CAPITOLO 15 15.1 15.2 15.3 15.4 Metodi fisici Metodi chimici Controlli di sterilità Applicazioni della sterilizzazione in campo farmaceutico e suoi limiti Autoclave - sterilizzatore a vapore. Sterilizzazione er sterilizzazione si intende quel processo in grado di distruggere, inattivare o rimuovere tutte le forme di vita ottenuto mediante metodi fisici e chimici (Tabella 15.1). P 15.1 METODI FISICI I metodi fisici utilizzati per la sterilizzazione impiegano il calore, le radiazioni ed i sistemi di filtrazione. 15.1.1 IL CALORE Il calore è il metodo di sterilizzazione più comunemente utilizzato per inattivare qualunque forma di vita. È somministrato in forma di fiamma diretta (incenerimento), di calore secco e calore umido. L’effetto letale è dovuto a reazioni di ossidazione (calore secco) o di idrolisi e denaturazione (calore umido) che alterano le strutture macromolecolari dei microrganismi. L’inattivazione termica si ottiene per azione del calore su vari siti bersaglio dei microrganismi, quali la membrana esterna dei batteri Gram negativi, la membrana citoplasmatica, gli acidi nucleici e le proteine. La sensibilità dei microrganismi dipende dalle strutture macromolecolari ed in particolare dal numero di legami ad alta energia, ai quali corrisponde una maggiore resistenza, oltre che dal contenuto in acqua delle cellule stesse. I batteri non sporigeni e i virus sono normalmente distrutti a temperature di 50-60°C così come le forme vegetative dei funghi. Le spore, in particolare le spore dei batteri termofili, sono più resistenti delle forme vegetative per il loro basso contenuto in acqua e per la 251 252 CAPITOLO 15 Tabella 15.1 Sterilizzazione Principali metodi di sterilizzazione Processo Fisico Chimico Agente Condizioni Modalità d’azione Calore secco 160°C × 120 min 170°C × 60 min 180°C × 30 min Reazioni di ossidazione Calore umido 121°C × 15 min 126°C × 10 min 134°C × 3 min Reazioni di idrolisi e denaturazione Radiazioni ionizzanti (raggi gamma o elettroni accelerati) 25 KGy (2,5 Mrads) Processi di ionizzazione Radiazioni ultraviolette Lunghezza d’onda 240-280 nm Processi di eccitazioni Filtrazione Membrane filtranti a porosità ⱕ 0,22 μm Rimozione meccanica dei microrganismi Ossido di etilene 800-1200 mg/l 45-63°C 30-70% umidità relativa × 1-4 ore Agente alchilante Formaldeide 15-100 mg/l Vapore a 73°C × 40-180 min Agente alchilante Gas-plasma di perossido d’idrogeno 50°C × 75 min Agente ossidante Acido peracetico liquido 50-55°C x 40 min Agente ossidante presenza di legami ad alta energia. I prioni, agenti infettivi non convenzionali responsabili delle encefalopatie spongiformi bovine e della variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob, sono altamente resistenti. INCENERIMENTO O COMBUSTIONE DIRETTA Questo processo di sterilizzazione viene utilizzato per distruggere materiale altamente contaminato (ad es. quello proveniente da un ambiente ospedaliero) o carcasse di animali infetti. In laboratorio è anche il metodo più rapido (esposizione alla fiamma diretta prodotta da un becco Bunsen) per sterilizzare le anse e le imboccature della vetreria. È da ricordare che la fiamma diretta crea un cono di sterilità che permette al microbiologo di lavorare in asepsi. CALORE SECCO Le procedure di sterilizzazione più utilizzate includono: – impiego di aria surriscaldata. Il processo si realizza in una stufa ad aria calda, costituita da una camera in acciaio inossidabile a ventilazione forzata, provvista di ripiani perforati per la circolazione dell’aria e di sensori per il controllo della temperatura. La sterilizzazione dipende dal trasferimento del calore dall’aria calda a oggetti più freddi e, poiché l’aria è un cattivo conduttore di calore, con scarso potere penetrante, sono necessari tempi di 60-90 minuti prima che