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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA
TOR VERGATA
CORSO DI LAUREA TRIENNALE
IN INFERMIERISTICA
Corso integrato
di infermieristica clinica e delle disabilità
Infermieristica clinica
Riabilitazione cardiaca
dottoressa Maria Innocenzi
Anno accademico 2014/2015
Riabilitazione cardiologica
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
le malattie cardiovascolari (MCV)
comprendono l’ipertensione arteriosa, la malattia coronarica, l’ictus,
le arteriopatie periferiche, lo scompenso cardiaco, la cardiopatia
reumatica, le cardiopatie congenite e le cardiomiopatie.
Nel loro insieme
rappresentano la prima causa
di mortalità, morbilità e disabilità
nel mondo.
In Europa,
sono responsabili del 22% circa della morbilità totale,
contro l’11,5% delle neoplasie.
La cardiopatia ischemica, in particolare,
è responsabile di due terzi dei decessi
nei pazienti di età > 65 anni
Riabilitazione cardiologica
Gli studi epidemiologici
Indicano che la prevalenza e l’incidenza
dello scompenso cardiaco crescono
all’aumentare dell’età.
Ne consegue un aumento di cardiopatici
molto anziani e di sesso femminile
che sopravvivono ad un evento cardiaco,
proprio le categorie con i maggiori bisogni assistenziali
ed a maggiore rischio di perdita della piena autonomia funzionale.
Definizione
secondo l’O.M.S.
la riabilitazione cardiaca
è
“l’insieme delle attività richieste
per assicurare ai pazienti cardiopatici
le migliori condizioni fisiche, mentali e sociali
in modo tale che da soli con i propri sforzi
possano tornare a rivestire un ruolo
il più possibile normale nella comunità.”
Riabilitazione cardiologica
La definizione identifica il soggetto della riabilitazione nel paziente
con cardiopatia post-acuta o cronica
e fissa l’obiettivo dell’ intervento:
riottenere e conservare una condizione
la più vicina possibile allo “stato di salute”
 favorendo il processo di recupero psicofisico
 prevenendo la progressione della malattia
 incentivando la riduzione di nuovi eventi cardiovascolari
mediante l'ottimizzazione del trattamento e la programmazione di
controlli laboratoristici e strumentali (prevenzione secondaria).
Riabilitazione cardiologica
Attualmente la riabilitazione cardiologica è considerata una
componente fondamentale del percorso assistenziale del paziente
cardiopatico in rapporto alle nuove situazioni che si sono realizzate
negli ultimi anni e che sono:
• progressivo aumento della prevalenza delle cardiopatie croniche per
•
•
•
•
•
•
riduzione della mortalità;
maggior ricorso a tecniche interventistiche in acuto;
riduzione dei tempi di degenza per acuti;
decorso di lunga durata nella maggior parte delle malattie cardiovascolari,
prevenzione nei confronti dei fattori responsabili della progressione della
malattia;
identificazione dei pazienti a maggior rischio su cui concentrare le risorse e di
sviluppare modelli di intervento a lungo termine che garantiscano continuità
osservazionale ed assistenziale;
maggior efficacia degli interventi terapeutici in malattie cardiache croniche.
Riabilitazione cardiologica
Gli obiettivi della RC sono
migliorare la capacità
ridurre i sintomi legati
funzionale
alla malattia
favorire il reinserimento
ridurre la disabilità
lavorativo
in altri termini
migliorare la qualità di vita
e ridurre il rischio di nuovi eventi cardiovascolari.
Questi obiettivi si realizzano mediante un approccio globale
diagnostico-valutativo e di trattamento.
La complessità e l’intensità di tale approccio devono essere
commisurate alle caratteristiche cliniche dei pazienti.
Riabilitazione cardiologica
Il programma di riabilitazione ha come obiettivo iniziale
il consolidamento della stabilità clinica
e in seguito quello di ridurre i rischi di futuri eventi,
garantendo la gestione ottimale del paziente
nel lungo periodo.
Configurata in tal modo,
la riabilitazione del cardiopatico
è un intervento multifattoriale e omnicomprensivo
che si avvale di diverse figure professionali:
il cardiologo, il terapista della riabilitazione, l’infermiere,
l’operatore socio sanitario, lo psicologo, il dietista, …
Programma riabilitativo
Da un punto di vista organizzativo
il programma riabilitativo
può essere gestito attraverso
3 livelli.
