P R I M O P I A N O F A R M A C O L O G I A Gli psoraleni G li psoraleni (figura 1) sono furanocumarine che derivano dalla condensazione di un nucleo cumarinico con un furano e hanno una struttura triciclica planare lineare (psoraleni propriamente detti) o angolare (in questo caso si parla di allopsoraleni, l’esempio più comune è l’angelicina). Anche di origine sintetica, sono molto diffusi in tutte le piante, ma particolarmente abbondanti nelle Umbrellifere e Rutacee (tabella 1). Gli esempi più comuni (figura 2) sono l’angelicina, il bergaptene (o 5-metossipsoralene), la xantossina (o 8-metossipsoralene) e l’isopimpinellina. Le caratteristiche chimiche degli psoraleni, che ne permettono la definizione di PSORALENI: SCHELETRO DI BASE FIGURA 1 42 puntoeffe È a partire dagli anni Sessanta che in Europa si afferma l’impiego di queste sostanze per il trattamento prima della vitiligine, quindi della psoriasi e nella formulazione di solari. Ma negli anni Novanta sono stati banditi dai filtri solari a causa del loro potere fotocancerogeno DI ARIANNA CAROLINA ROSA RICERCATORE IN FARMACOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO E ROBERTO FANTOZZI PROFESSORE ORDINARIO DI FARMACOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO; SOCIETÀ ITALIANA DI FARMACOLOGIA sostanze fotosensibilizzanti e pigmentogene, furono delineate negli anni Cinquanta e Sessanta e hanno portato allo sviluppo e impiego di queste sostanze sia in campo farmacologico sia in campo cosmetologico. Infatti, se questi composti venivano già utilizzati, per via sia topica sia sistemica, dagli antichi Egizi per il trattamento della vitiligine, è a partire dagli anni Sessanta che in Europa si afferma l’impiego degli psoraleni nella fotoche- mioterapia (o PUva terapia, ovvero psoraleni+Uva; lo psoralene agisce infatti da fotosensibilizzante e viene somministrato due ora prima dell’esposizione del paziente agli Uva) per il trattamento prima della vitiligine, quindi della psoriasi e di numerose altre malattie dermatologiche. Parallelamente, la capacità degli psoraleni di aumentare la produzione di melatonina in relazione all’attività del gruppo cromoforo, è stata sfruttata per la prepa- P R I M O P I A N O razione di lozioni abbronzanti e, in associazione a filtri Uvb, per creme protettive solari. Tuttavia, questi prodotti sono stati poi banditi dai filtri solari dopo il 1995 sia in Europa sia negli Usa (Autier et al., 1997) a causa del loro potere fotocancerogeno e del conseguente rischio per la salute pubblica. Infatti, nonostante questo effetto fosse noto fin dal 1959 (Urbach, 1959), solo nel 1995 fu condotto il primo studio epidemiologico volto a esaminare la relazione tra filtri solari a base di psoralene e melanoma, che dimostrò come soggetti con fototipo I e II (tabella 2 a pagina 32) che usano costantemente gli psoraleni mostrino un rischio di melanoma quattro volte maggiore rispetto a quelli che usano creme solari regolari (Autier et al., 1995). L’effetto fotocancerogeno è stato poi ampiamente valutato in studi in vitro nell’uomo, nei lieviti e nei batteri. Tali studi hanno dimostrato come in presenza di raggi Uva, sia l’8-metossipsoralene che il 5-metossipsoralene inducono aberrazioni cromosomiali, scambio di cromatidi e sintesi di Dna non programmata. Da qui, l’International agency for research on cancer (Iarc) è giunta alla conclusione che l’associazione 8-metossipsoralene e Uv è carcinogenica nell’uomo. L’effetto fotosensibilizzante degli psoraleni si esplica attraverso un’interazione covalente con il Dna, promossa dall’azione della radiazione solare con lunghezza d’onda compresa tra 320 e 410 