Controllo Numerico e Controllo del Moto

3.4 Controllo numerico
3.4
3.4.1
42
Controllo numerico
Funzionalità ed elementi costitutivi del CN
Il controllore numerico è un dispositivo Hardware e Software utilizzato per
controllare macchine utensili tramite istruzioni di comando codificate in un
programma detto PART PROGRAM, nel quale vengono fornite le indicazioni
geometriche e tecnologiche necessarie a realizzare un pezzo.
Figura 3.20: Controllore numerico di una macchina utensile
Il dispositivo di controllo numerico riceve in ingresso il Part Program, emettendo in uscita segnali di controllo che determinano i movimenti degli assi della
macchina utensile; si è visto infatti nella sezione introduttiva come robot e
macchine utensili siano caratterizzati da più gradi di libertà di movimento; alcune macchine sono da questo punto di vista ridondanti, ossia dotate di gradi
di libertà aggiuntivi che vengono attivati in particolari situazioni, in genere in
sostituzione di uno o più gradi d libertà di tipo standard.
Vengono inoltre generati segnali ausiliari indirizzati a particolari dispositivi
connessi all’utensile: si pensi ad esempio all’apertura e chiusura di una valvola
per permettere l’erogazione di un getto d’acqua di raffreddamento; un simile
evento è di tipo discreto e viene gestito dal controllo logico mediante PLC.
Componenti del controllo numerico CN
√
Part Program;
√
Interfaccia uomo-macchina;
√
Controllo logico;
√
Controllo asse (controllo Modulante).
3.4 Controllo numerico
43
Figura 3.21: Movimenti e riferimenti di una macchina utensile
Programmazione
Per la programmazione del CN occorre scegliere per convezione degli assi di
riferimento (indicati in figura 3.21):
• Assi principali (X, Y, Z) sono quelli che interessano direttamente i movimenti degli assi della macchina;
• Rotazioni principali (A, B, C) sono quelli che determinano gli orientamenti
della macchina;
• Assi secondari (U, V, W ) sono gli assi di riferimento per dispositivi ausiliari
ma comunque necessari per la lavorazione del pezzo, per esempio il cambio
automatico dell’utensile della macchina durante la lavorazione;
Figura 3.22: Esempio di Part Program
3.4.2
Il Part Program
Istruzioni
ll Part Program è un file di testo in formato ASCII conforme allo standard ISO
6983 (G-CODES); questo file consiste in una stringa di caratteri alfanumerici
3.4 Controllo numerico
44
suddivisi in unità base (linee di codice) ordinate progressivamente, ciascuna delle
quali ha sempre un valore letterale iniziale seguito da un valore numerico.
Esempio:
N010 G91 X25.00 Y10.00 Z-15.50 F150 S1100 T06 M06
- La lettera N indica il numero di linea.
- La lettera G indica una funzione di preparazione di posizioni e movimenti
dell’utensile, di cui si riportano i principali:
G00 Posizionamento rapido dell’utensile, massima velocità programmata;
G01 Interpolazione lineare vuol dire che l’utensile percorre una retta;
G02 Interpolazione circolare dell’utensile in senso orario;
G03 Interpolazione circolare dell’utensile in senso antiorario;
G17 X-Y Piano principale;
G18 Z-X Piano principale;
G19 Y-Z Piano principale;
G90 Sistema di riferimento assoluto;
- Le lettere X, Y, Z, indicano le coordinate posizionali degli assi di riferimento principali; le quote degli spostamenti vengono espresse in mm
oppure in pollici.
- La lettera F (feed) indica la velocità di avanzamento dell’utensile espresso
in mm/min.
- La lettera S (speed) indica la velocità di rotazione del mandrino espresso
in giri/min.
- La lettera T (tool) indica l’utensile selezionato.
