Pastorale Giovanile - Regione Ecclesiastica Ligure COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA CATTOLICA “APPUNTI” a cura del Gruppo “Giovani Adulti” del Centro San Matteo 2010 Prefazione Ai partecipanti al Forum regionale di Pastorale giovanile in preparazione alla 46° Settimana sociale dei Cattolici Italiani viene offerta una “sintesi” del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, ovvero una presentazione organica dei principali argomenti che il Compendio tratta. La sintesi è frutto del lavoro di un gruppo di giovani-adulti cattolici genovesi che, con vero senso di responsabilità, hanno deciso di affrontare questo aspetto della Dottrina della Chiesa e di approfondirne la conoscenza, con la convinzione che senza una tale preparazione non è possibile per laici cattolici assumere seriamente responsabilità nella vita sociale, rimanendo fedeli al proprio patrimonio ideale. La sintesi è costituita da contributi che sono già stati pubblicati, ma che ora per la prima volta vengono raccolti assieme ed in modo organico. Con il Forum i giovani cattolici liguri, come in occasioni simili presso altre Regioni italiane, vengono sollecitati a confrontarsi con la vita sociale e politica italiana e a guardarla da protagonisti, di oggi e, forse ancor più, di domani. Forse ci si sente impreparati di fronte ad una simile richiesta e già questo può essere una buona scossa. La sintesi non pretende certo di supplire come un “Bignami” alla mancata preparazione all’esame, può però aiutare a trovare un orientamento, anche per il lavoro immediato. Soprattutto si spera che l’iniziativa possa richiamare l’attenzione sui temi della Dottrina Sociale, convincere che essa non è estranea o superflua per la nostra vita cristiana e soprattutto per la vita dei laici ai quali compete la presenza nella società e quindi invitare a passare dal testo della sintesi a quello del Compendio vero e proprio, per gustarne appieno la ricchezza. Non importa se qualcuno pensa di non essere interessato direttamente all’impegno sociale: tutti infatti, volenti o nolenti, ci troviamo interpellati a leggere gli eventi, a valutare le idee, a prendere posizioni sulle scelte che vengono 5• fatte. Dunque la riflessione è necessaria. Perché dovremmo sentirci meno autonomi o “personali” se prendiamo a riferimento la Dottrina Sociale della Chiesa, con la ricchezza di un lungo cammino alle spalle, soprattutto con la luce del Vangelo che offre la conoscenza della autentica dignità dell’uomo, secondo Cristo, che dice la “verità sull’uomo” e con l’autorità del Magistero, non nemico ma alleato del “bene comune”? Perché ci si dovrebbe sentire “condizionati” o “di parte” a confrontarci con queste pagine quando siamo pronti a confrontarci e, perché no, ad abbeverarci a tante fonti non sempre genuine? Credo che si tratti di onestà intellettuale e di coerenza non considerare con sufficienza quanto la Chiesa, con la sua saggezza, ci offre. Mi auguro davvero che questo sia uno dei frutti del nostro incontro, in modo da offrire quella carica di speranza che un giovane cattolico non può non portare in sé. Ringrazio di cuore chi ha lavorato per offrirci il sussidio che ora ho presentato ed auguro a loro e a quanti vorranno seguirne l’esempio di proseguire la loro fatica. Anche questo può far parte di una “agenda di speranza”. AlbertoTanasini Vescovo Delegato della C.E.L. per la Pastorale Giovanile •6 Introduzione Un umanesimo integrale e solidale Il primo paragrafo dell’Introduzione al Compendio è centrato sulla salvezza che investe anche questo mondo nelle realtà dell’economia e del lavoro, della tecnica e della comunicazione, della società e della politica, della comunità internazionale e dei rapporti tra le culture e tra i popoli. La Chiesa, quindi, offre agli uomini e alle donne di questo tempo la sua Dottrina Sociale, consapevole che la legge dell’Amore, contenuta nel suo annuncio di salvezza, abbraccia l’intera umanità senza limiti. Solo l’amore è capace di trasformare in modo radicale i rapporti che gli esseri umani intrattengono tra loro. Inserito in questa prospettiva, ciascun uomo di buona volontà può intravedere i vasti orizzonti della giustizia e dello sviluppo umano nella verità e nel bene. Tanti fratelli bisognosi attendono aiuto, tanti oppressi attendono giustizia, tanti disoccupati attendono un lavoro, tanti popoli attendono rispetto. Siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo, ma in una comune assunzione di responsabilità. La Dottrina Sociale della Chiesa diventa così un importante strumento di missione e di evangelizzazione perché aiuta ad interpretare la realtà di oggi offrendo anche appropriate vie per l’azione. Con questo documento la Chiesa intende offrire un contributo di verità alla questione del posto dell’uomo nella natura e nella società. Da queste risposte dipende l’orientamento che si imprime all’esistenza, alla convivenza sociale e alla storia. Quando il perché delle cose viene indagato con integralità alla ricerca della risposta ultima e più esauriente, allora la ragione umana tocca il suo vertice e si apre alla religiosità. La prima delle sfide più grandi è quella della verità stessa dell’essere uomo; una seconda sfida è posta dalla comprensione e dalla gestione del pluralismo e delle differenze a tutti i livelli; la terza sfida è la globalizzazione, che ha un significato più largo e più profondo di quello semplicemente economico, poiché nella storia si è aperta una nuova epoca, che riguarda il destino dell’umanità. Simonetta Saveri 7• Parte Prima Capitolo Primo Il disegno di Amore di Dio per l’umanità Dio dona la vita all’uomo con un atto libero e gratuito d’Amore e lo chiama ad accogliere ogni cosa come un dono che da Lui proviene e a Lui è finalizzato. Gli uomini socialmente organizzati devono essere segno visibile e strumento efficace della gratuità divina, coltivatori e custodi responsabili dei beni creati e ordinati da Dio nell’universo secondo il Suo progetto. All’uomo e alla donna, creati a Sua immagine e somiglianza, Dio richiede un’esistenza morale che è riconoscenza e omaggio al Padre, ma anche cooperazione al Suo piano nella storia. La morale universale e le regole primordiali di ogni vita sociale sono dettate dai Dieci Comandamenti. Disobbedire a Dio, significa sottrarsi al Suo sguardo d’amore, e voler gestire autonomamente l’esistenza di sé e del mondo e il proprio agire in esso. Da questo errore scaturiscono