Livelli riabilitativi
Primo livello
struttura ambulatoriale
Interventi
-training fisico
-educazione sanitaria
-prevenzione secondaria
-controllo terapeutico
Figure professionali
-cardiologo
-infermiere
-psicologo
-dietologo
-mmg
-fisiatra
-fisioterapista
-associazioni dei pazienti cardiopatici
Livelli riabilitativi
Secondo livello
struttura ospedaliera con servizi di riabilitazione operanti
all’interno delle divisioni di cardiologia con possibilità di
ricovero diurno in day hospital o ricovero ordinario
Trattati
- pazienti di basso-medio rischio in fase acuta e post-acuta
- pazienti di alto-medio rischio per una valutazione periodica
-
Interventi
ecocardio, holter ecg, ergometria
educazione sanitaria
prevenzione secondaria
supporto psicologico
training fisico controllato
adeguata assistenza clinica (comprese le emergenze)
Livelli riabilitativi
Terzo livello
struttura ospedaliera
divisioni di cardiologia
divisioni di cardiologia riabilitativa
ospedali di riabilitazione
Trattati
- pazienti di alto-medio rischio nella fase acuta e post-acuta
- pazienti ad alto rischio
-
Interventi
indagini invasive cruente
programmi d’intervento psico-comportamentali
gestione specialistica di patologie quali lo scompenso cardiaco
collegamento funzionale con la cardiochirurgia
Riabilitazione cardiologica
Come parte integrante del trattamento globale
dei pazienti con malattia cardiovascolare,
la riabilitazione si sviluppa
secondo cinque aree fondamentali d’intervento
1) assistenza clinica, valutazione del rischio e corretta impostazione terapeutica;
2) training fisico e prescrizione di programmi di attività fisica;
3) educazione sanitaria specifica rivolta alla correzione dei fattori di rischio;
4) valutazione psicosociale ed occupazionale con interventi specifici;
5) follow-up clinico-strumentale individualizzato e supporto per il mantenimento
di un adeguato stile di vita e una efficace prevenzione secondaria.
Attività fisica
Per quanto riguarda l’attività fisica
occorre sottolineare che
studi epidemiologici forniscono evidenze
sulla capacità dell’attività fisica di ridurre la morbilità
e la mortalità delle malattie cardiovascolari
come pure di migliorare le prestazioni fisiche
e la qualità di vita di chi la pratica.
L’attività fisica è inoltre in grado di ridurre significativamente
il rischio di sviluppare altre malattie croniche, quali l’obesità,
l’osteoporosi, il diabete, alcune neoplasie e la depressione
Attività fisica
Senza dimenticare che oggi
lo stile di vita è caratterizzato,
oltre che da errori alimentari e da continua tensione emozionale ,
da ipocinesia o carenza di movimento ed esercizio fisico.
Da tempo l’OMS considera i soggetti sedentari,
nelle fasce di età media ed anziana,
come individui ad elevato rischio di contrarre malattie degenerative
o addirittura morire (circa il 25%) a causa di cardiopatia ischemica.
È stato stimato
che l’eliminazione di un fattore di rischio come la sedentarietà
può portare ad una riduzione delle MCV del 15-39%.
Attività fisica
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Uno studio
condotto su soggetti di media età ha dimostrato
che per ottenere una riduzione di mortalità del 20%
è necessaria un’intensità d’esercizio
che porti ad un consumo energetico
pari a 30 minuti di esercizio fisico al giorno,
per almeno 4-5 giorni la settimana.
Intensità minori non sono invece sufficienti
a garantire miglioramenti significativi della prognosi.
La massima riduzione del rischio si ottiene con esercizi di intensità
moderata, pari a 3-5 ore -di marcia rapida,
a 2-3 ore di jogging o 1-2 ore di corsa alla settimana.
(L’Harvard Alumni Healthy Study)
Attività fisica
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Per attività fisica o esercizio fisico
si intende qualsiasi movimento corporeo dovuto a contrazione della
muscolatura scheletrica ed associato ad un consumo energetico
L’allenamento o training fisico
è l’attività fisica regolare, strutturata e finalizzata al miglioramento e/o
mantenimento dell’efficienza fisica
Per efficienza fisica
si intende quell’insieme di capacità (flessibilità articolare, forza
muscolare, composizione corporea e performance cardio-respiratoria)
relative all’abilità di praticare attività fisica e legate ad una riduzione del
rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare
-
Attività fisica
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Insomma, l’American Heart inserisce
l’attività fisica
come metodologia
da prescrivere in modo esteso e controllato
nel cardiopatico allo stesso livello dei farmaci,
ovvero
Esercizio fisico = Terapia non farmacologica
L’esercizio fisico è un approccio aggiuntivo
per migliorare lo stato clinico.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Classificazione dell’attività fisica in base al costo energetico
Lieve
< 3 MET
< 4 Kcal/Min
Moderata
3-6 MET
4-7 Kcal/Min
Intensa
> 6 MET
> 7 Kcal/Min
Cammino lento
Cyclette
Bowling
Pulizie leggere
Camino veloce
Bicicletta piano
Tennis da tavolo
Canottaggio lento
Pulizie più pesanti
Cammino in salita o
con pesi
Bicicletta veloce
Tennis
Canottaggio veloce
-
Unità di misura MET
La capacità funzionale del paziente
si valuta in base alla capacità di svolgere
alcune attività quotidiane (per es. camminare)
e viene espressa in livelli di equivalente metabolico (MET).
1 MET corrisponde al consumo di ossigeno (VO2) a riposo
ed è pari a 3,5 ml di O2/kg/min (rif. uomo del peso di 70 kg).
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Nelle attività dinamiche, (camminare, correre, pedalare) il gesto tecnico è
ciclico e la forza muscolare impiegata generalmente non elevata.