il materiale contenuto nella stufa giunga ad una temperatura efficace di sterilizzazione. In genere il trattamento raccomandato prevede una temperatura di 160°-180 °C ed un tempo di permanenza tra 90 e 120 minuti in funzione del volume del materiale da sterilizzare. CALORE UMIDO Il calore umido è più efficace del calore secco data la buona conducibilità termica e l’elevato potere penetrante. È impiegato sotto diverse forme tra le quali l’acqua bollente ed il vapore fluente o sottopressione. Le procedure più utilizzate sono la bollitura e la pastorizzazione, considerati processi di disinfezione per il loro scarso potere sporicida, la sterilizzazione frazionata e la sterilizzazione in autoclave. – Bollitura: si applica facendo bollire per 5-10 minuti gli oggetti da trattare. Alla temperatura di 100°C si ottiene l’eliminazione di batteri, virus e miceti patogeni escluse le spore. – Pastorizzazione: si applica esponendo il materiale 15.1 Metodi fisici 253 – – (latte, vino, birra, succhi di frutta) a temperature di 63°C per 30 minuti (pastorizzazione batch) o di 7280°C per 15 secondi (pastorizzazione flash). Tale procedura è finalizzata all’eliminazione dei microrganismi patogeni e trova applicazione in genere nell’industria alimentare. Sterilizzazione frazionata o Tindalizzazione: utilizza calore a temperature inferiori ai 100°C e si applica ai liquidi. I materiali da sterilizzare vengono esposti a temperature di circa 100°C per 30-60 minuti, per tre giorni consecutivi. Durante l’intervallo (24 ore) il materiale viene mantenuto a 30-35°C per permettere la germinazione di eventuali spore a forme vegetative sensibile al successivo trattamento termico. Sterilizzazione in autoclave: è un processo ottimale che impiega vapore saturo e cioè vapore in equilibrio termico con l’acqua da cui deriva. Il vapore saturo conduce il calore più efficacemente dell’aria, di conseguenza il trattamento in autoclave prevede tempi e temperature decisamente inferiori a quelle utilizzate nelle stufe a secco. Il vapore in fase di equilibrio possiede una carica extra di calore latente che rilascia quando si condensa sulle superfici più fredde. L’autoclave è formata da una camera di sterilizzazione cilindrica in acciaio inossidabile, dotata di un portello ermetico, e da una unità contenente le parti elettro-idrauliche che permettono di riempire la camera di vapore saturo. Per ottenere vapore saturo, l’aria inizialmente contenuta nella camera deve essere completamente eliminata mediante un’apposita valvola. In presenza di vapore saturo alla pressione di 1 atm e la temperatura all’interno della camera raggiungerà 121°C; in presenza di una miscela di aria e vapore alla pressione di 1 atm la temperatura non andrà oltre i 115°C. Il tempo totale di esposizione sebbene dipenda dalla natura del materiale che viene sterilizzato, dal tipo e dal volume del contenitore, è comunemente 15-20 minuti. L’applicazione della sterilizzazione in autoclave è indicata per il trattamento di liquidi mentre trova limiti per i materiali che temono l’umidità come polveri e carta. CURVE DI SOPRAVVIVENZA Durante il trattamento termico la morte dei microrganismi segue una cinetica di tipo esponenziale. Sul piano sperimentale è raro, tuttavia, che l’andamento dell’inattivazione segua esattamente la retta teorica a, è più comune osservare andamenti che richiamino le curve b o c (Figura 15.1). Varie spiegazioni sono state proposte per le deviazioni dalla linearità. Per esempio è stato suggerito che curve convesse (tipo b) si ottengono per la presenza di materiale particellato o di ammassi batterici (clumps) che rallentano inizialmente la trasmissione del calore. Con sospensioni di spore è anche possibile ottenere curve che presentino una ”spalla” più c b a e d Figura 15.1 Andamento delle