Caso Clinico Il paziente presentava, all’arrivo in Pronto Soccorso del centro Spoke, un quadro di EPA iperteso; all’EGA era presente una grave acidosi mista con significativo aumento dei lattati (5,3 mmol/L). Veniva iniziata la terapia medica dell’EPA con furosemide, nitrati ev, morfina e supporto ventilatorio con NIV senza alcun successo. Dopo circa 30 minuti dall’ingresso il rianimatore procedeva alla sedazione con Propofol e Succinilcolina ed all’intubazione orotracheale; la manovra era seguita da grave ipotensione (90/60 mmHg) per cui venivano sospesi i nitrati ev. Previ contatti telefonici con il laboratorio di emodinamica del centro Hub il paziente veniva trasferito in elisoccorso con diagnosi di “STEMI anteriore esordito con BBS ed EPA e complicato da shock cardiogeno”. Durante il trasferimento non sono stati somministrati inotropi o vasocostrittori. All’arrivo in sala di emodinamica il paziente presentava un chiaro quadro di shock cardiogeno, è stata iniziata terapia con noradrenalina a 0,2 gamma/Kg/m’, dobutamina a 2,5 gamma/Kg/m’ ed è stato posizionato il contropulsatore aortico (IABP). La coronarografia ha mostrato coronarie prive di stenosi. In UTIC progressiva stabilizzazione del quadro emodinamico supportato da noradrenalina 0.3 gamma/Kg/m’, dobutamina 2,5 gamma/Kg/m’ e IABP 1:1; la pressione arteriosa media (PAM) era 65 mmHg; la saturazione venosa centrale (SVc O2) 70%; la diuresi > di 200 cc/h con furosemide in infusione continua a 20 mg/h. EGA dopo stabilizzazione: pH 7.35, pO2 101, pCO2 45, HCO3 24, lattati 1.1 (ventilato in PC FiO 60%, FR 14 atti/min, PEEP 10, sPEEP 16 e sedato con propofol a 2 mg/Kg/h e remifentanil a 0,1 gamma/Kg/m.). Esami ematici: GB 16500/mm3, Hb 15.7 g/dl, creatinina 1.09 mg/dl, TnI 0,07, NT-pro-BNP 6479 pg/ml, PCR <9 mg/l, PCT 0,94 ng/ml. L’ecocardiogramma in UTIC mostrava una grave disfunzione sistolica del ventricolo sinistro con ipocinesia diffusa e dissincronia del SIV da BBS, FE 20%. Insufficienza mitralica lieve. Insufficienza aortica lieve-moderata. Ventricolo destro normale per dimensioni e funzione sistolica. Nelle successive 24 ore si osservava un progressivo miglioramento del quadro emodinamico e respiratorio e risoluzione del quadro di shock cardiogeno, la mattina successiva il paziente veniva estubato e nel pomeriggio si rimuoveva il contropulsatore aortico. Dal successivo colloquio con il paziente emergeva una storia di ipertensione arteriosa non controllata, un precedente riscontro di BBS e di ridotta funzione ventricolare sinistra con Fe 40 % già nel 2003, quando aveva eseguito anche una coronarografia con documentazione di coronarie indenni. A 48 ore dall’ingresso in UTIC e graduale svezzamento dagli inotropi e vasocostrittori si iniziava la titolazione della terapia orale. Il paziente è stato dimesso in V° giornata in terapia con furosemide 50 mg, bisoprololo 5 mg, losartan 50 mg, kanrenol 25 mg. Programmata una RMN cardiaca a 30 giorni e rivalutazione ecografica e clinica per eventuale CRT-D. Caso Clinico Discussione 1 Gli spunti per la discussione che ci offre questo caso sono molteplici. La diagnosi: in un caso come quello descritto la corretta raccolta dei dati anamnestici e l’ecocardiografia sono dirimenti per il successivo iter diagnostico e terapeutico. 2 La ventilazione non invasiva (NIV): in presenza di EPA e grave acidosi mista con aumento dei lattati (marker di ipoperfusione) si può tentare un ciclo di ventilazione non invasiva ma senza ritardare la ventilazione invasiva quando necessaria e tenendo conto del contesto in cui si opera e del successivo percorso del paziente. 3 I farmaci per la sedazione devono essere adeguati e dosati al paziente cardiopatico; il propofol è un potente vasodilatatore che può causare ipotensione e riduzione della gittata sistolica e dell’indice cardiaco. 4 Un paziente critico, in shock cardiogeno, deve essere stabilizzato prima del trasferimento; in questo caso gli inotropi e i vasocostrittori dovevano essere iniziati all’ospedale Spoke e continuati durante il trasporto. All’uso degli inotropi e vasocostrittori nello shock cardiogeno dedicheremo l’ultima parte della nostra discussione: sono un classico esempio di terapia da First Line non supportata da trial clinici randomizzati; nelle linee guida non raggiungono mai una raccomandazione di classe 1 e livello di evidenza A. L’unico trial randomizzato che confronta l’efficacia di due vasopressori nello shock è il lavoro di De Backer (NEJM 2010) in cui sono stati confrontati la dopamina al dosaggio di 20 gamma/Kg/m’ e la noradrenalina al dosaggio di 0,19 gamma/ Kg/m’ nei pazienti in shock di qualunque tipo. Dal trial è emerso che nel sottogruppo di pazienti con shock cardiogeno la dopamina era associata ad un aumento della mortalità. Questo trial ha portato ad una modifica delle linee guida europee (EHJ 2012) ed americane (JACC 2013) con la raccomandazione all’uso di noradrenalina (classe IIb) nei pazienti con STEMI e shock cardiogeno gravemente ipotesi; le linee guida americane suggeriscono un trattamento personalizzato e guidato dal monitoraggio emodinamico invasivo. Anche le linee guida tedesche raccomandano un trattamento con inotropi e vasopressori personalizzato e guidato dai parametri emodinamici (Dtsch Arztebl Int 2012). Altre esperienze raccomandano l’adrenalina come primo vasocostrittore, ma sono esclusi dallo studio i pazienti con sindrome coronarica acuta (Morici IJC 2011). La mancanza di certezze nell’uso di inotropi e vasopressori e la consapevolezza che un uso improprio o eccessivo può essere dannoso ha fatto sì che i centri a maggior volume si creassero dei protocolli locali adattati alle proprie esigenze. Discussione I punti d’incertezza rimangono: a Esiste un vasocostrittore di prima scelta per qualunque quadro eziopatogenetico che sottostà al quadro clinico ed emodinamico di shock cardiogeno? b È meglio usare più farmaci associati a basso dosaggio piuttosto che un’unica molecola ad alta dose? Nel nostro centro il trattamento medico dello shock cardiogeno è personalizzato e adattato ai parametri emodinamici; prevede il monitoraggio in continuo della pressione arteriosa cruenta, il posizionamento di un catetere venoso centrale per il monitoraggio della pressione venosa centrale e dell’SVc O2 e un monitoraggio delle resistenze periferiche e della portata cardiaca o con metodiche mini-invasive o con catetere arterioso polmonare. L’associazione di più farmaci a basso dosaggio, che può sfruttare gli effetti positivi di ognuno riducendo gli effetti avversi degli alti dosaggi, è la strategia da noi utilizzata ma non è supportata da trial clinici randomizzati. 5 L’uso del contropulsatore aortico nello shock cardiogeno: si rinvia al prossimo caso la discussione su questo argomento. Conclusioni: a bbiamo dimesso il paziente con la diagnosi di EPA e shock cardiogeno in cardiopatia ipocinetica-dilatativa. Conclusioni