SEZIONE 8 INFEZIONI DEI TESSUTI MOLLI 0020_section_8_0299_0308.indd 299 02/09/14 09.26 Tavola 8.1 Apparato locomotore: VOLUME III Cavità articolare normale Borsa prerotulea tumefatta e tesa Linea di incisione Cellulite e indurimento INFEZIONI ARTICOLARI Incisione e drenaggio spesso necessari BORSITI SETTICHE Il corpo umano contiene più di 150 borse, costituite da formazioni sacciformi o spazi virtuali delimitati da una membrana sinoviale e contenenti liquido sinoviale. Le borse, localizzate nel tessuto sottocutaneo in corrispondenza delle prominenze ossee, permettono lo scorrimento della cute su tali salienze ossee quasi in assenza di attrito, minimizzando quindi i fenomeni irritativi. In caso di irritazione o di eccessivo utilizzo di un’articolazione, la borsa può infiammarsi e gonfiarsi per l’aumento della produzione del liquido sinoviale necessario per lubrificare il movimento dei tessuti adiacenti (Tavola 8.1). L’eccessiva irritazione può provenire dall’esterno della borsa (ginocchio che sfrega sul pavimento) o dal suo interno (sperone osseo). La tumefazione della borsa diviene quindi cronica e persistente, portando a condizioni quali il ginocchio della lavandaia. I traumi diretti a carico della cute sovrastante la borsa possono contaminare con batteri il liquido di una borsa infiammata e tumefatta. Il liquido è un eccellente veicolo per la crescita batterica e la sua infezione dà luogo a un’estesa cellulite o borsite settica, caratterizzata clinicamente da ipertermia, tumefazione, spiccata dolorabilità locale e limitazione funzionale dell’articolazione adiacente. Il trattamento delle borsiti settiche consiste nell’agoaspirazione della borsa, con la quale si ottiene materiale per l’esame colturale, nella somministrazione di un’appropriata terapia antibiotica e nell’applicazione continua di impacchi caldo-umidi a livello dell’area infiammata. Se la borsa infetta non risponde prontamente al trattamento, può essere necessario inciderle e drenarle. ARTRITE SETTICA L’artrite settica si sviluppa quando un’articolazione viene contaminata da un microrganismo patogeno per infezione diretta, per penetrazione traumatica o secondaria a manovre chirurgiche sull’articolazione, per contiguità da un focolaio osteomielitico adiacente o ancora per via ematogena, in seguito a una batteriemia originata da un focolaio settico posto in altra zona dell’organismo. L’artrite settica ematogena è particolarmente frequente nel bambino, soprattutto a livello dell’anca. Poiché l’apporto ematico alla testa femorale è fornito da un unico peduncolo vascolare, l’accumulo di pus sotto pressione all’interno della cavità articolare può comprimere i vasi nutritizi diretti alla testa del femore. Se tale compressione persiste per più di alcune ore, è possibile lo sviluppo di un’osteonecrosi. Di conseguenza, la presenza di pus sotto pressione nell’anca del bambino come conseguenza di una borsite settica deve essere considerata una vera e propria emergenza. Il drenaggio immediato della raccolta liquida e purulenta è essenziale non solo per trat- 300 0020_section_8_0299_0308.indd 300 I traumi ripetuti possono provocare piccole ferite da punta a carico della borsa. La contaminazione batterica porta a borsite settica, che può essere confusa con un’artrite Contaminazione diretta (trauma o intervento) Contaminazione per via ematogena Contaminazione per contiguità (osteomielite) Campione di liquido sinoviale aspirato per esame colturale A. acetabolare A. otturatoria A. retinacolari A. circonflessa femorale mediale Principali vie di contaminazione della cavità articolare Osteonecrosi della testa del femore Il pus presente nello spazio articolare comprime i vasi nutritivi Alcune articolazioni, come quella dell’anca, richiedono una pronta decompressione chirurgica per evitare danni all’apporto vascolare tare l’infezione ma anche per evitare la gravissima complicanza rappresentata dall’osteonecrosi della testa del femore. I principi generali di trattamento dell’artrite settica sono simili a quelli illustrati per la terapia delle borsiti settiche. Il materiale articolare aspirato viene posto in coltura per identificare l’antibiotico più efficace. L’artrocentesi dovrebbe essere ripetuta quando si rende necessario rimuovere dalla cavità articolare i materiali infetti Quando l’apporto vascolare viene danneggiato, insorge un’osteonecrosi, che conduce a collasso della testa del femore e necrotici. Nella maggior parte dei casi, il metodo più efficace per rimuovere il pus consiste nell’incisione e nel drenaggio della cavità articolare, seguiti da un accurato lavaggio. Solitamente, un aggressivo trattamento precoce favorisce la completa risoluzione dell’infezione senza problemi articolari residui. Tuttavia, la persistenza di infezioni attenuate può indurre profonde lesioni distruttive sulla cartilagine, portando ad artrite post-infettiva e talora a gravissime alterazioni dei capi articolari. ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 02/09/14 09.26 Tavola 8.2 Infezioni dei tessuti molli EZIOLOGIA E PREVALENZA DELL’OSTEOMIELITE EMATOGENA Fonti di infezione Ossa coinvolte Circolo ematico Gola Tonsille Denti Microrganismi Infezioni del tratto urinario 30% 1% 2% 3% 4% 1% 1% 1% 9% 1% 1% 5% 3% Infezione polmonare Polmonite Ascesso Tubercolosi Omero 11% Coste <1% Vertebre 12% Pelvi 3% Radio 2% Carpo Metacarpo Falangi 20 L’osteomielite, un’infezione dell’osso, viene classificata in due forme, a seconda dell’origine della contaminazione. L’osteomielite ematogena è costituita da un’infezione che giunge all’osso attraverso il torrente circolatorio. L’osteomielite esogena (non ematogena) è causata dal diffondersi dell’infezione da un focolaio contiguo, da fratture esposte o in seguito a interventi chirurgici durante i quali l’osso viene perforato e contaminato. EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA DELL’OSTEOMIELITE EMATOGENA L’osteomielite ematogena è dovuta alla colonizzazione del tessuto osseo da parte di batteri provenienti da un focolaio infettivo posto a distanza nell’organismo (Tavola 8.2). Fonti comuni di infezione sono la gola, i denti, ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 0020_section_8_0299_0308.indd 301 7% Tibia 12% Prossimale 5% Distale 7% 15 10 5 1-10 10-20 20-30 30-40 40-50 50-60 60-70 >71 Prevalenza per età (anni) Perone 2% Tarso Metatarso Falangi 5% Multiple OSTEOMIELITE 4% Femore 28% Prossimale 13% Distale 15% 25 % dei casi Infezione gastrointestinale Salmonella Febbre tifoide Appendicite Peritonite Infezione ombelicale Clavicola Rischio relativo S. aureus S. epidermidis Streptococcus di gruppo A D. pneumoniae E. coli Klebsiella Salmonella Bacteroides spp. M. tuberculosis N. asteroides C. immitis Coltura mista Coltura negativa Infezione cutanea Paronichia Foruncolo Ferita infetta Incidenza relativa la cute, il tratto urinario, quello gastrointestinale e i polmoni. Un’infezione localizzata in queste sedi può portare all’invasione batterica del torrente circolatorio (batteriemia). Sebbene il sistema reticoloendoteliale provveda ad eliminare la maggior parte di questi batteri dal circolo ematico, un certo numero di microrganismi può localizzarsi nell’osso, creandovi un focolaio di infezione. Le regioni dell’osso che risultano particolarmente suscettibili alle infezioni di origine ematogena sono le metafisi delle ossa lunghe, soprattutto dell’omero, del femore e della tibia. I microrganismi patogeni sono gli stessi che sono all’origine dell’infezione primitiva; fra essi il più comune è rappresentato dallo Staphylococcus aureus. Le infezioni da Gram-negativi sono più comunemente il risultato di un’infezione primitiva delle vie urinarie, che è perlopiù secondaria a manovre di cateterizzazione o ad altre procedure mediche. L’osteomielite ematogena si osserva solitamente nei bambini, sebbene possa anche svilupparsi negli adulti 8% (soprattutto in quelli immunocompromessi); un secondo, significativo picco di incidenza si osserva in pazienti di età compresa fra i 50 e i 70 anni di età. PATOGENESI DELL’OSTEOMIELITE EMATOGENA L’osteomielite ematogena è particolarmente comune durante l’epoca dell’accrescimento per varie ragioni. In generale, i bambini sono particolarmente esposti alle infezioni batteriche ed è quindi verosimile l’insorgenza di frequenti focolai infettivi primitivi e di frequenti episodi di batteriemia, che possono essere causa di osteomielite. Inoltre, anche la particolare conformazione anatomica della piastra di accrescimento può giocare un ruolo di rilievo nello sviluppo dell’osteomielite ematogena in questo gruppo di età. Virtualmente tutti i casi di osteomielite ematogena del bambino sembrano originare dal tessuto osseo metafisario, nella regione immedia- 301 02/09/14 09.26 Tavola 8.3 Apparato locomotore: VOLUME III