Orientamenti Per comprendere il carisma di un fondatore. Passione per la Chiesa e per l’umanità o, o. m .i. di Sa nt in o Bi si gn an I religiosi sono chiamati a coniugare quattro verbi per essere fedeli al proprio carisma: trasmettere, vivere, custodire, approfondire. L’esperienza dello Spirito P er comprendere il carisma di un fonda� tore e l’“esperienza dello Spirito” che lo caratterizza con la sua famiglia di consa� crati, dobbiamo sempre partire dalla Chiesa, la diletta Sposa di Cristo, e dalla sua missio� ne nel mondo. La Chiesa è “essenzialmen� te mistero di comunione, popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (san Cipriano); si configura “come una comunione ‘organica’, analoga a quella di un corpo vivo e operante: essa, infatti, è caratterizzata dalla compresenza della diversità e della complementarietà delle vocazioni e condizioni di vita, dei ministeri, dei carismi e delle responsabilità” (Chistifideles Laici, 20). Lo Spirito, viene fatto notare, è il principio dinamico della varietà e dell’unità nella e della Chiesa. “Lo Spirito Santo mentre affida alla Chiesa-Comunione i diversi ministeri, l’arricchisce di altri particolari doni e impulsi, chiamati carismi. Possono assumere le forme più diverse, sia come espressione dell’asso� luta libertà dello Spirito che li elargisce, sia come risposta alle esigenze molteplici della storia della Chiesa” (ChL, 24). I ministeri e i carismi sono, pertanto, doni dello Spirito Santo e vengono elargiti per l’edificazione del Corpo di Cristo e per la sua missione di salvezza nel mondo, cioè “sono grazie dello n. 6 / Novembre-Dicembre 2012 Spirito ordinate all’edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mon� do” (ibid.). Questi dati illuminano il motivo dell’intervento lungo la storia di Cristo Signo� re, che è il Pastore e il Capo della Chiesa: “I doni, immessi dallo Spirito, sono precisamen� te voluti da Cristo e per loro natura diretti alla compagine del corpo, per vivificarne le funzioni e le attività” (Mutuae Relationes, 5). In questa luce va visto ogni fondatore con la sua famiglia di consacrati e il moltipli� carsi dei doni dello Spirito lungo i cammini del popolo di Dio e dell’umanità. Se si perde questa visione e ci si ritrae, di fatto, dal suo contesto naturale – la Chiesa e il mondo –, ogni Istituto si avvia verso il deterioramento per la chiusura in se stesso e si imprigiona nel� le proprie opere, nonostante gli stimoli e gli appelli, le sofferenze e i bisogni presenti nella società. “Ogni istituto è nato per la Chiesa ed è tenuto ad arricchirla con le proprie caratte� ristiche secondo un particolare spirito e una missione specifica” (MR, 14b). Vi è un ulteriore aspetto da avere presente; riguarda l’identità cristologica della vita con� sacrata. Viene definita “memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli. Essa è vivente tradizione della vita e del messag� gio del Salvatore” (VC, 22). Questa descrizione richiama la Lumen gentium nella quale viene 11 Orientamenti Il succedersi dei carismi della Vita consacrata [...], può dunque essere letto come un dispiegarsi di Cristo nei secoli, come un Vangelo vivo che si attualizza in sempre nuove forme. detto che “lo stato religioso più fedelmente imi� ta e continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo per fare la volontà del Padre e che propose ai discepoli che lo seguivano” (LG, 44). Giovanni Paolo II afferma che è Cristo stes� so a inaugurare questo genere di vita che, sotto l’azione dello Spirito, si svilupperà gradualmente lungo i secoli nelle varie forme di vita consacrata (VC, 29). Afferma inoltre che, nella sua realizza� zione storica, nasce dalla contemplazione di Cri� sto Crocifisso (VC, 23), nella immersione cioè nel mistero pasquale che è pienezza e rivelazione dell’amore del Padre che ha mandato il Figlio suo unigenito per salvare il mondo (cf. Gv 3, 16-17). Ogni carisma di vita consacrata pertanto è, nella sua forma storica, una manifestazione vivente, per opera dello Spirito, del mistero di Cristo e di un suo particolare, di Cristo cioè “o mentre egli contempla sul monte, o annunzia il regno di Dio alle turbe, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori, o benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, sempre obbediente alla volontà del Padre che lo ha mandato” (LG, 46). Benedetto XVI offre una visione della vita consacrata che mostra la bellezza delle sue ori� gini, la fecondità della Parola, la sua funzione: “È stato lo Spirito Santo – ricorda l’Istruzione Ripartire da Cristo – ad