difficile, gli studi e la prima produzione

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La vita, I~ opere, il pensiero
e al poetica
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~~.~:
l'infanzia difficile, gli studi e la prima produzione
La famiglia
e gli stucli
• Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 ad Agrigento (allora Girgenti), nella tenuta
famiglia denominata "Caos". li padre Stefano, discendente da una famiglia ligure stabili
si in Sicilia fin dal secolo XVIll, ove aveva preso in affitto alcune zolfare, era stato gariba::
dino; la madre, Caterina Ricci Gramitto, apparteneva a una famiglia di tradizioni antibor
.boniche.
La vita familiare, fatte salve le apparenze, non era affatto serena a Causa della personalità D
te e prevaricatrice del padre: forse già da questa precoce esperienza Luigi Pirandello rica
la concezione della famiglia come trappola, luogo soffocante in cui i rapporti non posso
essere autentici.
Dopo la prima istruzione ricevuta in casa, ottenne il permesso di iscriversi al ginnasio a P
lermo dove la famiglia si era trasferita, anche se il padre, che lo voleva suo erede nella co
duzione delle miniere di zolfo, avrebbe preferito fargli seguire studi tecnici. Dopo il liceo,
iscrisse alla facoltà di lettere prima a Palermo, poi a Roma e infine a Bonn, dove si laureò il
1891 con una tesi in lingua tedesca sui suoni del dialetto agrigentino. Durante la permane
. za a Bonn approfondì la conoscenza della letteratura tedesca, prediligendo Goethe (di cui tradusse le Elegie romane) e Schopenhauer; sul piano personale amò riamato una giovane tedesca, Jenny Schulz-Lander, per la quale compose alcune poesie.
Dalla giovinezza fino all'età matura Luigi Pirandello si dedicò alla poesia e produsse alcun
raccolte di versi, nelle quali si avverte soprattutto l'influenza di Carducci.
La prima raccolta, Mal giocondo, apparve nel 1889, mentre l'ultima, Fuori di chiave, è d
1912. La critica concordemente esprime un giudizio di scarso valore sulla produzione poetica: la visione del mondo di Pirandello, sostanzialmente antilirica, si espresse soprattutto
con i mezzi della prosa.
~
Tornato in Sicilia, accettò di sposare Antonietta Portulano, figlia di un socio in affari del padre, donna bellissima ma di salute cagionevole e psicologicamente fragile.
Gli inizi del matrimonio furono abbastanza felici e allietati dalla nascita di tre figli: Stefano
(1895), che in seguito si dedicò alla letteratura e al teatro sulle orme del padre; Lietta (1897
e Fausto (1899), che divenne un pregevole pittore.
.
La vita
nella capitale
eleprime
opere
• Grazie all'aiuto economico del padre, la coppia poté vivere a Roma, dove Pirandello ebbe
l'opportunità di frequentare gli ambienti letterari della capitale e conoscere alcuni intellettuali fra cui Luigi Capuana, che lo incoraggiò nella sua attività di scrittore.
Collaborò assiduamente ai giornali e alle riviste, mostrando subito avversione per il "dannunzianesimo" allora in voga e per ogni forma di Simbolismo e di Estetismo .
Iromanzi
• li primo romanzo composto da Luigi Pirandello si intitola L'esclusa, scritto nel 1893, ma
pubblicato solo nel 1901 (a puntate, sul quotidiano romano "La tribuna"). Sembra un'opera naturalista scritta con l'intento di illustrare i condizionamenti dell'ambiente; in realtà Pirandello in questo romanzo si è già orientato verso tecniche narrative che poi saranno dette "del grottesco".
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662
Sezione 2. Tra le due guerre
L'insegnamento
• A partire dal 1897 ebbe un incarico di insegnante di lingua italiana all'istituto superiore di
magistero. Ma già in quei primi anni della sua attività artistica Pirandello era attratto dal
teatro e componeva drammi e atti unici, che tuttavia non trovarono accoglienza presso le
compagnie: per questo il suo esordio teatrale fu rimandato di circa vent'anni.
Lamalattia
la moglie
• Nel 1903 una frana distrusse la miniera di zolfo dove il padre di Pirandello aveva investito anche la dote di Antonietta Portulano. La notizia del disastro finanziario provocò nella
donna una crisi nervosa che si manifestò dapprima sotto forma di paralisi isterica che la costrinse a letto per alcuni mesi e, in seguito, come vera e propria malattia mentale che la afflisse per tutta la vita.
Ufu Mattia
hscaI(1904)
• Mentre assisteva la moglie malata, in pochi mesi Luigi Pirandello compose il più celebre
dei suoi romanzi, Il fu Mattia Pascal, che fu pubblicato a puntate sulla rivista "Nuova Antologia" fra l'aprile e il giugno del 1904.
Il saggio
sull'Umorismo (1g08)
• Venuto meno rassegno paterno, Pirandello intensificò la sua collaborazione ai giornali, facendo della narrativa il suo mestiere; nel 1908 scrisse il più importante dei suoi saggi, L'umorismo. In esso l'autore esprime i principi della sua poetica, sulla base del relativismo conoscitivo. In polemica con Benedetto Croce, per il quale la creazione artistica è "intuizione
pura", egli sostiene l'inscindibilità fra riflessione e creazione. Nell'opera d'arte, secondo Pirandello, la componente logica e quella psicologica interagiscono in un processo creativo distinto in due fasi:
1) l'avvertimento del contrario, che induce al riso;
2) il sentimento del contrario, che induce alla compassione (vedi p. 677).
In questo processo, che provoca reazioni contrastanti, quali il riso e il pianto, consiste l'umorismo, che Pirandello già due anni prima, in "Arte e scienza" aveva significativamente
definito: «un'enna bifronte che ride per una faccia del pianto della faccia opposta» (in Saggi, poesie, scrittori, 1977, p. 373).
