1 I NUMERI REALI E` ora il momento di fare un affondo su alcuni

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I NUMERI REALI
E’ ora il momento di fare un affondo su alcuni problemi che, nati in ambito geometrico,
hanno costretto a una riflessione sul concetto di numero e sulla definizione di quelli che oggi
chiamiamo insiemi numerici. Presentiamo gli elementi fondamentali dell’intreccio tra
geometria e numero ripercorrendo alcuni problemi storici.
1 Dalla misura ai numeri – oltre il senso comune
Il nesso più decisivo tra numeri e geometria è dato dall’operazione di misura. Sappiamo che
misurare una grandezza significa trovarne il rapporto con un’altra ad essa omogenea presa
come unità di misura.
Per esempio, potremmo essere interessati a conoscere ‘quante volte’ l’altezza h ‘sta’ nel lato
a di un triangolo equilatero, cioè a conoscere il rapporto di lunghezze a/h.
Oppure, con un passaggio più ardito, dato un cerchio Γ di raggio r, ci interessa sapere
‘quante volte’ il diametro 2r sta nella circonferenza γ, ma anche quante volte il quadrato r2
‘sta’ nel cerchio stesso. Sappiamo che in questo caso stiamo esplorando il numero π, sia
γ
Γ
come rapporto di lunghezze π =
, sia come rapporto di aree: π = 2 .
2r
r
In questo ordine di idee stiamo concependo il numero come rapporto, ed è quanto facevano i
Greci almeno dal VI secolo a.C. con Pitagora.
In generale, date due grandezze omogenee, due lunghezze, o due aree, o due ampiezze di
angoli …, il loro rapporto è espresso da un numero. Può capitare che a stia un numero intero
n di volte in b: è il caso in cui b è multiplo di a. Allora il rapporto è dato dal numero intero
n:
b/a = na/a = n
Se b non è multiplo di a, può essere che entrambi siano multipli di una stessa grandezza c:
b = mc
a = nc
Nell’uno e nell’altro caso, le due grandezze si dicono commensurabili si misurano a
vicenda (con – mensurabili) e il loro rapporto è dato dal numero razionale m/n:
b mc m
=
=
a nc n
Che può eventualmente ridursi a un numero intero, se n divide m.
Pitagora concepiva una misura solo con il rapporto di due numeri interi e pensava che le
grandezze fossero tutte commensurabili. Quindi tutto andava bene, tutto era misurabile:
‘tutto è numero’, come dire che c’è un numero – razionale - per ogni rapporto! Possiamo
immaginare quanto grande fu lo shock che colpì la scuola pitagorica, quando scoprirono che
la diagonale di un quadrato e il suo lato non hanno sottomultiplo comune. Esistono allora
2
grandezze che, nella concezione pitagorica, non possono misurarsi a vicenda, sono
incommensurabili come diciamo noi oggi con termine assai suggestivo: non (in-) tra loro (con-) misurabili (-mensurabili).
Che cosa dovevano pensare? Che queste grandezze non hanno rapporto? Oppure, che non
esiste un numero che rappresenti il loro rapporto?
L’intreccio di queste domande dà l’idea dell’impasse che visse la scuola pitagorica, dal
quale non riuscì a uscire. Ora sappiamo che il rapporto tra la diagonale del quadrato e il suo
lato è dato dal numero irrazionale 2 . ( dimostrazione a pagina 3 del libro di testo)
Il numero 2 ha aperto un pertugio, ma che cosa troviamo al di là dell’uscio? Che cosa
abbiamo trovato oltre i limiti della nostra iniziale immaginazione?
2 Costruzioni elementari e numeri
Partiamo dalla riga e dal compasso.
La matematica greca ha nelle costruzioni con riga e compasso, dette anche costruzioni
elementari, lo strumento per risolvere un gran numero di problemi. Ne riprendiamo alcune,
oggetto di studio della geometria del biennio, approfondendo il loro rapporto con il mondo
dei numeri: ritroveremo i numeri naturali N e i numeri razionali assoluti Q+, ma anche molti
numeri in più.
I numeri naturali N si ritrovano a partire dalla costruzione del multiplo di un segmento.