illuminare di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni Regola vuole essere espressione” (n. 24). Ed in effetti, lo Spirito Santo attira alcune persone a vivere il Vangelo in modo radicale e a tradurlo in uno stile di sequela più generosa. Ne nasce così un’opera, una famiglia religiosa che, con la sua stessa presenza, diventa a sua volta “esegesi” vivente della Parola di Dio. Continua papa Be� nedetto mettendo in evidenza una particolare e inattesa funzione ecclesiale della vita consacrata: “Il succedersi dei carismi della Vita consacrata, dice il Concilio Vaticano II, può dunque essere 12 letto come un dispiegarsi di Cristo nei secoli, come un Vangelo vivo che si attualizza in sem� pre nuove forme (cf. Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 46). Nelle opere delle Fondatrici e dei Fondatori si rispecchia un mistero di Cristo, una sua parola, si rifrange un raggio della luce che emana dal suo volto, splendore del Padre (cf. Esort. Ap. Vita consecrata, 16)”. Responsabilità ecclesiale Questi dati preziosi, che hanno la loro sorgente nella Trinità, allargano gli spazi della mente e del cuore su orizzonti immensi e, allo stesso tempo, ci conducono tra la gente, partecipi della compassione di Cristo (Mt 9, 36), facendoci servi per amore. È la strada dell’evangelizzazione: “andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28, 19). Vi è pertanto una precisa responsabilità nei confronti della Chiesa e degli stessi po� poli che impegna a vivere il dono ricevuto, a conoscerlo sempre meglio nel disegno di Dio, a custodirlo ed approfondirlo in tutte le sue dimensioni: storica, teologica, spirituale, socia� le, culturale, apostolica; a crescere nella comu� nione ecclesiale come persone che appartengo a Cristo e condividono la sua vita verginale, povera, nella piena obbedienza al Padre, come fece Maria, Madre e Discepola (LG, 46). L’“e� sperienza dello Spirito” attualizza il mistero di Cristo e ne evidenzia un aspetto specifico, di cui è chiamato ad essere “memoria vivente”, quale dono fatto da Cristo alla Chiesa. L’Esor� tazione Apostolica più volte citata, distingue in sette gruppi le forme di vita consacrata (VC, 5-11) servendosi dell’immagine della “pianta dai molti rami che affonda le sue radici nel Vangelo” ed evidenzia il contributo che ciascu� na offre a tutta la Chiesa, in modo che il loro insieme sembra tracciare e descrivere i linea� menti essenziali del volto del discepolo e del popolo di Dio, in Cristo, e ne sia testimonianza profetica in mezzo al mondo. Le responsabilità di ogni Istituzione di vita consacrata sono grandi e coinvolgono tutti i membri della famiglia. Possiamo cogliere nei verbi di Mutuae Relationes come si concretizza questa responsabilità ecclesiale. Leggiamo nel documento sui rapporti tra Vescovi e religiosi: “Le varie forme in cui vengono vissuti i consi� gli evangelici sono espressione e frutto di doni spirituali ricevuti dai fondatori e fondatrici e, come tali, costituiscono una ‘esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli per esse� re da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita” (MR, 11; cf. VC, 48)’”. Trasmettere Il primo verbo – trasmettere – spiega quale sia la responsabilità del fondatore: tra� smettere a coloro che il Signore aggrega alla sua famiglia il dono ricevuto come fondatore, che consiste nella particolare esperienza di Cristo e del suo mistero d’amore e che co� stituisce la loro identità ecclesiale. Pensiamo a san Domenico, a san Francesco d’Assisi, a sant’Ignazio e a tanti altri, e alla loro gelosia nei riguardi del dono ricevuto perché nulla lo abbia ad alterare o a inquinare anche con elementi positivi, ma non propri della loro vocazione, cioè del disegno di Dio su di loro all’interno del disegno di Dio sulla Chiesa. “Trasmettere” è un verbo di relazione; non c’è infatti trasmissione senza rapporto, senza un canale di comunicazione: e questo canale è l’amore diffuso nel cuore del fondatore, che lo costituisce padre e madre. Il rapporto è di reciprocità di amore, di comunione: “amatevi come io ho amato voi” (Gv 13, 35). L’amore di Gesù ha un carattere trinitario, cioè “avviene” unitamente al Padre con cui è una cosa sola (Gv 10, 30; 17, 21). Gesù chiede che anche noi siamo una cosa sola come Lui è una cosa sola con il Padre: così un fondatore con i suoi figli. È una realtà che si realizza nelle modalità storiche del tempo, lungo la vita del fonda� tore e successivamente, con le modalità della sua piena partecipazione alla risurrezione di Cristo glorificato (“Il