La Restaurazione e i moti liberali e patriottici Stati sotto controllo asburgico R E G NO D I SVE Z I A Limiti della Confederazione germanica ico Amburgo REGNO DEI PAESI BASSI Oceano Parigi a B IA SS PRU Varsavia IMPERO RUSSO Monaco Marsiglia Barcellona Baleari Vienna Budapest IMPERO D’AUSTRIA A GRAND. DI TOSCANA STATO D. DI PARMA D. DI MODENA DELLA CHIESA Bucarest Belgrado I M P E RO OT TO M A NO REGNO DELLE DUE Mare russi. Gli stessi polacchi furono spinti ad accettare anche il dominio prussiano e i belgi costretti a unirsi agli olandesi. Secondo il principio dell’equilibrio, inoltre, nessuno Stato doveva rafforzarsi tanto da minacciare la sicurezza degli altri. Si voleva, quindi, che in Europa si instaurasse e si mantenesse un certo bilanciamento tra le potenze, come già si era cercato di fare nel corso del Settecento. Per questo i vincitori ebbero compensi territoriali adeguati agli sforzi profusi nel battere Napoleone. La Russia e la Prussia si espansero verso ovest. L’impero asburgico si vide riconoscere un ruolo predominante in Italia. L’Inghilterra si accontentò di vedere sanzionata la propria supremazia sui mari. In virtù dello stesso principio, la Francia sconfitta fu solo costretta a tornare entro i confini del 1792. LOMBARDO-VENETO REGNO DI SARDEGN Torino R E G NO DI S PAG N A DI CONF. ELVETICA Bordeaux Lisbona ar REGNO DI BAVIERA REGNO DI FRANCIA Madrid M Berlino O R E G N Colonia Atlantico Copenaghen REGNO DI DANIMARCA Amsterdam Londra Riga lt M a re d el N o rd R E G NO DI G RA N B R E TAG N A E I RL A N DA REGNO DI PORTOGALLO San Pietroburgo Stoccolma lenne congresso durante il quale furono stipulati accordi decisivi per il futuro dell’Europa. La conferenza durò dal 1° novembre 1814 al 9 giugno 1815, e si chiuse pochi giorni prima della battaglia di Waterloo. I lavori furono coordinati dal principe Klemens Wenzel von Metternich, ministro degli Esteri dell’Austria. I rappresentanti delle altre potenze antinapoleoniche furono lo zar Alessandro I per la Russia, il duca di Wellington per l’Inghilterra, il principe di Hardenberg per la Prussia. La Francia, nuovamente affidata alla dinastia dei Borboni (il trono era occupato da Luigi XVIII, fratello del re decapitato nel 1793), venne rappresentata dal principe Charles-Maurice de Talleyrand, già ministro degli Esteri di Napoleone. Talleyrand fu abilissimo nel mostrare ai paesi vincitori che una Francia non umiliata e integra sarebbe stata essenziale per i futuri equilibri europei. Anzi, disse, proprio il ritorno sul trono della famiglia borbonica avrebbe fatto della Francia uno strenuo difensore del nuovo ordine – favorevole agli antichi sovrani – che si stava disegnando a Vienna. Erano presenti anche numerosi Stati minori, il cui parere non ebbe però importanza decisiva. Mediterraneo SICILIE Atene L’Europa dopo il Congresso di Vienna 7.1 Il Congresso di Vienna e le sue conseguenze Il nuovo assetto politico dell’Europa Le potenze europee che avevano subito la politica di potenza voluta da Napoleone riuscirono a sconfiggerlo prima a Lipsia (16- 18 ottobre 1813) e poi definitivamente nella battaglia di Waterloo (15 giugno 1815). I sovrani di Austria, Russia, Prussia e Regno Unito non avevano mai accettato gli ideali della Rivoluzione del 1789 e l’egemonia francese sull’Europa, e questo aveva provocato venti anni di guerre. Per ricreare un equilibrio durevole tra i principali Stati del continente fu convocato a Vienna un so- I principi di legittimità ed equilibrio Il ricordo della Rivoluzione francese e il timore che nuovi sconvolgimenti venissero a turbare l’ordine che si voleva stabilire fecero sì che il Congresso di Vienna si ispirasse a due solidi principi: la legittimità e l’equilibrio. Ogni Stato doveva essere governato dal suo sovrano legittimo, cioè dal discendente della dinastia regnante fino agli sconvolgimenti rivoluzionari e napoleonici; l’unico a detenere, per volontà divina, la vera autorità. Con un’autentica forzatura della storia si negava, quindi, la possibilità che fossero le stesse popolazioni (i francesi, gli austriaci e così via) a scegliere da chi e come volevano essere governate. Questo diritto era negato anche alle nazioni sottoposte a dominio straniero: cechi, slovacchi e ungheresi avrebbero continuato a essere governati dai sovrani austriaci, che avevano conquistato la supremazia in quei paesi nel corso del Settecento; finlandesi e polacchi avrebbero dovuto sottostare al comando degli zar Klemens Wenzel von Metternich. L’equilibrio politico raggiunto con il Congresso di Vienna, vignetta satirica di scuola francese. © Loescher Editore – Torino 170 1760 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 171 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione per questo, ai principi di legittimità ed equilibrio le autorità accompagnarono dopo il 1815 il rafforzamento dei poteri centrali dello Stato (burocratici, fiscali, militari, secondo una linea di tendenza già individuabile in epoca napoleonica) e l’attenta sorveglianza poliziesca su comportamenti e opinioni dei cittadini. Inoltre, per prevenire qualunque tentativo di turbare l’equilibrio riconquistato, gli Stati dominanti sottoscrissero nel 1815 due alleanze: Il Congresso di Vienna, 1815. Legittimità ed equilibrio divennero le due parole d’ordine dell’Europa che voleva lasciarsi alle spalle l’epoca rivoluzionaria e quella napoleonica. Il risultato di mesi di trattative fu una nuova carta politica continentale. La Santa Alleanza e la Quadruplice Alleanza Gli Stati protagonisti del Congresso di Vienna ricostituirono così l’ordine europeo infranto dall’espansione napoleonica. Affermarono, cioè, una grande volontà di «restaurare» il passato: e proprio «epoca della Restaurazione» fu chiamato il periodo storico che l’assemblea viennese inaugurò. In questa epoca si volle infatti ripristinare la situazione politica, sociale e culturale antecedente alla Rivoluzione francese e riaffermare i diritti delle monarchie assolute, degli imperi, della nobiltà, messi in discussione dagli ideali rivoluzionari e dall’Illuminismo. Naturalmente, tutto ciò entrava profondamente in contrasto con le istanze libertarie che tra Settecento e Ottocento si erano diffuse nel continente, proprio a partire dagli eventi del 1789. Il desiderio di maggiore libertà individuale, una nuova coscienza nazionale, la volontà dei popoli di scegliere i propri governanti avevano preso piede ovunque e non potevano essere forzati da un semplice accordo tra monarchi. Proprio • la Santa Alleanza, tra Russia, Prussia e Austria, che si impegnarono a governare i rispettivi popoli secondo i principi del cristianesimo e a reprimere sul proprio territorio ogni focolaio rivoluzionario, autorizzando, in caso di necessità, l’intervento armato degli altri firmatari del patto. La Santa Alleanza, a cui aderì in seguito anche la Francia, fu disapprovata dal Regno Unito, che rifiutò la mescolanza di aspetti strettamente religiosi e finalità politiche presenti nel trattato, e non accolse l’affermazione dell’origine divina dell’autorità regia [Testimonianze documento 3, p. 221]; • la Quadruplice Alleanza, un patto di sorveglianza militare privo di riferimenti religiosi che gli Stati firmatari della Santa Alleanza stipularono con il Regno Unito, e che ribadiva il diritto degli associati di soffocare ogni eventuale insurrezione che mettesse in pericolo, sul continente europeo, i principi stabiliti dal Congresso di Vienna. secondo le intenzioni delle potenze riunite a Vienna, uno Stato cuscinetto a guardia armata della Restaurazione e contro eventuali nuove pretese egemoniche francesi. Per garantire una maggiore stabilità, e in deroga al principio di legittimità, non fu restaurata la repubblica a Venezia, la quale, insieme alla Lombardia passò alle dirette dipendenze della corona austriaca. Nel Regno Lombardo-Veneto, Vienna mantenne l’efficiente legislazione napoleonica, promuovendo la diffusione dell’istruzione scolastica elementare e la realizzazione di importanti infrastrutture, e incentivando agricoltura e manifatture. La stretta conservatrice si fece tuttavia sentire attraverso un fisco particolarmente esigente, dazi sfavorevoli ai commerci e soprattutto con il controllo poliziesco e la repressione di qualsiasi attività anti-austriaca. I ducati dell’Italia centro-settentrionale (Parma e Piacenza, Modena e Reggio, Massa e Carrara, Lucca) e il granducato di Toscana vennero affidati a principi legati alla casa reale austriaca. La Toscana, in particolare, fu restituita a Ferdinando III di Lorena, che si mostrò aperto e tollerante, promuovendo attivamente il miglioramento dell’agricoltura. Mite fu anche il governo di Parma e Piacenza, duro e conservatore fu quello di Modena e Reggio. Lo Stato pontificio, che comprendeva il Lazio, l’Umbria, le Marche e la Romagna La Restaurazione e i moti liberali e patriottici con le province di Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna, era di nuovo saldamente guidato dal papa – in quegli anni Pio VII – secondo i criteri del più rigido assolutismo e sperimentava un pericoloso immobilismo politico, sociale ed economico. Il Regno delle Due Sicilie, nato nel 1816 dalla fusione dei due regni di Napoli e di Sicilia, tornò sotto la guida della dinastia borbonica. Ferdinando IV di Borbone prese il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie e abolì la Costituzione concessa agli isolani nel 1812, quando proprio in Sicilia si era rifugiato per non cadere in mano ai francesi che occupavano Napoli. L’Italia era quindi una nazione divisa e molto debole. Molti territori erano governati direttamente o indirettamente da Vienna e sottoposti alla supremazia austriaca, che, con l’eccezione del Lombardo-Veneto, impediva di praticare importanti riforme di stampo liberale. Analogo atteggiamento