PATOGENESI DELL’OSTEOMIELITE EMATOGENA Epifisi Anse capillari Piastra di accrescimento Sinusoidi venosi Ascesso Arterie metafisarie Periostio Arteria nutriente I rami terminali delle arterie metafisarie formano anse a livello della piastra di crescita e penetrano nei sinusoidi venosi afferenti irregolari. Il flusso sanguigno è lento e turbolento e predispone a disseminazione batterica. In aggiunta, lo strato di cellule presenta scarsa o nulla attività fagocitaria. L’area rappresenta un buon pabulum per i batteri, con possibile formazione di un ascesso OSTEOMIELITE (Seguito) tamente contigua alla cartilagine di accrescimento. In questa regione, i rami terminali delle arterie metafisarie formano anse e confluiscono nei sinusoidi venosi afferenti, i quali sono ampi e irregolari (Tavola 8.3). Le dimensioni dei vasi aumentano in maniera marcata dall’arteria metafisaria al sinusoide venoso e il flusso ematico rallenta e diviene turbolento. La brusca variazione della dinamica del flusso può favorire la stasi e l’accumulo dei batteri in questa regione, creando un focolaio di infezione. Inoltre, l’attività fagocitaria delle cellule poste all’interno e sul contorno dei sinusoidi venosi è modesta o assente, creando così un ambiente ideale per la crescita batterica. Una volta che l’osso viene contaminato con batteri provenienti dal circolo sanguigno, la rapida duplicazione dei microrganismi porta alla formazione di una raccolta ascessuale localizzata appena al di sotto della piastra di accrescimento. L’ascesso in via di sviluppo si estende lungo i canali di Volkmann verso la regione subperiostale, dove provoca lo scollamento del robusto periostio. Lo scollamento del periostio stimola la formazione di nuovo osso. L’ulteriore progressione dell’ascesso può causare la sua rottura all’interno del periostio, l’estensione al tessuto sottocutaneo e successivamente alla cute, creando una fistola drenante. L’infezione può estendersi per via subperiostale lungo la diafisi; questo tipo di estensione priva del suo apporto sanguigno una porzione della diafisi e produce una porzione densa, avascolare dell’osso corticale chiamato sequestro. Il sequestro, privo dell’apporto sanguigno che permetta l’apporto di antibiotici o di cellule per combattere l’infezione, agisce come un vero e proprio nido per la persistenza dell’infezione. Nel tentativo di arginare e di isolare l’infezione, il periostio scollato deposita nuovo tessuto osseo. Quest’ultimo, chiamato sarcofago, è costituito da osso subperiostale neoformato molto simile a quello osservabile a livello del callo di frattura. Dal punto di vista istologico 302 0020_section_8_0299_0308.indd 302 L’ascesso, limitato dalla piastra di accrescimento, diffonde trasversalmente lungo i canali di Volkmann e scolla il periostio; si estende poi in sede subperiostale e può invadere la diafisi. Nei bambini di età inferiore a 1 anno di età, alcuni rami dell’arteria metafisaria passano attraverso la piastra di accrescimento e l’infezione può invadere l’epifisi e l’articolazione Cavità articolare Piastra di accrescimento Sequestro Sarcofago Cavità midollare Cute Fistola Tessuto molle Con la diffusione dell’ascesso, il segmento dell’osso devitalizzato (sequestro) resta al suo interno. Il periostio scollato può anche deporre nuovo osso per formare un involucro di rivestimento (sarcofago). Occasionalmente, l’ascesso viene circoscritto dalla fibrosi e dalla sclerosi ossea, con formazione degli ascessi di Brodie Il processo infettivo può erodere il periostio e formare una fistola attraverso i tessuti molli e la cute, che drena esternamente. Il processo è influenzato dalla virulenza del microrganismo, dalla resistenza dell’ospite, dalla somministrazione di antibiotici e dalle risposte fibrotiche e sclerotiche quindi, l’osteomielite ematogena acuta provoca una rarefazione nella metafisi delle ossa lunghe dovuta alla distruzione del normale tessuto osseo spugnoso, determina la formazione di sequestri e crea un sarcofago di osso neoformato lungo la periferia dell’infezione. Fatta eccezione per i bambini più piccoli, raramente l’infezione si estende attraverso la barriera fisica della piastra di accrescimento. Nei bambini di età inferiore a 1 anno, alcuni rami delle arterie metafisarie attraversano la piastra di accrescimento per nutrire l’epifisi. Il decorso di questi vasi permette all’infezione di diffondersi verso