Multiplo di un segmento
Il postulato del trasporto consente di riportare un segmento quante volte si vuole su
una retta. In figura 1, col compasso è riportato per tre volte consecutive il segmento
AB su una retta. A partire da un suo punto C, si costruisce così il segmento CD ≅ 3
AB.
figura 1
Procedendo in modo analogo, per qualunque numero naturale n si può costruire il
segmento PQ = n AB, di lunghezza n volte AB. Se il segmento AB è preso come
unità di misura, allora il segmento PQ ha misura n:
PQ = nAB = n ⋅ 1 = n
3
Ecco che a un numero naturale corrisponde un segmento costruito con riga e compasso a
partire da un segmento AB preso come unità di misura. In questo caso si dice anche che:
Teorema 1 Ogni numero naturale n è costruibile riga e compasso.
Un numero costruibile con riga e compasso viene chiamato numero elementare e l’insieme
dei numeri elementari è indicato con E. Per quanto detto, l’insieme dei numeri naturali N è
contenuto nell’insieme dei numeri elementari E:
N ⊂ E
Anche l’insieme dei numeri razionali Q+ è contenuto in E. Ciò deriva dalla procedura della
costruzione dei sottomultipli di una lunghezza data.
Sottomultiplo di un segmento
Mostriamo come costruire, per esempio, la terza parte di un segmento assegnato AB.
Tracciamo una qualsiasi semiretta t di origine A non passante per B (figura 2). A
partire da A riportiamo, col compasso, per tre volte su t un segmento di lunghezza
arbitraria, otteniamo così i punti P1, P2, P3. Tracciamo la retta r che passa per P3 e per
B e costruiamo le parallele a r passanti per i punti P1 e P2 (per la costruzione della
parallela si veda esempio 1 a pagina 4). Tali parallele intersecano il segmento AB in
due punti B1, B2. Il teorema di Talete assicura che i segmenti AB1, B1B2, B2B sono
congruenti; abbiamo così diviso il segmento AB in tre parti uguali. In particolare
abbiamo che il segmento AB1 è un terzo del segmento AB di partenza. Anche in
questo caso, se AB è unitario, ecco che con AB1 abbiamo costruito il numero 1/3.
Infatti vale:
AB1 =
1
1
1
AB = ⋅ 1 =
3
3
3
figura 2
Con il procedimento descritto è possibile dividere un segmento AB in un numero n
arbitrario di parti: basta riportare un segmento arbitrario AP1 n volte su t. In particolare, se
AB è preso come unità di misura, si ottiene che il segmento AB1 ha misura : il numero è
elementare.
4
Se multipli e sottomultipli sono costruibili, allora ogni numero razionale assoluto
è
costruibile. Basta costruire l’ennesima parte del segmento unitario e poi riportarlo m volte di
seguito. Perciò, vale il risultato:
Teorema 2 I numeri razionali assoluti sono elementari: Q+ ⊂ E
Vediamo ora una costruzione che porta oltre i numeri razionali.
Quadrato equivalente a un rettangolo assegnato
Sia ABCD il rettangolo che ha un lato unitario e l’altro di lunghezza data da un qualsiasi
numero razionale q assoluto. Siano, perciò, AD = 1 e AB = q (figura 3).
Col compasso riportiamo il segmento AD sul prolungamento di AB dalla parte di A: sia
PA ≅ AD. Costruito il punto medio O di PB, con apertura OB tracciamo la
semicirconferenza γ di diametro PB. La retta perpendicolare in A al diametro interseca γ
in un punto Q.
Il triangolo PBQ insiste su un diametro, quindi è rettangolo in Q. Per il secondo teorema
di Euclide il segmento AQ è il lato del quadrato equivalente al rettangolo ABCD:
AQ2 = AB.AP
da cui:
AQ2 = AB.AD
(*)
figura 3
Indicando con x la misura della lunghezza del lato AQ e ricordando che AD ha misura 1, la
relazione (*) diviene:
x2 = q
5
Il segmento AQ che abbiamo costruito ha, perciò, misura x =
.
Allora vale il risultato:
Teorema 3 Le radici quadrate dei numeri razionali assoluti sono numeri elementari.
Possiamo perciò affermare che E è più ampio di Q perché contiene numeri irrazionali, quali
3
2 , 3,
…
2
Mettiti alla Prova 1
1. Dato un segmento AB, costruisci con riga e compasso i segmenti:
a. CD = AB
b. EF =
AB
c. PQ =
2. Recuperata la dimostrazione dell’irrazionalità di
e
3 AB
d. RS = (2 +
3 )AB
2 , dimostra l’irrazionalità dei numeri
3
3
. Quindi dai una loro costruzione.