- La lettera M indica le funzioni di controllo per i dispositivi ausiliari, di
cui si riportano i principali:
M02
M03
M04
M05
M06
M08
M09
M30
Programma finito;
Mandrino acceso senso orario;
Mandrino acceso senso antiorario;
Mandrino spento;
Fermata per cambio utensile;
Valvola liquido aperta;
Valvola liquido chiusa;
Programma fermo, avanzamento/rotazione off;
Si distingue anche tra
- Istruzioni modali : istruzioni che rimangono valide finché non vengono
ridefinite, ad esempio: G90, G1, F1000, S500, X5, Z5, Y5.
- Istruzioni non-modali : sono le istruzioni che valgono solo per la riga di
comando che li contiene, ad esempio: T03, M06, M03.
3.4 Controllo numerico
45
Preparazione del Part Program
Soprattutto nel passato per la definizione del part program si faceva ricorso all’
esecuzione in linea diretta della lavorazione, nella quale l’utensile viene guidato
manualmente, definendo per ogni passo la relativa riga di istruzione. Le tecnologie CAD (Computer Aided Design) e CAM (Computer Aided Manufacturing)
consentono oggi la generazione automatica del file: si realizza un modello CAD
da passare ad un dispositivo CAM il quale genera il percorso che l’utensile deve
compiere. Vanno definiti parametri tecnologici quali tipo di pezzo, i materiali
utilizzati o la velocità di rotazione. Il CAM genera un file CLDATA, scritto in un
linguaggio indipendente dal CNC. Questo file viene trasformato successivamente
in Part Program.
Figura 3.23: Progetto del Part Program
Va osservato che in molte lavorazioni complesse è comunque necessaria una
retroazione umana per correggere difetti o apportare migliorie.
Esempio di programmazione del CN
Si vuole realizzare la contornatura del pezzo riportato in figura 3.24: in un
sistema di riferimento assoluto le posizioni P 1, P 2, . . . , P 5 indicano le posizioni
intermedie che l’utensile percorre durante la lavorazione.
Posizione P0
N10 G90 G17 F300 S1000 T01 M06 M03
N10 = indica il primo blocco di comando;
G90 = indica che si lavora con il sistema di riferimento assoluto (X,Y,Z);
G17 = indica che tutta la lavorazione avviene solamente sul piano XY;
F300 = velocità di avanzamento 300mm/min;
S1000 = velocità di rotazione del mandrino di 1000 giri/min;
T01 = utensile del tipo 01;
M06 = indica che avviene un cambio utensile;
3.4 Controllo numerico
46
Figura 3.24: Pezzo da lavorare con macchina utensile
M03 = indica che il mandrino viene ruotato in senso orario;
Posizione P1
N20 G00 Y-10 N30 Z-10
N20 N30 = indicano la seconda e la terza riga di comando;
G00 = posizionamento rapido dell’utensile;
Y-10 Z-10 = coordinate dell’utensile che si sposta rispetto agli assi di
riferimento;
Posizione P2
N40 G01 Y50
G01 = interpolazione lineare l’utensile segue una linea retta;
Posizione P3
N50 X17.5
Posizione P4
N60 G03 X37.5 I10 J0
I10 J0 = Centro del cerchio in coordinate relative al punto iniziale. In
questo caso vuol dire che ci si sposta di 10 lungo l’asse x(I) e di 0 lungo
l’asse y(J).
Posizione P5
N70 G01 X50
Posizione di partenza
N80 X0 Y-1.41 N90 M30
M30= Programma terminato, l’utensile è fermo.
3.4 Controllo numerico
47
Interfaccia uomo macchina
L’interfaccia uomo macchina è composta da un panello operatore e da una parte
software che comprende:
• Configurazione CN;
• Ambiente di programmazione Part program;
• Monitoraggio e Diagnostica;
• CAD/CAM integrati.
Controllo del movimento
Il controllo del movimento viene eseguito partendo dal Part-program arrivando
all’azionamento, come si può vedere dal diagramma di figura 3.25.