Si tratta d’attività “aerobiche” nelle quali i muscoli, quando l’intensità dello
sforzo è lieve-moderata (inferiore al 50-60% del massimale),
utilizzano in prevalenza l’energia liberata dai lipidi,
per intensità superiori,
il substrato preferenziale è rappresentato dai carboidrati.
Da un punto di vista cardiocircolatorio, esse sono caratterizzate da un
incremento della frequenza cardiaca proporzionale all’intensità dello
sforzo ed una prevalente vasodilatazione periferica,
con modesto o nessun aumento della pressione arteriosa (PA) media.
Il miocardio aumenta il suo consumo d’ossigeno
in misura proporzionale all’aumento della portata cardiaca.
-
Le attività dinamiche sono ideali ai fini della prevenzione
primaria e secondaria delle patologie cardiovascolari,
anche in considerazione del fatto che la loro “prescrizione” risulta facile.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Attività di tipo dinamico ad impegno cardiocircolatorio
costante
sono caratterizzate da gesti semplici
quali camminare, marciare, correre all’aperto o su un tappeto ruotante,
pedalare su una bicicletta o su una cyclette, nuotare in piscina.
Esse si trasformano in vere e proprie attività sportive
quando l’intensità dello sforzo è da media ad elevata
ed il soggetto intenda effettuarle in forma agonistica.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Attività di tipo dinamico ad impegno cardiocircolatorio
intermittente
sono caratterizzate da gesti più complessi
e presuppongono il possesso di una tecnica adeguata (tennis, calcio).
Esercitano effetti benefici sull’organismo e sull’apparato cardiovascolare
ma sono più difficili da “dosare”,
per l’inevitabile componente “agonistica”,
presente anche se effettuate per puro divertimento
ed in forme non organizzate.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Attività statiche o di potenza
sono caratterizzate da un impegno cardiocircolatorio
prevalentemente di tipo “pressorio”.
Ad esse appartengono molte attività di “cultura fisica”
(sollevamento pesi, body-building) praticate in palestra.
Non è ancora chiaro se, a determinate condizioni
(per esempio se effettuate in forma “dinamica”,
con molte ripetizioni e sovraccarichi modesti),
possano avere effetti benefici sull’apparato cardiovascolare.
Comunque, seppur molto diffuse nella popolazione,
esse non possono essere considerate di prima scelta
ai fini della prevenzione cardiovascolare.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
L’esercizio fisico può scatenare eventi acuti cardiovascolari,
tra i quali i più temibili sono la morte improvvisa
e le sindromi coronariche acute.
Esso può associarsi anche ad altri eventi cardiaci,
come aritmie atriali e/o ventricolari,
sincopi ed insufficienza cardiaca.
Allo scopo di ridurre il rischio di eventi cardiaci avversi nei
soggetti sedentari che si apprestano a praticare attività fisica
risulta importante eseguire un adeguato screening preventivo
ed avviare tali soggetti ad un graduale e progressivo
condizionamento fisico, soprattutto- se hanno cardiopatia nota,
età avanzata, o fattori di rischio coronarico.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Morte improvvisa (MI)
da esercizio si intende una morte improvvisa ed inaspettata,
non traumatica, che si verifica in relazione temporale con l’attività fisica,
in genere entro un’ora dall’inizio dei sintomi.
Le patologie, anche silenti, dell’apparato cardiovascolare rappresentano la
causa della stragrande maggioranza delle MI da sport.
La patogenesi della morte improvvisa è legata prevalentemente ad un
disturbo del ritmo cardiaco, mentre meno frequenti risultano le cause
emodinamiche, quali la rottura di un aneurisma aortico, l’embolia
polmonare o l’emorragia cerebrale.
Tuttavia, bisogna ricordare che possono
essere implicate anche altre
affezioni, quali l’asma, il colpo di calore e l’abuso farmacologico.
Attività fisica
Sindromi coronariche acute
L’esercizio fisico può scatenare eventi coronarici acuti,
primi tra tutti l’infarto miocardico.
Si stima che una percentuale variabile dal 4% al 18% degli infarti
avviene durante o subito dopo un’attività fisica intensa.
Il periodo più a rischio è quello compreso tra la fine
dell’esercizio e l’ora immediatamente successiva.
Uno dei possibili meccanismi attraverso i quali l’esercizio può favorire il
verificarsi di una sindrome coronarica acuta
è la rottura, causata dallo
stress emodinamico, di una placca aterosclerotica vulnerabile.
Successivamente, la rottura di placca innescherebbe fenomeni trombotici e
vasospastici con ischemia miocardica acuta ed eventuale necrosi
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
Attività fisica
Per quanto riguarda la prevenzione secondaria lo studio
ETICA (Exercise Training Intervention after Coronary Angioplasty)
ha dimostrato che nei pazienti
1) sottoposti ad angioplastica coronarica, 6 mesi di esercizio aerobico
per 3 ore alla settimana sono capaci di ridurre significativamente gli
eventi cardiovascolari;
2) con precedente infarto miocardico e/o disfunzione ventricolare
sinistra, il training determina effetti benefici sul processo di
rimodellamento;
3) con scompenso cardiaco l’esercizio fisico migliora la qualità di vita e la
tolleranza allo sforzo riducendo il numero degli eventi cardiovascolari;
4) con arteriopatia obliterante agli arti inferiori
l’attività fisica è
sicuramente il mezzo più efficace per migliorare i sintomi e rallentare
la progressione della malattia.