I primi
successi
• Intanto alcuni capocomici cominciarono a chiedere a Pirandello testi da mettere in scena; egli li ricavò dal repertorio delle sue novelle, alle quali attingeva come a un grande laboratorio, riproponendo situazioni e personaggi in veste teatrale. Già nel 191Oaveva trasposto
per il teatro una novella di ambiente siciliano, Lumie di Sicilia.
Il teatro
in dialetto
siciliano
• TI vero debutto di Pirandello sulla scena avvenne però negli anni della prima guerra mondialeIproprio quando i drammaturghi italiani erano impegnati a contrastare il teatro naturalistico, con i suoi "drammoni" d'amore e di gelosia, composti e interpretati secondo i canoni della verosimìglìanza, vedi p. 166), per l'interessamento di Nino Martoglio, capocomico di una compagnia romana che recitava testi in lingua, ma promotore anche del teatro in
dialetto siciliano.
successo
come
a-amaturgo
• Nel 1917 Pirandello fece rappresentare Così è (se vi pare), immergendo gli spettatori nel cuore di quel relativismo conoscitivo che è la cifra più singolare della sua opera: nel dramma è
infatti rappresentata l'impossibilità di giungere a una verità che sia uguale per tutti.
Nel 1919 fu presa la dolorosa ma indispensabile decisione di internare Antonietta in una clinica per malattie mentali, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1959.
Continuava intanto il successo di Pirandello autore di opere teatrali, in collaborazione con
le più grandi compagnie, gli attori più brillanti, le attrici più valide (Virgilio Talli, Ruggero
Ruggeri, Emma Gramatica e altri). TI 1921 fu l'anno di Sei personaggi in cerca d'autore. LOpera, che nel maggio fu presentata al teatro Valle di Roma dalla compagnia di Dario Niccodemi, fu clamorosamente fischiata dal pubblico. Ma nel settembre dello stesso anno, dopo
che il testo era stato pubblicato in opuscolo, ai Sei personaggi, messi in scena dalla stessa
compagnia Niccodemi, fu decretato il trionfo al teatro Manzoni di Milano. Lopera fu subito rappresentata in tutta Europa e ben presto anche a New York e a Tokyo.
Si tratta del primo esperimento pirandelliano di teatro nel teatro a cui si aggiunsero Ciascuno a suo modo (1924) e Questa sera si recita a soggetto (1930). Sei personaggi in cerca d'auLuigiPirandello
tore si incentra sul conflitto tra gli attori e i personaggi, Ciascuno a suo modo interpreta
contrasto tra attori e spettatori, Questa sera si recita a soggetto quello tra gli attori dive
ti personaggi e il regista: sono tre opere in cui il teatro mette in scena se stesso e riflette
se stesso (metateatro). Nel 1922 Adriano Tilgher, cronista teatrale e saggista, in un libro saggi intitolato Studi sul teatro contemporaneo, diede per primo quell'interpretazione
identificò Pirandello come interprete del contrasto tra la vita e la forma, tra la vita, cao
ca e contraddittoria, che ribolle dentro ogni personaggio, e la forma che vanamente si sforza di fermarla e di fissarla per poterla conoscere.
I viaggi
all'estero
• Sempre nel 1922 Pirandello lasciò l'insegnamento e cominciò a viaggiare all'estero per
guire le compagnie teatrali che mettevano in scena i suoi drammi; da allora visse quasi se
pre in camere d'albergo, «viaggiatore senza bagaglio», «forestiere dell'esistenza»; professa;
do egli stesso quella «filosofia del lontano» , che è l'invenzione di un suo personaggio (il cl
tor Fileno nella novella Tragedia di un personaggio).
Il rapporto
con il
fascismo
• Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, Luigi Pirandello si iscrisse al partito fascista, senza chs
questo però lo conducesse mai a piegarsi alla propaganda del regime: anzi il contenuto anarchico e corrosivo delle sue opere era guardato con sospetto dalla cultura ufficiale. Nel 1925
(e fino al 1928) ebbe la direzione artistica del Teatro d'arte di Roma; la prima attrice della
compagnia era la giovane Marta Abba, alla quale Pirandello fu legato da profondo affetto.
Il "pirandellismo"
(anni Venti
e Trenta)
• Ispirandosi a lei, Pirandello continuava a comporre i suoi drammi, alcuni dei quali tacciati
di "pirandellismo", per la rappresentazione problematica della realtà che, secondo il consueto schema del contrasto tra la vita e la forma, divenne insistente.
Il premio
Nobel (1934)
• Nel 1934, quando il successo del suo teatro era ormai mondiale e ne erano cominciate
le prime trasposizioni cinematografiche, Luigi Pirandello ricevette il premio Nobel per la
letteratura. Morì il 10 dicembre 1936 per un attacco di polmonite, mentre seguiva a Cinecittà la realizzazione cinematografica del Fu Mattia Pascal. Nel suo testame-nto lasciò disposizioni perentorie e raggelanti per il suo funerale, dalle quali si ricava non solo il disprezzo delle convenzioni sociali, ma anche quel rifiuto della fisicità che serpeggia in tutta la sua opera.
La fonnazione
culturale:
ilVerismo
Il pensiero e la poetica
• Luigi Pirandello seguì gli studi classici fino alla laurea in lettere ma la cultura classica
non gli fornì una armoniosa tavola di valori, e non fu per lui motivo di ispirazione per l'arte
e per la vita, come per D'Annunzio. Nella cultura siciliana della sua prima formazione, in
un clima di delusione storica per il tradimento dei grandi ideali risorgimentali, Pirandello incontrò l'opera dei grandi veristi: Capuana, Verga e De Roberto (vedi pp. 64 s.), dai quali prese le mosse per approdare, però, al superamento della loro visione del mondo e dei loro
modelli narrativi. Se gli inizi potevano sembrare quelli del narratore verista, ben presto si
nota che a Pirandello non interessava analizzare la vicenda dell'uomo nella sua lotta per la
vita secondo i canoni dell'impersonalità, ma spostare il punto d'osservazione all'interno della vita psichica, per scoprime la fragilità e l'incoerenza.