2
3. Un passo avanti senza allontanarci troppo: m + p q
Le tre costruzioni geometriche proposte mostrano che:
Teorema 4
Sono costruibili tutti i numeri del tipo
essendo m, p, q dei razionali assoluti.
„ Dim. Dato AB = q siamo in grado di costruire un segmento CD =
ricorrendo alla
costruzione del quadrato equivalente; quindi, poiché p è razionale, passando ai multipli e
. Ora è semplice sommargli RT di
sottomultipli di CD, possiamo costruire PQ = p.CD =
lunghezza m, ottenendo un segmento RT =
.
Sfruttando al massimo le procedure introdotte e i numeri già costruiti, possiamo costruire nuovi
numeri elementari. Per esempio, grazie alla costruzione del quadrato equivalente a un rettangolo
dato, possiamo costruire il numero assai intrigante b = 5 + 2 3 che si presenta come radicale
3
+ 5 + 2 3 somma di
2
due costruibili: basta riportare sulla medesima retta uno consecutivamente all’altro i due segmenti
3
che hanno misure a = 6
e b = 5+2 3 .
2
doppio. A partire da questo, possiamo costruire anche il numero x = 6
6
Modificando leggermente la procedura di costruzione di multipli e sottomultipli, possiamo costruire
il prodotto a·b di due numeri a, b elementari misure di due lunghezze a, b.
Così siamo in grado di costruire infiniti numeri elementari, ma sorgono le domande:
1. Tutti i numeri presentati sono elementari, ma sono i soli? Ovvero, esistono numeri
elementari al di fuori di quelli fin qui presentati?
Siamo partiti da N, quindi abbiamo costruito in modo elementare Q+. Da qui i numeri
espressi dalla forma
avendo preso m, p, q in Q+.
Quindi, a partire da questi ultimi, abbiamo mostrato come costruire nuovi numeri elementari
tutti della medesima forma x = a + b k . E così via all’infinito.
La domanda in buona sostanza sta nel chiedersi se, operando solo con queste poche
costruzioni, esauriamo tutti e soli i numeri elementari o se ne perdiamo qualcuno.
2. Esistono numeri non elementari?
Che equivale a chiedersi se esistono grandezze geometriche non costruibili riga e compasso.
In caso affermativo si dovrà ammettere che la misura di queste grandezze darà luogo a
numeri non costruibili.
Mentre rimandiamo la seconda domanda al prossimo paragrafo sui numeri algebrici, diamo
risposta alla questione posta dalla prima:
i numeri presentati esauriscono l’insieme E.
A partire dai risultati della geometria analitica, infatti, è stato dimostrato che qualsiasi numero
elementare può essere costruito reiterando opportunamente le procedure di somma, di prodotto e di
estrazione di radice quadrata. In buona sostanza, questo dipende dal fatto che costruendo con la riga
e col compasso si intersecano rette con rette, rette con circonferenze o circonferenze con
circonferenze. Dal punto di vista analitico, perciò, si va incontro sempre a soluzioni di equazioni di
secondo grado.
Mettiti alla Prova 2
A partire dall’unità AB = 1, costruisci il numero b = 5 + 2 3
4. I numeri algebrici
La matematica greca ha tramandato tre problemi storici con i quali si sono cimentati i matematici di
ogni tempo: la duplicazione del cubo, la trisezione dell’angolo, la quadratura del cerchio. Qui ci
soffermiamo su uno dei tre, che ci aiuta a proseguire nel percorso di ampliamento degli insiemi
numerici; degli altri due, avremo modo di parlarne più avanti.
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Il problema di Delo
“Un tempo, gli abitanti di Delo, straziati dalla peste, interrogarono l’oracolo di
Apollo per porre fine all’epidemia. L’oracolo rispose che per placare l’ira del dio,
avrebbero dovuto costruire un’ara cubica più grande, di volume doppio rispetto a
quella attuale. Ingenuamente gli abitanti di Delo raddoppiarono i lati dell’ara, ma
l’ira del dio fu ancora più tremenda: in questo modo infatti il volume non era
raddoppiato, come richiesto, ma cresciuto di ben 8 volte.”
Così ci è stato tramandato il Problema di Delo da Teone di Smirne, matematico del II secolo d.C..