tenevano i Borboni nel Meridione, i Savoia in Piemonte e il papa. Questi sovrani, pur indipendenti da Vienna, partecipavano pienamente al clima assolutistico della Restaurazione. Una dimostrazione fu fornita dall’azione di Vittorio Emanuele I che, tornato sul trono, provvide prontamente ad abrogare la legislazione napoleonica e a ripristinare il monopolio ecclesiastico sull’istruzione. Le truppe austriache sfilano davanti al re delle Due Sicilie, Ferdinando IV di Borbone, 1815. La situazione dell’Italia: divisione politica e sottomissione allo straniero L’Italia disegnata dal Congresso di Vienna era un paese segnato da una grande frammentazione politica e dalla subordinazione diretta o indiretta agli interessi della dinastia asburgica. Il Regno di Sardegna, guidato dai Savoia e retto da Vittorio Emanuele I, oltre a mantenere i suoi tradizionali domini in Piemonte, aveva riacquistato la Savoia e la città di Nizza e aveva inglobato i territori della scomparsa Repubblica di Genova, ottenendo uno sbocco sul mare. Il Regno sabaudo perciò si ingrandì e si rafforzò diventando, Vittorio Emanuele I di Savoia, re di Sardegna, fa il suo ingresso trionfale a Torino il 20 maggio 1814. © Loescher Editore – Torino 172 1760 Stato cuscinetto: territorio che sorge tra grandi potenze rivali ed è creato appunto per evitare lo scoppio di conflitti. © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 173 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione «leggi sul grano», che introducevano pesanti dazi sul cereale importato dal continente. In questo modo i proprietari fondiari britannici venivano liberati dalla concorrenza estera, ma si danneggiavano le esportazioni: i competitori europei dell’Inghilterra applicavano infatti a loro volta dazi sui beni provenienti da Oltremanica, a discapito della borghesia manifatturiera inglese. Soprattutto, con le corn laws si lasciava che il prezzo del grano sul mercato interno britannico crescesse a discrezione dei grandi proprietari terrieri, affamando gli strati sociali più poveri. La Restaurazione nell’economia e nella società Lo zar Alessandro I di Russia. L’equilibrio ritrovato, disegno satirico tedesco, 1824. Di nuovo sulla groppa dei cittadini stanno monarchia, aristocrazia (qui raffigurati in una sola persona) e clero (il papa e una monaca). 7.2 La Restaurazione e la nascita del pensiero politico ottocentesco La Restaurazione in politica: prevalgono le monarchie assolute p. 218 Per garantire che nulla potesse più turbare la pace, la Restaurazione venne applicata in ogni campo: in politica, nell’economia e nella società, nella cultura e persino nella religione. Vediamo prima di tutto come essa fu realizzata in ambito politico-istituzionale. In Spagna, Austria, Prussia, Russia e negli Stati italiani il potere fu restituito a re e imperatori legittimi. Essi detenevano un potere assoluto, non limitato in alcun modo dalle leggi o da un’assemblea parlamentare. Campioni della conservazione furono in particolare Prussia, Austria e Russia. I sovrani di questi paesi governarono con rigore, soffocando grazie ad efficienti apparati polizieschi qualsiasi rigurgito libertario, e non concessero alcuna Carta costituzionale. In Francia, Luigi XVIII pur considerandosi «re di Francia e di Navarra per grazia di Dio», nel 1814, sotto le pressioni della borghesia parigina e dell’Inghilterra, aveva concesso una Carta costituzionale. Essa garantiva l’eguaglianza dei francesi davanti alla legge e assicurava libertà fondamentali come quelle di opinione e di stampa, ma era nel complesso ben poco democratica, poiché ribadiva la sostanziale supremazia della corona sulla Camera dei Deputati, dotata di poteri solo consultivi ed eletta su una base censitaria assai ristretta. In Olanda si pose termine all’esperienza della Repubblica delle Province Unite. Come accennato, l’Olanda fu unita al Belgio, antico possedimento austriaco della regione, e nacque così il Regno dei Paesi Bassi, in cui fu concessa una Costituzione moderata. In entrambi i Paesi si era ancora lontani dalle libertà, come quelle di stampa e di associazione, garantite in Inghilterra. Proprio l’Inghilterra rappresentava un caso unico nel panorama europeo, perché guidata da una monarchia costituzionale e da un Parlamento che – seppure aperto solo alla borghesia più ricca – aveva realmente voce in capitolo nelle scelte politiche della nazione. Tuttavia, anche in area britannica si fecero sentire i venti della Restaurazione: i governi conservatori dell’epoca favorirono gli interessi della nobiltà, in particolare con l’approvazione nel 1815 delle corn laws, le All’inizio dell’Ottocento in tutta Europa i borghesi svolgevano professioni fondamentali per lo sviluppo di una società in continuo cambiamento: erano impiegati nell’amministrazione statale, commercianti, imprenditori industriali, medici, avvocati, giornalisti, uomini di cultura e di pensiero. Per sviluppare i propri affari essi avevano bisogno della libera circolazione delle persone e delle merci e della rimozione delle barriere economiche imposte dai governi conservatori e accentrati. In Austria, Francia, Spagna, Prussia, Russia e Italia la borghesia mirava dunque a ottenere lo stesso potere politico che avevano i borghesi inglesi. Un potere che era difficile negarle La Restaurazione e i moti liberali e patriottici ulteriormente, dal momento che essa era la classe sociale che ovunque produceva la maggior quantità di ricchezza. Con la Restaurazione, invece, in diversi paesi europei si tentò di ritornare all’antico, riaffermando i privilegi delle antiche classi dominanti, in primo luogo della nobiltà, che storicamente si limitava a vivere della rendita dei propri fondi senza partecipare attivamente ai progressi dell’economia. In Francia, Austria, Prussia e Russia i proprietari fondiari tornarono a governare lo Stato, a guidare le forze armate, ad accaparrarsi gli incarichi più prestigiosi in politica, privilegiando i propri interessi a danno dei ceti mercantili e produttivi. La Restaurazione non giunse al punto di abolire conquiste ormai consolidate come l’inviolabilità della proprietà privata o la tutela dei cittadini dagli abusi più evidenti delle autorità, ma contrastò con forza gli interessi della borghesia, e limitò lo sviluppo economico dei paesi che sperimentarono il ritorno di fiamma dell’assolutismo. La Restaurazione nella cultura: i reazionari conservatori Nel periodo della Restaurazione, ossia per tutta la prima metà dell’Ottocento, gli uomini di pensiero europei si divisero in due correnti. Da una parte i reazionari conservatori, dall’altra i liberali. Il Denker-Club: caricatura che rappresenta la censura durante la Restaurazione, 1820. © Loescher Editore – Torino 174 1760 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 175 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Per i reazionari la Restaurazione era la via da seguire per la pace tra i popoli e all’interno delle nazioni. Era quindi necessario tornare al passato e rafforzare i poteri monarchici. Per fare questo essi si opponevano agli ideali dell’Illuminismo ed esaltavano i valori tradizionali, convinti che la fedeltà al sovrano e il rispetto della religione avrebbero dato stabilità e portato benessere alla società europea. A sostegno delle idee della Restaurazione, i reazionari si allearono con la Chiesa. Infatti, pensando di difendere la fede e la pratica della religione, spesso minacciate dal libero esercizio della ragione, la Chiesa criticò infatti e condannò la libertà di pensiero e ogni altra apertura di derivazione illuministica. La Restaurazione si presentava così come la difesa della tradizione cristiana e dell’alleanza tra il trono e l’altare che in passato aveva spesso garantito la stabilità del potere dei sovrani. La convergenza degli interessi di sovrani, nobiltà e Chiesa fu sancita dai numerosi concordati stipulati tra i diversi Stati e la Santa Sede, dalla rinascita della Compagnia di Gesù (che era stata soppressa nel 1773) e da un declino del giurisdizionalismo. Tra i sostenitori più importanti del cattolicesimo tradizionalista e della sua alleanza con monarchie fondate sul diritto divino ci furono i francesi Joseph de Maistre e Félicité de Lamennais, a lungo impegnati in un’opera di forte contestazione reazionaria della cultura e degli ideali illuministici. p. 146 Il pensiero politico liberale: Stato liberale, repubblica Il pensiero liberale si contrapponeva a quello conservatore ed era destinato in breve a prevalere, informando di sé l’azione politica e la cultura di governo in tutta Europa per larga parte dell’Ottocento e fino al Novecento. I pensatori liberali si ispiravano al modello politico inglese e americano e agli ideali dell’Illuminismo. I liberali sostenevano che la monarchia dovesse avere un ruolo di rappresentanza dello Stato, sopra le parti, ma che attraverso la Costituzione dovesse lasciare al Parlamento il pieno Benjamin Constant. potere legislativo e assicurare le libertà fondamentali del cittadino (di pensiero, di associazione, di stampa ed espressione in generale), spesso negate o limitate dai sovrani. Essi ritenevano anche che i poteri dello Stato andassero divisi: la magistratura doveva essere indipendente dal potere esecutivo, che a sua volta doveva restare separato da quello legislativo. Questi pensatori volevano insomma la creazione di uno Stato liberale e rifiutavano la via rivoluzionaria per raggiungerlo. I rivolgimenti tumultuosi avrebbero infatti pregiudicato per la borghesia – la base sociale «naturale» del liberalismo – la possibilità di espandere i propri affari. Chi voleva abbattere le monarchie sosteneva invece l’idea di repubblica, che avrebbe garantito piena partecipazione politica attraverso un suffragio ampio o addirittura universale. Quest’ultima possibilità