i mali che insidiano le relazioni sociali e le situazioni che attentano alla dignità della persona, alla giustizia, alla solidarietà. Il disegno d’amore del Padre per l’uomo ha il suo compimento in Gesù, il Verbo fatto carne. Egli è l’inviato del Padre nel mondo con il compito di fare partecipi tutti gli uomini della relazione filiale che li lega a Dio. Gesù si fa dunque modello ed esempio per i Suoi discepoli, ispirando il proprio agire alla medesima gratuità e misericordia del Padre, chiamandoci a vivere come Lui, in Lui e di Lui, per opera dello Spirito Santo che interiorizza nei nostri cuori il Suo stesso stile di vita. E come Gesù dona la Sua vita per noi, così noi dobbiamo donarci reciprocamente ai fratelli. Per amare il prossimo come sé stessi e perseverare in questo atteggiamento, è necessario impegnarsi per il bene di tutti e di ciascuno. Intessere, cioè, relazioni di amore, giustizia, solidarietà, con gli altri per giungere alla meta della nostra esistenza e della storia, la comunione d’amore che è Dio. La salvezza che Dio ci offre in Gesù richiede, però, la nostra libera risposta e adesione. E’ la fede, con la quale l’uomo liberamente si abbandona tutto a Dio rispondendo al Suo amore •8 con l’amore verso i fratelli e con la ferma speranza nella fedeltà di Colui che ha promesso. La salvezza di Dio, inoltre, non è offerta solo ai cristiani, ma a tutti gli uomini di buona volontà nei cui cuori opera invisibilmente la grazia, perché Cristo è morto per tutti. Tutti hanno perciò la possibilità di una vita nuova che li associ, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale attraverso una progressiva trasformazione interiore e conformazione a Cristo, presupposto essenziale di un reale rinnovamento delle relazioni con gli altri. Il rispetto e l’amore si estenderanno anche a coloro che pensano e agiscono diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e religiose, per instaurare un dialogo fondato sull’onestà e la carità. Nel cambiamento ci viene in aiuto la Chiesa con il Vangelo e le risposte della sua Dottrina Sociale, perché come Maria con il suo “fiat”, anche noi possiamo accogliere nella storia il Salvatore del mondo. Maria Giulia Grondona 9• Capitolo Secondo Missione della Chiesa e Dottrina Sociale La Chiesa, con la sua Dottrina Sociale, si rivolge a tutti gli uomini che, inseriti nella complessa rete di relazioni sociali, ricercano il bene comune. Essa non si limita a raggiungere l’uomo nella società, ma a fecondare e fermentare la società stessa con le parole del Vangelo. La Chiesa, “esperta in umanità”, ha necessità, per prendersi cura dell’uomo, di coinvolgere la società nella sua sollecitudine missionaria e salvifica, perché è proprio nella convivenza sociale che si determina la qualità della vita e, di conseguenza, le condizioni in cui ogni uomo e donna comprendono la loro vocazione e sé stessi. Evangelizzare il sociale significa infondere agli uomini la carica di senso e di liberazione del Vangelo, così da promuovere una società a misura dell’uomo perché a misura di Cristo. Tutto ciò che riguarda la comunità degli uomini non è estraneo all’evangelizzazione e questa non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell’uomo. Tra la promozione umana e l’evangelizzazione ci sono legami profondi di ordine sia antropologico e teologico che evangelico. La Chiesa con la sua Dottrina Sociale “si propone di assistere l’uomo sul cammino della salvezza”. La parola del Vangelo non solo va ascoltata ma anche messa in pratica, poiché nei suoi comportamenti il credente manifesta l’adesione alla parola con tutto il suo vissuto e le proprie responsabilità:“Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16). L’ammonimento che S. Paolo fa a sé stesso continua nella coscienza della Chiesa; essa, infatti, si sente richiamata a percorrere tutte le strade dell’evangelizzazione, non solo quelle che arrivano alle coscienze individuali, ma anche quelle che giungono alle istituzioni pubbliche; il messaggio cristiano deve essere anche capace di illuminare la presenza sulla terra e non solo orientare verso una salvezza ultraterrena. La Dottrina non nasce come un sistema organico. Essa si è formata negli anni con i vari interventi sui temi sociali del • 10 Magistero della Chiesa a partire dall’enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII. La sua natura è teologico-morale; in essa, infatti, si riflettono i tre livelli di tale disciplina: quello fondativo delle motivazioni, quello direttivo delle norme del vivere sociale, e quello deliberativo delle coscienze. Questi tre livelli definiscono anche il metodo proprio e la struttura epistemologica della Dottrina. La Dottrina Sociale Cattolica è fortemente caratterizzata dalla sua dimensione interdisciplinare. Si avvale del contributo della filosofia come strumento indispensabile ad una corretta comprensione dei concetti che sono alle sue radici (la persona, la società, la libertà, l’etica, la giustizia ecc…) e delle scienze sociali: “la conoscenza dell’uomo non si perviene con la sola teologia”. Con la Dottrina Sociale, la Chiesa si preoccupa della vita umana nella società, in cui sono in gioco la dignità, la pace e i diritti delle persone. Tale preoccupazione non é solo rivolta ai figli della Chiesa, ma ha una destinazione universale: a tutti gli uomini di buona volontà “in grado di cogliere la grande profondità umana dei significati e dei valori da essa espressi e la carica di umanità e di umanizzazione delle sue norme d’azione”. Nadia Massa 11 • Capitolo Terzo La persona umana e i suoi diritti La persona umana, nell’insegnamento cattolico, é la vera protagonista della vita sociale. All’uomo, che ha ricevuto da Dio la dignità di creatura e di persona, la Chiesa si rivolge per sostenerlo nel cammino verso la pienezza della sua vocazione più alta e nobile: l’Alleanza con Dio, Padre amorevole, che lo pone al centro ed al vertice del creato. Proprio in questo cammino quaresimale, ove la liturgia richiama l’alleanza fra Dio e l’uomo e mette in risalto il legame d’amore profondo con cui Dio richiama a sé i Suoi figli, scopriamo che anche la Dottrina Sociale della Chiesa ci suggerisce come l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, sia chiamato per grazia ad un’alleanza con il Creatore, ovvero a fornire una risposta di fede ed amore al Padre, un generoso “Eccomi!”, che nessuno può dare in sua sostituzione. Tale rapporto fra l’uomo e