Educazione sanitaria
Ad integrazione dei training specifici,
ogni intervento riabilitativo deve includere
anche i programmi di educazione sanitaria.
I programmi di educazione sanitaria
sono mirati alla conoscenza della malattia,
alla sua evoluzione
ed al controllo dei fattori di rischio.
Essi dovrebbero essere estesi,
oltre che al paziente, anche ai familiari
affinché siano di valido aiuto
nel condizionare in maniera positiva
la qualità della vita del cardiopatico
ed i risultati dell’intervento riabilitativo.
Educazione sanitaria
In ogni caso, tutti i pazienti
dovrebbero ricevere informazioni generali
sulla funzione dell’apparato cardiovascolare,
sullo sviluppo ed evoluzione della cardiopatia
e sui fattori che possono condizionarne la progressione.
Particolare attenzione dovrà essere dedicata
alla comprensione dei fattori di rischio coronarico
ed allo stile di vita considerato a rischio
di progressione della malattia.
Le informazioni dovranno essere espresse
in modo semplice e comprensibile
anche attraverso l’uso di adeguati
materiali audio-visivi, opuscoli
e di ogni strumento utile alla comprensione
ed alla ritenzione dell’informazione.
Educazione sanitaria
La conoscenza della malattia implica attenzione al riconoscimento
precoce dei segni di instabilizzazione (variazione dei sintomi, controllo
del peso e della diuresi, ricorso ad altri farmaci), come pure aderenza
alla terapia ed identificazione degli effetti collaterali
ed ai programmi di attività fisica (se prescritta).
I dati relativi al peso, diuresi, terapia, frequenza cardiaca,
pressione arteriosa, attività quotidiane e sintomi potranno
essere raccolti in un vero e proprio diario, magari compilato insieme
dal proprio cardiologo o medico curante.
Più specifica dovrà essere l’educazione sanitaria
nei pazienti sottoposti a terapia infusiva gestita a domicilio.
In tal caso, sarà necessario insegnare al paziente e ai suoi familiari
la gestione della pompa portatile da infusione
e le norme igieniche relative al catetere venoso centrale a permanenza
e la preparazione delle soluzioni di farmaco da infondere.
Riabilitazione cardiologica
Chi sono i candidati alla riabilitazione cardiaca?
Soggetti con
con cardiopatia ischemica:
post-infarto del miocardio
post by-pass aorto-coronarico
post angioplastica coronarica
con scompenso cardiaco cronico
(angina stabile e scompenso cardiaco compensato)
sottoposti a trapianto cardiaco,
operati per cardiopatie congenite,
con arteriopatie obliteranti croniche periferiche
portatori di pace-maker
Attività riabilitativa
In relazione all'intensità e complessità,
alle attività sanitarie di riabilitazione
e alla quantità e qualità di risorse assorbite
l’attività di riabilitazione si distingue in:
estensiva
intensiva e intermedia
Riabilitazione cardiologica
La riabilitazione intensiva e intermedia
si attua in fase acuta e post-acuta nei pazienti con:
 infarto del miocardio
 sottoposti a chirurgia cardiaca
 scompenso cardiaco cronico
 trapianto cardiaco
La riabilitazione estensiva
si attua per garantire la continuità assistenziale
dopo la dimissione dalla fase di riabilitazione intensiva
e si svolge prevalentemente a livello ambulatoriale
Infarto del Miocardio
Riabilitazione post-infarto miocardio
Il trattamento dell’infarto miocardico acuto
comprende una serie di interventi di tipo non farmacologico,
che, instaurati più precocemente possibile
(dopo le 24 ore e comunque a paziente clinicamente stabile),
hanno l’obiettivo
di avviare un’adeguata informazione sanitaria,
di controllare la labilità emotiva
e di prevenire le complicanze da prolungato allettamento.
Il primo approccio al malato deve essere necessariamente
di tipo informativo sulla malattia, sui fattori di rischio,
sull’iter diagnostico e sulla evoluzione.
La mobilizzazione precoce passiva, attiva e graduale a letto
e successivamente in camera, in rapporto all’andamento clinico del paziente,
ha lo scopo di prevenire le complicanze dell’allettamento prolungato,
di favorire l’autonomia funzionale
e di preparare il paziente all’esecuzione di un test ergometrico.
Riabilitazione post-infarto miocardio
Per rendere l’intervento riabilitativo sicuro ed efficace,
ma anche per favorirne la compliance,
è necessario conoscere lo stato di rischio del paziente.
prendendo in considerazione alcuni parametri:
 l' estensione dell' ischemia miocardica,
 la funzione del ventricolo sinistro,
 il decorso clinico durante il ricovero ospedaliero,
 il risultato del test da sforzo massimale (o limitato dai sintomi).
