polimeri intrinsecamente conduttori

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Istituto tecnico industriale Giulio Natta
Anno scolastisco 2013-2014
ICPs:
POLIMERI INTRINSECAMENTE CONDUTTORI
5a C LST
Daniele Malpicci
Si ringrazia per l’inestimabile aiuto:
prof.ssa Bellini Barbara per l’aiuto e la correzione della SEZIONE DI CHIMICA
prof.re Chillura Pietro per i consigli e la rilettura della SEZIONE FISICA
Scanzi Daniele per l’aiuto nella correzione del testo e i consigli su alcune parti
In copertina:
Immagine della molecola di trans-Poliacetilene
Immagine di copertina creata da Malpicci Daniele
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INDICE
1. INTRODUZIONE4
2. SEZIONE DI CHIMICA5
2.1.Introduzione alle molecole5
2.2.Sintesi del Poliacetilene6
2.2.1. Sintesi del Poliacetilene a partire da acetilene gassoso (o liquido) in
presenza di catalizzatori6
2.2.2. Sintesi del Poliacetilene a partire dal 1,3,5,7-cicloottatetraene
7
2.3.Drogaggio della molecola9
2.3.1. Drogaggio tramite processo elettrolitico9
2.3.2. Drogaggio tramite esposizione a vapori di Iodio, Bromo e
pentafloruro di arsenico
9
3. SEZIONE DI FISICA10
3.1.Analisi delle cause del fenomeno di conduzione
10
3.2.Introduzione allo stato di eccitazione10
3.2.1. Analisi dello stato di eccitazione detto “Stato degenere”
11
3.2.2. Analisi dello stato di eccitazione detto “Stato non degenere”
12
4. SEZIONE DI BIOLOGIA14
4.1.Introduzione14
4.2.Impiego degli ICPs nel campo della sensoristica biochimica e nella genetica
14
4.2.1. Sensori ad argilla ed ICPs15
4.3.Impiego degli ICPs in campo fisiologico della ricostruzione nervosa
16
5. SEZIONE DI INFORMATICA18
5.1.Introduzione e spiegazione del funzionamento di un MOSFET
18
5.2.Impiego degli ICPs per realizzare un transistor organico di tipo MOSFET (OFET)
19
6. SEZIONE DI INGLESE20
7. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI21
3
1) INTRODUZIONE
I polimeri conduttori (ICPs) sono un “paradosso” della chimica: sono delle particolari molecole polimeriche sintetiche che, trattate con reagenti particolari, hanno rivelato una conducibilità
elettrica, in taluni casi, simile a quella dei metalli come il Rame (Cu), considerati conduttori per
eccellenza. Gli ICPs scardinano l’accezione classica di polimero sintetico (o plastica) che ha
accompagnato la storia della chimica sintetica fino ad ora. La peculiarità di questa scoperta è
l’unione delle caratteristiche dei polimeri sintetici (come elasticità, flessibilità, facilità di lavorazione e stampaggio, resistenza ad agenti chimici corrosivi…) unite a quelle di un buon conduttore (conducibilità elevate). I polimeri possono essere trasformati in ICPs tramite un processo
di drogaggio: l’immissione di atomi di determinati elementi (come bromo o iodio) nel backbone
della molecola genera, a livello sterico, dei particolari stati di alterazione strutturale in grado
di permettere un flusso di carica. Lo stato di alterazione molecolare è conosciuto come stato di
eccitazione ed è, ad oggi, la teoria più accreditata per spiegare il fenomeno in esame. Gli ICPs
trovano potenziale impiego in qualsiasi campo dell’industria: possono essere utilizzati per la realizzazione di transistor organici da integrare nelle schede e componenti di un computer, possono
essere stampati su un foglio sottile da inserire fra 2 strati di vetro per creare una finestra che si
auto-oscura a seconda della luminosità. Oppure possono essere impiegati in campo medico per la
realizzazione di protesi artificiali o per la realizzazione di sensori per DNA/RNA o altre sostanze.
La scoperta di questi polimeri risale al 1977 quando il dott. Shirakawa ha erroneamente sintetizzato il poliacetilene con una quantità di catalizzatore molte volte superiore al normale. All’analisi
chimico-fisica del prodotto sintetizzato, è risultato che questo mostrava una conducibilità molto
elevata. Attualmente sono in corso diversi studi e ricerche sulle possibili applicazioni di questi
polimeri per la realizzazione di prodotti industriali efficenti a basso costo e massima resa. I principali ICPs oggi prodotti ed impiegati in ambito industriale sono il polipirrolo (PPy), il politiofene
(PT), il poliparafenilene (PPP), il poliparafenilsolfuro (PPS), il poliparafenilenvinilene (PPV) e la
polianalina (PANI).
Ho deciso di focalizzare la mia attenzione sugli ICPs in quanto, a mio parere, sono una rivoluzione in ambito chimico: composti considerati isolanti per antonomasia, possono essere trasformati
in conduttori quasi perfetti. Queste molecole “riscoperte” hanno un enorme potenziale in quanto
hanno bassi costi di produzione (grazie alla reperibilità dei reagenti primari) ed hanno utili proprietà meccaniche che le rendono favorevoli ad un impiego industriale. Gli ICPs, quindi, insieme
alla “chimica verde”, rappresentano la frontiera dello sviluppo e della ricerca in ambito chimico.