l’epifisi e di qui verso la cavità articolare adiacente stessa. Occasionalmente, le difese immunitarie dell’organismo sono in grado di eradicare in maniera efficace le infezioni di minore gravità a livello metafisario. Se il focolaio di infezione viene circoscritto e i batteri responsabili vengono eliminati, la piccola cavità ascessuale residua può persistere indefinitamente. Questa cavità, che ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 02/09/14 09.26 Tavola 8.4 Infezioni dei tessuti molli MANIFESTAZIONI CLINICHE DELL’OSTEOMIELITE EMATOGENA La febbre (presente in oltre il 75% dei casi nella fase acuta) può essere lieve, elevata o assente. Meno comune nelle forme croniche o nell’adulto Dolore acuto, dolorabilità 75% Ipertermia, dolorabilità <50% Tumefazione >50% Drenaggio (fasi tardive) Diffusione all’articolazione adiacente <50% Limitazione funzionale <50% OSTEOMIELITE (Seguito) è composta da tessuto fibroso ma nella quale non è presente alcun batterio vitale, è denominata ascesso di Brodie, anche se non è presente alcuna forma attiva di infezione. Al contrario, un’infezione più aggressiva e virulenta continua a distruggere il tessuto osseo e alla fine porta alla formazione di una fistola drenante. La fistola determina un drenaggio fintanto che il tessuto necrotico e infetto non viene completamente rimosso e sostituito da tessuto fibroso o tessuto osseo non infetto. La diagnosi precoce e il trattamento aggressivo dell’osteomielite ematogena possono arrestare i fenomeni distruttivi dell’osso normale e sano determinati dall’estensione dell’ascesso. Il trattamento include la somministrazione di antibiotici specifici per i vari batteri e il drenaggio chirurgico del focolaio infetto. Solitamente, gli antibiotici vengono somministrati per via endovenosa per un periodo di almeno 4 settimane, ma possono essere richiesti periodi più lunghi (mesi). Talora possono essere utilizzati antibiotici per via orale nelle fasi tardive del trattamento. Di conseguenza, riveste particolare importanza l’individuazione delle prime manifestazioni della malattia, che permettono di intraprendere prontamente la corretta terapia. MANIFESTAZIONI CLINICHE I segni e i sintomi dell’osteomielite ematogena sono rappresentati da febbre, brividi, malessere e dolore, più o meno localizzato, nell’area dell’infezione (Tavola 8.4). In più del 75% dei pazienti è presente la febbre, sebbene sia meno comune nei casi di infezione di lunga data. Il paziente lamenta solitamente malessere, anoressia e astenia generalizzata. Nei tessuti circostanti l’area infetta è presente dolorabilità alla digitopressione e anche la palpazione profonda evoca dolore. L’osteomielite causa dolore quando l’area coinvolta viene mobilizzata o utilizzata. Ad esempio, un bambino con osteomielite emaATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 0020_section_8_0299_0308.indd 303 Coinvolgimento vertebrale. Manifestazioni sistemiche solitamente lievi. Il dolore può essere la principale manifestazione, soprattutto negli adulti Emocoltura e agoaspirato osseo o biopsia a cielo aperto per stabilire la diagnosi e identificare i microrganismi al fine di scegliere la terapia adeguata togena acuta del femore distale evita di caricare o deambulare sull’arto colpito. A livello dell’area di infezione si sviluppa una tumefazione dei tessuti molli circostanti e appare calda al termotatto. Un cosiddetto versamento “simpatico” (sympathetic effusion) spesso si sviluppa in un’articolazione limitrofa. Questa tumefazione reattiva dell’articolazione si verifica in risposta all’infezione dell’osso circostante, ma il versamento non contiene batteri patogeni. L’escursione attiva dell’artico- Segni radiografici tardivi. Le lesioni litiche rappresentano solitamente la prima evidenza. La sclerosi compare solo dopo la progressione della malattia per oltre 2 mesi Scintigrafia con leucociti marcati con indio. L’immagine mostra un aumento focale di segnale (freccia); tale metodica può essere utile nella diagnosi precoce lazione è limitata a causa del dolore secondario all’infezione ossea. Il drenaggio proveniente dall’ascesso rappresenta una manifestazione tipica delle forme cronicizzate e non è osservabile nelle fasi acute dell’osteomielite. Le manifestazioni cliniche dell’osteomielite ematogena acuta a localizzazione vertebrale sono di più difficile definizione. Il paziente può lamentare una