curve di sopravvivenza. evidente (tipo c) a causa di una loro iniziale attivazione e germinazione. La curva di tipo d si osserva frequentemente in presenza di pochi clumps o di microrganismi o spore con diverso grado di resistenza appartenenti alla stessa specie o a specie differenti. Una curva di tipo sigmoide (tipo e) si ottiene dalla combinazione degli effetti precedentemente descritti. I parametri più importanti usati per caratterizzare l’inattivazione termica sono: il valore D, il valore Z e il valore F. Il valore D (tempo di riduzione decimale) esprime la resistenza di un microrganismo ad una data temperatura (Figura 15.2); esso è definito come il tempo, espresso in minuti, necessario ad una data temperatura per ridurre la popolazione batterica vitale di una unità logaritmica ovvero portarla al 10% del valore iniziale. Il valore Z esprime i gradi di incremento della temperatura (°C) necessari per ottenere una riduzione del 90% del valore D (Figura 15.3). Il valore F esprime il tempo in minuti per distruggere una determinata carica, ad una qualsiasi temperatura, equivalente all’effetto prodotto da un certo numero di minuti a 121°C. F0 indica il valore di F quando Z è 10 °C, valore tipico delle spore di Bacillus stearothermophilus, indicatore biologico della sterilizzazione al calore. 15.1.2 RADIAZIONI L’energia liberata dalle radiazioni può alterare la struttura delle macromolecole e quindi la loro funzione. Le radiazioni sterilizzanti sono le radiazioni elettromagnetiche ionizzanti, come i raggi gamma, i raggi X e gli elettroni accelerati, e quelle non ionizzanti, come i raggi ultravioletti (UV) e le microonde. RADIAZIONI IONIZZANTI Trasferiscono la loro energia ad atomi e molecole colpite che perdono o guadagnano elet- 254 CAPITOLO 15 Sterilizzazione Numero dei sopravissuti 100000 10000 1000 100 10 1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Tempo (minuti) Figura 15.2 Riduzione esponenziale del numero dei sopravvissuti esposti ad una data temperatura. Calcolo del valore D. 100 Log D (min) 10 1 0,1 0,01 100 110 120 130 140 150 Temperatura (°C) Figura 15.3 Riduzione esponenziale del valore D in relazione all’incremento della temperatura. Calcolo del valore z. troni e si trasformano in ioni. Le radiazioni ionizzanti hanno bassa lunghezza d’onda ed elevato potere di penetrazione nella materia. Esse inducono danni strutturali nel DNA microbico che, se non riparati, porteranno all’inibizione della sintesi del DNA stesso o causeranno errori nella sintesi proteica provocando la morte della cellula. Il danno subito dalle cellule si misura in relazione all’energia assorbita per unità di massa. La dose assorbita si misura in gray (Gy); un gray corrisponde all’assorbimento di un joule in un kg di materia. Queste radiazioni agiscono direttamente sugli acidi nucleici provocando rotture mono- o bi-catenarie, o indirettamente per ionizzazione dell’acqua e dell’ossigeno con conseguente formazione di radicali liberi e perossidi che denaturano le macromolecole ossidandole. Le forme vegetative dei batteri sono le più sensibili alle radiazioni, sebbene Deinococcus radiodurans sia l’organismo più resistente conosciuto; seguono le muffe e i lieviti mentre le spore batteriche e i virus sono più resistenti. I prioni, privi di acidi nucleici, sono altamente resistenti. La resistenza microbica, comunque, diminuisce in presenza di umidità o ossigeno disciolto. Le radiazioni ionizzanti comprendono: – raggi gamma: sono radiazioni ad altissima frequenza generate nel nucleo atomico di elementi radioattivi quali il cobalto-60 o il cesio-137. Si usano per sterilizzare materiale monouso; – raggi X: hanno una minore frequenza e vengono generati da apparecchiature elettroniche; – elettroni accelerati (particelle α e β): sono radiazioni generate