I MESI La riforma di Numa Pompilio, con l'introduzione di gennaio e febbraio, portò da 10 a 12 il numero di mesi originariamente istituiti da Romolo. L'inizio dell'anno era fissato a marzo. Dal 153 a.C. venne portato a gennaio. Nel 44 a.C. il Senato romano, su proposta di Marco Antonio, cambiò il nome di Quinctilis in Iulius in onore di Giulio Cesare. Nell'8 d.C. il mese di Sextilis venne chiamato Augustus in onore di Cesare Ottaviano Augusto. La durata dei mesi oscillò intorno ai 30 giorni. L'ultima correzione venne apportata da Ottaviano che allungò di un giorno il mese di Agosto per farlo uguale a Luglio. LA STORIA Il calendario romano o pre-giuliano, istituito nel 753 a.C. da Romolo, indica l’insieme dei calendari che furono in vigore nell’ antica Roma dalla sua fondazione fino alla nascita del calendario giuliano nel 46 a.C. promulgato da Giulio Cesare, lo riformò su base solare con una durata di 365 giorni mentre quello precedente aveva una durata di 304 giorni. I romani usavano originariamente un calendario lunare in cui il mese corrispondeva ad una lunazione. Romolo stabilì che l’anno avesse 10 mesi, successivamente fu portato a 12 mesi per farlo coincidere con il calendario solare. L’ EVOLUZIONE DEL CALENDARIO Numa Pompilio, il secondo dei sette re di Roma, modificò il calendario nel 713 a.C., aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio ai dieci preesistenti, egli aggiunse 51 giorni ai 304 del calendario di Romolo, togliendo un giorno da ciascuno dei mesi. A gennaio vennero assegnati 29 giorni e a febbraio 28: poiché i numeri pari erano ritenuti sfortunati, febbraio fu considerato adatto come mese di purificazione. Febbraio fu diviso in due parti: la prima parte finiva il giorno 23 con la Terminalia, considerata la fine dell'anno religioso, mentre i restanti cinque giorni formavano la seconda parte. Al fine di mantenere l'anno del calendario allineato all'anno solare, venne aggiunto di tanto in tanto un mese intercalare tra la prima e la seconda parte di febbraio, il mercedonio. Il mercedonio aveva 27 giorni. La decisione di inserire il mese intercalare spettava al pontefice massimo e in genere veniva inserito ad anni alterni. Il calendario di Numa Pompilio venne riesaminato quando ad essere pontefice massimo fu Giulio Cesare: venne così istituito, nel 46 a.C., il calendario giuliano. Quest'ultimo eliminò il mese di mercedonio, portò la durata dell'anno a 365 giorni e introdusse l'anno bisestile: le riforme al calendario giuliano furono completate sotto il suo successore Augusto. Il calendario giuliano rimase in uso per molti secoli anche dopo la caduta dell'impero romano, venendo infine sostituito nel 1582 dal calendario gregoriano. I DUE CALENDARI CALENDARIO DI ROMOLO Martius(31 giorni) Aprilis (30 giorni) Maius (31 giorni) Iunius (30 giorni) Quintilis (31 giorni) Sextilis (30 giorni) September (30 giorni) October (31 giorni) November (30 giorni) December (30 giorni) CALENDARIO DI GIULIO CESARE Ianuarius (29) Februarius (28) Martius (31) Aprilis (29) Maius (31) Iunius (29) Quintilis (31) Sextilis (29) September (29) October (31) November (29) December (29) GLI ANNI Agli inizi della Repubblica Romana, gli anni non venivano contati: essi erano individuati con il nome del console che ne era in carica. Successivamente si cominciò a contarli dalla fondazione di Roma avvenuta secondo la tradizione nel 700 a.C. circa. LE ORE Per i Romani il giorno iniziava al levare del sole: l'intervallo di tempo compreso tra l'alba e il tramonto veniva diviso in 12 ore (horae). In altri termini, il periodo di luce della giornata veniva diviso in 12 ore, indipendentemente dal fatto che ci si trovasse in estate o inverno. Questo comportava che la durata delle ore era variabile: all'equinozio un'ora "romana" durava quanto un'ora attuale, mentre al solstizio d'inverno essa era più corta e in quello d'estate più lunga. L'hora prima era la prima ora dell'alba, l'hora duodecima era l'ultima ora di luce al tramonto, mentre il punto mediano identificava l'hora sexta o meridies (mezzogiorno). Nella vita militare la notte era divisa in 4 turni di guardia, ciascuna di 3 ore in media. LE FESTIVITA’ PAGANE I CONSUALIA I Consualia erano due feste della religione romana dedicate al dio Conso.Venivano celebrate la prima il 23 agosto, durante il periodo del raccolto, e la seconda il 15 dicembre in onore del dio Conso (dio dei granai e degli approvvigionamenti). Tutti i riti si svolgevano davanti a un altare sotterraneo del Circo Massimo, portato in superficie in occasione della festa. Alcuni di essi prevedevano delle corse di muli, mentre cavalli e asini restavano a riposare incoronati da ghirlande. I SATURNALIA I Saturnali sono un ciclo di festività della religione romana, dedicate all'insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell'oro; si svolgevano dal 17 al 23 dicembre. Durante questi festeggiamenti gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi, e come questi potevano comportarsi; veniva eletto, tramite estrazione a sorte, un princeps una sorta di caricatura della classe nobile a cui veniva assegnato ogni potere. In realtà la connotazione religiosa della festa prevaleva su quella sociale e di "classe". Il "princeps" era in genere vestito con una buffa maschera e colori sgargianti tra i quali spiccava il rosso. In epoca romana si credeva che tali divinità, uscite dalle profondità del suolo, vagassero in corteo per tutto il periodo invernale, quando cioè la terra riposava ed era incolta a causa delle condizioni atmosferiche. Si trattava insomma di una sorta di lunga "sfilata di carnevale". I LUPERCALI I Lupercali era una festività romana che si celebrava nei giorni brutti di febbraio, mese purificatorio, in onore del dio Fauno, protettore del bestiame ovino e caprino. Secondo un'altra ipotesi, i Lupercalia ricordano il miracoloso allattamento dei due gemelli Romolo e Remo da parte di una lupa che da poco aveva partorito. Queste feste venivano celebrate nella grotta chiamata Lupercale, sul colle romano del Palatino dove, secondo la leggenda, i fondatori di Roma, Romolo e Remo sarebbero cresciuti allattati da una lupa. BONA DEA Sotto l'appellativo Bona Dea (=Grande Madre), si venerava un'antica divinità laziale, il cui nome non poteva essere pronunciato. La vera identità della dea traspare attraverso i vari miti che circondano la sua storia. La Bona Dea è indicata come una moglie molto abile in tutte le arti domestiche e molto pudica, al punto di non uscire dalla propria camera e di non vedere altro uomo che suo marito. Un giorno però trovò una brocca di vino, la bevve e si ubriacò. Suo marito la castigò a tal punto con verghe di mirto che ne morì. Il tempio della Bona Dea si trovava sotto l'Aventino e qui in un Bosco sacro le donne e le ragazze celebravano ogni anno i misteri della Bona Dea nei primi di dicembre. In essi, come sopra detto, gli uomini erano esclusi. Ercole, escluso egli stesso, aveva istituito, per vendetta, presso il suo Altare, posto poco lontano da quello della dea, cerimonie dove le donne non potevano partecipare.