LEBBRA (Morbo di Hansen) Malattia infettiva cronica causata dal bacillo acido-resistente Mycobacterium leprae o bacillo di Hansen, che ha tropismo esclusivamente per i nervi periferici, la cute e le membrane mucose. Eziologia, epidemiologia e patogenesi Il M. leprae è un parassita intracellulare obbligato responsabile nel mondo della lebbra; La forma lepromatosa grave è più comune negli uomini che nelle donne. La lebbra può presentarsi ad ogni età, anche se la maggior parte degli esordi si verifica nel secondo e terzo decennio di vita. Fino a poco tempo fa l'uomo era considerato l'unico serbatoio naturale del M. leprae, in realtà la malattia è stata rinvenuta nel 15% degli armadilli selvatici in Lousiana e in Texas e anche i primati sub-umani possono occasionalmente ospitare il microrganismo. Il M. leprae può anche essere presente nel suolo. Non cresce su terreni artificiali ma si moltiplica se viene iniettato nelle zampe dei topi. La trasmissione del M. leprae non è del tutto nota. Tuttavia circa il 50% dei pazienti ha un'anamnesi di contatti stretti con persone infette, di solito conviventi. I pazienti lepromatosi non trattati ospitano numerosi bacilli di M. leprae nella mucosa nasale e nelle secrezioni e si ritiene che il microrganismo venga trasmesso dalle goccioline emesse dal naso. La forma più lieve, la lebbra tubercoloide, viene generalmente considerata non contagiosa. Tuttavia il suolo infetto e gli insetti vettori (per esempio cimici e zanzare) possono avere un ruolo nella trasmissione. Il M. leprae cresce lentamente (tempo di raddoppio 2 settimane), ed il periodo di incubazione va da 1 a 2 anni, in media 5-7 anni e può essere 40 anni. Prima che compaiano i sintomi e segni clinici, un paziente lepromatoso porta con sé un enorme numero di microrganismi, superiore di molti ordini di grandezza rispetto a qualunque altra malattia batterica. Forme cliniche Dopo essere penetrati nel derma, i bacilli di Hansen (BH) si moltiplicano all'interno delle cellule del sistema monocito-macrofagico: se i macrofagi riescono a distruggere i BH, l'infezione abortisce; se non riescono a contenere l'infezione, la malattia evolve. I BH attaccano gli istiociti del derma e le cellule di Schwann dei nervi periferici. L'intensità della reazione cellulo-mediata dell'organismo determina la forma in cui la malattia si manifesta. Se essa è sufficiente ad arginare l'infezione, la malattia viene delimitata in una o poche lesioni nelle quali i BH sono rarissimi (forma tubercoloide); all'estremo opposto, se non c'è nessuna risposta immunitaria cellulo-mediata, i BH si disseminano a tutto l'organismo (forma lepromatosa). La maggior parte delle persone che sono state esposte al M. leprae non si ammalano. Tuttavia spesso sviluppano anticorpi sierici e risposte di immunità cellulare nei confronti del M. leprae. In coloro che sviluppano la malattia, le manifestazioni cliniche e la gravità, quindi, variano ampiamente. La lebbra tubercoloide (LT) è un polo dello spettro evolutivo. I pazienti presentano una o più macchie ipopigmentate e di iposensibilità, a contorni ben definiti, pochi o nessun M. leprae e linfociti in circolo che riconoscono il M. leprae. Il rash, come in tutte le forme di lebbra, non dà prurito. I nervi periferici possono venire danneggiati o ipertrofizzati, sono generalmente asimmetrici e il più delle volte sono contigui alle lesioni cutanee. La lebbra lepromatosa (LL) è l'altro polo dello spettro. Questi pazienti presentano noduli cutanei simmetrici o placche ripiene di M. leprae e spesso hanno una neuropatia periferica distale; essi non hanno difese immunitarie contro il M. leprae. Possono perdere ciglia e sopracciglia. Nel Messico occidentale e in altre zone dell'America latina, i pazienti affetti da LL, possono presentare infiltrazione dermica diffusa con perdita di peli e di altre appendici cutanee ma senza noduli cutanei visibili, condizione definita lepromatosi diffusa o lebbra bonita. I pazienti lepromatosi possono sviluppare un eritema nodoso lebbroso mentre quelli affetti da lepromatosi diffusa possono sviluppare il fenomeno di Lucio, una grave reazione associata a ulcere (in particolare delle gambe) che spesso diventano infette, provocando batteriemia e il decesso. La lebbra borderline è nel mezzo dello spettro. Questo tipo è instabile e può diventare più simile alla lebbra