico All’uscita, fu la volta di Pensaci Giacomino!, Liolà
(tutte del 1916), Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli, Il piacere dell’onestà (1917), Il giuoco delle parti (1918). La reazione del
pubblico non fu unanime, agli elogi di alcuni si contrapposero le
critiche e le perplessità di altri.
La guerra e le tragedie familiari
Questa intensa attività teatrale avveniva sullo sfondo della Prima guerra mondiale e di gravi lutti e tragedie familiari: nel 1915
morì la madre dello scrittore; quello stesso anno il primogenito
Stefano, chiamato alle armi, fu fatto prigioniero dagli Austriaci
(tornerà solo alla fine della guerra), mentre si andò aggravando
la malattia mentale della moglie, che nel 1919 venne ricoverata
in una casa di cura.
Gli anni della fama internazionale
Gli anni 1920-1921 costituiscono una pietra miliare nella storia
del teatro, non solo italiano ma internazionale. Dopo un primo
successo con Come prima, meglio di prima (1920), nel 1921 Pirandello diede alle scene il primo dei suoi capolavori: Sei personaggi
in cerca d’autore, un’opera che rivoluzionava il linguaggio drammatico. Rappresentata il 10 maggio dalla compagnia di Dario
Niccodemi al Teatro Valle di Roma, fu accolta da fischi e polemiche, ma il 27 settembre la replica al teatro Manzoni di Milano fu
un vero trionfo. Ai Sei personaggi seguirono in rapida sequenza
altri capolavori: Enrico IV e Vestire gli ignudi (1922), L’uomo dal
fiore in bocca (1923), Ciascuno a suo modo (1924), Questa sera si
recita a soggetto (1930).
Intanto, a partire dal 1922, l’opera teatrale di Pirandello aveva
incominciato a essere rappresentata in tutto il mondo e per lo
Pirandello con gli attori
dell’Enrico IV, 1922.
scrittore e drammaturgo era incominciata una nuova esistenza,
fatta di frequenti viaggi in Europa e in America, e di un nuovo e
più intenso impegno nell’attività di regista.
Maschere nude e Novelle per un anno
Contemporaneamente aveva incominciato a raccogliere tutta la
produzione drammatica sotto il titolo complessivo di Maschere
nude, e le novelle sotto quello di Novelle per un anno. Nel 1920
aveva abbandonato l’editore Treves, per passare alla Bemporad.
L’adesione al partito fascista
Del 1923 fu la sua adesione al partito fascista, divenuta iscrizione formale nel 1924. Ciò gli consentì di trovare finanziamenti
per il “Teatro d’Arte di Roma”, la nuova compagnia teatrale della
quale assunse nel 1925 la direzione artistica. Tra gli attori prescelti figuravano Ruggero Ruggeri e Marta Abba; a quest’ultima
Pirandello si legò in un rapporto intellettuale e sentimentale, e
per lei scrisse numerosi drammi (L’amica delle mogli, Come tu mi
vuoi). Nel 1928 il Teatro d’Arte dovette cessare l’attività.
La stagione del surrealismo e il Nobel
Uno, nessuno e centomila
Nel 1925 uscì su rivista, e l’anno successivo in volume, il romanzo
Uno, nessuno e centomila, iniziato nel corso degli anni Dieci, che
segnò l’avvicinamento dello scrittore al Surrealismo (>C3 Contesto, p. 635).
La trilogia del mito
Nell’ultima parte della sua vita Pirandello sperimentò un teatro
diverso da quello che lo aveva portato al successo, tragico e poetico insieme, fondato su “miti” moderni: La nuova colonia, 1928;
Lazzaro, 1929; I giganti della montagna, 1930, rimasto incompleto.
Contemporaneamente si occupava delle riduzioni cinematografiche di alcune sue opere (nel 1930 è a Hollywood per seguire
le riprese di Come tu mi vuoi) e del completamento della raccolta Novelle per un anno.
Il premio Nobel per la letteratura
Onorato dalla cultura ufficiale (nel 1929 fu chiamato a far parte
dell’Accademia d’Italia; nel 1934 gli venne assegnato il Nobel per
la letteratura), morì a Roma il 10 dicembre del 1936, in seguito a
una polmonite contratta mentre negli stabilimenti di Cinecittà
seguiva le riprese di un film tratto dal Fu Mattia Pascal.
