Stefania Capogna SCUOLA, UNIVERSITÀ, E-LEARNING: UN’ANALISI SOCIOLOGICA ARMANDO EDITORE Sommario Prefazione di LUISA RIBOLZI 11 Introduzione 17 1. Tra educazione e comunicazione 1.1 Le trasformazioni della comunicazione 1.2 I sistemi educativi alla prova del web 1.3 Dalla computer mediated communication al web 3.0 1.4 Quali competenze per comunicare in rete 1.5 Dinamiche di relazione on line 25 25 33 39 43 46 2. L’evoluzione dei modelli di apprendimento nella Formazione a Distanza 2.1 Dalla visione trasmissiva a quella socio-costruttivista 2.1.1 Visione lineare-trasmissiva 2.1.2 Visione relazionale 2.1.3 Visione socio-costruzionista 2.2 Lifewide Learning 2.3 L’evoluzione dei sistemi di Formazione a Distanza 2.3.1 Computer mediated communication 2.4 Computer Supported Collaborative Learning (CSCL) 2.5 E-learning ed apprendimento 2.5.1 La qualità nell’e-learning 2.5.2 Vantaggi e svantaggi dell’e-learning 2.6 Dall’e-learnig all’ubiquitous learning 51 51 52 56 58 63 65 67 69 76 78 81 83 3. L’analisi sociologica 3.1 Gli sviluppi della disciplina 3.2 Le principali prospettive teoriche 3.2.1 Il modello integrazionista 3.2.2 Il modello conflittualista 3.2.3 Il modello comunicazionista 3.3 I percorsi della socializzazione 3.3.1 La scuola 3.3.2 La famiglia 3.3.3 Il gruppo dei pari 3.3.4 Mass media e nuove tecnologie 3.4 Gli aspetti sociali della tecnologia 3.4.1 La ricaduta sulle organizzazioni e sul lavoro 3.4.2 Le ricadute sui soggetti 3.4.3 Le ricadute sulle policies 3.5 Quali sfide per l’analisi sociologica 3.5.1 Tra “vecchie” e nuove disuguaglianze 3.5.2 Il “capitale culturale” al tempo del web 85 85 87 88 91 95 101 102 105 107 108 110 110 112 116 119 123 125 4. Crescita e prospettive del web nei sistemi educativi 4.1 Prove di distance learning nelle università italiane 4.1.1 Aspetti normativi 4.1.2 Aspetti gestionali tra prospettive e criticità 4.1.3 L’università alla prova della “rete” 4.1.4 Le sfide per l’università 4.2 L’utilizzo delle ICT nei sistemi di apprendimento formali 4.2.1 Il contesto universitario 129 129 129 132 134 145 148 148 148 152 158 175 4.2.1.1 L’evoluzione dell’offerta formativa e-learning 4.2.1.2 Tipologia di e-learning offerto 4.3 4.2.2 Il sistema di istruzione Considerazioni di sintesi Conclusioni 183 Bibliografia 188 Appendice 208 Indice dei grafici n. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Titolo Evoluzione dell’offerta formativa e-learning dal 2003 al 2006 Atenei che propongono corsi in e-learning e centri servizi dedicati Incremento n. di studenti CdL a distanza 2006-2008 Indagine sui portali: modalità di erogazione Open Course Ware universitari su I Tunes U Connettività Aule Distribuzione alunni per LIM/LIM per classe Distribuzione del campione per ordine di scuola nel 2006 (%) Iniziative e-learning previste e attivate per gli studenti nel 2005/2006 (%) Disponibilità a partecipare ad iniziative e-learning Competenze nell’uso di strumenti informatici (%) Competenza dei docenti rispetto agli oggetti di Internet (%) Open Course Ware scolastici su I Tunes U p. 149 150 151 153 156 162 165 166 167 168 169 169 170 Indice delle tabelle 1 2 3 Tipologia e diffusione PC per alunni Tipologia e diffusione Internet nelle aule Tipologia e diffusione LIM nelle aule 159 161 163 A Ilaria e Letizia che possano mantenere sempre viva la facoltà di stupirsi …a Biagio che non ha mai smesso di stupirmi. […] apprendere non consiste in una trasmissione di informazioni ma in una educazione dell’attenzione, inseparabile dalla vita delle persone e continua per tutto il corso della loro esistenza. T. Ingold (2001), Ecologia della cultura, Meltemi, Roma. Prefazione LUISA RIBOLZI La letteratura sulle tecnologie dell’informazione e comunicazione, e in particolare sulle “competenze digitali” è ormai vastissima, e comincia ad essere presente anche in Italia1: ma una rapida rassegna mostra che si è scritto e si è indagato relativamente poco sull’influenza che esse hanno avuto a livello strutturale nella scuole e nell’università, tranne forse