Il problema, che si riferisce alla peste che colpì Atene nel 430 a.C., affonda le radici molto lontano
nel tempo, tanto che si racconta del commento di Platone, secondo il quale il dio non aveva bisogno
di un altare doppio ma voleva punire gli abitanti di Atene per la poca considerazione in cui
tenevano la geometria: l’altare costruito, infatti, non è doppio del precedente ma otto volte tanto!
Leggenda a parte, resta il problema che enunciamo così:
facendo uso solo di riga e compasso, costruire il lato del cubo di volume doppio di un altro
assegnato.
E’ questo un problema che ha affascinato e intrigato il fior fiore delle menti matematiche per oltre
due millenni. Sarà dipeso dal fatto che appare così semplice e accessibile: come sappiamo duplicare
il quadrato, così saremo in grado di raddoppiare il cubo! Ci sembra di poterlo affermare con un alto
grado di sicurezza. Ma, non è così! Infatti, dopo molteplici soluzioni sbagliate e continui fallimenti,
si è potuto sciogliere l’enigma con la sorprendente soluzione:
è impossibile raddoppiare il cubo utilizzando solo la riga e il compasso.
La soluzione si ritrova all’interno della moderna teoria algebrica tracciata dal giovane matematico
francese Evariste Galois (1811 – 1832), con quella che va sotto il nome di teoria di Galois. Esula
dagli scopi di questo testo presentare tale teoria, possiamo solo dire che il problema cominciò ad
avere una svolta nella storia quando Cartesio lo spostò dall’ambito prettamente geometrico a quello
più squisitamente algebrico, operando con i metodi della geometria analitica.
Consideriamo l’aspetto numerico del problema e cerchiamo il numero che esprime il rapporto tra il
lato x di un cubo doppio e lo spigolo l del cubo dato.
La richiesta di volume doppio corrisponde alla relazione:
x3 = 2l3
Dividendo per l3 si ottiene
2
Estraendo quindi la radice cubica si ha
√2
8
Come dire che la misura del lato del cubo di volume doppio, fatta rispetto al lato del cubo
assegnato, vale √2 .
Per quanto detto a proposito dell’impossibilità a costruire il cubo doppio, il numero x = √2 non è
elementare: è un esempio di numero non costruibile riga e compasso. Così si è potuto rispondere
alla seconda domanda del precedente paragrafo in modo pieno e convincente:
l’insieme dei numeri è più ampio dell’insieme E dei numeri elementari.
Notiamo, ora, un fatto singolare che può indirizzare a caratterizzare i numeri in modo più ampio
rispetto alla costruibilità mediante la riga e il compasso, con una fuoriuscita, anzi, dal mondo della
pura geometria, con approdo nel pianeta dell’algebra. Il numero x = √2 è soluzione di una
particolare equazione: x3 – 2 = 0. E’ un’equazione a coefficienti interi. E’ questa una caratteristica
che accomuna tutti i numeri elementari:
Teorema 5 Ogni numero elementare è soluzione di un’opportuna equazione algebrica a
coefficienti interi.
Verifichiamolo per gradi:
•
•
Ogni numero razionale può essere visto come soluzione di un’equazione di primo
grado a coefficienti interi.
3
Per esempio, il numero x =
è soluzione dell’equazione algebrica 2x – 3 = 0,
2
ottenuta moltiplicando il numero per 2 e spostando il 3 a sinistra dell’uguale.
Analogamente il generico numero razionale x = è soluzione dell’equazione px – m
= 0.
Ogni numero del tipo
con m, p, q razionali può essere visto come
soluzione di un’opportuna equazione di secondo grado
0 con a, b, c
interi.
Per esempio, il numero x = 1+ √5 è soluzione dell’equazione algebrica a
coefficienti interi: x2 – 2x – 4 = 0. Non è difficile passare dal numero all’equazione,
in questo modo:
posto:
x = 1 + √5
passiamo a:
x – 1 = √5 .
Elevando al quadrato entrambi i membri, abbiamo:
9
(x – 1)2 = 5
Sviluppando il quadrato e sommando i termini simili, otteniamo l’equazione intera
indicata:
x2 – 2x – 4 = 0
•
Con opportuni accorgimenti lo stesso può essere fatto con qualsiasi numero
costruibile del tipo x = a + b q .
