JEAN -L OUIS S KA S.I. Abramo nella tradizione ebraica La figura di Abramo è comune alle tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, islàm e cristianesimo. Esse gli riconoscono un ruolo tutt’altro che marginale, poiché Abramo è riconosciuto come il loro unico antenato. Certamente, il patriarca non è il “fondatore” di queste tradizioni religiose. Sotto tale aspetto, la personalità che ha dato all’ebraismo la sua fisionomia peculiare è Mosè; per l’islàm, si tratta di Maometto e, per il cristianesimo, di Gesù Cristo. Abramo è come la fonte unica di questi tre fiumi, che hanno preso poi ognuno una direzione diversa. Mosè, Maometto e Gesù Cristo sono all’origine dei tratti distintivi di ognuna delle tre religioni monoteiste, e Abramo è il custode della loro memoria comune. Per riprendere un’immagine biblica, Abramo può ricevere alla sua mensa queste tre religioni come i tre ospiti giunti a visitarlo per annunciargli la nascita di un figlio (cfr Gen 18,2.16). Vale la pena dunque interrogarsi per sapere come queste diverse tradizioni religiose hanno visto l’antenato comune. Qui ci limiteremo alla tradizione ebraica che, per ragioni evidenti, riserva un posto unico al suo antenato. La tradizione ebraica, com’è noto, è erede diretta della tradizione biblica1; tuttavia ne sottolinea alcuni aspetti particolari, mentre tace o riscrive altri episodi meno gloriosi. Inoltre, la tradizione ebraica ha voluto “completare” il ritratto biblico di Abramo, seguendo la tendenza di ogni tradizione narrativa. Soprattutto ha introdotto una serie di racconti sugli anni che precedono la “vocazione” del patriarca a 75 anni (Gen 12,1-4), poiché la Bibbia non dice quasi nulla su questa parte della sua vita2. Infine fa pronunciare all’antenato di Israele una serie di discorsi proprio prima della sua morte, secondo il ben noto genere letterario del “testamento”3. La tradizione ebraica è dunque molto ricca ed è certamente impossibile riassumerla in poche pagine. Tuttavia vi si possono distinguere tre tendenze principali: Abramo ha conosciuto e osservato fedelmente la Legge molto prima che Mosè l’avesse proclamata4; assicura e “garantisce” la salvezza a tutti i suoi discendenti, perché ha in qualche modo “meritato” per loro la benedizione nelle 1 Su questo punto cfr J. L. S KA, «L’eterna giovinezza di Abramo», in Civ. Catt. 2000 III 213-221. Per altri dettagli, cfr R. MARTIN-A CHARD , Actualité d’Abraham, Neuchâtel - Paris, Delachaux et Niestlé, 1969, 112-136 (da noi ampiamente consultato per questo articolo); K.-J. KUSCHEL, La controversia su Abramo. Ciò che divide e ciò che unisce ebrei, cristiani e musulmani, Brescia, Queriniana, 1996. 2 L’infanzia di Abramo è il tema, tra gli altri, dell’Apocalisse di Abramo, apocrifo di fine I sec. o inizio II sec. d.C. Per il testo cfr B. PHILONENKO-SAYAR - M. P HILONENKO, «Apocalypse d’Abraham», in A. DUPONT-SOMER - M. PHILONENKO (edd.), La Bible. Écrits intertestamentaires, Paris, Gallimard, 1987, 1691-1730. 3 Basta ricordare che il libro del Deuteronomio contiene quattro discorsi di addio pronunciati da Mosè nell’ultimo giorno della sua vita (cfr Dt 1,1.3). Per Giacobbe cfr Gen 48 – 49; per Davide cfr 2 Sam 23,1-7; nel NT, cfr i discordi di addio di Gesù in Gv 13 – 16. I discorsi di addio di Abramo costituiscono l’oggetto del libro apocrifo dal titolo appunto Testamento di Abramo. Per il testo cfr F. SCHMIDT, «Testament d’Abraham», in A. DUPONT-SOMER - M. PHILONENKO (edd.), La Bible..., cit., 1647-1690. 