nm. Il complesso risultante blocca l’interazione del Dna con gli enzimi transcriptasi e polimerasi impedendo così la replicazione cellulare. Questo meccanismo consiste di tre passaggi essenziali: intercalazione delle basi del Dna, assorbimento da parte dello psoralene di un fotone Uva e formazione del legame covalente tra il doppio legame sull’anello furanico e una base di timina della molecola di Dna e, infine, assorbimento di un secondo fotone Uva e formazione del legame covalente tra il doppio legame dell’anello lattonico e un’altra base di timina. Si ottiene così un legame crociato tra psoralene e le due catene del Dna. FOTOTOSSICITÀ E FOTOCANCEROGENICITÀ Inoltre, gli psoraleni sono in grado di reagire con altre molecole (Rna, lipidi di F A R M A C O L O G I A PIANTE CONTENENTI PSORALENI Nome comune Nome latino Famiglia Origine Droga Angelica Angelica arcangelica Aoiacee/ Umbrelliferae Europa Semi e radici Bergamotto Citrus bergamia Italia Frutti Santo Domingo Frutti, corteccia e semi India India, Bangladesh, Birmania Seme Radici, foglie, tronco, frutti e semi Albicocco Sud Americano Babachi Cotogno del Bengala Rutaceae/ Aurantioidea Mammea americana Calophyllaceae Psoralea corylifolia Aegle mermelos Fabacea Rutaceae TABELLA 1 PSORALENI: ESEMPI FIGURA 2 membrana e sistemi enzimatici) attraverso una reazione ossigeno-dipendente che porta alla formazione dell’ossigeno singoletto e di altri radicali liberi che inducono la perossidazione delle lipoproteine di membrana e l’attivazione della via ciclossigenasica, con conseguente formazione di prostanoidi. Nel complesso questi meccanismi d’azione si traducono quindi in una stimolazione della produzione di melatonina da parte dei melanociti, un effetto anti-proli- ferativo e immunosoppressivo (per un effetto diretto non solo sui melanociti e cheratinociti, ma anche sulle cellule T), nonché antinfiammatorio. Tuttavia, l’aumentata sensibilità alle radiazioni solari che ne deriva può risultare in fototossicità e fotocarcenogenicità, due eventi che complessivamente possono essere considerati condizioni cocarcinogeniche. Fototossicità e fotocarcenogenicità sono state e sono tuttora alla base della rivalutazione del profilo di si- > puntoeffe 43 P R I M O P I A N O F A R M A C O L O G I A CLASSIFICAZIONE DEI FOTOTIPI DI FITZPATRICK Fototipo Sensibilità al sole Suscettibilità eritemigena (Sed) Capacità di abbronzarsi Classi di individui Bibliografia Autier et al., Int. J. Cancer 1995 61 749-55 Autier et al., Annals of Oncology 1997 8 435-7 Barreto da Silva et al., J Pharm Pharmaceut Sci 2009 12 378-87 Urbach, J Invest Dermatol 1959; 32 373-8 I Molto sensibile Si ustiona sempre (‹2 Sed) Nessuna abbronzatura Melanocompromessi II Moderatamente sensibile Alta (2-3 Sed) Abbronzatura leggera Melanocompromessi III Moderatamente non sensibile Moderata (3-5 Sed) Abbronzatura media Melanocompetenti IV Moderatamente resistente Bassa (5-7 Sed) Abbronzatura notevole Melanocompetenti V Resistente Molto bassa (7-10 Sed) Pelle naturalmente bruna Melanoprotetti VI Molto resistente Estremamente bassa Pelle naturalmente (›10 Sed) nera Melanoprotetti TABELLA 2 curezza degli psoraleni. È infatti nel 2007 che, su richiesta di uno Stato membro, la Committee on herbal medicinal products (Hmpc) dell’Ema ha rivalutato il profilo di sicurezza delle preparazioni a base di Angelica archangelica sulla base della fototossicità dei costituenti, stabilendo come limite di assunzione giornaliera per via orale di Angelica archangelica, o di altri prodotti erboristici contenenti furanocumarine, 30g. Infatti, sulla base di quanto stabilito dalla European food safety authority