I manoscritti ebraici medievali Relazione introduttiva del Prof

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I manoscritti ebraici medievali
Relazione introduttiva
del Prof. Malachi Beit-Arié
I manoscritti ebraici sono “ artefatti” medievali ”scrigni di saggezza” secondo una metafora del poeta spagnolo
medievale Moses ben Ezra, prodotti dal popolo ebraico. Come tutti gli altri libri medievali. essi avevano lo
stesso magnifico compito, come più tardi i libri stampati, di diffondere testi sacri e profani e la conoscenza
preservando la continuità culturale attraverso regioni distanti fra di loro nello spazio e nel tempo. Essi distribuirono la molteplice letteratura ebraica, come testi biblici, talmudici, legali, liturgici, teologici, filosofici, mistici, letterari e poetici oltre a testi scientifici di medicina, matematica e astronomia. Essi introducevano nuove
idee e ispiravano mutamenti intellettuali e sociali. Come gli scribi latini, greci e arabi, gli scrivani trasmisero
le testimonianze verbali della loro civiltà dando loro forma nei secoli che precedettero la stampa. Essi furono
gli strumenti di continuità culturale e di evoluzione, rinascita e rottura. Essi disseminarono gli scritti ebraici,
così come gli scribi latini, greci e arabi diffusero gli scritti cristiani e mussulmani. Ma i manoscritti medievali
dei tempi prestampa non sono soltanto veicoli di testimonianze verbali. Essi sono anche “artefatti” culturali,
oggetti fisici, visuali e figurativi che rivelano pratiche tecniche, abilità calligrafiche e artistiche e rispecchiano
l’attività e gli interessi culturali della società del tempo e della regione di produzione. I fattori e gli interessi
concatenati nella produzione dei libri medievali erano notevolmente diversificati. Comprendevano componenti
tecniche e principi estetici e di disegno, aspetti testuali e semiotici, limitazioni economiche ed ergometriche
e gli interessi contrastanti di produttori e consumatori. Le tecnologie, l’abilità artigianale, il procedimento
produttivo, i contributi artistici e la complessa struttura delle considerazioni intellettuali, sociali e finanziarie
coinvolte nella produzione manuale dei libri erano così complesse che ci si sente autorizzati a considerare i
manoscritti medievali come prodotti compositi di una pre-industrializzazione.
C
ome tutti gli altri libri medievali prodotti a
mano, anche i manoscritti ebraici sono “artefatti” complessi comportanti abilità artigianali
e artistiche, tecniche, forme e disegni complicati, arte scrittoria e di miniatura. Sono “artefatti” culturali prodotti da una minoranza religiosa etnica e culturale.
Tuttavia le straordinarie circostanze storiche che dispersero le comunità ebraiche intorno al bacino del Mediterraneo e più a oriente a nord e a occidente intertessendole
all’interno di varie civiltà, religioni e culture e trapiantandole all’interno di altre, hanno reso i manoscritti ebraici
significativi e preziosi per lo studio e la storia del libro
manoscritto di tutte le altre civiltà intorno al Mediterraneo in genere. Fiorenti o impoverite, al sicuro o oppresse
e tormentate, piccole e grandi, le comunità ebraiche erano sparse in tutto il medioevo dall’Asia centrale a oriente
all’Inghilterra a occidente, dallo Yemen e dal Nordafrica
a sud alla Germania e all’Europa centrale e orientale al
nord, abbracciate dalle grandi civiltà dell’Islam e della
Cristianità, l’occidente latino, l’oriente bizantino e molte
altre culture minori , lingue e scritture. Nonostante la loro
salda fedeltà alla loro antica religione, alla loro lingua,
alla loro cultura, al loro sistema di autogoverno e al si-
stema educativo, essi erano fortemente influenzati dalle
società che li circondavano e condividevano con loro non
soltanto le merci, l’artigianato e le tecniche, ma anche gli
stili letterari, i valori estetici, le teorie e i principi filosofici
e le mode calligrafiche. La mobilità dei singoli ebrei per
scelta o per necessità economiche e quella di intere comunità per costrizione, li rendeva veicoli di contatti culturali
e influenze transculturali e comunicazioni interculturali.