A causa della scarsità di documenti riguardanti questo argomento, per realizzare questa tessi
mi sono basato su tesi universitarie le quali, poiché accettate da una commissione di esperti, possono essere considerate come tesi autorevoli.
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2) SEZIONE DI CHIMICA
2.1) Introduzione e origini della molecola
Per meglio capire il paradosso degli ICPs si prende in esame il concetto di polimero in generale.
Con “polimero” si intende la somma di più unità uguali o distinte (monomeri), che sono legate in
sequenza e che compongono una molecola con caratteristiche derivanti dai gruppi sommati. La
sintesi di gruppi monomerici può avvenire sia per via naturale che per via artificiale.
“I polimeri convenzionali, le plastiche, sono sempre stati tradizionalmente utilizzati per le loro interessanti proprietà chimiche, meccaniche e di isolamento elettrico e non per le loro caratteristiche
elettroniche.”[7]
L’interesse per i polimeri conduttori, in particolare i polimeri π-coniugati, fu sollevato per la
prima volta nel 1977 dal dott. Shirakawa che, approfondendo gli studi sulle proprietà fisiche del
poliacetilene, notò , esponendolo a vapori di Iodio e Bromo, una conducibilità della molecola pari
a quella del Rame. Ciò risultò rivoluzionario in quanto scardinava la proprietà fisica per eccellenza della plastica: l’isolamento elettrico. Nonostante il poliacetilene sia poco trattabile e dalle scarse prestazioni meccaniche e fisiche, rimane l’archetipo degli ICPs e la molecola della categoria
più studiata. Inoltre il poliacetilene è la molecola più semplice facente parte degli ICPs: è lineare,
senza ramificazioni o cicli e si presenta in sole 2 forme (cis e trans).
Fig.1: Struttura ed isomeri della molecola[6]
Il poliacetilene fu sintetizzato per la prima volta nel 1958 dall’ingegnere G. Natta et al.[1][2] .
Originariamente, non trovò impiego nell’ambito industriale in quanto non presentava alcuna
caratteristica particolarmente rilevante dal punto di vista meccanico o fisico e per di più risultava insolubile e infusibile in qualsiasi solvente organico ed inorganico (e quindi non trattabile).
Inoltre il poliacetilene era particolarmente complesso da produrre: i reagenti richiedevano particolari attenzioni per evitare incidenti e danni (l’acetilene è estremamente reattivo a causa della
ricchezza di elettroni nel triplo legame C-C).
2.2) Sintesi del poliacetilene
Il poliacetilene è un polimero sintetizzato per la prima volta dall’ingegnere G. Natta e collaboratori il cui brevetto è stato depositato il 18/3/1955 e concesso nel 15/5/1955[1]. Era già noto
che l’acetilene potesse polimerizzarsi in presenza di metalli come il Rame per produrre polimeri
sintetici tridimensionali amorfi debolmente conduttivi (cuprene). Il polimero sintetizzato si presenta di un colore bruno/nero molto scuro e, a seconda della tecnica polimerica, in forma polve-
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rosa o in un sottile film che ricopre il recipiente di reazione.
Esistono 2 vie (ottimali) per sintetizzare il poliacetilene:
1. Sintesi a partire da acetilene gassoso (o liquido) in presenza di catalizzatori;
2. Sintesi a partire da 1,3,5,7-cicloottatetraene.
2.2.1) Sintesi del Poliacetilene a partire da acetilene gassoso (o liquido) in presenza di
catalizzatori
Il primo meccanismo preso in esame è quello elaborato da G. Natta et al.[2] pubblicato nel Brevetto 530753[1] . La sintesi consta in una reazione di polimerizzazione catalizzata da catalizzatori
Ziegler-Natta preparati miscelando composti metallo-organici. I metalli più convenienti sono i
metalli di transizione (4° - 8° gruppo B della tavola periodica) fatti reagire con composti organici. Questi metalli offrono numerosi siti attivi per favorire la reazione abbassando notevolmente
l’energia di attivazione necessaria ad attivare il reattivo presente. Il catalizzatore utilizzato da G.
Natta e collaboratori[2] è composto da una miscela di tricloruro di titanio e alluminio trietile. Si
possono tuttavia preparare catalizzatori utilizzando anche tetracloruro di titanio o tetralcoolato
o tetraisopropilato di titanio. Tutti i composti vanno fatti reagire in solventi inerti a base paraffinica o aromatica. Questi catalizzatori abbassano l’energia di attivazione fino a livelli molto più
agibili che vanno da una temperatura minima di 0°C (per ottenere il cis-poliacetilene) ad una
massima di 150°C (per ottenere il trans-poliacetilene). Nel caso si impieghi acetilene gassoso,
bisogna aggiungere al gas, H2 o N2 che fungono da stabilizzatori in quanto inerti nell’ambiente di
sintesi.
Esempio di sintesi:
“In un autoclave di acciaio inossidabile dalla capacità di 2.150 cm3 si introducono, in atmosfera di
azoto, g 7,5 di tricloruro di titanio e la soluzione di g 5,7 di alluminio trietile in 425 cm3 di benzolo.
Si pompa acetilene in autoclave e si scalda sino a 40 °C. Poiché si nota una continua diminuzione di
pressione, si pompa, poco per volta, nuovo acetilene in autoclave, sino ad averne introdotti 40 L.