per lo spazio crescente dedicato a questo tema nei rapporti del CENSIS e, da un punto di vista prevalentemente tecnico, nelle indagini fatte dalle Associazioni di categoria. Le competenze digitali e l’uso della rete paiono appartenere alla sfera del privato, sono acquisite ed utilizzate in modo non formale, ed è abbastanza paradossale che da un lato si parli di una vera e propria rivoluzione nel processo di insegnamento/ apprendimento, e dall’altro così poco questo abbia intaccato i luoghi deputati alla trasmissione del sapere2. L’autrice parla esplicitamente, e a mio avviso correttamente, di “scarsa speculazione teorica ed empirica riguardo al tema delle ICT e delle loro ricadute sul soggetto, sulle organizzazioni e sui sistemi educativi”. Per un confronto, si pensi all’interesse in merito delle organizzazioni internazionali: nel sito dell’OECD/ Ceri è possibile reperire decine di pubblicazioni, a partire dall’inizio del Duemila. Il volume di Stefania Capogna si propone non tanto di colmare questa lacuna, operazione probabilmente troppo ambiziosa, quanto di realizzare un approccio sociologico al tema, collocando la trasformazione 1 Si veda ad esempio il rapporto ISTAT (2011). Per un’esauriente analisi, anche se non aggiornatissima, si veda Scheuermann F., Pedrò F. (eds.), (2009). 2 11 tecnologica all’interno delle esperienze di rinnovamento in atto nei sistemi formativi, e tentandone una lettura alla luce delle principali teorie che sono state formulate sulle istituzioni e i processi educativi. Più precisamente, l’intento dell’autrice è quello di “definire il quadro delle sperimentazioni/usi delle ICT all’interno dei sistemi educativi (università e scuola); evidenziare eventuali diversità di prospettive/modelli in uso; tracciare una riflessione su rischi/opportunità; punti di forza e punti di debolezza connessi all’utilizzo di tali strumenti/ambienti tecno-sociali nei processi educativi”. Da questo punto di vista, la sintetica rassegna che presenta alcune scuole e alcuni autori che hanno fatto la storia della sociologia dell’educazione, rapportandoli al tema in esame, mi sembra un’efficace modalità di ripercorrere la disciplina, anche perché l’autrice cerca di prendere sempre in considerazione l’opera di quella fertilizzazione incrociata fra le diverse scienze dell’educazione che opera in quella “terra di mezzo” determinata dalle nuove tecnologie. Lo snodo centrale, secondo l’autrice, è quello del progressivo affermarsi, in forme sempre più efficaci e in certo qual modo personalizzate, della Formazione a Distanza, che assume un ruolo centrale nella diffusione del sapere e nella creazione delle competenze, rompendo quella unità di luogo e quella sequenzialità di contenuti che caratterizzano la formazione “in presenza”. Alla radice di questa trasformazione c’è sicuramente l’evoluzione delle Information Communication Technology (ICT), che hanno visto il passaggio da una comunicazione intesa come “informazione” a una comunicazione concepita come “partecipazione”: la maggior parte delle ricerche mostrano che non è tanto la tecnologia, quanto la connettività a modificare sia le strutture di apprendimento che le aspettative di chi apprende. Non a caso si parla di connected minds per indicare il modo dei ragazzi di rapportarsi alle nuove tecnologie, modo influenzato non tanto dal supporto tecnologico quanto dalle dinamiche che operano all’interno della rete e delle comunità di apprendimento da essa generate3. La situazione però non potrebbe essere pienamente compresa se non venisse esaminata alla luce sia delle teorie pedagogiche che delle prospettive sociologiche nei confronti dei sistemi di apprendimento mediati da supporti tecnologici, e dei loro risultati: una recente serie di 3 12 Pandolfini V. (2010). ricerche mostra il permanere all’interno di questa situazione innovativa del riprodursi di dinamiche consolidate, in quanto il digital divide è sensibile alle differenze di capitale culturale, di genere, di etnia, e un esame dell’attività degli