Dio si riflette nella dimensione sociale della natura umana. Nessuna persona può vivere davvero pienamente prescindendo dai suoi simili: Adamo manifesta tutta la sua tristezza ed insoddisfazione sino all’apparizione dell’altra creatura di Dio, la donna. Uomo e donna hanno pari dignità e valore sociale, pur nelle rispettive diversità, ed é l’immagine di Dio ad animare e riempire di significato il “noi” della coppia umana, poiché sono l’uno il completamento dell’altra. La vocazione di uomo e donna é quella di essere in relazione viva fra loro e con Dio, ma anche con le altre creature. E’ qui che si fonda il primo inviolabile diritto che Dio iscrive nel cuore dell’uomo ed esige sia rispettato: la sacralità della vita. Quando l’uomo tenta di forzare il suo limite di creatura e si insuperbisce al punto da “sfidare” Dio abusando della propria libertà, corrompe la creazione, mirabile esempio di santità e giustizia, e lascia spazio al peccato. Conseguenza del peccato é l’allontanamento da Dio, ma anche il deterioramento del rapporto con gli altri uomini: se la persona, al centro di tutte le relazioni più vive e feconde, tradisce l’alleanza con il Creatore, inevitabilmente sciupa anche tutti i frutti che da tali relazioni deriverebbero. • 12 Il tradimento del peccato apre una doppia ferita: personale e sociale. Infatti, come é vero che ogni persona é legata alle altre nel bene, così anche le conseguenze negative dei suoi tradimenti ricadono su tutti i fratelli. Questa considerazione sta alla base del richiamo continuo che la Chiesa ci propone per distoglierci dal comodo alibi di attribuire responsabilità esclusivamente personali (il peccato) a capri espiatori generali (la società, gli altri, gli insegnamenti sbagliati…). Scoprirci chiamati ad un’alleanza personale con Dio ci aiuta a smascherare gli inganni in cui spesso vogliamo indugiare e, nel contempo, ci indica che l’universalità del peccato non può né deve essere slegata dalla consapevolezza dell’universalità della salvezza cui siamo chiamati in Gesù Salvatore. La persona umana ha ricevuto in dono caratteristiche proprie che devono essere riconosciute e rispettate: la vita, l’uguaglianza nella dignità ed il rispetto di ogni singola personalità, la socialità, l’apertura alla trascendenza, la libertà. Quest’ultimo diritto fondamentale é segno altissimo dell’amore di Dio verso i Suoi figli, creati a Sua immagine anche nel diritto a scegliere. Esso non deve considerarsi limitato dalla dipendenza che l’uomo ha dal Padre in quanto figlio, né dalla consapevolezza che il potere di determinare bene e male spetta solo a Dio; anzi, il retto esercizio della libertà personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale, politico, giuridico e culturale che, se misconosciute, determinano gravi e profonde ingiustizie nella vita sociale. La libertà, infatti, è un diritto che deve essere esercitato alla luce della verità e mediante l’assunzione di generosa responsabilità. Solo così l’uomo può compiere atti moralmente buoni, costruttivi della sua personalità in pienezza, ed irradiare luce positiva nel tessuto sociale. Stefano e Enrica Lozza 13 • Capitolo Quarto I principi della Dottrina Sociale della Chiesa Si tratta di principi caratterizzati da reciprocità e complementarietà che si fondano sul primario principio della dignità della persona umana (vedi cap. 3) e “la Chiesa li indica come il primo e fondamentale parametro di riferimento per l’interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali, necessario perché vi si possono attingere i criteri di discernimento e di guida dell’agire sociale, in ogni ambito” (pgf. 161). Il principio del bene comune ci ricorda che la persona può trovare il suo compimento nel “suo essere «con» e «per» gli altri” (pgf. 165). Il suo rispetto, lo sviluppo, ed infine la pace, sono i suoi elementi fondamentali. Si tratta di consentire ad ogni soggetto di realizzare la propria vocazione, di poter agire secondo coscienza, di creare l’unità della famiglia umana. Quindi non si può parlare di bene comune come la somma dei desideri di ogni singola persona, gruppo, o società, ma come “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente” (pgf. 164). Tutti noi abbiamo la responsabilità di operare per il bene comune ed il diritto di beneficiarne, ma è compito primario della comunità politica promuoverlo e difenderlo. In vista del bene comune, la Dottrina Sociale enuncia il principio della destinazione universale dei beni. Punto centrale è che l’uomo non è padrone di questo mondo, ma deve amministrarlo per garantire libertà e dignità a tutti. Occorre quindi pensare e provvedere ai più bisognosi che sono affidati ad ognuno di noi; dare loro l’indispensabile significa compiere un dovere di giustizia più che un atto di carità. In questo contesto, la proprietà privata va intesa sia come prolungamento della libertà che come strumento per il rispetto di questo principio, come “mezzo” e non come “fine” in quanto “le ricchezze realizzano la loro funzione di servizio all’uomo quando sono destinate a produrre benefici per gli altri e la società” (pgf. 329). A seguire troviamo il principio della sussidiarietà. Tale principio • 14 sostiene che la persona in primis, la famiglia e tutte le istituzioni o associazioni alle quali le persone danno spontaneamente vita e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale, devono essere aiutate nello svolgimento dei loro compiti senza essere sostituite o addirittura assorbite da istituzioni maggiori se non quando queste non siano in grado di farcela da sole. La sussidiarietà, quindi, valorizza l’attività della persona, della famiglia e dei corpi intermedi, accresce lo spirito di libertà e di iniziativa, salvaguarda “l’equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata” (pgf. 187), responsabilizza il “cittadino nel suo «essere parte» attiva della realtà politica e sociale del Paese” (pgf. 187) introducendo il principio della partecipazione che si configura come base e come garante dell’ordinamento democratico. Infine, troviamo la solidarietà che è innanzitutto una virtù e un dovere morale da parte di chi ha di più verso i più poveri, quindi non un sentimento di compassione, ma un continuo impegnarsi per il bene comune superando ogni individualismo in una condivisione di beni materiali e soprattutto spirituali. Da soli, però, i principi non bastano e parallelamente ad essi la Dottrina Sociale individua i