la marina come richiamo pubblicitario fino alla ii

LA MARINA COME RICHIAMO PUBBLICITARIO
FINO ALLA II GUERRA MONDIALE
LOREDANA VANNACCI
Il XX secolo è stato quello dello sviluppo della pubblicità. Conseguenza ultima
della rivoluzione industriale, la produzione verso la fine dell’Ottocento
comincia ad avere il problema dell’eccesso di offerta rispetto alle capacità di
domanda del mercato. La concorrenza si fa sentire, le ditte devono farsi
propaganda per dimostrare che i loro prodotti sono di buona qualità e,
soprattutto a partire dal 1915, parecchie società italiane cominciarono a valersi
del contesto militare come richiamo pubblicitario. La parte del leone la fecero
quelle che adoperavano l’Esercito o la Marina come parte del messaggio, legato
non tanto, o non soltanto alla guerra o alla produzione di materiali
specificatamente militari, ma spesso a oggetti di uso civile e magari quotidiano.
L’aspetto dell’immagine delle Forze Armate nella pubblicità e, in
particolare, delle Forze Armate impiegate dalle ditte come richiami pubblicitari
è poco o nulla trattato, a torto. Questo tipo di richiamo pubblicitario è
interessante per un motivo. Come è noto, il richiamo deve essere di successo,
pena la mancanza d’impatto sul pubblico, cioè pena il fallimento del messaggio
stesso e quindi della vendita. Questo implica da parte delle ditte che si fanno
pubblicità un’opinione ben precisa sulla scelta dei richiami. I “testimonial”
come con un odierno anglicismo si usa dire, devono attrarre, devono destare
simpatia, devono essere di successo. Dunque, implicitamente, l’uso del militare
come richiamo implica da parte del pubblicitario l’opinione che esso sia
un’attrattiva, che sia visto bene dalla società, che venga riconosciuto come un
qualcosa di valido. In altre parole, la pubblicità che ha adoperato e adopera
l’ambito militare è stata un termometro della visione delle Forze Armate da
parte dell’opinione pubblica. Nel periodo in cui la pubblicità è stata fatta, più
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“militare” c’è più vuol dire che i pubblicitari ne hanno percepito, o ritenuto
d’aver percepito, che era sentito dal pubblico come particolarmente importante
o vicino.
Infine, la pubblicità a quell’epoca si faceva di solito con cartelloni
disegnati a colori, la cui versione in bianco e nero poteva poi essere stampata
su giornali e riviste. Più raramente, per i problemi di stampa e di resa, si
adoperava la fotografia. La pubblicità legata al mondo militare negli anni della
Grande Guerra – di preferenza messa sulla stampa periodica – poteva serviva
come mezzo di propaganda sia della ditta e dei suoi prodotti, sia di guerra; e in
questo la Marina poteva avere un grosso peso, concentrando il messaggio
pubblicitario sull’aspetto tecnico: i motori, riportati non in disegno, ma in tutta
la nettezza della fotografia, per rendere il messaggio più netto e per
sottolinearne la realtà. Va detto però che la pubblicità che sfruttò la Marina non
è moltissima, anzi. Fatto 100 l’insieme delle pubblicità che sfruttano il militare
come richiamo apparse sulla stampa periodica dal 1912 al settembre 1943, la
Marina non supera il 30% del totale, anzi, si ferma all’incirca al 29%, contro un
30% dell’Aeronautica, ottenuto per di più in un tempo lievemente minore, e un
41% dell’Esercito.(1) Per di più, fatto 100 il totale delle pubblicità che
adoperano la Marina, il 3,3% è relativo al periodo della guerra di Libia del
1911-1912, il 63,3% riguarda la prima guerra mondiale, mentre per la seconda
si scende al 20%, lasciando un misero 13,3% al ventennio 1919-1939, che, col
fascismo imperante, ci si sarebbe aspettati molto più dedito ai toni militareschi.