4 Il testo biblico su sui si fonda tale tradizione è Gen 26,5: «Abramo ha obbedito alla mia voce e ha osservato ciò che io gli avevo prescritto: i miei comandamenti, le mie istituzioni e le mie leggi». * Articolo apparso in La Civiltà Cattolica 2000 IV 341-349. * prove che ha subìto e superato5; è il padre dei credenti, ma anche il primo missionario della fede in un Dio unico e, per questo, diventa il primo vero benefattore dell’umanità. In definitiva la tradizione ebraica cerca anzitutto di esaltare nella figura di Abramo gli aspetti che ne fanno un precursore e un modello per gli ebrei osservanti di tutte le epoche successive. Questo risulta chiaramente da una lettura dei testi sia più antichi sia più recenti. Il libro dei Giubilei 6 La prima parte della vita di Abramo è descritta minuziosamente nel libro dei Giubilei7 e nel Midrash8. Il libro dei Giubilei riprende tutta la storia del mondo dalla creazione (Gen 1) sino all’istituzione della Pasqua (Es 12). L’infanzia e la genesi di Abramo sono esposte nei capitoli 11 – 12 di questo libro apocrifo. Abramo, figlio di Terach, nasce nell’anno 1876 dalla creazione del mondo9, in un’epoca particolarmente critica per l’umanità. Una serie di cataclismi colpiscono infatti il mondo: idolatria, guerre, violenze e anche carestie. A 14 anni (due volte sette!) Abramo scopre la corruzione del mondo e decide di non adorare più i falsi dèi. Interviene contro alcuni uccelli che devastano i raccolti. Tenta di convincere anche il padre ad abbandonare il culto degli idoli, ma invano. Decide allora di bruciare le statue degli idoli. Il fratello Aran cerca di salvarle, ma muore tra le fiamme. Ciò spiega la morte prematura di Aran segnalata dalla Bibbia (cfr Gen 11,28). Terach abbandona allora Ur dei Caldei con tutta la famiglia per stabilirsi a Carran (cfr Gen 11,31). Qui Abramo invoca Dio per sapere che cosa deve fare: se rimanere a Carran o ritornare a Ur. Dio gli risponde con le note parole di Gen 12,1: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò». Il libro dei Giubilei fornisce dunque un contesto alla vocazione di Abramo. In quel momento Dio rivela ad Abramo anche la lingua parlata dai primi uomini al momento della creazione, che è naturalmente l’ebraico. Abramo lascia allora il padre per obbedire all’ingiunzione di Dio (Giub 12). Tra gli episodi o elementi inediti introdotti dall’autore del libro dei Giubilei, occorre segnalarne due più significativi. Al capitolo 16 Abramo istituisce la festa 5 Cfr il testo biblico di Gen 22,15-18, un oracolo di Dio che segue alla prova di Abramo o “sacrificio d’Isacco” (Gen 22,1-14): «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare, la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». Questo testo stabilisce bene un nesso di causa ed effetto tra l’obbedienza di Abramo e il compimento delle promesse: poiché Abramo ha obbedito, Dio si impegna a benedire Abramo e a dargli una numerosa discendenza. 6 Cfr R. MARTIN-A CHARD , Actualité..., cit., 118-122. 7 Scritto ebraico risalente all’epoca asmonea (i Maccabei), cioè al I sec. o forse anche alla fine del II sec. a.C. Per il testo cfr L. FUSELLA, «Il libro dei Giubilei», in P. SACCHI (ed.), Apocrifi dell’Antico Testamento, Torino, UTET, 1981, 270-312. 8 Specialmente il Bereshit Rabba, commento alla Genesi, gli elementi più antichi del quale risalgono ai primi secoli dopo Cristo. 