Così i numeri elementari E entrano a far parte di una più ampia classe di numeri detti numeri
algebrici. Si dà la definizione:
Def
Si dice algebrico un numero che è soluzione di un’equazione algebrica a coefficienti interi.
Indicando con A l’insieme dei numeri algebrici, tra gli insiemi numerici fin qui presentati, valgono
le relazioni di inclusione:
N ⊂Q⊂E⊂ A
Mettiti alla Prova 3
1. Ricalcando il metodo con cui si dimostra l’irrazionalità di √2, dimostra che anche √2 è
irrazionale.
2. Dimostra che 2 è algebrico.
3. Per ciascuno dei seguenti numeri costruibili, scrivi un’equazione algebrica a coefficienti
interi che lo abbia come soluzione:
1
1
1 2
a. 2 + √3
b. +
c. + 5
5
2 3
2
3
4. Il numero
2 + 3 è costruibile? Qual è l’equazione algebrica della quale è soluzione?
5. Il numero c = 4 2 è algebrico? È costruibile?
5. Numeri trascendenti
E’ naturale a questo punto chiedersi se con gli algebrici abbiamo terminato il nostro percorso di
costruzione dei numeri: abbiamo costruito N, poi Q, quindi tutti i numeri elementari E, adesso gli
algebrici A … a questo punto ci sembra di non avere più strumenti per progredire oltre.
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A ben pensarci, abbiamo tra mano un numero – uno solo, è vero – del quale, però, non sappiamo
ancora stabilirne la natura. Il numero π, infatti, è definito come rapporto tra la lunghezza di una
circonferenza e il suo diametro: non abbiamo una procedura con riga e compasso per costruire la
circonferenza rettificata quindi non possiamo dire che π sia elementare. D'altronde, non abbiamo
un’equazione algebrica a coefficienti interi che lo abbia come radice, perciò non possiamo
affermarne l’algebricità.
Quindi, che numero rappresenta π?
Ancora una volta abbiamo un rapporto che spinge la fantasia oltre i limiti della conoscenza
acquisita:
il numero 2 , rapporto tra la diagonale del quadrato e il suo lato, ha imposto all’attenzione
nuovi numeri oltre ai razionali: problema degli incommensurabili in geometria.
il numero 3 2 , rapporto tra gli spigoli di due cubi uno doppio dell’altro, ha spinto oltre il
confine dei numeri elementari: problema di Delo;
il numero π, rapporto tra la circonferenza e il suo diametro, ci invita a indagare oltre
l’insieme dei numeri algebrici: problema della quadratura del cerchio. (Paragrafo 3.3
pagina 8 del libro di testo)
Infatti, il numero π non è algebrico: non esiste nessuna equazione algebrica a coefficienti interi di
cui π sia soluzione. Un numero che non è algebrico è detto trascendente, con una felice espressione
con la quale il grande matematico svizzero Leonhard Euler (1707-1783) intendeva caratterizzare
quei numeri che trascendono l’usuale operatività algebrica.
E’ forse difficile crederlo, ma fino al 1844 non si sapeva che questi numeri esistessero, pur
sospettandone l’esistenza. Eppure, se ci pensiamo bene, comprendiamo quanto possa essere difficile
dimostrare che un numero sia trascendente: non basta non riuscire a trovare un’equazione algebrica
di cui sia soluzione, ma bisogna dimostrare che tutte le equazioni algebriche non hanno quel
numero come soluzione.
Il numero π ha resistito agli assalti dei matematici fino al 1882, anno in cui Liendemann ne
dimostrò la trascendenza.
Tra i numeri irrazionali trascendenti famosi, o meglio, di grande rilevanza in matematica, oltre a π è
opportuno citare la costante e, che presto incontreremo, detta anche costante di Eulero. Questo
numero illustre si definisce attraverso il passaggio al limite di una particolare successione.
Introducendo infatti una scrittura per noi nuova, ma che sarà successivamente chiarita e studiata,
definiamo:
1
e = lim (1 + ) n = 2,71828 18284 59045 23536 …
n → +∞
n
(1)
Possiamo per il momento attribuire il seguente significato intuitivo alla (1). Se consideriamo la
funzione f(n): N → R definita così: f(n) = (1 + 1/n)n, vediamo che, quando n diventa molto grande
(si usa dire: n tende a +∞), essa tende a stabilizzare il suo valore.