Dopo circa 30 ore dall’inizio della prova si scaricano i gas che non hanno reagito, e si pompa
metanolo in autoclave per decomporre i composti metallorganici presenti. Dall’autoclave aperto si
scarica il prodotto di reazione che si presenta come una polvere nera sospesa nel solvente impiegato. Il polimero ottenuto viene filtrato e depurato dai prodotti inorganici, derivati dalla decomposizione del catalizzatore, sospendendolo più volte, a caldo, in metanolo e acido cloridrico. Infine si
filtra, si lava con metanolo e si secca il polimero a caldo e sottovuoto.
Si ottengono in tal modo g 17 di polimero, costituito da un prodotto solido, nero bruno, di cui solo
una piccola parte risulta solubile in benzolo.”[3]
Il poliacetilene prodotto ha un peso molecolare superiore a 1000 uma: contiene catene lineari
di gruppi metinici e presenta una struttura regolare, rilevabile dalle bande di diffrazione all’esame röentgenografico a luce monocromatica.
2.2.2) Sintesi del Poliacetilene a partire dal 1,3,5,7-cicloottatretaene
La sintesi del poliacetilene a partire dal 1,3,5,7-cicloottatetraene è una reazione che non necessita di catalizzatori e che prevede, dopo una ciclizzazione intramolecolare, una ciclo-addizione di
Dies-Alder.
Il 1,3,5,7-cicloottatetraene, come si può osservare nell’immagine sotto riportata (Fig.2), opera
una disrotazione formando un biciclico composto da un anello a 4 atomi e uno a 6 atomi di carbonio. Successivamente avviene una ciclo-addizione di Dies-Alder tra il composto ottenuto nella
prima parte della reazione e l’esafluoro-2-butino
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Fig.2: Disrotazione del 1,3,5,7-cicloottatetraene con successiva ciclo-addizione di Dies-Alder[10]
La ciclo-addizione di Dies-Alder porta alla formazione di un composto in cui una parte della molecola esce dal piano (Fig.3).
Avviene quindi un’altra ciclo-addizione in cui si osserva la rottura del legame π dell’anello a 4
atomi: il Rutenio (Ru) opera un’azione di richiamo sul doppio legame dell’anello portando alla
formazione di un secondo anello a 4 atomi (policiclico) di cui uno è proprio il Rutenio stesso:
Fig.3: Creazione del Terzo anello [10]
Avviene, quindi, una Retro ciclo-addizione con la rottura di un legame del secondo anello a 4
atomi con conseguente formazione di un nuovo composto con solo un anello e 6 atomi (Fig.4) e
due catene radicali.
Fig.4: Rottura legami anello [10]
È proprio in questo istante che avviene la vera e propria polimerizzazione: l’atomo di Rutenio
viene sostituito da un gruppo radicalico con una reazione di sostituzione. Il gruppo radicalico
può essere un qualsiasi gruppo quindi anche un secondo cicloottatetraene che sta seguendo lo
stesso meccanismo di reazione.
Infine avviene una retro - Dies Alder con conseguente rottura del ciclo e formazione di un cis-poliacetilene. (Fig.5)
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Fig.5: Rottura dei legami del terzo anello (Retro Dies-Alder) [10]
Il cis-poliacetilene che ad una temperatura di circa 150°C si trasforma in trans-poliacetilene.
(Fig.6)
Fig.6: Formazione del poliacetilene. [10]
2.3) Drogaggio del poliacetilene ed effetti sulla molecola
Con drogaggio della molecola non si intende la definizione classica di inserimento nel reticolo
cristallino/molecolare di alcuni atomi di elementi che ne migliorano alcune proprietà fisiche.
Si intende invecel’introduzione, nella molecola, di elementi che si legano agli atomi di carbonio
modificando sensibilmente la struttura ed originando una nuova molecola.
Il drogaggio può avvenire in 2 modalità differenti:
1. Tramite processo elettrolitico
2. Tramite esposizioni a vapori
2.3.1) Drogaggio tramite processo elettrolitico
Il drogaggio tramite processo elettrolitico può avvenire simultaneamente alla reazione di sintesi oppure postumo ad essa. In entrambi i casi esso avviene sempre con lo stesso meccanismo.
La procedura per drogare un ICPs tramite elettrolisi consiste nell’attaccare un elettrodo positivo sulla pellicola costituita dal polimero; porlo in una soluzione acquosa (contenente gli ioni
degli elementi che si vogliono inserire nella molecola) insieme ad un elettrodo negativo. Bisogna
avere cura di non far toccare i 2 elettrodi altrimenti non vi sarà più un passaggio elettrlitico di
corrente. Si accende il circuito. La differenza di potenziale applicata agli elettrodi permette il
distacco di alcuni elettroni dalla molecola di ICPs. Si forma così un carbocatione la cui carica positiva, grazie alla presenza di doppi legami coniugati, viene delocalizzata su tutta la molecola. Il
carbocatione compie un’azione di richiamo nei confronti degli ioni negativi presenti in soluzione
(generalmente ioni Cloro Cl- e Bromo Br-) che si legheranno al carbocatione. Più il processo viene perpetrato nel tempo, più esso porta ad una organizzazione della molecola con un aumento di
ordine e una migliore distribuzione di carica.