9 Il libro dei Giubilei si interessa in maniera particolare delle date e del calendario liturgico. ebraica dei Tabernacoli (Giub 16), cosa della quale la Bibbia ovviamente non parla, poiché tutte le feste sono istituite da Mosè. Inoltre il libro dei Giubilei sopprime una delle grandi difficoltà del racconto della prova di Abramo (cfr Gen 22,1-19). Secondo questo libro, il principe dei demoni chiamato Mastema scommette con Dio che il patriarca è più attaccato al proprio figlio che al suo Dio. Dio accetta la sfida e così inizia la prova di Abramo (Giub 17; cfr Gen 22,2)10. Il libro dei Giubilei si è ispirato all’inizio del libro di Giobbe (Gb 1,9-12) per interpretare Gen 22. Alla fine del libro, Abramo riunisce figli e nipoti per rivolgere loro le sue ultime raccomandazioni (Giub 20 – 22). Insiste in particolare sul rifiuto dell’idolatria e sulla fedele osservanza della Legge di Dio, in particolare sulla celebrazione delle feste liturgiche. Questi due punti rivestono una speciale importanza per l’autore. Infatti, in un mondo dominato dalla cultura ellenistica, la tentazione del sincretismo era forte e il popolo ebraico doveva lottare per salvaguardare la propria identità. L’autore del libro dei Giubilei omette però una serie di episodi meno gloriosi o più compromettenti della storia del patriarca, come i due episodi in cui Sara è rapita dal Faraone o da Abimelech, re di Gerar (cfr Gen 12,10-20 e 20,1-18), l’intercessione di Abramo in favore di Sodoma (cfr Gen 18,22-33) e la storia di Lot e delle sue figlie (cfr Gen 19,30-38). Il Midrash 11 Il commento midrashico Bereshit Rabba e la tradizione ebraica della Haggadà12 aggiungono alcuni particolari interessanti a ciò che il libro dei Giubilei aveva già detto sulla giovinezza di Abramo: ad esempio, sarebbe nato al tempo di Nimrod, proprio dopo l’episodio della torre di Babele (cfr Gen 11,1-9); Nimrod è ricordato in Gen 10,8 13. Nimrod è un tiranno sanguinario e un astrologo, che viene avvertito della futura nascita di Abramo da numerosi fenomeni celesti, decide di far sopprimere tutti i primogeniti del suo regno, ma Abramo sfugge miracolosamente a tale massacro. Il motivo della “strage dei Santi Innocenti” è quindi universalmente noto, poiché esso è presente pure nei racconti biblici dell’infanzia di Mosè (Es 1 – 2) e di Gesù (Mt 2). Abramo allontanandosi dall’idolatria, il cui culto è promosso da Nimrod, scopre il vero Dio. Le versioni divergono circa il momento, il modo e il motivo di tale conversione. Alcuni ritengono che Abramo abbia fatto questa scoperta giovanissimo, dopo essersi rifugiato in una grotta nel deserto; altri, più numerosi, pensano invece che 10 Troviamo qui una tendenza già presente nella Bibbia. Mentre per 2 Sam 24,1 è Dio stesso che induce Davide a censire il popolo, atto per il quale sarà castigato, il libro delle Cronache, riprendendo lo stesso racconto, dice invece che è Satana e non Dio a prendere l’iniziativa: «Satana insorse contro Israele. Egli spinse Davide a censire gli Israeliti» (1 Cr 21,1). 11 Per il testo del Midrash Rabba, il grande commento midrashico al Pentateuco, cfr, ad esempio, Midrach Rabba, t. I: Genèse Rabba, texte traduit de l’hébreu par B M ARUANI - A. C OHEN-A RAZI, et annoté et introduit par B. MARUANI, Paris, Verdier, 1987; Midrash Rabba. Genesis 1-11, translated by H. F REEDMAN, London, Soncino, 1961 . Per le altre tradizioni midrashiche, cfr soprattutto L. GINZBERG, Legends of the Bible, Philadelphia, The Jewish Publication Society of America, 1975, 86-147. I lavori di Ginzberg sono, in parte, tradotti in italiano: Le leggende degli ebrei, voll. I-III, Adelphi, Milano 1995-1999. Per un riassunto, cfr R. M ARTIN-A CHARD , Actualité..., cit., 122-125. 