ORIGINE DELL'ATTRITO L'attrito è classificato in: • • • • attrito radente o di strisciamento (è un attrito dinamico, con superfici in movimento) attrito volvente o di rotolamento (è un attrito statico, con superfici tra loro ferme) attrito fluidodinamico o resistenza del mezzo attrito viscoso o attrito interno L'attrito radente si manifesta quando una superficie striscia su un'altra ed è premuta contro di essa. L'attrito volvente si manifesta quando un oggetto rotondo rotola su una superficie. L'attrito fluido si manifesta quando un corpo si muove dentro un fluido, mentre l'attrito viscoso riguarda la resistenza tra le varie parti di un fluido, per esempio dentro un liquido che scorre; la viscosità è ciò che viene spesso confusa con la densità (per esempio l'olio è più viscoso dell'acqua ma è meno denso). Vediamo più in dettaglio l'attrito radente. ATTRITO RADENTE Esaminiamo dapprima come si presenta il fenomeno, poi indaghiamo sull'origine. FENOMENO L'esperienza quotidiana mostra che, se spingiamo un corpo appoggiato su un piano orizzontale con una forza anch'essa orizzontale, il corpo si muove più o meno facilmente a seconda di come è fatto, di quant'è pesante e delle caratteristiche della superficie. Inoltre capita di osservare che dopo un certo sforzo, necessario per far muovere il corpo, questo sembra continuare con maggiore facilità. La forza contro cui spingiamo, l'attrito radente, è dovuta alla rugosità delle superfici, che non aderiscono perfettamente. Anche se appaiono lisce, se le osserviamo al microscopio le vediamo altamente irregolari. In linea di principio possiamo dire che quando spingiamo il corpo, le irregolarità si incastrano e urtano le une contro le altre e l'effetto complessivo è una forza che si oppone al moto. Questo è l'attrito DINAMICO. Quando, invece, spingiamo per muovere il corpo inizialmente fermo, si parla di attrito STATICO, che è superiore a quello dinamico (circa il 50% in più). Se la forza è bassa, il corpo non si muove. Aumentando la forza, ad un certo punto il corpo inizia a muoversi. Questa è la massima forza statica che la superficie riesce ad opporre al movimento. Anche questa forza dipende dalla natura delle superfici e dal peso del corpo. L'origine di questo attrito è nei legami chimici che si formano tra le microasperità delle due superfici. Il fenomeno dell'attrito sia statico, sia dinamico è perfettamente comprensibile se noi esaminiamo la superficie al microscopio. ORIGINE DELL'ATTRITO RADENTE Quando noi appoggiamo un corpo su una superficie, in realtà lo appoggiamo su un certo numero di microasperità. A causa del reciproco contatto queste asperità si deformano schiacciandosi. In parte si deformano elasticamente (cessando il contatto, ritornano alla forma originale), in parte si deformano plasticamente (cessando il contatto, rimangono deformate). In ogni caso, in corrispondenza delle zone di appoggio le superfici si appiattiscono e si crea un piccolissima zona in cui gli atomi o molecole dei due materiali sono realmente a contatto, o meglio a distanza di legame (gli atomi non vengono MAI realmente a contatto). Le dimensioni di questa zona dipendono dall'entità della deformazione subita, la quale dipende dalla forza applicata a tale zona, la quale, a sua volta, si può ritenere pari alla forza totale applicata (N nella figura) divisa per il numero delle zone di contatto. Questa reale forza di contatto è elevatissima e, come detto, dispone gli atomi di un materiale a distanza di legame (“contatto”) con quelli dell'altro materiale. Maggiore è N, maggiore è l'area di effettivo contatto, perché le zone di contatto si deformano maggiormente. Minore N, minore l'area totale di contatto. Quest'area è sempre molto minore dell'area di contatto apparente. Se un libro appoggia per 6 dm2, l'area di reale contatto con il tavolo (somma delle microaree di contatto ) è migliaia di volte inferiore. I legami