UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN INFERMIERISTICA Corso integrato di infermieristica clinica e delle disabilità Infermieristica clinica Riabilitazione cardiaca dottoressa Maria Innocenzi Anno accademico 2014/2015 Riabilitazione cardiologica Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) le malattie cardiovascolari (MCV) comprendono l’ipertensione arteriosa, la malattia coronarica, l’ictus, le arteriopatie periferiche, lo scompenso cardiaco, la cardiopatia reumatica, le cardiopatie congenite e le cardiomiopatie. Nel loro insieme rappresentano la prima causa di mortalità, morbilità e disabilità nel mondo. In Europa, sono responsabili del 22% circa della morbilità totale, contro l’11,5% delle neoplasie. La cardiopatia ischemica, in particolare, è responsabile di due terzi dei decessi nei pazienti di età > 65 anni Riabilitazione cardiologica Gli studi epidemiologici Indicano che la prevalenza e l’incidenza dello scompenso cardiaco crescono all’aumentare dell’età. Ne consegue un aumento di cardiopatici molto anziani e di sesso femminile che sopravvivono ad un evento cardiaco, proprio le categorie con i maggiori bisogni assistenziali ed a maggiore rischio di perdita della piena autonomia funzionale. Definizione secondo l’O.M.S. la riabilitazione cardiaca è “l’insieme delle attività richieste per assicurare ai pazienti cardiopatici le migliori condizioni fisiche, mentali e sociali in modo tale che da soli con i propri sforzi possano tornare a rivestire un ruolo il più possibile normale nella comunità.” Riabilitazione cardiologica La definizione identifica il soggetto della riabilitazione nel paziente con cardiopatia post-acuta o cronica e fissa l’obiettivo dell’ intervento: riottenere e conservare una condizione la più vicina possibile allo “stato di salute” favorendo il processo di recupero psicofisico prevenendo la progressione della malattia incentivando la riduzione di nuovi eventi cardiovascolari mediante l'ottimizzazione del trattamento e la programmazione di controlli laboratoristici e strumentali (prevenzione secondaria). Riabilitazione cardiologica Attualmente la riabilitazione cardiologica è considerata una componente fondamentale del percorso assistenziale del paziente cardiopatico in rapporto alle nuove situazioni che si sono realizzate negli ultimi anni e che sono: • progressivo aumento della prevalenza delle cardiopatie croniche per • • • • • • riduzione della mortalità; maggior ricorso a tecniche interventistiche in acuto; riduzione dei tempi di degenza per acuti; decorso di lunga durata nella maggior parte delle malattie cardiovascolari, prevenzione nei confronti dei fattori responsabili della progressione della malattia; identificazione dei pazienti a maggior rischio su cui concentrare le risorse e di sviluppare modelli di intervento a lungo termine che garantiscano continuità osservazionale ed assistenziale; maggior efficacia degli interventi terapeutici in malattie cardiache croniche. Riabilitazione cardiologica Gli obiettivi della RC sono migliorare la capacità ridurre i sintomi legati funzionale alla malattia favorire il reinserimento ridurre la disabilità lavorativo in altri termini migliorare la qualità di vita e ridurre il rischio di nuovi eventi cardiovascolari. Questi obiettivi si realizzano mediante un approccio globale diagnostico-valutativo e di trattamento. La complessità e l’intensità di tale approccio devono essere commisurate alle caratteristiche cliniche dei pazienti. Riabilitazione cardiologica Il programma di riabilitazione ha come obiettivo iniziale il consolidamento della stabilità clinica e in seguito quello di ridurre i rischi di futuri eventi, garantendo la gestione ottimale del paziente nel lungo periodo. Configurata in tal modo, la riabilitazione del cardiopatico è un intervento multifattoriale e omnicomprensivo che si avvale di diverse figure professionali: il cardiologo, il terapista della riabilitazione, l’infermiere, l’operatore socio sanitario, lo psicologo, il dietista, … Programma riabilitativo Da un punto di vista organizzativo il programma riabilitativo può essere gestito attraverso 3 livelli. Livelli riabilitativi Primo livello struttura ambulatoriale Interventi -training fisico -educazione sanitaria -prevenzione secondaria -controllo terapeutico Figure professionali -cardiologo -infermiere -psicologo -dietologo -mmg -fisiatra -fisioterapista -associazioni dei pazienti cardiopatici Livelli riabilitativi Secondo livello struttura ospedaliera con servizi di riabilitazione operanti all’interno delle divisioni di cardiologia con possibilità di ricovero diurno in day hospital o ricovero ordinario Trattati - pazienti di basso-medio rischio in fase acuta e post-acuta - pazienti di alto-medio rischio per una valutazione periodica - Interventi ecocardio, holter ecg, ergometria educazione sanitaria prevenzione secondaria supporto psicologico training fisico controllato adeguata assistenza clinica (comprese le emergenze) Livelli riabilitativi Terzo livello struttura