era sostenuta però da una parte minoritaria. La maggior parte restava invece favorevole a un suffragio su base censitaria, nella convinzione che un eccessivo allargamento della base elettorale sarebbe andato a scapito degli interessi borghesi. La necessità di ottenere una Costituzione e un Parlamento realmente rappresentativo furono comunque affermate da tutte le correnti del pensiero borghese liberale, che contò tra i suoi maggiori esponenti i francesi Benjamin Constant, François Guizot e Alexis de Tocqueville e l’inglese John Stuart Mill. Molti pensatori, infine, ritenevano necessario liberare i popoli dal controllo dei sovrani stranieri e di creare Stati nazionali: ogni nazione avrebbe dovuto possedere una propria patria, ossia un territorio dove vivessero insieme uomini e donne che formavano una «comunità naturale» (accomunate dalla stessa lingua, cultura e tradizioni). Questo ideale era però sostenuto con particolare convinzione dagli intellettuali e dagli artisti che aderivano al Romanticismo. Il Romanticismo e gli Stati nazionali Il Romanticismo fu il più importante movimento culturale europeo della prima metà dell’Ottocento e investì tutti i campi del pensiero: letteratura, arte, filosofia, politica, musica. Il Romanticismo si contrapponeva alla esaltazione della razionalità dell’uomo La Restaurazione e i moti liberali e patriottici P. Nomellini, La diana del lavoro, 1893, collezione privata. tipica dell’Illuminismo. Secondo i romantici, infatti, l’uomo non è solo ragione: egli sente la forza della natura e ha il senso dei propri limiti. In lui dominano anche sentimento, fantasia, irrazionalità, fede in Dio. Secondo i romantici, grande importanza aveva nel cuore di ogni uomo anche l’attaccamento alle radici antiche del proprio popolo. Per questo i romantici valorizzavano le singole caratteristiche degli uomini, la loro storia, il loro passato. Musicisti e pittori cercavano di riscoprire le tradizioni popolari e in particolare studiavano il Medioevo, epoca di passioni e violenze ma anche di presunta purezza delle idee e di nascita dello Stato moderno. Si interessavano inoltre della cultura greca e latina, esaltando gli esempi di virtù degli antichi e le libertà delle città-Stato elleniche e della Repubblica di Roma. Per questi motivi, per quel suo guardare al passato e ai valori tradizionali, il Romanticismo sembrò inizialmente destinato a favorire la Restaurazione. Ci fu però anche un Romanticismo d’avanguardia, che rivendicò la libertà e la creatività del singolo popolo contro l’oppressione. Più precisamente, se gli illuministi valorizzavano gli aspetti comuni di tutti gli uomini, i romantici sottolineavano la specificità dei diversi popoli. Il tedesco, l’inglese, l’italiano, affermavano, sono diversi perché hanno storia e abitudini differenti e appartengono a nazioni diverse. Ciascun membro di queste nazioni aveva il diritto di vivere in un suo Stato, insieme ai suoi fratelli, in piena indipendenza, coltivando i valori e gli interessi peculiari di quella sua patria, sebbene pur sempre nel nome della libertà e a vantaggio di tutta l’umanità. I romantici diffusero questa convinzione con gli scritti e le opere d’arte, ma soprattutto con l’azione: ecco perché, spinti dagli ideali di fratellanza dei popoli oppressi e provenienti da diverse regioni d’Europa, molti di loro combatterono insieme contro i tiranni e per la libertà. Diedero così un imprevedibile sbocco politico a un movimento di natura prettamente culturale e un aiuto fondamentale alla nascita degli Stati nazionali. Il proletariato e lo sviluppo del socialismo Molto importante, benché in contraddizione con la cultura romantica ostile alle scienze, fu nell’Europa del primo Ottocento, il progresso scientifico tecnico ed economico. Man mano che si estendeva la Rivoluzione industriale, la divisione tra proletari e capitalisti si faceva sempre più evidente. Industriali e lavoratori avevano interessi diversi e i profitti dei primi erano molto elevati rispetto ai salari dei secondi. Orari, ritmi di produzione, ambiente, rischi per la salute: tutto congiurava a sfavore del proletariato urbano operaio. D8, 9 Alcuni studiosi cominciarono dunque a proporre soluzioni alla «questione sociale», cioè alla crescente sofferenza della massa dei lavoratori e all’ingiusta distribuzione delle ricchezze in una società in cui solo i capitalisti prosperavano. Proprio per il loro desiderio di costruire una società più giusta, in cui l’eliminazione dello sfruttamento © Loescher Editore – Torino 176 1760 Dossier 8 p. 342 Dossier 9 p. 344 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 177 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901, Milano, Galleria d’Arte Moderna. Karl Marx. Dossier 10 p. 346 Tweet Storia p. 358 e della miseria diventasse un obiettivo condiviso, essi furono detti «socialisti». D10 I primi tra questi pensatori, inglesi e francesi, delinearono arditi progetti di «ingegneria sociale». Robert Owen, un imprenditore inglese del settore tessile, propose di suddividere la popolazione in villaggi, ciascuno dei quali sarebbe stato autosufficiente e abitato da uguali, senza più differenze di status o di censo. Simile a quella di Owen era la posizione del francese Charles Fourier, che voleva fondare delle piccole comunità dette «falansteri» , in cui ciascuno avrebbe scelto liberamente il proprio lavoro e tutte le decisioni sarebbero state prese con spirito cooperativo: lo scopo di tali comunità era raggiungere l’autosufficienza economica e la felicità individuale. Sempre in Francia, Claude-Henri de Saint-Simon pensò di affidare la guida della società a un gruppo misto di dirigenti, formato da imprenditori, operai e scienziati, incaricati di decidere sull’economia, organizzare il lavoro in modo razionale e distribuire le ricchezze per il maggior vantaggio di tutti. Su linee piuttosto diverse si mossero invece altri tre francesi: Blanc, Proudhon e Blanqui. Louis Blanc progettò la creazione degli ateliers sociaux, le «fabbriche sociali» finanziate direttamente dallo Stato in cui gli operai avrebbero avuto la proprietà comune dei mezzi di produzione e percepito un salario come forma di partecipazione agli utili. Per Blanc il ruolo regolatore dello Stato doveva spingersi fino all’abolizione della libera concorrenza, da lui giudicata la causa principale delle scarse remunerazioni degli operai. Pierre-Joseph Proudhon definì la proprietà «un furto»: affermando che essa non si basava sul lavoro, ne proponeva l’abolizione e la sostituzione con una società fondata su lavoro cooperativistico e solidarietà reciproca. [Testimonianze documento 4, p. 221] Auguste Blanqui predicava il comunismo dei beni e auspicava una società fondata essenzialmente sull’agricoltura. Affermava pure, esplicitamente, che si sarebbe potuto ottenere un reale cambiamento delle condizioni dei lavoratori solo attraverso l’azione violenta e la lotta rivoluzionaria. Blanc, Proudhon e Blanqui erano dunque già convinti che la società non potesse essere riformata con un intervento dall’alto o con l’aiuto illuminato della borghesia, ma solo con un attacco diretto ai pilastri su cui si reggeva l’attività economica borghese, ossia la proprietà privata, la proprietà dei mezzi di produzione e la libera concorrenza. Marx ed Engels fondano il comunismo Le proposte di riforma dei primi socialisti furono duramente criticate da Karl Marx e Friedrich Engels, autori nel 1848 del Manifesto del partito comunista. Essi definirono autori come Owen o Fourier «socialisti utopisti», perché per costruire una società perfetta proponevano delle riforme basate sulla buona volontà di tutti i suoi membri e perché pensavano che i borghesi avrebbero accettato senza resistenze un cambiamento delle loro abitudini di vita. Marx ed Engels preferirono invece definirsi «comunisti», perché miravano non a riformare la società, ma a rivoluzionarla completamente, eliminando con la forza il principale ostacolo alla giustizia sociale, al quale la borghesia non avrebbe mai rinunciato di sua spontanea volontà: la proprietà privata, compresa quella dei mezzi di produzione (capitali, fabbriche e macchinari). Solo una società comunista, dicevano, cioè senza alcuna forma di proprietà privata e con la messa in comune di tutti i beni, avrebbe garantito una reale uguaglianza tra tutti gli uomini. Per giungere a costruire questa società era necessario, secondo Marx ed Engels, che il proletariato si ribellasse al potere della borghesia, in un vero e proprio scontro tra classi per la sopravvivenza. I proletari dovevano prendere coscienza della loro forza, impadronirsi con la rivoluzione della guida dello Stato e usare il potere contro i privilegi della borghesia. Questa «dittatura del proletariato» avrebbe imposto dall’alto e con la forza la giustizia sociale e l’uguaglianza. Lo Stato comunista, quindi, doveva assumere, per il bene del popolo, la proprietà delle fabbriche, delle miniere, dei mezzi di trasporto e delle banche. In una fase successiva, scomparse le classi, lo Stato avrebbe potuto estinguersi e la dittatura avrebbe lasciato il posto a un’operosa e solidale società di pari, senza classi, in grado di organizzarsi senza autorità e gerarchie: appunto, il comunismo. Infine, il Manifesto si chiudeva con l’appello: «Proletari di tutti i paesi, unitevi!» La rivoluzione operaia non doveva infatti avere confini, ma travalicare il concetto stesso di nazione e unire i lavoratori di tutto il mondo nell’unico obiettivo dell’instaurazione del comunismo. Nell’epoca dei moti liberali e delle rivoluzioni borghesi, l’invito di Marx ed Engels era destinato a raccogliere ancora poche adesioni. Ma, come si vide nel corso della seconda metà dell’Ottocento e ancor più al principio del Novecento, proprio il comunismo avrebbe affiancato e talora