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Mettiti alla Prova 4
Costruisci una tabulazione dei valori della funzione f(n) che definisce il numero e, attribuendo alla
variabile n successivamente i valori: n = 1, 10, 102, 103, 104, 105, 106. Confronta i valori trovati
con il valore riportato nella (1) della costante e. Quante cifre decimali esatte si stabilizzano di volta
in volta?
UNA VISIONE SINTETICA SULL'INSIEME R
E' opportuno a questo punto tornare a considerare un argomento che abbiamo dato per acquisito: la
definizione e il concetto di numero reale, le operazioni nell'insieme ℜ dei reali e le loro proprietà.
Siamo consapevoli, infatti, che si tratta di uno dei concetti più ricchi e più importanti della
matematica, frutto di una elaborazione di pensiero che ha origine nella matematica greca e culmina
tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento nell'opera di "giganti" della matematica quali
Cauchy (1798-1857), Cantor (1845-1918), Dedekind (1831-1916), Weierstrass (1815-1897), Peano
(1858-1932).
L'idea e la definizione di numero reale coinvolgono in modo determinante concetti chiave della
matematica, quali l'infinito matematico e i procedimenti infiniti, il continuo e le sue problematiche.
La trattazione della teoria dei numeri reali può seguire più strade: essi possono essere introdotti, per
esempio, a partire dalle coppie di classi contigue di numeri razionali con Cantor (Georg 18451918), oppure dalle sezioni del campo razionale con Dedekind (Richard 1831-1916), o anche
facendo riferimento alle successioni convergenti di numeri razionali con Peano (Giuseppe 18581932). Sono visioni di grande interesse e rilevanza, ma richiederebbero un tempo eccessivo rispetto
agli obiettivi della scuola superiore. Tutte queste visioni derivano la loro impostazione dal tentativo
ben riuscito di sciogliere il nodo della continuità in ambito geometrico, soluzione che ha
immediatamente gettato luce sul mondo numerico portando alle diverse definizioni di ℜ.
Prima di dare una definizione di numero reale, perciò, recuperiamo il secondo dei tre problemi
storici della geometria, quello della trisezione dell’angolo. Le questioni che solleveremo
lavorandoci sopra, saranno di guida per la comprensione in profondità del problema storico della
continuità in ℜ, secondo la visione data da Cantor.
6. La trisezione dell’angolo
Il problema che va sotto questo nome richiede di:
costruire con riga e compasso l’angolo che sia la terza parte di un angolo assegnato.
Ci aspettiamo di poter suddividere con riga e compasso un angolo in un arbitrario numero n di parti.
Siamo sostenuti in questa aspettativa da alcuni fatti già noti:
•
•
l’esistenza di una costruzione eseguibile con riga e compasso che divide un
segmento in n parti uguali;
la conoscenza della costruzione con riga e compasso della bisettrice di un angolo,
che consente di dividere un angolo in due parti uguali. La stessa costruzione,
12
•
applicata ripetutamente, permette di dividere lo stesso angolo in quattro, otto e, in
generale, 2n parti uguali;
la trisecabilità di alcuni angoli notevoli quali l’angolo piatto e l’angolo retto.
Tuttavia i tentativi di suddividere con riga e compasso un generico angolo sono sempre falliti
finché, ancora attraverso la teoria di Galois, si è dimostrato che il problema della trisezione
dell’angolo è insolubile: facendo uso solo di riga e compasso non si può costruire la terza parte di
un generico angolo.
Le costruzioni riga e compasso rassicurano sull’esistenza dell’elemento costruito, perché operano in
piena coerenza ipotetico-deduttiva con l’impianto teorico della geometria, fondata sugli assiomi di
Euclide. Intuitivamente pensiamo che esista la terza parte di un angolo, ma come dimostrarlo
rigorosamente visto che non esiste una sua costruzione elementare?
Rispondiamo a questa domanda costruendo due classi di grandezze opportune a cui applicare il
postulato di continuità di Cantor.
Postulato di continuità di Cantor Se due classi di grandezze sono una coppia di classi contigue,
allora esiste una grandezza che non è minore di alcuna grandezza della prima classe e non è
maggiore di alcuna grandezza della seconda classe.