Figura 3.25: Diagramma di controllo del movimento di una
macchina utensile
Si analizzano le 5 fasi di controllo (di cui le prime tre sono rappresentate in
figura 3.26):
Interpretazione
? Lettura/verifica di consistenza del Part-program;
? Preparazione strutturata dati interna (allocazione memoria, conversione
part-program nel formato dati intero);
? Impostazione delle operazioni modali e non modali nella struttura dati
interna.
Preparazione
? Applicazione trasformazioni sistemi di riferimento (passaggio dal sistema
di riferimento ZP al sistema di riferimento ZM)
3.4 Controllo numerico
48
Figura 3.26: Interpretazione, preparazione, interpolazione
? Applicazione compensazioni utensile (G47,G50,. . . );
? Preparazione del profilo di velocità su più blocchi (LOOK ahead)
Interpolazione
? Interpolazione percorso utensile;
? Applicazione trasformazioni cinematiche;
? Controllo finecorsa del volume di lavoro in real-time;
? Ricevere ed inviare segnali al PLC;
? Trasferire e ricevere dati dal controllo di posizione.
Vi sono diversi tipi di interpolazione, rappresentati nelle figure seguenti.
Figura 3.27: Interpolazione lineare (G01)
Le interpolazioni riguardano spesso trasformazioni cinematiche. Si prendano in considerazione sistemi come quelli in figura 3.30: gli elementi sui quali
è possibile esercitare un’azione diretta sono i motori; in un’ottica di controllo
3.4 Controllo numerico
Figura 3.28: Interpolazione circolare (G02/G03)
Figura 3.29: Interpolazioni complesse
Figura 3.30: Sistema con accoppiamento e disaccoppiato
49
3.4 Controllo numerico
50
è necessario un passaggio dal riferimento di posizione dell’utensile a quello dei
motori (o più in generale dei giunti).
Tale passaggio viene realizzato attraverso relazioni matematiche dette trasformazioni cinematiche.
P
EN D−EF F ECT OR
⇐⇒
P
GIU N T I
Esempio
Per esempio θ varia in funzione del verso della rotazione del motore come in
figura 3.31.
Figura 3.31: Angolo rispetto alla posizione dell’end-effector
x : Peex = lcos(θ)
y : Peey = lsin(θ)
derivando rispetto al tempo si passa alla velocità
ẋ = −(lsin(θ)) · θ̇
ẏ = lcos(θ) · θ̇
Si definisce la seguente trasformazione cinematica sulle velocità:
ẋ
θ̇ =
= J(θ)θ̇
ẏ
nella quale J(θ) è detto operatore jacobiano o matrice di trasformazione; la
velocità di riferimento per il motore rotazionale è dunque
ẋ
−1
θ̇ = (J(θ))
ẏ
Il controllo numerico calcola il jacobiano o cinematica inversa per ottenere
il riferimento.
Nelle figure 3.32 e 3.33 sono illustrati due esempi di macchine che effettuano
il processo appena illustrato.
3.4 Controllo numerico
Figura 3.32: Macchina a tre assi
Figura 3.33: Fresatrice a cinque assi
Figura 3.34: Azionamenti e controllo di posizione
51
3.4 Controllo numerico
52
Restano da analizzare le ultime due fasi del controllo del movimento (vedi
3.25), illustrate in figura 3.34
Controllo di posizione
? Trasferire dati tra interpolatore ed azionamenti;
? Applicare algoritmi per il controllo della posizione;
? Interpolazione fine a livello asse;
? Monitorare l’errore d’inseguimento, velocità posizione.
Azionamenti
? Controllo di velocità;
? Controllo di corrente;
Per riassumere, a titolo di esempio, di seguito si illustrano gli schemi per il
controllo di un servomotore e di un asse.
