Il cuore Il cuore è l’organo centrale del sistema cardiocircolatorio che con la sua contrazione regolare consente al sangue di fluire continuamente attraverso i vasi trasportando numerose sostanze in tutti i distretti dell’organismo. Il miocardio (1) Il miocardio è costituito da fibre muscolari striate cardiache (cardiomiociti) unite tra di loro alle estremità da sistemi giunzionali (le strie intercalari) che consentono la propagazione dello stimolo contrattile da una cellula all’altra. Si differenziano inoltre per la natura involontaria dello stimolo contrattile che è generato da elementi specializzati del miocardio stesso (tessuto di conduzione). Si distinguono pertanto: Cardiomiociti a funzione esclusivamente contrattile Cardiomiociti specializzati, deputati a generare e condurre l’impulso contrattatile, che costituiscono il sistema di conduzione e consentono la regolare contrazione ritmica del muscolo cardiaco. L’unità contrattile del cardiomiocita è il sarcomero che è costituito dalla regolare organizzazione di filamenti formati da proteine contrattili: Filamenti spessi (miosina) Filamenti sottili (F-actina, tropomiosina e troponina) La contrazione è un processo che richiede energia che è fornita dall’idrolisi dell’ATP in ADP+Pi. La miosina ha attività ATPasica e catalizza tale reazione in presenza di elevati livelli endocellulari di Ca2+ determinata dai fenomeni di depolarizzazione della membrana plasmatica indotti dalla propagazione dello stimolo contrattile. Il miocardio (2) La capacità dei cardiomiociti di modulare l’attività contrattile è espressione di specifiche caratteristiche funzionali: Eccitabilità – l’attività contrattile è indotta dalla ricezione di un segnale esogeno o autogeno. Conduttività – L’onda di depolarizzazione si propaga lungo le fibre da una cellula all’altra. Ritmicità – dipendente dall’autonoma capacità del tessuto di conduzione di generare con regolarità ritmica lo stimolo che genera l’onda di depolarizzazione. Contrattilità – dipendente dalle caratteristiche molecolari e strutturali del sarcomero (unità contrattile). Tonicità – lo stato di tensione fisiologica della fibra. Refrattarietà – l’incapacità della fibra a contrarsi in particolari momenti garantendo la regolare e armonica contrazione di tutte le fibre. Regolazione dell’attività cardiaca L’attività contrattile del cuore è regolata in maniera autonoma e modulata dal sistema nervoso vegetativo. L’automatismo cardiaco fa sì che, entro determinati limiti, la contrazione della fibrocellula muscolare cardiaca sia tanto più intensa quanto maggiore è il suo stato di distensione (Legge di Maestrini-Frank-Starling). Il cuore è innervato dai rami del sistema nervoso neurovegetativo: Simpatico – i cui neurotrasmettitori sono le catecolamine (noradrenalina e adrenalina) e la cui stimolazione determina: • Tachicardia – aumento della frequenza cardiaca. • Aumento della velocità di conduzione. • Aumento della contrattilità di atri e ventricoli. Parasimpatico – il cui neurotrasmettitore è l’acetilcolina e la cui stimolazione determina: • Bradicardia – riduzione della frequenza cardiaca. • Riduzione della velocità di conduzione. Elettrocardigramma (ECG) La L’elettrocadiogramma è la registrazione depolarizzazione grafica dell’attività elettrica del cuore. atriale produce Prima di ogni contrazione meccanica il l’onda P miocardio viene depolarizzato da un’onda elettrica. L’ECG viene registrato su carta quadrettata che scorre alla velocità di 25 mm/sec così che: I quadratini piccoli corrispondono a 0.04 sec I quadratini grandi corrsipsondono a 0.2 sec Una differenza di potenziale di 1 mV corrisponde ad una deflessione del pennino di 10 mm. L’Holter è una registrazione ECG continua nelle 24 h. La depolarizzazione ventricolare corrisponde al Ripolarizzazione complesso QRS dei ventricoli (onda T) Fisiopatologia del cuore Il sistema cardiovascolare può essere interessato da un ampio spettro di processi morbosi. I principali meccanismi che possono alterare la normale funzionalità del cuore sono riconducibili a: Insufficienza della pompa cardiaca – in molti casi il muscolo danneggiato si contrae in modo inadeguato e le cavità non