valori fondamentali della vita sociale che sono: verità, libertà e giustizia. La convivenza all’interno della società diventa ottimale quando è e cresce nella verità e si attua nella libertà e nella giustizia. Non si arriva alla verità senza libertà e non c’è libertà senza giustizia che a sua volta “deve subire, per così dire, una notevole correzione” (pgf. 206), per essere completata dalla carità. E’ solo attraverso la via della carita’ che, quindi, “presuppone e trascende la giustizia” (pgf. 206), che possiamo sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, risolvere un problema impellente e rimuovere quei fattori sociali che causano ogni tipo di discriminazione. Matilde Tarditi 15 • Parte Seconda Capitolo Quinto La famiglia cellula vitale della società Il nucleo familiare è la vera comunità ove può svilupparsi e fiorire la personalità umana dei suoi componenti grazie al dinamismo dell’amore che è dono gratuito, generosa cura degli altri, trasmissione dei valori morali fondamentali, sollecita e disinteressata compartecipazione alla vita reciproca. E proprio la vita, frutto d’amore, è il valore che la famiglia ha il compito di proteggere, sostenere e donare. Infatti, nella procreazione, si rivela tutta la dignità della creatura umana, chiamata a farsi interprete della bontà e della fecondità che discendono da Dio. Ogni bambino è, in sé stesso, particella di bene comune, che fa dono di sé ai genitori, ai fratelli, e a tutta la comunità. La vita genera, poi, anche un vincolo d’amore e solidarietà che unisce le famiglie, le generazioni, e sta, quindi, alla base della collettività, perché la fecondità dell’amore familiare passa anche attraverso la cura e l’accoglienza generosa ed amorevole di tutti i suoi membri (anziani, malati, lontani…). Rispettare e proteggere la vita come frutto di un atto umano di piena e totale donazione fra i coniugi porta a rifiutare tutte le tecniche (sia abortive che riproduttive) che possano svilire o umiliare la persona umana nella sua più alta dignità. La famiglia è, dunque, un’istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone ed é “missionaria” perché vi si compia il nostro “apprendistato delle responsabilità sociali e della solidarietà”. Le forze disgregatrici che vorrebbero minare la famiglia o negarle il ruolo di centro di amore ed accoglienza stabile sono molte, nella nostra società, e sembrano voler svilire il coraggio di prendere decisioni definitive, di assumersi l’impegno d’amore vicendevole per tutta la vita, per privilegiare il raggiungimento del proprio momentaneo piacere, la realizzazione dei propri desideri fine a sé stessi. Ma l’amore, nel suo autentico significato, implica un dono di sé gratuito e totale ed una • 16 generosa dedizione all’altro di cui si cerca il vero bene, la vera felicità. Voler seguire Gesù nel Suo esempio d’amore ci chiama a combattere ogni nostro egoismo per andare incontro all’altro senza riserve né chiusure o calcoli! La Chiesa ci aiuta a non lasciarci sedurre dalle sirene del relativismo o dell’annullamento di ogni speranza di bene e stabilità richiamandoci al valore della famiglia come santuario d’amore reciproco, di solidarietà e di vita. Naturalmente, però, da “madre attenta e sollecita”, la Chiesa non dimentica né mai abbandona chi, per i più svariati motivi, avesse seguito rotte diverse, e non cessa di richiamare a sé chi voglia trovare la vera gioia nel ritornare sulla via del Signore che dà la vita. Teresa Finelli e Enrica Mezzani 17 • Capitolo Sesto Il lavoro umano Dio Creatore plasma l’uomo a Sua immagine e lo invita a lavorare la terra e a custodire il giardino dell’Eden in cui lo ha posto. Così, nella Genesi, è già chiaro il compito sociale e socializzante del lavoro dell’uomo: coltivare e custodire per sé e per gli altri. La singola persona, infatti, è inserita nella società che ha necessità del lavoro per la sua crescita, dal momento che è da questo condizionata nel proprio sviluppo economico, culturale e morale. “Il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo” (pfg. 287), necessario per esprimere la personale dignità umana (come ampiamente evidenziato nell’enciclica “Rerum novarum”), per “formare e mantenere una famiglia, per avere diritto alla proprietà, per contribuire al bene comune della famiglia umana”. Vi è quindi in esso una forte dimensione soggettiva (lo sviluppo della persona) che deve consapevolmente prevalere su quella oggettiva (la mera attività) per impedire che “l’attività lavorativa e le stesse tecniche utilizzate diventino più importanti dell’uomo stesso” (pfg. 271). Ma il lavoro è anche “un obbligo cioè un dovere dell’uomo” (pfg. 274): dal punto di vista morale siamo infatti in relazione con il prossimo inteso come famiglia, società, nazione, o genere umano e quindi autori del futuro delle generazioni che verranno. Per difenderlo di fronte agli attuali cambiamenti dell’economia mondiale diventa indispensabile consolidare le rappresentanze sindacali, l’associazionismo, la tutela dei lavoratori a favore di una giusta retribuzione, della previdenza, delle pari opportunità e di adeguati ammortizzatori sociali. Oggi il lavoro manca (disoccupazione), è precario (ne fanno le spese i giovani che hanno difficoltà nell’organizzare il proprio futuro), è “nascosto” (il lavoro nero che spesso coinvolge minori o immigrati, possibili oggetto di sfruttamento e infortuni), o è addirittura sovrainvestito (per alcuni cresce l’orario di lavoro che talvolta sacrifica il riposo e la domenica). Il credente trova forti provocazioni nel suo rapporto con il tempo, l’attività del lavoro e il riposo; essendo condizionato dai cambiamenti sociali in • 18 atto (mobilità e organizzazione lavorativa), si svilisce il rapporto tra lavoro e festa, mentre occorre favorire la conciliazione tra i tempi lavorativi e quelli dedicati alle relazioni umane e familiari. Il riposo dunque, contro “l’asservimento al lavoro, volontario o imposto”, e la festa, il giorno del Signore, che permetta di ricordare le opere di Dio aprendoci alla “prospettiva di una libertà più piena” (pfg. 258). Sono quindi necessarie nuove regole per l’economia che possano interpretare la globalizzazione e la transizione in atto favorendo la crescita del lavoro senza sacrificare gli aspetti fondamentali della vita dell’uomo (la formazione, l’educazione, la famiglia, la capacità di intraprendere, la festa). Occorre cogliere i nuovi stimoli che si presentano e