Malgrado l’adozione nella vita quotidiana delle lingue
parlate dei paesi che li accoglievano l’ampio uso del greco da parte degli ebrei ellenizzati nel tardo antico, l’esteso uso dell’arabo come principale lingua scritta nei
paesi sotto il dominio mussulmano e, più tardi, in grado
molto più ridotto, l’applicazione delle lingue parlate nei
vari paesi europei all’espressione letteraria, gli ebrei sono
sempre rimasti fedeli alla loro scrittura. Gli ebrei sono rimasti attaccati al loro proprio sistema nazionale semitico
di scrittura, esprimendo in esso non soltanto i testi letterari e i documenti scritti nella lingua ebraica, ma anche
in altre lingue prese a prestito, in trascrizione. In effetti
gli ebrei nell’antichità in oriente e fino al nono secolo in
occidente, si servirono anche di altre scritture, particolarmente del greco, ma quasi soltanto per le registrazio-
ni non libresche. Le pietre tombali che ci sono pervenute
mostrano che al principio del medioevo l’ebraico sostituì
gradualmente il greco e il latino nei paesi cristiani e fin
dal periodo centrale del medioevo gli ebrei europei hanno
usato esclusivamente la scrittura ebraica per i loro scritti
epigrafici e per testi letterari e documenti. Convenzioni e
atti di transazioni commerciali e atti di proprietà fra ebrei e
cristiani che ci sono pervenuti in Inghilterra fra il tardo secolo dodicesimo e l’espulsione degli ebrei nel 1290 e nella Spagna cristiana, specialmente in Catalogna dal secolo
undicesimo, dimostrano non soltanto la fedeltà degli ebrei
alla loro scrittura e alla loro lingua ma riflettono anche la
loro ignoranza del latino. Questi documenti sono sempre
bilingui e di doppia scrittura. Il documento in questione
è scritto in latino, accompagnato talvolta da una registrazione ripetuta ma generalmente da una versione abbreviata in ebraico. Gli ebrei istruiti nell’Europa cristiana medievale evidentemente non adoperavano mai la scrittura
latina né usavano la lingua latina in trascrizione ebraica.
D’altra parte fin dall’undicesimo secolo gli ebrei impiegarono talvolta e nel tardo medioevo più frequentemente,
le lingue parlate dei paesi che li ospitavano, trascrivendole in caratteri ebraici. L’antico francese il provenzale,
il catalano, il castigliano, lo spagnolo, l’italiano, il greco
e particolarmente il tedesco erano assimilati dagli ebrei e
incorporati nei loro testi scritti ebraici, ma sempre resi in
trascrizione ebraica. Nei paesi islamici, particolarmente
nel Medio Oriente, i dotti, i mercanti e gli studiosi ebrei,
la cui principale lingua di cultura e di comunicazione era
l’arabo in trascrizione ebraica, di tanto in tanto usano la
scrittura araba e possiedono manoscritti in arabo.