La concezione
La psicologia
e il relativismo
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della vita
• Pirandello nutrì interesse per gli studi di psicologia di Alfred Binet (1857-1911), che nella sua opera, Le alterazioni della personalità, esprimeva la concezione dell'io debole, formato
da tanti stati di coscienza che si trovano in un agglomerato temporaneo, scindibile e modificabile. Attento a tutte le correnti filosofiche contemporanee, apprezzò in particolare il pensiero di Henri Bergson (vedi p. 20) e di George Sìmmel, autori che rappresentavano la reazione di fine secolo alla cultura positivista e alla sua ottimistica fiducia nella scienza, che
prometteva all'uomo la conoscenza e il dominio sulla materia .
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Sezione 2. Tra le due guerre
George Simmel, uno dei padri del relativismo contemporaneo, afferma che non esiste alcuna verità assoluta, perché l'uomo nella sua ricerca non si avvale di categorie dalla validità
universale, ma piuttosto di categorie psicologiche, perciò soggettive. Il risultato delle varie ricerche, specialmente quelle storiche, non sono i fatti come obiettivamente si sono svolti, ma come soggettivamente lo storiografo ha voluto interpretarli. Egli considera la vita come un principio assoluto entro cui si collocano via via le varie realizzazioni storiche e culturali. La vita è un continuo fluire, senza ragione e senza scopo; essa crea continuamente
«forme» e mondi ideali (scienze, arti, religioni) che poi, nel suo perenne divenire, deve distruggere. I termini di «vita» e «forma» furono usati da Pirandello nel saggio L'umorismo.
Il complesso di queste teorie, tutte caratterizzate da irrazionalismo e relativismo, influenzò
la visione del mondo di Pirandello, che le sentiva vicine al suo modo di pensare e di rapportarsi alla realtà .
• Se la vita è un perenne e magmatico fluire, se la realtà è così multiforme e inafferrabile, è facile capire che l'uomo non può illudersi di avere strumenti per conoscerla e dominarla. Ogni immagine del mondo esterno che l'uomo cerca di darsi è opinabile: se va bene per
lui, non può certo essere condivisa dagli altri che, guardando con occhi diversi, se ne creano una propria. Pirandello avverte la stessa incertezza e precarietà anche nell'istituto del linguaggio: le parole che ciascuno usa non hanno lo stesso significato per coloro che le ascoltano, quindi il linguaggio è causa di incomunicabilità
tra gli uomini.
Il relativismo conoscitivo, che in Pirandello nasce su basi psicologiche, contemporaneamente riceve formulazioni scientifiche dalla matematica e soprattutto dalla fisica del primo
Novecento. In questa sfiducia per le forLA CONCEZIONE FILOSOFICA DI PIRANDELLO
me tradizionali del sapere, lo scrittore
si accostò all'occultismo e allo spiriticrisi di fine Ottocento e tramonto delle
smo, cercando risposte al vuoto della
sua condizione esistenziale. Rifiutò invece il rifugio consolatorio nella religione tradizionale.
L'inconoscibilità
del reale
-
messe:
ezze
La produzione di romanzi coprì tutto l'arco
della vita di Pirandello.
Come si è detto, egli si staccò ben presto da modelli veristi e approdò a una
narrativa che, partendo dalle vicende
esterne dei protagonisti e dai condizionamenti che l'ambiente esercita su di
loro, indaga la vita psichica e il disagio esistenziale dei personaggi in preda a una grave crisi di identità e privi
di certezze e ideali su cui orientare la
propria vita.
La crisi
dell'io
nire flusso caotico
J.
slancio vitale
Fissità
Trappola
Maschera
J.
Rigidità mortale
l'io dinamico
e molteplice
znscienza = sentirsi
vivere
J.
--
imento della vita
-nutabile e vario
oerta
- :~ 'io profondo
- -- 'oltre
J.
-
iAlldono
- 3 vita della natura
arte
fede
DETERM1N'SMO
}
La conoscenza di sé =
fissarsi in apparenze
(immagini, sensazioni
e ideali)
J.
alienazione
RELATIVISMO
J.
incomunicabilità
Vita sociale:
"una pupazzata"
Rifiuto
- delle maschere
- del corpo
J.
Uscita dalle forme
Luigi Pirandello
SURREALISMO
O MITO
J.
autenticità
misteriosa
•
• A Pirandello la realtà
si presenta come magma
caotico, un flusso continuo in perpetuo divenire,
nel quale è immerso l'uomo. Per assumere consistenza, la vita individuale
deve fissarsi in una forma, dalla quale
però viene arrestata. La vita è istinto,
sentimento, fantasia, passione, un flusso interiore mutevole e vario; la forma è
invece morale comune, convenzioni soLa realtà:
unmagma'
caotico
cìalì, gli ideali, le finzioni che ci creiamo: tutto ciò è determinazione, immobilità, ragg
mento del flusso, morte della vita. «Ma dentro di noi stessi, in ciò che noi chiamiamo
e che è la vita in noi, il flusso continua, indistinto, sotto gli argini, oltre i limiti che noi
poniamo, componendoci una coscienza, costruendoci una personalità» (dall'Umorismo). ~
vivere in società e darsi una consistenza l'individuo deve indossare una "maschera", anzi
verse maschere, a seconda dei ruoli o delle circostanze .