Se α è l’angolo che vogliamo trisecare, definiamo due classi di grandezze A, B in questo modo:
•
•
la classe A contiene le ampiezze degli angoli β’ tali che 3β’ < α
la classe B contiene le ampiezze degli angoli β” tali che 3β” > α
Si dimostra che le classi A, B sono una coppia di classi contigue, grazie all’assioma di continuità,
perciò, esiste un angolo β tale che 3β non è superato da alcun elemento della classe A e non supera
alcun elemento della classe B. Diremo, quindi, che 3β = α e che β è la terza parte di α, scrivendo
simbolicamente:
β= .
Ecco che in questo modo la terza parte di un angolo resta definita per continuità. Ora siamo certi
che esiste, resta poi aperto il problema di come determinare la terza parte di un angolo definito e
non generico. Ma questo è un problema che ora non ci riguarda, vediamo piuttosto che ruolo gioca
la continuità nella definizione dei numeri reali.
7. I numeri reali
L’ insieme dei numeri reali assoluti ℜ+ è l’unione dell’insieme dei numeri razionali assoluti e di
quello dei numeri irrazionali assoluti.
Come è definito un numero reale?
Esula dagli scopi del nostro testo la costruzione rigorosa e completa dell’insieme dei numeri reali
assoluti attraverso ampliamenti successivi dell’insieme dei naturali e dei razionali assoluti. Ci
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limitiamo a dare la definizione di numero reale ricalcando il procedimento seguito nei paragrafi
precedenti per definire alcune grandezze geometriche, per esempio la terza parte di un angolo
assegnato. Attraverso il postulato di continuità di Cantor, infatti, si giunge alla definizione:
Def Un reale α è definito da una coppia di classi contigue di numeri razionali.
Data la sua importanza nella storia della matematica, diamo un’idea di come risulta così definito il
numero irrazionale per eccellenza, √2.
Costruiamo le due classi numeriche:
A formata da numeri razionali i cui quadrati sono inferiori a 2,
B formata da numeri razionali i cui quadrati sono superiori a 2.
Riferendoci alla notazione decimale dei numeri razionali, la ricerca degli elementi delle due classi
viene fatta acquisendo di volta in volta una cifra decimale, in modo da ottenere numeri i cui
quadrati siano sempre più prossimi a 2. Riportiamo di seguito i primi risultati.
Considerando che valgono le disuguaglianze:
12 < 2 < 2 2
(1.4)2 < 2 < (1.5)2
(1.41)2 < 2 < (1.42)2
(1.414)2 < 2 < (1.415)2
(1.4142)2 < 2 < (1.4143)2
(1.41421)2 < 2 < (1.41422)2
se ne deducono le altre sulle basi:
a 1 = 1 < 2 = b1
a2 = 1.4 < 1.5 = b2
a3 = 1.41 < 1.42 = b3
a4 = 1.414 < 1.415 = b4
a5 = 1.4142 < 1.4143 = b5
a6 = 1.41421 < 1.41422 = b6
grazie alle quali possiamo individuare alcuni elementi delle due classi A e B:
A = ⎨ a1 = 1, a2 = 1.4, a3 = 1.41, a4 = 1.414, a5 = 1.4142, a6 = 1.41421, ...⎬
14
B = ⎨ b1 = 2, b2 = 1.5, b3 = 1.42, b4 = 1.415, b5 = 1.4143, b6 = 1.41422, ...⎬
Si dimostra che queste due classi sono separate. Infatti, per ogni n vale la catena di disuguaglianze:
a1 < a2 < a3 < ... < an < bn< ... < b3 < b2 < b1
grazie alla quale si può affermare che ogni elemento della classe A è minore di ogni elemento della
classe B.
Quindi, si dimostra che le due classi sono anche indefinitamente ravvicinate, cioè che per ogni
numero ε > 0 che si consideri, per quanto piccolo possa essere, esistono un numero a in A e un
numero b in B per i quali risulta b - a < ε. Diamo, comunque, un’idea qualitativa di questa proprietà
considerando le differenze degli elementi corrispondenti (di uguale indice nella numerazione):
b1 - a1 = 1 = 100
b2 - a2 = 0.1 = 10-1
b3 - a3 = 0.01 = 10-2
b4 - a4 = 0.001 = 10-3
b5 - a5 = 0.0001 = 10-4
b6 - a6 = 0.00001 = 10-5
............
bn+1 - an+1 = 0.0...01 = 10-n
Si dimostra che pur di prendere n sufficientemente grande la differenza bn+1 - an+1 = 10-n può essere
inferiore a ogni arbitrario valore ε > 0, conseguendo così l’indefinita ravvicinatezza delle due classi.
