STORIA ROMANA – A 2016-2017 Introduzione alla storia di Roma (11) La nascita del sistema provinciale La Macedonia Plut., Flamininus, 10, 3-6 Erano quelli i giorni dei Giochi Istmici: una grande quantità di spettatori delle gare di atletica era seduta nello stadio dato che i Greci, essendo già da qualche tempo non impegnati in guerre per la speranza della libertà, si riunivano grazie ad una pace certa. Imposto il silenzio generale con squilli di tromba l’araldo, raggiunto il centro dello stadio, annunciò a gran voce; “ Il senato di Roma e Tito Quinzio, console e comandante, avendo sconfitto il re Filippo [V] e i Macedoni, lasciano gli abitanti di Corinto, di Focide, Locride, Eubea, gli Achei di Ftia e gli abitanti di Magnesia, Tesseglia, Perrebia, liberi, senza guarnigioni di controllo, esenti da tributi, in diritto di usare le loro leggi tradizionali”. […] Il pubblico era tutto in piedi, non si parlava più degli atleti, ma tutti si slanciarono verso Tito per stringergli la mano e salutarlo come il salvatore e il difensore della Grecia. [Antologia delle fonti, III.7.1, T43; cfr. Liv., XXXIII, 32, 4-6] Statere aureo di T. Quinzio Flaminino Cic., de officiis, II, 76 Laudat Africanum Panaetius, quod fuerit abstinens. Quidni laudet? Sed in illo alia maiora; laus abstinentiae non hominis est solum, sed etiam temporum illorum. Omni Macedonum gaza, quae fuit maxima, potitus [est] Paulus; tantum in aerarium pecuniae invexit, ut unius imperatoris praeda finem attulerit tributorum. At hic nihil domum suam intulit praeter memoriam nominis sempiternam. Imitatus patrem Africanus nihilo locupletior Carthagine eversa. Quid? qui eius collega fuit in censura, L. Mummius, num quid copiosior, cum copiosissimam urbem funditus sustulisset? Italiam ornare quam domum suam maluit; quamquam Italia ornata domus ipsa mihi videtur ornatior. Panezio loda l'Africano per il fatto che fu disinteressato. Ma perché mai? In lui ci furono altre doti maggiori. La lode di integrità non è solo propria di quell'uomo, ma anche di quei tempi. Paolo s'impadronì di tutto il tesoro dei Macedoni, che era enorme, e versò nell'erario tanto denaro che il bottino di un solo generale permise di mettere fine ai tributi; ma egli non portò niente a casa sua, tranne il ricordo eterno del nome. L'Africano imitò il padre, e, abbattuta Cartagine, non fu per niente piu ricco. E che? Colui che fu suo collega nella pretura, Lucio Mummio, forse che diventò più ricco dopo aver distrutto sin dalle fondamenta una città ricchissima? Preferì abbellire l'Italia piuttosto che la sua casa; benchè, abbellita l'Italia, la sua stessa casa mi sembra più ornata. [cfr. Plin., Nat. Hist., XXXIII, 17, 56 = Antologia delle fonti, IV.5, T33] Strabo, Geografia, VIII, 6, 23 Essendo stato inviato un forte esercito, la città [di Corinto] fu distrutta da Lucio Mummio e tutto il territorio sino alla Macedonia fu posto sotto il controllo dei Romani [Antologia delle fonti, III.8.2, T51] CIL, I2 626 = ILLRP 122 (Roma) L. Mummi(us) L.f. co(n)s(ul). Duct(u), / auspicio imperioque /eius Achaia capt(a). Corinto / deleto Romam redieit / triumphans. Ob hasce / res bene gestas quod / in bello voverat, / hanc aedem et signu(m) / Herculis Victoris / imperator dedicat. La penisola iberica Strabo, Geografia, III, 2, 10 Polibio, invece, ricordando le miniere d’argento di Carthago Nova, dice che erano grandissime, che distavano dalla città