Figura 3.35: Azionamenti e controllo di posizione
Capitolo 4
Il controllo del moto per
macchine utensili
Il capitolo si occupa del controllo dei 3 assi di movimento di una macchina
utensile (X, Y, Z) in funzione del tempo, in modo particolare si analizzerà il
controllo di velocità e di posizione per ogni asse. Il controllo risolve diverse
problematiche, tra le quali:
† l’amplificazione o riduzione di segnali, svolta dai convertitori di potenza o amplificatori (che amplificano il segnale erogato dal controllore
numerico) e dai riduttori di velocità che convertono la velocità o coppia
erogata da un motore per adattarla alle esigenze di velocità dell’asse;
Figura 4.1: Modello di controllo del moto di una macchina
utensile
† l’attuazione dell’azione di controllo, tramite i motori (trifase, a corrente
continua o brushless);
4.1 Motori elettrici
54
† la rilevazione del segnale (in particolare velocità o posizione), effettuata
dai trasduttori.
4.1
Motori elettrici
I motori possono essere alimentati da corrente continua o trifase; essi hanno
principi di funzionamento comuni derivanti dalle leggi dell’induzione magnetica.
Figura 4.2: Motore elettrico
4.1.1
Motore trifase
Il motore asincrono trifase è costituito da una parte esterna fissa detta STATORE e da una parte cilindrica interna ROTORE; rotore e statore sono costituiti da
materiale magntico massiccio (di permeabilità infinita) e separati da un sottile
strato di aria (TRAFERRO).
Nello statore e nel rotore sono presenti un numero variabile di CAVE in cui
sono alloggiati i conduttori (AVVOLGIMENTI).
La corrente che percorre gli avvolgimenti di statore, alimentati alla ten legato
sione di targa (tensione nominale), genera un campo magnetico (H)
all’induzione elettromagnetica (B) dalla legge:
= µH
B
(4.1)
in cui:
• µ è il prodotto tra permeabilità del vuoto e del materiale ferromagnetico;
4.1 Motori elettrici
55
Figura 4.3: Motore trifase
= (N l)I −1 è l’intensità del campo magnetico;
• H
• N è il numero delle spire dell’avvolgimento statorico;
• l è la lunghezza delle spire statoriche;
• I è la corrente che circola nell’avvolgimento statorico.
Il campo magnetico prodotto dalla rete di alimentazione trifase è variabile:
quindi genera una tensione indotta, legata alla corrente secondo la legge di
Lentz:
e = −L
di(t)
dt
(4.2)
in cui
• e è la forza elettromotrice (f.e.m.);
• i è la corrente che circola nel rotore;
• L è l’induttanza dell’avvolgimento rotorico;
La corrente circolante nelle spire del rotore genera una coppia di forze secondo la legge di Lorentz:
= Il × B
F = qv × B
(4.3)
in cui
• I è la corrente che circola nel rotore;
• l è la lunghezza dell’avvolgimento rotorico;
• q è la carica che circola nell’avvolgimento rotorico.
Fisicamente, nella macchina asincrona, il rotore è trascinato dal campo
rotante generato dagli avvolgimenti di statore.
A regime la velocità del rotore è prossima a quella del campo rotante, ma
non saranno mai coincidenti.
4.1 Motori elettrici
56
Figura 4.4: Collegamento motore-macchina utensile
La velocità del rotore coincide invece con quella dell’albero a esso agganciato.
Nel funzionamento da generatore, assai raro, il rotore è messo in rotazione da
un meccanismo esterno, e induce correnti alternate trifase nello statore.
In riferimento all’illustrazione in figura 4.4 è necessario un bilancio tra la
coppia motrice dell’albero motore e la coppia resistiva dell’albero macchina cui
è connesso (un trapano nell’ esempio in figura). Nella pratica, il carico di massa
M genera una coppia resistente (Cr ), in base alla quale si sceglie da catalogo
un motore che eroghi un’adeguata potenza.
Questo motore viene usato principalmente a velocità costante o per piccole variazioni velocità e quindi non va bene per l’azionamento degli assi della
macchina utensile.
4.1.2
Motore a corrente continua
Eccetto il tipo di alimentazione, questo motore è caratterizzato dagli stessi principi di funzionamento di quello trifase; servono però apparecchi in grado di
stabilizzare la tensione di alimentazione (tipicamente condensatori).
Come tutte le macchine elettriche, il motore a corrente continua è formato
da uno statore e da un rotore.