lepromatosa o può subire una reazione inversa, portandosi verso la forma tubercoloide. Stati reattivi Gli stati reattivi sono eventi di tipo immunologico che provocano sintomi e segni di infiammazione. Reazioni della lebbra di tipo 1: i pazienti affetti da lebbra borderline possono sviluppare un'infiammazione su lesioni preesistenti, nuove zone di infiammazione cutanea, una neurite (dolorosa, che interessa i nervi ulnari e perineali) ed eventualmente febbre. Se la reazione si verifica prima della terapia, viene chiamata reazione di evoluzione verso l'estremità LL dello spettro; se si verifica durante la terapia, reazione di evoluzione verso il polo LT. Entrambe sono associate rispettivamente a una modifica dell'immunità cellulare e un corrispondente spostamento verso la lebbra lepromatosa o tubercoloide. Nelle reazioni di evoluzione verso il polo LT, l'infiltrazione dermica delle cellule T helper si accresce significativamente, con associato un aumento delle secrezioni di citochine locali, specialmente dell'interferone Se i pazienti non vengono trattati precocemente le reazioni di evoluzione verso il polo LT che interessano i nervi possono portare a una perdita irreversibile della capacità motoria e della sensibilità. Le infiammazioni cutanee minori non devono essere trattate. Reazioni della lebbra di tipo 2: circa la metà dei pazienti con lebbra lepromatosa, nei primi anni di terapia antibiotica efficace, sviluppa un eritema nodoso leproso (ENL). Questa reazione può verificarsi spontaneamente prima della terapia, permettendo la diagnosi, oppure può verificarsi fino a 10 anni dopo la terapia, quando i pazienti presentano reazioni negative degli strisci cutanei. L'ENL è caratterizzato da papule o da noduli sottocutanei eritematosi e dolorosi, che possono formare pustole o ulcerarsi, febbre, neurite, linfadenite, orchite, artrite (particolarmente nelle grandi articolazioni, solitamente le ginocchia) e glomerulonefrite. Istologicamente sembra trattarsi di una vasculite polimorfonucleare o una pannicolite e si ritiene che sia dovuta a complessi immuni in circolo o a eventi associati all'aumento della funzione delle cellule T helper. I livelli del fattore di necrosi tumorale circolante aumentano. Per la distruzione dei GR o per la soppressione del midollo osseo può verificarsi un'anemia oppure un'infiammazione epatica con leggere anomalie nei test di funzionalità del fegato. Complicanze La maggior parte delle complicanze della lebbra è dovuta all'interessamento dei nervi periferici conseguente sia all'infezione sia conseguente alla risposta infiammatoria o alla neurite associata alle reazioni. Possono essere coinvolti i tronchi nervosi e i microscopici nervi dermici. Il nervo ulnare, al livello del gomito, è il tronco nervoso interessato più comunemente e nei casi gravi determina un'ipoestesia distale e la retrazione del 4o e 5o dito. Il coinvolgimento di altri nervi periferici può riguardare i nervi perineali, mediani, il ramo zigomatico dei nervi facciali e i nervi auricolari posteriori. Sono particolarmente colpite le piccole fibre nervose che rispondono alle sollecitazioni del caldo e del freddo, del tatto e del dolore, mentre vengono risparmiate le fibre più grandi responsabili delle sensazioni di posizione e di vibrazione. Interventi sui tendini possono correggere le incapacità funzionali degli arti e il lagoftalmo, ma non devono essere praticati fino a 6 mesi dall'inizio della terapia o di una reazione significativa, soprattutto in ogni zona innervata da uno stesso ramo interessato. Le ulcere plantari, con un'infezione secondaria, sono la causa principale di morbilità e devono essere trattate con il curettage e un trattamento antibiotico appropriato. Il paziente deve indossare un'ingessatura a contatto totale che permetta la deambulazione o deve evitare di portare pesi. Per prevenire le recidive le callosità devono essere limate e si devono prescrivere ai pazienti calzature molto larghe (che non facciano attrito contro il piede). Gli occhi possono essere colpiti gravemente. Nei pazienti lepromatosi i microrganismi possono invadere la camera anteriore; l'ENL può provocare irite, portando al glaucoma. L'insensibilità corneale e il coinvolgimento del ramo zigomatico dei nervi facciali (che provoca il lagoftalmo) può portare a un trauma corneale, cicatrici e cecità. I pazienti