C
osì gli ebrei in oriente e in occidente e fin dal
nono secolo quasi esclusivamente, utilizzavano la scrittura ebraica per la comunicazione
scritta, documentazione, procedimenti legali
e in modo particolare per scrivere e diffondere la propria
letteratura, soprattutto in ebraico, ma anche in altre lingue, specialmente l’arabo. Questo notevole fenomeno,
insieme con la vastità del territorio di dispersione degli
ebrei, trasformò una minore e marginale attività di scrittura e libraria in un fenomeno di grande importanza culturale. Dal punto di vista dell’estensione e della diffusione,
la scrittura ebraica fu impiegata nel medioevo su un’area
territoriale più vasta delle scritture greca, latina o araba,
poiché i manoscritti e i documenti ebraici erano prodotti entro queste regioni e dappertutto in esse ed in altre
zone di scrittura. L’umile ma esteso reticolato di questo
artigianato marginale ebraico di scrittura e di libri naturalmente abbracciava una varietà di forme regionali, tipi e
stili, tecnologie e pratiche relative alla effettuazione della
scrittura comune. I libri ebraici medievali condividevano
la stessa scrittura, ma erano diversificati da differenti tradizioni geo-culturali di fabbricazione, disegno e modi di
scrivere, fortemente influenzati dai contatti con valori e
pratiche non ebraiche locali. In verità i manoscritti ebraici
presentano una sostanziale varietà di ben differenziati tipi
di scrittura, pratiche tecniche, “design” calligrafico fog-
giati nei diversi luoghi dove venivano prodotti. Per di più
essi testimoniano anche la mobilità degli scribi e dei copisti ebrei, che attraversavano frontiere politiche e confini
culturali, portando con sé le proprie scritture e tradizioni
d’origine, eredità culturale e influenze artistiche e introducendoli in altre zone. Lo studio sistematico di tutti i
manoscritti ebraici medievali esistenti datati ha rivelato
che un quinto di essi furono scritti da scrivani immigrati.
In certe zone e in certi periodi la proporzione di scrivani
immigrati era molto maggiore, come nell’Italia del quindicesimo secolo, dove la metà dei manoscritti erano scritti
da scrivani immigrati dalla Spagna, dalla Provenza, dalla
Francia e dai paesi tedeschi, che conservavano il loro tipo
di scrittura originario, mentre inevitabilmente adottavano
le pratiche tecniche locali.
U
na illustrazione notevole di queste complicate circostanze dell’impiego della scrittura
ebraica e della mobilità trasculturale ebraica
si trova in una copia di un libro di preghiera ebraico prodotto al principio del dodicesimo secolo
nell’Inghilterra normanna e conservato ora nel Corpus
Christi College di Oxford. Su due pagine che erano rimaste in bianco un creditore ebreo che viveva in Inghilterra registrò dei pagamenti che gli erano stati fatti da vari
Inglesi, compresi tre vescovi. Ciò che colpisce è il fatto
che le annotazioni furono scritte dal proprietario di questo
libro di rito presumibilmente tedesco, in arabo, trascritto
in caratteri ebraici in un tipo di scrittura ispano-andaluso.
Questo manoscritto, che rispecchia le vicissitudini dell’instabile esistenza degli ebrei e dimostra la complessità dei
manoscritti ebraici è, per quanto ne so, l’unico documento
in arabo nell’Inghilterra medievale.
A causa dell’ampia diffusione della produzione libraria
ebraica, le somiglianze fra l’aspetto, i tipi di scrittura, i
materiali di scrittura, la fattura tecnica e la configurazione
del testo dei codici manoscritti ebraici e quelle dei codici
non ebraici prodotti nella cultura circostante sono maggiori di quelle esistenti con manoscritti ebraici prodotti in
altre regioni geo-culturali, malgrado condividano scrittura
e testi. Tuttavia le circostanze sociali della loro produzione, diffusione e consumo erano differenti, particolarmente
da quelli del mondo cristiano.
L
a differenza fondamentale fra la produzione
libraria ebraica e quella latina, greca e in parte anche araba nasceva da due fattori cardinali
della vita ebraica medievale sia in occidente
che in oriente: l’ampia diffusione dell’alfabetizzazione
e la mancanza di potere politico e di organizzazione. La
capacità di leggere e scrivere si presentava nelle società
ebraiche come estesa a tutti i maschi e in parte anche alle
donne, specialmente in Italia, a differenza delle società
cristiane e bizantine, dove era circoscritta principalmente
al clero, dapprima nei monasteri e nelle scuole delle cattedrali, più tardi nelle università, raggiungendo nel tardo
medioevo anche l’ aristocrazia laica le classi alte e la borghesia mercantile. Il sistema egualitario di istruzione ele-
mentare finanziato e amministrato dalle comunità ebraiche
autonome rendeva la maggior parte dei bambini capace
di leggere (probabilmente meno di scrivere) l’ebraico e
faceva loro conoscere almeno i principali testi religiosi, liturgici e legali e li incoraggiava a perseguire una ulteriore
più progredita istruzione. L’assenza di struttura politica e
la vasta dispersione in entità politiche diverse impedirono
lo stabilirsi di organizzazioni ebraiche centralizzate e di
un’autorità religiosa o secolare, malgrado l’autogoverno
comunitario, l’autonomia sociale e giuridica interna e la
potente autorità di singoli sapienti.
