1 Presentazione del Protocollo finalizzato a

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Avv. Annalisa Rosiello
[email protected]
Avv. Chiara Vannoni
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Avv. Manuela Carone
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Dott.ssa Mariaclaudia De Gregorio
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Dott.ssa Elena Gramano
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Presentazione del Protocollo 1 finalizzato a promuovere la parità e contrastare la
discriminazione tra i generi nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione 2
Promosso da CGIL CISL UIL MILANO e dall’Associazione AMICHE di ABCD
Milano, Palazzo delle Stelline, 6 marzo 2013
Richiamando il video choccante che abbiamo visto 3 , vorrei citare l’intervento di Moni
Ovadia che consiglio di vedere su youtube, realizzato con l’impulso della CGIL-Funzione Pubblica
per la giornata dell’8 marzo 2013; in questo video si parla di femminicidio e con riguardo alla
questione dell’immagine della donna Moni Ovadia dice: “E’ stato fatto un lavoro nefasto fatto dalla
televisione, c’è incapacità di uscire dal modello dell’oggetto sessuale, di una sotto-cultura che
mostra la donna in una certa situazione; e dunque, mentre nella società il ruolo della donna cresce
… parallelamente sembra si progredisca a ritroso sul piano culturale e sul piano
dell’immaginario… mostrando il corpo delle donne come qualcosa di disarticolato rispetto al resto.
Tutto questo può essere combattuto solo affermando un’altra cultura…”.
Anche per superare questo scollamento tra realtà e “immaginario”, è stato promosso il
Premio Immagini Amiche nei giorni scorsi organizzato a Milano, ma pensiamo che si possa fare di
più in questo ambito, che si possa operare con incisività e decisione ancora maggiori.
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Venendo agli aspetti legali, non esiste come sappiamo una legge specifica sul punto; ed
infatti è stata presentata, dalla Camera del Lavoro di Milano e dalle associazioni Donne In Quota e
Amiche di ABCD (Comitato Immagine Differente), supportate da noi legali, una proposta di legge
che contiene una precisa definizione di pubblicità e comunicazione lesiva della dignità di uomini e
donne 4.
Riteniamo comunque, a prevenire subito eventuali obiezioni, che certe idee si fondino su
valori costituzionali, indipendentemente dall’esistenza di una legge specifica: in particolare sull’art.
2 Cost. (Diritti inviolabili dell’uomo/dignità della persona), sull’art. 3 Cost. (Eguaglianza), sull’art.
41, 2° comma (Limiti alla libertà di iniziativa economica, che non può svolgersi in contrasto con la
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Proposta di protocollo d’intesa, ai Comuni di Milano e dell’area, finalizzato a promuovere la parità e contrastare la discriminazione tra i generi
nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione, elaborata dalle associazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e dell’associazione Amiche di ABCD.
2
Il presente contributo è stato illustrato dall’avv. Annalisa Rosiello in occasione del convegno in epigrafe. Esso – lungi dall’avere pretese di
completezza - contiene tuttavia alcuni spunti di riflessione sulla normativa e una base di lavoro per i comuni e per chiunque, a qualsiasi titolo e
livello, voglia operare per affermare la dignità della persona nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione.
3
Cortometraggio Occhi, regia di Rocco Ricciardulli.
4
Camera Deputati, proposta di legge On.li Pollastrini e Mosca n° 4176 del 15 marzo 2011, Norme in materia di parità e di non discriminazione tra i
generi nell’ambito della pubblicità e dei mezzi di comunicazione”.
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dignità umana) che, nella scala gerarchica, sono (e dovrebbero sempre stare, anche nella pratica) al
primo posto nella gerarchia dei valori.
Se quindi decidiamo, come pare siamo tutte e tutti d’accordo, che è importante promuovere
un’immagine reale e non stereotipata oltreché non volgare della donna (e dell’uomo), allora le
maglie della legge si possono allargare e si possono trovare in essa delle affermazioni molto
interessanti a sostegno di quanto affermiamo.
Ragionando diversamente, ovvero non adottando precise misure di indirizzo o restrittive per
contrastare la pubblicità sessista nell’ambito dei Comuni, forse si evitano contestazioni di agenzie di
pubblicità e soggetti che fanno la pubblicità, ma ci si potrebbe esporre a reclami dei cittadini che
vedono i muri della loro città deturpati da immagini offensive e discriminatorie; per quale ragione si
dovrebbero temere di più le cause o le contestazioni delle aziende pubblicitarie e non quelle dei
cittadini che subiscono le immagini offensive? Se un cittadino inciampa su un marciapiede
malmesso può far causa al Comune; lo stesso più valere in cui un cittadino “inciampi” in immagini
volgari e offensive.