ospedaliera divisioni di cardiologia divisioni di cardiologia riabilitativa ospedali di riabilitazione Trattati - pazienti di alto-medio rischio nella fase acuta e post-acuta - pazienti ad alto rischio - Interventi indagini invasive cruente programmi d’intervento psico-comportamentali gestione specialistica di patologie quali lo scompenso cardiaco collegamento funzionale con la cardiochirurgia Riabilitazione cardiologica Come parte integrante del trattamento globale dei pazienti con malattia cardiovascolare, la riabilitazione si sviluppa secondo cinque aree fondamentali d’intervento 1) assistenza clinica, valutazione del rischio e corretta impostazione terapeutica; 2) training fisico e prescrizione di programmi di attività fisica; 3) educazione sanitaria specifica rivolta alla correzione dei fattori di rischio; 4) valutazione psicosociale ed occupazionale con interventi specifici; 5) follow-up clinico-strumentale individualizzato e supporto per il mantenimento di un adeguato stile di vita e una efficace prevenzione secondaria. Attività fisica Per quanto riguarda l’attività fisica occorre sottolineare che studi epidemiologici forniscono evidenze sulla capacità dell’attività fisica di ridurre la morbilità e la mortalità delle malattie cardiovascolari come pure di migliorare le prestazioni fisiche e la qualità di vita di chi la pratica. L’attività fisica è inoltre in grado di ridurre significativamente il rischio di sviluppare altre malattie croniche, quali l’obesità, l’osteoporosi, il diabete, alcune neoplasie e la depressione Attività fisica Senza dimenticare che oggi lo stile di vita è caratterizzato, oltre che da errori alimentari e da continua tensione emozionale , da ipocinesia o carenza di movimento ed esercizio fisico. Da tempo l’OMS considera i soggetti sedentari, nelle fasce di età media ed anziana, come individui ad elevato rischio di contrarre malattie degenerative o addirittura morire (circa il 25%) a causa di cardiopatia ischemica. È stato stimato che l’eliminazione di un fattore di rischio come la sedentarietà può portare ad una riduzione delle MCV del 15-39%. Attività fisica RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Uno studio condotto su soggetti di media età ha dimostrato che per ottenere una riduzione di mortalità del 20% è necessaria un’intensità d’esercizio che porti ad un consumo energetico pari a 30 minuti di esercizio fisico al giorno, per almeno 4-5 giorni la settimana. Intensità minori non sono invece sufficienti a garantire miglioramenti significativi della prognosi. La massima riduzione del rischio si ottiene con esercizi di intensità moderata, pari a 3-5 ore -di marcia rapida, a 2-3 ore di jogging o 1-2 ore di corsa alla settimana. (L’Harvard Alumni Healthy Study) Attività fisica RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Per attività fisica o esercizio fisico si intende qualsiasi movimento corporeo dovuto a contrazione della muscolatura scheletrica ed associato ad un consumo energetico L’allenamento o training fisico è l’attività fisica regolare, strutturata e finalizzata al miglioramento e/o mantenimento dell’efficienza fisica Per efficienza fisica si intende quell’insieme di capacità (flessibilità articolare, forza muscolare, composizione corporea e performance cardio-respiratoria) relative all’abilità di praticare attività fisica e legate ad una riduzione del rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare - Attività fisica RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Insomma, l’American Heart inserisce l’attività fisica come metodologia da prescrivere in modo esteso e controllato nel cardiopatico allo stesso livello dei farmaci, ovvero Esercizio fisico = Terapia non farmacologica L’esercizio fisico è un approccio aggiuntivo per migliorare lo stato clinico. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Classificazione dell’attività fisica in base al costo energetico Lieve < 3 MET < 4 Kcal/Min Moderata 3-6 MET 4-7 Kcal/Min Intensa > 6 MET > 7 Kcal/Min Cammino lento Cyclette Bowling Pulizie leggere Camino veloce Bicicletta piano Tennis da tavolo Canottaggio lento Pulizie più pesanti Cammino in salita o con pesi Bicicletta veloce Tennis Canottaggio veloce - Unità di misura MET La capacità funzionale del paziente si valuta in base alla capacità di svolgere alcune attività quotidiane (per es. camminare) e viene espressa in livelli di equivalente metabolico (MET). 1 MET corrisponde al consumo di ossigeno (VO2) a riposo ed è pari a 3,5 ml di O2/kg/min (rif. uomo del peso di 70 kg). RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Nelle attività dinamiche, (camminare, correre, pedalare) il gesto tecnico è ciclico e la forza muscolare impiegata generalmente non elevata. Si tratta d’attività “aerobiche” nelle quali i muscoli, quando l’intensità dello sforzo è lieve-moderata (inferiore al 50-60% del massimale), utilizzano in prevalenza l’energia liberata dai lipidi, per intensità superiori, il substrato preferenziale è rappresentato dai carboidrati. Da un punto di vista cardiocircolatorio, esse sono caratterizzate da un incremento della frequenza cardiaca proporzionale all’intensità dello sforzo ed una prevalente vasodilatazione periferica, con modesto o nessun aumento della pressione arteriosa (PA) media. Il miocardio aumenta il suo consumo d’ossigeno in misura proporzionale all’aumento della portata cardiaca. - Le attività dinamiche sono ideali ai fini della prevenzione primaria e secondaria delle patologie cardiovascolari, anche in considerazione del fatto che la loro “prescrizione” risulta facile. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Attività di tipo dinamico ad impegno cardiocircolatorio costante sono caratterizzate da gesti semplici quali camminare, marciare, correre all’aperto o su un tappeto ruotante, pedalare su una bicicletta o su una cyclette, nuotare in piscina. Esse si trasformano in vere e proprie attività sportive quando l’intensità dello sforzo è da media ad elevata ed il soggetto intenda effettuarle in forma agonistica. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Attività di tipo dinamico ad impegno cardiocircolatorio intermittente sono caratterizzate da gesti più complessi e presuppongono il possesso di una tecnica adeguata (tennis, calcio). Esercitano effetti benefici sull’organismo e sull’apparato cardiovascolare ma sono più difficili da “dosare”, per l’inevitabile componente “agonistica”, presente anche se effettuate per puro divertimento ed in forme non organizzate. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Attività statiche o di potenza sono caratterizzate da un impegno cardiocircolatorio prevalentemente di tipo “pressorio”. Ad esse appartengono molte attività di “cultura fisica” (sollevamento pesi, body-building) praticate in palestra. Non è ancora chiaro se, a determinate condizioni (per esempio se effettuate in forma “dinamica”, con molte ripetizioni e sovraccarichi modesti), possano avere effetti benefici sull’apparato cardiovascolare. Comunque, seppur molto diffuse nella popolazione, esse non possono essere considerate di prima scelta ai fini della prevenzione cardiovascolare. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica L’esercizio fisico può scatenare eventi acuti cardiovascolari, tra i quali i più temibili sono la morte improvvisa e le sindromi coronariche acute. Esso può associarsi anche ad altri eventi cardiaci, come aritmie atriali e/o ventricolari, sincopi ed insufficienza cardiaca. Allo scopo di ridurre il rischio di eventi cardiaci avversi nei soggetti sedentari che si apprestano a praticare attività fisica risulta importante eseguire un adeguato screening preventivo ed avviare tali soggetti ad un graduale e progressivo condizionamento fisico, soprattutto- se hanno cardiopatia nota, età avanzata, o fattori di rischio coronarico. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Morte improvvisa (MI) da esercizio si intende una morte improvvisa ed inaspettata, non traumatica, che si verifica in relazione temporale con l’attività fisica, in genere entro un’ora dall’inizio dei sintomi. Le patologie, anche silenti, dell’apparato cardiovascolare rappresentano la causa della stragrande maggioranza delle MI da sport. La patogenesi della morte improvvisa è legata prevalentemente ad un disturbo del ritmo cardiaco, mentre meno frequenti risultano le cause emodinamiche, quali la rottura di un aneurisma aortico, l’embolia polmonare o l’emorragia cerebrale. Tuttavia, bisogna ricordare che possono essere implicate anche altre affezioni, quali l’asma, il colpo di calore e l’abuso farmacologico. Attività fisica Sindromi coronariche acute L’esercizio fisico può scatenare eventi coronarici acuti, primi tra tutti l’infarto miocardico. Si stima che una percentuale variabile dal 4% al 18% degli infarti avviene durante o subito dopo un’attività fisica intensa. Il periodo più a rischio è quello compreso tra la fine dell’esercizio e l’ora immediatamente successiva. Uno dei possibili meccanismi attraverso i quali l’esercizio può favorire il verificarsi di una sindrome coronarica acuta è la rottura, causata dallo stress emodinamico, di una placca aterosclerotica vulnerabile. Successivamente, la rottura di placca innescherebbe fenomeni trombotici e vasospastici con ischemia miocardica acuta ed eventuale necrosi RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Attività fisica Per quanto riguarda la prevenzione secondaria lo studio ETICA (Exercise Training Intervention after Coronary Angioplasty) ha dimostrato che nei pazienti 1) sottoposti ad angioplastica coronarica, 6 mesi di esercizio aerobico per 3 ore alla settimana sono capaci di ridurre significativamente gli eventi cardiovascolari; 2) con precedente infarto miocardico e/o disfunzione ventricolare sinistra, il training determina effetti benefici sul processo di rimodellamento; 3) con scompenso cardiaco l’esercizio fisico migliora la qualità di vita e la tolleranza allo sforzo riducendo il numero degli eventi cardiovascolari; 4) con arteriopatia obliterante agli arti inferiori