sopravanzato il socialismo nelle lotte dei lavoratori per l’affermazione dei propri diritti. La Restaurazione e i moti liberali e patriottici 7.3 I moti liberali del 1820-1830 Le società segrete Ovunque in Europa, la libertà di opinione e di associazione era gravemente limitata. Per discutere le loro idee e organizzare proteste e rivolte contro l’ordine imposto dalla Restaurazione, dunque, patrioti, liberali e repubblicani dovettero raccogliersi in società segrete. Poiché si trattava di organizzazioni proibite dalle autorità e perseguitate dalle polizie, esse tenevano segreti i nomi di chi vi aderiva e spesso anche i programmi. Particolarmente diffusa in Europa fin dall’epoca precedente la Rivoluzione francese era e rimase la Massoneria , che sosteneva le idee liberali e illuministe. In Italia, assai fiorente fu la Carboneria. Nata in epoca napoleonica nel regno napoletano di Gioacchino Murat, in piena Restaurazione si diffuse in tutta la penisola e in particolare a Napoli, Roma, Milano e Torino. La Carboneria riuniva ex ufficiali bonapartisti, borghesi e uomini di pensiero contrari all’assolutismo, che lottavano per ottenere nei rispettivi regni una monarchia costituzionale di stampo liberale moderato. Uno degli aspetti più curiosi di questa e di altre simili associazioni era il linguaggio, che risultava oscuro e bizzarro a coloro che non facevano parte del gruppo. Così, le Un emblema massonico: le origini medievali di corporazione dei costruttori si ritrovano negli arnesi (compasso, livella, cazzuola, martello); la villa neoclassica è la casa della sapienza. © Loescher Editore – Torino 178 1760 Massoneria: associazione segreta che prendeva il nome dalla corporazione medievale dei muratori (in francese francmaçon). Nella sua forma moderna si organizzò in Inghilterra all’inizio del XVIII secolo ed ebbe larga diffusione sia in Europa sia in Nordamerica. Ispirata dagli ideali umanitari e progressisti dell’Illuminismo, sosteneva lo Stato liberale. © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 179 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione zione, povera e analfabeta. La mancanza di appoggio popolare fu per le società segrete, al momento di passare all’azione, motivo di grande debolezza. La Restaurazione e i moti liberali e patriottici P. von Hess, Ottone di Grecia entra a Nauplia, 1835, Monaco, Neue Pinakothek. 1820: le prime azioni fallite contro i regimi reazionari H. Lecomte, L’intervento francese in Spagna nel 1823 per ristabilire sul trono Ferdinando VII, 1828. «vendite» erano le cellule carbonare, il «carbone» erano le armi, i sovrani da cacciare erano i «lupi» e l’Italia prendeva la forma di una «foresta». La riservatezza veniva mantenuta anche usando riti segreti e solenni giuramenti, con formule e simboli simili a quelli della Massoneria. In questo modo, i momenti in cui una sezione di carbonari si ritrovava somigliavano a una liturgia e i presenti venivano coinvolti da un clima di religiosa esaltazione. I carbonari, insomma, coltivavano ideali politici, ma si sentivano investiti da una vera a propria missione divina. Anche se necessaria per salvaguardare l’integrità dell’organizzazione dalle indagini poliziesche, la segretezza si tramutava poi in problema quando si trattava di dare programmi e obiettivi comuni al movimento. Per questo motivo i carbonari della Sicilia, di Roma o di Milano non riuscirono mai a concertare un piano d’insieme d’attacco alle istituzioni della Restaurazione e le loro rivolte rimasero episodi isolati gli uni dagli altri, con ovvie e minori possibilità di successo. Altro grave difetto fu l’elitarismo. Della Carboneria – così come degli Adelfi, nati in Francia e diffusi nel Settentrione della penisola, o dei Sublimi Maestri Perfetti, creati dal rivoluzionario Filippo Buonarroti – facevano parte solo gli esponenti più avanzati della borghesia e gli ufficiali appartenuti in passato alle forze napoleoniche. Da queste associazioni e dai loro progetti restava dunque esclusa la gran parte della popola- A cominciare dal 1820, lo scontento della borghesia e l’insofferenza dei popoli verso i regimi assolutisti restaurati portarono alle prime rivolte. In quell’anno ci furono insurrezioni in Spagna e nel Regno delle due Sicilie. Il re Ferdinando VII, appena restaurato sul trono di Madrid, abrogò immediatamente la Costituzione del 1812 (stesa sul modello di quella francese del 1791), ma, pressato dalla ribellione dell’esercito, nel quale operavano molti membri di società segrete liberali o democratiche, fu costretto a ripristinarla e a consentire l’elezione del Parlamento. A Napoli, il re Ferdinando I dovette fare lo stesso, anche in questo caso spinto dalla ribellione degli ufficiali dell’esercito, che nel luglio 1820 mossero da Nola ad Avellino e da qui a Napoli. I costituzionali partenopei dovettero a loro volta fronteggiare la secessione della Sicilia, che si proclamò indipendente, ma il regime liberale dell’Italia meridionale ebbe in ogni modo vita breve. Nel gennaio 1821, Ferdinando I si presentò a Lubiana, in Slovenia, ai plenipotenziari della Santa Alleanza, chiedendone l’aiuto e acconsentì che truppe austriache ristabilissero l’ordine nel suo regno. Il che puntualmente avvenne entro il mese di marzo. Accompagnato dagli austriaci, che discesero poi fino in Sicilia, occupandola, il sovrano rientrò a Napoli e abolì la Costituzione che aveva giurato di difendere, reprimendo gli insorti e ristabilendo l’assolutismo. Dal canto suo, il regime costituzionale spagnolo, indebolito dall’ostilità dello stesso sovrano e dalla divisione tra forze rivoluzionarie, fu abbattuto dalle truppe francesi di Luigi XVIII, sollecitate dalla Santa Alleanza, tra la primavera e l’estate del 1823. Allo scioglimento del Parlamento, re Ferdinando VII fece seguire una brutale repressione. Moti liberali scoppiarono anche in Piemonte. Nel marzo 1821, le guarnigioni dell’esercito sabaudo di Torino e altre città si ribellarono, ottenendo la rinuncia al trono del re Vittorio Emanuele I e l’incoronazione Pellico e Maroncelli processati e condotti alla fortezza austriaca dello Spielberg, XIX secolo, Torino, Museo del Risorgimento. del fratello, Carlo Felice. Questi, però, era assolutamente contrario alla concessione di una qualsiasi Costituzione e chiese l’intervento dell’Austria, che mandò all’inizio di aprile le sue truppe. In meno di un mese i moti piemontesi vennero quindi stroncati. La rapidità con la quale gli austriaci riuscivano a soffocare ogni tentativo di ribellione dimostrava che le rivolte organizzate dai carbonari e da altri cospiratori non erano sostenute da un vasto consenso popolare. Morte, prigione o esilio per i capi rivoluzionari In tutti gli Stati dove si erano accesi focolai di rivolta, dunque, l’intervento della Santa Alleanza riportò la situazione all’ordine e le Costituzioni furono abrogate. Molti membri delle società segrete furono condannati e imprigionati, altri costretti all’esilio. Il capo dei carbonari piemontesi, il conte Santorre di Santarosa, tentò invano di convincere il principe Carlo Alberto, erede al trono dei Savoia, a sostenere i moti costituzionali. Santorre di Santarosa fuggì e andò a combattere in Grecia, dove morì nel 1825. Fu invece arrestato e condannato al carcere Federico Confalonieri, capo dei carbonari del Lombardo-Veneto, che aveva progettato l’unione col Piemonte proprio assieme al Santarosa. Confalonieri era un collaboratore de «Il Conciliatore», giornale milanese favorevole agli ideali liberali fondato da Silvio Pellico e costretto alla chiusura dagli austriaci. Anche Pellico era un carbonaro e anch’egli fu arrestato. Rimase prigioniero per anni nella fortezza austriaca dello Spielberg, presso Brno, in Moravia, insieme a Confalonieri e Piero Maroncelli. Dopo la liberazione, scrisse un celebre libro, dal titolo Le mie prigioni, che ebbe il merito di diffondere presso un pubblico relativamente vasto, non solo in Italia, la simpatia per i patrioti italiani. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che nei moti italiani del 1820-1821, come poi anche in quelli del 1830-1831, furono largamente assenti le rivendicazioni di stampo nazionale. Le richieste dei rivoltosi rimasero ancora tutte concentrate sull’ottenimento di una Costituzione e sulla concessione di provvedimenti liberali da parte dei governanti della Restaurazione. L’indipendenza della Grecia e il moto decabrista in Russia Il fallimento dei moti del 1820-1821 fu seguito da un decennio di apparente tranquillità, mosso solo alla periferia del continente dagli eventi di Grecia e Russia. Il popolo greco si rivoltò al dominio turco nel 1821, su spinta della forte borghesia mercantile e dei militari riuniti nelle Eterìe, le società segrete più diffuse nel paese balcanico, e nel gennaio 1822 proclamò l’indipendenza. La reazione dei turchi fu violentissima e i dieci anni che seguirono furono anni di lotta feroce. Basta ricordare quanto avvenne nell’isola egea di Scio, dove © Loescher Editore – Torino 180 1760 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 181 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Valacchia Bucarest M ar Nero Sinope Sofia Ragusa R U S S O Trebisonda Istanbul Albania I M P E R O Salonicco O T T O M A N O Ankara A n a t o l i a Smirne Atene GRECIA Antiochia Cipro Siria Creta M a r M e d i t e r r a n e o decabrista: il termine deriva dalla parola russa dekabr, che significa «dicembre», mese in cui scoppiarono, e furono represse, le insurrezioni. 