Quello che ci interessa è quindi non tanto il manifesto pubblicitario in sé
per sé, che poteva essere visto o no, ma la sua versione in formato ridotto, che
appariva come annuncio sulla stampa periodica, specie se a larga diffusione.(2)
(1) Il dato è grezzo. In realtà il disaggregato obbligherebbe a fare un discorso molto
più lungo e complesso, perché esistono alcune pubblicità che mescolano elementi di due o
di tutte e tre le Forze Armate. Ad esempio le miste Esercito-Aeronautica incidono per un
7,6% e le miste Aeronautica-Marina per il 2,8%; mentre quelle relative a tutte e tre le
FFAA sarebbero anche loro un 7,6%. A queste va aggiunto un 1,9% di pubblicità che
sfrutta la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e un 3,8% del periodo 1940-1943
che ha un tono bellico ma privo di riferimenti a una specifica Forza Armata. Se prendiamo
per valide quelle in cui la Marina figura da sola o insieme a un’altra o alle altre Forze
Armate e applichiamo lo stesso schema a tutte e tre, possiamo accettare come giuste le
percentuali qui riportate del 41,30 e 29%.
(2) Per questo lavoro è stata condotta una ricerca sui numeri comparsi tra il 1912 e
il 1943 delle seguenti riviste: L’Illustrazione Italiana, Le vie d’Italia, Le vie d’Italia e del mondo, La
Domenica del Corriere, Il Mattino illustrato, Cronache illustrate dell’Azione Italiana in Africa Orientale, Tempo, Cronache della guerra, Lega Navale, Gli annali dell’Africa Italiana.
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Naturalmente questo ha avuto un’evoluzione, che possiamo vedere
partendo dalla guerra di Libia, anzi, dalla fine della guerra di Libia, perché
prima di essa la pubblicità coi militari – in particolare della Marina – come
richiami, praticamente non si trova.
Il manifesto dell’Ansaldo,(3) apparso nel 1912, subito dopo la fine della
guerra di Libia è dunque uno dei primi esemplari. Come pubblicità dei prodotti
dell’Ansaldo è abbastanza completa. L’Ansaldo a quell’epoca aveva le mani in
pasta in parecchie cose, produceva un’ampia gamma di cose con una catena
produttiva e di assemblaggio e montaggio pressoché completa. Dalle navi alle
locomotive, dalle artiglierie agli apparati elettrici la Società ligure faceva di tutto,
ma questo tutto implicava, settore per settore, una serrata concorrenza da parte
di altre ditte: una faceva locomotive, un’altra cannoni, una terza caldaie o
meccanica industriale, una quarta navi e così via, l’Ansaldo invece costruiva
tutto; e il manifesto non solo lo fa vedere, ma lo specifica, infatti ci sono otto
differenti argomenti nel testo – cantieri navali, officine allestimento navi,
fabbrica di corazze, stabilimento elettrotecnico e materiali d’artiglieria, fonderie
e acciaierie, fabbriche artiglierie e proiettili, meccanica, metallurgia – illustrati o
richiamati da sei immagini, l’unica non militare delle quali è una locomotiva. Il
resto: turbine, apparato motore, cannone del Doria e il Giulio Cesare in
navigazione è tutto militare.
L’insieme dà l’immagine di una ditta che produce meccanica pesante, ad
ampio spettro e con – si suppone – elevata affidabilità. I committenti possono
stare sicuri che quanto ordinano sarà fatto presto e con grandi mezzi. Quanto
alla qualità, la Regia Marina, che ha appena vinto la guerra di Libia, annientato i
Turchi a Cunfida, sbarcato i marinai a Tripoli e nel Dodecaneso, e violato i
Dardanelli senza perdite, è sicuramente il richiamo di maggior successo. Il
manifesto dà la massima informazione possibile, dal capitale versato alla
gamma dei prodotti. Il cliente potenziale è il settore pubblico – militare o civile
– o l’industria; certo non i privati, per cui l’annuncio si dirige a un settore assai
ristretto di pubblico ed è più una forma di ricordo dell’esistenza dell’Ansaldo e
di finanziamento indiretto alla rivista che di pubblicità vera e propria.
Arriva la Grande Guerra, e vediamo il salto di qualità facendo un
confronto fra la pubblicità dell’Ansaldo del 1912 e quelle di varie ditte
successive all’entrata in guerra nel 1915.