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2.3.2) Drogaggio del poliacetilene a contatto con vapori di alogenuri e pentafloruro asrenico
Il secondo meccanismo di drogaggio preso in esame è il drogaggio tramite esposizione a vapori
di alogenuri e pentafloruro arsenico. Questa atmosfera è altamente riducente: gli alogenuri sono
degli ottimi ossidanti in grado di ridursi a ioni negativi. La molecola di ICPs, grazie alla presenza di doppi legami coniugati, viene facilmente ossidata da parte di questi agenti. Basta quindi
esporre il film precedentemente sintetizzato, in un’atmosfera creata con suddetti elementi per
rendere possibile il drogaggioche avviene per mezzo di una sostituzione elettrofila. Gli atomi
degli alogeni si legano alla molecola del polimero, creando una differenza di carica interna alla
molecola, che sarà quindi potenzialmente in grado di permettere il passaggio di un flusso di cariche e quindi di condurre una corrente.
Fig.7: Immagine politiofene drogato con boro[14] al microscopio elettronico
Come si nota dalla Fig.7, il politiofene drogato presenta delle fibre tutte allineate. Il drogaggio
favorisce l’allineamento delle fibre in quanto gli atomi droganti inducono ordine nel film sottoposto a reazione. Se il polimero non fosse stato drogato, si sarebbe osservata una disposizione
molto più casuale delle molecole.
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3)SEZIONE DI FISICA
3.1) Analisi della struttura e delle cause del fenomeno di conduzione
La conduzione è un fenomeno specifico di determinati materiali composti da molecole (o atomi) in grado di delocalizzare gli elettroni superficiali e creare un flusso di corrente sulla superfice
del materiale. Si possono individuare 3 tipi di materiali: conduttori, semi-conduttori e isolanti.
Prima di addentrarsi nel concetto di conduzione è utile definire i concetti di banda di conduzione e banda di valenza.
• La banda di conduzione è la banda elettronica a più bassa energia tra quelle non completamente occupate da elettroni. Secondo la teoria degli orbitali molecolari, la banda di conduzione è assimilabile alla LUMO (Lowest Unoccupied Molecolar Orbital)
• La banda di valenza è la banda elettronica a più alta energia competamente occupata da
elettroni. Secondo la teoria degli orbitali atomici, la banda di valenza è assimilabile alla HOMO
(Highest Occupied Molecolar Orbital).
I tre tipi di materiale (conduttore, semiconduttore, isolante) differiscono per la disposizione
delle 2 bande nello spazio intratomico.
Fig.7: Schema della banda di valenza e della banda di conduzione[11]
Nei metalli, ed in genere nei conduttori, la banda di valenza e la banda di conduzione sono sovrapposte permettendo il passaggio di corrente elettrica. Nei semiconduttori le due bande sono
separate da un dislivello energetico: questo piccolo gap deve essere al di sotto dei 1,5 eV per
permettere il parziale passaggio di carica. Per diminuire il gap tra la LUMO e la HOMO si utilizza
il drogaggio che inserisce nella struttura molecolare uno o più elementi in grado di destabilizzare
le due bande e avvicinarle, donando o sottraendo elettroni. Se il gap è superiore a 1,5 eV il materiale è da considerarsi come un isolante in quanto la banda di valenza e la banda di conduzione
sono troppo distanti affinché un elettrone in movimento possa essere trasferito tra le due bande.
3.2) Introduzione allo stato di eccitazione
Occorre specificare che le teorie qui riportate rimangono, per ora, solo delle teorie: numerosi
studi sono stati perpetrati dagli anni 70 ca. fino ad oggi. In particolare il meccanismo di trasporto
di carica non è stato ancora ben chiarito e non esiste uno studio esaustivo a riguardo. L’ipotesi
per ora più accreditata e plausibile viene qui esplicata.
Al fine di condurre carica, gli ICPs, se posti in una differenza di potenziale (∆V), possono dar
luogo ad un fenomeno noto come eccitazione in cui la molecola si predispone per il passaggio di
carica modificando la sua struttura sterica e creando delle zone ad alta carica positiva o negativa.
Gli ICPs presentano 2 forme di eccitazione:
● lo stato degenere
● lo stato non degenere.
Di seguito verranno analizzati nel dettaglio.
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3.2.1) Analisi dello stato di eccitazione detto “Stato degenere”
L’eccitazione a stato degenere si presenta negli ICPs a lineari (senza la presenza di cicli). Se si
analizza la forma del trans-poliacetilene (forma termodinamicamente più stabile), si osserva che
vi è un portatore di carica, generato dal doping, derivato dal trasferimento di carica dal polimero
ad un accettore A che genera un carbocatione polimerico e un anione A-. Stessa cosa accade se il
polimero dopato reagisce con un donatore D: il polimero si comporta da carboanione polimerico
creando un catione D+. In entrambi i casi il polimero ionico è stabilizzato per risonanza: si possono individuare 2 forme isoenergetiche che rappresentano le forme limite A e B della risonanza
come nello schema sottostante (Fig7).
Fig.8: Schema della transizione tra le due fasi degenere[12]
Si può notare che la fase A e la fase B sono intervallate da un punto in cui l’energia è pari a 0 e
che rappresenta la situazione transitoria della risonanza: proprio questo punto è la sede delle
proprietà elettriche del poliacetilene. Il punto di transizione tra una formula limite di risonanza e
l’altra, rappresenta il luogo di formazione del solitone: un solitone è una quasiparticella eccitata
in grado di dare origine a una delle 2 fasi. La presenza del solitone porta alla formazione di un
livello di Fermi che si colloca al centro della differenza energetica tra la banda di conduzione e la
banda di valenza.
