O S T E O PAT I A A cura di Pasquale Loperfido * Le catene muscolari (Seconda parte) Un movimento, anche il più semplice, racchiude innumerevoli combinazioni muscolo-scheletriche. a definizione “catena muscolare” è entrata nel lessico dei fisiatri, dei terapisti della riabilitazione, dei cinesiologi e di quanti si interessano alle tecniche di rieducazione muscolare e posturale. Il precursore del concetto di catena cinetica è stato Reuleaux (1875), il quale si riferiva a un sistema meccanico di segmenti, dove il movimento di un segmento ha determinati rapporti con ogni altro segmento del sistema. Nell’analizzare un movimento anche molto semplice, le combinazioni sono innumerevoli perché si devono prendere in considerazione tutti i muscoli che vi prendono parte e il loro stato di maggiore o minore tensione all’inizio del movimento. È importante precisare che, per poter mettere il muscolo in uno stato di minore tensione, l’avvicinamento dei capi di inserzione deve essere compiuto in modo passivo o, quanto meno, senza l’intervento del muscolo stesso altrimenti, pur essendo prossimi i capi di inserzione, andranno in contrazione anche le fibre muscolari che li uniscono. Baeyer (1924) ha definito per primo il “sistema articolare cinematico” quindi non più segmenti anatomici semplici e articolati tra loro, ma segmenti facenti parte di un sistema più complesso: la catena muscolare. La catena cinematica reagisce complessivamente a resistenze esterne, il loro superamento mediante l’attività corporea si attua a livello delle rispettive catene. Le resistenze esterne di cui La catena di apertura pugliasalute parla Baeyer possono essere: il terreno, oggetti ed utensili tenuti in mano, pareti, ostacoli, etc. Per quanto riguarda le resistenze offerte dal terreno, considerando la forza di gravità che ci attira su di esso, rinviano al corpo delle vere e proprie sollecitazioni che consentono alle forse muscolari di produrre i propri effetti. Per quanto riguarda gli aspetti biomeccanici del nostro apparato muscolo-scheletrico, possiamo dire che l’unione di più membri ottenuti con coppie cinematiche determina: 1) una catena cinetica muscolare aperta quando il sistema presenta l’estremità distale libera. Esempi: l’arto inferiore durante la deambulazione nella fase oscillante; l’estensione della gamba in posizione seduta; muovere l’arto superiore per lanciare un oggetto e così via. 2) una catena cinetica muscolare chiusa quando l’estremità distale del sistema è fissa, al contrario della prossimale che è libera di muoversi durante l’atto motorio. Esempi: l’arto inferiore nella deambulazione nella fase di carico; gli arti superiori che spingono contro una parete; gli arti inferiori in un individuo che solleva un peso da terra. Abbiamo anche una catena cinetica muscolare frenata quando la resistenza esterna distale della stessa è inferiore al 15% della resistenza massimale che essa riesce a spostare; in questa condizione la catena risulta aperta o poco frenata, se invece tale resistenza supera il 15% la catena è chiusa o molto frenata. Una vera catena cinetica La catena di chiusura - quarantacinque - dicembre 2004 A cura di Giuseppe Palaia * Il fitness oggi Per prevenire i danni della vita sedentaria N La catena statica La catena di Flessione Estensione chiusa esiste solo durante un esercizio isometrico, poiché durante tale esercizio né il segmento prossimale né il segmento distale modificano la propria posizione nello spazio. Da quanto detto è chiaro che le possibilità di movimento di solito sono più estese e dinamiche in catena aperta e più stabilizzanti e statiche in catena chiusa. Una conseguenza biomeccanica rilevante tra le due catene è che la funzione cinesiologica di uno stesso muscolo può variare, anche diventando opposta, a seconda che questo sia inserito in una catena cinetica aperta o chiusa. Un esempio: in posizione accovacciata (catena chiusa), nel tentativo di riguadagnare la posizione eretta, il soleo estende la tibia, i due gemelli trascinano indietro i condili femorali, gli ischio-crurali estendono l’anca e trazionano posteriormente il piatto tibiale; pertanto, i gemelli e gli ischio-crurali (flessori del ginocchio in catena aperta) diventano in catena chiusa agonisti del quadricipite. La spiegazione di questi principi, ovviamente, ha condizionato le La catena statica posteriore modalità dell’esercizio terapeutico in riabilitazione ortopedica. Su quanto esposto bisogna fare una riflessione, non dimentichiamo che questi percorsi non presentano solo un aspetto biomeccanico, ma sono il risultato di un lento e graduale sviluppo neurofisiologico che ha portato l’uomo a raggiungere traguardi sempre più lontani. *Osteopata – Posturologo Osteopata membro del Registro Osteopati d’Italia pugliasalute elle società che vengono definite più “avanzate", i progressi scientifici e tecnologici hanno portato ad una sempre maggiore automazione della maggioranza dei processi lavorativi ed il “benessere” viene da molti concepito come la possibilità di lavorare senza fare fatica. La conseguenza pratica è che la capacità di lavoro è notevolmente aumentata grazie alle macchine, ma la vita è diventata per molti assai sedentaria. Oggi un magazziniere può sollevare, con un carrello, molte tonnellate nell’arco di una giornata di lavoro, senza un apprezzabile aumento del dispendio energetico al di sopra dei livelli basali. La vita sedentaria ed automatizzata