sviluppare la capacità di sperimentare e pensare in modo creativo a nuove riorganizzazioni ricordando che i mutamenti in atto non avvengono in modo deterministico ma è sempre l’uomo il vero protagonista. Solidarietà e responsabilità sono uno sforzo necessario da parte di tutti per superare gli interessi particolaristici: “Gli aspetti negativi della globalizzazione del lavoro non devono mortificare le possibilità che si sono aperte per tutti di dare espressione ad un umanesimo del lavoro a livello planetario (…) affinché (…) l’uomo capisca sempre di più la sua vocazione unitaria e solidale” (pfg. 322). Enrica Avena e Sauro Donati 19 • Capitolo Settimo La vita economica Nell’Antico Testamento la ricchezza, quando non è lusso, è vista positivamente come una benedizione di Dio e la povertà, al contrario, se interpretata come conseguenza dell’ozio, in senso negativo. Ciò che viene con vigore condannato non è quindi l’abbondanza in sé stessa, quanto il suo cattivo uso. I beni, infatti, sono e rimangono proprietà di Dio. Si parla di relatività dei beni economici, poiché il ricco ha il dovere di amministrare correttamente i beni che Dio gli ha dato e la povertà assume un valore morale quando l’uomo si rende con umiltà disponibile ed aperto verso Dio, quando ha fiducia in Lui. Gesù conferma questa visione. L’uomo, liberato dal peccato, ha un preciso dovere nel cercare di aiutare i poveri a riscattarsi dalla loro posizione di povertà materiale, compiendo in questo modo un’opera di giustizia verso sé stesso e verso gli altri. L’attività economica ed il progresso materiale devono essere messi al servizio dell’uomo e della società. L’economia va letta come strumento per la crescita anche materiale dell’uomo, per un miglioramento della qualità di vita. L’economia e la morale, ciascuna nel proprio ambito, pur appoggiandosi su principi propri, sono strettamente connesse l’una all’altra, esiste una connessione di reciprocità importante tra le due. Anche nell’attività economica, infatti, occorre promuovere ed onorare la dignità della persona umana poiché l’uomo è l’autore, il centro ed il fine di tutta la vita economicosociale e il fine dell’economia non sta nell’economia stessa, quanto nella sua destinazione umana e sociale. Seguire le leggi della morale in campo economico è doveroso, poiché tutti devono lavorare al meglio onde evitare sprechi di risorse ed il perseguimento del profitto non è condannato nella misura in cui non diviene l’unico indicatore del processo produttivo. Gli imprenditori e i dirigenti – principali attori dello scenario economico - non dovranno mai dimenticare l’esistenza, accanto agli obiettivi più che legittimi di efficienza economica, di quegli • 20 obiettivi socio-morali imprescindibilmente legati al rispetto della dignità umana. L’utile individuale non deve mai diventare l’unico obiettivo, in quanto, accanto ad esso, ne esiste un altro altrettanto fondamentale e superiore, quello dell’utilità sociale. L’idea che si possa affidare al solo mercato la fornitura di tutte le categorie di beni non è condivisibile, perché basata su una visione riduttiva della persona e della società. L’economia deve essere in grado di permettere la fruizione sia di beni disponibili che di beni indisponibili connaturati alla natura umana. Per la Dottrina Sociale, l’economia è solo un aspetto ed una dimensione della complessa attività umana. Se essa è assolutizzata, se la produzione ed il consumo delle merci finiscono con l’occupare il centro della vita sociale e diventano l’unico valore della società, non subordinato ad alcun altro, la causa va ricercata non solo e non tanto nel sistema economico stesso, quanto nel fatto che l’intero sistema socio-culturale, ignorando la dimensione etica e religiosa, si è indebolito e ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei servizi. La vita dell’uomo, al pari di quella sociale della collettività, non può essere ridotta ad una dimensione materialistica anche se i beni materiali sono estremamente necessari sia ai fini della pura sopravvivenza, sia per il miglioramento del tenore di vita: «alla base di ogni sviluppo completo della società umana sta la crescita del senso di Dio e della conoscenza di sé». Aldo Canepa e Federica De Guglielmi 21 • Capitolo Ottavo La comunità politica Nell’ottavo capitolo viene affrontato con chiarezza uno degli aspetti a fondamento della Dottrina Sociale della Chiesa: il rapporto dei credenti con e nella comunità politica. Nella Bibbia il prototipo del re scelto è Davide, un re che, nella fedeltà a Jahvé, governa con saggezza ed opera la giustizia. Nei Vangeli Gesù, pur rifiutando il potere oppressivo e dispotico dei capi sulle nazioni, non contesta mai direttamente le autorità del Suo tempo. San Paolo, infine, definendo i rapporti e i doveri dei cristiani verso le autorità, insiste sul dovere dell’obbedienza nei confronti di queste che fanno rispettare la giustizia assicurando il bene comune ed esortando la preghiera per i governanti. E’ la persona umana il fondamento ed il fine della comunità politica. Quest’ultima, infatti, scaturisce dalla convivenza dei singoli in un popolo caratterizzato, in un primo luogo, dalla condivisione di vita e di valori che è fonte di comunione a livello spirituale e morale. Bisogna quindi adoperarsi, innanzitutto, per il riconoscimento e il rispetto della dignità della persona umana mediante la tutela e la promozione dei suoi diritti fondamentali e inalienabili. La comunità politica persegue il bene comune operando per la creazione di un ambiente umano in cui ai cittadini sia offerta la possibilità di un reale esercizio dei diritti umani e di un pieno adempimento dei relativi doveri a piena realizzazione del bene comune. E’ giusto quindi richiedere che la comunità politica sviluppi, nell’ambito dei diritti umani, una duplice e complementare azione di difesa e di promozione. Si deve, però, evitare che, attraverso la preferenza data alla tutela dei diritti di alcuni, si creino posizioni di privilegio. L’obiettivo che i credenti devono porsi è la realizzazione di rapporti comunitari fra le persone, conferendo il massimo rilievo al valore della comunità sia come modello organizzativo della convivenza, sia come stile di vita quotidiana. L’autorità politica è lo strumento di coordinamento e di direzione mediante il quale i singoli si devono orientare verso un ordine le cui relazioni, istituzioni e procedure siano al servizio • 22 della crescita umana integrale. Oggetto dell’autorità politica è il popolo che, in varie forme, trasferisce l’esercizio della sua sovranità a coloro che liberamente elegge suoi rappresentanti ed obiettivo della stessa è quello di emanare leggi giuste, cioè conformi alla dignità della persona umana. Per la Dottrina Sociale, il singolo cittadino non deve, in coscienza, seguire le prescrizioni delle autorità civili contrarie alla legge naturale o agli insegnamenti del Vangelo; essa indica anzi come grave non prestare collaborazione a tali prescrizioni. Nell’enciclica “Centesimus annus” viene espresso ampio apprezzamento per il sistema democratico, in quanto questo assicura ampia partecipazione alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere che di controllare i propri governanti. Agli eletti viene chiesto di impegnarsi nella ricerca e nell’attuazione di ciò che può giovare al buon andamento della convivenza civile non sottovalutando la dimensione morale del loro compito di rappresentanza. Ai partiti politici viene dato il compito di favorire una partecipazione diffusa e l’accesso di tutti a pubbliche responsabilità. Grande attenzione deve essere data all’informazione ed ai mass media che sono tra i principali strumenti di partecipazione democratica. Infine, viene richiesto al sistema democratico di impegnarsi per la tutela e promozione della libertà religiosa che è uno dei diritti umani fondamentali. Viene auspicata una stretta collaborazione tra Chiesa Cattolica e comunità politica partendo dal presupposto del reciproco riconoscimento ed autonomia. La Chiesa e la comunità politica possono svolgere il loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe allacciano tra loro una sana collaborazione. Maurizio Casalegno 23 • Capitolo Nono La comunità internazionale Il concetto di comunità internazionale nella Dottrina Sociale della Chiesa fa riferimento diretto a quello di famiglia umana: i popoli della terra sono membri di un’unica famiglia che opera per la realizzazione del bene comune, esattamente come avviene nell’ambito familiare e nazionale. Tutti gli uomini sono quindi accomunati dal fatto di essere creature divine, con le quali Dio, dai tempi di Adamo, ha rinnovato la Sua Alleanza, fino a donare il Suo Figlio quale “testimonianza definitiva di amore” manifestata nella Croce. E proprio nella Croce si realizza l’abbattimento di tutte le barriere di inimicizia: alla luce di Cristo tutta la famiglia umana è unita e tale unità va perseguita non con la forza delle armi, ma secondo principi di verità, giustizia, solidarietà e libertà. La dimensione internazionale della Chiesa, d’altra parte, si manifesta chiaramente attraverso il dono dello Spirito, che dal giorno di Pentecoste ha reso possibile l’annuncio della Resurrezione ai diversi popoli che l’hanno compreso ciascuno nella propria lingua. Per garantire l’ordine internazionale, il rapporto tra le nazioni deve essere regolato dalla stessa legge morale che regge la vita degli uomini. Si tratta di quel diritto naturale che sancisce principi universali anteriori e superiori al diritto interno degli stati ovvero: l’unità del genere umano, l’uguaglianza in dignità di ogni popolo, il rifiuto della guerra, l’obbligazione di cooperare per il bene comune, l’esigenza di tenere fede agli impegni sottoscritti. Il Magistero della Chiesa riconosce poi, quali strumenti della legalità internazionale, la trattativa, il negoziato, l’arbitrato. La Dottrina Sociale si sofferma sul concetto di sovranità nazionale, che deve essere salvaguardata e garantita come espressione di libertà dei popoli; tuttavia, per la convivenza pacifica tra gli stati, si rende necessaria un’autorità politica “regolata dal diritto, ordinata al bene comune e rispettosa del principio di sussidiarietà”. Suo compito sarà quindi agire per • 24 garantire alle singole comunità politiche lo spazio di azione loro proprio. Per questo motivo, “la Dottrina Sociale considera positivamente il ruolo delle organizzazioni inter-governative”, nate con l’obiettivo di perseguire la pace e l’uguaglianza tra i popoli, anche e soprattutto nell’attuale era della globalizzazione. Sottosviluppo, cooperazione e lotta alla povertà sono i temi scottanti di cui il Magistero della Chiesa invita ad occuparsi “con determinazione ferma e perseverante”, in quanto lo sviluppo è, prima di tutto, un diritto che deve essere garantito alle persone. E dalle persone bisogna partire per combattere il sottosviluppo: l’accesso equo al mercato internazionale, infatti, si ottiene puntando alla valorizzazione delle risorse umane. Sottosviluppo e povertà vanno affrontati riaffermando i principi della solidarietà e della sussidiarietà. In ogni caso, ai poveri si deve guardare “non come ad un problema” – dice la Chiesa – “ma come a coloro che possono diventare soggetti protagonisti di un futuro nuovo e più umano per tutto il mondo”. Federica Gallamini 25 • Capitolo Decimo Salvaguardare l’ambiente La Sacra Scrittura si apre con il libro della Genesi, ove troviamo la storia della creazione del mondo. Per ogni elemento creato, Dio “vide che era cosa buona”. Dio affida all’uomo la responsabilità di tutto il creato, il compito di tutelarne l’integrità, l’armonia e lo sviluppo: il cristiano è perciò chiamato a sapersi avvalere del mondo e delle sue risorse quale opera dell’azione creatrice di Dio, in condivisione e fraternità. Il mandato che l’uomo ha ricevuto è, dunque, quello di governare il mondo e quanto esso contiene in santità e giustizia: la scienza e la tecnica, espressione del progresso dell’intelligenza dell’uomo, sono, pertanto, estremamente apprezzate dalla Chiesa. Tuttavia, il meraviglioso prodotto dell’intelligenza e del progresso umano non é neutro; talvolta accade che sviluppo tecnologico e scientifico vengano indiscriminatamente manipolati da ideologie egoistiche che cercano di insinuare l’idea che l’uomo ed il creato non abbiano alcuna relazione con Dio, e possano, o debbano, prescinderne. Dimenticandoci di essere creature del Padre, che ci ha donato il mondo perché ne facessimo un uso giusto e lo condividessimo, rischiamo di amministrare in modo sconsiderato le risorse naturali, con la conseguenza di tramandare anche alle generazioni future un mondo sempre più povero e sofferente. Ciò che deve orientarci è, dunque, il principio di destinazione universale dei beni: esiste, infatti, uno stretto legame tra sviluppo dei paesi più