All’instaurazione di una differenza di potenziale (∆V) avviene “un’eccitazione”: il processo di
doping porta alla creazione della forma degenere in cui, nella forma ionica, si crea un solitone che
si colloca proprio nella banda proibita (gap tra la LUMO e la HOMO). Si crea così una sovrapposizione delle due bande e quindi una caratteristica metallica.
Fig.9: Creazione del livello di Fermi: nella Fig.9a vi è la creazione del livello di Fermi tra le 2 bande con solitone
neutro (occupato una sola volta); nella Fig.9b vi è un solitone positivo; nella Fig.9c vi è un solitone carico negativamente (livello doppiamente occupato). [12]
Solo nello stato di solitone carico negativamente vi è uno stato di conducibilità: il solitone carico
non possiede spin e per questo è libero di muoversi lungo il backbone della molecola rendendo
plausibile il fenomeno della conducibilità elettrica.
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3.2.2) Analisi dello stato di eccitazione detto “Stato non degenere”
Il fenomeno dell’eccitazione a stato non “degenere” è una proprietà comune a tutti i polimeri
conduttori che presentano, nella struttura molecolare, degli anelli aromatici o anelli con almeno
2 doppi legami al proprio interno. Nello stato di eccitazione “non degenere”, vi è una risonanza
tra 2 forme limite del composto, che non sono isoenergetiche: si può individuare una fase A, detta
aromatica, ed una fase B, detta chinoide. La fase A è più stabile della fase B in virtù della presenza
di un anello aromatico che è più stabile (in quanto stabilizzato per risonanza).
Fig.10: forme di risonanza dei polimeri conduttori eccitati a stato “non degenere” [12]
Da ciò deriva che non potrà esistere un solo stato di eccitazione collocato nel gap energetico tra
le bande π e π*, ma si origineranno delle bande polaroniche in suddetto gap. Si ritiene che non si
formi più solamente un solitone all’interno della molecola eccitata, bensì un polarone. Con polarone si intende una deformazione molecolare nella quale è intrappolata una carica auto-indotta
dalla molecola stessa.
Il polarone si forma nel momento in cui un elettrone viene rimosso dal sistema polimerico (o
anche immesso mediante drogaggio) creando una defomazione nel reticolo cristallino molecolare
che, a sua volta, genera un campo elettromagnetico circondante l’elettrone. Questo campo elettromagnetico si muove con l’elettrone e causa una deformazione nell’orbitale successivo ad esso.
La conducibilità degli ICPs è proprio dovuta a questa caratteristica di far spostare lungo la molecola le numerose entità bipolaroniche formate.
Per quanto riguarda i livelli elettronici, nei polimeri (con cicli) scarsamente drogati avviene ciò
che accade nel trans-poliacetilene a basso livello di drogaggio (formazine del solitone).
Nei polimeri ciclici altamente drogati, contrariamente a quello che avviene nel poliacetilene
altamente drogato, il difetto di carica permette la creazione di bipolaroni.
Con bipolarone si intende una coppia di cariche che formano un dianione (o dicatione) recante
spin nullo. La presenza di un bipolarone comporta una maggior deformazione del reticolo molecolare facendo risultare energicamente favorita la formazione di due polaroni. Inoltre, la presenza di un bipolarone, porta all’allontanamento della banda di valenza da quella di conduzione.
Questo porta ad un abbassamento dell’energia di ionizzazione. Più si aumenta il drogaggio della
molecola, più si ha la possibilità che si formino nuove bande a maggiore energia.
Una delle proprietà fondamentali del polarone è la capacità di alterare la struttura fisica della molecola. Questo spiega la presenza di una formula di risonanza con 2 formule limite non
isoenergetiche. Come è stato riscontrato nella molecola del PPV (poliparafenilvinile) drogato, al
quale è stato imposto un ∆V ai capi della molecola, il polarone causa inversione dei legami al suo
passaggio. Quando il polarone si diseccita, emette una radiazione elettromagnetica visibile (luce)
ed una vibrazione a livello atomico. Questo è uno dei riscontri che avvalorano la teoria dello stato
di eccitazione.
12
4) SEZIONE DI BIOLOGIA
4.1) Introduzione
I polimeri conduttori, oltre che in campo chimico ed insustriale, trovano potenziali ed importanti applicazioni anche in ambito biologico e biomedico. Gli ICPs, essendo delle sostanze insolubili ed infondibili, sono state impiegate sperimentalmente con successo in vari ambiti che apparentemente sembrano totalmente distanti dal normale impiego polimeri plastici sintetici.
4.2) Impiego nel campo della sensoristica e genetica
“Un sensore chimico è un dispositivo integrato capace di fornire un’informazione quantitativa o semiquantitativa sulla presenza di un determinato composto chimico (substrato o analita) in un certo
ambiente”[4].
Un sensore è un dispositivo (in genere una molecola o un insieme di esse) formato da 2 parti:
un recettore (o riconoscitore) ed un trasduttore chimico-fisico.
Il recettore è la parte direttamente legata al substrato che si vuole marcare. Esso può funzionare in due modi: il primo modo prevede una modificazione strutturale a livello chimico della molecola quando rileva una variazione di concentrazione di una determinata specie lungo il substrato;
il secondo metodo prevede una modificazione chimica del substrato tramite reazioni che coinvolgono i 2 elementi (recettore e substrato).
Il trasduttore chimico-fisico è una molecola o un dispositivo in grado di commutare il segnale
chimico in un segnale fisico generalmente rappresentato da un passaggio di corrente.
