Guerre contro le popolazioni italiche

Guerre contro le popolazioni italiche
Il problema maggiore della politica estera romana nei primi anni della repubblica restava la necessità di
definire un nuovo trattato (foedus) con i Latini, compito che fu affidato al console Spurio Cassio, trattato che da lui
prese di nome (foedus Cassianum), e dai preparativi bellici intrapresi dai Volsci, contro cui si decise di
intraprendere l'ennesima azione militare, affidandola al console Postumio Cominio. Quest'ultimo iniziò la
campagna militare guidando l'esercito romano contro i Volsci di Anzio, al termine della quale la città fu espugnata.
Successivamente l'esercito romano marciò contro le città volsce di Longula, Polusca e Corioli, che finirono per
essere conquistate anch'esse dai Romani.
Pochi anni più tardi quello stesso Coriolano che aveva contribuito a vincere i Volsci, si rifugiò in esilio
forzato presso di loro. Egli scelse la città di Anzio, ospite di Attio Tullio, eminente personalità tra i Volsci. I due,
animati da forti sentimenti di rivincita nei confronti di Roma, iniziarono a tramare affinché tra i Volsci, più volte
battuti in scontri campali dall'esercito romano, si sviluppassero nuovamente motivi di risentimento contro i romani,
tali da far nascere in questi il desiderio di entrare in guerra contro il potente vicino.
Alla fine i Volsci decisero per una nuova guerra contro Roma, ed affidarono a Coriolano e ad Attio Tullio il
comando dell'esercito, che riportarono diversi successi.
Ma, alle porte dell'Urbe al IV miglio della Via Latina, dove si trovava il confine dell'Ager Romanus Antiquus
(nei pressi dell'attuale Via del Quadraro), mentre i consoli del 488 a.C., Spurio Nauzio e Sesto Furio,
organizzavano le difese della città, venne fermato dalle implorazioni della madre Veturia e della moglie Volumnia,
accorsa con i due figlioletti in braccio, che lo convinsero a desistere dal proprio proposito di distruggere Roma.
Tito Livio riporta come non ci fosse concordanza sulla morte di Coriolano; secondo parte della tradizione, fu
ucciso dai Volsci, che lo considerarono un traditore, per aver sciolto l'esercito sotto le mura di Roma, secondo
Fabio morì di vecchiaia in esilio.
Nel 486 Spurio Cassio Vecellino, eletto console per la terza volta, marciò contro i Volsci e gli Ernici, e
poiché i nemici chiesero subito la pace alla vista delle legioni romane, non ci fu nessuno scontro. Due anni dopo il
centro principale degli Equi fu conquistato dai Romani una prima volta Sempre Nel 482 a.C. gli Equi attaccarono la
città latina di Ortona, mentre i Veienti, ormai sazi di bottino, minacciavano di attaccare la stessa Roma.Il console
romano Gaio Giulio Iullo fu incaricato di condurre contro di loro una nuova guerra.
Nel 475 a.C. il console Publio Valerio Publicola si fece aiutare dai socii Latini ed Ernici, scagliandosi prima
contro i Sabini ed espugnando l'accampamento mettendo in crisi anche la fiducia dei Veienti. La cavalleria di
Valerio riuscì a scompaginare i difensori e a sbaragliare questi ultimi. Appena in tempo per fermare un attacco dei
Volsci che a loro volta approfittavano delle difficoltà romane per compiere razzie e devastazioni.
Nel 471 a.C. il console, Appio Claudio Sabino, cercò di vendicarsi contro la plebe usando severità estrema
nel comando dell'esercito. Ciò creò, ovviamente, malcontenti e varie insubordinazioni, fino al punto che, quando gli
Equi ed i Volsci affrontarono il console, moltissimi soldati gettarono le armi e fuggirono. Per questa ragione furono
puniti con molta severità, un soldato su dieci.
Nel 468 a.C. fu affidato il comando delle operazioni contro i Volsci di Antium, il console Tito Quinzio
Capitolino Barbato al termine delle quali ottenne un trionfo;
464 a.C.Quattro anni dopo sempre al consolare Tito Quinzio Capitolino Barbato fu invece affidato il
comando delle truppe alleate dei Latini ed Ernici, nel corso delle operazioni contro gli Equi per liberare
l'accampamento del console di quell'anno, Spurio Furio Medullino Fuso, assediato dal nemico.
Nel 462 a.C. il console Lucio Lucrezio Tricipitino condusse una nuova campagna militare sia contro gli Equi
sia contro i Volsci, ottenendo al termine delle operazioni un trionfo. Il suo collega Tito Veturio Gemino Cicurino
ottenne invece un'ovatio.