Sul primo è posta l’alimentazione: essa è data da avvolgimenti avvolti sulle espansioni polari o dai magneti permanenti (la funzione svolta dai magneti permanenti è generare un campo costante, analogamente a quanto fatto
dall’avvolgimento di eccitazione in corrente continua).
Sul rotore sono realizzate le cave in cui sono collocati gli avvolgimenti.
Si ha inoltre il collettore: costituito da più lamelle di rame, opportunamente
isolate tra loro, è solidale con l’avvolgimento e su di esso strisciano in posizione
fissa una o più coppie di spazzole, che collegano l’avvolgimento con un circuito
esterno. Durante la rotazione del gruppo rotore/collettore, le spazzole raccolgono una f.e.m. dalle lamelle che provoca la circolazione di corrente nel circuito
esterno.
Svantaggi
• Nel momento del contatto tra spazzola e statore parte della corrente che
4.1 Motori elettrici
57
Figura 4.5: Funzionamento di un motore a corrente continua
Figura 4.6: Motore a corrente continua
4.2 Trasduttori elettrici
58
circola nel dispositivo viene persa sotto forma di scariche elettriche, dette
scariche di commutazione;
• Soprattutto a prestazioni elevate, la coppia generata da motori di questo tipo è molto oscillante: la continua variazione di velocità del motore
produce una sovrapposizione di frequenze diverse rispetto all’armonica
principale, dando luogo ad un fenomeno chiamato ripple di coppia.
4.1.3
Motore Brushless
Il rotore è costituito da un magnete permanete, lo statore da avvolgimenti.
L’assenza del collettore e quindi delle spazzole (caratteristica che giustifica il
nome dato a questa macchina) evita la presenza di scariche di commutazione.
Figura 4.7: Motori Brushless (a sinistra) e Brushless Lineare
(a destra)
Un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che la parte soggetta a riscaldamento è
posta sul rotore, il cui movimento favorisce la dissipazione del calore accumulato.
Permane tuttavia il problema del ripple di coppia; inoltre la gestione elettronica
della commutazione provoca un aumento dei costi di realizzazione.
4.2
Trasduttori elettrici
I trasduttori sono dispositivi in grado di rilevare una grandezza fisica di natura
qualsiasi e di convertirla in un’altra grandezza, generalmente di tipo elettrico,
che può essere utilizzata dal sistema di controllo come mezzo per misurare la
grandezza di partenza.
A seconda del principio di funzionamento, i trasduttori vengono classificati
nelle seguenti categorie:
- Trasduttori analogici: forniscono in uscita un segnale variabile con
continuità nel tempo (es. tensione elettrica);
- Trasduttori digitali: l’uscita è un segnale numerico, Questi trasduttori
possono essere collegati con un sistema a microprocessore, senza utilizzare
come interfaccia un convertitore analogico digitale.
Inoltre i trasduttori di posizione si possono inoltre essere distinti in:
4.2 Trasduttori elettrici
59
- Trasduttori assoluti: consentono di determinare la posizione assoluta
che l’asse in movimento assume in ogni istante e in qualunque punto della
corsa di utilizzo. Sono privi di memoria.
- Trasduttori incrementali: memorizzano la prima posizione rilevata (azzeramento con impulso a zero) ogni volta che si avvia la macchina, poi, ad
ogni rilevamento, sommano o sottraggono in modo incrementale lo step
rilevato.
Quando si utilizza un trasduttore incrementale, l’entità assoluta dello spostamento viene ricavata mediante un circuito contatore, in grado di contare, in
entrambe le direzioni, i passi elementari rilevati dal trasduttore. Il contatore deve
essere azzerato in corrispondenza di una particolare posizione dell’elemento mobile, assunta come origine degli spostamenti e solitamente coincidente con uno
degli estremi della corsa; per questo motivo è necessario effettuare la procedura
di azzeramento quando si mette in funzione la macchina utensile.