studenti in rete indica che i nativi digitali non sono affatto un gruppo compatto, ma hanno rilevanti differenze sia di utilizzo, che di competenze acquisite4. Il nucleo centrale e più nuovo del lavoro di Stefania Capogna è però il tema specifico della Formazione a Distanza, che a suo avviso in Italia viene utilizzato poco e in modo poco innovativo, quasi senza tenere conto del fatto che da almeno un decennio il fattore dominante nello sviluppo della comunicazione è quello che viene definito di “ibridazionecontaminazione”, in cui i tre settori fondamentali della comunicazione (telefonia, televisione e computer) operano in sinergia. Ormai, scrive l’autrice, siamo di fronte alla possibilità “di processare qualsiasi tipo d’informazione e contenuto, in qualsiasi formato, attraverso un unico vettore, il bit” e questo ha causato numerosi fenomeni di tipo precipuamente sociale, che vanno dall’estensione del sé attraverso la tecnologia, allo slittamento del confine fra pubblico e privato, alla costruzione della propria identità in un panel di esperienze in cui reale e virtuale non differiscono in modo significativo, a una significativa trasformazione del senso del tempo e dello spazio. Scrive ancora Capogna: “l’individuo contemporaneo si trova senza più reti di contenimento, costretto a navigare a vista, in una sorta di migrazione continua attraverso le tappe della sua stessa biografia”. Le parole “contaminazione” e “ibridazione” ricorrono spesso, insieme alle riflessioni sull’antica abitudine della scuola italiana a distinguere fra cultura “alta”, lineare e testuale, e la cultura “bassa” della reticolarità e della costruzione partecipata, e questo nonostante la sua crescente affermazione. Il sistema educativo non sembra in grado di misurarsi con le sfide poste dai modelli alternativi che si sono ormai largamente affermati nell’extrascuola, fino a diventare quasi monopolistici. All’inizio, le tecnologie sono state addomesticate, ed utilizzate semplicemente come modalità più efficienti per trasmettere contenuti tradizionali con metodi scarsamente innovativi, senza rendersi conto, 4 Si veda, anche per un’aggiornata bibliografia, Filandri M., Parisi T. (2013), pp. 817-837. 13 per citare un’ennesima volta McLuhan, che “il medium è il messaggio”, e inevitabilmente un nuovo mezzo di trasmissione del sapere avrebbe messo in crisi anche il tipo di sapere trasmesso, o quantomeno il suo ruolo sociale. La Formazione a Distanza, dice l’autrice, apre spazi di apprendimento ad un’utenza nuova, e quindi mette in grado studenti prima esclusi dai circuiti dell’apprendimento di accedere, ad esempio, alla formazione superiore. Nel resocontare la sperimentazioni più interessanti, emerge però quello che anni fa veniva definito “approccio senile all’innovazione”, cioè il tentativo di considerare le ITC semplicemente come uno strumento per fare meglio, più rapidamente, a un costo minore… quel che si è sempre fatto5, anziché pensare ad esse, per usare le parole dell’autrice, come ad un “ambiente tecno-sociale da vivere e all’interno del quale, e per mezzo del quale, ridisegnare il proprio essere nel mondo”. La Formazione a Distanza quindi non richiede semplicemente la presenza di strumenti e le competenze tecniche legate al loro uso, ma anche specifiche competenze cognitive e relazionali che andrebbero ulteriormente indagate anche facendo uso delle teorie pedagogiche e sociologiche a cui si fa riferimento. In mancanza di un preciso riferimento concettuale, i rischi sono molti, dal puro e semplice inserimento nella scuola di strumentazioni sprecate, perché poco utilizzate o utilizzate male, alla tentazione di usare la Formazione a Distanza come scorciatoia per acquisire un titolo di studio, purtroppo non poco diffusa. Facendo uso di materiale di ricerca anche del tutto nuovo, l’autrice presenta lo sviluppo numerico dei vari aspetti, dalla strumentazione nelle scuole alla diffusione delle università telematiche, avvenuta all’interno di una normativa che non ha tenuto conto delle