12 La Haggadà è la tradizione ebraica che si interessa più particolarmente ai racconti biblici, mentre la Halakhà si occupa del commento giuridico della Bibbia. 13 Gen 10,8-9: «Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra. Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice “Come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore”». il padre dei credenti abbia adorato gli astri prima di riconoscere a 48 anni l’unico vero Dio e creatore dell’universo. Chi ha insegnato ad Abramo la vera fede? Alcune tradizioni affermano che l’insegnamento gli è stato trasmesso attraverso la famiglia sin dall’epoca di Noè e di Sem. Altre tradizioni ritengono che Abramo sia giunto da solo alla verità, contemplando il mondo o il cielo14. Comunque sia, una volta convertito, Abramo diventa araldo della vera fede e combatte gli idoli, servendosi di un argomento simile a quello del secondo Isaia (cfr Is 40,19-20; 41,6-7; 44,10-12; 46,6), che mette in ridicolo oggetti che non possono né parlare né agire. Il padre stesso di Abramo, Terach, è costruttore di idoli al servizio di Nimrod e non è troppo incline a seguire il proprio figlio, che distrugge gli idoli, come nel libro dei Giubilei, ma il suo crimine viene scoperto ed egli viene arrestato e gettato in una fornace ardente proprio come Daniele e i suoi compagni (cfr Dn 3). Ma sfugge al castigo ed esce indenne dalla fornace. In alcune leggende interviene l’arcangelo Gabriele per salvare Abramo15. Questa interpretazione si basa di fatto su una lettura “midrashica” di Gen 15,7: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei». Il termine ebraico “Ur” può infatti significare sia la città di Ur (in Caldea), sia la “fornace”. Il racconto apocrifo è dunque fondato su un gioco di parole. Un altro testo ampiamente sfruttato dagli eredi della Bibbia è Gen 22,1-19, la prova di Abramo o la “legatura d’Isacco”16. Come nel libro dei Giubilei, la tradizione postcanonica cerca di spiegare perché Dio metta Abramo alla prova (cfr Gen 22,1). Il modello è sempre il libro di Giobbe (cfr Gb 1 – 2): è il principe dei demoni, Mastena, o il satana (cfr Gb 1,6 e passim) o angeli invidiosi del patriarca che ne mettono in dubbio la fedeltà e la dedizione al vero Dio. Durante la prova, Satana interviene a più riprese per far fallire il patriarca. Sotto le spoglie di un vegliardo si avvicina ad Abramo, interpella padre e figlio, giunge sino a rivelare a Sara che Abramo va a sacrificare il loro unico figlio. Tutti i suoi sforzi però, com’era da aspettarsi, sono vani. La tradizione ebraica innova anche su un altro punto essenziale. Gli esegeti amano sottolineare quanto sobrio e succinto sia lo stile del racconto biblico di Gen 22. Ad esempio, in occasione del sacrificio, padre e figlio rimangono completamente in silenzio (cfr Gen 22,9-10). Nel Midrash, invece, Abramo avverte il figlio che prontamente acconsente di essere sacrificato per poter ottenere al popolo di Israele la benedizione promessa da Dio. Anzi, Isacco stesso chiede di essere saldamente legato (di qui il titolo “la legatura d’Isacco”) per essere immolato al primo colpo. Infatti, se il padre lo