4.2.1
Trasduttori di posizione
Encoder assoluto
L’encoder assoluto è un trasduttore digitale rotativo costituito da un disco trasparente suddiviso in diversi settori, solidale con l’albero del trasduttore, sul
quale è ricavata una serie di tratti opachi e trasparenti, giacenti su corone
circolari concentriche. La rilevazione elettronica si effettua parallelamente alla superficie del disco; è costituita da una sorgente luminosa, che emette raggi
normali al piano del disco captati da una unità ricevente composta da una serie
di fototransistor.
Figura 4.8: Encoder assoluto
L’intensità luminosa che incide sui fototransistor varia da un minimo ad
un massimo in corrispondenza dei tratti opachi e trasparenti rispettivamente.
Di conseguenza un circuito elettronico traduce i segnali di intensità con un
segnale ad onde quadre, cioè tra 0 e Vmax , corrispondente a livelli logici 0 e
1. Ad ogni settore corrisponde una codifica (n bit); comunemente è la binaria,
che corrisponderà ad una posizione angolare, all’aumentare di n aumenta la
risoluzione del trasduttore (vedi figura 4.8).
4.2 Trasduttori elettrici
60
Encoder incrementale
Il principio di funzionamento è lo stesso dell’encoder assoluto: anche qui il fototransistor genera un segnale elettrico di forma triangolare o sinosuidale; tale
segnale viene successivamente trasformato in un’onda quadra mediante circuito elettronico. Quando il disco viene posto in rotazione, si ricava un segnale
periodico con periodo uguale al tempo impiegato dal disco per ruotare di un
angolo pari al passo della scala. La maggior parte degli encoder incrementali
è dotata di un canale supplementare che fornisce un impulso detto impulso a
zero, quest’ultimo viene generato quando la riga di riferimento dello zero passa
in corrispondenza del fototransistor ed è utilizzato per effettuare l’azzeramento
dell’encoder. Infatti, questo tipo di encoder non è in grado di memorizzare le
posizioni precedenti in modo assoluto e se viene tolta tensione a qualsiasi posizione dell’asse, si perde il riferimento e la misura diventa incosistente, risulta
perciò necessario azzerare l’encoder incrementale ad ogni riavvio.
Figura 4.9: Encoder incrementale
4.2.2
Trasduttori di velocità
Dinamo tachimetrica
É vista come il contrario di un motore in corrente continua, funge cioè da da
generatore di tensione sfruttando la legge di Lenz:
V = Kω
(4.4)
la tensione è proporzionale alla coppia generata (o alla velocità angolare ω
prodotta ) tramite una costante K . Risulta quindi semplice rilevare la velocità
del sistema.
É poco precisa a causa dei disturbi di cui sono tipicamente affetti i segnali
analogici.
Trasduttore derivativo
Tale trasduttore misura la velocità è applicando la derivata numerica della posizione in due istanti successivi (esempio k e k + 1, vedi figura 4.10). É infatti
noto che:
4.2 Trasduttori elettrici
61
dθ
Pk+1 − Pk
e
v=
(4.5)
dt
∆t
Lo svantaggio principale di questo tipo di trasduttore di velocità è dato dal
trade off tra precisione e prestazioni imposto dal tempo di campionamento.
ω=
Figura 4.10: Campionamento di un encoder derivativo
4.2.3
Riduttori di velocità
In molti casi non è possibile collegare direttamente il motore al carico a causa
della differenza di velocità tra motore e carico. Per risolvere il problema, nelle
macchine utensili viene spesso utilizzato un riduttore di velocità, destinato ad
adattare le esigenze del motore a quelle del carico tramite un bilancio meccanico
di velocità.