Questi due fattori influenzarono e foggiarono la produzione libraria e la riproduzione dei testi. L’alfabetizzazione
diffusa e l’assenza di organizzazioni politiche o intellettuali diedero forma alla natura individuale e personale della produzione libraria ebraica e impedirono la standardizzazione dei testi riprodotti.
A differenza del carattere essenzialmente centralizzato della produzione libraria greca, latina e parzialmente
anche araba medievale, in contrasto con la supervisione
autoritaria della copiatura dei testi e sulle loro versioni e
diffusione e in contrasto con la conservazione e la concentrazione dei testi non ebraici soprattutto nelle raccolte istituzionali, il libro ebraico medievale era iniziato, prodotto,
consumato e conservato a cura di singole persone. Nessuna organizzazione ebraica iniziava e finanziava la produzione di manoscritti in ebraico né determinava la scelta e
le versioni dei testi da copiare. E neppure li riunivano e
conservavano in raccolte comunitarie o accademiche.
I
libri ebraici erano il risultato dell’iniziativa privata,
motivata da necessità personali e destinata all’uso
privato. Gli studiosi o chiunque fosse in grado di
leggere (in certe zone, come in Italia, certamente
dopo la fine del tredicesimo secolo, si poteva anche trattare di donne dotte o quantomeno alfabetizzate) desiderasse
procurarsi un testo aveva tre possibilità: una era individuare nelle vicinanze una copia esistente e cercare di comprarla dal suo possessore. Le altre due possibilità che si
offrivano a chi volesse procurarsi un libro fin dal tempo
dei più antichi codici datati non comportavano il riciclaggio ma la produzione “su misura”. Una era ingaggiare uno
scrivano professionista o dilettante: l’altra era il fai-da-te:
cioè copiare da sé il testo desiderato. Entrambi i sistemi
per la produzione di libri nuovi dipendevano ovviamente
dalla possibilità di disporre di un manoscritto che potesse
servire da modello per la copiatura.
Circa 100.000 codici ebraici manoscritti e resti di essi sono
sopravissuti fino ad oggi. Sono conservati in circa seicento
biblioteche statali, pubbliche, municipali, universitarie e
monastiche e in raccolte private in tutto il mondo. A parte
i codici, ci sono pervenuti circa 300,000 frammenti di manoscritti medievali . Essi provengono da due diverse pratiche e circostanze. La maggior parte dei frammenti furono
appositamente salvati dalla società ebraica e all’interno di
essa, mentre la parte minore di essi è sopravvissuta entro il
mondo libresco cristiano. Il grosso dei frammenti ha avuto
origine da una abbastanza singolare pratica di depositare
libri consunti e vecchi documenti da parte delle comunità ebraiche nel Medio Oriente, ma anche altrove in Nord
Africa e in Europa. L’altro tipo di frammenti ci è stato
conservato come pergamena riciclata in bifolios e folios
riutilizzata nelle rilegature nei rinforzi per lo più di libri
stampati in caratteri latini o in registri notarili cristiani.
I frammenti riutilizzati sono stati trovati e ancora vengono trovati in migliaia di rilegature in biblioteche in tutta
l’Europa, particolarmente in Austria e in Germania. Il progetto recente più esteso e soddisfacente è il ritrovamento
e la catalogazione di circa 15.000 fogli che derivano da
codici ebraici medievali scartati prodotti principalmente
in Francia, Germania e Spagna e trovati come imballaggi
di registi notarili del sedicesimo secolo in molti archivi
dell’Italia del Nord.