Riabilitazione post-infarto miocardio
Sulla base di questi parametri
è possibile stratificare i pazienti
in tre categorie di rischio:
Elevato
Intermedio
Basso
Riabilitazione post-infarto miocardio
1) Rischio basso
Pazienti
con decorso clinico ospedaliero non complicato;
con assenza di ischemia miocardia;
con capacità funzionale maggiore di 7 MET;
con funzione ventricolare sinistra normale (frazione d'eiezione > 50%)
con assenza aritmie extrasistoliche ventricolari importanti.
Riabilitazione post-infarto miocardio
2) Rischio intermedio
pazienti
con sottoslivellamento del tratto ST ≥2 mm;
con difetto reversibile della captazione del tallio alla scintigrafia miocardia;
con funzione ventricolare sinistra moderata-buona (frazione di eiezione 35- 49%);
con angina di recente insorgenza o che ha modificato le sue caratteristiche.
Riabilitazione post-infarto miocardio
3 ) Rischio elevato
Pazienti
con pregresso infarto che ha coinvolto il 35% o più del ventricolo sinistro;
con funzione ventricolare sinistra < 35%;
con decremento della pressione sistolica o addirittura con il suo mancato incremento
durante un test da sforzo;
con angina persistente o ricorrente;
con capacità funzionale < 5 MET
e risposta pressoria ipotensiva o sottoslivellamento del tratto S-T > 1 mm;
con episodio di scompenso cardiaco durante il ricovero ospedaliero;
con sottoslivellamento del tratto S-T di 2 mm a carico medio basso;
con aritmie extrasistoli che ventricolari minacciose.
L’età rappresenta un rischio aggiuntivo indipendente,
con incremento esponenziale a partire da 65 anni.
Sulla base del rischio cardiovascolare cosi definito, l’intervento riabilitativo assumerà
caratteristiche diverse per contenuti, modalità, tempi ed impegno.
Riabilitazione post-infarto miocardio
La riabilitazione del cardiopatico prevede:
Prima fase
dall’evento acuto a circa 15 giorni (regime di degenza),
comporta l’immediata riabilitazione del paziente
ricoverato e pone l’accento sull’educazione del paziente.
L’attività fisica dovrebbe comprendere attività
muscolo-scheletrica e attività del vivere comune
(stare seduti, stare in piedi e passeggiare)
per combattere gli effetti decondizionanti della
permanenza a letto e preparare il paziente
al ritorno alle normali attività
Seconda fase:
da 15 giorni a 3 mesi (regime ambulatoriale),
ha come scopo principale il miglioramento
progressivo della capacità funzionale del paziente,
nonché di abbassare i fattori di rischio cardiovascolare
e preparare il paziente al ritorno al lavoro
Riabilitazione post-infarto miocardio
Terza fase
dai 3 mesi in poi (regime
ambulatoriale,domiciliare),
ha come scopo principale
di consentire al paziente
di continuare a migliorare la
propria condizione fisica.
Esiste poi un’ulteriore fase:
Quarta fase
serve a monitorizzare e consolidare
i risultati acquisiti durante le fasi precedenti
RIABILITAZIONE
CARDIOLOGICA
Riabilitazione
post-infarto
miocardio
Durata indicativa del programma di esercizio
- Per i pazienti con cardiopatia ischemica a basso rischio e per gli
operati di chirurgia coronarica non complicati, durata non inferiore
alle 4 settimane
- Per i pazienti a medio-alto rischio, durata di 4-6 settimane; per i
pazienti con funzione cardiaca molto compromessa la durata del
trattamento può arrivare fino a 8-12 settimane
- Nei soggetti in età avanzata, la necessità di effettuare il training a
bassa intensità rende necessario il prolungamento della durata del
programma
RIABILITAZIONE
CARDIOLOGICA
Riabilitazione
post-infarto
miocardio
Raccomandazioni per aumentare la sicurezza durante il programma di esercizio
-
Considerare più parametri della risposta allo sforzo: linearità della progressione
della FC, comportamento della PA, fase di recupero dell'ECG, percezione di fatica
del paziente;
-
Seguire l'adattamento allo sforzo nelle sessioni iniziali del programma, nelle quali
il decondizionamento fisico o la difficoltà ad apprendere lo schema di esecuzione
dell'esercizio può determinare un anomalo incremento di FC e di PA;
-
Adattare le modalità ed il tipo di esercizio alle capacità fisiche ed alle attitudini
motorie del soggetto, fino ad arrivare ad una personalizzazione totale del
programma;
-
Utilizzare il periodo di training per addestrare i pazienti all’autocontrollo del polso
ed alla valutazione della percezione soggettiva della fatica;
-
Eliminare gradualmente la sensazione di insicurezza che deriva dalla cessazione
del controllo strumentale, e facilitare l’esecuzione autonoma del programma di
“mantenimento”;
-
Contare su uno staff (fisioterapisti, infermieri, tecnici dell’esercizio) non solo
specificatamente preparati, ma anche continuamente aggiornati ed addestrati.
Riabilitazione post-infarto miocardio
E' stato osservato che, dopo un episodio infartuale,
la riduzione del rischio cardiovascolare
che si ottiene con l’attività fisica
è assai simile alla riduzione apportata da alcuni farmaci
ormai diffusamente utilizzati in cardiologia.