PER LO STUDIO
Il teatro e il successo internazionale
a. A quale tipo di valori fu educato Pirandello in ambito
familiare?
b. A quali studi venne avviato dal padre?
c. In quale disciplina e dove si laureò?
d. Quali ragione di ordine economico lo spinsero a
intensificare l’attività letteraria?
e. Quale fu il suo primo romanzo di successo?
f. Quali opere segnarono l’esordio teatrale dello
scrittore? Quale invece gli diede fama internazionale?
g. Quali opere comprende l’ultima produzione teatrale
pirandelliana?
| Luigi Pirandello | La vita e le opere | 843
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C3
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La condanna della maschera
3
C
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I
l dramma «Enrico IV» fu rappresentato il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di
Milano e pubblicato da Bemporad nello stesso anno.
Qui presentiamo la conclusione del dramma: mentre «Enrico» dialoga con il dottore,
al castello arrivano gli amici di un tempo, tra cui Matilde (la donna che egli amava)
e l’amante Tito Belcredi, che all’epoca della mascherata in costume fu il responsabile
della sua caduta.
Luigi Pirandello
Enrico IV
in Maschere nude,
Mondadori, Milano, 1986
Enrico IV - Tre atti: la trama
urante una mascherata in costume
medievale un giovane aristocratico,
che indossa i panni di Enrico IV (l’imperatore di Germania che nel 1077, a Canossa,
si umiliò di fronte al papa Gregorio VII),
cade da cavallo per colpa del suo rivale in
amore, il barone Tito Belcredi, batte la testa e impazzisce. Per dodici anni egli crede
di essere veramente Enrico IV e i parenti
lo assecondano, circondandolo, nella sua
villa trasformata in reggia, di servitori in
costume medievale. Questo è l’antefatto:
quando inizia l’azione del dramma, sono
D
passati vent’anni dal giorno dell’incidente, ma da otto «Enrico IV» è praticamente
guarito dalla sua malattia. Egli continua
tuttavia a fingersi pazzo, consentendogli
quello stato di sottrarsi alle ipocrisie sociali.
Suo nipote Carlo di Nolli, nel tentativo di farlo rinsavire, decide di procurargli
uno choc e conduce alla villa, insieme
a uno psichiatra, tutti i personaggi che
venti anni prima avevano partecipato
alla mascherata. Tra essi c’è anche Frida,
figlia della donna che interpretava allora
E
1
10
15
20
1. tra i cari amici: il tono è
sarcastico.
2. prima: prima della caduta da 25
cavallo.
3. tentava difendermi: sosteneva che non fosse impazzito.
atto iii
Un giorno...
Si arresta e si volge al dottore.
Caso interessantissimo, dottore! Studiatemi, studiatemi bene!
Vibra tutto, parlando:
Da sé, chi sa come, un giorno, il guasto qua...
si tocca la fronte
che so... si sanò. Riapro gli occhi a poco a poco, e non so in prima se sia
sonno o veglia; ma sì, sono sveglio; tocco questa cosa e quella: torno a
vedere chiaramente... Ah! – come lui dice –
accenna a Belcredi
via, via allora, quest’abito da mascherato! quest’incubo! Apriamo le finestre: respiriamo la vita! Via, via! corriamo fuori!
Arrestando d’un tratto la foga:
Dove? a far che cosa? a farmi mostrare a dito da tutti, di nascosto, come
Enrico IV, non più così, ma a braccetto con te, tra i cari amici1 della vita?
belcredi Ma no! Che dici? Perché?
donna matilde Chi potrebbe più…? Ma neanche a pensarlo! Se fu una disgrazia!
enrico iv Ma se già mi chiamavano pazzo, prima2, tutti!
A Belcredi
E tu lo sai! Tu che più di tutti ti accanivi contro chi tentava difendermi3!
belcredi Oh, via, per ischerzo!
enrico iv E guardami qua i capelli!
Gli mostra i capelli sulla nuca.
belcredi Ma li ho grigi anch’io!
enrico iv Sì, con questa differenza: che li ho fatti grigi qua, io, da Enrico IV,
enrico iv
5
la contessa Matilde (di cui «Enrico IV» era
innamorato e ora amante di Belcredi), e
che alla madre somiglia in modo straordinario. A quella vista «Enrico», pieno di
risentimento per quei visitatori che vorrebbero ricondurlo alla normalità ma che
non comprendono le ragioni della sua
sofferenza, trafigge con la spada l’antico
rivale Belcredi, condannandosi, per sottrarsi alla giustizia, alla sua tragica condizione: quella di fingersi pazzo.
914 | L’età delle Avanguardie | Ritratto d’autore |