nostro Dio è Dio dei viventi”, Lc 20, 38). Vivere La risposta, nella comunione, che viene dai membri della Famiglia del fondatore è racchiusa nella trilogia: vivere, custodire, approfondire. I tre verbi costituiscono una unità, non vanno presi separatamente, ma visti nella loro dinamica e interdipendenza. Vivere: suppone “accogliere” l’esperienza dello Spirito, per la grazia della “chiamata” alla sequela di Cristo vergine, povero, obbe� diente (VC, 18), e tradurla in vita nel proprio quotidiano personale e comunitario. Non si comprende, infatti, se non si vive. Vivere è esperire, partecipare nel profondo, fare pro� pria l’esperienza dello Spirito. Essa va rav� vivata, come scrive Paolo a Timoteo (2 Tim 1, 6). L’esperienza ha un carattere integrale, cioè coinvolge la persona in tutte le sue di� mensioni; ed ha un carattere integrante, cioè armonizza e genera unità interiore attorno alla persona di Cristo. Il rapporto con Lui ha la capacità di far fiorire la figura del credente cristiano e della persona consacrata nella sua attualità storica, di determinare e qualificare lo stile di vita, il pensiero, le scelte, la visione di sé, la visione dell’altro, del futuro. Dobbiamo dare spessore al verbo vivere interiorizzando la Parola, e immergendolo nel mistero pasquale. L’esperienza ha un carattere integrale, cioè coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni; ed ha un carattere integrante, cioè armonizza e genera unità interiore attorno alla persona di Cristo. n. 6 / Novembre-Dicembre 2012 13 Orientamenti Il Corpo di Cristo è “in perenne crescita”: anche noi, quindi, quali sue membra. Custodire Custodire l’esperienza dello Spirito nella sua integrità, così come il fondatore l’ha ricevuta e trasmessa ai suoi. Custodire è prenderci cura dell’opera divina – perché è tale pur nel volto di un popolo peregrinante bisognoso di salvezza –, proteggerla, rispet� tarla, che in fondo è essere fedeli al disegno di Dio nel suo progressivo realizzarsi. Il verbo custodire richiama il compito affidato ai no� stri progenitori: custodi del giardino affidato loro dal Signore per portare a compimento, insieme a Lui, l’opera della creazione (cf. Gen 1, 26-28). Si è custodi di una realtà umano-divina che non ci appartiene, che non nasce per nostra iniziativa, ma è dono altis� simo, in cui si manifesta che Dio opera in� sieme all’uomo nel realizzare il suo disegno d’amore e nel rispondere ai bisogni del suo popolo e dell’umanità. Custodire è essere vigilanti e proteggere dalle infiltrazioni del male e dagli inganni del Maligno. Vi sono infatti alcune barriere che possono falsare la visione della vita consacrata e quindi allon� tanare dalla custodia e dal vivere. Tra queste, la concezione di fedeltà come atto ripetitivo, considerando pertanto le forme storiche di realizzazione come realtà permanenti da riprodurre anche nella stessa evangelizzazio� ne, la lettura del carisma e della spiritualità in chiave individualistica e soggettiva, assu� mere il carisma come “strumento di potere”, il narcisismo, il secolarismo. Il Signore, nel suo amore, ci mette alla prova, ci purifica, per essere nella Chiesa e per l’umanità il dono nella sua purezza evangelica. Approfondire L’approfondimento è necessario sia per saper custodire correttamente sia per lo svi� luppo. Si fonda sul fatto che l’esperienza dello Spirito è, in sviluppo, quale seme che diventa 14 pianta; pertanto, l’approfondimento è una ri� velazione ulteriore delle potenzialità racchiuse nel carisma, della sua dinamica nella storia e del disegno di Dio nel fare alla Chiesa quel particolare dono. Il primo percorso di approfondimento è la lettura della vita – persone, comunità, ministeri – perché l’esperienza dello Spirito si esprime crescendo e ne manifesta in questo modo le intenzioni presenti in germe nel fon� datore. Alla lettura della vita si accompagna la riflessione, la ricerca, lo studio, il discerni� mento delle nuove situazioni ecclesiali e so� ciali. L’approfondimento avviene ugualmente seguendo l’espansione della famiglia religiosa, con la chiamata da parte del Signore di altri membri provenienti da nuovi Paesi e culture; inoltre, con l’apporto delle nuove generazioni nell’ambito della vita nello Spirito, nella vita fraterna, nella missione e, nelle opere di evan� gelizzazione e di carità, con la presenza nelle nuove agorà in cui si radunano le persone (cf. RM, 37c) o entrano in rapporto tra loro (per esempio internet). Un secondo percorso è la lettura sapien� ziale della storia dell’Istituto e della vita con� sacrata; aiuta