avesse soltanto ferito, Isacco sarebbe divenuto inadatto per un sacrificio rituale, poiché la vittima dev’essere senza difetti, e una ferita era considerata come un difetto (cfr Lv 1,3; 3,1.6; 22,21-22). L’obbedienza di Abramo trova il suo equivalente nella disponibilità e nella sottomissione del figlio. Il loro atto meritorio è una garanzia per tutte le generazioni future del popolo d’Israele. È possibile, del resto, che vi sia stato un influsso reciproco tra la teologia cristiana della redenzione 3 JEAN-LOUIS S KA S.I., Abramo nella tradizione ebraica 14 Per i dettagli, cfr L. GINZBERG, The Legends of the Jews, Philadelphia, 1909, 186-190. Abramo è presentato come modello a tutti gli ebrei che vivono nella diaspora e che sono chiamati a convertirsi o a ritornare al culto del vero Dio. 15 Cfr ivi, 95. 16 In ebraico ‘aqeda, dal verbo ‘aqad (legare), che del resto appare soltanto in questo passo della Bibbia (Gen 22,9). Su Gen 22 nella tradizione ebraica, cfr F. MANNS (ed.), The Sacrifice of Isaac in the Three Monotheistic Religions, Jerusalem, Franciscan Printing Press, 1995, 185202, con i testi del Targum di Gionata, della Genesis Rabba e dei Pirqe del rabbino Eliezer (cap. 31). 2 legata all’offerta volontaria di Gesù Cristo e la tradizione ebraica che vede nella “legatura d’Isacco” un atto redentore che assicurava la salvezza di Israele. I procedimenti usati dalla tradizione midrashica sono abbastanza chiari: la tradizione ha ripreso alcuni elementi da altri racconti o testi biblici per applicarli ad Abramo. Il suo destino prefigura quello di altri grandi personaggi, come Mosè, Giobbe, Daniele e i suoi compagni. La tradizione riprende anche elementi della predicazione dei profeti, come la polemica del Secondo Isaia contro gli idoli. Lo scopo di tale rilettura è di fare di Abramo un modello per tutti gli ebrei che vivono isolati in un mondo governato da prìncipi “pagani”. Costoro, fautori del culto degli idoli, possono mostrarsi ostili verso i seguaci di altre religioni, giungendo anche a perseguitarli. Del resto, la tradizione dei midrashim vuole infondere ai membri di Israele dispersi nel mondo ellenistico la certezza che essi hanno un avvenire assicurato. Per chi ne dubitasse, sarebbe sufficiente pensare ad Abramo per cambiare idea: la sua obbedienza è la garanzia della sopravvivenza di Israele per sempre. La tradizione Talmud) 17 rabbinica (Mishnà e La tradizione rabbinica posteriore, nella Mishnà e nel Talmud, ha soltanto accentuato ciò che le generazioni precedenti avevano già messo in evidenza. Tra l’altro, essa fa di Abramo un “rabbino” che avrebbe osservato la Legge molto prima di Mosè18. Abramo ha anche fatto il necessario per salvare in anticipo il suo popolo. Così Dio consente al suo popolo di attraversare il Mar Rosso (cfr Es 14) perché Abramo ha spaccato la legna per il sacrificio d’Isacco (cfr Gen 22,3). A motivo di Abramo, Dio ha dato la Legge a Mosè (cfr Es 19 – 24). Dio risparmia il suo popolo che ha adorato il vitello d’oro (cfr Es 32), perché Abramo ha voluto sacrificare il proprio figlio (cfr Gen 22) e per lo stesso motivo Dio impedisce a Balaam di maledire Israele (cfr Nm 22 – 24). Dio accompagna e nutre il suo popolo nel deserto, perché il patriarca ha offerto latte intero e latte cagliato ai suoi ospiti divini (cfr Gen 18,6) e si è comportato in maniera esemplare verso di loro (cfr Gen 18,1-16). Infine Abramo è il primo convertito al vero Dio e