Infatti la riduzione del rischio cardiovascolare
da parte dell'esercizio fisico è stata valutata intorno al 25%,
ed è assai vicina alla riduzione del rischio
da parte dell’aspirina che è del 20%,
o da parte dei beta-bloccanti che è del 20%
e da parte degli ACE-inibitori che è del 15%.
Scompenso cardiaco cronico
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
L’aumentata sopravvivenza di pazienti
con cardiomiopatia primitiva o valvolare, la ridotta mortalità
di pazienti ischemici, specie degli infartuati in fase acuta,
comporta una sempre crescente prevalenza dello
scompenso cardiaco cronico, anche in soggetti ancora giovani,
e quindi la necessità di trovare valide soluzioni assistenziali,
in termini di recupero funzionale, in tale ambito.
Quindi che la riabilitazione di tipo intensivo diventa
un elemento terapeutico fondamentale in caso di instabilizzazione
dello scompenso o qualora ci si trovi ad effettuare
una prima valutazione funzionale, specie in previsione
di un eventuale inserimento in lista di trapianto, quindi
sempre in pazienti in condizioni cliniche compromesse ed
in età inferiore ad un massimo di 65 anni.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Vista la frequente gravità dei pazienti
E le abituali necessità di ricoveri prolungati,
il primo problema da affrontare in questo ambito
è quindi quello organizzativo
Con
disponibilità di strutture riabilitative
dotate di “Unità di Terapia Subintensiva”
con adeguate dotazioni sia sotto il profilo delle apparecchiature
che delle risorse umane.
In particolare, per il personale infermieristico
è importante sottolineare come esso
debba essere addestrato
non solo a far fronte alle necessità del paziente cronico grave,
ma anche a gestire abituali situazioni di emergenza.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Valutazione funzionale e prognostica
In questi pazienti
il primo obiettivo nel periodo di riabilitazione intensiva
è ottenere la maggiore stabilità possibile della situazione clinica;
solo a questo punto potrà essere eseguita una vera e
propria valutazione funzionale e prognostica
atta a determinare o confermare
la necessità di un inserimento in lista di trapianto
ed a definire nel dettaglio il futuro programma
riabilitativo e terapeutico.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Giudizio di stabilità clinica
o assenza di sintomi di scompenso a riposo
o assenza di peggioramento di tolleranza fisica
o assenza di angina
o assenza di aritmie ventricolari sintomatiche
o esame obiettivo invariato rispetto al precedente controllo
o peso corporeo stabile (variazioni inferiori a 3 kg)
o pressione sistolica invariata e > 90mmhg
o creatininemia azotemia, invariata
o sodiemia > 134 meq/l
o assenza di effetti collaterali da farmaci
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Fattori a significato prognostico
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
Fattori di ordine clinico
Fattori di ordine emodinamico
Sesso
Frequenza cardiaca
Età
Pressione arteriosa media
Etiologia
Rapporto massa/volume ventricolare sinistro
Durata della cardiopatia
Frazione d’accorciamento ecocardiografica ventricolare sinistra
Stabilità clinica
Frazione di eiezione ventricolare sinistra
Tipo di terapia
Indice cardiaco
Pressione sistolica ventricolare sinistra
Fattori di ordine biochimico
Pressione di riempimento ventricolare sinistra
o VES
Indice di lavoro sistolico ventricolare sinistro
o Bilirubinemia
Resistenze vascolari sistemiche
o ASPT
Pressione atriale destra
o Azotemia
Pressione arteriosa polmonare media
o Creatininemia
Profilo emodinamico da sforzo
o Natremia
Frazione di eiezione ventricolare destra
o Kaliemia
o Differenza arterovenosa in ossigeno
Fattori di ordine funzionale
o Concentrazione plasmatica di norepinefrina
o Classe funzionale NYHA
o Attività reninica plasmatica
o Tolleranza allo sforzo
o Colesterolemia
o Consumo di ossigeno massimale
o Neopterinemia
Fattori di ordine elettrofisiologico
o Fibrillazione atriale
o Disturbi della conduzione intraventricolare sinistra
o Aritmie ventricolari complesse
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Per lo scompenso cardiaco
un’importanza determinante assume
il rilievo dei parametri emodinamici destri
in condizioni basali ed eventualmente da sforzo.
È poi raccomandabile che il test ergometrico,
di tipo più graduale rispetto a quelli più
frequentemente impiegati in altre patologie di interesse riabilitativo,
venga eseguito con la determinazione dei parametri ventilatori
per valutare il consumo massimo di ossigeno
e/o la soglia anaerobica.
Tali parametri sono fondamentali
per definire l’urgenza di un eventuale trapianto cardiaco.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Il training fisico di questi pazienti necessita comunque
di estrema cautela e competenza
e sarà proposto solo a pazienti clinicamente stabili.