8000 abitanti su 30.000 vennero massacrati, mentre gli altri furono torturati o venduti come schiavi dagli ottomani. Il richiamo dei greci toccò allora il cuore di molti patrioti europei, che accorsero in aiuto della nazione ellenica: da Santorre di Santarosa, di cui abbiamo già parlato, a lord George Byron, famoso poeta inglese. Anch’egli trovò la morte in Grecia, durante l’assedio turco della città di Missolungi. Risolutivo per l’esito della lotta fu però l’appoggio fornito ai greci da Inghilterra, Russia e Francia. Questi Stati erano alla ricerca di una soluzione per la cosiddetta «questione d’Oriente», determinata dal declino sempre più evidente dell’Impero ottomano che, da un lato, apriva lo spazio alle rivendicazioni dei popoli balcanici a lungo sottomessi ai turchi, dall’altro stimolava gli appetiti delle grandi potenze d’Europa. Greci, albanesi, serbi, bulgari, rumeni e montenegrini, in maggioranza cristiani, desideravano finalmente svincolarsi dal dominio di Istanbul, mentre la Russia sperava nel crollo della Sublime Porta per farsi strada fino al Mediterraneo. In questa sua aspirazione era contrastata dall’Austria, che voleva anch’essa espandersi nei Balcani. Francia e Inghilterra, dal canto loro, vedevano di cattivo occhio un rafforzamento russo e tuttavia desideravano liberare i traffici mediterranei dalle navi turche. Così Russia, Francia e Inghilterra sostennero i greci, concordando sull’interesse comune a indebolire l’Impero ottomano. L’Austria e la Prussia invece non intervennero, originando una prima frattura nell’unità della Santa Alleanza. E. Devéria, Il re presta giuramento sulla nuova Costituzione, 9 agosto 1830, 1836, Versailles, Musée Nationale du Château. Nell’ottobre 1827 la flotta europea distrusse nella baia di Navarino la flotta ottomana e proprio questa battaglia aprì la strada alla conquista greca dell’indipendenza, che arrivò finalmente nel 1832. Sovrano costituzionale del nuovo Stato greco divenne Ottone I di Baviera. Era in Europa il primo trionfo dell’ideale di patria e di nazione. In Russia, ad Alessandro I era successo nel 1825 Nicola I, fautore di un rigido assolutismo e portabandiera del connubio tra autocrazia zarista e interessi della Chiesa ortodossa, il tutto per la gloria della «grande madre Russia». Proprio in occasione della sua ascesa al trono, la netta chiusura di Nicola I ad ogni riforma spinse alla ribellione gli ufficiali dell’esercito che avevano combattuto contro Napoleone e che più desideravano l’apertura del sovrano al liberalismo. La rivolta, detta «decabrista» , fu facilmente schiacciata dall’imperatore, anche perché i cospiratori, per la maggioranza appartenenti alla nobiltà, non avevano coinvolto le masse contadine. Lo zar fece giustiziare o deportare coloro che avevano guidato e organizzato la rivolta. I moti del 1830: cade la monarchia assoluta di Francia Il panorama politico europeo si mosse di nuovo, improvvisamente e in senso rivoluzionario, in Francia nel 1830, causando nel continente una lunga reazione a catena. Il re Carlo X, fautore dell’assolutismo, era salito al trono nel 1824 e aveva tentato di abolire la Costituzione, favorire l’aristocrazia L’Europa e i moti del 1830-1831 NORVEGIA del Nord REGNO UNITO PAESI BASSI Hannover P Bruxelles Atlantico Madrid S PA G N A 1760 a M Londra Oceano DANIMARCA Berlino U S S r I M PE RO I A RUSSO Varsavia R Brunswick Po lo n ia Lipsia SASSONIA BELGIO Colonia Parigi FRANCIA Monaco SVIZZERA Vienna IMPERO AUSTRO-UNGARICO Parma Modena Bologna STATO DELLA CHIESA Roma REGNO Napoli DELLE Mare Mediterraneo IMPERO OTTOMANO DUE SICILIE GRECIA © Loescher Editore – Torino 182 SVEZIA Mare Le rivolte del 1830 negli altri paesi d’Europa Sempre nel 1830 il Belgio, cattolico e di lingua francese, si staccò dai Paesi Bassi, protestanti e di lingua fiamminga, divenendo una monarchia indipendente e dandosi una delle Costituzioni più liberali dell’epoca, senza che la Santa Alleanza trovasse l’accordo necessario per intervenire e reprimere i moti. Anche la Polonia si ribellò al dominio della Russia, ma questa rivolta, di carattere patriottico, fu sconfitta e duramente repressa dalla Santa Alleanza: a quelli dello zar si affiancarono infatti i soldati di Francia, Austria e Prussia. Lo stesso accadde in Italia, dove si accesero diversi focolai di rivolta. Nel ducato di Modena e Reggio, il duca La Camera dei Deputati presenta al duca d’Orleans Luigi Filippo I l’atto con cui viene designato sovrano. lt i c o Belgrado Bosnia Erzegovina Serbia I M P E R O Francesco IV appoggiò inizialmente i progetti carbonari di una vasta insurrezione nel Centro-nord d’Italia, allo scopo di diventare il sovrano dell’eventuale nuovo Stato. Resosi conto dell’inevitabile fallimento del progetto, duramente avversato dall’Austria, fece arrestare Ciro Menotti, capo dei carbonari e autore del disegno rivoluzionario. La rivolta scoppiò lo stesso, al principio di febbraio 1831, sostenuta dalla borghesia e dalla parte più avanzata dell’aristocrazia, e si estese presto in diverse città del ducato di Modena, di quello di Parma e Piacenza e dello Stato pontificio. L’intervento austriaco fu immediato e la ribellione venne soffocata nel sangue. Alla fine di maggio, lo stesso Ciro Menotti fu giustiziato, mentre la repressione colpiva i territori insorti. Nota positiva dell’episodio fu comunque la partecipazione popolare alla sommossa, assai più ampia di quanto avvenuto nel 1820-1821. Chiara eccezione al conservatorismo politico dell’Europa del 1830 rimase l’Inghilterra, che proprio in quegli anni varava i primi importanti provvedimenti a favore delle classi lavoratrici e che nel 1832 introdusse un’importante riforma elettorale. Con il nuovo Reform Bill, la base censitaria fu allargata in modo da permettere l’acces- a Vienna IMPERO AUSTRO-UNGARICO e il clero, limitare la libertà di stampa e indebolire il potere della borghesia. La borghesia francese delle manifatture, dei commerci e della finanza, sostenuta dai democratici, dagli intellettuali e persino da qualche esponente dell’aristocrazia, era tuttavia forte e nel 1827 e nel 1830 le elezioni le diedero la maggioranza alla Camera dei Deputati. Fu allora, nel luglio dello stesso 1830, che il sovrano emanò le cosiddette «Quattro ordinanze», con le quali cercò di imporre al paese il ritorno al più rigido autoritarismo, sciogliendo la Camera appena formata e introducendo una nuova legge elettorale, che dava il diritto di voto solo ai grandi proprietari terrieri. Fu la scintilla che fece scoccare la rabbia popolare. Per le strade si innalzarono le barricate e contro le truppe del sovrano combatterono la borghesia e molti ex ufficiali bonapartisti, operai, donne e ragazzi. La rivolta si concluse – dopo tre giorni di combattimenti, tra il 27 e il 29 luglio – con l’abdicazione e l’esilio di Carlo X. Al suo posto fu chiamato al trono Luigi Filippo d’Orléans, aristocratico di idee liberali, che il 9 agosto il Parlamento proclamò «re dei francesi per volontà della nazione». Era un colpo potente al legittimismo di fonte divina sancito dal Congresso di Vienna. La nuova Costituzione francese stabiliva inoltre l’allargamento del corpo elettorale e dava così prevalenza parlamentare alla borghesia, che da allora in poi avrebbe controllato le sorti politiche del paese transalpino. [ I NODI DELLA STORIA p. 188] B La Grecia indipendente e l’Impero ottomano La Restaurazione e i moti liberali e patriottici REGNO DI SARDEGN A 3 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 183 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione so al diritto di voto a un numero maggiore di cittadini. Soprattutto, furono ridisegnate le circoscrizioni elettorali, per consentire alle città industriali impetuosamente sviluppatesi negli ultimi decenni di mandare in Parlamento un numero adeguato di rappresentanti. Tutto ciò si tradusse in un incremento alla Camera dei Comuni degli esponenti della borghesia, a scapito dei proprietari fondiari, il cui potere venne per la prima volta seriamente intaccato. Nel 1846, inoltre, furono finalmente aboliti i dazi sul grano introdotti con le corn laws del 1815. Si favorivano in questo modo gli interessi della borghesia industriale esportatrice e le esigenze quotidiane dei ceti popolari e si apriva la strada a un ulteriore periodo di riforme liberali in campo sociale ed economico. I moti popolari contro la Restaurazione 1820-1821 1830 Spagna Regno delle Due Sicilie Piemonte Francia, Belgio, Polonia, ducati di Modena e Parma, Stato pontificio 7.4 Le rivoluzioni in America Latina L’America Latina al principio dell’Ottocento Quando tornò a governare la Spagna dopo il Congresso di Vienna, Ferdinando VII cercò di riaffermare la supremazia del suo paese sul Messico, l’Argentina e tutti gli altri paesi dell’America Latina. Lo stesso fece Giovanni VI, re del Portogallo e del Brasile. A dominare quei territori era, all’epoca della Restaurazione, la classe dei funzionari bianchi provenienti dall’Europa e incaricati di amministrare i possessi della corona. Un gradino più sotto nella scala sociale stava la classe dei bianchi nati in Sudamerica, detti creoli, che discendevano dagli europei trasferitisi lì da generazioni e senza più legami con la loro patria originaria. Questi ultimi possedevano le piantagioni e le miniere e si dedicavano ai commerci, fonte di ricchezza. Alla base della società stavano invece i mulatti, cioè i nati da genitori di razze diverse, e la gran massa degli indios e dei discendenti degli schiavi neri deportati dall’Africa. Erano i creoli, più di ogni altro ceto sociale, a desiderare l’indipendenza da Spagna e Portogallo e dal controllo degli inviati iberici, per poter decidere liberamente del proprio destino e sviluppare al massimo le proprie attività politiche, sociali ed economiche. quei nuovi paesi e dunque a contrastare il ritorno del potere spagnolo e portoghese susseguente alla sconfitta napoleonica e alla Restaurazione. Il presidente statunitense James Monroe giunse anzi nel 1823 ad affermare che gli Stati europei non avevano alcun diritto di intromettersi negli affari politici e