riescono a svuotarsi completamente. Talora, il non completo rilascio della muscolatura cardiaca limita il normale riempimento delle cavità atriali e/o ventricolari. Ostruzione al flusso – lesioni che impediscono l’apertura di una valvola o causano aumento di pressione nella camera ventricolare (es. stenosi valvolare aortica, ipertensione, coartazione aortica) possono determinare un sovraccarico funzionale del cuore a monte dell’ostruzione. Reflusso – (es. attraverso v. mitralica o aortica) che determina il flusso retrogrado di una parte del sangue espulso durante la sistole, determinando un aumento del lavoro da parte del ventricolo che dovrà allontanare il sangue di ritorno. Alterazioni della conduzione cardiaca – (es. blocco di branca, aritmie, fibrillazione ventricolare) dovute a scompensi nella generazione e/o conduzione dell’impulso elettrico con contrazione inefficace e non uniforme del muscolo cardiaco. Interruzione della continuità del s. circolatorio – (es. lesioni traumatiche e/o rotture dell’aorta toracica). Cardiopatia ischemica (1) La cardiopatia ischemica è la principale causa di morte nei paesi industrializzati (25% dei decessi). Essa è riconducibile ad un’insufficiente irrorazione del miocardio in genere dovuta a coronaropatia di natura aterosclerotica. Le manifestazioni cliniche delle cardiopatie ischemiche consistono nella: Angina pectoris (la più comune) Infarto miocardico acuto Morte cardiaca improvvisa Cardiopatia ischemica cronica Cardiopatia ischemica (2) Il cuore è rifornito di sangue ossigenato dalla coronaria di destra (RCA) e di sinistra (LCA), che si divide in 2 rami: Discendente anteriore di sinistra (LAD) Circonflessa di sinistra (LCX) Angina pectoris L’angina pectoris è la più comune condizione di coronaropatia ischemica e si caratterizza per attacchi parossistici di dolore al torace (in genere a localizzazione retrosternale) causati da un’ischemia miocardica transitoria (da 15 sec. a 15 min.), incapace di determinare l’infarto. L’angina si verifica quando la richiesta di O2 dei ventricoli supera la sua disponibilità (sotto sforzo). Fabbisogno di O2 per 100 gr di tessuto: Miocardio 7-9 mL/min Muscolo striato scheletrico 0.15 mL/min Ostruzioni > 50% possono essere associate ad ischemia da sforzo/stress. L’angina da sforzo è dovuta prevalentemente a malattia aterosclerotica occlusiva con restringimento del 50-70%. Angioplastica Una stenosi clinicamente significativa può essere corretta mediante angioplastica o bypass coronarico. L’approccio chirurgico del bypass coronarico si adotta di solito quanto l’angioplastica ha fallito o non è applicabile (v. safena, a. mammaria interna). Infarto del miocardio L’infarto del miocardio è determinato dall’occlusione di una delle due coronarie o di un loro ramo che priva dell’apporto di O2 l’area di muscolo cardiaco da questa irrorato. L’ipossia innesca un fenomeno di necrosi locale della muscolatura cardiaca. I vasi coronarici più comunemente coinvolti sono: Coroniaria discendente anteriore di sinistra (40-50%) Coronaria di destra (30-40%) Coronaria circonflessa di sinistra (15-20%) In funzione della sede e dell’estensione dell’area infartuata si distinguono: • Infarto transmurale – quando l’infarto interessa a pieno spessore la parete ventricolare • Infarto intramurale - quando la parete ventricolare è interessata solo parzialmente • Subendocardico – se prossimo all’endocardio. • Subpericardico – se prossimo al pericardio I cardiomiociti sono cellule perenni e come tali incapaci di rigenerazione. Pertanto la guarigione comporta la sostituzione del tessuto danneggiato dall’infarto con tessuto connettivo cicatriziale, con conseguente riduzione della capacità contrattile del ventricolo. Eventi biochimici Gli eventi biochimici a seguito di un insulto ischemico acuto hanno uno specifico ordine temporale: Riduzione della disponibilità di ATP in pochi secondi (blocco della fosforilazione ossidativa). Attivazione della glicolisi anaerobia per produrre ATP Rapido consumo delle riserve di glicogeno Aumento della concentrazione di ac. Lattico (acidosi intracellulare) Enzimi e proteine strutturali vanno incontro a denaturazione Necrosi coagulativa