peculiarità del settore (e nemmeno, aggiungerei, delle consolidate esperienze straniere a partire dall’Open University, che, nata in un contesto dove la rete era ancora sconosciuta, ha saputo farne un punto di forza). Le esperienza positive sono quelle in cui si è capito che “adottare un sistema di e-learning comporta un ripensamento generale del modello pedagogico e delle metodologie di progettazione degli ambienti di apprendimento” e che “il valore aggiunto di un ambiente in5 Si vedano tutti gli studi compiuti in relazione all’influenza del PC sui punteggi PISA, di cui citiamo solo Spiezia V. (2010). 14 tegrato di formazione non può risultare dalla semplice sommatoria dei vantaggi dell’apprendimento in presenza e quello dell’apprendimento in rete”. In un contesto in cui l’apprendimento a distanza e la trasformazione dei processi di apprendimento legati alla costruzione di un sapere partecipato in rete, secondo uno sviluppo delle logiche costruzioniste, rappresentano con ogni probabilità un punto di non ritorno, diviene particolarmente cruciale quel lavoro di progettazione strategica e di riflessione critica, di vision, che è stato quasi assente nelle politiche educative in Italia. Solo così sarà possibile trasformare in reale miglioramento le opportunità offerte ai sistemi formativi dallo sviluppo tecnologico, basandosi su di una maggiore attenzione verso gli utilizzatori e sul perseguimento di elevati standard di qualità. 15 Introduzione1 Con il passaggio dalla società moderna a quella postmoderna si registra uno straordinario mutamento nel panorama dei processi culturali e comunicativi, con evidenti esiti per il sistema educativo e per i modelli pedagogici e didattici che ne regolano la relazione. Processi che, grazie anche allo sviluppo delle moderne tecnologie della comunicazione, sempre più versatili, economiche e facili da utilizzare, sono stati incorporati dai sistemi di Formazione a Distanza, oggi spesso definiti come e-learning. Il lavoro che si presenta è volutamente trasversale in quanto si rivolge a quanti si avvicinano per la prima volta, e spesso con una certa dose di disagio, alla Formazione a Distanza: studenti, educatori, formatori, insegnanti, tecnologi e appassionati delle nuove tecnologie per l’apprendimento informale e non formale. Ma anche dirigenti e decisori che si trovano a progettare percorsi di cambiamento organizzativo e formativo all’interno dei loro contesti di azione. L’intento è quello di avviare una riflessione a tutto campo, in una prospettiva interdisciplinare, e senza pregiudizi ideologici, sugli usi didattici di questi strumenti che, in quanto tali, non sono né buoni né cattivi. Ma il modo in cui ci approcciamo ad essi come persone, organizzazioni ed istituzioni può dare esiti molto diversi. Per questa ragione, è importante conoscere e sperimentare questi nuovi ambienti tecno-sociali (Capogna S., 2011) 1 È con sincera gratitudine che ringrazio gli amici, i colleghi e i “maestri” che in questo percorso di riflessione mi hanno accompagnata e sostenuta con preziose critiche, suggerimenti e incoraggiamenti, senza i quali non sarei giunta fino a questo punto. Porto tutti nel cuore, ma un grazie speciale è indirizzato a Roberto Cipriani e Luisa Ribolzi per la paziente revisione del testo, Antonio Cocozza e Gaetano Domenici che non mi hanno mai fatto mancare la loro presenza. 17 per poter meglio gestire la nostra relazione con loro e le relazioni/comunicazioni per cui ce ne serviamo. Il ragionamento proposto si sviluppa in quello spazio di intersezione che accomuna gli sviluppi della sociologia dell’educazione, delle scienze della comunicazione e della pedagogia, tutte direttamente interpellate, seppure con interessi diversi, dalla radicale trasformazione che gli old e i new media2 hanno portato all’interno dei sistemi sociali ed educativi. Questi tre ambiti teorici, e in particolare la sociologia dell’educazione, si sono avvicinati a questo dibattito con un significativo ritardo rispetto ad altri campi di studio. L’intento