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Tommaso d’Aquino, Teologia e filosofia
La ragione umana ha dei limiti che le sono naturali. Essi derivano dal suo continuo bisogno di far
riferimento ai dati dell’esperienza sensibile.
Summa contra Gentiles, I, 3
In tutto ciò che affermiamo intorno a Dio abbiamo due classi di verità. Alcune verità
trascendono tutto il potere della ragione umana, come la dottrina che Dio è trino e uno. Altre invece
appartengono alla sfera della ragione naturale, come l’esistenza di Dio, la sua unità e simili; e
queste cose i filosofi hanno affermato con processo dimostrativo alla luce della ragione naturale.
Che vi siano verità teologiche trascendenti essenzialmente la ragione è di piena evidenza. E difatti,
siccome la base di tutta la scienza, che la ragione umana acquista di una cosa, è l’intelligenza della
sua essenza [...], ne segue che la misura della conoscenza dell’essenza sia anche la misura di ciò che
si conosce di quella cosa. Onde, se l’intelletto umano comprende l’essenza di qualche cosa, come di
una pietra o di un triangolo, nessuno dei suoi lati intelligibili trascende il potere della ragione
umana. Ma questo non è il caso di Dio di fronte a noi. Poiché l’intelletto umano non può
naturalmente arrivare ad intuire la di lui essenza per il fatto che il suo conoscere in questa vita parte
dal senso. E pertanto ciò che non cade sotto l’ambito del senso non può essere conosciuto
dall’intelletto umano se non nei limiti della conoscenza sensibile. Ora le cose sensibili non possono
elevare il nostro intelletto a un piano tale in cui si scorga il ciò che è della sostanza divina, data la
loro inadeguatezza alla causa che le produce. Tuttavia il nostro intelletto è guidato dalle cose
sensibili a conoscere il che è di Dio e quanto di simile sia da attribuire al Primo Principio. Vi sono
dunque alcune verità divine proporzionate alla ragione umana e altre che trascendono assolutamente
il potere della ragione umana.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1966, vol. V, pag. 128-129)
Tommaso d’Aquino, Verità di fede e Verità di ragione
Dio è la fonte delle verità rivelate ed è il creatore della ragione umana. Ciò è garanzia del fatto che
le verità di ragione sono in armonia con la rivelazione. Questa grande fiducia nella ragione è alla
base del pensiero di Tommaso e della scolastica medioevale. Contemporaneamente vengono messe
in evidenza le differenze e le caratteristiche specifiche di filosofia e teologia.
Summa contra gentiles, 1, 7 e II, 4
Benché la verità della fede cristiana superi la capacità della ragione umana, quelle verità, che sono
essenzialmente proporzionate alla ragione, non possono essere contrarie alla fede. Difatti quelle
verità, che sono essenzialmente proporzionate alla ragione, ci constano essere verissime in tale
maniera che non sia possibile pensarle false; né d'altra parte è possibile pensare falso ciò che si tiene
per fede dal momento che ha una cosí evidente conferma divina. Siccome dunque il solo falso è
contrario al vero, come appare manifestamente dai loro concetti, è impossibile che la verità di fede
sia contraria a ciò che la ragione conosce naturalmente...
Inoltre la conoscenza dei princípi naturalmente noti ci è infusa da Dio, in quanto Dio stesso è
l'autore della nostra natura. Anche la divina Sapienza possiede dunque questi princípi. Tutto ciò
quindi che è contrario a questi princípi è contrario alla divina Sapienza; e non può pertanto
provenire da Dio. Quelle verità, dunque, che si tengono per fede in funzione della rivelazione divina
non possono essere contrarie alla conoscenza naturale... Dal che si deduce evidentemente che,
qualsiasi argomento venga portato contro i documenti della fede, non procede rettamente dai primi
princípi immediatamente evidenti innati alla natura; e conseguentemente non ha nemmeno la forza
dimostrativa, ma sono ragioni o probabili o sofistiche; e cosí c'è la possibilità di confutarle
[...]
Diverso è il punto di vista delle dottrine teologiche e delle filosofie umane. Giacché la filosofia
umana considera le creature in quel che sono, e cosí secondo gli aspetti del reale abbiamo le diverse
parti della filosofia; la fede cristiana invece le considera non in quanto sono, come ad es. il fuoco in
quanto fuoco, ma in quanto esso indica la perfezione divina ed è ordinato in qualche modo allo
stesso Dio... Pertanto i lati che il filosofo studia nelle creature sono diversi da quelli che considera il
credente; il filosofo infatti considera i caratteri costitutivi delle cose come per i fuoco il portarsi in
su; il credente considera la creatura in rapporto con Dio, come l'essere creata da Dio, l'essere
soggetta a Dio e simili... Se l'oggetto d'indagine è talvolta comune al filosofo e al credente, i
princípi sono diversi. Poiché il filosofo argomenta da cause immanenti alle cose, il credente
argomenta dalla Causa prima, come quando si fonda sulla rivelazione o guarda alla gloria o alla
potenza infinita di Dio... e per questo ad essa, come avente il primato, è subordinata la filosofia
umana.
Da ciò deriva che le due dottrine procedono con diverso metodo. Poiché nella dottrina filosofica, la
quale considera le creature in se stesse e da esse guida alla conoscenza di Dio, primo è lo studio
delle creature e ultimo quello di Dio; nella dottrina rivelata invece, che non considera le creature se
non in ordine a Dio, primo è lo studio di Dio e poi quello delle creature; e cosí è piú perfetta in
quanto piú simile alla conoscenza di Dio, il quale intuisce l'altro da sé intuendo sé.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1966, vol. IV, pagg. 130-131)
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