provocando l’accelerazione di elettroni ad alta velocità e bloccandoli per collisione con un corpo solido. RADIAZIONI NON IONIZZANTI Le radiazioni non ionizzanti che hanno funzione sterilizzante sono gli UV e le microonde – raggi UV: sono radiazioni eccitanti con lunghezza d’onda tra 240 e 280 nm, che determinano l’eccitazione degli elettroni all’interno dei loro orbitali atomici. Tali radiazioni ultraviolette hanno basso potere di penetrazione attraverso i solidi e sono arrestate dal vetro e dalla plastica. Ne consegue, quindi, che le applicazioni siano limitate alla sterilizzazione di superfici non porose, dell’aria in ambienti “ a rischio” come corsie, sale operatorie, aree operative di industrie alimentari e farmaceutiche, e al trattamento delle acque impiegate nelle lavorazioni industriali. I raggi UV vengono generati da lampade a vapori di mercurio o lampade germicide con un picco di emissione a 254 nm. La dose è espressa in mJ/cm2. Sono molto irritanti per la cute e per gli occhi pertanto gli operatori devono indossare indumenti e occhiali protettivi. Questi raggi hanno azione germicida poiché inattivano batteri e virus per azione diretta sul DNA, che ha un picco di assorbimento a 260 nm. Il danno provocato dagli UV consiste nella formazione di dimeri di timina tra pirimidine adiacenti, poste sulla stessa catena nucleotidica, che si tradurrà in un errore di lettura dello stampo durante la trascrizione del DNA. Come per le radiazioni ionizzanti anche per le radiazioni eccitanti le spore batteriche sono generalmente più resistenti rispetto alle forme vegetative, sebbene il grado di sporulazione possa influenzare la sensibilità. Seguono i virus e in particolare i virus nudi che sono più resistenti rispetto ai virus con envelope. Le radiazioni eccitanti sono attive su Mycobacterium tubercolosis. – microonde: sono onde elettromagnetiche caratterizzate da una frequenza compresa fra circa 0,3 e 3 GHz. La frequenza generalmente utilizzata per scopi indu- 15.2 Metodi chimici 255 striali, scientifici e medici è di 2,45 GHz. La sorgente di microonde a frequenza fissata, quale quella utilizzata nei forni, è costituita da un tubo elettronico a vuoto, detto magnetron, che converte l’energia elettrica a bassa frequenza, 50 Hz, in un campo elettromagnetico la cui polarità oscilla (cioé cambia di segno e direzione) con una frequenza di 2,45 GHz. Le microonde producono frizione di molecole di acqua in un campo elettrico alternato. La frizione intermolecolare derivata dalle vibrazioni genera calore, che secondo alcuni autori sarebbe l’agente letale. Secondo altri responsabile sarebbe invece l’energia trasportata dalle onde elettromagnetiche alla materia. Il grado di penetrazione delle microonde dipende dalle proprietà fisiche e dielettriche del materiale e può variare significativamente con la temperatura, la frequenza del campo elettromagnetico, nonché con la composizione chimica del prodotto e la sua forma geometrica. Le microonde possono essere usate in medicina per la disinfezione di lenti a contatto morbide, dentiere e cateteri urinari. 15.1.3 FILTRAZIONE La sterilizzazione per filtrazione non agisce uccidendo i microrganismi o alterandone il metabolismo ma separandoli da gas, emulsioni e soluzioni termolabili. Le caratteristiche richieste ad un filtro per un’efficace eliminazione dei microrganismi sono: efficiente rimozione di particelle con dimensioni superiori ad un determinato valore, elevata velocità di flusso, sterilizzabilità al vapore, flessibilità e resistenza, scarsa capacità di rilasciare fibre nel filtrato e di assorbire materiali dal liquido, assenza di pirogenicità e inerzia biologica. I filtri che più soddisfano queste caratteristiche sono i filtri a membrana polimerica; tuttavia, ne esistono vari tipi: – filtri in