Figura 4.11: Riduttore di velocità
Nel riduttore di velocità si definisce il rapporto di trasmissione τ :
ω1
=⇒
RIDUTTORE
=⇒
ω2
4.3 Modello matematico dei motori in corrente continua e brushless
τ=
ω2
= 0.01 ÷ 0.3
ω1
62
(4.6)
Trascurando le inerzie e l’attrito, si ha il seguente bilancio energetico:
C1 ω1 = C2 ω2
perciò la coppia all’ingresso vale:
C1 = C2
ω2
= C2 τ
ω1
dalla formula ricavata si deduce che, essendo nella maggior parte dei casi
τ << 1, la coppia all’ingresso è bassa; è quindi possibile che il motore di progetto
abbia una potenza inferiore a quella richiesta. Altro vantaggio del riduttore è
la trasformazione del moto rotatorio a traslatorio (si pensi ad esempio alla vite
a ricircolo di sfere). Uno svantaggio dall’uso dei riduttori è dato dal calo di
prestazioni nel tempo per il degrado dovuto all’usura delle dentature.
4.3
Modello matematico dei motori in corrente
continua e brushless
Dopo aver preso in esame i componenti in grado di realizzare il controllo del
moto di una macchina utensile, si analizza ora il modello di comportamento del
sistema in termini matematici.
Si analizza la fase del trasferimento di potenza dall’alimentazione del motore
all’erogazione della coppia o velocità dell’asse attraverso un bilancio elettrico
ed un bilancio meccanico.
4.3.1
Il bilancio elettrico
Il modello di un generico motore in corrente continua o brushless può essere
sintetizzato nella figura 4.12.
Figura 4.12: Motore a corrente continua o brushless
In base allo schema, si ricava il seguente bilancio elettrico:
4.3 Modello matematico dei motori in corrente continua e brushless
63
dim (t)
+ e(t)
(4.7)
dt
in cui i primi due termini nella parte sinistra dell’equazione equivalgono
alla caduta di tensione su R e L, mentre e(t) è la f.e.m. indotta al rotore ed è
proporzionale alla pulsazione dell’albero: e(t) = ke ω(t).
Applicando la trasformata di Laplace, si ottiene l’equazione
vm (t) = Rim (t) + L
Vm (s) = RIm (s) + sLIm (s) + E(s)
esplicitando E(s), si ha che
Vm (s) = RIm (s) + sLIm (s) + ke Ω(s)
(4.8)
in cui L, R e ke sono parametri del motore.
La tensione di alimentazione del motore è regolata dalla tensione erogata
dalla macchina a controllo numerico (vedi figura 4.1), tramite la costante ka :
vm (t) = ka vCN (t)
4.3.2
(4.9)
Il bilancio meccanico
Figura 4.13: Bilancio meccanico di un motore
In base allo schema, si ricava il seguente bilancio meccanico:
Cm (t) = Cr (t) + Fc (t) + j ω̇(t)
(4.10)
in cui la coppia motrice Cm (t) deve compensare la coppia resistiva Cr (t),
i contributi coulombiani (attriti . . . ) sintetizzati nella Fc (t) e il momento di
inerzia del motore stesso j ω̇(t).
Applicando la trasformata di Laplace si ottiene la seguente equazione:
Cm (s) = Cr (s) + Fc (s) + jsΩ(s)
(4.11)
4.4 Comportamento statico di un motore a corrente continua
64
La coppia motrice è proporzionale alla corrente del motore secondo un coefficiente kt :
Cm (t) = kt im (t)
(4.12)
Passando alla trasformata di Laplace, si ottiene, in conclusione, che
Cm (s) = Cr (s) + Fc (s) + jsΩ(s) = kt Im (s)
4.4
(4.13)
Comportamento statico di un motore a corrente continua
L’analisi statica analizza il comportamento del motore a regime, dopo il transitorio. Le grandezze da controllare sono la velocità ω(t) e la coppia motrice
cm (t).
É noto che
Vm (s) = RIm (s) + sLIm (s) + ke Ω(s)
Cm (s) = Cr (s) + Fc (s) + jsΩ(s) = kt Im (s)
Si ipotizzano Cr (s) e Fc (s) trascurabili, perciò:
Cm (s) = jsΩ(s)
(4.14)
A transitorio esaurito:
• Ω diventa costante: Ω̇ = 0;
• la coppia motrice diventa costante: Cm = cost;
• la coppia resistiva eguagli quella motrice: Cr = Cm .