Fig.11: Schema di un Sensore biologico[13]
In particolare si definisce un “sensore biologico” o “biosensore” come:
“sensore (chimico o elettrochimico) nel quale il recettore
utilizza un meccanismo biochimico.”[4]
Una delle proprietà fondamentali di un biosensore è la selettività. La selettività è la capacità di
riconoscere e di rispondere ad una specifica sostanza chimica. I processi biochimici sono caratterizzati da un’alta sensibilità e quindi la biochimica è sempre alla ricerca di sensori specifici
per identificare ed analizzare i meccanismi biochimici che avvengono all’interno delle cellule (e
quindi anche dei corpi).
Esistono vari tipi di sensori che differiscono essenzialmente per la formazione o composizione
del trasduttore.
Si farà adesso un rapido excursus sui vari tipi di sensori solo a titolo informativo e successiva-
13
mente ci si soffermerà sui tipi più interessanti in relazione all’argomento centrale di questa
trattazione.
I sensori (o biosensori) più comuni in ambito biologico sono:
• (Bio)Sensori elettrolitici;
• Biosensori a riconoscimento biocatalitico;
• Biosensori ad affinità;
• (Bio)Sensori ad argilla;
• Nanoparticelle;
• Nanotubi di carbonio;
I sensori di interesse per questa tesi sono i (Bio)Sensori ad argilla in quanto sfruttabili e migliorabili se trattati/composti con/da ICPs.
4.2.1) Sensori cellulari ad argilla e ICPs
I sensori ad argilla sono dei sensori molto comuni nell’ambito biologico: essi si basano sulla
proprietà fisiche e meccaniche dell’argilla; quest’ultima è un composto di solidi plastici ridotti
a particelle molto fini in grado di assorbire acqua fino a creare una sospensione colloidale. Ne
esistono di due tipi: argille cationiche ed argille anioniche. Le prime sono di derivazione naturale,
le seconde di formazione artificiale. I sensori ad argilla sono particolarmente importanti per 2
ragioni: sono economici da produrre e permettono la formazione di una matrice nella quale posizionare particolari sostanze che naturalmente non entrerebbero mai in una cellula.
La preparazione di un sensore ad argilla è un processo pressochè semplice: si deposita un sottile strato di argilla (generalmente a spruzzo) su una superficie elettrodica e si lascia evaporare
lentamente l’acqua. E’ molto importante che il film base del sensore sia disidratato per il motivo
che ci si appresta ad esporre.
Una delle caratteristiche fondamentali dei sensori ad argilla è l’attitudine a creare la “preconcentrazione del substrato”. Il fenomeno della preconcentrazione è estremamente importante in
quanto è la prima interazione che il sensore ha con il substrato. Questo fenomeno consiste nella
saturazione dei pori vuoti del film di argilla con la soluzione del substrato. Questa saturazione
porta ad una maggiore concentrazione della soluzione substratica nella prossimità della superficie elettrolitica e quindi un segnale maggiore da parte del trasduttore.
Fig.12: Schema di funzionamento di un sensore ad argilla [13]
Come si nota nella Fig.9, i trasduttori (pallini azzurri) possono entrare a contatto col substrato
(pallini verdi) tramite semplice trasporto secondo gradiente di concentrazione mentre gli ioni
del substrato entrano nel sensore (barrette rosse) ancora secondo gradiente di concentrazione.
Questo passaggio è definito “preconcentrazione del substrato”: il substrato entra letteralmente
nel sensore venendo in contatto con i trasduttori che automaticamente cominciano a funziona-
14
re emettendo segnali in output registrabili/visibili con le odierne tecniche di visione cellulare.
Gli ICPs vengono impiegati nei sensori ad argilla in quanto possono essere sintetizzati e drogati
in modo tale da reagire specificamente con una molecola del substrato. Inoltre sono molto reattivi grazie alla possibilità di modificare la struttura molecolare per favorire il passaggio di corrente
elettrica e per adattarsi alla molecola del substrato che devono rilevare. Gli ICPs in questo senso
hanno un grande potenziale in questo campo in quanto possono essere drogati in modo tale da
non provocare effetti collaterali nella cellula e rendere l’analisi molto meno invasiva.
4.3) Impiego nel campo della ricostruzione fisiologica dei tessuti nervosi
Grazie alle loro proprietà elettroniche, si sta sperimentando una tecnica di ricostruzione fisiologica dei tessuti nervosi per mezzo di polimeri conduttori. A permettere questa ricerca, ci sono
alcune proprietà fondamentali degli ICPs che ne permettono l’impiego: fra tutte figurano la stabilità e l’attitudine a non reagire con alcuna sostanza presente nel nostro corpo. Questo ne fa un
punto di forza in quanto permetterebbe la realizzazione di protesi pressochè eterne senza alcuna
possibilità di contaminazione dei tessuti circostanti e con risultati (teorici) molto confortanti.