La scoperta della ghenizà del Cairo – l’enorme deposito
nella sinagoga della comunità palestinese a Fustat (Cairo
antica) alla fine del diciannovesimo secolo ha dimostrato
che l’uso ebraico di conservare o seppellire il materiale
scritto non si limitava ai testi sacri né a quelli scritti in
ebraico ma concerneva tutti gli scritti malridotti o non utilizzati , sacri o laici, in qualsiasi lingua, purché fossero
scritti in caratteri ebraici.
I circa 100.000 codici ebraici medievali che ci sono pervenuti e i loro frammenti sparsi identificati rappresentano
soltanto la produzione libraria degli ultimi sei secoli del
medioevo. La rivoluzionaria forma di codice del libro che
fu adottata e diffusa dai Cristiani già nei primi secoli della
nostra era e aveva sostituito l’antica forma a rotolo nelle
zone intorno al Mediterraneo già intorno all’anno 300, fu
impiegata dagli ebrei soltanto molto più tardi. Fra gli abbondanti reperti di libri ebraici dal tardo antico – i rotoli
del Mar Morto - e i primi datati e databili codici ebraici
pervenutici c’è un divario di circa ottocento anni senza
quasi prove dell’esistenza di testi ebraici in forma di libro.
Il ritardo nell’impiego del codice riflette la natura essenzialmente orale della trasmissione della letteratura ebraica
postbiblica fino al secolo nono. I più antichi codici ebraici
datati esistenti furono scritti al principio del decimo secolo, tutti nel Medio Oriente. Dall’undicesimo secolo in
avanti ci sono giunti manoscritti datati dall’Italia e dal
Magreb, mentre quelli prodotti nella Penisola Iberica, in
Francia, in Germania, in Inghiterra e in Bisantium datano
dal dodicesimo secolo in avanti. Essi rivelano la ricchezza della letteratura ebraica e l’ampia varietà di stili, tipi e
tradizioni della scrittura, dell’artigianato e delle tecniche e
del disegno artistico.
Q
uesti codici e i loro resti riflettono la cultura verbale religiosa e laica nei suoi diversi
aspetti. Questa quantità di libri ebraici sopravissuti rappresenta, naturalmente, una
piccola parte dell’intera produzione libraria del popolo
ebraico, che, grazie al suo sistema comunitario o privato di istruzione si ritiene che fosse generalmente alfabetizzato. La perdita della maggior parte dei manoscritti
non è la conseguenza soltanto delle condizioni storiche.
I libri ebraici venivano distrutti o abbandonati a causa
di vagabondaggi, emigrazione, persecuzione, pogrom ed
espulsioni e confiscati e bruciati nei paesi cristiani, ma
erano più di tutto consumati dall’uso. La scoperta della ghenizà del Cairo ci ha fornito un tangibile campione
dell’ampiezza del consumo di libri da parte degli ebrei del
medioevo. La maggior parte dei frammenti fu messa via
nel corso di un periodo di circa 250 anni, fra il 1000 e il
1250 e consiste nei resti di circa 30.000-40.000 libri che
furono usati, consumati e eliminati da un solo settore di
una sola comunità – certo importante - di una sola città.
Può sembrare paradossale, e tuttavia impressionante il fatto che i manoscritti ebraici esistenti che sono per lo più
sopravvissuti nei paesi cristiani mentre si salvavano da
fughe, espulsioni e persecuzioni sono stati salvati principalmente da biblioteche europee che li acquistavano, li
preservavano, li tenevano in buono stato e li mantenevano
accessibili per studenti e persone colte. Queste istituzioni
cristiane , come particolarmente la Biblioteca Apostolica
Vaticana e in grado minore la Biblioteca Ambrosiana o altre biblioteche connesse con università cristiane che conservano grandi raccolte di codici manoscritti ebraici, come
la biblioteca Bodleyana di Oxford, la Biblioteca Palatina
di Parma, la Biblioteca Nazionale di Parigi e la Biblioteca Nazionale di Russia a Sanpietroburgo preservarono
i manoscritti ebraici e divennero custodi della tradizione
letteraria ebraica e della sua continuità culturale.
Prof. Malachi Beit-Arié
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