territoriali dei paesi sudamericani. Gli Stati neonati erano tutti repubbliche, ad eccezione del Messico, che in un primo tempo fu riconosciuto come impero. Il Venezuela e la Colombia nacquero nel 1811, già durante l’occupazione napoleonica della Spagna, l’Argentina fu fondata nel 1816, il Cile nel 1818, il Messico nel 1821, l’Ecuador e il Brasile nel 1822, il Perù nel 1824, la Bolivia nel 1825, l’Uruguay nel 1828. Eroi di questa rivoluzione furono José de San Martín e soprattutto Simón Bolívar. Il primo (argentino), aveva partecipato alle guerre antinapoleoniche in Europa come ufficiale spagnolo: tornato in America del Sud, aveva organizzato l’esercito degli insorti e combattuto gli iberici, portando all’indipendenza il Cile e il Perù. Il secondo (venezuelano), liberati Venezuela e Colombia, si pose l’obiettivo di riunire i nuovi paesi latino-americani in una sola, grande federazione simile agli Stati Uniti d’Ame- Simon Bolivar. rica. Lo scopo non fu raggiunto a causa di dispute territoriali e rivalità politiche: Bolívar emigrò in Europa, ma l’ottenimento dell’indipendenza per l’America Latina fu comunque un grande risultato. Esso diede un altro duro colpo all’ordine stabilito dalla Restaurazione e fu un’affermazione degli ideali di libertà e autonomia sostenuti da tanti patrioti e rivoluzionari in Europa. L’America Latina nel primo Ottocento STATI UNITI La Restaurazione e i moti liberali e patriottici Gli Stati indipendenti in America Latina Possedimenti spagnoli Itinerario di Bolívar STATI UNITI Itinerario di San Martín Possedimenti portoghesi Città del Messico Honduras (R.U.) Mosquitia (R.U.) Mar Caraibico Città del Messico Martinica (R.U.) Barbados (R.U.) Trinidad (R.U.) Cartagena Isole Galapagos Caracas Bogotá NUOVA GRANADA Quito Guayaquil Guiane (R.U.) PERÚ Atlantico Bogotá Pará (Belém) BRASILE Guayaquil GRANDE (R.U.)(Ol.)(Fr.) COLOMBIA PERÚ La Paz Iquique CILE 1760 Pará (Belém) Bahia (Salvador) BOLIVIA Asunción Rio de Janeiro Valparaiso URUGUAY Montevideo Santiago Buenos Aires ia ARGENTINA Isole Malvine Terra del Fuoco © Loescher Editore – Torino 184 Atlantico IMPERO DEL (Recife) BRASILE PARAGUAY Rio de Janeiro Santiago RIO DE LA PLATA Montevideo Buenos Aires Manaus Quito Callao Lima Oceano Pacifico Asunción Angostura Guiane Pernambuco Pernambuco (Recife) Bahia (Salvador) La Paz Iquique Oceano Mar Caraibico PROVINCE UNITE DEL CENTRO AMERICA Cartagena Caracas (Fr.) Manaus Lima Oceano Pacifico (Ol.) Oceano gon L’incontro tra José de San Martin e il viceré spagnolo in Perù, José de La Serna, a Punchuncha (1821), XIX secolo. Tra 1811 e 1828 le colonie spagnole e portoghesi dell’America Latina conquistarono l’indipendenza grazie all’azione di alcuni movimenti che si ispiravano agli ideali delle rivoluzioni americana e francese, e che erano guidati dalla locale borghesia creola. Gli iberici tentarono di opporsi militarmente ai fermenti rivoluzionari, ma senza successo. Spagna e Portogallo, che dal Seicento vivevano un declino politico ed economico irreversibile, erano ormai incapaci di sostenere il peso dei propri imperi coloniali. L’indipendenza dei nuovi Stati fu raggiunta rapidamente, anche perché gli insorti ottennero l’appoggio di Inghilterra e Stati Uniti, interessati ad affermare il loro controllo sugli scambi commerciali con MESSICO N UOVA S PAG N A Pata Le colonie conquistano l’indipendenza © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 185 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione 7.5 Le rivoluzioni del 1848 in Europa Tre forze in campo F. Winterhalter, Napoleone III, 1852, Roma, Museo Napoleonico. Tweet Storia p. 358 Dopo il fallimento (con la parziale eccezione della Francia) delle rivoluzioni del 1830, le popolazioni europee avevano continuato a vivere nell’ordine stabilito dal Congresso di Vienna. Ma ogni paese era in fermento. Verso la metà del secolo, infatti, le forze sociali e politiche che volevano rovesciare le monarchie assolute, ridurre i diritti della nobiltà e permettere ai popoli di godere della loro autonomia erano cresciute. A dare forza al fronte rivoluzionario erano tre diverse parti della società. La classe borghese continuava a rivendicare a gran voce diritti politici e libertà economica. I movimenti nazionalisti chiedevano il diritto per ogni nazione di vivere in modo autonomo sul proprio territorio. I proletari, la cui parte operaia era sempre più numerosa, lottavano per migliori condizioni di lavoro: salari più alti, maggiore sicurezza alle macchine, turni più tollerabili e il diritto di associazione per difendere i propri interessi. Queste tre componenti non avevano esattamente gli stessi obiettivi, ma subivano assieme la rigidità e l’ingiustizia dell’ordine imposto dalla Restaurazione e si trovavano spesso unite nel lottare contro di essa. Nel 1848 tutte le tensioni accumulate nei decenni precedenti ebbero sfogo improvviso in un rapido e violento fremito rivoluzionario, che attraversò l’intero continente europeo. Risultato delle rivolte fu il definitivo abbattimento dell’ordine internazionale costruito al Congresso di Vienna e imperniato sulla Santa Alleanza. La borghesia avanzò ovunque, ma solo in Francia ottenne la piena responsabilità di governo, riuscendo finalmente a surclassare la nobiltà e chiudendo con una vittoria la propria ascesa rivoluzionaria al potere. Al contempo, si affacciò sensibilmente alla ribalta il ceto operaio: esso non prevalse, ma cercò comunque di imporre i propri obiettivi sociali, portandoli all’attenzione dell’opinione pubblica continentale. Questa svolta era foriera di nuovi scontri e nuove tensioni nel panorama politico europeo. La rivoluzione in Francia e l’avvento di Napoleone III La rivoluzione cominciò ancora una volta in Francia. Il paese era tormentato da una profonda crisi economica e il re Luigi Filippo fu accusato di favorire solo gli interessi della borghesia più ricca e della nobiltà: d’altro canto, data la ristretta base elettorale, erano questi due ceti a conservare in modo oligarchico il controllo del potere politico. In realtà, il sovrano aveva contro l’intera popolazione. L’aristocrazia covava rancore e non era disposta a difendere la corona per aver perso le proprie posizioni di privilegio con la cacciata di Carlo X. La piccola e media borghesia lottava per essere ammessa al voto e dunque alla rappresentanza parlamentare. Il proletariato, che tanta e misconosciuta parte aveva avuto nella rivoluzione del 1830, era organizzato in associazioni clandestine socialiste e aspirava a un miglioramento delle proprie condizioni di vita e al suffragio maschile universale. E la grande borghesia era convinta che il sovrano non avrebbe mai davvero sviluppato l’economia in senso liberista come da essa auspicato. Il 22 febbraio 1848, davanti all’ennesimo rifiuto della corona di allargare il diritto al suffragio, la popolazione di Parigi insorse in tutte le sue componenti, invase la reggia delle Tuileries e distrusse il trono di Luigi Filippo. In capo a tre giorni, il re dovette fuggire e fu proclamata la repubblica. Anzi, la Seconda Repubblica, dopo quella del 1792. Il nuovo governo, straordinariamente composto da liberali borghesi e socialisti, stabilì che tutti i cittadini maschi e maggiorenni dovevano avere diritto di voto, senza alcuna distinzione di ricchezza: era il suffragio universale, alla sua prima apparizione in Europa. Inoltre fu data libertà di stampa e si cercò di migliorare le condizioni dei salariati, affermando il diritto al lavoro, stabilendo in dieci ore la durata massima della giornata lavorativa e sancendo l’accoglienza dei disoccupati negli ateliers nationaux, le «fabbriche nazionali» finanziate dallo Stato e create sul modello indicato da Louis Blanc, che faceva parte del governo. Il pagamento dei salari portò però all’aumento repentino del debito pubblico e a un innalzamento delle tasse. La borghesia vide compromessi i propri privilegi e, temendo l’ulteriore avanzata del proletariato, si oppose all’introduzione di nuove riforme. Alle prime elezioni a suffragio universale, in aprile, trionfarono i repubblicani più moderati, a scapito dei socialisti, e la nuova Assemblea costituente revocò alcune delle leggi appena varate: l’orario di lavoro fu nuovamente liberalizzato e le «fabbriche nazionali» chiuse. Il risultato della stretta conservatrice fu la rivolta operaia di giugno, che venne repressa nel sangue dall’esercito. Nel dicembre 1848, a sancire la sconfitta del proletariato e il definitivo trionfo della borghesia più moderata venne eletto presidente della Repubblica Luigi Napoleone Bonaparte, nipote del grande Napoleone. Nel 1852 egli, appoggiato dalle classi più ricche e dalla nobiltà, si impadronì definitivamente del potere con un colpo di Stato e si proclamò imperatore con il titolo di Napoleone III. La Restaurazione e i moti liberali e patriottici H. Philipotteaux, Lamartine fa acclamare la bandiera tricolore nel 1848 sulla scalinata dell’Hôtel de Ville, 1848, Parigi, Musée du Petit Palais. La sconfitta di liberali e patrioti in Austria e Germania L’esempio della Francia incendiò l’Europa. Nel mese di marzo 1848, poche settimane dopo la cacciata di Luigi Filippo, rivolte scoppiarono in Belgio, Germania, Austria, Ungheria, Boemia e Italia. Uniche eccezioni al fremito rivoluzionario furono l’Inghilterra dove, come abbiamo visto, i governi attenuavano le tensioni sociali con frequenti e assai graduali riforme, e la Russia, che al contrario si dimostrava del tutto insensibile alla spinta liberale. In Belgio, la mobilitazione socialista e borghese a favore del suffragio universale fu repressa dalle autorità. A Vienna la popolazione, che chiedeva una Costituzione, insorse e costrinse Ferdinando I a sacrificare Metternich. Alla notizia delle difficoltà della capitale, anche Praga e Budapest si