terra di diatomee Berkefeld: costituiti dal guscio siliceo di alghe monocellulari della famiglia delle Diatomeaceae, si utilizzano per il trattamento dell’acqua; – filtri in materiale fibroso: erano originariamente costituiti da fibre di asbesto (filtri Seitz) ma da quando è stata dimostrata la tossicità dell’asbesto e le sue proprietà cancerogene sono oggi costituiti da microfibre di vetro borosilicato. Sono utilizzati in filtri-pressa per la filtrazione industriale e come pre-filtri per la chiarificazione di soluzioni farmaceutiche. Altri materiali che possono essere utilizzati comprendono: carta, nylon, poliestere, fibre di acetato di cellulosa; – filtri di vetro o di metalli sinterizzati: sono fabbricati con polveri di vetro o di metallo ( acciaio inossidabile o argento). Il processo di sinterizzazione prevede che le polveri vengano sottoposte ad un procedimento termico che permette una loro parziale fusione sì da rendere la massa spugnosa. I filtri di vetro sono riutilizzabili – dopo avere fatto passare un flusso di sostanze chimiche ossidanti (ipoclorito, acido nitrico, acido solforico) e lavandoli poi filtrando acqua sterile. Filtri di questo tipo, costituiti da un singolo strato di fibra di borosilicato (vetro) trattata con un legame idrorepellente (filtri HEPA), sono usati in sistemi di biosicurezza, ad esempio in cappe a flusso laminare. I filtri di metallo con polvere d’argento uniscono alle loro capacità filtranti una potenziale azione oligodinamica; filtri a membrana: sono oggi universalmente utilizzati sia per la filtrazione di laboratorio che per quella industriale. Questi filtri, disponibili con pori uniformi di differente diametro, sono composti da una miscela di esteri di cellulosa (acetati o nitrati) o da materiali con maggiore resistenza chimica quali il politetrafluoretilene (PTFE), il fluoruro di polivilidene (PVDF) e il nylon 66, utilizzati per la filtrazione di acidi forti, soluzioni alcaline, liquidi non acquosi, o ancora da policarbonato come i filtri Nucleopore utilizzati nella microscopia elettronica a scansione. Il setacciamento è il meccanismo tipico delle membrane filtranti che trattengono tutte le particelle il cui diametro sia superiore a quello dei pori, l’adsorbimento e l’intrappolamento sono invece i meccanismi che prevalgono nei filtri costituiti da materiale fibroso. Le membrane filtranti sono graduate secondo il diametro dei loro pori. Esistono membrane con pori del diametro di 0,8-1,2 µm utilizzate nella pre-filtrazione, membrane con pori del diametro di 0,2 µm e 0,45 µm che trattengono i batteri, membrane con pori del diametro di 0,1-0,01 µm che trattengono micoplasmi e virus. Le membrane filtranti sterili devono essere montate su supporti, anche disposti in batteria, che per pressione positiva o per aspirazione da vuoto consentano la filtrazione. In commercio si trovano anche sistemi di filtrazione sterili monouso. Le principali applicazioni della sterilizzazione per filtrazione riguardano soluzioni termolabili, prodotti biologici come sieri e vaccini, prodotti solidi come gli antibiotici, aria o altri gas che vengono immessi nelle aree asettiche. 15.2 METODI CHIMICI Le due maggiori categorie di agenti sterilizzanti sono distinte in base alla loro attività in agenti alchilanti e ossidanti. 