(3) Pubblicità dell’Ansaldo, seppia, su Lega Navale, anno VIII, n. 20, “seconda
quindicina di ottobre”, 1912, 3ª di copertina. All’epoca Lega Navale numerava le pagine in
progressione annuale dal primo all’ultimo dei 24 numeri dell’annata.
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Manifesto pubblicitario della Società Anonima Italiana Gio. Ansaldo & C.,
comparso sul n. 20 dell’anno 1912 della rivista Lega Navale.
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Cominciamo proprio dall’Ansaldo, che durante la Grande Guerra si fece
molta pubblicità sulle riviste di maggior diffusione, come L’Illustrazione Italiana.
I suoi inserti si sprecano e picchiano però tutti sullo stesso tasto: la tecnica. Ne
basta uno come esempio: “L’imbarco dei cannoni sulla Regia Nave Giulio Cesare”,
del 1917. L’immagine è di potenza militare e industriale. Si tratta di una
corazzata nota, moderna ma non di concezione modernissima, per cui la si può
rappresentare senza rischio che il nemico ricavi dalla foto informazioni nuove
e, ad ogni buon conto, si vedono solo i cannoni.
Ciò che ci interessa è il cambio di stile. Non più molte immagini sullo
stesso avviso, come nel 1912, ma una sola; dimensioni non più piccole ma
grandi; non più disegni o foto ritoccate ma foto in bianco e nero. L’impatto è
maggiore, l’effetto migliore. Si vede e si ricorda, non bisogna leggere. È un
attimo, e nella memoria restano binomi come Ansaldo-Giulio Cesare, industriaMarina, potenza-guerra.
Anno 1917. Pubblicità dell’Ansaldo sulla rivista L’Illustrazione Italiana.
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Loredana Vannacci - La Marina cone richiamo pubblicitario fino alla seconda guerra mondiale
Lasciamo per il momento le ditte a vocazione strettamente militare e
passiamo a una più pacifica e universalmente nota, come la Kodak.
L’apparecchio propagandato è il “Vest pocket”, per l’epoca piccolo e
maneggevole.(4) Viene da chiedersi però a chi fosse diretto il messaggio. Quanti
erano in grado di fare foto, o ne avevano il tempo o la voglia, in guerra e non
in porto? È una pubblicità, ma diretta a chi sta in guerra – perché colga
l’occasione offerta dalla guerra – e solo ai militari si indirizza, ai civili no, o
almeno – se lo fa – lo fa molto indirettamente.
Anno 1915. Pubblicità Kodak su L’Illustrazione Italiana.
(4) Pubblicità Kodak, disegno in bianco e nero su L’Illustrazione Italiana, anno XLII,
1915, n. 43, p. 334. Di questo messaggio esisteva la versione per le truppe di terra che
invece di “Ogni ufficiale e marinaio …” diceva “Ogni ufficiale e soldato …”. Si noti che
L’Illustrazione Italiana aveva i numeri dei fascicoli – settimanali – in progressione annuale da
1 a 52, ma le pagine numerate erano in progressione semestrale, per cui la numero 1 era la
prima del primo numero di gennaio e del primo numero di luglio dell’anno in corso e la
560 era l’ultima degli ultimi numeri di giugno e di dicembre del medesimo anno.
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Per di più il prezzo è estremamente alto, anche in proporzione allo stipendio
mensile di guerra di un subalterno, e, per dare un’idea in termini di potere
d’acquisto, più del costo pagato fino a tre anni prima per un biglietto di prima
classe andata e ritorno da Venezia a Spalato colla Società Veneziana di
Navigazione a Vapore, che costava ben 35 lire,(5) equivalenti ad almeno 800
euro del 2011. Figuriamoci coll’obiettivo Kodak Anstigmat che faceva salire il
prezzo a 69 lire! In ogni caso qui abbiamo i militari di Marina che sono al
tempo stesso il richiamo e i destinatari del messaggio, una tecnica ben nota che
fa leva sul comportamento di gruppo e si può riassumere con “lo fanno gli altri
del tuo gruppo, fallo anche tu”.