lombalgia piuttosto vaga, così come una sensazione di malessere generalizzato, inappetenza e febbre. Il dolore riduce l’e- 303 02/09/14 09.26 Tavola 8.5 Apparato locomotore: VOLUME III CAUSE DIRETTE (NON EMATOGENE) DI OSTEOMIELITE Infezioni traumatiche Ferite penetranti Ferita cranica penetrante con frattura delle ossa craniche. Si noti la presenza di capelli nella ferita Fratture esposte; grado variabile, da piccola apertura esterna ad ampia esposizione dell’osso Infezioni chirurgiche OSTEOMIELITE (Seguito) scursione attiva del rachide e la leggera percussione sui processi spinosi evoca spesso una sintomatologia dolorosa significativa. Questa costellazione di sintomi non è specifica dell’osteomielite, cosicché, dato il gran numero di pazienti che lamentano lombalgia, la diagnosi di osteomielite può talvolta essere misconosciuta. Frequentemente, l’osteomielite della colonna vertebrale è secondaria ad infezione delle vie urinarie. Di conseguenza, una storia di infezione recente o di manovre chirurgiche sulle vie urinarie dovrebbe indurre il sospetto clinico di infezione vertebrale secondaria. La diagnosi di osteomielite ematogena richiede un’anamnesi attenta, focalizzata su eventuali recenti episodi infettivi localizzati in altre sedi, quali il cavo orale o i denti, il tratto urinario o la gola. L’esame obiettivo dovrebbe essere abbastanza accurato da identificare qualsiasi fonte primaria dell’infezione. Se l’anamnesi e l’esame obiettivo depongono per un’osteomielite ematogena, è necessario effettuare specifici esami di laboratorio. Spesso l’esame emocromocitometrico completo rivela una leucocitosi con spostamento a sinistra della formula leucocitaria. Frequentemente, anche il valore degli indici di flogosi, cioè VES e proteina C-reattiva, risultano elevati. Dovrebbero essere eseguite radiografie del segmento interessato, sebbene nelle prime fasi dell’infezione i segni radiografici siano spesso sfumati. La più precoce evidenza radiologica di osteomielite ematogena acuta è costituita dalla tumefazione dei tessuti molli adiacenti all’osso; entro alcuni giorni dall’esordio, si rende evidente l’osteolisi a livello della regione metafisaria. Lo scollamento periostale associato alla deposizione di nuovo tessuto osseo e alla formazione dei sequestri diviene radiologicamente evidente dopo un paio di settimane. La scintigrafia ossea con Tecnezio-99m costituisce un esame estremamente sensibile per l’identificazione delle aree di infiammazione ossea. Tuttavia, il test non è dotato di 304 0020_section_8_0299_0308.indd 304 Trazione di Halo (o tong) Artroprotesi totale (spesso si osserva una mobilizzazione della protesi, che di per sé non è indicativa necessariamente di infezione) Fissazione interna delle fratture Resezione di neoplasia con trapianto osseo conservativo particolare specificità per le infezioni ossee, poiché esso risulta positivo anche in seguito a fratture o dopo qualsiasi alterazione che induca irritazione del periostio e che sia causa di deposizione di tessuto osseo neoformato. La risonanza magnetica rivela edema o infiammazione o mostra un accumulo di pus se presente nell’osso. Per l’individuazione di un focolaio osteomielitico sono stati recentemente utilizzati leucociti marcati. Con questa tecnica, viene prelevato un campione di sangue Osteotomia per allineamento o allungamento osseo e altre procedure ortopediche Lembo osseo per neurochirurgia Laminectomia per intervento discale o per altre compressioni del midollo spinale dal paziente; le cellule leucocitarie vengono poste in coltura e marcate con Indio-111 e quindi nuovamente inoculate nel paziente. Dato che i leucociti tendono a concentrarsi nel focolaio di infezione, anche quelli marcati vanno ad accumularsi nell’area infetta. La loro radioattività può essere rilevata mediante una scansione effettuata dopo 24-72 ore dall’inoculazione. Deve essere identificato l’agente patogeno specifico responsabile dell’osteomielite, così da poter instaurare ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 02/09/14 09.26 Tavola 8.6 Infezioni dei tessuti molli (SEGUITO) Ascesso o ferita infetta adiacente all’osso Patereccio (o altre infezioni della mano) che coinvolge l’osso Ascesso retrofaringeo che si diffonde alle vertebre cervicali Infezione dentale che si diffonde alla mandibola o alla mascella Ustioni infette che coinvolgono l’osso OSTEOMIELITE (Seguito) Ulcere