poveri ed un uso sostenibile dell’ambiente, ed ogni sforzo del cristiano deve mirare ad una equa ripartizione dei beni e delle risorse. I gravi problemi ecologici ed economici attuali ci chiedono un effettivo cambiamento di mentalità, che ci induca ad adottare nuovi stili di vita più sobri, responsabili e consapevoli. Stefano Lozza • 26 Capitolo Undicesimo Promuovere la pace La Creazione come riflesso della gloria divina non può che aspirare alla pace, il creato è “un insieme armonico, buono in ogni sua parte”. La pace è sia un dono di Dio che un progetto umano conforme al disegno divino, ma l’uomo con il suo atto volontario di alterare l’ordine divino fa conoscere al mondo, nei rapporti sociali e interpersonali, la divisione e la violenza. Nell’Antico Testamento ricorre con insistenza la promessa di pace, che si manifesta nella persona di Gesù: “Egli (…) ha abbattuto il muro divisorio dell’inimicizia tra gli uomini riconciliandoli con Dio” (S. Paolo Ef 2,14-16). La pace è il bene messianico per eccellenza in cui vengono compresi tutti gli altri beni salvifici. Tale valore si deve estendere nelle varie forme di aggregazione, nelle famiglie, fino a coinvolgere l’intera comunità politica. La Chiesa, con la convinzione della fede in Cristo e con piena consapevolezza della sua missione, afferma infatti, nella sua Dottrina Sociale, che la violenza come soluzione ai problemi è inaccettabile e che la violenza è indegna nell’uomo. Uno dei più grandi fallimenti della pace si manifesta nella guerra, definita “il fallimento di ogni autentico umanesimo”, “una sconfitta dell’umanità”. Con tali affermazioni è evidente che un conflitto armato non causa solo danni materiali, ma anche morali. Spesso le cause che stanno all’origine di un conflitto bellico sono legate a situazioni di miseria, di ingiustizia, di sfruttamento. La parola “sviluppo” può essere usata come sinonimo di pace: “come esiste la responsabilità collettiva di evitare la guerra , così esiste la responsabilità collettiva di promuovere lo sviluppo”. Nel tragico caso in cui uno stato venga aggredito, i suoi responsabili hanno il diritto di organizzare la difesa anche con l’uso delle armi; l’uso della forza per essere lecito deve rispondere a rigorose condizioni: “il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; (…) tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; (…) ci siano fondate 27 • condizioni di successo; (…) il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi da eliminare”. La legittima difesa giustifica l’esistenza negli stati delle forze armate, la cui azione deve essere posta al servizio della pace; ogni persona che presta servizio nelle forze armate è chiamata a difendere il bene, la verità, e la giustizia nel mondo. La meta della Dottrina Sociale Cattolica è “disarmo generale, equilibrato e controllato”; l’aumento incontrollato delle armi rappresenta, infatti, una grave minaccia alla pace. Il principio in virtù del quale uno stato deve possedere unicamente i mezzi necessari per la sua legittima difesa deve essere applicato a tutti gli stati poiché l’accumulo di armi e il loro commercio non sono giustificati moralmente. Va, inoltre, denunciato con forza l’utilizzo di bambini e adolescenti-soldato, ovvero bambini cui viene rubata l’infanzia per essere addestrati ad uccidere: “bisogna fornire tutto l’aiuto possibile per la cura, l’educazione e la riabilitazione di coloro che sono stati coinvolti nei combattimenti. La Chiesa “lotta” per la pace attraverso la preghiera, essa “apre il cuore non solo ad un profondo rapporto con Dio, ma anche all’incontro con il prossimo all’insegna del rispetto, della fiducia, della comprensione, della stima e dell’amore”. Nadia Massa • 28 Capitolo Dodicesimo Dottrina Sociale e azione ecclesiale La Chiesa, con la sua Dottrina Sociale, offre una visione integrale ed una piena comprensione dell’uomo nella sua dimensione personale e sociale. La “nuova evangelizzazione” di cui il mondo moderno ha urgente necessità, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della Dottrina Sociale della Chiesa. Il messaggio sociale del Vangelo deve orientare la Chiesa a svolgere un duplice compito pastorale: aiutare gli uomini a scoprire la verità e a scegliere la via da seguire; incoraggiare l’impegno dei cristiani a testimoniare, con sollecitudine di servizio, il Vangelo in campo sociale. Il bisogno di una nuova evangelizzazione fa comprendere alla Chiesa “che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna”. L’azione pastorale della Chiesa in ambito sociale deve testimoniare anzitutto la verità sull’uomo. Dall’esigenza di promuovere l’integrale identità dell’uomo ed il principio fondamentale della sua centralità, scaturisce la proposta di quei grandi valori che presiedono ad una convivenza ordinata e feconda: verità, giustizia, amore, libertà. La Dottrina Sociale è un punto di riferimento indispensabile per una formazione cristiana completa. Il primo livello dell’opera formativa rivolta ai cristiani laici deve renderli capaci di affrontare efficacemente i compiti quotidiani negli ambiti culturali, sociali, economici e politici, sviluppando in loro il senso del dovere praticato al servizio del bene comune. Un secondo livello riguarda la formazione della coscienza politica per preparare i cristiani laici all’esercizio del potere politico: “Coloro che sono o possono diventare idonei per la carriera politica, difficile ma insieme nobilissima, vi si preparino e cerchino di seguirla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale”. Non meno rilevante deve essere l’impegno ad utilizzare la Dottrina Sociale nella formazione dei presbiteri e dei candidati 29 • al sacerdozio. La Dottrina Sociale è, infatti, un efficace strumento di dialogo e collaborazione. I fedeli laici devono fortificare la loro vita spirituale e morale maturando le competenze richieste per lo svolgimento dei propri doveri sociali. La presenza del fedele laico in campo sociale è caratterizzata dal servizio, segno ed espressione della carità: il servizio alla persona umana (dignità come inviolabile diritto alla vita, come riconoscimento della dimensione religiosa; diritto alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa ed impegno a difendere il matrimonio e la famiglia), il servizio alla cultura (dimensione etica della cultura; impegno per l’educazione e la formazione; questione essenziale della verità) il servizio all’economia (dignità