Ecco invece un’industria la cui produzione era stata riconvertita con
successo dal civile al bellico: l’Isotta Fraschini. La più riuscita pubblicità è del
1918 e ha un autore d’eccezione: l’Orbo Veggente, il Vate d’Italia, Gabriele
D’Annunzio, che, diciotto giorni dopo la beffa di Buccari, scrive dell’Isotta: “I
suoi motori marini ci furono fedeli come la fortuna”.(6)
È il ringraziamento ai motori che hanno salvato libertà e vita a lui e agli
altri. Se fossero andati in avaria e li avessero lasciati in mezzo al mare? Ha
giocato la fortuna, ma i motori pure hanno avuto un parte importantissima.
Buccari ci porta dritto dritto a un altro gruppo di pubblicità: quella legata
ai M.A.S. Costruiti da Baglietto, ma dotati di motori Isotta Fraschini, i M.A.S.
coi loro successi diedero a quest’ultima ditta ampio campo di farsi pubblicità
durante la guerra, ricordando al pubblico che, oltre a produrre automobili – di
lusso e di fascia di prezzo altissima – costruiva autocarri per il Regio Esercito e
motori marini per i sommergibili e soprattutto per i M.A.S.(7)
L’Isotta non si dimenticò dei marinai. Non sappiamo se D’Annunzio
ebbe soldi per la sua pubblicità, ma sappiamo che nel febbraio 1919 l’Isotta
invitò i membri di tutti gli equipaggi dei M.A.S. vittoriosi a visitare i propri
(5) La lira italiana del 1900 corrispondeva a circa 25 000 lire italiane del 2001 o a 13
euro del 2002, o a 20-25 del 2011. Calcolando questo cambio, possiamo dire che la
macchina fotografica costasse nella versione più economica l’equivalente di almeno 800
euro del 2011, e in quella costosa circa 1400.
(6) Gabriele D’Annunzio, fac-simile d’autografo, inscritto in riquadro pubblicitario
in bianco e nero, su L’Illustrazione Italiana, anno XLV, 1918, n. 15, p. 288.
(7) “Per la vittoria delle armi italiane”, pubblicità dell’Isotta Fraschini su L’Illustrazione
Italiana, anno XLV, 1918, n. 32, p. 104.
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Fac-simile dell’autografo di Gabriele d’Annunzio, inscritto in riquadro pubblicitario in bianco e nero, sul n. 15 dell’Illustrazione Italiana dell’anno 1918.
stabilimenti e consegnò a ognuno di loro una medaglia d’oro fatta coniare
appositamente, pubblicizzando l’avvenimento sulla stampa periodica con una
foto di gruppo e una del recto e del verso della medaglia.(8)
Non sappiamo se l’avesse fatta Ducrot, ma viene il dubbio. La ditta
Ducrot, con officine a Palermo e punti vendita a Milano, Roma, Napoli e
Palermo si faceva anch’essa pubblicità. A vederla e, soprattutto, a leggerla, ci si
chiede cosa esattamente Ducrot produca, dal momento che fa mobili e si
occupa di arti decorative – medaglie, targhe, coppe, statuette – ma il messaggio
(8) “Le onoranze di Milano agli Eroi dell’Adriatico - la visita alle officine della ‘Isotta
Fraschini’ ”, pubblicità dell’Isotta Fraschini su L’Illustrazione Italiana, anno XLVI, 1919, n. 1,
p. 4.
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Sopra: Anno 1918. Ditta Ducrot,
medaglie per idrovolanti e M.A.S.
Di fianco: Pubblicità del 1918
dell’Isotta Fraschini per celebrare
la vittoria nella Grande Guerra
con autocarri della ditta forniti al
Regio Esercito e con i motori a
benzina forniti alla Regia Marina.
incuriosisce, visto che parla di
nuove officine speciali per
idrovolanti e motobarche antisommergibili(9) ma facendo cosa?
Resta comunque il richiamo alla
guerra e ai militari di mare e
d’aria – anche se in quel momento gli idrovolanti sono ancora, e fino almeno al 1923, della Regia Marina
– inteso come dimostrazione di affidabilità della ditta.
(9) Pubblicità della Ducrot su L’Illustrazione Italiana, anno XLV, 1918, n. XX, p.
XXXX.
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Anno 1918. Medaglie d’oro fatte
coniare dall’Isotta Fraschini a
ricordo delle imprese compiute
dai M.A.S. muniti di motori Isotta
Fraschini. Le medaglie furono
donate agli “Eroi dell’Adriatico”
nel corso della visita che questi
fecero il 16 dicembre 1918 alle
officine della ditta.