Il polimero candidato per la realizzazione di queste protesi sarebbe il polipirrolo:
Fig.13: Rappresentazione Polipirrolo[6]
Il polipirrolo si presta benissimo per questi scopi in quanto è totalmente atossico per uomo
ed è anche in grado di trasmettere elettricità con lo stesso voltaggio/amperaggio di un normale
nervo del nostro corpo. In questo caso, lo ione drogante potrebbe essere l’eparina. L’eparina è un
glicosamminoglicano (catena non ramificata di disaccaridi che terminano con un monosaccaride
amminico, dove al posto di un gruppo -OH vi è un gruppo amminico) in grado di fungere da anticoagulante. Oltre ad avere questa proprietà, l’eparina è un ottimo drogante per ICPs in quanto è
ricca di atomi di S, in grado di attrarre una carica negativa su di se e quindi di creare i bipolaroni
in grado di trasformare un normale polimero in un ICPs. I nervi sintetici troverebbero grande impiego nella ricostruzione neuronale in seguito a gravi traumi come profonde lesioni o bruciature
che impedirebbelo la ricrescita degli stessi.
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5) SEZIONE DI INFORMATICA
5.1) Spiegazione funzionamento di un transistor a effetto di campo (MOSFET)
“Il transistor [...] permette di amplificare il segnale in ingresso.”
[15]
I transistor sono alla base dell’informatica e dell’elettronica odierna: tutti i dispositivi elettronici ne contengono almeno uno. Inoltre i transistor sono il componente principale del computer:
agli albori dell’architettura di questi nuovi congegni, essi erano costituiti da un gran numero di
transistor arcaici (oltre che a valvole e relè). Ora in ogni computer vi è una gran varietà di componenti (praticamente tutti) che funzionano grazie al transistor il quale ne ha ridotto notevolmente
le dimensioni ed aumentato la potenza.
“In generale, si definisce transistore un oggetto con tre terminali (pins), in cui la resistenza tra due
contatti è controllata attraverso il terzo.”[7]
In particolare, i transistor ad effetto di campo (FET) sono dispositivi nei quali il controllo della
resistenza è di tipo capacitivo, ovvero viene esercitato tramite un campo elettrico.
Fig.14: Schema di un MOSFET[9]
I MOSFET sono dispositivi che fanno parte della famiglia degli IGFET (Insulated-Gate FET). Tale
famiglia di transistor si affianca ai JFET (Junction FET) e dei MESFET (MEtal- Semiconductor FET).
Come si può vedere dallo schema sopra riportato (Fig.14), il MOSFET è costituito da un substrato semiconduttore drogato positivamente, all’interno del quale sono ricavati 2 pozzetti a forte
drogaggio negativo che costituiscono il Source ed il Drain. Sulla superfice intermedia tra Source
e Drain, attraverso un processo di ossidazione del silicio, viene realizzato uno strato di biossido di silicio (SiO2), che funge da dielettrico sul quale viene depositato uno strato di metallo che
costituisce il contatto del Gate. Il biossido di silicio può essere assimilato ad un isolante perfetto e
quindi funge da dielettrico costituendo un condensatore MOS (Metal Oxide Silice) ideale. È grazie
al variare del campo elettrico creato dal condensatore MOS che varia la resistenza al passaggio
della corrente e che rende il transistor MOSFET un transistor altamente utile al campo informatico, in quanto riduce notevolmente le sue dimensione e condensa numerose funzioni in un unico
componente. Applicando una tensione positiva al Gate, vengono allontanate le lacune (cariche
positive generate dal drogaggio) e rimpiazzate da elettroni richiamati dalla carica positiva presente nel Gate. Si definisce tensione di soglia VT la tensione minima da immettere nel Gate VG
affinchè vi sia un’inversione del canale ossia un flusso inverso di elettroni e lacune. Se viene applicata una tensione tra Drain e Source tale che VDS<<VG – VT, la sezione del canale indotto rimane
sostanzialmente costante per cui la resistenza rimane costante e si avvalora la legge di Ohm (crescita lineare della corrente all’aumentare della tensione). Al crescere di VDS, l’andamento della
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corrente si trasforma da lineare a parabolico: aumentando VDS aumenta la resistenza media che
si oppone alla corrente sino a raggiunger una situazione di equilibrio. La corrente che circola nel
Gate, fa aumentare la carica nel condensatore MOS influendo sul passaggio di carica, in quanto il
campo elettromagnetico generato dal Gate si oppone al campo elettromagnetico generato dalla
corrente passante tra il Drain e il Source.
5.2) Impiego degli ICPs per realizzare transistor MOSFET
Gli ICPs possono essere impiegati per costruire transistor ad effetto di campo (MOSFET) di tipo
organico (OFET). Si possono realizzare diversi tipi di transistor, ma il più efficace risulta essere
il bottom Gate top contact ossia un transistor in cui i pins Drain e Source sono a contatto diretto
con l’ICPs mentre il Gate ed il substrato sono separati dai pins Drain e Source tramite uno strato
di isolante al biossido di silicio. Esistono anche altre conformazioni con i due contatti separati ma
siffatte costituzioni non offrono rese tali da poter essere considerate.
Fig.15: Schema di un OFET bottom Gate top contact[9]
È bene sottolineare che l’accezione di drogaggio p e n negli ICPs non è uguale a quello dei semimetalli: per poter utilizzare un ICPs in un transistor bisogna prima applicare una tensione tale da
creare una situazione di inversione. Per costruire un transistor bisogna quindi utilizzare un ICPs
drogato positivamente al fine di avere un passaggio di elettroni. Un semiconduttore organico
opera in modalità analoga ad un condensatore: quando viene applicato un ∆V tra Source e Drain
vengono richiamate cariche all’interfaccia tra isolante e semiconduttore. La conducibilità del
canale varia quindi in base alla tensione del Gate. Per valori bassi di tensione la corrente cresce
linearmente con la tensione del Drain seguendo le leggi ohmiche. Quando la tensione raggiunge
valori paragonabili alla tensione del Gate, si raggiunge un regime di saturazione per cui la corrente diviene indipendente dalla tensione del Drain.