a vedere i nostri fondatori e le fondatrici all’interno della vita della Chiesa e nel rapporto di questa, attraverso di loro, con i bisogni, gli appelli, le sofferenze e le speran� ze della società, dei poveri prima di tutto (cf. GS, 1). Si spiegano così la varietà delle rispo� ste e la continua novità dello Spirito. Ripercorrere le strade della storia è fa� re “memoria” di queste meravigliose realtà; esse diventano “scuola” per noi: ci aprono, nella semplicità del cuore (cf. le beatitudini) all’azione dello Spirito, il quale, nel sì libero d’amore, plasma in noi il sentire di Cristo e ci coinvolge nella realizzazione del disegno di Dio sull’umanità di oggi. La storia aiuta a comprendere la pedagogia di Dio e il suo amore per tutti, perché tutti sono suoi figli; rende, quindi, attenti alla Sua azione nel no� stro oggi per collaborare con Lui, secondo il Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta, per fare con voi ancora cose grandi. dono ricevuto, nel rispondere alle sfide nuove e antiche del cuore umano, protesi tutti insie� me verso la pienezza della vita, della pace e della gioia. Non ci si avvicina, pertanto, alla storia solo per farci una cultura, ma per in� serirci, con la “specializzazione” del carisma, nel movimento della vita in Cristo Signore nel quale tutto si ricapitola, trova la sua armonia e sperimenta la bellezza della creatività nella comunione, a modo della Trinità. Sviluppare L’ultimo verbo dà un respiro ecclesiale all’esperienza. Ogni dono tende, per sua natu� ra, a sviluppare la propria identità carismatica esprimendosi nel circuito della comunione ec� clesiale ed entrando in rapporto – a modo della Trinità (VC, 41) –, con gli altri doni elargiti da Cristo, manifestando così, visibilmente, nell’u� nità tra tutti “quali tralci dell’unica Vite, la pie� nezza del Vangelo dell’Amore” (VC, 52). Se ci si ferma alla sola trilogia, la famiglia consacrata corre il rischio di chiudersi in se stessa e di non comprendere nemmeno il fondatore: lo venera come un santo, ma non come custode e realizza� tore di un disegno del Padre e di una esperienza dello Spirito da lui trasmesso ai suoi perché si continui a servire il popolo di Dio e l’uomo. Le singole espressioni di MR, 11 vanno soppesate per comprendere il significato di sviluppare. Ecco il passo: “L’esperienza dello Spirito va costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita”. La vita non si ferma, matura e cresce in continuità nelle sue stagioni fino alla sua pienezza, rag� giunta non da soli, come un albero solitario su una collina o nel deserto (apparentemente tale perché si nutre della vita nascosta nel terreno e respirando ai raggi del sole). Si sviluppa vi� n. 6 / Novembre-Dicembre 2012 vendo in comunione con tutta la Chiesa, cam� minando in sintonia con il Corpo di Cristo, rispettando e valorizzando le diversità nella tensione verso la piena unità, quale evento evangelizzatore (cf. Gv 17, 21). Viene fatto rilevare che il Corpo di Cristo è “in perenne crescita”: anche noi, quindi, quali sue membra. La fedeltà creativa, pertanto, non riguarda solo l’istituzione nel suo dinamismo carismatico (cf. VC, 37), ma anche il camminare, da persone consacrate, con vigore profetico, “in sintonia” con la Chiesa nel suo e nostro oggi, è abbrac� ciare le scelte di rinnovamento e di missione, è soffrire per il vangelo, aiutati dalla potenza di Dio. “In sintonia” non è un’espressione che rimanda a qualche elemento esterno come un rivestimento dell’esperienza dello Spirito del fondatore e del carisma dell’Istituto; è qual� cosa che è dentro ciascuno, è un pulsare nel profondo del cuore dell’Istituto – dal servizio dell’autorità al quotidiano personale e comuni� tario sui ritmi dello Spirito che anima la Chiesa –; è condividere la passione per il Regno e per la costruzione della “famiglia dei popoli” nella pace e nella giustizia (GS, 40); è camminare con la Chiesa che impegna i suoi membri nella Nuo� va evangelizzazione e vuole rinnovare se stessa ravvivando la propria fede; è mettere in opera le nostre risorse e impegnare le nostre persone perché la Chiesa sia nel mondo di oggi un segno limpido della presenza del Risorto e della sua azione di trasformazione del mondo. “Vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciar mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illumini il cammino dell’esi� stenza umana”. “Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire. Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta, per fare con voi ancora cose grandi” (VC, 109, 110). 15