A e B risultano, perciò, due classi contigue e definiscono il numero (A, B) che ha quadrato uguale a
2, indicato simbolicamente con √2 .
Mettiti alla prova 5
Costruisci i primi elementi delle classi che definiscono i numeri:
a) √5
b) 1 + √5
c) √2
8. Le proprietà dei numeri reali
Abbiamo solo accennato alla definizione costruttiva dei numeri reali mediante le classi contigue di
numeri razionali, osservandola in azione sul numero √2. Non tralasciamo, invece, di sintetizzare
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quale sia la struttura complessiva dell’insieme ℜ dei numeri reali, evidenziando implicitamente le
sue relazioni con gli insiemi N, Z e Q da noi più conosciuti.
E’ importante, infatti, che rimangano chiare le proprietà che caratterizzano ℜ, il quale costituisce
l’ambito di operatività nel quale ci muoveremo ordinariamente.
Le proprietà che caratterizzano l'insieme R dei reali si possono suddividere in tre gruppi:
•
•
•
le proprietà algebriche, che descrivono le operazioni eseguibili su di essi, le loro
proprietà formali, il loro ambito di validità e le loro eventuali limitazioni (paragrafo
2.2 pag 30 del libro di testo)
le proprietà dell'ordinamento, che stabiliscono la possibilità del confronto tra
qualsiasi coppia di numeri reali (paragrafo 2.3 par 31 – 32 del libro di testo)
la proprietà di completezza, che rende rigorosi i contenuti della nostra intuizione a
proposito della numerosità dell'insieme dei numeri reali e della corrispondenza di ℜ
con il continuo geometrico. E’ su questa proprietà che fondiamo la rappresentazione
dei numeri reali sulla retta geometrica, che dà origine all'espressione usuale di retta
reale. (paragrafo 2.3 pag 33 del libro di testo)
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Soluzioni Mettiti alla prova 3
1. Conduciamo una dimostrazione per assurdo, perciò neghiamo la tesi e supponiamo che √2
sia razionale. Se è cosi esiste un numero razionale, rappresentato dalla frazione ridotta ai
minimi termini , tale che:
= √2
Eleviamo al cubo i due termini dell’equazione e riduciamo allo stesso denominatore:
m3 = 2n3
Analizziamo ciascuno dei due membri:
•
•
il membro di sinistra m3 è un numero pari essendo, essendo uguagliato a un numero
pari, perciò la base m è multiplo di 2k (k numero naturale). Di conseguenza nella
scomposizione in fattori primi di m3 è presente il fattore 23k.
A secondo membro invece il fattore 2 è presente a primo grado, in quanto n non può
essere divisibile per 2 per l’ipotesi fatta sulla riduzione ai minimi termini della
frazione .
Per l’unicità della scomposizione in fattori di un numero dovrebbe essere 3k = 1, ma questa
uguaglianza non è soddisfatta per nessun numero naturale k .
Abbiamo così trovato l’assurdo e dimostrato che √2 è irrazionale.
2. Il numero 2 è algebrico perché soddisfa l’equazione algebrica a coefficienti interi: x2 – 2
= 0.
3. a. x2 – 4x +1 = 0.
1 2
+
5 conviene moltiplicare entrambi i membri per mcm(2, 3)=6,
2 3
ottenendo: 6 x = 3 + 4 5 . Spostando il 3 a sinistra dell’uguale e elevando al quadrato … si
ha l’equazione: 36x2 – 36x – 71 = 0.
b. Posto x =
c. 12x2 – 12x - 97 = 0.
4. Sappiamo che il numero q = 2 + √3 è elementare. Grazie alla costruzione del quadrato
equivalente, anche il numero
q = 2 + 3 è elementare. E’ anche algebrico essendo
soluzione dell’equazione x 4 − 4 x 2 + 1 = 0 , ottenuta dalla 2.a avendo sostituito x2 al posto di
x.
5. Il numero 4 2 è soluzione dell’equazione a coefficienti interi x4 – 2 = 0, quindi è algebrico.
E’ anche costruibile: basta applicare due volte la procedura del quadrato equivalente, prima
sul rettangolo 1 e 2 per ottenere 2 ; quindi sul rettangolo di lati 2 appena costruito e 1.
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