Finisce la guerra e, salvo alcuni strascichi nel 1919 sull’onda della vittoria,
presto spentasi sulla battigia dei guai del dopoguerra, la pubblicità smette
d’adoperare i militari, per molti anni. Stranamente, anche l’avvento del
Fascismo non porta a una reviviscenza del militare come richiamo
pubblicitario. Almeno fino a dopo l’inizio degli anni ’30 se ne trovano
pochissime, anzi, diciamo pure che non se ne trovano affatto, quantomeno
sulla stampa periodica, e, per quanto riguarda l’ambito navale, occorre aspettare
fino al 1933-1934 per vederne comparire, in ogni caso ancora rivolte a un
pubblico assai ridotto, come quelle della RIV e della Scaini. I destinatari erano
comunque pochi, perché pochi erano quelli che potevano aver bisogno di
cuscinetti a sfera – fatti dalla RIV – e di batterie e accumulatori.
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Nella p. precedente, nella
presente e nella successiva:
Tre esempi, rispettivamente
del 1936, del 1940 e del 1942,
della pubblicità delle Officine
RIV di Villar Perosa, Torino.
Da notare come la Scaini nel
1933 si affidasse ai sommergibili,(10) per i quali proprio gli accumulatori, fondamentali per i motori elettrici, erano il lasciapassare
per l’azione ed il ritorno; e ai
sommergibili sarebbe passata
pure la RIV durante la
guerra, nel 1942, con un manifesto dominato da una falsa torre vista di
prora.(11)
Sempre la RIV è degna di nota per due aspetti: il primo è che tutta la sua
pubblicità, di cui qui riportiamo tre esempi, si è sempre distinta per una
bassissima qualità grafica e un conseguente ridottissimo impatto, il secondo è
che dal pasticcio multiforme del 1936,(12) in cui in un ammasso di aerei militari,
carri Fiat 2000, trattori agricoli a cingoli e trattori ruotati d’artiglieria, autocarri
e littorine, si riesce, a fatica, a discernere anche una regia nave, passa
(10) Pubblicità a colori della S.A Accumulatori dott. Scaini - Milano, su Le vie d’Italia,
anno XXXIX, n. 4, aprile 1933, 4ª di copertina. Di questo disegno apparve nel 1934 una
versione con toni azzurri anziché verdi, e limitata alla metà superiore, cioè senza la foto
degli accumulatori.
(11) Pubblicità in bianco e nero della RIV su Le vie d’Italia, anno XLVII, n. 7, luglio
1942, p. 604.
(12) “Un prodotto dell’operaio italiano al servizio del soldato italiano”, pubblicità in bianco e
nero della RIV su Le vie d’Italia, anno XLII, n. 4, aprile 1936, p. 205. I fascicoli mensili de
Le vie d’Italia avevano i numeri in progressione annuale da 1 a 12 e le pagine numerate con
la medesima progressione, per cui la numero 1 era la prima del primo numero di gennaio e
l’ultima era quella dell’ultimo numero di dicembre del medesimo anno. Nei primi anni,
ogni fascicolo aveva però una doppia numerazione: in numeri arabi per le pagine
contenenti gli articoli, in numeri romani per quelle delle rubriche in testa e in coda a ogni
fascicolo.
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nel 1940 a qualcosa di più sintetico e graficamente meno scadente, tutto
dedicato alla Marina,(13) con una squadra navale in moto in linea di fila, per
finire col disegno della falsa torre nel 1942.
La Smalteria e Metallurgia Veneta si fa pubblicità nel 1934, e si parla
bene addosso. La pubblicità funziona? Difficile dirlo. All’epoca non tutti
potevano permettersi un impianto di riscaldamento; molto si basava – come in
seguito – sul passaparola, ma comunque la pubblicità che dimostra come
l’incrociatore Emanuele Filiberto ... varato di recente nei Cantieri Oderno Terni
Orlando di Livorno, ha l’impianto di riscaldamento dotato dei radiatori d’acciaio
inossidabile “Aequator”
(13) “Il cuscinetto italiano per le armi italiane”, pubblicità in bianco e nero della RIV, su
Le vie d’Italia, anno XLVI, n. 12, dicembre 1940, p. 1433.