con coinvolgimento corneale devono usare regolarmente colliri lubrificanti. Nei pazienti lepromatosi sono colpite la mucosa e la cartilagine nasale; i pazienti non trattati spesso accusano una congestione nasale cronica e, a volte, epistassi. Se la malattia progredisce in assenza di trattamento si possono verificare, benché raramente, la perforazione e il collasso della cartilagine. Nei maschi lepromatosi si arriva all'impotenza come risultato dell'abbassamento dei livelli di testosterone sierico e dell'innalzamento degli ormoni follicolo-stimolanti e del fattore di liberazione delle gonadotropine e si può inoltre avere ipospermia, aspermia e sterilità. Diagnosi ed esami di laboratorio La diagnosi è suggerita dal quadro clinico, per le notevoli lesioni cutanee croniche, e confermata dalla biopsia. I campioni bioptici devono essere prelevati dal fronte di avanzamento delle lesioni tubercoloidi poiché la pelle apparentemente normale presenta comunque modificazioni patologiche. Nei pazienti lepromatosi i campioni devono essere prelevati dai noduli o dalle placche, sebbene si possano rinvenire modificazioni patologiche anche nella pelle apparentemente normale. Le biopsie cutanee ottenute dai pazienti lepromatosi mostrano all'esame istologico macrofagi altamente vacuolati (cellule spumose), pochi linfociti e numerosi bacilli alcol acido resistenti (BAAR), spesso in ammassi. Queste cellule persistono anche dopo anni di terapia, quando non sono più presenti i BAAR. Al contrario, le biopsie dei pazienti con la forma tubercoloide contengono granulomi formati da linfociti, cellule epitelioidi e cellule giganti da corpo estraneo che presentano una preferenza per le appendici dermiche, specialmente nervose. Talvolta i pazienti affetti dalla forma tubercoloide presentano solo un'infiammazione cronica non specifica, consistente in un'infiltrazione cutanea linfocitaria disseminata. Una lesione del nervo periferico può anche verificarsi nella sarcoidosi che interessi la cute, ma una reale invasione del nervo che risulti in degenerazione assonica e, a volte, in necrosi caseosa è patognomonica della lebbra. Gli anticorpi di tipo IgM sierici contro un antigene fenolico glicolipidico del M. leprae sono specifici contro questi bacilli. I pazienti lepromatosi hanno quasi sempre gli anticorpi, che sono presenti altresì solo nei 2/ 3 dei pazienti con lebbra tubercoloide. Essi sono utili nel controllo dell'attività della malattia, dato che i livelli anticorpali diminuiscono con una terapia efficace e possono salire in casi di recidiva. Per i test cutanei è disponibile la lepromina (M. leprae ucciso dal calore). Tuttavia, dato che i pazienti lepromatosi presentano delle reazioni negative e quelli con la forma tubercoloide e alcuni individui non malati presentano reazioni positive, la lepromina non è diagnosticamente utile. Profilassi e terapia La profilassi con il vaccino BCG o con il dapsone si è dimostrata efficace solo marginalmente e non viene raccomandata. Con il trattamento le conseguenze mediche sono spesso di modesta entità ma le deformità causate dalla lebbra sono socialmente invalidanti; i pazienti e le loro famiglie sono spesso emarginati. Il trattamento della forma lepromatosa richiede protocolli più intensivi e una durata maggiore di quella prevista per la forma tubercoloide. Per quanto la terapia antimicrobica sia efficace, il regime ottimale rimane incerto. Per entrambe le forme di lebbra il dapsone costituisce la terapia di riferimento. La rifampicina è soprattutto battericida per il M. leprae. La clofazimina, è simile al dapsone nell'attività contro il M. leprae. L'etionamide è ugualmente efficace. Recentemente nei trial clinici condotti su pazienti affetti da lebbra lepromatosa tre antibiotici si sono dimostrati in grado di uccidere rapidamente il M. leprae e di ridurre in maniera efficace l'infiltrazione del derma: la minociclina , la claritromicina e l'ofloxacina. La loro attività battericida nei confronti del M. leprae è maggiore rispetto a quella del dapsone, della clofazimina e dell'etionamide, ma non della rifampicina. Solo la minociclina possiede una dimostrata sicurezza per un trattamento a lungo termine quale quello richiesto per la lebbra. Schemi terapeutici raccomandati: l'OMS raccomanda per tutte le forme di lebbra schemi di terapia con associazioni di più farmaci.