Comunque e in ogni caso, pur non esistendo una normativa specifica, esiste già la seguente
normativa interna:
1) D.lgs. 198/2006 o Codice delle pari opportunità 5, che all’art 48 prevede azioni positive nelle
pubbliche amministrazioni, tra cui i Comuni, tendenti ad assicurare, nei rispettivi ambiti, la
rimozione degli ostacoli che impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro tra
uomini e donne (la pubblicità stereotipata, ad esempio, è frutto di una sotto-cultura che potrebbe
essere di ostacolo alla parità lavorativa);
2) D.lgs. 74/1992, art. 6 e D.lgs. 74/00 6 (che vietano la pubblicità che possa anche indirettamente
minacciare la sicurezza dei minori o che abusi della loro naturale credulità); Direttiva del
Parlamento Europeo e del Consiglio 2010/13/UE 7, che riguarda i media audiovisivi ma che può
richiamarsi, a livello di principi, anche per il caso nostro, dato che all’art. 12 stabilisce che ciò che
potrebbe nuocere allo sviluppo del minore va messo a disposizione del pubblico solo in maniera tale
da escludere che i minori vedano o ascoltino; siccome i manifesti affissi si subiscono senza
possibilità di “spegnerli”, tale normativa può legittimamente essere, a nostro parere, richiamata;
3) Tutto il complesso della normativa comunitaria in materia di pubblicità e comunicazione
offensiva, tra cui la Risoluzione del Parlamento Europeo 2038/2008 8, che pur non avendo efficacia
diretta, tuttavia vale da forte monito ed ha valore di indirizzo per gli stati membri;
4) Legge Regionale Lombardia favore delle vittime di violenza n° 47 del 2012 9 che all’art. 6
stabilisce tra l’altro che la Regione “promuove iniziative di sensibilizzazione volte a tutelare
l’immagine della donna, in particolare nell’ambito della comunicazione mediatica e pubblicitaria”;
5) Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale 10 , che nelle varie previsioni
definisce e vieta la violenza la volgarità e l’indecenza nelle comunicazioni commerciali (art. 9);
5
D.Lgs. 11 aprile 2006, n° 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’art. 6 della legge 28 novembre 2005, n° 246.
D.Lgs. 25 gennaio 1992, n° 74 e successive modificazioni e integrazioni in esito al L.Lgs. 25 febbraio 2000, n° 67, Attuazione della direttiva
84/450/CEE come modificata dalla direttiva 97/55/CE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa.
7
Direttiva 2010/13/UE Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 marzo 2010 relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi.
8
Risoluzione del Parlamento europeo 3 settembre 2008, n° 2038 sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini
9
Legge Consiglio Regionale Lombardia n° 47 approvata nella seduta del 26 giugno 2012, Interventi di prevenzione, contrasto e sostegno a favore di
donne vittime di violenza.
10
Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, emanato in seno allo IAP – Istituto di autodisciplina pubblicitaria, 50ma edizione, in
vigore dal 18 gennaio 2010.
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vieta l’offesa delle convinzioni morali, civili e religiose e prevede che “essa (pubblicità; n.d.r.) deve
rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni, e deve evitare ogni forma di
discriminazione” (art. 10) e prevede una tutela speciale nei riguardi dei bambini e adolescenti (art.
11);
6) Testo Unico sull’ordinamento enti locali n° 267/2000 11 che all’art. 13 stabilisce “Spettano al
comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale,
precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunita', dell'assetto ed
utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente
attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”.
7) Legge n° 241 del 1990 12 che all’art. 1 disciplina i Principi generali dell'attività amministrativa
in tal modo: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri
di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità
previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti,
nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario”.
°
Perché riteniamo urgente e importante l’adozione del Protocollo che è stato presentato e proposto ai
Comuni? Perché pensiamo che proprio i Comuni, in ragione del contatto più immediato e diretto
con le persone, abbiamo un ruolo fondamentale e non ulteriormente rinviabile nella tutela della
dignità e dell’eguaglianza ed anche perché riteniamo insufficiente (benché significativa e
importante) l’adesione alla moratoria dell’UDI 13 , dal momento che sono necessari dettami più
incisivi e vincolanti per chi fa pubblicità. Questo segnale può e deve provenire anche dai Comuni.
Per l’elaborazione del Protocollo abbiamo attinto innanzitutto dall’esperienza che ci derivava
dall’elaborazione della proposta di legge prima menzionata.
Inoltre abbiamo fatto tesoro delle esperienze tracciate dagli altri Comuni; va detto in proposito che
dopo la moratoria lanciata dall’UDI nel 2009, moltissimi Comuni italiani hanno deliberato di
aderire alla campagna fin dal 2009, con un picco tra il 2010 e il 2011 fino ad arrivare, ad oggi
(marzo 2013), a oltre 100 adesioni per quanto consta 14.