dell’uomo e dei popoli; le legittime esigenze dell’efficienza economica armonizzate con quelle della partecipazione politica e della giustizia sociale), il servizio alla politica. L’impegno politico dei cattolici è spesso messo in relazione alla laicità, ossia la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa. Tale distinzione “è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto”. La dottrina morale cattolica, tuttavia, esclude nettamente la prospettiva di una laicità intesa come autonomia dalla legge morale: «La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una». Cercare sinceramente la verità, promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale – la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona – è diritto e dovere di tutti i membri di una comunità sociale e politica. Simonetta Saveri • 30 Conclusione Per una civiltà dell’amore Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, dopo l’ultimo capitolo, c’è una conclusione dal titolo “Per una civiltà dell’amore”. Essa dapprima mette a fuoco in che cosa possa essere d’aiuto la Chiesa riguardo al bisogno di fondo dell’uomo contemporaneo, poi mette in luce tre dimensioni basandosi sulle tre virtù teologali: la fede, la speranza e la carità. Veniamo al primo punto. Il Compendio nota come “un nuovo bisogno di senso” sia diffusamente avvertito e vissuto nella nostra società contemporanea. Senza la risposta alla domanda di senso è vano il progettare nell’ambito della società. Il Compendio rileva in modo molto acuto che, a fronte di una società che sembra proporre una sorta di “paradiso terrestre” come obiettivo dei suoi cittadini, si nota come le società in cui il tenore di vita è più alto siano quelle che maggiormente rivelano un crescente senso di soddisfazione. Questo fa volgere lo sguardo in una direzione differente e fa capire che la Chiesa ha qualcosa da dare all’uomo di oggi. Infatti, il Concilio Vaticano II ha detto che la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo consiste nell’aiutare ogni essere umano a scoprire in Dio il significato ultimo della sua esistenza: “soltanto Dio […] può offrire agli interrogativi umani più radicali una risposta pienamente adeguata”. A questo punto ci sono tre piste teologali: la prima è “ripartire dalla fede in Cristo”. Perché dalla fede? Perché “la dimensione teologica risulta necessaria sia per interpretare che per risolvere gli attuali problemi della convivenza umana”. Infatti, in molti problemi dell’umanità ci sono delle cause culturali “collegate cioè con visioni dell’uomo, della società e del mondo. In realtà, al cuore della questione culturale sta il senso morale, che a sua volta si fonda e si compie nel senso religioso”. Il Compendio ci ricorda che saremo salvati non da una qualche formula magica, ma da una Persona, Cristo, e ci rammenta la certezza che Egli ci infonde quando ci dice: “Io sono con voi tutti i giorni!”. In questa prospettiva, seconda pista teologale, “la Chiesa insegna all’uomo che Dio gli offre la reale possibilità di superare il male e di raggiungere il bene”, da cui la speranza. 31 • Il mondo non resta chiuso in sé stesso, ma è aperto al Regno di Dio. La speranza cristiana imprime un grande slancio all’impegno in campo sociale, infondendo fiducia nella possibilità di costruire un mondo migliore. Si arriva, così, alla terza pista: quella della carità, che dà il nome alle conclusioni: “Costruire la «civiltà dell’amore»”. E qui il Compendio fa un piccolo riassunto: “Finalità immediata della Dottrina Sociale è quella di proporre i principi e i valori che possono sorreggere una società degna dell’uomo. Tra questi principi, quello della solidarietà in qualche misura comprende tutti gli altri: esso costituisce «uno dei principi basilari della concezione cristiana dell’organizzazione sociale e politica»”. Tale principio viene illuminato dal primato della carità che è il segno distintivo dei discepoli di Cristo: il comportamento della persona è pienamente umano quando nasce dall’amore, manifesta l’amore ed è ordinato all’amore. Il Compendio ricorda che l’amore deve essere presente e penetrare tutti i rapporti sociali. Non solo. Bisogna anche rivalutare l’amore nella vita sociale – a livello politico, economico, culturale – facendone la norma costante e suprema dell’agire. Infatti, il cristiano sa che l’amore è il motivo per cui Dio entra in rapporto con l’uomo. Il Compendio sottolinea, infine, che “solo la carità può cambiare completamente l’uomo”. E lo fa non con una spiritualità disincarnata, ma calata nella realtà terrena. Il testo conclude con una citazione di S. Teresa del Bambino Gesù: “Alla sera di questa vita comparirò davanti a Te con le mani vuote; infatti non ti chiedo, o Signore, di tener conto delle mie opere. Tutte le nostre giustizie non sono senza macchie ai tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore l’eterno possesso di te stesso”. Con questo gli articoli del “Gruppo Giovani-Adulti” del Centro San Matteo giungono al termine. Speriamo di avere fatto cosa gradita presentando il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e di aver fatto venire la voglia a qualcuno di leggerlo, perché merita! Don Guido Gallese • 32 Indice Prefazione AlbertoTanasini pag. 3 Vescovo Delegato della C.E.L. per la Pastorale Giovanile Introduzione Un umanesimo integrale e solidale pag. 5 Simonetta Saveri Parte Prima • Capitolo Primo Il disegno di Amore di Dio per l’umanità pag. 6 Maria Giulia Grondona • Capitolo Secondo Missione della Chiesa e Dottrina Sociale pag. 8 Nadia Massa • Capitolo Terzo La persona umana e i suoi diritti pag. 10 Stefano e Enrica Lozza • Capitolo Quarto I principi della Dottrina Sociale della Chiesa pag. 12 Matilde Tarditi Parte Seconda • Capitolo Quinto La famiglia cellula vitale della società pag. 14 Teresa Finelli e Enrica Mezzani • Capitolo Sesto Il lavoro umano pag. 16 Enrica Avena e Sauro Donati • Capitolo Settimo La vita economica pag. 18 Aldo Canepa e Federica De Guglielmi • Capitolo Ottavo La comunità politica Maurizio Casalegno pag. 20 • Capitolo Nono La comunità internazionale pag. 22 Federica Gallamini • Capitolo Decimo Salvaguardare l’ambiente pag. 24 Stefano Lozza • Capitolo Undicesimo Promuovere la pace pag. 25 Nadia Massa • Capitolo Dodicesimo Dottrina Sociale e azione ecclesiale pag. 27 Simonetta Saveri Conclusione Per una civiltà dell’amore Don Guido Gallese Finito di stampare nel mese di gennaio 2010 pag. 29