In ogni caso devono essere accuratamente
considerate le controindicazioni relative ed assolute
all’esecuzione del training fisico
e speciali precauzioni dovrebbero essere prese in quei pazienti
nei quali lo scompenso cardiaco cronico
si accompagna a scadente stato nutrizionale
o a sofferenza organica multidistrettuale secondaria
allo scompenso stesso.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Controindicazioni assolute e relative al training fisico
o angina instabile
o PAS >200 mmhg e PAD > 110 mmhg
o stenosi aortica severa
o malattie sistemiche in fase acuta
o febbre
o aritmie atriali e ventricolari non controllate
o tachicardia a riposo
o scompenso cardiaco congestizio
o blocco A-V
o pericardite o miocardite in atto
o episodio embolico recente
o tromboflebite
o slivellamento ST a riposo > 3 mm
o diabete scompensato
o problemi ortopedici che non consentono l’esercizio
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
L’attività fisica può comunque
già iniziare con esercizi di mobilizzazione attiva e passiva al letto
anche quando la malattia è ancora in fase di instabilità,
allo scopo di impedire o limitare quanto più possibile
il decondizionamento muscolare.
Migliorando poi le condizioni cliniche,
si potrà proseguire la fisioterapia.
Utile è in questa fase
la semplice mobilizzazione in camera o nei corridoi del reparto
e la distanza percorsa durante un periodo prefissato (test dei 6 minuti)
può essere un buon parametro di riferimento
per regolare il grado di Mobilizzazione.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Una volta raggiunta la stabilità emodinamica
e completata la valutazione funzionale e prognostica,
può essere iniziato un vero e proprio ciclo di riabilitazione fisica.
Per quanto concerne la sua intensità,
esso dovrebbe essere condotto
in condizioni di assoluta aerobiosi
e quindi al di sotto della soglia anaerobica.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
L’applicazione del training fisico nei pazienti
con scompenso cardiaco cronico (Scc)
può essere distinta in tre momenti:
 selezione dei pazienti
 impostazione di un programma individualizzato
 modalità applicative e valutative di efficacia e sicurezza
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
• Selezione dei pazienti
Fase preliminare
• verifica delle controindicazioni all’esecuzione di attività fisica
• definizione della stabilità clinica,
• grado di compromissione funzionale: classe NYHA, VO2 picco
• Modalità applicative
Fase di impostazione
• tipo di attività fisica
• durata delle sessioni di allenamento
• frequenza delle sessioni di allenamento
• intensità dell’attività fisica consigliata e le variazioni nel tempo
• Modalità di valutazione
• tempi e modalità di osservazione clinica e strumentale
• tempi e modalità di verifica dell’efficacia dell’intervento e quali obiettivi considerare
• criteri clinico-strumentali di esclusione o riammissione al programma di attività fisica
• Modalità applicative
Fase di mantenimento
• definizione del tipo e dell’intensità di attività, della durata e della frequenza degli allenamenti
• verifica di ipotesi di attività fisica a maggior contenuto anaerobico o contro resistenza
• attività fisica controllata in strutture extraospedaliere: palestre, associazioni sportive
• attività fisica domiciliare
• Modalità di valutazione
• tempi e modalità di osservazione clinica e strumentale
• tempi e modalità di verifica dell’efficacia dell’intervento e quali obiettivi considerare
• criteri clinico-strumentali di esclusione o riammissione al programma di attività fisica
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
La documentazione di stabilità clinica
e la definizione obiettiva dell’autonomia funzionale
sono requisiti essenziali
per l’impostazione di un programma di training fisico.
La fase valutativa deve essere mirata alla verifica dei sintomi e
dei reperti obiettivi di instabilità emodinamica a riposo e soprattutto
in esercizio: coloro che presentano la precoce comparsa
di fatica e dispnea e il riscontro di terzo tono o rantoli
polmonari durante esercizio devono essere esclusi e rivalutati.
Il criterio di partecipazione ad un programma di training
fisico è la documentazione di stabilità clinica
da almeno due-tre mesi e farmacologica da uno.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Il programma di training deve essere individualizzato ed
attentamente monitorizzato.
L’approccio individualizzato prevede un intervento a gradini,
mediante la definizione di un’appropriata modalità di esercizio,
per esempio iniziando con la ginnastica respiratoria nei pazienti
maggiormente dispnoici o la ginnastica muscolare passiva/
attiva al letto e successivamente la deambulazione assistita
nei soggetti decondizionati.
L’intervento fisico viene progressivamente modificato
variando la durata dell’esercizio,
successivamente la frequenza delle sedute
e per ultimo l’intensità del carico di lavoro.
L’incremento dell’intensità di esercizio deve essere guidato
dall’osservazione clinica: si può ritenere adeguata l’intensità di lavoro
se il paziente è in grado di parlare durante esercizio
senza la comparsa di dispnea, se il grado di affaticamento e di dispnea
riferito è inferiore al 3/10 della scala modificata di Borg,
se la frequenza cardiaca è inferiore a 120 battiti al minuto,
e se non compaiono toni aggiunti o rantoli polmonari durante sforzo.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Scala di Borg
6
nessuno sforzo
20%
7
estremamente leggero
30%
8
9
40%
molto leggero
50%
10
11
55%
leggero
60%
12
13
65%
un po' pesante
70%
14
15
75%
pesante
80%
16
17
85%
molto pesante
90%
18
95%
19
estremamente pesante
20
massimo sforzo
100%
esaurimento
In questa tabella è stata messa
in relazione la frequenza
cardiaca con la scala di Borg;
possiamo notare per esempio
come il livello 16 corrisponda
all'85% della FC max,
frequenza cardiaca alla quale si
colloca, normalmente, la soglia
anaerobica
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Le sessioni di training non dovrebbero durare
più di 20 minuti al giorno per tre volte la settimana.