Il principale polimero utilizzato per la realizzazione di un OFET è il Poli(3-esiltiofene) conosciuto come P3HT che si presenta in parziale forma cristallina e parziale forma amorfa. Questo perchè vi è una sezione centrale cristallinizzata (costituita dagli anelli aromatici) e dei bracci laterali
che ne conferiscono la struttura amorfa.
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Fig.16: Rappresentazione della molecola di P3HT[9]
La molecola, per via della presenza dei doppi legami nell’anello aromatico, ha una struttura
planare quindi, oltre alle sua caratteristiche elettriche, è anche facilmente laminabile in quanto il
P3HT si organizza in lamine sottile e facilmente lavorabili.
L’impiego degli ICPs nella realizzazione degli OFET risulta particolarmente incentivata dalla facilità di stampaggio dei circuiti di silicio su fogli di P3HT. Inoltre la produzione del P3HT è
molto più economica rispetto alla produzione di Silicio drogato, in quanto ci sarebbe molta più
disponibilità di materia prima per produrlo. Il silicio necessita di un’estrazione dal suolo terrestre, una depurazione da materiali non utili al processo produttivo e l’impiego di agenti droganti
anche pericolosi da maneggiare. L’utilizzo del P3HT sarebbe quindi favorito, in quanto vi è una
disponibilità praticamente illimitata della molecola base per la produzione e degli agenti droganti che sono gas inerti e abbondanti in natura. Questo comporterebbe un abbassamento dei costi
di produzione ed uno sviluppo maggiore di nuovi dispositivi.
Fig.17: Immagine di un OFET[14]
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6) SEZIONE DI INGESE
Hideki Shirakawa is an important Japanese chemist reminded for the winning of the Nobel
Prize in 2000 for the discovery of conductive polymers with the help of the chemistry professor
Alan G. MacDiarmid and the physics professor Alan J. Heeger.
Hideki was born in Tokyo on 20th August 1936. He spent his childhood and his youth in the country of Takayam and he was graduated in 1961 at the Tokyo Institute of Technology (Tokyo Tech),
so he became a Chemical engineering. Shirakawa began researches about the conductive polymers in TITech and for his discovery won the Nobel Prize in 2000.
In his Nobel Speech he told the following words: the error that allow he to discovery the conductivity into synthetic polymers was the polyacetylene films. In fact:
“[…] we succeeded in synthesizing polyacetylene directly in the form of thin film by a fortuitous
error in 1967. After a series of experiments to reproduce the error, we noticed that we had used a
concentration of the Ziegler-Natta catalyst nearly a thousand times greater than usually used.” [8]
These is only the last error that brought at an important scientific discovery. The scientific history is full of error that bring to discovery: an example is the discovery of penicillin: dot. Fleming
forgot a growing of bacteria near a growing of penicillin. He went to holiday and two week later, when he returned, he found that the penicillin had prevented the growing of other bacteria.
Another example of error/forgetting that bring to an important discovery is the discovery of the
New World: Colombo left the Spanish port conviction to discovery another way to reach the Oriental land but he found a new land: the America. We can continue to point the error that brought
to a important, if not essential, discovery, but the list are may too long.
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7) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1]. Brevetto per invenzione industriale 530753 depositato presso UFFICIO CENTRALE DEI BREVETTI per Invenzioni, Modelli, Marchi, Ministero dell’Industria e del Commercio, Roma.
[2]. Natta Giulio, Pino Piero, Mazzanti Giorgio
[3]. “ESEMPIO 1”, Brevetto Per invenzione industriale 530753, pagina 2.
[4]. “SENSORI E BIOSENSORI”, Università degli Studi di Sassari, corso di Biotecnologie Mediche
[5]. “Dispositivi bio-elettronici: realizzazione, studio e modelling”; Macchia Eleonora, Torsi Luisa, Giordano Francesco, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
[6]. Immagine prelevata da “nex989.altervista.org“
[7]. “Sintesi e proprietà di nuovi polimeri tiofenici per applicazioni opto-elettroniche”; L. Paganin, P. C. Bizzarri, M. Lanzi, 2005-2005, Facoltà di chimica industriale, Bologna
[8]. The discovery of polyacetilyne film: the dawning of an era of conducting polymers, Hideki Shirakawa, Nobel Lecture, December 8, 2000
[9]. “Dispositivi bio-elettronici: realizzazione, studio e modeling”, Eleonora Macchia, Laura triennale in fisica, facoltà delle scienze matematiche, naturali e fisiche, Università degli Studi di Bari, 2011-2012
[10]. Immagine tratta da “www.orgmech.co.uk”
[11]. Immagine tratta da “it.wikipedia.org”
[12]. Immagine tratta da “ Sintesi e proprietà di nuovi polimeri tiofenici per applicazioni opto-elettroniche”; L. Paganin, P. C. Bizzarri, M. Lanzi, 2005-2005, Facoltà di chimica industriale, Bologna
[13]. Immagine creata da Malpicci Daniele
[14]. Immagine tratta da “SENSORI E BIOSENSORI”, Università degli Studi di Sassari, corso di Biotecnologie Mediche
[15]. Transistor, “http://it.wikipedia.org/wiki/Transistor”
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