L'alienazione
e l'oltre
Le Maschere
nude
Ipersonaggi
piranclelliani
La crisi
dei valori
666
• Ne deriva un penoso senso di strozzatura di vita, e di inganno al quale il personaggi
randelliano reagisce o adeguandosi, come Chiàrchiaro, protagonista della novella La p
te, o tentando vanamente di ricostruirsi una propria vita, come Mattia Pascal, o rifiutan
società come fa Vitangelo Moscarda in Uno, nessuno e centomila. In ogni caso nessuno
ge all'alienazione, tutti incorrono nell'incomunìcabìlìtà, e più si agitano più si scavaru
abisso di solitudine, dalla quale li può salvare solo l'''uscita di sicurezza" oltre le fo
nella comunicazione con la natura, nell'abbandono a un "oltre" misterioso e prodigioso
elimina la separazione fra realtà e sogno, fra vita e forma, per immergersi in una dime
ne mitica consentita dalla creazione artistica e dall'abbandono alla fede attraverso l'i
sione nella natura .
r
• Oltre alla maschera che noi indossiamo per noi stessi, illudendoci di costruire la nostra
dividualità, ci sono anche quelle che gli altri ci attribuiscono e che noi dobbiamo indossare.
vogliamo vivere integrati nella società. Coloro che ci vivono intorno, infatti, ci gettano a so ciascuno una maschera che ci classifica, ci incasella, ci imprigiona nella trappola
convenzioni sociali. La prima crudele trappola è la famiglia, cellula della vita associata:
fin dalla nascita, siamo obbligati a sostenere un ruolo. il personaggio che vuole riappro
si della propria libertà e autenticità comincia con lo scardinare proprio l'istituto familiare _
accorgersi poi che fuori di esso e fuori dei ruoli che la società ha costituito non si può «
stere», Si diventa allora forestieri della vita e unicamente spettatori della vita altrui, fi1
di quella filosofia del lontano che è rinuncia alla vita per evitame il dolore. È significativo
Pirandello, raccogliendo in un unico corpus tutti i propri drammi, avesse scelto come unitario: Maschere nude. Tale titolo contiene una contraddizione in termini: la maschera..
fatti, nella convenzione teatrale, è uno schermo imposto sul volto dell'attore perché
meglio rappresentare la sua parte; essa comporta un' operazione di occultamento e di
tura: è impensabile volerla denudare. Ma per Pirandello la maschera non è una conve
teatrale bensì una metafora della condizione esistenziale: denudare le maschere significa
berare i personaggi dalla cristallizzazione della forma per farli vivere di una vita più dol
ma più autentica. Lo strumento di cui l'autore si serve è l'umorismo, cioè quell'attitu penetrare oltre la fittizia apparenza deìla torma per mostrare \?io frantumato e diviso .
• I caratteri del personaggio pirandelliano sono l'esatto contrario di quelli dell'eroe
nunziano: esso è in genere di media estrazione sociale e si porta dentro un senso di
strazione e di vuoto; ha scarsa considerazione di se stesso e non è ben sicuro del suo
lo nella vita sociale perché attraversa una crisi d'identità. Negli ultimi anni della sua vita randello arrivò a comporre novelle surreali, in cui la dissoluzione dell'io è portata alle
me conseguenze. Nella novella Soffio (1931), per esempio, il protagonista si accorge che ~
far morire le persone portando alle labbra il pollice e l'indice della sua mano e soffiand pra; dopo aver provocato centinaia di morti, prova a fare il gesto contro se stesso, gu
dosi in uno specchio e vedendo immediatamente sparire la sua immagine riflessa: la
ta dell'immagine equivale alla perdita dell'io. Spesso l'autore caratterizza i suoi personaggi
traverso vistosi difetti fisici o tic nervosi che simboleggiano una sofferenza interi
l'avversione nei riguardi della "trappola" del proprio corpo.
• Pirandello, assieme a Italo Svevo (vedi p. 739), rappresenta la crisi dell'uomo mo
che ha visto crollare tutti i valori della civiltà borghese ottocentesca, senza poter gi
ad elaborarne di nuovi.
Voce isolata e inquietante nel panorama letterario del tempo, oscurato dalla personalità
Sezione 2. Tra le due guerre
raggela-
D'Annunzio, egli è il testimone dell'irriducibile infelicità dell'uomo, che è solo, con la sua pena di vivere in un mondo oscuro e indecifrabile.
Originale prodotto della sua riflessione intorno al rapporto tra l'uomo e il mondo che lo circonda è la cosiddetta "Ianterninosofìa", esposta da Anselmo Paleari a Mattia Pascal.
Gli uomini, rispetto alle altre specie viventi, che vivono e non si vedono vivere, hanno il triste privilegio di «sentirsi vivere», cioè di accorgersi di essere viventi. Essi usano questo sentimento della vita come strumento per conoscere il mondo esterno, illudendosi di riportarne una conoscenza oggettiva; in realtà il sentimento della vita è diverso per ciascuno di noi,
e quindi noi ci facciamo del mondo esterno un'idea del tutto soggettiva.
li nostro sentimento della vita è paragonabile a un lanternino colorato, che noi ci portiamo
appresso e che diffonde intorno un così debole chiarore, da far apparire minaccioso il buio
al di là del breve cerchio della sua luce. Noi alimentiamo i nostri lanternini ai grandi lanternoni delle fedi e delle ideologie; poi, quando nei periodi dei grandi mutamenti i lanternoni
cadono, vaghiamo come lucciole senza sapere dove indirizzarci. Finalmente la morte, spegnendo i nostri lanternini, ci ricongiungerà con l'essere indistinto. Noi, dunque, abbiamo
strumenti inadeguati di conoscenza: da essi ricaviamo non chiarezza di idee, ma senso di
smarrimento per tutto il buio che ci circonda.
Lo stile
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• Per quanto riguarda lo stile, Pirandello si propose di giungere a uno stile di cose e non di
parole. Lo realizzò con la rinuncia a tutti gli espedienti della retorica ottenendo una lingua
molto vicina al parlato, ancora una volta in antitesi con le scelte dannunziane.
Pirandello scrisse un limitato numero di saggi, che sono però importanti per capire le sue
opere e le scelte linguistiche. In due articoli scritti nel 1890, Prosa moderna e Per la solita
questione della lingua, egli si fa sostenitore di una lingua nazionale e non toscana, che attinga liberamente ai vari dialetti. Nel 1893 scrisse un breve saggio intitolato Arte e conoscenza
oggi, in cui rifiuta sia lo scientismo sia lo spiritualisrno, gli opposti orientamenti della cultura contemporanea, e analizza lo smarrimento dell'uomo, consapevole di non essere più il
centro dell'universo. Nel 1908, oltre all'Umorismo, pubblicò una raccolta di saggi scritti precedentemente, Arte e scienza, in cui si esprime contro il materialismo e in genere contro le
forme d'arte che danno una visione unitaria e definita dell'uomo.