In questa analisi abbiamo potuto rilevare che i provvedimenti più incisivi e interessanti sono quelli
adottati dai Comuni di Rimini e Napoli.
Nelle delibere comunali esaminate sul tema, si può rilevare che il minimo comun denominatore è
l’adesione alla moratoria dell’UDI con contestuale richiesta al Governo di recepire la Risoluzione
del 2008 prima menzionata.
L’intensità degli interventi è però differente, dal momento che alcuni Comuni si sono limitati ad
aderire alla moratoria (Bologna – che si distingue per aver esteso l’ambito di tutela della dignità a
11
D.lgs. 18 agosto 2000, n° 267, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali; con riguardo alla pubblicità, a livello comunale è prevista
la facoltà regolamentare per la determinazione dell’imposta dal D.Lgs.15 novembre 1993, n° 507, Revisione ed armonizzazione dell'imposta
comunale sulla pubblicita' e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province
nonche' della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della
finanza territoriale.
12
Legge 7 agosto 1990, n° 241"Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi"
13
L’Udi nazionale (Unione Donne in Italia) a partire dal 2009 ha promosso la “Moratoria delle pubblicità lesive della dignità della donna” attraverso
la campagna “Città libere dalla pubblicità offensiva poiché essa legittima e genera violenza sulle donne”; l’adesione alla moratoria, per molti comuni
italiani, ha comportato – semplicemente – l’adozione di una delibera in cui si è chiesto al Governo e alla Regione di riferimento di attuare la
Risoluzione 2038/2008 cit.
14
Le delibere dei Comuni citate nel presente contributo sono rinvenibili sul web.
3
tutti i fattori discriminatori - Milano, Unione Comuni Bassa Romagna, Ferrara). Senza nulla togliere
a tali iniziative, ribadiamo tuttavia l’importanza di determinazioni più incisive.
Alcuni Comuni (ad esempio quelli legati all’Unione Comuni Bassa Romagna), oltre a questa
adesione, prevedono l’impegno per il Comune affinché nessun materiale inerente iniziative
collegate o patrocinate dall’ente e nessuna pubblicazione sui propri mezzi di informazione e
comunicazione (sito, periodico di informazione, ecc.) sia veicolo di stereotipi avvilenti per la
dignità delle donne.
Alcuni Comuni chiedono, oltre a questo, che le agenzie pubblicitarie aderiscano al Codice di
autodisciplina prima citato (Reggio Emilia) e questo pare già un segnale più significativo sul punto.
Altri Comuni stabiliscono l’istituzione di una commissione o di un gruppo volto a 1) fornire una
definizione di pubblicità discriminatoria o stereotipata (Genova, Roma); e/o a 2) sensibilizzare e
monitorare la pubblicità discriminatoria o stereotipata (Rimini, Pesaro); e/o 3) valutare proposte
pubblicitarie anche a fini impeditivi (Catania e Napoli)
Interessante è l’esempio di Napoli che delibera espressamente di “1) affidare all’assessorato Pari
Opportunità, di concerto con gli Assessorati competenti, Assessorato alla Pubblicità, Assessorato
alla Cultura, Assessorato alla Pubblica Istruzione, la costituzione di un gruppo di sensibilizzazione
e monitoraggio delle pubblicità e delle immagini commerciali a tutela della dignità femminile. 2) di
impegnare la Giunta a adottare provvedimenti idonei a salvaguardare l’immagine e la dignità delle
donne, negando il permesso di affiggere nel proprio territorio immagini pubblicitarie lesive della
dignità femminile”.
Il Protocollo oggi presentato è dal nostro punto di vista completo di tutti gli aspetti presi in esame
dai Comuni sopra menzionati ed arricchito dall’esperienza derivata dallo studio e dall’elaborazione
della proposta di legge; infatti, oltre alla piena adesione alla moratoria, al richiamo della
Risoluzione del 2008 e alla promozione di azioni di formazione, informazione e sensibilizzazione
prevede tra l’altro, ed espressamente: 1) che le agenzie di pubblicità e i soggetti che fanno
pubblicità, al fine di poter affiggere nel territorio comunale, debbano preventivamente aderire al
Protocollo; 2) che in conseguenza di ciò non è possibile affiggere quello che si vuole, ma si deve
passare il vaglio di una commissione valutativa che potrà segnalare violazioni; 3) che è possibile
per il Comune prevedere e adottare misure impeditive preventive nei limiti consentiti
dall’ordinamento.
Attingendo dunque dall’esperienza legislativa anche a livello comunitario nonché dall’esperienza di
altri Comuni ci auguriamo che – anche attraverso l’adesione a questo Protocollo – si contribuisca a
liberare al più presto le città da immagini stereotipate e renderle, anche con questo, più belle e sane,
perché sono “casa nostra”.
Grazie
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