15.2.1 AGENTI ALCHILANTI I gas alchilanti sono altamente reattivi e interagiscono con molte strutture cellulari. I siti di alchilazione sono numerosi, tra questi i gruppi amminici, sulfidrilici e idrossilici delle proteine e le basi puriniche degli acidi nucleici. Gli agenti alchilanti più comunemente usati 256 CAPITOLO 15 Sterilizzazione sono l’ossido di etilene e la formaldeide, ma sono anche importanti il betapropiolattone, il metilbromuro e l’ossido di propilene, quest’ultimo maggiormente usato nell’industria alimentare. OSSIDO DI ETILENE L’ossido di etilene (EtO) è a temperatura ambiente un gas incolore di odore etereo. La sua formula è C2H4O, il suo peso molecolare è 44,05 e il suo punto di ebollizione è di 10,8 °C. È solubile in acqua e in vari solventi organici. È infiammabile ed esplosivo se mescolato con l’aria a partire dal 3%. Occorre, quindi, miscelare l’ossido di etilene (10-12%) con CO2 o con HFC 124 (2 cloro-1,1,1,2 tetrafluoroetano) (8,6%) o in alternativa si può impiegare l’ossido di etilene puro, a pressione inferiore a quella atmosferica, entro camere di sterilizzazione da cui sia stata in precedenza eliminata tutta l’aria. La sterilizzazione con ossido di etilene si opera in un apparecchio in acciaio inossidabile analogo alle autoclavi e come queste provvisto di uno o due sportelli a tenuta stagna. L’ossido di etilene ha attività su tutti i microrganismi compresi spore e virus. La sua azione alchilante determina denaturazione delle proteine, degli enzimi e degli acidi nucleici. A parte i prioni, contro i quali l’ossido di etilene non ha attività, ci sono solo piccole differenze di sensibilità tra batteri e spore. L’alchilazione segue una cinetica di primo ordine dove l’acqua è un catalizzatore indispensabile per l’apertura dell’anello epossidico. La velocità della reazione di alchilazione aumenta seguendo la legge di Arrhenius: si raddoppia per ogni incremento della temperatura di 10°C. Come per la sterilizzazione al calore umido, l’inattivazione delle spore con EtO segue una legge logaritmica che permette la definizione del valore D, che per le spore di Bacillus subtilis var. niger è 2,7 minuti a 50°C. A temperatura costante la velocità d’inattivazione è approssimativamente proporzionale alla concentrazione di EtO nel range compreso tra 400 e 1600 mg/l. L’azione biocida dell’EtO dipende da alcuni parametri tra cui: concentrazione, temperatura, tasso di umidità e durata dell’esposizione. Di norma vengono utilizzate concentrazioni comprese tra 400 e 1000 mg/l; temperatura media tra 40 e 50°C e tasso di umidità tra il 40% e l’80%. A temperatura costante la velocità di inattivazione è approssimativamente proporzionale alla concentrazione di EtO nel range compreso tra 400 e 1600 mg/l. Il tempo di esposizione è inversamente proporzionale alla concentrazione scelta e varia da 30 minuti a 10 ore. Mediante l’EtO si possono sterilizzare tutti i dispositivi medici, gli oggetti di gomma e di plastica, i tessuti e la carta. Bisogna però tenere presente che i vari materiali possono più o meno assorbire il gas e pertanto devono subire un processo di desorbimento dopo la sterilizzazione. L’assorbimento è influenzato dalla natura, dalle dimensioni e dal confezionamento del materiale così come dai parametri di sterilizzazione. È direttamente pro- porzionale al tempo e alla concentrazione di esposizione ed inversamente proporzionale alla temperatura. A causa della sua elevata reattività anche con i tessuti viventi, l’ossido di etilene può provocare tossicità sia acuta che cronica. FORMALDEIDE La formaldeide o aldeide formica è un gas incolore dall’odore pungente la cui formula è CH2O e il cui peso molecolare è 30,03. È stabile alla temperatura di 80°C, al di sotto della quale temperatura polimerizza. Le soluzioni acquose, denominate formalina o formolo, sono stabili fino al 37% dopo polimerizzano spontaneamente. Il ciclo di sterilizzazione gassosa può avvenire in due modi: vaporizzando soluzioni di formaldeide a temperatura e pressione analoghe a quelle della sterilizzazione al vapore o con un trattamento combinato di vapore e formaldeide operando ad una pressione più bassa di quella atmosferica e ad una temperatura più bassa (riscaldamento con vapore della formalina al 37% peso/vol a 7075°C). La formaldeide ha