da pressione che si estendono a sacro, pelvi e colonna Ascesso retroperitoneale che coinvolge le vertebre una terapia antibiotica specifica. Sebbene l’emocoltura permetta nella maggior parte dei casi l’identificazione del microrganismo infettante, la via più efficace per la diagnosi per l’identificazione del patogeno consiste nell’aspirazione diretta dal focolaio osteomielitico stesso. Infezione dei seni paranasali che si diffonde alle ossa craniche Ematoma EZIOLOGIA DELL’OSTEOMIELITE ESOGENA L’osteomielite esogena (non ematogena) deriva dalla contaminazione diretta del tessuto osseo da parte del microrganismo infettante. Cute, tessuto sottocutaneo e periostio costituiscono una barriera difensiva nei confronti degli agenti contaminanti; finché cute e periostio restano intatti, l’osso non può essere contaminato direttamente. Queste barriere possono essere violate da lesioni traumatiche (ad es. ferite da proiettile, fratture esposte, traumi diretti) o da interventi chirurgici, o possono essere interrotte dalla scomposizione dei frammenti di frattura (Tavola 8.5). Nel momento in cui la cute viene perforata e l’osso è esposto, i batteri possono invadere l’area interessata, creando un focolaio di infezione. L’osso può anche venire contaminato nel corso di un intervento di artroprotesi, durante l’applicazione di mezzi di trazione e l’impianto di apparecchi di fissazione di frattura. Nonostante l’attenta dissezione chirurgica combinata con un completo debridement e la profilassi antibiotica, l’infezione rappresenta la complicanza di circa l’1% degli interventi chirurgici maggiori. Durante l’impianto di artroprotesi o di dispositivi di fissazione, il supporto ematico viene spesso strappato dall’osso, creando aree di osso necrotico. L’osso necrotico funge da sequestro, consentendo il persistere dell’infezione batterica. L’osteomielite può cronicizzarsi, persistendo fintanto che il sequestro non viene completamente espulso e il corpo estraneo rimosso, sia esso un mezzo di fissazione oppure una protesi articolare completa. ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 0020_section_8_0299_0308.indd 305 Insufficienza vascolare (diabete, arteriosclerosi) Alcune infezioni dei tessuti molli possono estendersi ai segmenti ossei adiacenti (Tavola 8.6). Ad esempio, i grossi ascessi dei tessuti molli possono erodere il periostio per infettare l’osso sottostante. Un’infezione del polpastrello delle dita, chiamata patereccio, che consiste in una flogosi suppurativa del polpastrello, spesso si estende e infetta la falange distale, alla quale i setti fibrosi del polpastrello sono saldamente adesi. Gli ascessi retrofaringei tendono a coinvolgere le vertebre cervica- Terapia radiante. Gli effetti possono rendersi evidenti dopo molti anni li e le infezioni periapicali del dente frequentemente si diffondono alla mandibola e alle ossa mascellari adiacenti. Un’infezione dei seni paranasali può diffondersi alle adiacenti ossa craniche. Le gravi lesioni dei tessuti molli, quali le ulcere da pressione e le ustioni di terzo grado, possono erodere il periostio, esponendo l’osso e rendendolo vulnerabile alle infezioni. Similmente, la terapia radiante distrugge i tessuti molli circostanti e danneggia il periostio, ren- 305 02/09/14 09.26 Tavola 8.7 Apparato locomotore: VOLUME III OSTEOMIELITE SECONDARIA A FRATTURA ESPOSTA Infezione con fistole multiple sviluppatesi nonostante terapia antibiotica. Rimozione della piastra e applicazione di un telaio di fissazione esterna Ferita sottoposta a debridement. L’immagine intraoperatoria mostra la frattura e l’ampio sequestro OSTEOMIELITE (Seguito) dendo l’osso e i tessuti molli adiacenti più soggetti a patologie di tipo infettivo. Una delle più comuni cause di infezione ossea nell’adulto consiste nella combinazione di insufficienza vascolare e di immunodepressione che si riscontra nel diabete mellito. Nei pazienti diabetici, il piede è particolarmente suscettibile alle ulcerazioni croniche della cute e alle infezioni secondarie del tessuto osseo. Sebbene le molteplici cause esogene di osteomielite siano fortemente variabili, le infezioni ossee che ne derivano condividono alcune caratteristiche comuni. L’osso si infetta quando vengono violate le barriere di protezione rappresentate dalla cute e dal periostio, permettendo la contaminazione dell’osso. L’infezione solitamente persiste a causa della