il primo missionario. Riceve il compito di ricondurre tutti i pagani al culto del vero Dio. Il suo ruolo universale è ancora sottolineato in un altro modo. Abramo è come la “pietra di fondazione” dell’universo. Dio crea Adamo a motivo dei meriti di Abramo e quest’ultimo è incaricato di espiare la colpa del primo uomo19. Se Dio non manda più il diluvio per distruggere l’umanità perversa, è ancora in considerazione di Abramo. Il suo ruolo in favore dell’umanità è molteplice: egli guarisce i malati, insegna la scienza ai re, guida le navi verso la sicurezza dei porti e ottiene la pioggia per la terra. Ma, in fin dei conti, la vera grandezza di Abramo viene non da lui stesso, ma dalla Torà, la Legge, che egli 17 Per i testi, cfr, ad esempio, The Mishnah , a New Translation, by J. NEUSNER, New Haven, Yale University Press, 1988; Il Talmud, traduzione di A. T OAFF, Roma - Bari Laterza, 1999. Per ulteriori dettagli cfr R. M ARTIN-A CHARD , Actualité..., cit., 125-130. 18 Tale insistenza sulla fedeltà di Abramo alla Legge è da mettere in relazione con il pensiero di Paolo, che vede nel patriarca il padre di quanti sono giustificati mediante la fede e non mediante le opere della Legge (cfr Rm 4,1-25; Gal 3,6-14). Per Paolo, Abramo rappresenta il regime della fede che precede quello della Legge (cfr Gal 3,12.17). 19 Su questo punto cfr san Paolo, che attribuisce tale ruolo a Cristo (cfr Rm 5). JEAN-LOUIS S KA S.I., Abramo nella tradizione ebraica ha osservato scrupolosamente. Proprio perché predecessore di Mosè e fedele osservante dei precetti divini, Abramo è un esempio tanto onorato dalla tradizione rabbinica. Il suo prestigio è di essere una finestra aperta sulla Legge di Mosè. L’ebraismo ellenistico 20 Nell’ebraismo ellenistico, Abramo, più che un “rabbino ante litteram”, è un saggio, un erudito e un filosofo secondo l’ideale greco. Giuseppe Flavio e Filone di Alessandria sono i principali rappresentanti di questa “ellenizzazione” della figura del patriarca. Ma ancor prima di questi due autori, gli ebrei del mondo ellenistico, senza dubbio per rispondere alle sfide di una cultura dominante largamente superiore in molti settori, hanno fatto di Abramo un precursore nel campo delle scienze e della virtù. Abramo è presentato qui e là come il creatore dell’astrologia caldea e il maestro che ha formato i sacerdoti di Eliopoli. Il quarto libro dei Maccabei insiste piuttosto sulla virtù di Abramo, che ha unito ragione e religione secondo l’ideale greco. Egli domina le sue passioni per obbedire alla ragione. Il suo esempio ispira il comportamento della madre dei sette figli martirizzati da Antioco (cfr 2 Mac 7,1-42). Seguendo il modello di Abramo, che non ha esitato a sacrificare il proprio figlio, ella incoraggia i suoi al martirio. Giuseppe Flavio (I sec. d.C.) dedica 11 capitoli del I libro delle sue Antichità giudaiche all’antenato di Israele (I,616)21. Il suo scopo principale è apologetico: vuole dimostrare al mondo ellenistico l’eccellenza delle tradizioni del suo popolo. Ciò consente di comprendere meglio la sua “riscrittura” della Bibbia L’Abramo di Giuseppe Flavio diventa dunque un filosofo e un erudito, impastato di saggezza e di virtù. Abramo diviene monoteista contemplando gli astri: il loro movimento lo convince che essi possono essere guidati soltanto da uno spirito superiore. Giuseppe Flavio fa leva sul grande interesse per l’astronomia che caratterizza il mondo