primario che muove questo lavoro è quello di comprendere, per un verso, le potenzialità di questi ambienti tecno-sociali per i sistemi educativi (Punie Y., 2007), per l’altro, le ricadute sul soggetto e i nuovi interrogativi che questi suggeriscono per una riflessione sociologica più attenta alle nuove dinamiche sociali prodotte da tali tecnologie (Colombo M., Landri P., 2009). La riflessione, di natura prioritariamente teorica, cerca di ripercorrere, attraverso questi diversi campi disciplinari, le ricadute innescate dall’avvento delle ICT (Information and Communication Technology) sui soggetti e sui sistemi di apprendimento. A tal proposito, è utile ricordare che già dal 2006 il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa hanno emanato la Raccomandazione sulle Competenze Chiave per il lifelong learning (OECD, 2006/962/EC), introducendo un nuovo framework utile a delineare le competenze di base, con cui si designano l’insieme di competenze necessarie per esercitare pienamente il diritto di cittadinanza attiva nella società contemporanea. Per la prima volta, tra le competenze chiave, viene inclusa esplicitamente la competenza digitale3. Ciò a indicare, dunque, che non è più rinviabile una riflessione critica su quale debba essere oggi la missione delle istituzioni educative anche in ordine alla questione digitale. Il lavoro prende le mosse dall’idea che, nonostante le diffuse critiche all’immobilismo dei sistemi educativi e all’assenza di una visione di insieme dell’utilizzo di questi nuovi dispositivi nelle pratiche didattiche, si registra una significativa tensione verso il cambiamento. Sulla scorta di queste considerazioni, il lavoro muove dalla volontà di: 2 Sul tema dei new e old media si veda anche G. Gili (2003). 3 Un approfondimento sul tema della “competenza digitale” è disponibile in Calvani A. (2009); mentre per una comparazione sulle ICT skills tra gli studenti europei si rimanda a Haywood J. et al. (2004). 18 a) definire il quadro delle sperimentazioni/usi delle ICT all’interno dei sistemi educativi (università e scuola); b) evidenziare eventuali diversità di prospettive/modelli in uso; c) tracciare una riflessione su rischi/opportunità; punti di forza e punti di debolezza connessi all’utilizzo di tali strumenti/ambienti tecno-sociali nei processi educativi. L’intento dunque è quello di presidiare una “terra di mezzo” che, pur riconoscendo il valore e i contributi di ogni singola disciplina, possa apportare positive fertilizzazioni incrociate attraverso una lente maggiormente orientata ad uno sguardo trasversale. Forse qualche specialista disciplinare potrà pensare che il lavoro non è abbastanza specialistico. Ritengo opportuno sottolineare che l’intento non è quello di replicare un lavoro settoriale e mono-disciplinare di cui vi è indubbia abbondanza, bensì quello di insinuarsi nella linea di confine che attraversa i diversi campi disciplinari con l’intenzione di offrire uno sguardo multi-dimensionale e multi-prospettico rispetto al fenomeno indagato, attraverso una lente per lo più sociologica4. La sociologia dell’educazione5 è una scienza relativamente giovane che affonda le sue radici nella sociologia generale e nel passaggio 4 Anche se alcune riflessioni sul vivere sociale possono essere rintracciate già nella filosofia greca, l’epoca fondativa della disciplina viene fatta risalire all’avvento della prima rivoluzione industriale che ha portato alcuni intellettuali dell’epoca ad interrogarsi sui mutamenti socio-economici osservati. Convenzionalmente, la genesi della sociologia viene fatta risalire all’opera di É. Durkheim su Il Suicidio, cui hanno fatto seguito molte altre speculazioni teorico-empiriche che hanno contribuito a delineare questo nuovo campo di studi. Solo per citarne alcuni, che saranno poi approfonditi nel terzo capitolo, si ricordino: Blumer H. (1963); Cipriani R. (s.d.); Collins R. (1980); Donati P. (2007, 2010); Durkheim É. (1987); Gallino L. (2005); Goffman E. (1974); Habermas J. (1981); Horkheimer M., Adorno T. (2001); Husserl E. (2001); Latour B. (2002); Marx K. (1867); Mead G.H. (1932); Parsons T. (1951); Schütz A. (1974); Tönnies F. (1965); Weber M. (1904, 1961). 