sollevarono: cechi e magiari alzarono le barricate per ottenere l’indipendenza dagli austriaci. Ferdinando I fu costretto a fuggire da Vienna e a promettere la convocazione di un Parlamento imperiale eletto a suffragio universale, ma ciò non bastò a sedare la protesta e le spinte autonomistiche, tanto che in Boemia e Ungheria furono creati governi nazionali provvisori. L’imperatore conservò l’unità del regno grazie al forte esercito asburgico, che sconfisse i rivoltosi a Praga e nella stessa Vienna, ma verso la fine dell’anno abdicò in favore del nipote Francesco Giuseppe, appena diciottenne. Il nuovo imperatore sciolse il Reichstag ossia il Parlamento e riaffermò l’organizzazione statale accentrata dell’Impero asburgico: le sue truppe, aiutate da quelle russe, espugnarono Budapest nell’estate del 1849. Concesse, infine, ai suoi oppositori una Costituzione che prevedeva la creazione di un Parlamento eletto a suffragio molto ristretto. In Germania, i patrioti ottennero la convocazione a Francoforte di un’Assemblea costituente che comprendeva rappresentanti di tutti gli Stati tedeschi, inclusa l’Austria. Essa subito emanò diversi provvedimenti di stampo liberale, dall’allargamento del diritto di voto alla concessione della libertà di stampa, ma non avendo il potere per imporre le sue decisioni ai sovrani dei moltissimi principati tedeschi, si rivolse a Federico Guglielmo IV, re di Prussia, con l’intenzione di offrirgli la corona imperiale di Germania. I moti popolari del 1848 contro la Restaurazione 1848 Francia, Germania, Austria, Italia, Ungheria, Boemia © Loescher Editore – Torino 186 1760 © Loescher Editore – Torino 1765-1784 Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore 1800 Volta costruisce la pila elettrica 1804 Laennec costruisce il primo stetoscopio 1821 Inaugurazione della prima linea ferroviaria 1861 187 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione L’Europa e i moti del 1848 Nord Ma Amburgo Amsterdam PAESI BASSI Hannover Dusseldorf Colonia R P Berlino S U S r B IMPERO A I Cracovia Stoccarda Praga Nantes Monaco F R A N C I A Neuchatel IMPERO Vienna SVIZZERA AUSTROMilano Venezia Zagabria Parma Budapest UNGARICO A Marsiglia Brunn Torino REG NO DI SARDEGN Lione RUSSO Varsavia Posen Francoforte Parigi Riga al ti DANIMARCA Copenaghen del Limoges co Mare Bologna STATO Firenze DELLA CHIESA Genova Mare Roma Mediterraneo REGNO Napoli DELLE Corfù DUE SICILIE Palermo Cefalonia GRECIA Alla Prussia, infatti, che dopo le guerre napoleoniche e il Congresso di Vienna si era ampliata ed era diventata una grande potenza europea, guardavano i tedeschi per realizzare il sogno di unità nazionale. E nel 1834, insieme ad altri 18 Stati germanici, aveva promosso lo Zollverein, un accordo che mirava attraverso l’abbattimento delle barriere doganali a promuovere gli scambi commerciali tra i firmatari. Ora i tedeschi desideravano compiere, dopo il felice esperimento economico, un passo avanti anche in campo politico. Ma il re rifiutò la nuova corona: temeva di disperdere il carattere nazionale prussiano nella più vasta formazione tedesca; egli, inoltre, si considerava un re per diritto divino e non voleva accettare un’investitura dal basso; soprattutto, temeva la reazione degli altri paesi europei a un tale rafforzamento della Germania. L’Assemblea costituente fu sciolta e i moti rivoluzionari repressi. L’empito di ribellione dei popoli europei del 1848 si concluse dunque con risultati ampiamente insoddisfacenti per chi aveva sperato in una svolta politica. Quali furono gli effetti della Restaurazione? 188 © Loescher Editore – Torino 1814-1815 Congresso di Vienna utopisti o da partiti rivoluzionari, quanto dal nuovo assetto dei poteri economici reso necessario dallo sviluppo del capitalismo. Le potenze europee che si erano riunite nel congresso di Vienna avevano pensato, prima di tutto, a garantire un nuovo equilibrio continentale. Ma per alcuni si trattava effettivamente di coniugare questo principio, tutto sommato pragmatico e ragionevole, con una rinnovata concezione provvidenziale della storia, una visione religiosa e quasi apocalittica che imputava alla Rivoluzione ogni crimine e nefandezza. Per altri, il periodo intercorso tra 1789 e 1815 doveva essere considerato, semmai, come una semplice parentesi da archiviare senza eccessivi drammi. Anche se i sostenitori più reazionari della Restaurazione sembrarono, sul momento, in vantaggio, furono i secondi a prevalere. Si trattava di quei liberali moderati favorevoli, pur se con giudizio e prudenza, a un compromesso con la modernità. Espressione del mondo borghese degli affari ma anche influenti nei settori più illuminati dell’aristocrazia, saranno costoro ad archiviare abbastanza presto gli aspetti più radicali e reazionari del processo scaturito dopo il Congresso di Vienna. In Francia, dove tutto era cominciato, nel 1830 una nuova rivoluzione, borghese e moderata, spazzava via l’oltranzismo di Carlo X, l’ultimo esponente della casa dei Borbone. 1 Il Congresso di Vienna sancisce la Restaurazione dell’ordine precedente la Rivoluzione francese e si basa su due principi: legittimità ed equilibrio. Nel 1814-1815, Austria, Prussia, Russia, Regno Unito e Francia si riunirono a Vienna per concordare un nuovo ordine per l’Europa post napoleonica. Furono fissati due principi: legittimità ed equilibrio. Il primo stabiliva che ogni Stato dovesse essere governato dai suoi legittimi governanti, cioè dalle dinastie che regnavano prima della Rivoluzione francese. Il secondo affermava che nessuno Stato dovesse essere più forte degli altri. A garantire la Restaurazione dell’assolutismo furono stipulate la Santa Alleanza e la Quadruplice Alleanza, con il compito di soffocare ovunque in Europa moti o proteste liberali. 2 1815 Russia, Prussia e Austria stipulano la Santa Alleanza 1820-1821 Moti liberali in Spagna e negli Stati italiani 1821-1832 La Grecia si libera dal dominio ottomano I NODI DELLA STORIA Il Congresso di Vienna fu l’atto d’inizio di un processo politico volto alla rilegittimazione del vecchio ordine politico uscito devastato dalla Rivoluzione francese e dall’avventura napoleonica. Gli storici chiamano Restaurazione questo processo politico e giuridico i cui esiti furono del tutto ambivalenti. Da un certo punto di vista si può dire che la ricerca di un equilibrio politico di tipo settecentesco tra le potenze europee ebbe successo. Per più di un secolo furono evitate guerre generalizzate, come quelle di successione o quella dei Sette Anni del XVIII secolo. I conflitti, compresi quelli legati alla questione italiana, furono limitati nel tempo e tutto sommato circoscritti. Da questo punto di vista il nuovo ordine pensato nel 1815 fu effettivamente in grado di far terminare il disordine generatosi nel 1789. Ma da un altro punto di vista, la politica della Restaurazione si rivelò un disastro assoluto. Un conto, infatti, era pensare di restituire ai sovrani legittimi i troni sottratti dalla furia napoleonica; magari cautelandosi con la creazione di Stati cuscinetto lungo la frontiera franco-tedesca, ipotizzando un ruolo più balcanico e italiano per l’Austria e una solida egemonia prussiana negli Stati tedeschi. Tutt’altra cosa era pensare di ricostruire le strutture sociali ed economiche dell’Ancien régime; la centralità dell’aristocrazia nella società europea del XIX secolo non era messa in discussione tanto da pensatori 1811-1828 Indipendenza dell’America Latina da Spagna e Portogallo La Restaurazione e i moti liberali e patriottici 1830 La Francia abbatte la monarchia assoluta: monarchia borghese di Luigi Filippo 1848 Rivoluzioni in Europa 1848-1852 Seconda Repubblica in Francia 1852 Il presidente francese Luigi Napoleone Bonaparte si proclama imperatore La Restaurazione stimola lo sviluppo di un intenso dibattito teorico: nasce il pensiero politico ottocentesco. La Restaurazione impose un ritorno al passato in ogni campo: politica, società, economia e cultura. Per reazione, si sviluppò un intenso dibattito teorico tra gli oppositori dell’assolutismo. I liberali sostenevano la monarchia costituzionale e parlamentare, che avrebbe garantito alla borghesia fondamentali libertà civili e di iniziativa economica. I repubblicani proponevano la repubblica e l’allargamento del diritto di voto a tutti i cittadini. I patrioti nazionalisti lottavano per i diritti dei popoli a svincolarsi dal dominio straniero e a costruire un proprio Stato indipendente. I socialisti si battevano principalmente per la concessione di migliori condizioni di lavoro al proletariato. I comunisti, infine, prospettavano l’abbattimento della società borghese capitalistica e l’instaurazione di una società priva delle divisioni di classe. 3 Nel 1820 e di nuovo nel 1830 scoppiano in Europa rivolte, organizzate da militanti liberali, che si risolvono generalmente in un fallimento. Nel 1820 e nel 1830 scoppiarono in Europa le prime sollevazioni liberali. I moti furono repressi dalle truppe della Santa Alleanza in Spagna (1820-1823), nel Regno delle Due Sicilie (1820-1821), in Piemonte (1821), Polonia (1830) e ducati dell’Italia centrosettentrionale (1831). Costituì un’eccezione il successo della rivolta francese: nel 1830 l’assolutismo venne abbattuto e sul trono salì Luigi Filippo, proclamato «re per volontà della nazione». 4 Il Regno Unito attua una accorta politica di graduali riforme, mentre la Grecia e i paesi latinoamericani ottengono l’indipendenza. In questi decenni il Regno Unito, che già godeva di una monarchia costituzionale e di un Parlamento rappresentativo, attuò una serie di graduali riforme sociali a favore delle classi popolari e riuscì a evitare tensioni sociali troppo violente. La riforma elettorale del 1832 allargò inoltre a strati sempre più ampi della borghesia l’accesso alle istituzioni. Rilevanti furono anche le vicende della Grecia, che nel 1832 ottenne l’indipendenza dal dominio ottomano, e dei paesi latinoamericani, che nei primi decenni del secolo si liberarono del potere spagnolo e portoghese, assurgendo tutti al rango di Stati indipendenti a regime repubblicano. 