uno spettro d’azione particolarmente ampio: agisce su batteri comprese spore, virus e funghi mentre è inattiva sui prioni. I suoi effetti letali sono legati all’alchilazione degli acidi nucleici e alla interazione con le proteine. Viene utilizzata come agente sterilizzante di superficie poiché, a differenza dell’ossido di etilene, ha uno scarso potere di penetrazione. La sua azione dipende dal tipo di microrganismo, dal tempo di esposizione, dalla natura del materiale, dalla temperatura, dall’umidità e dalla concentrazione. Di conseguenza le condizioni d’uso variano notevolmente: da una concentrazione di 3-8 mg/l a 25°C, con umidità relativa superiore al 50% e tempo di esposizione di 3 ore circa, per piccole superfici contaminate da sporigeni, ad una concentrazioni sino a 2 g/ l in atmosfera semisatura di vapore a 90°C e tempo di esposizione analogo, per pacchi di tessuti contaminati o ampie superfici di carico. La formaldeide ha una tossicità simile a quella dell’ossido di etilene e anche se assorbita in misura minore dai materiali, questi devono essere trattati in modo analogo per allontanare il gas residuo. I vantaggi maggiori dell’uso della formaldeide rispetto all’ossido di etilene riguardano la facilità con cui si possono rilevare basse concentrazioni grazie al suo odore pungente, l’assenza di rischio di esplosione, il basso costo e la resa aumentata per mancanza di problemi di assorbimento. 15.2.2 AGENTI OSSIDANTI Gli agenti ossidanti agiscono per trasferimento di elettroni da una molecola ossidata ad una da ossidare (accettore di elettroni). I più utilizzati sono: il biossido di cloro, l’ozono, il perossido d’idrogeno e l’acido peracetico. BIOSSIDO DI CLORO Il sistema di sterilizzazione con biossido di cloro gassoso è stato sviluppato alla fine del 1980. 15.2 Metodi chimici 257 È un gas instabile, di colore giallo con un odore pungente. Viene preparato in impianti a circuito chiuso, al momento dell’uso, facendo agire il cloro oppure un acido forte sul clorito di sodio secondo la reazione: Cl2 + 2NaClO2 → 2ClO2 + 2NaCl Il biossido di cloro è un agente ossidante che reagisce con le proteine ma non con gli acidi nucleici. Ha un ampio spettro d’azione verso batteri, virus, protozoi, funghi, alghe e prioni. L’azione sporicida è correlata alla concentrazione e all’umidità relativa. Il processo avviene in un tempo di circa un’ora ad una temperatura di 25-30°C, un’umidità relativa del 70-80% e una concentrazione di biossido di cloro tra 10 e 50 mg/l. Presenta dei vantaggi rispetto all’ossido di etilene quali la mancanza di livelli residui significativi nel materiale trattato e la non infiammabilità in presenza di aria alle concentrazioni normalmente usate. È correntemente usato nella sterilizzazione di lenti a contatto e nella sterilizzazione secondaria di confezioni di materiale da sutura. OZONO L’ozono è uno stato allotropico dell’ossigeno con molecola triatomica (O3). È un gas instabile di colore azzurrognolo, forte agente ossidante, capace di reagire con sostanze organiche dotate di doppio legame formando ozonidi. L’ozono è battericida e sporicida, attivo anche su lieviti e funghi. L’attività antimicrobica è dovuta alla sua instabilità, infatti, tende a ritrasformarsi in ossigeno, passando attraverso una fase monoatomica o nascente che agisce sulla cellula ossidandola. L’ozono non è stabile a lungo e non viene pertanto prodotto e commercializzato in bombole come altri gas industriali. Viene generalmente preparato al momento dell’uso attraverso apparecchi detti ozonizzatori che convertono l’ossigeno dell’aria in ozono tramite scariche elettriche. Viene generalmente impiegato per il trattamento delle acque e dell’aria. Dal 2001 la FDA ha autorizzato l’impiego di ozono per i processi produttivi dell’industria alimentare e dal 