5 Molti sono i contributi che si sono sviluppati nell’alveo della riflessione sulla relazione educazione-società, e che saranno approfonditi in tutto il terzo capitolo; solo per citarne alcuni si ricordino: Benadusi L. (1984); Benadusi L., Serpieri R. (2000); Benadusi L., Giancola O. (2009); Besozzi E. (2006/a, 2006/b); Bernstein B. (1971); Boudon R. (1977); Bourdieu P., Passeron J.C. (1970); Bowles S., Gintis H. (1976); Cobalti A., Schizzerotto A. (1994); Cocozza A. (2012); Ribolzi L. (1993, 1984, 1997, 2003); Scanagatta S. (2002). 19 storico che segna la transizione da una società premoderna, fondata su un’economia agricola e un sistema comunitario guidato da rigide convenzioni, a una società moderna che vede l’affermarsi di un sistema industriale e urbano che fa saltare tutti i precedenti equilibri sociali. Essa si occupa dell’analisi dei processi e delle istituzioni educative con l’obiettivo di descrivere, spiegare, comprendere e interpretare i fenomeni educativi su basi empiriche precise. Tuttavia, è riconosciuta a livello internazionale una crisi di legittimità della sociologia, oltre la difficoltà di delineare nuove categorie interpretative maggiormente in linea con la modernità liquida (Bauman Z., 2000), del rischio (Beck U., 2000) e riflessiva (Beck U., Giddens A., Lash A., 1999; Archer M., 2006) che caratterizzano i nostri tempi. Questo stato di crisi si può osservare anche nella sociologia dell’educazione e si mostra, ad esempio, nel ritardo e nella scarsa speculazione teorica ed empirica riguardo al tema delle ICT e delle loro ricadute sul soggetto, sulle organizzazioni e sui sistemi educativi. Di qui l’interesse per un lavoro che, pur mantenendo uno sguardo trasversale, rivendica una prospettiva precipuamente sociologica soffermandosi su alcune teorie e concetti fondamentali per la disciplina, in relazione con altri ambiti di studio limitrofi, con l’intento di proseguire nell’analisi del modo in cui si sono modificate nel tempo le agenzie di socializzazione, in particolare la scuola, in conseguenza ai mutamenti sociali e comunicativi introdotti dai nuovi media e dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione6. La sociologia dell’educazione si presenta come una disciplina complementare alla pedagogia e alla psicologia dell’apprendimento, in quanto capace di fornire un supporto descrittivo all’analisi delle questioni educative. Il fuoco di analisi della sociologia dell’educazione è dunque lo studio delle istituzioni e dei processi educativi. Il cammino lungo il quale tale disciplina si è affrancata dalle altre, acquisendo uno statuto autonomo, un oggetto di studio definito e confini ben delineati, è stato lungo e tortuoso ma oggi sono legittimamente riconosciute l’importanza e il valore di questa disciplina e della sua capacità descrittiva, utile a sostenere scelte di governo e progetti di miglioramento continuo. La disciplina forse più affine resta la pedagogia sociale che indaga il fattore educativo nella realtà sociale. La pedagogia sociale è una disciplina im6 20 Su questo si veda anche Ribolzi L. (2012). pegnata nell’analisi del sociale del quale studia le emergenze educative per farsi promotrice del cambiamento e del miglioramento della realtà stessa. Gli elementi di convergenza tra i due ambiti disciplinari sono molti. Anche per questo oggi si avverte, in maniera crescente, la tendenza a superare gli stretti orizzonti disciplinari per accettare, nel rispetto delle diversità disciplinari, una reciproca fertilizzazione. La sociologia dell’educazione non studia semplicemente i fatti o i processi educativi ma tende a considerare il legame che questi hanno con il più ampio sistema sociale e con i diversi aspetti o dimensioni costitutivi della società. Studiare il rapporto educazione-società comporta anche l’analisi delle trasformazioni di questo