Novelle, romanzi, saggistica
Le novelle
• Per tutto l'arco della sua vita, Luigi Pirandello compose novelle che pubblicava su varie riviste e che periodicamente raccoglieva in volume. li primo volume, dal titolo Amori senza
amore, apparve nel 1894; ne seguirono poi molti altri, finché nel 1922 l'autore ebbe l'idea di
raccogliere tutto il materiale novellistico sotto l'unico titolo di Novelle per un anno. Nell'edizione definitiva del 1932 le novelle sono 255, alcune di ambiente siciliano, che hanno per
protagonisti i contadini, e altre ambientate a Roma, che rappresentano il ceto della borghesia impiegatizia. Appaiono invece attraversate da motivi irrazionalistici le cosiddette
novelle "surreali", confluite nelle tarde raccolte Berecche e la guerra (1934) e Una giornata
(1937). In linea con un atteggiamento che caratterizza tutta l'ultima fase della produzione pirandelliana, dalla prosa al teatro ("teatro dei miti"), in esse predomina un'atmosfera onirica e fìabesca, analoga a quella che si respira nella coeva letteratura surrealista (vedi p. 487).
L'esclusa
• li primo romanzo, pubblicato inizialmente con il titolo di Marta Ajala (1893), poi L'esclusa, può sembrare una storia della provincia siciliana, arretrata e ancorata ai suoi tabù, ma è,
invece, un'indagine sulla psicologia della protagonista, non tanto esclusa dalla società
per la sua colpa, ma esclusa dalla vita per la sua incapacità di vivere e di amare.
Nel romanzo, Pirandello anticipa certe soluzioni del grottesco, una particolare deformazione della realtà per cui si piange di ciò che dovrebbe far ridere e viceversa (il grottesco ebbe un momento di grande favore nel teatro degli anni della prima guerra mondiale). La protagonista è dapprima cacciata di casa anche se innocente, quindi riaccolta amorevolmente
benché colpevole.
Modulo 15
LuigiPirandello
• Anche il secondo romanzo, n turno (1895), presenta situazioni comico-grottesche, che
servono a gettare discredito sul matrimonio e sulla famiglia, i pilastri della concezione borghese della vita: Pepè Alletto è innamorato della giovane Stellina, ma il padre di lei le fa sposare un vecchio e ricco signore nella speranza che muoia presto e lasci a Stellina il suo patrimonio. il vecchio sposo, però, non muore e si ricorre all'avvocato per ottenere la separazione. A questo punto Stellina deve sposare l'avvocato che muore d'infarto; viene così il turno di Pepè. il romanzo rappresenta una critica alle convenzioni sociali attraverso moduli
comici e affronta il tema del conflitto tra matrimonio d'amore e matrimonio d'interesse.
Il fu Mattia
Pascal
• il terzo romanzo, Il fu Mattia Pascal, uscito nel 1904, a ridosso di una crisi personale e familiare, costituisce una svolta nella narrazione pirandelliana. In esso, infatti, viene già applicata la poetica dell'umorìsmo, che sarà esposta nell'omonimo saggio pubblicato quattro
anni dopo; inoltre vi compaiono i temi caratteristici dell'arte pirandelliana: il "doppio", il
problema dell'identità, la dissoluzione dell'io, motivi che verranno ripresi con esiti diversi
nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore e in Uno, nessuno e centomila, con i quali Il fu
Mattia PascaZforma una specie di trilogia.
In questi tre romanzi Pirandello adotta una serie di tecniche strutturali e formali che contribuiscono ad apparentarli: la prospettiva del FLASHBACK, la narrazione in prima persona, la
diversificazione fra l'io narrante e il personaggio, il conseguente passaggio dal piano temporale del passato con cui racconta a quello del presente con cui esamina e discute, coinvolgendo spesso il lettore, infine il linguaggio che assume una caratteristica teatrale per la presenza del monologo interiore del protagonista, di interrogazioni, di esclamazioni, di riflessioni, di
espressioni colloquiali. Con queste innovazioni tecniche Pirandello supera la concezione del
romanzo tradizionale ed introduce nella letteratura italiana il romanzo di analisi, una sorta di antiromanzo di formazione, nel quale non è possibile alcun svolgimento.
La strana vicenda del Fu Mattia Pascal viene esposta quando i fatti sono già avvenuti e Mattia Pascal affida le sue memorie, su consiglio dell'amico don Eligio Pellegrinotto, a un manoscritto, con la disposizione di leggerlo dopo la terza, ultima e definitiva morte. Attraverso
questa angolazione retrospettiva il protagonista del romanzo ripercorre il proprio tentativo di sottrarsi ad una condizione di vita alienata, nella quale si era cacciato da inetto, e di costruirsi una nuova identità, inaccettabile dalle regole della vita sociale. La vita non consente ritorni: egli resta sospeso in una condizione di non vita, una specie di limbo, in attesa di
"non essere" più definitivamente. Si tratta di un finale umoristico, senza conclusione,
guardato con quella pirandelliana "filosofia del lontano" che consente la saggezza disincantata del distacco, ma suscita anche la pena di una sconcertante perplessità.
C:lialtri
romanzi
• Fra il 1904 e il 1915la scrivania di Pirandello è un vero e proprio "laboratorio di scrittura". Oltre a comporre novelle, stende il saggio sull'Umorismo, lavora ad intermittenza su
quattro romanzi: I vecchi e i giovani, Suo marito, Si gira... (poi Quaderni di Serafino Gubbio
operatore) e Uno, nessuno e centomila. Mentre questi ultimi due sono romanzi umorìstìcì,
i primi si ricollegano più ai modi della narrazione realistico-sociale.