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e il fatto che abbia un impianto della ditta, induce a pensare che i radiatori
siano buoni perché “rendono molto, durano sempre, sono leggeri ed infrangibili”.
Se proprio se ne vuol sapere di più, basterà chiedere il catalogo.(14)
Resta un dubbio: oltre al Filiberto, quante altre unità se ne servivano?
Questo sarebbe stato da sapere per valutarne l’affidabilità, ma limitiamoci al
fatto che abbiamo davanti agli occhi.
Torniamo al settore strettamente navale, e passiamo ai Cantieri Orlando
di Livorno. Si fanno una buona pubblicità perché hanno ottenuto una
commissione dalla Marina per la costruzione del cacciatorpediniere Camicia
Nera,(15) ma comunque sono chiaramente indirizzati verso il maggior
committente dell’epoca, cioè la Regia Marina. Occasionalmente potranno avere
come cliente qualche altra industria o qualche grosso commerciante che
(14) Pubblicità seppia della Smalteria e Metallurgia Veneta, su Le vie d’Italia, anno
XLI, n. 1, gennaio 1935, p. VII.
(15) Pubblicità in bianco e nero dei Cantieri Odero-Terni-Orlando, su Gli annali
dell’Africa Italiana, anno IV, n. 3, luglio-settembre 1940, p. 611.
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Anno 1940. Pubblicità dei Cantieri Odero-Terni-Orlando sulla rivista Gli annali
dell’Africa Italiana. I cantieri livornesi avevano impostato il cacciatorpediniere
Camicia Nera nel gennaio 1937.
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abbisogni di impianti frigoriferi o di ventilazione, ma è chiaro che si tratta di
clienti che non sono semplici privati cittadini alle prese coi problemi della vita
quotidiana. Visto che l’inserto appare su una pubblicazione ufficiale come Gli
annali dell’Africa Italiana, di nuovo viene da pensare che si tratti del solito
finanziamento indiretto a una rivista più che di una reale pubblicità.
Lo stesso vale per quella della Whitehead – l’odierna WASS – che nel
1942 sulla medesima rivista fa apparire una squallidissima locandina.(16) Forse
qualche lettore potrà aver bisogno d’un compressore, ma di un siluro certo no,
per cui – come del resto è chiaro dall’inattrattività del messaggio – non ci si
cura di cercare clienti, per il semplice motivo che già se ne hanno e non ci sono
concorrenti.
È invece una vera e
propria pubblicità quella
con cui chiudiamo questa rapida carrellata. Lo
spumante Cinzano si fa
effettiva pubblicità sfruttando la Marina, ma senza esserle legato.
Pubblicità in bianco e
nero del Silurificio Moto
Fides di Livorno/ Silurificio Whithead di Fiume, sul numero di aprilegiugno 1942 della rivista
Gli annali dell’Africa Italiana
(16) Pubblicità in bianco e nero del Silurificio Moto Fides s.a. di Livorno/Silurificio
Whithead di Fiume, su Gli annali dell’Africa Italiana, anno VI, n. 2, aprile-giugno 1942, p.
610.
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Luglio 1943. Pubblicità in
bianco e nero della Spumanti
Cinzano, sulla rivista Le vie
d’Italia.
È solo e semplice pubblicità,(17) diretta a tutti, di
un prodotto che – con un
sommergibile pavesato e
coll’equipaggio in coperta a
salutare alla voce il ritorno
vittorioso, forse omaggio ai
successi di Betasom – viene
proposto come l’accessorio
più adatto al festeggiamento, anzi: come l’oggetto senza il quale il festeggiamento
non c’è né ci può essere. È
il luglio 1943: i tempi sono
già durissimi; da festeggiare
non c’è molto, e fra poco,
dopo la breve ebbrezza del
25 luglio, da festeggiare non
ci sarà più nulla, per molto
tempo.
(17) “Ritorno vittorioso”, pubblicità in bianco e nero della Spumanti Cinzano, su Le vie
d’Italia, anno XLVIII, n. 7, luglio 1943, p. 528.
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