Quindi, la corrente del motore
Im (s) =
Vm (s)
ke Ω
−
R + Ls R + Ls
(4.15)
diventa
Vm (s) ke Ω
−
(4.16)
R
R
In genere il transitorio che porta Im (s) dalla 4.15 alla 4.16 è molto breve
poichè i valori di L sono in genere molto bassi (quindi la τ è molto piccola),
perciò tale transitorio, rispetto alla dinamica meccanica, è in genere trascurabile.
Moltiplicando la 4.16 per kt , si trova Cm :
Im (s) =
kt Im (s) =
kt Vm (s) kt ke Ω
−
= Cm
R
R
dato che Vm (s) = ka VCN (s), si ottiene che
Cm = kt Im (s) =
ka kt
kt ke
VCN (s) −
Ω
R
R
(4.17)
4.5 Comportamento dinamico di un motore a corrente continua
65
in cui si evidenziano i rapporti (costanti) a regime tra Cm , VCN (s) e Ω.
Dato che a regime Cm = Cr ,
Cm = Cr =
ka kt
kt ke
V (s) −
Ω
R CN
R
da cui:
R
Ω=
ke kt
ka kt
V (s) − Cr
R CN
semplificando si ottiene che
RCr
1
ka VCN (s) −
Ω=
ke
kt
(4.18)
In base alle relazioni 4.17 e 4.18, si nota che Ω aumenta al diminuire di Cm .
É possibile scegliere le costanti di progetto adatte a seconda della curva Cm /Ω
(vedi figura 4.14) scelta per il sistema; le curve più in alto rispetto al verso
della freccia danno una maggiore velocità al sistema, ma richiedono maggiori
prestazioni.
Figura 4.14: Analisi dinamica di un sistema
4.5
Comportamento dinamico di un motore a
corrente continua
Per quanto riguarda l’analisi della dinamica del sistema, si è interessati a trovare
la funzione di trasferimento da VCN (s) a Ω(s). Si accorpano, quindi, in un unico
modello, il comportamento elettrico e meccanico del sistema (vedi figura 4.15).
Figura 4.15: Amplificatore o convertitore di potenza
4.5 Comportamento dinamico di un motore a corrente continua
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Questa funzione di trasferimento determina la conversione di potenza necessaria per controllare il sistema; tale conversione è indispensabile in quanto i
motori in corrente continua sono alimentati da una tensione dell’ordine di qualche centinaia di volt (in genere 220V) e con correnti di qualche ampere. Il CN è
in grado di fornire una tensione di qualche volt (1÷10V) ed una corrente dell’ordine dei mA. Occorre quindi amplificare i valori in uscita dal CN, in modo da
poter alimentare correttamente il motore; si utilizza a tal fine un amplificatore
o convertitore di potenza (vedi figura 4.1).
Considerando che, in base alle precedenti semplificazioni, Cm = jsΩ(s) e il
tranistorio elettrico trascurabile, si ottiene che
jsΩ(s) =
ka kt
kt ke
V (s) −
Ω(s)
R CN
R
da cui si ricava che:
Ω(s)
=
VCN (s)
ka kt
R
kt ke
R
+ js
=
ka kt
1
R
·
·
R
kt ke 1 + kjR
s
t ke
semplificando si ottiene, infine
k
a
Ω(s)
ke
=
VCN (s)
1 + kjR
s
t ke
(4.19)
in cui:
µ=
ka
ke
e
τm =
jR
kt ke
La constante di tempo τm del motore dipende dai parametri costruttivi del
motore:
- kt si determina attraverso l’uso di riduttori che cambiano le prestazioni
della coppia;
- j è l’inerzia del motore;
- R è un parametro riassuntivo della parte elettrica;
- L in genere è molto piccolo (tale da annullare il transitorio elettrico in
tempi brevissimi).
Al progettista spetta dunque scegliere µ e τ in base alle dinamiche e ai
transitori di cui necessita.