presenza di detriti tessutali necrotici, tessuto osseo necrotico o di corpi estranei, che fungono da nido per la continua proliferazione batterica. L’osteomielite può spesso essere prevenuta immediatamente dopo una frattura esposta con il precoce e completo debridement dell’osso contaminato e necrotico e con la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro. Una volta stabilita, l’osteomielite esogena è molto difficile da eradicare e un trattamento efficace prevede il debridement chirurgico del focolaio osseo infetto, la rimozione dei corpi estranei (compresi i mezzi di sintesi) e la somministrazione a lungo termine di antibiotici specifici per via endovenosa. 306 0020_section_8_0299_0308.indd 306 Immagine dopo la rimozione del sequestro e dopo ulteriore debridement. L’esame colturale mostra la presenza di Lembo del muscolo gastrocnemio ruotato e impiantato all’interno del difetto osseo OSTEOMIELITE CRONICA Le infezioni ossee sono molto più difficili da eradicare di quelle dei tessuti molli. La cellulite dei tessuti molli o l’ascesso rispondono bene al drenaggio chirurgico associato con la somministrazione di antibiotici specifici. Tuttavia, un semplice drenaggio chirurgico combinato con la somministrazione di antibiotici può non essere Ferita guarita dopo trapianto cutaneo sufficiente per eradicare un’osteomielite cronica. I batteri restano infatti sequestrati in aree di tessuto osseo nelle quali gli antibiotici non riescono a raggiungerli in concentrazione adeguata a causa della penetrazione vascolare. Un sequestro necrotico dell’osso o un dispositivo di fissazione di una frattura possono agire da focolaio per la continua proliferazione batterica. Solo l’asportazione di tutto l’osso necrotico e del corpo estraneo può ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 02/09/14 09.26 Tavola 8.8 Infezioni dei tessuti molli OSTEOMIELITE POSTCHIRURGICA RICORRENTE Frattura chiusa di femore da incidente sciistico in donna di 35 anni. Frattura trattata con chiodo intramidollare; fistola sul versante mediale della coscia sviluppatasi circa 2 settimane dopo l’intervento. La colorazione bluastra del liquido di drenaggio e della cute circostante la ferita è dovuta al blu di metilene iniettato nel tramite fistoloso al fine di determinarne il decorso Vista intraoperatoria. Focolaio principale rovato a livello del versante laterale sebbene la fistola fosse su quello mediale. Presenza di un ampio sequestro Due sequestri rimossi Difetto osseo dopo debridement e rimozione dei sequestri. Ferita chiusa OSTEOMIELITE (Seguito) permettere di controllare l’infezione. Questo trattamento spesso necessita di un debridement chirurgico radicale con l’escissione di grandi segmenti di osso, determinando quindi una notevole instabilità e limitazione funzionale. In alcuni pazienti l’infezione può essere definitivamente eradicata soltanto ricorrendo all’amputazione. Le Tavole 8.7 e 8.8 descrivono due casi di osteomielite cronica o ricorrente associati a sintesi con placca di una frattura esposta avvenuta senza successo e a fissazione con chiodo endomidollare di una frattura chiusa. L’osteomielite cronica frequentemente si manifesta con la comparsa di una o più fistole di drenaggio. Il liquido di drenaggio è di colore verde o giallo, spesso denso e solitamente maleodorante. Le radiografie dell’area infettata evidenziano la densa sclerosi ossea caratteristica del sequestro. Spesso, i dispositivi di fissazione della frattura sono allentati. Il trattamento dell’osteomielite cronica richiede la rimozione di tutto l’osso infetto e necrotico e di tutti i corpi estranei metallici, il debridement di tutti i tessuti molli e la marsupializzazione del letto necrotico e infetto. La stabilità dell’arto può spesso essere mantenuta utilizzando un dispositivo di fissazione esterna che viene posto a ponte sul focolaio di infezione (Tavola 8.7). Spesso sono necessari debridement ripetuti per assicurare che tutto il tessuto necrotico infetto venga escisso. Dovrebbero essere prelevati campioni di tessuto dalle zone proATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 0020_section_8_0299_0308.indd 307 Ulteriori sequestri rimossi dalla lesione. Tramite fistoloso rimosso e tutti i tessuti necrotici e infetti vengono accuratamente sottoposti a debridement Difetto osseo riempito con autotrapianti di osso trabecolare prelevato dall’ileo, ricoperto con