dei cardiomiociti Dopo 20-40 min di totale anossia, il danno diviene probabilmente irreversibile. La riperfusione può ridurre l’estensione dell’area infartuata: Somministrazione di agenti trombolitici Angioplastica entro 4-6 ore dall’evento trombotico Effetti macro- e microscopici Entro 24-48 h si osserva necrosi coagulativa Nuclei picnotici Perdita delle striature Eosinofilia ed infiltrazione di neutrofili Dopo 3-7 gg dissoluzione delle fibre miocardiche Fagocitosi da parte dei macrofagi che migrano nel tessuto necrotico Dopo 7-10 gg continua la fagocitosi con formazione di tessuto di granulazione Nelle 1-3 settimane seguenti si riduce l’infiltrato infiammatori Dopo 4 settimane si osserva un tessuto cicatriziale fibroso denso Fisiopatologia del tessuto muscolare Il tessuto muscolare striato scheletrico costituisce circa il 40% della massa corporea e determina con la sua capacità contrattile coordinata dal SNC il movimento nello spazio dell’individuo. Le malattie muscolari o miopatie sono raggruppabili in: primarie – in cui l’alterazione direttamente il tessuto muscolare Miopatie patologica coinvolge associate ad alterazioni dei motoneuroni – in cui l’alterazione primitiva è a carico di queste strutture Miopatie secondarie – in cui l’alterazione patologica primaria interessa tessuti od organi diversi dal muscolo Miopatie Miositi – processi infiammatori a carico del tessuto muscolare. La contrazione muscolare (1) L’unità contrattile del tessuto muscolare è il sarcomero, in cui i filamenti di actina e di miosina si intercalano e scivolano gli uni sugli altri. La contrazione è controllata dall’ATP e dalla presenza degli ioni calcio (Ca2+). La fibra muscolare è formata da un insieme di miofibrille, che si uniscono a formare un sincizio. La contrazione muscolare (2) La contrazione muscolare (3) Ogni testa della miosina presente sul filamento va incontro a ripetuti cicli di legame alle subunità di actina sul filamento sottile, subisce un cambiamento conformazionale che richiede energia e che tira i filamenti sottili, quindi rompe la sua associazione con il filamento sottile e si associa con un altro sito più avanti sul filamento sottile verso la linea Z. La contrazione muscolare (4) La contrazione muscolare (5) Attacco: una testa di miosina non legata ad ATP si ancora saldamente all’actina (rigor): stadio breve a cui segue legame dell’ATP. Rilascio: l’ATP si lega alla miosina e provoca un cambiamento conformazionale della miosina nei siti che legano l’actina. Si riduce l’affinità della testa per l’actina e la miosina si può muovere lungo il filamento. La contrazione muscolare (6) Trazione: la fessura si chiude a conchiglia intorno alla molecola di ATP, provocando un grosso cambiamento di conformazione che fa spostare la testa lungo il filamento di circa 5 nm. Si ha idrolisi dell’ATP, ma ADP e Pi restano legati alla miosina Generazione della forza: l’actina si associa debolmente all’actina e si ha rilascio di Pi: si rinforza il legame della testa all’actina. Colpo di potenza: la testa torna nella sua configurazione iniziale ed il filamento sottile si muove rispetto al filamento spesso La contrazione muscolare (7) Ogni filamento spesso contiene circa 350 teste della miosina, ed ogni testa si attacca e si stacca circa 5 volte per secondo durante la contrazione rapida, in modo che in ogni momento ci sono sempre molti ponti intatti. Quando il sarcomero è disteso, c’è relativamente poca sovrapposizione tra i filamenti sottili e spessi, per cui la forza generata è di piccola entità. Man mano che il sarcomero si accorcia, la regione di sovrapposizione aumenta e la forza di contrazione aumenta in corrispondenza. Si raggiunge quindi un punto in cui l’accorciamento non provoca un’ulteriore sovrapposizione tra filamenti sottili e spessi e la forza di contrazione rimane quindi costante. La contrazione muscolare (8) I tubuli T trasmettono il potenziale d’azione in arrivo tramite proteine che aprono i canali del Ca2+ del reticolo sarcoplasmatico in pochi millisecondi. La contrazione muscolare (9) Il sito di legame della miosina sul filamento di actina è normalmente mascherato dalla tropomiosina, che deve essere