scientific committee (Efsa 2005), il margine di sicurezza per composti con possibili proprietà genotossiche e carcinogeniche è determinato dal rapporto tra la dose alla quale si osserva per la prima volta un effetto avverso di lieve entità, ma comunque misurabile, e l’introito stimato (o livello di esposizione) della sostanza considerata. Per quanto riguarda gli psoraleni la fototossicità, che si manifesta come fitofotodermatosi (eritema, edema, vescicolazione della cute e prurito), insorge in seguito a concentrazioni ematiche di 30-50 ng/ml. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che nella PUva terapia il trattamento con 30 mg di psoralene, somministrato a intermittenza per circa 200 dosi in un periodo di diversi mesi, risulta in un significativo, anche se non quantifica- 44 puntoeffe bile, aumento del rischio di cancro. Pertanto, la Commissione ha ritenuto opportuno stabilire come valore soglia un dosaggio giornaliero 1.000 volte inferiore a quello utilizzato nella PUva terapia: 30 g/die, dosaggio a cui si assume che il rischio di cancro sia nettamente ridotto (Ema, 31 ottobre 2007). Da notare che, sebbene la fitofotodermatosi si possa manifestare anche negli agricoltori in seguito alla manipolazione delle piante che contengono psoraleni, per esempio il sedano, questo dato non deve allarmare la popolazione generale. Infatti, è stato stimato che in media l’assunzione giornaliera di psoraleni con la dieta è di 1,45 mg, con picchi di esposizione massima pari a 14 mg, valore per il quale il rischio si è dimostrato molto basso, e comunque non rilevante. Assunti per via orale, sono caratterizzati da un rapido assorbimento a eccezione delle forme cristallizzate, come l’8-metossipsoralene, le quali vengono assorbite più lentamente e in maniera non completa. Essendo poi molecole lipofile, il loro assorbimento è ridotto dalla contemporanea assunzione di cibi grassi. Inoltre, subiscono un significativo, anche se saturabile, effetto di primo passaggio. Per questo motivo esiste una estrema variabilità interindividuale nel tempo ne- cessario per raggiungere il picco di fotosensibilizzazione, che comunque è generalmente raggiunto dopo una/due ore dall’assunzione. Il metossalene ha un tempo di emivita serica di circa un’ora ma la durata del suo effetto fotosensibilizzante è di circa 8-12 ore. Il metabolismo, epatico, coinvolge la via del citocromo P4502A6, e risulta nella formazione della 7-idrossicumarina, escreta poi nelle urine come glucuronide e coniugati solfati. Tuttavia, la 7-idrossicumarina è solo il metabolita principale: sono prodotti anche diversi metaboliti secondari per idrossilazione nelle posizioni 3 e 8, o per apertura dell’anello lattonico. Proprio questi metaboliti, in particolare gli 8idrossilati e i derivati dalla rottura dell’anello eterociclico, sembrano, come evidenziato da studi su roditori, i responsabili dell’epatotossicità di questi composti (Barreto da Silva et al., 2009). Sebbene oggi non vi siano psoraleni in commercio in Italia, nel 2006 l’Europa ha concesso designazione orfana al metossalene per fotoferesi extracorporea (tecnica immunomodulatoria che consiste nel prelevare i linfociti, esporli al composto fotoattivo e quindi reinfonderli in circolo) per il trattamento della malattia Graft-versus-host disease (GvHD): una complicanza a breve o a lungo termine del trapianto di midollo osseo. Infatti, mentre il metossalene legandosi al Dna delle cellule reattive del trapianto ne blocca la divisione e crescita, la fotoferesi extracorporea attiva il processo apoptotico con conseguente distruzione delle cellule T di rigetto (Ema, 9 novembre 2011).