chimici nelle zone di contatto costituiscono sostanzialmente una “unione” tra i materiali, una vera e propria saldatura; si può ritenere a tutti gli effetti che non ci sia alcuna separazione (tratteggio nell'ultimo cerchio della figura a destra) tra corpo appoggiato e superficie di appoggio; si può immaginare che nelle zone di appoggio corpo e superficie costituiscano un solo materiale (questo è sempre vero anche se abbiamo, per esempio, plastica e metallo – in questo caso si parla di “lega” tra materiali diversi ). Il numero dei legami dipende solo dalla forza N che spinge il corpo contro la superficie; questo numero non dipende assolutamente dall'area apparente di contatto. La somma delle forze di questi legami è la forza che si deve vincere, spezzandoli, quando inizia a muoversi il corpo. Finché la forza è bassa, il corpo non si muove. Ad un certo punto la forza spezza i legami e il corpo si mette in movimento. La somma di queste forze di legame costituisce la FORZA DI ATTRITO STATICO. Riepilogando: la forza di attrito dipende dal numero dei legami; il numero dei legami dipende dall'area effettiva di contatto; l'area effettiva di contatto dipende dal peso del corpo e non dalla superficie apparente di appoggio. Pertanto la forza di attrito statica è indipendente sempre dalla superficie apparente; se il peso è grande, grande diventa l'area di effettivo contatto; se il peso è piccolo, piccola sarà l'area di effettivo contatto. Nel primo caso le microzone sono molto deformate ed ampie, nel secondo caso sono poco deformate e piccole. Ma la somma delle aree e dei legami rimane costante Nel caso dell'attrito statico c'è tutto il tempo perché i legami chimici si consolidino e raggiungano la massima forza. Questo perché le superfici sono ferme una rispetto all'altra. Quanto il corpo si muove, subentra l' ATTRITO DINAMICO. In questo caso le superfici scorrono una rispetto all'altra. I legami iniziano a formarsi ma subito vengono spezzati dall'inerzia del movimento. Non c'è tempo perché la forza di legame raggiunga valori elevati. La somma dei legami risulta piccola rispetto a quella statica. USURA Alla forza di legame si aggiunge una forza supplementare dovuta all'urto delle asperità del corpo contro quelle della superficie. In questi urti alcune asperità si deformano in modo elastico, altre si deformano in modo plastico (cioè rimangono deformate), altre si spezzano e “briciole” di materiale si staccano sia dal corpo strisciante sia dalla superficie. Questo effetto si chiama USURA. I materiali “si consumano” e diventano più lisci, perché tendono a perdere le microasperità. INCOLLAGGIO Un effetto secondario ma importante si manifesta quando i materiali diventano troppo lisci, quasi a specchio. In questo caso ci sono molte zone appiattite; le aree di effettivo contatto fra atomi diventano molto grandi per cui, quando i materiali si arrestano, grandi aree di superficie letteralmente si legano tra loro e diventa quasi impossibile staccarli. Esistono i “blocchetti Johnson”, utilizzati come calibrazione degli strumenti di laboratorio, che sono comuni blocchetti di metallo, lucido, così lisciati che mettendoli a contatto, senza alcuna interposizione di materiale, letteralmente si incollano l'uno all'altro. Staccarli a mano è difficilissimo e forzando, per esempio con una pinza, si rischia che aree estese di una superficie si stacchino, rimanendo aderenti all'altra superficie. FORMULE La formulazione matematica delle forze di attrito statico e dinamico è la seguente, dove i coefficienti fs e fd dipendono solo dalla coppia dei materiali (in quanto la forza di legame dipende dalla natura degli atomi) e dalla forza di contatto N (non, per quanto si è detto) dall'area (apparente) di appoggio (la lettera f deriva deriva dall'inglese “friction”, cioè attrito); F s = f s⋅N F d = f d⋅N Si può ritenere in prima approssimazione che sia circa f s =1,5⋅f d