rimossa per permettere l’attacco della miosina. La dipendenza dal calcio è regolata dalla troponina C (TnC), che si associa agli ioni calcio ed, una volta legata, va incontro ad un cambiamento conformazionale che si trasmette alla tropomiosina. In questo modo i siti di legame sull’actina si rendono disponibili al legame con la testa della miosina, permettendo la contrazione. La contrazione muscolare (10) Distrofie muscolari Sono un gruppo eterogeneo di malattie genetiche che interessano primariamente il muscolo scheletrico che progressivamente va incontro a processi degenerativi che ne alterano la struttura e la funzione. Distribution of predominant muscle weakness in different types of dystrophy: (a) Duchenne-type and Becker-type, (b) Emery-Dreifuss, (c) limb girdle, (d) facioscapulohumeral, (e) distal, and (f) oculopharyngeal. Classificazione genetica e clinica delle distrofie muscolari (Alan E.H. Emery 1993) 1. 2. Distrofie X-Linked a. Prossimali i. Duchenne ii. Becker b. Con iniziali contratture e cardiomiopatia (EmeryDreifuss) c. Miopatia con autofagia (Finnish) Distrofie autosomiche recessive a. Prossimali i. Forme congenite rapidamente o debolmente progressive (numerose varianti) ii. Forme dell’infanzia iii. Forme dell’adulto (distrofie dei cingoli, scapolomerale) b. Distali 3. Distrofie autosomiche dominanti a. Facioscapolomerale b. Con iniziali contratture e cardiomiopatia (EmeryDreifuss) c. Scapolomerale d. Prossimali i. Distrofie dei cingoli e. Distali i. Forme dell’infanzia ii. Forme dell’adulto f. Oculari i. Forme oculari ii. Forme oculofaringee (AD, AR) Distrofie Muscolari dei Cingoli (LGMD) Autosomiche Dominanti LGMD1A 5q31 LGMD1B 1q21 LGMD1C 3p25 LGMD1D 6q22 LGMD1E 7q35 Autosomiche Recessive LGMD2A 15q15 LGMD2B 2p13 LGMD2C 13q12 LGMD2D 17q12 LGMD2E 4q12 LGMD2F 5q33 LGMD2G 17q11 LGMD2H 9q31-q34 LGMD2I 19q31 myotilin (Hauser, 2000) lamin A/C (Bonne, 1999) caveolin 3 (Minetti, 1997) calpain 3 (Richard, 1995) dysferlin (Bashir, Liu, 1998) g-sarcoglycan (Noguchi, 1995) a-sarcoglycan (Roberds, 1994) b-sarcoglycan (Bonnemann, Lim, 1995) d-sarcoglycan (Nigro, 1996) telethonin (Moreira, 2000) Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD) e di Becker (BMD) La Distrofia muscolare di Duchenne, documentata fin dal 1872, è una grave patologia degenerativa a carico del tessuto muscolare scheletrico. E’ una patologia genetica legata al cromosoma X, quindi quasi esclusivamente maschile (incidenza 1/3500 maschi nati vivi). Segni Clinici e decorso: Compaiono verso i 3-5 anni con difficoltà nei movimenti per il progressivo indebolimento dei muscoli. Caratteristica è l’accentuata lordosi lombare L’ipertrofia del muscolo gastrocnemio. Test di laboratorio evidenziano elevati livelli di CK. Perdita della capacità di camminare intorno ai 12 anni Morte per arresto cardiorespiratorio intorno ai 20-30 anni. La Distrofia muscolare di Becker è una variante allelica della DMD con decorso clinico più lieve. Incidenza di 1/30000 maschi nati vivi. Capacità di camminare ancora presente intorno ai 15 anni ed aspettative di vita molto superiori. Il gene Il gene della DMD copre circa 2.5 Mb del cromosoma X (circa l’1%) ed è il gene più esteso ad oggi caratterizzato. E’ formato da 79 esoni intervallati da introni anche molto grandi. Codifica per una proteina di 427 kDa espressa preferenzialmente nel muscolo ma anche in altri tessuti. Accanto ad un prodotto principale, diversi sono i prodotti di splicing o attivazione di promotori alternativi espressi i tessuti diversi dal muscolo. Mutazioni patologiche Le stesse dimensioni del gene della DMD possono aiutare a comprendere il tipo di danno genetico e perché sia frequente l’insorgenza di nuove mutazioni nella popolazione. In circa il 60% dei pazienti la mutazione è una delezione più o meno estesa di parte del gene. In circa il 5% dei pazienti è riconoscibile una duplicazione di uno o più esoni del gene. Nel restante 35% dei pazienti si osservano mutazioni puntiformi. Sono stati osservati rari casi di femmine affette da DMD/BMD in cui la mutazione ricorrente è una traslocazione tra il cromosoma X (nel gene della DMD) e un autosoma. Correlazione genotipo fenotipo (1)