lembo muscolare dal muscolo vasto laterale. Scomparsa del dolore e del drenaggio purulento fonde della ferita e posti in coltura per determinare la terapia antibiotica specifica. Gli antibiotici vengono quindi somministrati per via endovenosa fino alla guarigione della ferita. Nei periodi intercorrenti tra i vari debridement, la ferita viene lasciata aperta; la medicazione viene cambiata quotidianamente in modo da rimuovere ogni materiale necrotico residuo e da favorire contemporaneamente lo sviluppo di tessuto di granulazione alla base della ferita. Alcuni ricercatori raccoman- dano l’impiego dell’ossigenoterapia iperbarica come supplemento a questo regime di trattamento. Tale terapia stimola la funzione dei leucociti e promuove lo sviluppo del tessuto di granulazione. Quando la base della ferita è completamente ricoperta da tessuto di granulazione, un lembo muscolare locale o un lembo miocutaneo libero vascolarizzato può essere ruotato sul difetto per fornire copertura ai tessuti molli. Se l’intera architettura dell’osso sottostante è stata di- 307 02/09/14 09.26 Tavola 8.9 Apparato locomotore: VOLUME III OSTEOMIELITE POST-TRAUMATICA RITARDATA NEL PAZIENTE DIABETICO Gamba di un paziente maschio di 19 anni di età affetto da diabete giovanile, che ha subito una frattura chiusa della tibia all’età di 7 anni. Dopo la guarigione della frattura, si è sviluppata successivamente un’osteomielite ematogena in un’area di ridotta resistenza. La secrezione e la distruzione tissutale sono continuate per molti anni, portando a un’estesa ferita secernente Stessa gamba dopo esteso debridement, rimozione dei sequestri e riempimento della cavità con omento OSTEOMIELITE (Seguito) strutta dal processo infettivo, una volta eradicata completamente l’infezione è necessario ricorrere agli innesti ossei per la riparazione dell’osso (si veda Tavola 8.8). Lo scopo del trattamento consiste nell’eliminazione delle fistole di drenaggio e nella ripresa funzionale dell’arto, in assenza di sintomatologia dolorosa. Il complicato processo di eradicazione di un focolaio di osteomielite appena descritto è molto costoso e richiede molto tempo. In alcuni pazienti, l’amputazione del segmento infetto può rappresentare la via più affidabile ed efficace per il ritorno alla vita produttiva in assenza di dolore. OSTEOMIELITE POST-TRAUMATICA RITARDATA NEL PAZIENTE DIABETICO Nel paziente diabetico un’infezione può avere un comportamento particolarmente aggressivo e mettere a repentaglio la sua stessa vita (Tavola 8.9). Spesso le infezioni si sviluppano in corrispondenza di ulcerazioni della cute del piede. La compromissione del sistema immunitario del paziente consente all’infezione di risalire rapidamente lungo la gamba. Anche dopo che un’infezione aggressiva dei tessuti molli è stata controllata, le ulcere del piede possono persistere. Le ulcere continuano a secernere e la mancanza di copertura al di sopra dell’osso lo espone a uno stimolo irritativo cronico e a 308 0020_section_8_0299_0308.indd 308 La parte prossimale del trapianto di omento resta vitali ma la parte distale muore, nonostante si sviluppi a questo livello un buon tessuto di granulazione. Il difetto dell’osso distale viene riempito con trapianto di osso trabecolare e la ferita va incontro a guarigione senza complicanze Gamba guarita con cicatrizzazione nonostante l’innesto cutaneo; assenza di secrezione o dolore un persistente rischio di infezione. È quindi importante provare ad ottenere e mantenere la copertura dei tessuti molli di queste aree ulcerate. Il primo passo nel trattamento dell’osteomielite associata a diabete consiste nell’esteso debridement dei tessuti necrotici e nella rimozione di qualsiasi sequestro sottostante. Dopo la rimozione del tessuto necrotico infetto, vengono quindi applicati bendaggi umidi per stimolare la formazione del tessuto di granulazione; l’os- sigenoterapia iperbarica può ulteriormente favorire lo sviluppo di un letto tissutale di granulazione. Il trapianto di tessuti vascolarizzati da altre regioni (ad es. innesto di omento vascolarizzato) può essere eseguito per fornire un apporto ematico addizionale che favorisca la guarigione. Una volta che il letto di granulazione si sia completamente sviluppato, la perdita di sostanza può essere ricoperta con un innesto cutaneo a spessore parziale. ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 02/09/14 09.27