Suomamo
• Nel 1911 uscì Suo marito, che venne poi ritirato dalla circolazione per le polemiche suscitate da presunte identificazioni della protagonista con la scrittrice Deledda. Seguirà una
tarda redazione (pubblicata nel 1940) con il titolo Giustino Roncella nato Boggiòlo. il romanzo è imperniato sul contrasto fra la creatività artistica della scrittrice Silvia e il marito
che intende fare dei suoi romanzi dei prodotti economici da mercato.
I vecchi
e i giovani
• Nel 1913 fu pubblicato il complesso romanzo I vecchi e i giovani, nel quale la narrazione
ha in parte le caratteristiche del romanzo storico-sociale, in parte quelle del romanzo umoristico. Le vicende si svolgono tra la Roma degli scandali bancari del 1893, e la Sicilia della
rivolta dei Fasci siciliani del 1894. Ha come tema il fallimento sia dei "vecchi" che avevano fatto la nuova Italia tradendo gli ideali risorgimentali, lasciandosi coinvolgere dalla corruzione, sia dei "giovani" che cercavano di contrapporsi all'ipocrisia degli uomini di potere attraverso velleità rivoluzionarie, ma incapaci di azione efficace. I personaggi, che dall'u-
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.....,._-~~
668
Sezione 2. Tra le due guerre
na e dall'altra parte vogliono salvare la propria dignità morale, sono vinti e travolti dagli
eventi di una storia che essi non capiscono. Per questo pessimismo I vecchi e i giovani
sono stati definiti un "romanzo antistorico" (Spinazzola), da collocare fra I Viceré di De Roberto (1894, vedi p. 65) e Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa (1958, vedi pp. 1099 s.).
Quademi
di Serafino
Gubbio
operatDre
Uno, nessuno
ecenfomila
Il saggio
L'umorismo
• Nel 1915 apparve a puntate sulla "Nuova Antologia" il romanzo Si gira ... , poi intitolato
Quaderni di Serafino Gubbio operatore. In esso Pirandello prosegue la destrutturazione
del romanzo iniziata con Il fu Mattia Pascal: già il titolo "Quaderni" riconduce a una struttura diaristica che comprende narrazioni, anticipazioni, racconti nel racconto, ritorni all'indietro, monologhi. il protagonista si presenta nell'atteggiamento di chi, estraniato dalla vita, come Mattia Pascal, la studia per cercarvi invano un senso. La vicenda è scritta in prima persona dall'operatore cinematografico Serafino Gubbio che, dopo aver filmato con la
sua macchina da presa la scena terribile dell'incidente occorso ad un attore sbranato da una
tigre, rimane muto. Con il suo monologare il protagonista fa un'analisi impietosa della civiltà della macchina, in contrapposizione al Futurismo, incapace di qualsiasi proposta.
La fine della storia di Serafino Gubbio, analoga a quella di Mattia Pascal, è quella di un intellettuale "senza qualità", degradato alla pura mansione tecnica di registrare meccanicamente la vita, senza possibilità di scampo dall'alienazione dominante, ridotto all'impossibilità di dire, simbolo dell'indifferenza dell'uomo moderno.
• Uno, nessuno e cento mila è il romanzo più "filosofico" di Pirandello, frutto di una lunga
elaborazione che va dal 1909 alla pubblicazione avvenuta nel 1925-26. In esso si distende
l'intera parabola della concezione di vita dell'autore, dal determinismo sociale, al relativismo conoscitivo, al mito surreale di un misticismo naturalistico.
Protagonista e voce narrante è Vitangelo Moscarda, il quale, in una serie di capitoletti di riflessione sui fatti e sui modi di vita convenzionali, percorre un itinerario di liberazione.
Come Mattia Pascal si ribella all'identità che gli altri gli hanno attribuita: non si riconosce nel
proprio corpo, non accetta l'opinione che la moglie ha di lui, rifiuta l'accusa di usuraio che
il paese gli ha addossato, si sottrae alla potestà patema e a quella dell'amministratore. Mentre Mattia Pascal tenta la propria affermazione in modo passivo, cercando di approfittare di
un caso fortuito, Vitangelo Moscarda si fa protagonista attivo e consapevole della propria
liberazione; mentre Serafino Gubbio si estranea dalla vita arroccandosi in una distaccata
posizione critica, Vitangelo Moscarda scopre la vita autentica attraverso la fuoruscita dalla forma, l'auto esclusione dalla società per immergersi nella vita della natura in campagna. In quest'adesione all'indistinto naturale consiste l'esito positivo della ricerca, che fa
di Moscarda il capofila di un'umanità nuova che si affermerà nei personaggi della terza fase della creazione pirandelliana.
• Un'importante chiave di lettura della poetica pirandelliana è fornita dal saggio L'umorismo
(1908), in cui l'autore definisce questo particolare genere di scrittura come la manifestazione del «sentimento del contrario»: di fronte alla realtà, alcuni scrittori non si limitano a vedeme il lato comico, a rideme. Essi sono capaci di riflettere su quello che accade, in particolare sui comportamenti umani, e di comprendeme i motivi nascosti, spesso dettati dalla
sofferenza o da altri sentimenti. Attraverso questa analisi, ciò che era semplicemente comico si trasforma in umoristico (vedi p. 671).
La rivoluzione teatrale
Il superamento
del teatro
naturalistico
•
Modulo
15
• La vocazione teatrale di Pirandello fu precocissima, ma, come abbiamo visto, i suoi drammi non furono subito accettati dalle compagnie che, nell'ultimo decennio dell'Ottocento e
nel primo del Novecento, mettevano in scena principalmente commedie borghesi di ispirazione realistica. Negli anni della prima guerra mondiale avvenne il superamento di questa
forma di teatro grazie a tre diversi generi:
LuigiPirandello
~-
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• il teatro sintetico futurista, che mette in scena pièces brevissime (sintesi), in cui talvolta
il testo è addirittura assente;
• il teatro del grottesco che, presentando situazioni paradossali, vuole far ridere di ciò per
cui di solito si piange e viceversa;
• il teatro umoristico pirandelliano .