presenta indubbiamente numerosi vantaggi, ma d’altra parte implica alcuni effetti collaterali particolarmente nocivi alla salute. Infatti i danni della vita sedentaria sono a tutti noti: aumento del peso corporeo, diminuita efficienza degli apparati cardiovascolare e locomotore, ipertensione, rischio di infarto, ecc..., il tutto condito con dieta ipercalorica, abitudine al fumo ed all’alcol che aumentano in modo esponenziale il rischio di invalidità permanente oppure di terminare precocemente la propria esistenza terrena. Di fronte a questo stato di cose, i medici ed i ricercatori sono giunti rapidamente alla conclusione che l’esercizio fisico regolare costituisce un fattore protettivo, che contrasta efficacemente lo sviluppo di numerose patologie croniche connesse con la vita sedentaria. Ecco dunque svilupparsi il concetto di esercizio per assicurare il benessere sia fisico che intellettuale (mens sana in corpore sano) e che, nello stesso tempo, ha un effetto preventivo nei confronti delle principali malattie cardiovascolari. Il concetto di fitness o cardiofitness origina da queste considerazioni e soprattutto dall’osservazione che l’esercizio fisico migliora la salute. - quarantasei - dicembre 2004 Fitness infatti significa “buona salute” e “cardio” è l’abbreviazione della parola “cardiorespiratorio”. Quindi buona salute degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio che, in altre parole, vuol dire buona capacità di utilizzare l’ossigeno, poiché questi due apparati hanno principalmente la funzione di assumere l’ossigeno dall’ambiente e di trasportarlo agli organi dove viene utilizzato per produrre energia. Personalmente non mi è mai piaciuto il termine Cardiofitness, poiché può essere fonte di equivoci. Molti infatti considerano il cardiofitness come una disciplina che ha effetti solo a livello cardiocircolatorio e che dovrebbe essere integrata, quanto meno, con il muscolo-fitness, mentre chi ha mal di fegato dovrebbe fare dell’ epato-fitness. A parte gli scherzi, oggi non si può più prescindere da una concezione unitaria dell’organismo umano, secondo la quale i vari apparati sono intimamente collegati tra di loro ed il movimento (l’esercizio) ha effetti complessivi su tutto l’organismo. Quindi: cardiofitness come esercizio per il benessere di tutto l’organismo, superando in questo modo il concetto di benessere tipico della nostra epoca e relegato all’utilizzo delle macchine e quindi alla diminuzione dell’impegno fisico nelle normali attività lavorative. Desidero a questo punto esprimere due concetti fondamentali, che devono essere tenuti ben presenti da quanti si occupano dei vari aspettii del fitness: • il cardiofitness non è uno sport; • il cardiofitness non è una riabilitazione. Il cardiofitness non è uno sport. Infatti le attività sportive come tali non possono prescindere dalla loro peculiare connotazione competitiva. In ogni attività organizzata “sportivamente” a livello professionistico, dilettantistico o amatoriale, il risultato agonistico rappresenta l’obiettivo da raggiungere, in alcuni casi, purtroppo a qualunque costo! Il benessere invece non può essere dipendente dal concetto di competizione. Siti internet: pugliasalute www.abc-fitness.com www.sportmedicina.com www.libridellosport.it Gli obiettivi dell’utente del cardiofitness sono: • stare bene; • migliorare la propria condizione fisica compatibilmente con i malanni che lo affliggono; • prevenire le principali malattie in qualche modo dipendenti dalla vita sedentaria. Non può esserci competizione in questo, ovvero l’atteggiamento competitivo, se proprio deve esserci, è rivolto contro se stessi e l’avversario da battere è solo la propria pigrizia. Vedremo nei capitoli dedicati al cardiofitness applicato a varie forme di patologie, come questo concetto abbia fondamenti teorici ed implicazioni pratiche di capitale importanza. Il cardiofitness non deve essere confuso con la riabilitazione. Per riabilitazione infatti si intende l’insieme delle misure mediche, psicologiche, fisioterapiche e di addestramento funzionale che sono somministrate in modo coordinato ed hanno lo scopo di migliorare o di ripristinare l’efficienza psico-fisica di soggetti colpiti da varie forme di malattia. tale la riabilitazione deve essere controllata unicamente da personale medico, che può avvalersi della collaborazione di personale paramedico specificamente competente. La riabilitazione è quindi una disciplina propriamente medica, che può utilizzare anche l’esercizio aerobico tipico del cardiofitness. Il cardiofitness invece non è una disciplina medica, poiché viene proposto da istruttori qualificati, prevalentemente ad individui sani, o presunti tali, con lo scopo di ottenere un migliore benessere psico-fisico e di prevenire i danni della vita sedentaria. Il cardiofitness possiede dunque alcuni aspetti tipicamente medici legati alla prevenzione, ma non può essere considerato un intervento medico. Tuttavia, in molti casi, che saranno affrontati in appositi capitoli, potrà capitare di operare in palestra su persone affette da varie forme di patologia, quali ad esempio il cardiopatico, il diabetico, ecc.. In questi casi il cardiofitness sarà proposto su indicazione medica, esclusivamente con lo scopo di migliorare la qualità della vita e di attenuare il rischio connesso alla riduzione del movimento. * Responsabile U. O. Medicina dello Sport AUSL BR1 - quarantasette - dicembre 2004