5 Nel 1848 un nuovo ciclo di moti rivoluzionari consegue risultati soddisfacenti solo in Francia, dove la monarchia viene rovesciata a vantaggio della repubblica (che avrà vita breve). Nel 1848 scoppiarono a Parigi, Berlino, Vienna, Praga e Budapest nuove rivoluzioni. Anche in questo caso solo in Francia si ottennero risultati concreti: la monarchia venne abbattuta e fu sostituita dalla repubblica, alla cui azione di governo parteciparono attivamente i socialisti. In Germania, fallì il tentativo della borghesia di introdurre una democrazia di stampo liberale. A Praga e Budapest le aspirazioni di cechi e magiari a liberarsi del dominio austriaco vennero duramente represse. A Vienna, i rivoltosi ottennero l’abdicazione dell’imperatore e l’emanazione di una Costituzione moderata. Infine, nel 1852, anche la Francia ritornò sulla via della conservazione con l’imperatore Napoleone III. © Loescher Editore – Torino 189 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Barricate, rivolte, rivoluzioni: la rappresentazione di una nuova politica La Restaurazione e i moti liberali e patriottici Il 1848 in Europa Sulla scia dell’esempio parigino, nel marzo del 1848 altre città e altre capitali si sollevarono, da Brescia e Milano a Vienna e Berlino. Diverse erano le ragioni di queste sollevazioni: nelle prime due città si trattava di una rivolta contro il governo imperiale austriaco, nelle seconde, di un moto per la Costituzione. Comune era invece l’azione collettiva di masse popolari, rappresentate sulle barricate in lotta contro le autorità costituite. La Rivoluzione francese, ben al di là degli eventi del 1789-1794, aveva creato un modello e un esempio di trasformazione radicale della politica e della società. Di qui era scaturita una tradizione rivoluzionaria a cui in seguito si rifece chiunque intendesse cambiare l’Ancien régime, in Francia e non solo. Sull’onda lunga della Rivoluzione francese, che sopravvisse all’epoca della Restaurazione, in tutta Europa nel corso dell’Ottocento si affermarono nuove pratiche di lotta politica. Le barricate e le insurrezioni urbane costituirono un nuovo repertorio di azione collettiva che segnò i moti del 1820-1821, le rivoluzioni del 1830 e quelle del 1848. La loro forza motrice fondamentale continuò a derivare dalla memoria e dalla tradizione dell’esperienza rivoluzionaria francese, incarnata dai valori e dai simboli del 1789. L’insurrezione parigina del 1830 Per ondate successive, dalla Spagna alla Russia, i moti del 1820-1821 cercarono di sovvertire gli ordini politici della Restaurazione, soprattutto attraverso congiure organizzate da società segrete. Fu soprattutto nel 1830, non a caso di nuovo a Parigi, che il «popolo» tornò protagonista di una rivoluzione: infatti, le «tre gloriose giornate» di luglio, segnate dall’insurrezione popolare, portarono all’abbattimento della monarchia assoluta di Carlo X e all’avvento di quella costituzionale di Luigi Filippo d’Orléans. Giuseppe Mazzini arringa la folla a Milano nel 1848. La Comune di Parigi Gli insorti occupano l’Hôtel de Ville, 28 luglio 1830, incisione anonima. L’insurrezione parigina del 1848 Rivoluzione del 1848: E. Hagnauer, Incendio dello Château d’Eau del Palazzo Reale. 190 © Loescher Editore – Torino Le dieci giornate di Brescia. Furono le rivoluzioni europee del 1848 a segnare una profonda trasformazione nei modi e nelle forme dell’azione collettiva, nonché nei linguaggi della politica, portando all’affermazione di carte costituzionali da Torino a Berlino e sancendo il nuovo e potente influsso del socialismo in Francia e del nazionalismo su tutto il continente. Uno degli strumenti privilegiati dalle insurrezioni popolari furono le barricate, costruzioni e fortificazioni improvvisate e rudimentali che da allora divennero tipiche della guerriglia urbana. Ancora una volta Parigi fu la capitale di una rivoluzione; questa volta, ben lungi dall’esaurirsi entro i confini francesi, l’insurrezione si estese a larga parte d’Europa: prima le masse popolari contribuirono alla disfatta della monarchia orleanista e alla proclamazione della Repubblica (febbraio 1848), poi si ribellarono contro il governo repubblicano in nome di una più radicale politica sociale (giugno 1848). Le masse popolari francesi furono di nuovo protagoniste, in occasione della Comune di Parigi, che si inaugurò nel 1871, a seguito della sconfitta di Napoleone III contro la Prussia nel 1870. Un inedito intreccio di patriottismo e socialismo, di giacobinismo politico e radicalismo sociale animò i comunardi, prima di essere repressi dal governo repubblicano, nel maggio 1871. Tuttavia, il mito e il contro-mito della Comune avrebbero continuato ad alimentare le speranze del movimento operaio nascente e le ansie delle borghesie europee fino alla Prima guerra mondiale. La Comune di Parigi: la statua di Napoleone dopo l’abbattimento della colonna di Place Vendôme. © Loescher Editore – Torino 191 3 7 L’Ottocento: l’affermazione degli Stati-nazione Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva le cartine alle pp. 183 e 188 e ricava da esse (aiutandoti anche con il testo del capitolo) la cronologia dello scoppio dei moti rivoluzionari dal 1820 al 1848. 1 Nel la Grecia ottiene l’indipendenza nazionale 2 Nel luglio il sovrano francese emana le «Quattro ordinanze», con le quali cerca di imporre al paese il ritorno al più rigido assolutismo 3 Nel , dalla fusione dei regni di Napoli e Sicilia, nasce il regno delle Due Sicilie 4 Tra il e il le colonie spagnole e portoghesi dell’America Latina conquistano l’indipendenza 5 Nel un fremito rivoluzionario attraversa l’Europa e abbatte l’ordine internazionale costruito al Congresso di Vienna 6 Nel vengono aboliti i dazi sul grano introdotti con le corn laws, favorendo gli interessi della borghesia industriale esportatrice 7 Nel viene pubblicato il Manifesto del partito comunista, di Karl Marx e Friedrich Engels 8 Il 9 giugno si conclude il Congresso di Vienna, che apre l’età della Restaurazione 9 Tra il e il scoppia la seconda ondata di moti rivoluzionari 10 Il 9 agosto il Parlamento proclama Luigi Filippo d’Orléans «re dei francesi per volontà della nazione» 11 Il 22 febbraio viene proclamata la Seconda repubblica francese, dopo quella del 12 Tra il e il scoppia la prima ondata di moti rivoluzionari Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo della Restaurazione. 1 2 3 4 5 6 7 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento, poi distingui con un colore gli avvenimenti che coinvolgono la penisola italiana. 5 La Restaurazione e i moti liberali e patriottici Stato cuscinetto Reazionari conservatori Proletariato urbano operaio Specificità dei popoli Spirito cooperativo Plenipotenziari Elitarismo Nel corso del tempo il concetto di «Massoneria» ha cambiato la sua connotazione; spiega brevemente quale valore aveva nel periodo dei moti liberali e quale valore ha assunto oggi. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa ai moti rivoluzionari. Poi rispondi alle domande. I moti rivoluzionari in Europa tra il 1820 e il 1831 Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Il Congresso di Vienna apre la cosiddetta età della Restaurazione, caratterizzata dalla volontà delle potenze vincitrici di restaurare l’ordine dell’(1) , cioè l’ordine che le idee della Rivoluzione (2) e vent’anni di guerre napoleoniche avevano sconvolto, ripristinando il sistema politico e sociale dell’assolutismo. La Restaurazione viene applicata in ogni campo: politico, economico e culturale. In campo politico il potere è restituito a re e imperatori legittimi; essi detengono un potere (3) , non limitato in alcun modo dalle leggi o da un’assemblea (4) . Campioni della conservazione sono in particolare Prussia, Austria e Russia: i sovrani di questi paesi governano con rigore, soffocando grazie a efficienti apparati polizieschi qualsiasi rigurgito libertario. In campo economico si tenta di riaffermare i (5) delle antiche classi dominanti, in primo luogo della nobiltà. Si pone un freno invece alla (6) , la classe sociale che ovunque produceva la maggior quantità di ricchezza e che per le proprie attività ha bisogno della libera (7) di persone e merci, nonché della rimozione delle barriere economiche imposte dai governi conservatori e accentrati. In campo culturale, gli uomini di pensiero europei si dividono in due correnti: da una parte i reazionari conservatori, dall’altra i liberali. I primi si oppongono agli ideali dell’(8) ed esaltano i valori tradizionali, convinti che la fedeltà al sovrano e il rispetto della religione portino stabilità e benessere alla società europea; i liberali, invece, vogliono la creazione di uno Stato (9) con una Costituzione e un Parlamento realmente rappresentativi. Il più importante movimento culturale europeo della prima metà dell’Ottocento è il (10) , che con la sua esaltazione dell’idea di «identità nazionale» dà un imprevedibile sbocco politico a un movimento di natura prettamente culturale e un aiuto fondamentale alla nascita degli Stati nazionali che rivendicano la (11) e la creatività del singolo popolo contro l’oppressione. 1 Quali classi si oppongono alla Restaurazione in atto in Europa? 2 In quali paesi i moti rivoluzionari riescono a ottenere una Costituzione liberale? 3 Quali sono le cause della sconfitta dei moti rivoluzionari? Mostra quello che sai 7 192 © Loescher Editore – Torino Osserva l’immagine a p. 178: qual è il valore simbolico di questo famoso dipinto? © Loescher Editore – Torino 193