In pazienti con scompenso occorre controllare il training
attraverso
• ECG ,
• pressione arteriosa
• monitorizzazione quotidiana delle condizioni cliniche
fino al raggiungimento della certezza
della stabilità emodinamica
in un periodo di circa 10-15 giorni.
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
Attività fisica lieve
giocare a biliardo
2,4 MET
ballare lentamente
2,9 MET
passeggiare (circa 3 km/ora)
2,5 MET
scrivere
1,7 MET
Attività fisica moderata
nuotare lentamente
4,5 MET
passeggiare (circa 6 km/ora)
4,5 MET
andare in bicicletta (per svago)
3,5 MET
falciare un prato (a motore)
3,0 MET
Riabilitazione scompenso cardiaco cronico
MWC = maximal work capacity = massima capacità lavorativa
si esprime in MET
(consumo miocardico di O2 Basale = 3,5 ml di O2/kg/min)
Il livello minimo di attività lavorativa
e’ 6 MET
per un uomo di 70 kg.
L’esercizio e’ allenante quando l’intensità
supera il 60% del consumo massimo teorico di O2.
L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica
L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica
L’arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP)
è una sindrome clinica legata alla riduzione
della portata ematica distrettuale agli arti inferiori
Il sintomo principale dell’AOCP è rappresentato
dalla claudicatio intermittens,
definita come un dolore crampiforme ai muscoli dell’arto inferiore
(natica, coscia o gamba) che compare durante deambulazione o
salendo le scale, si manifesta ogni volta al medesimo sforzo e recede
prontamente con la cessazione dello stesso.
La localizzazione del dolore dipende dalla sede e dall’estensione delle
lesioni vascolari: le lesioni a livello femorale, popliteo o tibiale
producono un dolore crampiforme a carico
dei muscoli del polpaccio,
mentre lesioni prossimali a livello aorto-iliaco producono sintomi a
livello del gluteo, anca e coscia.
L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica
Il training fisico è universalmente riconosciuto come il metodo più
efficace per migliorare la capacità di marcia del paziente con AOCP
Effetti sul flusso ematico
- Ridistribuzione favorevole del sangue tra cute e muscoli e tra i vari
gruppi muscolari
- Aumento della densità dei capillari (neoangiogenesi)
- Aumento della vasodilatazione endotelio-dipendente
- Miglioramento della reologia del sangue
Effetti sul muscolo e sul metabolismo
- Aumento estrazione di O2 da parte del muscolo ischemico
- Aumento degli enzimi ossidativi
-
- Aumento dell’attività dell’ossido nitrico
L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica
Effetti generali
- Riduzione dei fattori di rischio aterosclerotico
- Miglioramento della funzione endoteliale
- Riduzione dei markers di infiammazione cronica
-Modificazioni nella percezione del dolore
Il programma di training fisico nel paziente con AOCP
viene classificato in base alle modalità con cui viene realizzato:
• training fisico controllato, è il training effettuato con la supervisione
di personale medico e infermieristico esperto;
•termine di training fisico consigliato, è un allenamento effettuato
autonomamente dal paziente su indicazione
ed istruzione da parte di
personale medico esperto.
In tutti gli studi il training controllato ha sempre mostrato un’efficacia
decisamente superiore rispetto al training fisico consigliato.
L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica
Training fisico controllato
3 sedute settimanali della durata di 1 ora,
per un periodo di 3-6 mesi.
Ciascuna sessione dovrebbe prevedere periodi di cammino sul
tappeto scorrevole sino alla comparsa del dolore muscolare, il quale,
non dovrebbe essere superiore al punteggio 3 o 4 di una scala
strutturata da 0 (assenza di dolore) a 5 (dolore insopportabile che
costringe a fermarsi).
Ogni periodo di cammino dovrebbe durare 8-10 minuti circa e tra un
periodo e quello successivo si dovrebbero prevedere alcuni minuti di
riposo.
L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica
Training fisico consigliato
anche se si tratta di un protocollo consigliato, è indispensabile che il
programma di allenamento sia dato per iscritto,
con precisi riferimenti alle frazioni di allenamento, agli intervalli di
riposo e possibilmente supportato da un diario clinico opportunamente
predisposto per l’aggiornamento da parte del paziente dei carichi
lavorativi svolti.
Protocolli di mantenimento
al termine del periodo di training attivo, controllato o consigliato,
deve seguire una fase di mantenimento a lungo termine.
È stato dimostrato che i benefici ottenuti dopo 6 mesi di training fisico
persistono a distanza di altri 12 mesi utilizzando un programma di
esercizio fisico meno frequente.
RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
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