2003 per i dispositivi medici. I principali vantaggi risiedono nell’assenza di residui tossici e la facilità d’uso poichè si richiede ossigeno di grado medicale e normale alimentazione elettrica. GAS DI PEROSSIDO DI IDROGENO Il perossido d’idrogeno (H2O2) è un liquido poco colorato dall’odore pungente, generalmente utilizzato come antisettico. In fase di gas, ottenuto dall’evaporazione di una soluzione stock riscaldata, ha potenziali applicazioni nella sterilizzazione. Il meccanismo d’azione è dovuto alla formazione di radicali idrossilici che agiscono su proteine e acidi nucleici. Il processo di sterilizzazione avviene in condizioni di vuoto ad una temperatura di 35-49°C ed una concentrazione di perossido di idrogeno di circa 10 mg/l. Prima dell’immissione del gas dentro la camera di sterilizzazione è necessa- rio, preventivamente, eliminare l’acqua poiché la sua condensazione sul materiale influenzerebbe l’azione del perossido d’idrogeno. Alla fine del processo è, inoltre, necessaria una ventilazione che consenta di convertire il perossido d’idrogeno residuo in ossigeno e acqua. Il processo viene utilizzato per la sterilizzazione di endoscopi e dispositivi utilizzati in odontoiatria. Di recente, tecnologie innovative, impiegano il perossido d’idrogeno sotto forma di gas-plasma in processi di sterilizzazione a freddo. Il “gas plasma” è creato in una camera di sterilizzazione in cui viene fatto il vuoto e il perossido di idrogeno al 58% sottoforma di vapore è sottoposto a sollecitazioni attraverso radiofrequenze di 13,56 Mhz. L’applicazione del campo elettromagnetico porta alla formazione di una nube di particelle cariche, molte delle quali sono radicali liberi e ioni attivi, che interagiscono con componenti vitali dei microrganismi (membrana cellulare, strutture proteiche, DNA) provocandone la rapida distruzione. Questa nuova metodologia è particolarmente adatta per la sterilizzazione di strumenti sensibili al calore poiché la temperatura di processo non supera i 50°C, in un tempo di 75 minuti. Tale sistema è inoltre semplice, sicuro per gli operatori e per l’ambiente in quanto al termine del processo nessun residuo tossico rimane nei materiali trattati. Un limite del sistema è la ridotta capacità del gas di penetrare gli strumenti cavi e materiali che non tollerano il vuoto (es.: cateteri per misure urodinamiche, o particolarmente lunghi (>31 cm). Gli oggetti da sterilizzare devono essere confezionati in carte “speciali” (Tyveck) in quanto il processo è incompatibile con la cellulosa. Un metodo di sterilizzazione con gas plasma di perossido d’idrogeno è stato sviluppato dalla Advanced Sterilization Products (Asp) e commercializzato con il nome registrato di Sterrad™. ACIDO PERACETICO L’acido peracetico (CH3COOOH) è il perossido dell’acido acetico. È un liquido poco colorato dall’odore pungente, solubile in acqua. Industrialmente è prodotto dalla reazione dell’acido acetico con il perossido d’idrogeno in presenza di un catalizzatore. L’azione biocida è data dalla capacità di denaturare le proteine e alterare le membrane. È sporicida anche a basse temperature e rimane attivo anche in presenza di materia organica. Il processo di sterilizzazione prevede l’immersione del materiale in una soluzione di acido peracetico allo 0,2%, a pH neutro e ad una temperatura di circa 50-55°C. I tempi indicati per la sterilizzazione sono di circa 12 minuti anche se il ciclo dura complessivamente 40 minuti poiché comprende anche le fasi di risciacquo e asciugatura. Il materiale sterile deve essere immediatamente utilizzato, perché non confezionato, o mantenuto all’interno della camera fino al momento dell’uso. Questo metodo è indicato per i materiali compatibili, in particolare i dispositivi immergibili diagnostico-terapeutici miniinvasivi. È