circa 20 stadi e abbracciavano un’area dal perimetro di 400 stadi; vi lavoravano 40.000 uomini e a quel tempo fruttavano al popolo romano quotidianamente 25.000 dracme [Antologia delle fonti, IV.5, T37] Diod. Sic., Biblioteca Storica, V, 36 Dopo che i Romani conquistarono l’Iberia, un gran numero di Italici è emigrato alla volta delle miniere per la brama di guadagno e ha ottenuto grandi ricchezze. Infatti, dopo aver acquistato grandi quantità di schiavi, li affidano a coloro che sovrintendono ai lavori minerari: costoro, dopo aver scavato pozzi in vari luoghi e profonde buche, cercano gli strati di terra ricca d’oro e d’argento […] [Antologia delle fonti, IV.5, T38] CIL, I2 2397 cfr. p. 1148 (distretto minerario di Carthago Nova) M., P. Roscieis M.f. Maic(ia). AE 1992, 862 a (relitto, Isola Mal di Ventre) Soc(ietas) M(arci), C(ai) Pontilienorum M(arci) f(iliorum) Il porto franco di Delos (166 a.C.) e il commercio degli schiavi Strabo, Geografia, XIV, 5,2 Fu Trifone, insieme all’incapacità dei sovrani che allora si erano succeduti sul trono di Siria e di Cilicia, la causa per cui i Cilici costituirono bande di pirati; infatti, a causa del suo tentativo rivoluzionario, anche altri si rivoltarono e poiché erano in discordia gli uni con gli altri, rendevano la loro terra esposta a chi li attaccasse. In primo luogo, l’esportazione di schiavi, poiché risultava particolarmente lucrosa, spinse loro a queste malvagità. Gli schiavi, infatti, si catturavano facilmente e il mercato, grande e assai ricco, non era affatto lontano. Si trattava di Delo, capace di ricevere e spedire via nello stesso giorno 10.000 schiavi (μυριάδας ἀνδραπόδων); da qui nacque il proverbio: “Mercante, entra nel porto, scarica, è stato tutto venduto”. La causa di ciò è che i Romani, divenuti ricchi dopo la distruzione di Cartagine e di Corinto, utilizzano molti schiavi: vedendone la facilità, i pirati vi si dedicavano in massa, sia compiendo razzie che mercanteggiando in schiavi. Cooperavano in questa attività anche i re di Egitto e Cipro; […]; nel contempo i pirati, poiché sostenevano di essere mercanti di schiavi (σωματεμπορεῖν), portavano avanti incessantemente i loro malvagi affari. [Antologia delle fonti, IV.5, T41] CIL X, 8222 (Capua, stele funeraria ad edicola di un mercante di schiavi; I sec. a.C.) [M.] PP ublilius M. l. Satur, de suo: / sibi et liberto M. Publilio Stepano. // Arbitratu M. Publili M. l. Gadiae, praeconis, et M. Publili M. l. Timotis. / [---]ae T[---] vix(it) annis XXII. Puteoli: Delus minor Fest., p. 109 Lindsay, s.v. Minorem Delum Minorem Delum Puteolos esse dixerunt, quod Delos aliquando maximum emporium fuerit totius orbis terrarum; cui successit postea Puteolanum, quod municipium Graecum antea Δικαιαρχία vocitatum est. Unde Lucilius [= fr. 123 ed. Marx]: “Inde Dicearchitum populos, Delumque minorem”. Cic., In Verrem, II, 5, 145-146 Quaecumque navis ex Asia, quae ex Syria, quae Tyro, quae Alexandria venerat, statim certis indicibus et custodibus tenebatur; vecto res omnes in lautumias coniciebantur, onera atque merces in praetoriam domum deferebantur. (…). Quicumque accesserant ad Siciliam paulo pleniores, eos Sertorianos milites esse atque a Dianio fugere dicebat. Illi ad deprecandum periculum proferebant alii pur puram Tyriam, tus alii atque odores vestemque linteam, gemmas alii et margaritas, vina non nulli Graeca venalisque Asiaticos, ut intellegeretur