ellenistico dell’epoca, soprattutto in Egitto 22. Inoltre Abramo si rivela un precursore nel mondo delle scienze: insegna l’astrologia e l’aritmetica ai saggi dell’Egitto, mentre ne corregge gli errori23. Anche Filone di Alessandria (I sec. d.C.) dipinge Abramo con i tratti di un filosofo ellenistico24. Il patriarca è un ritratto idealizzato del filosofo ebraico alessandrino. Ciò emerge soprattutto dal De Abrahamo25. Se il filosofo alessandrino concorda con i rabbini nel sottolineare la fedeltà di Abramo alla Legge divina, se ne discosta però, perché per lui tale legge non è anzitutto la Legge mosaica, ma piuttosto la legge naturale iscritta nella natura umana. La legge divina è scoperta attraverso la contemplazione filosofica (cfr ivi, § 60). Secondo i canoni del platonismo, Filone propone spesso un’esegesi allegorica dei testi biblici. Gen 12,1-4, in particolare, descrive, più che una migrazione fisica, un itinerario spirituale che conduce Abramo prima da Ur a 20 Per una sintesi, cfr R. MARTIN-A CHARD , Actualité..., cit., 130-137. Cfr L. M ORALDI (ed.), Antichità giudaiche di Giuseppe Flavio, vol. I: Libri l-X; vol Il: Libri XI-XX, Torino, UTET, 1998. 22 Ricordiamo soprattutto Claudio Tolomeo, astronomo vissuto in Egitto (90-168 d.C. ca.), che fece le sue osservazioni ad Alessandria dal 127 al 141 d.C. 23 Abramo è dunque, come Giuseppe o Daniele, un “saggio” che insegna agli stranieri segreti che essi ignorano. 24 Filone parla di Abramo in diverse sue opere, anzitutto nei due trattati interamente dedicati al patriarca, De Abrahamo e De migratione Abrahami, poi nelle Quaestiones in Genesim, nel De mutatione nominum, nel Quis rerum divinarum heres sit; infine, egli riassume il suo pensiero sull’antenato di Israele nel De Virtutibus. 25 Cfr De Abrahamo, intr., traduction et notes par J. GOREZ, Paris, Cerf, 1966. 21 3 Carran, poi nel deserto (cfr § 67). Abramo infatti si distacca dal mondo sensibile per ritrovare la sua “vera patria”, il mondo delle realtà divine26. Lascia anche il mondo del molteplice per raggiungere l’Uno, che gli appare nella terra promessa a Sichem (cfr §77 s). Il sacrificio di Isacco, sotto la penna di Filone, assume una colorazione stoica. Abramo, infatti, accetta di sacrificare Isacco, il cui nome significa “riso”, che dunque evoca la gioia. Ciò vuol dire, per il filosofo di Alessandria, che il patriarca è pronto a sacrificare tutto a Dio, anche la propria gioia, perché la vera gioia si trova soltanto in Dio (cfr § 202). Tale ritratto ha più di un tratto comune con quello dei “terapeuti” di cui parla il filosofo nella sua Vita contemplativa: essi lasciano le città per vivere nel deserto allo scopo di dedicarsi alla contemplazione dell’unico vero Dio. La visione dell’ebraismo ellenistico è dunque abbastanza diversa da quella del rabbinismo. Tuttavia, tanto per l’uno quanto per l’altro, Abramo, più di ogni altra figura biblica, dev’essere un modello. 26 Il modello è quello descritto da Platone, ad esempio, nel Fedone. L’anima che è esiliata nel corpo conserva il “ricordo” del mondo delle idee e tale ricordo la guida nel viaggio che la fa ritornare nella patria di origine (Fedone, in particolare i cc. 18-21). Si noti come Filone reinterpreti interamente l’esperienza di Abramo secondo le categorie greche del “ritorno”, mentre la Bibbia parla piuttosto di una “partenza senza ritorno” (Gen 12,1-3). JEAN-LOUIS S KA S.I., Abramo nella tradizione ebraica 4