rapporto in ordine ai cambiamenti sociali, culturali, economici e tecnologici che incidono sulla stessa struttura sociale e sulle sue istituzioni. Da quanto detto, è possibile individuare almeno quattro principali aree di studio della disciplina, così sintetizzabili: • l’analisi delle relazioni del sistema educativo con altri aspetti della società (cultura, politica, economia, ecc.); • l’influenza della comunità e delle diverse agenzie di socializzazione sull’organizzazione scolastica; • lo studio delle relazioni dentro la scuola (all’interno del gruppo classe, tra pari, tra docenti e discenti, ecc.); • l’analisi dell’influenza della scuola sul comportamento e sulla personalità dei suoi membri, con particolare attenzione al corpo docente (ibidem). In altri termini, la sociologia dell’educazione può sviluppare i suoi studi a diversi livelli di complessità: a livello macro, obiettivo della disciplina è quello di comprendere il sistema educativo nelle sue relazioni con la più ampia compagine sociale, in riferimento al sistema di valori, l’economia, la democrazia, il sistema di stratificazione sociale e quello politico; a livello meso, la disciplina studia il modo in cui si configurano la struttura sociale e il funzionamento dei gruppi che costituiscono il sistema scolastico al loro interno o nelle relazioni inter-organizzative; infine, a livello micro, essa può intervenire in maniera ancora più ristretta, analizzando le relazioni sociali che si estendono all’interno delle attività educative (funzionamento della classe, relazione docente-discente, gruppo dei pari, relazioni all’interno del corpo professionale, ecc.). In questo caso, l’attenzione si pone al livello meso nel tentativo di 21 comprendere i nessi organizzativi maggiormente interessati dal cambiamento in ambito educativo. Il lavoro di riflessione teorico-empirica qui presentato si articola attorno a quattro temi principali strettamente interconnessi tra loro: a) l’evoluzione delle Information Communication Technology (ICT); b) l’evoluzione delle teorie pedagogiche e la loro ricaduta sui sistemi di apprendimento mediati da supporti tecnologici; c) il contributo della prospettiva sociologica allo studio di tali fenomeni; d) la ricognizione delle esperienze di apprendimento e-learning nei sistemi educativi (università e scuola). Sulla scorta di questo interesse primario, il lavoro si articola come segue. Il primo capitolo si avvia con l’osservazione dei mutamenti che hanno investito il sistema di comunicazione negli ultimi decenni nel passaggio paradigmatico da una comunicazione intesa come “informazione” a una comunicazione concepita come “partecipazione”. La comunicazione si presenta, infatti, come il medium essenziale ad ogni forma di relazione e, al contempo, basilare per ogni esperienza di apprendimento. Sulla scorta di questa inalienabile considerazione, il capitolo è dedicato ad una migliore comprensione del concetto stesso, allo scopo di rintracciare le diverse sfumature semantiche che accompagnano il dibattito all’interno delle scienze dell’educazione e la sua trasformazione anche in relazione agli sviluppi introdotti dalle nuove tecnologie della telecomunicazione (Boccia Artieri G., 1998, 2008, 2012; Gili G., op. cit.; Mc Luhan M., 1989; Mc Quail D., 1983; Morcellini M., 2003/a, 2003/b, 2005; Ong W.I., 1986; Wolf M., 1985). Nel secondo capitolo ci si sofferma sulla ricostruzione dell’evoluzione della Formazione a Distanza (FaD) e sul modo in cui le più rilevanti teorie dell’apprendimento sono state incorporate nel processo di separazione che caratterizza l’apprendimento svincolato dalla presenza del docente. Si possono riconoscere, infatti, differenti approcci teorici all’apprendimento e diverse stagioni evolutive della FaD che, in virtù dello sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ha potuto modificare nel profondo le pratiche/sperimentazioni volte 22 all’apprendimento mediato dal computer. Oggi siamo in una fase di profonda rivisitazione che solo superando gli