Il teatro
dialettale
Il relativismo
conoscitivo
in Così è
(sevipare)
• Lesordìo di Pirandello come drammaturgo avvenne nell'ambito del teatro dialettale: per
il teatro siciliano di Angelo Museo, attore esuberante, egli scrisse commedie e atti unici che
quasi contemporaneamente erano recitati anche nella versione in lingua italiana (Pensaci
Giacominof, Liolà, La giara, La patente, n berretto a sonagli, ecc.). Ma la vera rivoluzione teatrale iniziò con i drammi che vertono sulla rappresentazione diretta della tragedia del personaggio, creatura dolente, tragica ma anche comica, che ha un dramma da sopportare,
sviscerato con gli strumenti della dialettica e dell'umorismo .
• In Così è (se vi pare) del 1917, il cui soggetto è preso dalla novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero, Pirandello mette in scena il consueto salotto borghese, ma il dramma che vi si svolge non ha niente di naturalistico: sulla scena, che il critico Giovanni Macchia ha definito «la stanza della tortura», si svolge un'inchiesta, un'indagine, un processo:
il protagonista è come un personaggio martirizzato. Egli è portatore di una tragedia, di
una sventura di cui non vuol parlare, mentre tutti si accaniscono contro di lui perché vogliono sapere la verità. Ma la verità non esiste in assoluto, esistono tante verità quanti sono i punti di vista.
È la stessa concezione della vita che Pirandello, giovanissimo, espresse in una lettera inviata alla sorella in cui scrive che la vita si presentava ai suoi occhi come «una grande pupazzata», cioè come una grande recita, in cui tutti hanno la loro parte.
• Ma se ognuno recita la sua
parte, come del resto tutti gli
altri, ogni tentativo di strapparsi la maschera per vivere una vita più autentica finisce in un fallimento, in quanto la società
punisce con l'emarginazione chi rifiuta i
suoi canoni di normalità.
Tale rifiuto fa scoprire «il vuoto strano ...,
un vuoto interno che si allarga, varca i limiti del nostro corpo, diventa vuoto intorno a noi... Maschere, maschere» (Umorismo). Noi siamo dunque maschere, e per
vivere accettiamo i condizionamenti che la
società ci impone, dai quali solo la follia
potrebbe veramente liberarci.
Vita e teatro
LA POETICA DI PIRANDELLO
Superamento della visione del mondo
e degli schemi narrativi veristi
Incomunicabilità
Realtà soggettiva, multiforme,
inafferrabile, inconoscibile
Relativismo conoscitivo
Alienazione
Personaggi analizzati
nella loro vita psichica
Crisi d'identità
Follia
• La follia rappresenta 1'esito
finale della disgregazione
dell'io, uno stato di grazia in cui finalmente si vive senza «vedersi vivere», liberi
da ogni maschera e da ogni condizionamento. Questa problematica, affrontata da
Pirandello anche nelle novelle e nei romanzi, si impone con maggior evidenza
nelle opere teatrali: quando il dramma ha
inizio, il personaggio è in crisi, gli è accaduto qualcosa di terribile che non vuole rivelare ma che ha minato la compattezza
del suo io, dandogli un senso di estraneità
La
La famiglia
Le convenzioni sociali, cioè le trappole
Il lavoro
La società
l'Immersione
nel flusso vitale
della natura
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-
..
-....:-~•..,.,~:
...•
Sezione 2. Tra le due guerre
follia
regista
attori
Enrico IV
rispetto alla vita e agli interessi degli altri.
Su questo infelice personaggio si accanisce
la curiosità degli astanti, che vogliono a
tutti i costi sapere, per incasellarlo nelle loro categorie precostituite.
La necessità della maschera, il vano tentativo di strapparsela, la verità secondo il
punto di vista di ciascuno, sono tutti temi
di impatto fortissimo sulla scena, in cui
spesso viene introdotto un personaggio
(portavoce dell'autore) che, col suo implacabile ragionare, demolisce le rassicuranti
e banali certezze degli altri.
• il 1922 fu l'anno di un altro grande capolavoro, Enrico IV, moderna tragedia della follia,
tema ricorrente nell'autore. Nel dramma, la follia è descritta nel suo aspetto ambiguo: ora è
vista come un pericolo che mina la debole struttura psichica dell'uomo, ora come soluzione di ogni conflitto, condizione di vera autenticità in cui l'uomo è finalmente spoglio di tutte le maschere.
• La trilogia del "teatro nel teatro" (Sei personaggi in cerca d'autore, Ciascuno a suo modo e
Questa sera si recita a soggetto) rispecchia, come abbiamo detto, il conflitto tra attori e personaggi, tra attori e spettatori, tra attori e regista. È la novità di Pirandello: non limitarsi
a «rappresentare» un soggetto, ma «fare» il soggetto, cioè costruire l'azione scenica coinvolgendo gli spettatori e facendoli partecipi della sua realizzazione. Sulla scena, infatti, gli attori
non solo interpretano un soggetto, ma interpretano se stessi mentre "costruiscono" quel soggetto e ne discutono con il regista, con i personaggi reali e con gli stessi spettatori. La definizione di metateatro sta quindi a significare uri tipo di teatro in cui si affrontano i problemi e le tematiche del teatro stesso.
Ciascuno
a suo modo:
la realtà
copia
il teatro
Questa sera
siredtaa
soggetto:
l'immortalità
della realtà
Modulo
15
• Ciascuno a suo modo (1924) comincia già all'ingresso del teatro; dove viene distribuito al
pubblico un opuscolo che spiega il soggetto della commedia, ispirato a un fatto di cronaca:
lo scultore La Vela, innamorato dell'attrice Mareno, si è ucciso quando ha scoperto che l'amata lo tradiva col barone Nuti. Sulla scena lo scultore si chiama Salvi, l'attrice Morello e il
barone Rocca. Nella ricostruzione scenica si hanno discussioni fra gli attori sulla responsabilità della Morello nel suicidio di Salvi e, mentre Doro Palegani la difende, Francesco Savio
le addossa tutte le responsabilità; ne nasce un tale contrasto che i due si sfidano a duello.