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Nel 459 a.C. gli Equi attaccarono Tuscolo e ne conquistarono la rocca. La riconoscenza dei romani per il
determinante aiuto dato dai Tuscolani nella appena conclusa guerra servile fece muovere il console Lucio Cornelio
Maluginense Uritino e le legioni di Roma in aiuto della città attaccata. Per alcuni mesi, l'altro console, Quinto Fabio
Vibulano si divise fra l'assedio di Anzio contro i Volsci e le colline di Tusculum e proprio durante una delle assenze
del console i Tuscolani riuscirono a scacciare, dopo averli affamati, i nemici dalla rocca. Gli Equi furono
letteralmente denudati, fatti passare sotto il giogo e rimandati alle loro terre; il console, che stava tornando verso
Tusculum li massacrò tutti alle falde del monte Algido. Per queste operazioni vittoriose, entrambi i consoli
ottennero il trionfo.
Nel 458 a.C. fu deciso di nominare un dittatore Lucio Quinzio Cincinnato, Nel corso di quest'anno, gli Equi,
rotto il patto stipulato pochi mesi prima con Roma, conferirono il comando a Gracco Clelio, il loro personaggio più
in vista. E ricominciò il saccheggio dei territori romani.
Roma inviò ambasciatori - Quinto Fabio, Publio Volumnio e Aulo Postumio - per chiedere il rispetto
dell'accordo. Gracco li trattò in modo sprezzante. Il senato ordinò che un console portasse l'esercito sul monte
Algido contro Gracco e che l'altro console saccheggiasse il territorio degli Equi. I tribuni della plebe cercarono
ancora una volta di fermare la leva ma, "provvidenzialmente" per i consoli e -stranamente- come ogni volta che i
tribuni della plebe cercavano di portare avanti la discussione di una legge, addirittura un esercito di Sabini si mise
a devastare l'agro romano fin sotto le mura della città. La plebe prese le armi senza discussione e furono formati
due grandi eserciti. I consoli Gaio Nauzio Rutilo fu mandato nelle terre degli Equi mentre Lucio Minucio Esquilino
Augurino partì con le sue legioni verso il monte Algido.
Cinque cavalieri riuscirono a sfuggire alla stretta, rientrarono a Roma e informarono la città che il console e
tutto il suo esercito erano sotto assedio sul monte Algido. Nauzio, l'altro console, fu richiamato ma non seppe
affrontare la situazione. Con accordo generale fu deciso di nominare un dittatore. Fu scelto Lucio Quinzio
Cincinnato. Quest'ultimo non perse tempo ed il giorno seguente, nel Foro nominò il suo magister equitum, fermò
ogni attività legislativa, giudiziaria e commerciale, ordinando a tutti coloro che erano in età adatta al servizio
militare di presentarsi prima del tramonto al Campo Marzio. I romani partirono per il monte Algido incitandosi a
vicenda e ricordandosi l'un l'altro che i commilitoni erano assediati già da tre giorni. Tanto fu efficace questo
incitamento che a metà della notte giunsero a ridosso dei nemici. Il suono delle trombe e le grida dei soldati
romani spaventarono gli Equi e raggiunsero i commilitoni assediati che compresero, con sollievo, di essere stati
raggiunti dagli aiuti e, soprattutto, fecero capire al console che non doveva più tergiversare. Gli assediati presero
quindi le armi e si lanciarono anch'essi all'attacco con grande clamore. Una battaglia notturna estremamente
rumorosa che informò Cincinnato e le sue forze che gli assediati si erano mossi e intralciavano il contrattacco degli
Equi. Questi ultimi si trovarono così presi fra due fuochi. Combatterono fino all'alba con l'esercito di Lucio Minucio.
I soccorritori ebbero, così, tutta la notte per finire il loro lavoro; al mattino la palizzata era terminata: gli Equi erano
circondati. E qui iniziò una seconda battaglia mentre la prima non era ancora terminata.
Poco dopo Cincinnato espugnò anche la volsca Antium.Per questi successi ottenne il meritato trionfo alle
idi di settembre dell'anno successivo.
Nel 449 a.C. il console Lucio Valerio Potito ottenne nuovi successi ed il meritato trionfo sugli Equi, e sui
Volsci della città di Corioli. I turbolenti vicini, Volsci ed Equi, per i due anni successivi non attaccarono Roma (al
446 a.C.) permettendo all'Urbe di ricomporsi socialmente ed economicamente. Ma le ostilità ripresero ben presto.