scontri ideologici e settoriali può apportare una fertilizzazione reciproca. Nel terzo capitolo si offre una breve panoramica di alcuni dei più rilevanti contributi teorici maturati in seno alla sociologia dell’educazione per poi affrontare il tema dell’apprendimento e-learning, attraverso una lente precipuamente sociologica, focalizzando l’attenzione sulle criticità e sulle opportunità connesse a questo diverso modo di concepire l’azione educativa. Sono tre le questioni principali attorno a cui si snoda la riflessione su questo versante: a) gli aspetti sociali della tecnologia, con particolare attenzione alle ricadute sulle organizzazioni e sul lavoro, alle ricadute sui soggetti e sulle policies; b) il tema delle disuguaglianze a partire dal concetto di “codice ristretto” (Bernstein B., op. cit.); c) la trasformazione del “capitale culturale” al tempo del web (Bourdieu P., Passeron J.C., op. cit.) in relazione al delicato tema del divario digitale (Dijk J., 2006, 2011; Mossberger K., Tolbert C.J., Stansbury M., 2003). Nel quarto capitolo, la riflessione si sofferma sui più rilevanti cambiamenti organizzativi che investono i sistemi educativi (università e scuola) nel confronto con le nuove tecnologie dell’apprendimento. Uno dei più rilevanti contributi che la sociologia può offrire a questo campo di analisi infatti è proprio nella ricostruzione puntuale di scenari, contesti e processi con l’intento di consegnare al lettore una sufficiente base di riflessione teorico-empirica utile a definire strategie di sviluppo e miglioramento continui, oltre che elementi di revisione critica e adattamento. Mediante una breve ricostruzione fondata su dati secondari7 si cerca di tratteggiare quindi una fotografia delle esperienze diffuse nell’università e nella scuola in Italia. Su questo tema, infatti, ma non 7 Si fa riferimento, in particolar modo, ai Rapporti Anee (2004, 2006, 2010), Omniacom (2006), Eurydice (2011), ANVUR (2014), Docebo (2014), ma anche all’Anagrafe delle tecnologie scolastiche in dotazione al MIUR (2012) e alla Banca dati dell’Offerta formativa ANVUR (2013). La possibilità di mettere a confronto dati di ieri e di oggi, seppure raccolti con obiettivi e modalità differenti, consentono di ampliare il quadro interpretativo e rintracciare la persistenza di alcune linee di tendenza. 23 solo, uno dei più significativi ritardi con cui si misura il sistema educativo italiano, ai differenti livelli, riguarda la dimensione informativa a livello territoriale e la conseguente carenza di conoscenze/visione di sistema e di collegamenti tra centro e periferia, con esiti negativi anche sui processi di decision making che accompagnano ogni dibattito sull’education. Nelle conclusioni si evidenziano elementi quali: la difficile relazione tra sperimentazione e uso delle ICT all’interno dei sistemi educativi, in assenza di una vision di sviluppo di medio e lungo periodo; la diversità di prospettive/modelli in uso in differenti realtà organizzative e territoriali e, infine, l’insieme di rischi/opportunità; punti di forza e punti di debolezza connessi all’utilizzo di tali strumenti/ambienti tecno-sociali nei processi educativi. Precipuo contributo della sociologia nello studio della “rete” e nelle sue implicazioni socio-educative è quello di entrare nella “scatola nera” (Latour B., 1987) dell’e-learning, e più complessivamente delle ICT a uso didattico, per gettare luce sugli esiti di questa relazione, oltre che per conoscere, riconoscere e valorizzare la dimensione sociale ivi presente. La conoscenza sullo stato dell’arte dell’intero education system nel confronto/sperimentazione/incorporazione delle ICT nelle pratiche didattiche, infatti, è propedeutica e fondamentale per sviluppare un pensiero nuovo sull’educazione che nel XXI secolo non può fare a meno di confrontarsi seriamente e criticamente, ma senza pregiudizi, con il senso e il valore delle nuove tecnologie nella formazione integrale dell’uomo e nel rinnovamento dei processi organizzativi e produttivi. 24