Intanto la Morello e Rocca che, dopo il suicidio di Salvi, non si erano più visti, si incontrano in casa di amici e si confessano il reciproco amore che avevano cercato di nascondere. Su
questa scena termina l'episodio ma non il dramma: la vera attrice Mareno e il barone Nuti,
che assistevano alla rappresentazione, si precipitano sul palcoscenico perché si sono riconosciuti nei singoli personaggi e vogliono contestare il finale, ma, presi anch' essi dal vortice
della recitazione, si accorgono che la finzione scenica ha scoperto i loro veri sentimenti e, come gli attori che li rappresentavano, fuggono insieme. La poetica che qui l'autore vuole esprimere si può sintetizzare con l'idea che la realtà talvolta copia il teatro.
• In Questa sera si recita a soggetto (1930), il regista Hinkfuss propone una recita «a soggetto» sulla trama di una novella pirandelliana; gli attori accettano, ma si rifiutano di recitare il dramma come vuole il regista: non vogliono essere delle marionette, ma vogliono recitare guidati dalla passione. Nasce sulla scena un conflitto, ma la spuntano gli attori.
Questa è la trama da rappresentare: Nico Verri ha sposato Mammina, una ragazza che, insieme con le tre sorelle, si era data alla bella vita con gli ufficiali. Nico è geloso e, pensando
al passato della moglie, la obbliga a trascurarsi e a stare sempre chiusa in casa, ignorando
ogni svago. Un giorno arriva in città una delle sorelle, divenuta cantante, per esibirsi nel TroLuigiPirandello
vatore di Verdi. Mommina, quando sa la notizia, ripensa alla sua giovinezza, a quando ai::
dava a teatro ed era felice, e racconta alle sue bambine di quei tempi e del contenuto dell'
pera; anzi, canta loro alcuni brani dell'opera, fra cui «Leonora addio». È tanta la passione
cui Mommina canta, che cade morta. Anche nella ricostruzione scenica è tale la passio
con cui la prima attrice interpreta Mommina, che si sente male davvero, ma il regista è tri
fante: lo spettacolo è tanto più vivo e riuscito quanto più gli attori si sono compenetrati
la loro parte, rendendola maggiormente verosimile. Il principio che l'autore vuole affe
re è quello che gli attori sulla scena rendono immortale la realtà .
""teatro
dei miti"
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• Lultima stagione creativa di Luigi Pirandello è rappresentata dal "teatro dei miti",
me lui stesso volle defìnirlo, una trilogia (La nuova colonia, 1928; Lazzaro, 1929; I giganti
la montagna, cominciato nel 1930 e pubblicato postumo nel 1938) in cui l'autore tenta
fondare valori, di dare soluzioni ai problemi dell'uomo che sono da ricercarsi nella vita
munitaria, nella religione e nell'arte. Per prospettare queste soluzioni, Pirandello non
bienta più le vicende nel consueto mondo borghese, ma nel mondo primitivo (mitico)
contadini e dei pastori, o addirittura in una villa degli incantesimi, dove i sogni si rea'
no per la sola energia del pensiero, senza passare attraverso la materia. Nel mondo sto non ci sono soluzioni: bisogna trasferirsi in un "oltre" utopico per poter credere in qua
che valore che dia senso alla misera vita dell'uomo.
Pirandello e il suo tempo
l!ETÀ DELLE AVANGUARDIE
SFONDO STORICO
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di fine
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Il Regno d'Italia è attraversato da profonde tensioni sociali (crisi di fine secolo)
Periodo dei governi Giolitti: liberalismo e alcune riforme sociali
Partecipazione italiana alla prima guerra mondiale
Insoddisfazione italiana per i trattati di pace e crisi economica
Nascita del fascismo e instaurazione della dittatura
OCIETÀ E IDEALI
lElTERATURA DELLA "CRISI"
• Influenza iniziale del Verismo e poi abbandono delle strutture narrative del romanzo e del teatro ottocenteschi
• Monologo interiore
• Personaggi con crisi d'identità
• Influenza della narrativa surrealista
• Critica al Positivismo
• Crisi dei valori borghesi
• Relativismo della conoscenza
• Crisi dell'uomo moderno che non è più sicuro della p
identità
Luigi Pirandello (1867-1936)
• Novelle
per
un
anno
(1922-36): l'intera raccolta delle novelle, da quelle
influenzate dal Verismo
a quelle incentrate sulla
perdita d'identità
• Berecche e la guerra (1934)
• Una giornata (1937): raccolta di novelle che, in linea con la letteratura
surrealista,
presentano
motivi irrazionalistici e
fantastici
ROMANZO
iTEATRO
• L:es!iusa (1893) e Il turno (1895): criti-
• Il teatro dialettale
• Così è (se vi pare) (1917), Il piacere dell'onestà (l
giuoco delle parti (1918): relativismo conoscitivota si presenta come una grande recita e ogn dossa una maschera
• Enrico IV (1922): tragedia della follia, vista com:
co mezzo per liberarsi dalla "maschera" e dai
zionamenti imposti dalla società
• Sei personaggi in cerca d'autore (1921), Ciascun
modo (1924), Questa sera si recita a soggetto (19r
logia del "teatro nel teatro", o metateatro
• La nuova colonia (1928), Lazzaro (1929) I gigan:
montagna (1938): "teatro dei miti"
ca delle convenzioni sociali
• IIfu Mattia PascaI (1904): compare la
crisi d'identità del personaggio e la
sua rinuncia alla vita
• Giustino Roncel/a nato Boggiò/o (1911):
crisi femminile
• I vecchi e igiovani (1913): conflitto generazionale
• Quaderni di Serajìno Gubbio operatore (1915): condanna della tecnologia
• Uno, nessuno e centomila (1926): crisi d'identità
del protagonista
Sezione 2. Tra le due guerre
e follia
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