ex mercibus quibus ex locis navigarent. Non providerant eas ipsas sibi causas esse periculi, quibus argumentis se ad salutem uti arbitrabantur. Iste enim haec eos ex piratarum societate adeptos esse dicebat. Ogni nave che giungeva dall’Asia, da Tiro, da Alessandria, subito era catturata con l’aiuto di informatori fidati e di sentinelle; tutti gli equipaggi erano gettate nelle latomie mentre i carichi e le merci erano trasportati nella residenza del pretore. (…) Tutti coloro che raggiungevano la Sicilia con un carico poco più di valore erano da lui accusati di essere soldati di Sertorio in fuga da Dianio. Costoro, per scongiurare il pericolo mostravano chi la porpora di Tiro, chi incenso, profumi e tele di lino, chi ancora gemme e perle, altri vini della Grecia e schiavi asiatici in modo che si capisse dalle merci da quali regioni navigavano. Non immaginavano che gli argomenti che pensavano di usare per la loro salvezza, proprio quelli sarebbero stati per loro motivo di pericolo. Costui infatti sosteneva allora che queste merci le avevano ottenute perché in società con i pirati [Antologia delle fonti, IV.5, T63] Cic., In Verrem, II, 5, 154 Adsunt enim Puteoli toti; frequentissimi venerunt ad hoc iudicium mercatores, homines locupletes atque honesti, qui partim socios suos, partim libertos, partim conlibertos spoliatos in vincla coniectos, partim in vinclis necatos, partim securi percussos esse dicunt. E’ qui presente, infatti, tutta Pozzuoli; in tantissimi vennero a questo processo i mercanti, uomini ricchi e spettabili, alcuni dei quali dichiarano che i loro soci, altri che i loro liberti, altri ancora che i loro con liberti furono spogliati e imprigionati ed in parte uccisi in carcere, in parte giustiziati. [Antologia delle fonti, IV.5, T64] La creazione della quaestio de repetundis Cic., Brutus, 27, 106 Hic optimus illis temporibus est patronus habitus eoque forum tenente plura fieri iudicia coeperunt. nam et quaestiones perpetuae hoc adulescente constitutae sunt, quae antea nullae fuerunt; L. enim Piso tribunus plebis legem primus de pecuniis repetundis Censorino et Manilio consulibus tulit - ipse etiam Piso et causas egit et multarum legum aut auctor aut dissuasor fuit, isque et orationes reliquit, quae iam evanuerunt, et annales sane exiliter scriptos -; et iudicia populi, quibus aderat Carbo, iam magis patronum desiderabant tabella data; quam legem L. Cassius Lepido et Mancino consulibus tulit. A quell’epoca, (Gaio Papirio Carbone) venne ritenuto un eccellente avvocato, e proprio negli anni in cui egli dominava nel foro, i processi incominciarono a farsi più numerosi. I tribunali permanenti, che prima non esistevano affatto, vennero istituiti al tempo della sua giovinezza; infatti Lucio Pisone, quand'era tribuno della plebe, sotto il consolato di Censorino e di Manilio [= 149 a.C.], fu il primo a pre sentare una legge intesa a colpire il reato di concussione - lo stesso Pisone trattò anche cause, e fu promotore o avversario di molte leggi; lasciò inoltre orazioni, ormai cadute nell'oblio, e annali scritti in uno stile parecchio arido -; e i giudizi popolari, ai quali prendeva parte Carbone, sempre più richiedevano uno specialista del patrocinio, una volta che era stato istituito il voto segreto: la legge su quest'ultimo venne presentata da Lucio Cassio, sotto il consolato di Lepido e di Mancino. [Antologia delle fonti, II.18, T82]