Stando a Tito Livio, furono i Volsci e gli Equi, spinti da capi avidi di bottino, a rompere la pace e gettarsi nel
saccheggio delle campagne attorno a Roma. Ad un osservatore esterno, infatti, la città appariva divisa, si notava
una plebe insofferente agli ordini e agli arruolamenti, la disciplina militare sembrava volatilizzata; Roma non era
più quel compatto blocco sociale che dominava il territorio. L'occasione appariva perfetta per liberarsi di un vicino
tanto forte e capace di usare quella forza. I due popoli riunirono i loro eserciti e si diedero al saccheggio del
territorio dei Latini. I Romani presi dalle loro interne discordie non uscirono a contrastarli; gli attaccanti arrivarono
fino alle porte della Città predando bestiame e, con calma, si acquartierarono a Corbione. Qui avvenne una
battaglia decisiva dove i Romani ebbero la meglio.
Nel 438 a.C.sembra che i Volsci si unirono ai Veienti e Fidenati contro i Romani, ma anche questa volta
furono sconfitti dal dittatore Mamerco Emilio.
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Nel 407 a.C. venne deciso di concentrare le azioni sui Volsci; l'esercito romano fu diviso in tre parti e
mandato a saccheggiare il territorio dei nemici sotto il comando di tre dei quattro Tribuni militari. Lucio Valerio
Potito si diresse su Anzio, Gneo Cornelio Cosso si diresse su Ecetra e Gneo Fabio Ambusto attaccò e conquistò
Anxur lasciando la preda ai soldati di tutti e tre gli eserciti.
Il centro principale degli Equi fu nuovamente conquistato dei Romani per la seconda volta intorno al 394.
Nel 388 a.C.Marco Furio Camillo combatté con successo contro Equi e Volsci.
Dopo oltre un secolo e mezzo di continue guerre, Volsci ed Equi vennero inglobati da Roma, facendo essi
stessi parte del sistema repubblicano romano dopo un'iniziale colonizzazione dei loro territori, insieme ad Ernici,
Sabini, Latini e Veienti.
Nel 346 a.C. il console Marco Valerio Corvo ottenne una nuova vittoria e conseguente trionfo sui Volsci di
Antium e gli abitanti di Satricum. Nel 338 a.C. fu dedotta una colonia di cittadini romani ad Antium.
Nel 304 a.C. gli Equi furono sottomessi definitivamente solo alla fine della seconda guerra sannitica, dopo
nuovi successi ottenuti prima dal console Publio Sempronio Sofo nel 304 a.C. e poi dal dittatore del 302 a.C. Gaio
Giunio Bubulco Bruto, ricevendo però una forma limitata di libertà.
Dopo la prima guerra offensiva di Roma contro Veio (per il controllo del Tevere), la città venne stravolta nel
390 a.C. da un incendio appiccato dai Galli guidati dal re Brenno, che con successo avevano già invaso parte
dell'Etruria, stretto d’assedio Chiusi e sbaragliato i Romani nella battaglia del fiume Allia (390, forse, più
probabilmente, nel 386).
Espansione dei Galli Cisalpini
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A partire dall'inizio del IV secolo a.C., in effetti, migrazioni di popolazioni celtiche avevano superato a più
riprese le Alpi e si erano installati nella Pianura Padana. Erano venute così a contatto con i Liguri e i Veneti, popoli
con i quali si erano scontrati e in parte avevano assorbito, e gli Etruschi che invece erano stati spinti al di là degli
Appennini. Nel 385 a.C. i Senoni si installarono definitivamente nel Piceno settentrionale, colonizzandolo
interamente nel 322 a.C..
In seguito i Galli cisalpini presero parte a varie iniziative militari contro l'ascesa di Roma, dalle guerre
sannitiche alle guerre puniche, prima di essere assoggettati definitivamente con una serie di operazioni militari
condotte dai Romani nel III secolo a.C.
I Romani successivamente si scontrarono prima con i Sanniti (343-295 a.C.) e poi contro i Tarantini aiutati
da Pirro (re dell'Epiro), sconfitti nel 275 a.C. a Maleventum (che da quel momento fu ribattezzato Beneventum).
Nel 270 a.C., con la vittoria sui Bruzi che detenevano fino a quel momento il controllo di molte città della
Magna Grecia della Calabria centro settentrionale, anche le poleis greche vennnero annesse al territorio romano.
Roma si ritrovò a controllare un territorio che andava dallo stretto di Messina al fiume Rubicone.
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