l’attività fisica è sicuramente il mezzo più efficace per migliorare i sintomi e rallentare la progressione della malattia. Educazione sanitaria Ad integrazione dei training specifici, ogni intervento riabilitativo deve includere anche i programmi di educazione sanitaria. I programmi di educazione sanitaria sono mirati alla conoscenza della malattia, alla sua evoluzione ed al controllo dei fattori di rischio. Essi dovrebbero essere estesi, oltre che al paziente, anche ai familiari affinché siano di valido aiuto nel condizionare in maniera positiva la qualità della vita del cardiopatico ed i risultati dell’intervento riabilitativo. Educazione sanitaria In ogni caso, tutti i pazienti dovrebbero ricevere informazioni generali sulla funzione dell’apparato cardiovascolare, sullo sviluppo ed evoluzione della cardiopatia e sui fattori che possono condizionarne la progressione. Particolare attenzione dovrà essere dedicata alla comprensione dei fattori di rischio coronarico ed allo stile di vita considerato a rischio di progressione della malattia. Le informazioni dovranno essere espresse in modo semplice e comprensibile anche attraverso l’uso di adeguati materiali audio-visivi, opuscoli e di ogni strumento utile alla comprensione ed alla ritenzione dell’informazione. Educazione sanitaria La conoscenza della malattia implica attenzione al riconoscimento precoce dei segni di instabilizzazione (variazione dei sintomi, controllo del peso e della diuresi, ricorso ad altri farmaci), come pure aderenza alla terapia ed identificazione degli effetti collaterali ed ai programmi di attività fisica (se prescritta). I dati relativi al peso, diuresi, terapia, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, attività quotidiane e sintomi potranno essere raccolti in un vero e proprio diario, magari compilato insieme dal proprio cardiologo o medico curante. Più specifica dovrà essere l’educazione sanitaria nei pazienti sottoposti a terapia infusiva gestita a domicilio. In tal caso, sarà necessario insegnare al paziente e ai suoi familiari la gestione della pompa portatile da infusione e le norme igieniche relative al catetere venoso centrale a permanenza e la preparazione delle soluzioni di farmaco da infondere. Riabilitazione cardiologica Chi sono i candidati alla riabilitazione cardiaca? Soggetti con con cardiopatia ischemica: post-infarto del miocardio post by-pass aorto-coronarico post angioplastica coronarica con scompenso cardiaco cronico (angina stabile e scompenso cardiaco compensato) sottoposti a trapianto cardiaco, operati per cardiopatie congenite, con arteriopatie obliteranti croniche periferiche portatori di pace-maker Attività riabilitativa In relazione all'intensità e complessità, alle attività sanitarie di riabilitazione e alla quantità e qualità di risorse assorbite l’attività di riabilitazione si distingue in: estensiva intensiva e intermedia Riabilitazione cardiologica La riabilitazione intensiva e intermedia si attua in fase acuta e post-acuta nei pazienti con: infarto del miocardio sottoposti a chirurgia cardiaca scompenso cardiaco cronico trapianto cardiaco La riabilitazione estensiva si attua per garantire la continuità assistenziale dopo la dimissione dalla fase di riabilitazione intensiva e si svolge prevalentemente a livello ambulatoriale Infarto del Miocardio Riabilitazione post-infarto miocardio Il trattamento dell’infarto miocardico acuto comprende una serie di interventi di tipo non farmacologico, che, instaurati più precocemente possibile (dopo le 24 ore e comunque a paziente clinicamente stabile), hanno l’obiettivo di avviare un’adeguata informazione sanitaria, di controllare la labilità emotiva e di prevenire le complicanze da prolungato allettamento. Il primo approccio al malato deve essere necessariamente di tipo informativo sulla malattia, sui fattori di rischio, sull’iter diagnostico e sulla evoluzione. La mobilizzazione precoce passiva, attiva e graduale a letto e successivamente in camera, in rapporto all’andamento clinico del paziente, ha lo scopo di prevenire le complicanze dell’allettamento prolungato, di favorire l’autonomia funzionale e di preparare il paziente all’esecuzione di un test ergometrico. Riabilitazione post-infarto miocardio Per rendere l’intervento riabilitativo sicuro ed efficace, ma anche per favorirne la compliance, è necessario conoscere lo stato di rischio del paziente. prendendo in considerazione alcuni parametri: l' estensione dell' ischemia miocardica, la funzione del ventricolo sinistro, il decorso clinico durante il ricovero ospedaliero, il risultato del test da sforzo massimale (o limitato dai sintomi). Riabilitazione post-infarto miocardio Sulla base di questi parametri è possibile stratificare i pazienti in tre categorie di rischio: Elevato Intermedio Basso Riabilitazione post-infarto miocardio 1) Rischio basso Pazienti con decorso clinico ospedaliero non complicato; con assenza di ischemia miocardia; con capacità funzionale maggiore di 7 MET; con funzione ventricolare sinistra normale (frazione d'eiezione > 50%) con assenza aritmie extrasistoliche ventricolari importanti. Riabilitazione post-infarto miocardio 2) Rischio intermedio pazienti con sottoslivellamento del tratto ST ≥2 mm; con difetto reversibile della captazione del tallio alla scintigrafia miocardia; con funzione ventricolare sinistra moderata-buona (frazione di eiezione 35- 49%); con angina di recente insorgenza o che ha modificato le sue caratteristiche. Riabilitazione post-infarto miocardio 3 ) Rischio elevato Pazienti con pregresso infarto che ha coinvolto il 35% o più del ventricolo sinistro; con funzione ventricolare sinistra < 35%; con decremento della pressione sistolica o addirittura con il suo mancato incremento durante un test da sforzo; con angina persistente o ricorrente; con capacità funzionale < 5 MET e risposta pressoria ipotensiva o sottoslivellamento del tratto S-T > 1 mm; con episodio di scompenso cardiaco durante il ricovero ospedaliero; con sottoslivellamento del tratto S-T di 2 mm a carico medio basso; con aritmie extrasistoli che ventricolari minacciose. L’età rappresenta un rischio aggiuntivo indipendente, con incremento esponenziale a partire da 65 anni. Sulla base del rischio cardiovascolare cosi definito, l’intervento riabilitativo assumerà caratteristiche diverse per contenuti, modalità, tempi ed impegno. Riabilitazione post-infarto miocardio La riabilitazione del cardiopatico prevede: Prima fase dall’evento acuto a circa 15 giorni (regime di degenza), comporta l’immediata riabilitazione del paziente ricoverato e pone l’accento sull’educazione del paziente. L’attività fisica dovrebbe comprendere attività muscolo-scheletrica e attività del vivere comune (stare seduti, stare in piedi e passeggiare) per combattere gli effetti decondizionanti della permanenza a letto e preparare il paziente al ritorno alle normali attività Seconda fase: da 15 giorni a 3 mesi (regime ambulatoriale), ha come scopo principale il miglioramento progressivo della capacità funzionale del paziente, nonché di abbassare i fattori di rischio cardiovascolare e preparare il paziente al ritorno al lavoro Riabilitazione post-infarto miocardio Terza fase dai 3 mesi in poi (regime ambulatoriale,domiciliare), ha come scopo principale di consentire al paziente di continuare a migliorare la propria condizione fisica. Esiste poi un’ulteriore fase: Quarta fase serve a monitorizzare e consolidare i risultati acquisiti durante le fasi precedenti RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Riabilitazione post-infarto miocardio Durata indicativa del programma di esercizio - Per i pazienti con cardiopatia ischemica a basso rischio e per gli operati di chirurgia coronarica non complicati, durata non inferiore alle 4 settimane - Per i pazienti a medio-alto rischio, durata di 4-6 settimane; per i pazienti con funzione cardiaca molto compromessa la durata del trattamento può arrivare fino a 8-12 settimane - Nei soggetti in età avanzata, la necessità di effettuare il training a bassa intensità rende necessario il prolungamento della durata del programma RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA Riabilitazione post-infarto miocardio Raccomandazioni per aumentare la sicurezza durante il programma di esercizio - Considerare più parametri della risposta allo sforzo: linearità della progressione della FC, comportamento della PA, fase di recupero dell'ECG, percezione di fatica del paziente; - Seguire l'adattamento allo sforzo nelle sessioni iniziali del programma, nelle quali il decondizionamento fisico o la difficoltà ad apprendere lo schema di esecuzione dell'esercizio può determinare un anomalo incremento di FC e di PA; - Adattare le modalità ed il tipo di esercizio alle capacità fisiche ed alle attitudini motorie del soggetto, fino ad arrivare ad una personalizzazione totale del programma; - Utilizzare il periodo di training per addestrare i pazienti all’autocontrollo del polso ed alla valutazione della percezione soggettiva della fatica; - Eliminare gradualmente la sensazione di insicurezza che deriva dalla cessazione del controllo strumentale, e facilitare l’esecuzione autonoma del programma di “mantenimento”; - Contare su uno staff (fisioterapisti, infermieri, tecnici dell’esercizio) non solo specificatamente preparati, ma anche continuamente aggiornati ed addestrati. Riabilitazione post-infarto miocardio E' stato osservato che, dopo un episodio infartuale, la riduzione del rischio cardiovascolare che si ottiene con l’attività fisica è assai simile alla riduzione apportata da alcuni farmaci ormai diffusamente utilizzati in cardiologia. Infatti la riduzione del rischio cardiovascolare da parte dell'esercizio fisico è stata valutata intorno al 25%, ed è assai vicina alla riduzione del rischio da parte dell’aspirina che è del 20%, o da parte dei beta-bloccanti che è del 20% e da parte degli ACE-inibitori che è del 15%. Scompenso cardiaco cronico Riabilitazione scompenso cardiaco cronico L’aumentata sopravvivenza di pazienti con cardiomiopatia primitiva o valvolare, la ridotta mortalità di pazienti ischemici, specie degli infartuati in fase acuta, comporta una sempre crescente prevalenza dello scompenso cardiaco cronico, anche in soggetti ancora giovani, e quindi la necessità di trovare valide soluzioni assistenziali, in termini di recupero funzionale, in tale ambito. Quindi che la riabilitazione di tipo intensivo diventa un elemento terapeutico fondamentale in caso di instabilizzazione dello scompenso o qualora ci si trovi ad effettuare una prima valutazione funzionale, specie in previsione di un eventuale inserimento in lista di trapianto, quindi sempre in pazienti in condizioni cliniche compromesse ed in età inferiore ad un massimo di 65 anni. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Vista la frequente gravità dei pazienti E le abituali necessità di ricoveri prolungati, il primo problema da affrontare in questo ambito è quindi quello organizzativo Con disponibilità di strutture riabilitative dotate di “Unità di Terapia Subintensiva” con adeguate dotazioni sia sotto il profilo delle apparecchiature che delle risorse umane. In particolare, per il personale infermieristico è importante sottolineare come esso debba essere addestrato non solo a far fronte alle necessità del paziente cronico grave, ma anche a gestire abituali situazioni di emergenza. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Valutazione funzionale e prognostica In questi pazienti il primo obiettivo nel periodo di riabilitazione intensiva è ottenere la maggiore stabilità possibile della situazione clinica; solo a questo punto potrà essere eseguita una vera e propria valutazione funzionale e prognostica atta a determinare o confermare la necessità di un inserimento in lista di trapianto ed a definire nel dettaglio il futuro programma riabilitativo e terapeutico. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Giudizio di stabilità clinica o assenza di sintomi di scompenso a riposo o assenza di peggioramento di tolleranza fisica o assenza di angina o assenza di aritmie ventricolari sintomatiche o esame obiettivo invariato rispetto al precedente controllo o peso corporeo stabile (variazioni inferiori a 3 kg) o pressione sistolica invariata e > 90mmhg o creatininemia azotemia, invariata o sodiemia > 134 meq/l o assenza di effetti collaterali da farmaci Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Fattori a significato prognostico o o o o o o o o o o o o o o Fattori di ordine clinico Fattori di ordine emodinamico Sesso Frequenza cardiaca Età Pressione arteriosa media Etiologia Rapporto massa/volume ventricolare sinistro Durata della cardiopatia Frazione d’accorciamento ecocardiografica ventricolare sinistra Stabilità clinica Frazione di eiezione ventricolare sinistra Tipo di terapia Indice cardiaco Pressione sistolica ventricolare sinistra Fattori di ordine biochimico Pressione di riempimento ventricolare sinistra o VES Indice di lavoro sistolico ventricolare sinistro o Bilirubinemia Resistenze vascolari sistemiche o ASPT Pressione atriale destra o Azotemia Pressione arteriosa polmonare media o Creatininemia Profilo emodinamico da sforzo o Natremia Frazione di eiezione ventricolare destra o Kaliemia o Differenza arterovenosa in ossigeno Fattori di ordine funzionale o Concentrazione plasmatica di norepinefrina o Classe funzionale NYHA o Attività reninica plasmatica o Tolleranza allo sforzo o Colesterolemia o Consumo di ossigeno massimale o Neopterinemia Fattori di ordine elettrofisiologico o Fibrillazione atriale o Disturbi della conduzione intraventricolare sinistra o Aritmie ventricolari complesse Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Per lo scompenso cardiaco un’importanza determinante assume il rilievo dei parametri emodinamici destri in condizioni basali ed eventualmente da sforzo. È poi raccomandabile che il test ergometrico, di tipo più graduale rispetto a quelli più frequentemente impiegati in altre patologie di interesse riabilitativo, venga eseguito con la determinazione dei parametri ventilatori per valutare il consumo massimo di ossigeno e/o la soglia anaerobica. Tali parametri sono fondamentali per definire l’urgenza di un eventuale trapianto cardiaco. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Il training fisico di questi pazienti necessita comunque di estrema cautela e competenza e sarà proposto solo a pazienti clinicamente stabili. In ogni caso devono essere accuratamente considerate le controindicazioni relative ed assolute all’esecuzione del training fisico e speciali precauzioni dovrebbero essere prese in quei pazienti nei quali lo scompenso cardiaco cronico si accompagna a scadente stato nutrizionale o a sofferenza organica multidistrettuale secondaria allo scompenso stesso. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Controindicazioni assolute e relative al training fisico o angina instabile o PAS >200 mmhg e PAD > 110 mmhg o stenosi aortica severa o malattie sistemiche in fase acuta o febbre o aritmie atriali e ventricolari non controllate o tachicardia a riposo o scompenso cardiaco congestizio o blocco A-V o pericardite o miocardite in atto o episodio embolico recente o tromboflebite o slivellamento ST a riposo > 3 mm o diabete scompensato o problemi ortopedici che non consentono l’esercizio Riabilitazione scompenso cardiaco cronico L’attività fisica può comunque già iniziare con esercizi di mobilizzazione attiva e passiva al letto anche quando la malattia è ancora in fase di instabilità, allo scopo di impedire o limitare quanto più possibile il decondizionamento muscolare. Migliorando poi le condizioni cliniche, si potrà proseguire la fisioterapia. Utile è in questa fase la semplice mobilizzazione in camera o nei corridoi del reparto e la distanza percorsa durante un periodo prefissato (test dei 6 minuti) può essere un buon parametro di riferimento per regolare il grado di Mobilizzazione. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Una volta raggiunta la stabilità emodinamica e completata la valutazione funzionale e prognostica, può essere iniziato un vero e proprio ciclo di riabilitazione fisica. Per quanto concerne la sua intensità, esso dovrebbe essere condotto in condizioni di assoluta aerobiosi e quindi al di sotto della soglia anaerobica. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico L’applicazione del training fisico nei pazienti con scompenso cardiaco cronico (Scc) può essere distinta in tre momenti: selezione dei pazienti impostazione di un programma individualizzato modalità applicative e valutative di efficacia e sicurezza Riabilitazione scompenso cardiaco cronico • Selezione dei pazienti Fase preliminare • verifica delle controindicazioni all’esecuzione di attività fisica • definizione della stabilità clinica, • grado di compromissione funzionale: classe NYHA, VO2 picco • Modalità applicative Fase di impostazione • tipo di attività fisica • durata delle sessioni di allenamento • frequenza delle sessioni di allenamento • intensità dell’attività fisica consigliata e le variazioni nel tempo • Modalità di valutazione • tempi e modalità di osservazione clinica e strumentale • tempi e modalità di verifica dell’efficacia dell’intervento e quali obiettivi considerare • criteri clinico-strumentali di esclusione o riammissione al programma di attività fisica • Modalità applicative Fase di mantenimento • definizione del tipo e dell’intensità di attività, della durata e della frequenza degli allenamenti • verifica di ipotesi di attività fisica a maggior contenuto anaerobico o contro resistenza • attività fisica controllata in strutture extraospedaliere: palestre, associazioni sportive • attività fisica domiciliare • Modalità di valutazione • tempi e modalità di osservazione clinica e strumentale • tempi e modalità di verifica dell’efficacia dell’intervento e quali obiettivi considerare • criteri clinico-strumentali di esclusione o riammissione al programma di attività fisica Riabilitazione scompenso cardiaco cronico La documentazione di stabilità clinica e la definizione obiettiva dell’autonomia funzionale sono requisiti essenziali per l’impostazione di un programma di training fisico. La fase valutativa deve essere mirata alla verifica dei sintomi e dei reperti obiettivi di instabilità emodinamica a riposo e soprattutto in esercizio: coloro che presentano la precoce comparsa di fatica e dispnea e il riscontro di terzo tono o rantoli polmonari durante esercizio devono essere esclusi e rivalutati. Il criterio di partecipazione ad un programma di training fisico è la documentazione di stabilità clinica da almeno due-tre mesi e farmacologica da uno. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Il programma di training deve essere individualizzato ed attentamente monitorizzato. L’approccio individualizzato prevede un intervento a gradini, mediante la definizione di un’appropriata modalità di esercizio, per esempio iniziando con la ginnastica respiratoria nei pazienti maggiormente dispnoici o la ginnastica muscolare passiva/ attiva al letto e successivamente la deambulazione assistita nei soggetti decondizionati. L’intervento fisico viene progressivamente modificato variando la durata dell’esercizio, successivamente la frequenza delle sedute e per ultimo l’intensità del carico di lavoro. L’incremento dell’intensità di esercizio deve essere guidato dall’osservazione clinica: si può ritenere adeguata l’intensità di lavoro se il paziente è in grado di parlare durante esercizio senza la comparsa di dispnea, se il grado di affaticamento e di dispnea riferito è inferiore al 3/10 della scala modificata di Borg, se la frequenza cardiaca è inferiore a 120 battiti al minuto, e se non compaiono toni aggiunti o rantoli polmonari durante sforzo. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Scala di Borg 6 nessuno sforzo 20% 7 estremamente leggero 30% 8 9 40% molto leggero 50% 10 11 55% leggero 60% 12 13 65% un po' pesante 70% 14 15 75% pesante 80% 16 17 85% molto pesante 90% 18 95% 19 estremamente pesante 20 massimo sforzo 100% esaurimento In questa tabella è stata messa in relazione la frequenza cardiaca con la scala di Borg; possiamo notare per esempio come il livello 16 corrisponda all'85% della FC max, frequenza cardiaca alla quale si colloca, normalmente, la soglia anaerobica Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Le sessioni di training non dovrebbero durare più di 20 minuti al giorno per tre volte la settimana. In pazienti con scompenso occorre controllare il training attraverso • ECG , • pressione arteriosa • monitorizzazione quotidiana delle condizioni cliniche fino al raggiungimento della certezza della stabilità emodinamica in un periodo di circa 10-15 giorni. Riabilitazione scompenso cardiaco cronico Attività fisica lieve giocare a biliardo 2,4 MET ballare lentamente 2,9 MET passeggiare (circa 3 km/ora) 2,5 MET scrivere 1,7 MET Attività fisica moderata nuotare lentamente 4,5 MET passeggiare (circa 6 km/ora) 4,5 MET andare in bicicletta (per svago) 3,5 MET falciare un prato (a motore) 3,0 MET Riabilitazione scompenso cardiaco cronico MWC = maximal work capacity = massima capacità lavorativa si esprime in MET (consumo miocardico di O2 Basale = 3,5 ml di O2/kg/min) Il livello minimo di attività lavorativa e’ 6 MET per un uomo di 70 kg. L’esercizio e’ allenante quando l’intensità supera il 60% del consumo massimo teorico di O2. L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica L’arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP) è una sindrome clinica legata alla riduzione della portata ematica distrettuale agli arti inferiori Il sintomo principale dell’AOCP è rappresentato dalla claudicatio intermittens, definita come un dolore crampiforme ai muscoli dell’arto inferiore (natica, coscia o gamba) che compare durante deambulazione o salendo le scale, si manifesta ogni volta al medesimo sforzo e recede prontamente con la cessazione dello stesso. La localizzazione del dolore dipende dalla sede e dall’estensione delle lesioni vascolari: le lesioni a livello femorale, popliteo o tibiale producono un dolore crampiforme a carico dei muscoli del polpaccio, mentre lesioni prossimali a livello aorto-iliaco producono sintomi a livello del gluteo, anca e coscia. L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica Il training fisico è universalmente riconosciuto come il metodo più efficace per migliorare la capacità di marcia del paziente con AOCP Effetti sul flusso ematico - Ridistribuzione favorevole del sangue tra cute e muscoli e tra i vari gruppi muscolari - Aumento della densità dei capillari (neoangiogenesi) - Aumento della vasodilatazione endotelio-dipendente - Miglioramento della reologia del sangue Effetti sul muscolo e sul metabolismo - Aumento estrazione di O2 da parte del muscolo ischemico - Aumento degli enzimi ossidativi - - Aumento dell’attività dell’ossido nitrico L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica Effetti generali - Riduzione dei fattori di rischio aterosclerotico - Miglioramento della funzione endoteliale - Riduzione dei markers di infiammazione cronica -Modificazioni nella percezione del dolore Il programma di training fisico nel paziente con AOCP viene classificato in base alle modalità con cui viene realizzato: • training fisico controllato, è il training effettuato con la supervisione di personale medico e infermieristico esperto; •termine di training fisico consigliato, è un allenamento effettuato autonomamente dal paziente su indicazione ed istruzione da parte di personale medico esperto. In tutti gli studi il training controllato ha sempre mostrato un’efficacia decisamente superiore rispetto al training fisico consigliato. L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica Training fisico controllato 3 sedute settimanali della durata di 1 ora, per un periodo di 3-6 mesi. Ciascuna sessione dovrebbe prevedere periodi di cammino sul tappeto scorrevole sino alla comparsa del dolore muscolare, il quale, non dovrebbe essere superiore al punteggio 3 o 4 di una scala strutturata da 0 (assenza di dolore) a 5 (dolore insopportabile che costringe a fermarsi). Ogni periodo di cammino dovrebbe durare 8-10 minuti circa e tra un periodo e quello successivo si dovrebbero prevedere alcuni minuti di riposo. L’Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica Training fisico consigliato anche se si tratta di un protocollo consigliato, è indispensabile che il programma di allenamento sia dato per iscritto, con precisi riferimenti alle frazioni di allenamento, agli intervalli di riposo e possibilmente supportato da un diario clinico opportunamente predisposto per l’aggiornamento da parte del paziente dei carichi lavorativi svolti. Protocolli di mantenimento al termine del periodo di training attivo, controllato o consigliato, deve seguire una fase di mantenimento a lungo termine. È stato dimostrato che i benefici ottenuti dopo 6 mesi di training fisico persistono a distanza di altri 12 mesi utilizzando un programma di esercizio fisico meno frequente. RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA GRAZIE